La morte è stata vinta

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ANNO XXVIII NUMERO 3 MARZO 2013 è stata vinta La morte Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, Cristo è risorto veramente, alleluia, alleluia. Cristo ha inaugurato il suo Regno, salvezza e vita sono con Lui. Rallegriamoci ed esultiamo con Lui, la morte è stata vinta la vita ora trionfa. Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, Cristo è risorto veramente, alleluia, alleluia. L’Agnello ha redento il suo gregge, riconciliando l’uomo con Dio. Rallegriamoci ed esultiamo con Lui, il Signore della vita era morto e ora trionfa. Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, Cristo è risorto veramente, alleluia, alleluia.

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Mensile della Chiesa di Nola Marzo 2013

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Cristo ha inaugurato il suo Regno,

salvezza e vita sono con Lui.Rallegriamoci ed esultiamo con Lui,

la morte è stata vinta la vita ora trionfa.

Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia,Cristo è risorto veramente, alleluia, alleluia.

L’Agnello ha redento il suo gregge,

riconciliando l’uomo con Dio.Rallegriamoci ed esultiamo con Lui,

il Signore della vita era morto e ora trionfa.

Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia,Cristo è risorto veramente, alleluia, alleluia.

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mensile della Chiesa di Nola

C’è stato un momento di questa Qua-resima in cui ci siamo sentiti davve-

ro delusi, frustrati, quasi sconfitti. Senza il Papa, senza certezze politiche, con le spalle sommerse dal peso della terribile crisi economica. Non vedevamo luce in fondo al tunnel. Anzi credevamo che il buio aumentasse metro dopo metro, ren-dendo il nostro incedere sempre più in-certo e spaventato. Quando già dispera-vamo, quando si era ormai palesata tutta la debolezza della nostra fede, il Signore si è finalmente mostrato a noi. Nel vol-to sereno di Papa Francesco. Nelle sue parole insieme semplici, chiare e decise. Nelle speranze che la sua umiltà ha sapu-to risvegliare in tutti, credenti e non cre-denti. Già: quanto avvenuto negli scorsi giorni non è stato un semplice evento ecclesiale, ma un nitido messaggio del Signore a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Un messaggio che supera ogni barriera dello spazio e del tempo:

“Io ci sono, creature predilette, non vi abbandonerò mai!”.

Mi sembra perciò bello e significativo vivere il tempo pasquale sotto la luce delle prime grandi indicazioni che ci ha lasciato Papa Francesco. Si tratta, in par-ticolare, di tre verbi legati straordinaria-mente all’ordinarietà, tre verbi che il San-to Padre ha voluto declinare dinanzi ai cardinali all’indomani della sua elezione: camminare, edificare, confessare.

Camminare. Il tempo di Pasqua, cari amici, sia il tempo in cui riprendere a consumare le suola delle nostre scarpe. L’immobilismo, fisico, spirituale e cultu-rale, rischia di annientarci. Tre invece sono i moti che dobbiamo riscoprire nella nostra vita. Un movimento verso il no-stro cuore, per riscoprire ogni giorno il senso della nostra esistenza alla luce del Signore. Un movimento verso l’altro, per

(segue a pagina 19)

L’ELICOTTERO DEL PAPAdi Luigi Mucerino

Il vespro del 28 febbraio fece appena in tempo nel suo imbrunire a dare l’ultimo

sguardo a Papa Ratzinger che si alzava in volo con passo ispirato. Gli facemmo da scorta tutti insieme con trepida no-stalgia, inseguimmo l’elicottero fissando le sequenze del viaggio nello scenario che sottostava al volo. Non sappiamo che cosa guardasse Colui che era a bordo; forse i suoi occhi erano socchiusi. Dalle nuvole basse, come da un leggio aereo, dalla pagina del vangelo sembrò echeg-giare il monito di non rimanere appesi, di non cedere alla sensazione dell’assenza, come avvenne per gli apostoli che rima-sero attoniti, mentre Gesù saliva al cielo Poi l’elicottero smise di farsi riconoscere, e noi trovammo rifugio nell’immaginazio-ne, con tratti di vuoto, fin quando non cominciammo a situarci dall’altro capo dell’atterraggio, nell’orizzonte dei ca-stelli. Castel Gandolfo ci sembrò dappri-ma molto ospitale, fu poi così scontroso che alzò il sipario sul Pastore di tutti. La stazione di approdo si rivestì dell’aria di una terra lontana, priva di dati geografi-ci. Ma i giorni, con un processo evoluti-vo spontaneo, non tardarono a mutare volto, suscitando nell’animo attesa, tre-pidazione, speranza. Bastava riconoscere all’orologio i tempi necessari e l’elicottero avrebbe fatto ritorno. Ci ritrovammo al-

lora a disegnare con il desiderio la rotta inversa, a indovinare da quale terra, con quale volto, a che ora sarebbe rientrato il volo. Le condizioni meteorologiche si rivelarono contrarie, confusero i segnali del camino antico, fino a che il soffio del-lo Spirito nell’aria limpida diede impulso finalmente alla fumata bianca danzante per liberi sentieri. Nella nube che sovra-stava il popolo di Israele era presente il Dio dell’esodo,nelle spirali della fumata era il nome di Pietro redivivo nella nostra ora.

Con irripetibile manovra l’elicottero di ritorno si posò sulla loggia, lo sportello si aprì e allo sguardo del mondo brillò il bianco saio di Francesco. La piazza fu un braciere di fiaccole; le mani e i cuori fe-cero vibrare il colonnato. Poi un silenzio improvviso tagliò a metà il clamore e un saluto biblico si diffuse toccando la “fine del mondo”: “Buonasera!”. Il capo che una volta si cingeva della tiara si curvò e attese la preghiera del popolo, le mani aggrappate alla balaustra. L’elicottero or-mai era fermo, in deposito, fiaccato dal peso della Roccia. Papa Francesco è un dono dei poveri della terra, che gli storici predicono come attori della terza rivolu-zione moderna. Non sappiamo.

Certo è che Papa Francesco è un dono oggi di Colui che “si fece povero”.

Perché il cuore torni a far male

Un numero dedicato alla Pa-squa ovvero alla possibilità del nuovo inizio, del cambia-mento. Perché il nuovo prenda il lar-go non serve che il mare si abbatta spazzando via l’esi-stente: serve che il cuore si converta e che faccia male quando lo sguardo si posa su ciò che non può dirsi “uma-no”. Perché il nuovo subentri al vecchio non è necessario che giungano eroi a rimedio del-la nostra pigrizia: serve solo fermarsi e ascoltare il silen-zio della propria essenzialità, il silenzio dell’unica cosa che può destare il cuore: la pro-pria dignità. Per questo gli articoli delle prime pagine saranno ac-compagnate da foto dedica-te a quattro luoghi della no-stra diocesi abbandonati a se stessi: la sfida è scegliere da che parte stare ovvero verso quale orizzonte camminare. Buona Pasqua a tutti!

la redazione

IL MESSAGGIO DI PASQUA DEL VESCOVO

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03marzo 2013

La Terza Pagina

Il vescovo di Nola risponde su Pasqua, cambiamento, comunicazione, verità e territorio

QUATTRO DOMANDE A PADRE BENIAMINOdi Mariangela Parisi

Padre, questo numero di inDialo-go è dedicato alla Pasqua ovvero

alla possibilità di cambiamento e di nuova vita. La Chiesa ha un nuovo Papa: quale futuro, quale Resurre-zione attende la Chiesa?

Io credo che la Resurrezione di per sé e già annunzio di futuro, di rinasci-ta, di novità. Perché la Resurrezione è: Dio prepara sempre sorprese per l’uma-nità; la grande sorpresa è Gesù Cristo, la sua vita, il dono della sua esistenza, è la Resurrezione. Ogni Pasqua di per sé già rimette in movimento questa grande certezza: c’è un futuro. Dio fa sempre le cose nuove. Certamente poi l’uomo deve avere coscienza e consapevolezza dando la sua risposta: e la risposta dell’uomo è soprattutto vivere nella libertà e nella responsabilità questa possibilità che Dio gli concede di vivere sempre un nuovo inizio. Dio non si ripete, dona sempre la possibilità di un nuovo inizio e l’uomo nella sua libertà deve accettare di rico-minciare.

Ci sono dei momenti privilegiati nei quali questo desiderio di futuro e libertà emerge in modo spontaneo, direi, come l’evento dell’elezione di Papa Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II, l’even-to del Papa venuto da un Paese lontano, Papa Wojtyla, l’evento di Papa France-sco, venuto da un altro continente, che ci porta un altro stile, un’altra mentali-tà, un altro modo di vedere la Fede, il Cristianesimo, la Chiesa. Possono essere dei Kairos perché la Chiesa e i creden-

ti cerchino di superare la stanchezza, la noia e la nausea e si risvegli il coraggio e l’inventiva.

Papa Francesco ha colpito tutti, anche i cosiddetti “lontani” per i ge-sti e le parole semplici: una comuni-cazione immediata. Ad oggi quindi la Chiesa ha difettato in comunica-zione? Cosa dovrebbero cambiare, dal punto di vista della comunica-zione, quanti hanno detto sì alla dif-fusione della “buona novella”?

Che il mondo non capisca la Chiesa non è un problema di oggi. Nel 1950 Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, ebbe ad affermare: cosa serve dire quello che è vero, se gli uomini del no-stro tempo non ci capiscono? È un grosso problema che per la Chiesa si combina con il grande rischio dell’autoreferenzia-lità. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, con i suoi primi gesti, ci hanno invitato invece a presentarci nella nostra propria umanità: le relazioni non sono altro che un modo per presentarci nella nostra umanità senza nasconderci dietro il ruolo e dietro il potere. È l’uma-nità che colpisce il cuore della gente.

Con la Resurrezione c’è la mani-festazione della verità. Chi vide il Risorto capì le sue parole: io sono la via, la verità e la vita. Oggi inve-ce il mondo sembra aver messo un po’ da parte la verità. Lei che consi-glio sente di dare, ai giovani, perché

possano riscoprire la verità?

Se io dicessi che i giovani devono sco-prire la verità farei un discorso astratto: i giovani devono scoprire gli uomini veri. La verità non attira e non infiamma: la verità non si studia a tavolino, la verità si vede con gli occhi. E la verità è soprat-tutto una vita realizzata, con e su modelli autenticamente umani; modelli che spin-gono ad affermare: così vorrei vivere, così vorrei essere.

Infine: cattolici e territorio. In un territorio bisognoso di rinasci-ta quale il nostro spesso i cattolici sembrano preferire il profumo delle sacrestie.

Il territorio è un luogo antropologico prima che sociale, un luogo dal qua-le partono appelli, invocazioni e provo-cazioni alla Chiesa chiamata a portare la salvezza integrale. Sono sempre più convito che gli uomini non siano contro Dio e contro il Vangelo ma che cerchino testimoni in grado di far vedere concre-tamente la bellezza di una vita secondo la Parola del Signore: Papa Paolo VI di-ceva: gli uomini non cercano maestri ma testimoni.

Ai cattolici del nostro territorio io chie-do: ascoltate le invocazioni della gente, lasciatevi provocare poiché in quelle in-vocazioni e in quelle provocazioni c’è la voce dello Spirito che dice a noi, Chiesa, come impegnarci, quali strade percorre-re.

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mensile della Chiesa di Nola

Intervista alla prof.ssa Giulia Paola Di Nicola, docente di Sociologia della famiglia a Chieti

SPERANZA E SOCIETàdi Alfonso Lanzieri

Nella festa di Pasqua la parola che più risuona sulle labbra dei cre-

denti è “resurrezione”: quel Gesù che era stato crocifisso e sepolto ora è vivo. I segni della morte sono tra-sfigurati in segni d’amore e di vita. Questa verità di fede può fornire, in un’ottica immanente, anche un para-digma con cui guardare l’universo so-ciale in cui siamo immersi: i segni di “morte”, di difficoltà, i problemi talvol-ta gravi e inquietanti possono lasciar intravedere, in maniera inaspettata, un qualche ribaltamento positivo? A partire da questa prospettiva, abbia-mo chiesto alla prof.ssa Giulia Paola Di Nicola, docente di Sociologia della famiglia presso l’Università di Chie-ti e direttrice della rivista di cultura, etica e politica “Prospettiva persona”, qualche riflessione sul momento che sta attraversando il nostro paese. «Guardando all’attuale contesto so-ciale» esordisce la prof.ssa Di Nicola «accanto alle evidenti problematicità esistono senz’altro dei segni di spe-ranza. Basta pensare alla forte consi-stenza del mondo del volontariato in Italia, nonostante la crisi economica. Ancora, quando ci sono calamità na-turali il numero di persone che va ad aiutare è sempre incredibile. C’è tan-ta solidarietà spontanea della gente: numerosi e prosperi sono i servizi telefonici di raccolta fondi per emer-genze e difficoltà sociali – quelli che chiedono uno o due euro con un sms. Anche nelle adozioni internazionali il nostro paese fa sempre registrare un numero significativo, tra i primi in Europa. Sono esempi semplici ma che lasciano scorgere una grande ric-chezza che non è bene sottovalutare. Certo – continua la prof.ssa Di Nicola - a fronte di questo colpisce l’alto li-vello generale di corruzione registrato nel nostro paese; la sorpresa cresce soprattutto se pensiamo al fatto che siamo un paese cattolico, con una al-tissima percentuale di gente battez-zata. Da credenti occorre chiedersi: come mai?».

Cosa deve accadere affinché questi segni positivi possano giungere a maturazione?

«Ci sono due livelli da considerare. Il primo è quello politico, chiamato a fare le riforme che il paese attende da tempo. E poi ci siamo noi, i citta-dini. Dobbiamo assumere stili di vita diverse: più comunitari, attenti alla redistribuzione dei beni – non evi-dentemente sul modello della pianifi-cazione marxista - ma promuovendo stili di vera condivisione dal basso. Tutto questo può nascere solo se si vivono in maniera diversa le relazioni: più amicali, più donative, più attente agli altri. In tale prospettiva, allora, i rapporti sociali e la loro costituzione non vanno semplicemente derubrica-ti a questioni tecnico-amministrative, ma visti più profondamente come “legami” da custodire per essere “più uniti e più felici pur possedendo for-se meno rispetto al recente passato».

Solo il mese scorso gli italiani sono stati chiamati al voto. Si è palesata una grande domanda di cambiamento.

«Certamente il voto ha detto che gli italiani vogliono un radicale cam-biamento. Si può anche parlare in una certa percentuale di “voto di pro-testa”, scelta comunque rispettabile. Ora però la situazione del nostro pa-ese chiede che ci si dia un governo: occorre che le ideologie facciano un passo indietro per il bene dell’Italia. Se abbiamo una delle Costituzioni più belle del mondo – tanto per fare un esempio storico - lo dobbiamo pro-prio ad una ammirevole mediazione cercata e ottenuta tra le culture so-cialista, cattolica e liberale che sep-pero dialogare e dar vita ad un testo splendido. Sì, mi pare che gli italiani vogliano cambiare; hanno oggi i mez-zi per poterlo fare e in la Rete gioca un ruolo molto importante perché ciascuno può far sentire la sua voce all’establishment in un dialogo abba-stanza diretto. Il controllo elettorale, in questo modo, è costante, data la possibilità di una continua interlocu-zione tra amministratori e cittadini. Al tempo stesso, il cambiamento non è solo questione di “persone nuove”. Occorrono volti credibili e soprattutto

competenti, oneste ma che sappia-no pure agire con efficacia nell’ago-ne politico. Le imprescindibili virtù di onestà e correttezza etica vanno unite ad un adeguato grado di pre-parazione».

Cattolici e società: come vede questo rapporto oggi?

«Diciamo subito che i cattolici non rappresentano un gruppo socia-le omogeneo rispetto alle tendenze culturali e politiche. Esistono molte posizioni diverse tra le loro file. In verità, mi pare che i laici in questi anni abbiano avuto un ruolo un po’ troppo defilato nel dibattito pubblico, lasciando la prima fila alle gerarchie e questo, a mio parere, non è la scel-ta migliore. Come cattolica dico che i laici attori nel contesto sociale e ancor più quelli impegnati in politica non devono semplicemente ribadire i principi ma trovare una via per una mediazione concreta possibile di quei principi nell’attuale contesto socio-culturale: è questo ciò che mi inte-ressa in primisi. Per costruire un sano dialogo con le altre parti della comu-nità è utile e fruttuoso il confronto sulle proposte, sulle idee, per evitare sterili dichiarazioni identitarie».

Allargando infine lo sguardo all’Europa, quale ruolo assegne-rebbe al nostro paese?

L’Italia e con essa tutti gli altri pa-esi del mediterraneo, che oggi scon-tano le maggiori difficoltà economi-che all’interno dell’Unione Europea, sono in realtà una grande risorsa per il Vecchio Continente. La disciplina di bilancio, i conti in ordine, il funziona-mento della macchina tecnico-ammi-nistrativa sono senza dubbio qualità da perseguire.

Ma oltre che di efficienti meccani-smi politici ed economici una società ha bisogno – lo dicevamo prima – di rapporti caldi, solidali, amicali, dona-tivi, insomma di fattori antropologici capaci costituire e custodire legami autentici tra le persone.

Tutto ciò rientra in modo specifico nel bagaglio culturale dei popoli me-diterranei.

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05marzo 2013

Foto e testo di Catello Carbone

Testimoni di un tempo che non ha fine, la pista ciclabile di Scafati, con il suo degrado, ci racconta ciò che siamo stati ma che soprattutto saremo. La storia non è fatta solo di grandi eventi, ma di piccole rinascite, di particolari, di luoghi visti e vissuti nel quotidiano, che al momento non notiamo e che sfuggevoli, viviamo inconsapevoli. Ma ecco l’occasione di rivederli dopo anni, rinnovati,ed allo stes-so tempo diversi. Per capire che in fondo già sapevamo, immagino la rinascita di questa pista come fenomeno del tutto noto e naturale. E che la storia è dentro di noi. Nella nostra voglia di cambiare e di migliorarci.

La MorTe è STaTa VinTa

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marzo 2013 06

mensile della Chiesa di Nola

L’associazione Ri.Ze Up promuove la legge “Rifiuti Zero”

AMBIENTE E SALUTEdi Alfonso Lanzieri

“Triangolo della morte”. È la cupa espressione con cui ci si riferisce

a quell’ampia zona compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano, nella quale l’aumento dei casi di can-cro in questi ultimi anni viene messo in relazione all’inquinamento ambien-tale dovuto allo smaltimento illegale di rifiuti tossici da parte della crimina-lità organizzata.

Di recente, inoltre, il drammatico fenomeno dei roghi tossici ha rilan-ciato la questione sulle cronache na-zionali.

Ma il problema rifiuti in Campania non riguarda solo il circuito illegale: una gestione sciagurata a livello poli-tico e l’indolenza (e anche l’ignoran-za) colpevole di larghi strati della cit-tadinanza hanno generato un vero e proprio collasso del sistema del ciclo di raccolta e smaltimento. In verità, a fronte del sonno di molti, un’altra (ampia) parte del tessuto sociale di questi territori non è restata a lungo a guardare: la rete di associazioni e gruppi di cittadini sensibili al tema è andata progressivamente allargando-si in questi ultimi anni dando vita a pubblici dibattiti, campagne di sensi-bilizzazione e informazione, pressio-ne sulle classi dirigenti: insomma, le spinte per un’inversione di tendenza dal basso non mancano. Il tema ri-fiuti, intanto, da questione prevalen-temente campana (nel 2007 l’Europa aprì una procedura d’infrazione per l’Italia per le croniche difficoltà nella gestione della spazzatura in provincia di Napoli) ha assunto una rilevanza nazionale: la gestione del ciclo dei ri-fiuti e il suo rapporto con l’ambiente è ormai un tema “clou” di ogni cam-pagna elettorale italiana.

A Nola, nel 2012 è nata Ri.Ze Up, un’associazione sorta con l’intento di favorire l’adozione da parte del-le amministrazioni comunali dei co-muni campani della strategia Rifiuti Zero elaborata dal Prof. Paul Connett, emerito in chimica ambientale all’Uni-versità St. Lawrence di New York. La strategia “zero waste” prevede, tra le altre cose, di organizzare la raccolta differenziata “porta a porta”; la rea-lizzazione di impianti di compostag-gio - prevalentemente in aree rurali

e vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori; la costruzione di im-pianti per il riciclaggio e il recupero dei materiali, la riduzione dei rifiu-ti “a monte” (con la diffusione del compostaggio domestico, l’utilizzo di pannolini lavabili etc.); l’introduzione di sistemi di tariffazione che faccia-no pagare le utenze sulla base del-la produzione effettiva di rifiuti non riciclabili da raccogliere; sostegno alla progettazione e alla produzione di prodotti totalmente riciclabili, riu-tilizzabili e riparabili; il raggiungimen-to entro il 2020 dell’azzeramento dei rifiuti. Un’idea attraversa costante-mente i vari step del disegno teorico del docente statunitense: la gestione dei rifiuti non è anzitutto un problema tecnologico, ma organizzativo, dove il valore aggiunto non e’ quindi appun-to la tecnologia, ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collabora-re in un passaggio chiave per attuare la sostenibilità ambientale.

Il principio appena esposto è so-stanzialmente l’idea-base divulata proprio da Ri.Ze Up: bisogna puntare sul coinvolgimento pieno delle comu-nità cittadine, le quali devono esser viste non come semplice appendice di una macchina organizzativa, non meri esecutori periferici di un com-plesso processo tecnico, ma come attori privilegiati e protagonisti atti-vi (in tutti i sensi) imprescindibili del ciclo di smaltimento e riutilizzo della spazzatura.

Lo scorso mercoledì 20 marzo, presso i locali del seminario di Nola, Ri.Ze. Up ha illustrato, in un incontro pubblico, la legge di iniziativa popola-re “Rifiuti zero” promossa – a partire dall’estate dello scorso anno - da un Comitato Nazionale composto da cir-ca centocinquanta organizzazioni in diciotto regioni diverse con associa-zioni nazionali importanti, come Rete Zero Waste Italy (a servizio dei Co-muni e dei comitati Rifiuti Zero locali) - Associazione Comuni Virtuosi (che rappresenta quasi un centinaio di Co-muni italiani) – ANPAS (Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze) – ATTAC Italia e Re:Common (reti al-ternative al liberismo), ed altre Reti e Coordinamenti regionali e Comita-

ti ed Associazioni locali che insieme hanno costituito il primo nucleo della proposta di legge.

«Affinché lo si possa deposita-re in Parlamento - ha spiegato all’i-nizio dell’incontro il dott. Vincendo De Luca di Ri.Ze Up - il testo della legge dovrà essere sottoscritto da almeno cinquantamila persone». «Il testo elaborato per la presentazione in Parlamento – ha chiarito ancora il dott. De Luca – punta al massimo ri-sultato desiderabile, ben consapevoli degli eventuali rimaneggiamenti che lo stesso potrà subire, ove fosse ac-cettato, lungo l’iter parlamentare». Gli obiettivi del disegno di legge sono riassumibili nei seguenti punti: far ri-entrare il ciclo produzione-consumo all’interno dei limiti delle risorse del pianeta (e del territorio), rafforzare la prevenzione primaria delle malat-tie attribuibili a inadeguate modalità di gestione dei rifiuti, riduzione del-la produzione dei rifiuti del 20% al 2020 e del 50% al 2050 rispetto al 2000, tutto ciò spostando risorse dal-lo smaltimento e dall’incenerimento verso la riduzione, il riuso e il riciclo dei rifiuti; per far questo è necessario promuovere e incentivare anche eco-nomicamente una corretta filiera di trattamento dei materiali post-utilizzo riducendo così progressivamente il conferimento in discarica e l’incene-rimento, e sancendo al contempo il principio “chi inquina paga” preve-dendo la responsabilità civile e pena-le per il reato di danno ambientale. La proposta muove da due norme di rango comunitario: la Risoluzione del Parlamento Europeo del maggio 2012, che prevede la chiusura degli inceneritori e delle discariche in Eu-ropa, entro il 2020, nonché la Dir. 98/2008 sui rifiuti, che, però, conti-nua ad essere largamente inapplicata in tutta Italia, specie al centro-sud, vista la perseverante e illegale pratica di mandare in discarica i rifiuti “tal-quali”, cioè senza alcun trattamento pregresso.

A rendere quest’azione di notevole importanza è sia la sua dimensione nazionale sia il fatto che si tratta del primo disegno di legge “rifiuti zero” in Italia.

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07marzo 2013

La MorTe è STaTa VinTa

Foto e testo di Bianca Maria Corcione

Via Cupa è una delle strade d’accesso a Piazza Castello.Ormai abbandonata, sporca, piena di rifiuti graffiti erba altissima è in realtà una delle vie più antiche di Lauro. Incorniciata dai merli del Castello Lancellotti e dalla Chiesa Gesù e Maria annessa al com-plesso delle Rocchettine potrebbe diventare, con un po’ di cura e lavoro, un stradina caratteristica, visto che è interamente fatta di scalette.

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mensile della Chiesa di Nola

Viaggio del Sir nelle parrocchie romane: san Gregorio VII, nel quartiere Aurelio

GUARDARE DALLA PERIFERIAdi Daniele Rocchi, Sir

“Non è facile stare sotto il Cupolo-ne. No, non è per niente facile”. Lo ripete, quasi come un mantra,

davanti al taccuino del cronista. Pa-dre Paolo Maiello ofm, parroco del-la parrocchia di san Gregorio VII dal 2005, non ha dubbi: “questi ultimi due anni per noi religiosi e sacerdoti sono stati durissimi”.

Complici le vicende della pedofilia, degli abusi, di Vatileaks, degli scan-dali finanziari, afferma, “la fatica è aumentata ed oggi è impegnativo essere parroco, sacerdote, religioso. Per molta gente sei, senza appello, un pedofilo, un ladro, un imbroglione, solo per l’abito che porti.

È la via della croce quella scelta dalla minoranza; la maggioranza, in-fatti, ha scelto Barabba”.

La vicinanza alla basilica di san Pietro, dalla quale la chiesa dista solo poche centinaia di metri, invece che placare le polemiche sembra ampli-ficarle. Ma forse qualcosa sta cam-biando.

Dopo la sua elezione, con le sue prime parole, i suoi primi gesti, papa Francesco ha rimesso al centro ciò che di buono è ed ha la Chiesa, la Parola di Dio. Ci accorgiamo che la gente sorride, è contenta di incontra-re un pastore, un sacerdote, si per-cepisce l’orgoglio di essere cattolico. Molti fedeli avevano perso speranza e fiducia nella Chiesa, la stanno ritro-vando adesso con papa Francesco”.

Uno stile di vita. Dal suo uffi-cio parrocchiale di questa Chiesa, la prima in stile moderno, in cemento, costruita vicino a san Pietro, padre Paolo racconta l’attesa del Conclave e della elezione: “nessuno della no-stra fraternità, sin dalle dimissioni di Papa Ratzinger, aveva perso speran-za nel futuro. Benedetto XVI con il suo gesto si era reso grande davanti al mondo.

Ancora adesso, credo che per ca-pire il senso della sua scelta ci vorrà ancora del tempo. Ma eravamo cer-ti che la Chiesa avrebbe avuto una grande apertura, e in cuor nostro ci aspettavamo un Pontefice extra-eu-ropeo, come un segno nuovo nella storia della Chiesa. Ma lo Spirito è andato oltre ogni aspettativa ispiran-

do anche il nome Francesco. Ricordo che alla fumata bianca eravamo in piazza e all’udire il nome di Bergo-glio siamo rimasti sorpresi, un papa sudamericano, un gesuita e poi quel nome, Francesco, che segna uno stile di vita”.

La direzione da seguire. Le sue prime parole, dalla loggia delle be-nedizioni, pronunciate da vescovo di Roma, più che da Papa, con al fian-co il suo vicario, il cardinale Vallini, ridanno slancio e vigore alla missio-ne: “E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo.

Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nel-la carità tutte le Chiese. Un cammi-no di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tut-to il mondo, perché ci sia una gran-de fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi inco-minciamo e nel quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella!”.

Ma in che modo queste parole in-terpellano le parrocchie della capitale e i suoi fedeli?

Una parrocchia in cammino. San Gregorio VII è una delle tante chiese di Roma: situata nel quartie-re Aurelio (settore Ovest), ha 18mila fedeli, molti sono dipendenti del Vati-cano, oltre a 33 comunità femminili, sei maschili, il seminario minore del-la diocesi, ed un notevole numero di prelati. Buona presenza di dipendenti vaticani. È una parrocchia frequenta-ta anche da tanta gente di passaggio, vista la vicinanza a san Pietro.

Il quartiere è abitato da persone piuttosto anziane, coppie giovani, in-fatti, non potrebbero permettersi, al-meno in questa fase di crisi, di avere o prendere casa in zona.

Non è una periferia, ma non man-cano i disagi ed i bisogni. Spiega pa-dre Paolo: “ci sono povertà diverse: non abbiamo poveri che hanno bi-sogno di mangiare, se ci sono, sono molto pochi e non abitano il quartie-re.

Abbiamo povertà come la solitu-dine delle persone anziane, lasciate

sole dai figli, accudite da badanti, come l’alto numero di separazioni e divorzi, come la dipendenza dal gio-co, ci sono molti giocatori anonimi”. Nei locali parrocchiali opera anche un centro di distribuzione della Caritas che fornisce circa 270 pacchi a set-timana ad immigrati e adesso anche a molti italiani, in gran parte anziani soli che non ce la fanno a vivere con la pensione.

Inoltre da quattro anni, ogni lunedì sera, portiamo nella stazione Termi-ni 250 pasti, in una sorta di mensa itinerante dove si impegnano giovani e famiglie”. Completano l’offerta dei servizi sociali parrocchiali un centro di ascolto, in rete con il Vicariato e un Consultorio familiare, gestito da psicoterapeuti e psicologi, per offrire aiuto e consigli alle coppie separate.

“Le separazioni, infatti, sono una vera povertà del nostro tempo” dice il parroco.

“Con la sua opzione per i poveri - aggiunge padre Paolo - il Papa ci richiama ad un supplemento di re-sponsabilità, sia i fedeli che noi frati e lancia un richiamo a riappropriarci dell’identità che abbiamo smarrito e della capacità di profezia.

A noi religiosi e sacerdoti ci arriva la sua spinta ad essere sempre più frati del popolo, della gente, dei po-veri.

Gesti come portare la croce di fer-ro piuttosto che d’oro significa stare in comunione con tante famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese.

Anche noi parroci, e religiosi, ci sentiamo ricaricati, rigenerati so-stenuti dalla sua presenza. Ci dona la forza e la certezza di essere sulla strada giusta”.

Dello stesso avviso anche i parroc-chiani, tra loro Paola Fabrizi, già capo ufficio del Pontificio Consiglio per l’u-nità dei Cristiani, oggi in pensione. “Francesco è papa del dialogo.

Spero faccia superare l’appanna-mento della Chiesa di questi ultimi tempi.

Ci ha rivitalizzato come fedeli ed i suoi gesti sono espressioni di una po-vertà che diventa lezione di distacco dalla ricchezza”.

Page 9: La morte è stata vinta

09marzo 2013

La MorTe è STaTa VinTa

Foto e testo di Valentina Vitanza

Il gruppo 12/14 di A.C. della Parr. Maria SS del Rosario di Pomigliano d’Arco, in occasione della Marcia per la Pace, ha presentato all’amministrazione comunale un progetto di riqualificazione della vecchia stazione della circumvesuviana. La struttura, in disuso da 15 anni, attualmente si presenta in condizioni di degrado evidenti. I ragazzi hanno pensato di ristrutturarla e di riutilizzarla per le attività del centro AGVH (Associazio-ne Genitori e Volontari a tutela dell’Handicap) che si trova a poca distanza dall’ex stazione.Il progetto è stato consegnato all’amministrazione comunale che si è impegnata a tenere in consi-derazione le riflessioni e indicazioni contenute in esso.

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mensile della Chiesa di Nola

Foto e testo di Antonella Iovino

Si dice che la bellezza salverà il mondo e se solo ci ricordassimo più spesso di questo, probabilmen-te, il mondo sarebbe migliore. Trasformare il degrado in bellezza è possibile, così com’è possibile far nascere del bene da ogni dove. Se si provasse a leggere tra quei blocchi di cemento, ci si trove-rebbero molte risposte e ci si potrebbero intravedere un’infinità di nuovi scopi. Parchi verdi dove far giocare i bambini, luoghi espositivi per artisti, sale per concerti, sale per laboratori artistici e musicali gratuiti, sale sportive. Tra le tante ipotesi, non esiste una risposta esatta, esiste la volontà di agire, di cambiare o almeno di provarci, perché chiudere gli occhi è la più grave delle colpe

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11marzo 2013

Ogni giorno è l’8 marzoPsicologia e diritto a confronto per la Festa della donna

Videro e credetteroIntervista a Sandro Chierici, curatore della mostra sulla Fede promossa dalla Diocesi

Eccomi!Il racconto di un ammissione agli Ordini Sacri

Ritornare alle originiA Nola indagini archeologiche nella cripta di San Felice

Un’esaltante esperienzaUn percorso interparrocchiale sulla fede

In Diocesi

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mensile della Chiesa di Nola

Una mimosa, un paio di scarpe ros-se ed un nastro bianco appoggiati

sul tavolo che all’ingresso accoglieva gli ospiti intervenuti al secondo in-contro del ciclo “La violenza non è donna”. Con questi simboli l’Associa-zione No Profit Codice Famiglia ha vo-luto delineare l’immagine della donna nella cornice dell’ 8 marzo. La donna raccontata dai giovani avvocati e psi-cologi dell’associazione attraverso le autorevoli voci dei relatori intervenuti è una compagna di vita, una madre fisicamente e psicologicamente pla-giata dal suo partner violento, che nel calore delle proprie mura dome-stiche viene ferita profondamente nell’anima, nella personalità e nella dignità con gesti, parole ed i silenzi rumorosi delle aggressioni fisiche. È una donna che ignara degli intenti or-ribili di un uomo, cammina per strada assorta nelle sue vicende quotidiane e si ritrova all’improvviso in un incubo in carne ed ossa.

Dinanzi agli sguardi attoniti dei partecipanti, dietro ad un telo bianco, durante la serata, si sono mosse le ombre degli attori che hanno messo in scena una delle tante forme di vio-lenza psicologica, quella che giorno dopo giorno distrugge l’anima con fe-rite e lividi invisibili agli altri ma trop-po evidenti per la donna.

In poche ore si sono susseguite parole esperte e rappresentazioni forti per diffondere e divulgare cosa? È difficile accettare che qualcuno che dovrebbe amarti ti usi violenza, ed è ancora più difficile reagire distaccan-dosi dalla persona di cui la donna è vittima, o ancora denunciare senza provare vergogna e timore le bru-talità subite, eppure la scappatoia esiste! Se l’otto marzo nel tempo è divenuto il simbolo della lotta contro qualsiasi forma di sopruso e vessa-zione, tutti i giorni grazie alle Istitu-zioni ed alle strutture competenti è possibile realizzare l’otto marzo per arrivare ad un momento in cui non sarà più necessario dover celebrare in un giorno specifico l’essere don-na, si arriverà ad un momento in cui pari diritti e pari opportunità saranno la normalità. Una serata diversa per dare spazio mediante il confronto di

esperti del settore alle riflessioni sulla condizione femminile, sulla possibilità di migliorare le condizioni di vita del-la donna affinché avvenga il riscatto; per prendere consapevolezza del fat-to che la violenza sulle donne “non è un fatto tra donne”, perché la parola fine a tale violenza non avverrà con la lotta tra sessi ma attraverso le al-leanze tra tutti coloro che rifiutano la sopraffazione e la violenza e credono nella pace e nella solidarietà umana.

In tutto il mondo si è voluto cele-brare non la donna ma la dignità ed il diritto di una donna a vivere libe-

ra nel mondo, spezzando il silenzio e l’indifferenza che alla fine, legittima la cultura del non rispetto e della vio-lenza sulla mente o sul corpo delle donne, dentro e fuori le mura dome-stiche.

Non basta infatti dire o dirsi che noi non condividiamo certi compor-tamenti, dichiararsi estranei a certa cultura o a certi diffusi modi di pen-sare, e l’Associazione Codice Famiglia ha certamente voluto lasciare la sua impronta in tal senso dando voce a tutte le donne, giovani o anziane, de-vastate nella mente e nel corpo.

Psicologia e diritto a confronto per la Festa della donna Nola

OGNI GIORNO È L’8 MARZOdi Michela Albanese

“La ferita della violenza. Diritto e Psicologia: quale interazione?”. Questo il titolo del secondo appuntamento previsto dal ciclo di incontri promosso dall’associazione Codice Famiglia - in collabo-razione con l’Ufficio per le Comunicazioni sociali e l’Ufficio per il Progetto Culturale della Diocesi di Nola - per dialogare con il territorio. Tre momenti di confronto fra diritto, psicologia e cultu-ra, sul tragico tema della violenza contro le donne: tre momenti per informare e formare perché nessuna donna possa più sentirsi sola. All’incontro - che si è svolto l’8 marzo 2013, alle ore 19:00, presso la Sala dei Medaglioni del Palazzo vescovile di Nola - sono intervenuti: la dott.ssa Anna Lisa Amodeo, docente di Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, il dott. Giuseppe Bellobuono, psicologo e coordinatore uffici di piano N20 e N21, la dott.ssa Silvana Tarsitano, psicologa giuridica e perito civile e penale del Tribunale di Napoli, l’avv. Carmen Scarpato, corresposabile legale del centro antiviolenza “A.U.R.O.R.A.” del Comune di Napoli, la dott.ssa Imma Di Laora, psicologa e socia di Codice Famiglia. Gli attori Tina Spampanato, Salvatore Macca-ro e Alfredo Lace presenteranno uno stralcio dell’opera teatrale “Filumena Marturano”, di Eduardo De Filippo, e il testo teatrale “Nudi. Le ombre della violenza sulle donne” scritto da Bernardino Bonzani e Monica Morini. Sarà inoltre possibile ammirare alcu-ne opere dell’artista nolana Florinda Mattiello. “L’identità della violenza. Quando la cultura giustifica l’abuso” il titolo dell’ultimo incontro previsto per il mese di maggio

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13marzo 2013

Intervista a Sandro Chierici, curatore della mostra sulla Fede promossa dalla Diocesi di Nola

VIDERO E CREDETTEROdi Simone Ottaiano

Come nasce l’idea di una mo-stra dedicata alla fede, e qual

è il suo personale rapporto con essa?

L’idea di una mostra sulla Fede na-sce da una opportunità e da una sto-ria pregressa.

L’opportunità è quella offertaci da Benedetto XVI quando ha indetto l’Anno della Fede per invitarci ad ap-profondire che cosa significa per noi questo dono che abbiamo ricevuto; la storia pregressa è l’esperienza bel-lissima che noi ideatori della mostra abbiamo vissuto quando abbiamo al-lestito una mostra simile per l’ultimo Congresso Eucaristico di Ancona e per il seguente Anno dell’Eucarestia.

In quella occasione ci siamo accorti che il linguaggio dell’arte è un veicolo di particolare semplicità e attrattiva per stimolare la riflessione anche su contenuti apparentemente “difficili”. È stato così in primo luogo per noi, e si è confermato per gran parte dei visitatori.

Così ci è venuto naturale risponde-re alla sollecitazione del Pontefice per un Anno della Fede pensando a una mostra che affrontasse questo tema immenso con un taglio particolare, quello dello sguardo. E ancora una volta, il lavoro fatto – per me in parti-colare quello della scelta delle imma-gini – si è rivelato prima di tutto per noi un’occasione per andare a fondo del significato della fede nella nostra vita.

Qual è secondo lei il rapporto fra arte, vita e fede?

L’arte cristiana nasce dalla fede in

Cristo incarnato, che si è fatto pre-sente nella vita di noi uomini, e che per questo è visibile, e quindi rappre-sentabile. È quindi una espressione privilegiata della fede vissuta, proprio nella grande ricchezza di forme che assume, da quelle più alte a quelle più popolari, tutte accomunate pro-prio dalla fede vissuta che le ha ge-nerate.

Perché ha scelto proprio le opere d’arte come mezzo per raccontare la fede?

Perché la bellezza parla al cuore di tutti; chiunque ha nel suo cuore la possibilità di farsi interrogare dal-la bellezza, che sia quella di un bel tramonto come di una statua, di un affresco, di un quadro. Basta solo aprire il cuore, guardare lasciando-si interrogare. In questo senso, una mostra come questa rappresenta an-che un aiuto a guardare in maniera meno distratta rispetto a quella con cui guardiamo le migliaia di immagini che scorrono davanti ai nostri occhi ogni giorno. Guardare è una condi-zione indispensabile per credere, la fede non è cieca, chiede di aprire gli occhi, non di chiuderli.

Che significato ha per lei la presenza della mostra “Videro e credettero” in Campania, in par-ticolare in una provincia come quella di Napoli che, nonostante i suoi noti problemi, custodisce un patrimonio unico di cultura e di opere d’arte?

Questa domanda ha per me un valore particolare, perché fu proprio

mio nonno, Gino Chierici, che negli anni Trenta, quando era Soprinten-dente a Napoli portò alla luce la tom-ba di San Felice e più tardi quella di san Paolino.

Io sono quindi particolarmente le-gato affettivamente a questi luoghi, e spero davvero che la mostra sia una occasione per chi vive in questi luo-ghi per riscoprire tutta la bellezza e la profondità del patrimonio di arte e di fede qui conservato, e per riscopri-re che la custodia e la valorizzazio-ne di questo patrimonio non è solo un compito delle istituzioni, ma una chiamata fatta a tutti noi, perché la memoria della fede eccezionale che animò i primi santi di questa regione – e dopo di loro la moltitudine di santi e di popolo cristiano che qui hanno vissuto – è il terreno sui cui la nostra fede oggi può porre radici più salde e diventare ogni giorno di più il criterio di vita e di azione.

in DioceSi

La mostra Videro credettero. La bellezza e la gioia di essere cristiani - prodotta da Itaca col sostegno del Gruppo ban-cario Credito Valtellinese e il patrocinio del Pontificio Con-siglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ha concesso il logo dell’Anno della fede, del Progetto Cul-turale della Chiesa Italiana e dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI - è stata promossa dalla Diocesi di Nola e dal Centro di Solidarieta` “G. Merliano” Onlus. Inaugurata a Nola ve-nerdì 1 marzo alle ore 17.30 - alla cerimonia sono inter-venuti S.E. Mons. Beniamino Depalma, Arcivescovo - Ve-scovo di Nola, Sandro Chieri-ci, storico dell’arte e curato-re dell’apparato iconografico della mostra e Angelo Pica-riello, giornalista di Avvenire - la mostra si è poi spostata a San Giuseppe Vesuviano, dall’8 al 14 marzo, e infine a Pomigliano d’Arco, dal 15 al 21 marzo.

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mensile della Chiesa di Nola

Il racconto di un ammissione agli Ordini Sacri

ECCOMI!di Rolando Liguori

24 febbraio ore 11:00, Parrocchia S. Michele Arcangelo, Saviano, II

domenica di Quaresima. Durante la Santa Messa il nostro Vescovo Be-niamino De Palma, con il Rito di Am-missione, ha ammesso il sottoscritto tra i candidati agli Ordini Sacri del Diaconato e del Presbiterato. Cos’è il Rito di Ammissione?

Con il Rito di Ammissione avviene un vero e proprio “giro di boa” nel mio cammino. Infatti anche se può apparire come un rito semplice nei segni esteriori, in realtà ha in sé un significato interiore molto forte per chi lo compie. Durante la celebrazio-ne Eucaristica, di fronte al Vescovo e alla Chiesa Diocesana, rappresentata da fedeli laici e ordinati, il diacono mi ha chiamato per nome, come Gesù chiamò gli Apostoli, ed io, con non poca emozione, ho risposto “eccomi”. Tutto è racchiuso in questo “Eccomi” che tanto richiama quello di Maria, una semplice parola che racchiude in sé tutti i sentimenti, le gioie, le paure e le trepidazioni nel scegliere di se-guire e affidarmi al Signore lungo la strada della vocazione al sacerdozio. Tutto parte da Dio, è Lui che chiama a seguirlo e prepara per ognuno una strada. E con il Rito di Ammissione il candidato (io) non solo sceglie di mettersi nelle mani del Signore, ben-sì anche in quelle della sua Chiesa, che attraverso il Vescovo e gli edu-catori riconosce la chiamata e l’ido-neità dei candidati, e si impegna ad accompagnarli lungo il cammino. In questo modo la mia vocazione pas-sa ad essere da un “fatto privato” ad un qualcosa che interessa tutta la comunità, ed io, come chi prima di

me, scelgo di dire il mio primo “Sì” ufficiale al Signore. Non mi affido solo a Lui ma anche al Seminario (forma-tori e compagni), al clero (in primis Vescovo, Rettore Don Gennaro Ro-mano e al mio parroco don Andrea) alla comunità parrocchiale che mi ha seguito ed accompagnato (educato-ri, Azione Cattolica, Associazione San Giacomo ecc.) agli amici, parenti e a tutti i fedeli, che con la loro pre-ghiera, testimonianza e vicinanza mi aiutano a seguire sempre la voce del Signore affinché si compia anche in me la sua parola!

Dopo l’omelia, il Vescovo ha impar-tito una particolare esortazione e be-nedizione dove mi ha chiesto davanti all’assemblea, se volessi continuare il mio cammino di formazione verso il Sacerdozio. Ad ogni esortazione ho risposto “Si, lo voglio”.

Per giungere a questo momento ci sono voluti circa quattro anni.

Si, quattro anni da quella mattina in cui, accompagnato dal mio parro-co Don Andrea, il Vescovo Beniamino e Don Gennaro mi hanno accolto nel Seminario di Nola per l’anno Prope-deutico. Quella mattina ero timoroso, magari con l’incoscienza di un ragaz-zo di 20 anni, ma avevo voglia di met-termi in ascolto del Signore, volevo conoscere, o almeno intravedere, il progetto che Dio ha su di me. Mi misi in gioco, volevo dare una svolta alla mia vita. Ora, a 24 anni ed al III anno di Teologia nel Seminario di Posillipo di Napoli (Seminario dei Gesuiti a cui il nostro Vescovo affida la formazione dei propri seminaristi maggiori), mi sono trovato a fare una scelta quasi definitiva, un fatto della mia vita di-

viene pubblico, ho rinnovato il mio “Si” al Signore dinanzi al Vescovo e alla comunità parrocchiale.

In questi anni di Seminario ho messo alla prova la mia fede, mi sono messo in gioco, ho visto insieme ai miei formatori se la mia è una vo-cazione autentica, e quale desiderio mi spingesse verso il Sacerdozio. Il Vescovo anche nel giorno della mia ammissione, durante l’omelia, mi ha chiesto: “Perché ti fai prete?” ed io con emozione: “Perché mi sono inna-morato di Dio e della sua Chiesa”. Lo ribadisco anche qui, mi faccio prete perché mi sono innamorato di Dio e della Chiesa attraverso il prossimo, il parroco, i miei amici, la famiglia e tutte le persone che ho incontrato in parrocchia, ognuno mi ha fatto “ve-dere” un volto di Dio, un volto fatto di amore gratuito.

Nella formazione in Seminario, ol-tre alla preghiera ed all’introspezione, c’è anche lo studio (con un sorriso mi viene da dire “purtroppo”), lo studio della scienza di Dio, la Sacra Teolo-gia. Padre Beniamino nell’omelia ha parlato proprio di questo, che per un giovane in cammino come me è im-portante la preghiera, l’attività in par-rocchia ma anche la cultura, perché la Chiesa ha bisogno di Preti, di Santi e santificatori ma anche preparati, per poter fondare la propria e altrui fede, su basi solide e non spiritualisi-mi e improvvisazioni vari.

Posso veramente dire che nella mia vita ho incontrato il Signore, per raccontarmi non basterebbe questo contributo chiestomi, ma posso rac-chiudere la mia esperienza usando le parole del Vescovo ai giovani e amici presenti il giorno della mia Amissione tra i Candidati: “Rolando ha fatto una scelta coraggiosa, difficile per certi versi, ma bella! Ma bella! Gesù chia-ma a se ma non ti toglie nulla, Dio dona con abbondanza, senza togliere nulla”.

Ed è veramente così il Signore non mi ha tolto nulla, anzi mi ha dato tanti amici ed una nuova famiglia, una famiglia più grande che supera il legami di sangue ed è la comunità parrocchiale, perché in Cristo siamo un’unica grande famiglia.

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15marzo 2013

in DioceSi

A Nola indagini archeologiche nella cripta di San felice

RITORNARE ALLE ORIGINIdi Angelo Masullo

Nell’anno della fede la comunità ec-clesiale di Nola si è riproposta di

indagare circa le origini dell’esperien-za ecclesiale ed a tal fine, con la col-laborazione dell’Ufficio Beni Culturali della Curia Vescovile e l’autorizzazio-ne della competente Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e della Soprinten-denza per i Beni architettonici, pae-saggistici, storici, artistici e etnoan-tropologici di Napoli e Provincia, ha avviato un’indagine archeologica, che ha interessato la Cattedrale, cuo-re dell’antica insula episcopalis della città di Nola, ed, in particolare, la sot-tostante cripta di S. Felice, luogo da sempre legato al culto del protove-scovo nolano, anche per la presenza del fenomeno della “manna”, atte-stato già nel XVI secolo da Ambrogio Leone nel De Nola.

La tradizione della Chiesa di Nola, infatti, lega le sue origini alla figura

del martire Felice, al quale un’iscri-zione presente nella chiesa a lui de-dicata, sita sul lato nord dell’attuale Piazza Duomo e distrutta da un in-cendio nel 1635, attribuiva il titolo di “Primo Vescovo e Secondo Apostolo dei Nolani”, con chiaro riferimento all’annuncio del Vangelo portato in queste terre dall’apostolo Pietro.

La comunità cristiana di Nola si sarebbe quindi strutturata con una sua precisa identità già alla fine del I secolo d. C. sotto la guida del pro-tovescovo Felice, che subì il martirio nel 95 d. C. durante la persecuzione di Domiziano, unitamente ad altri cri-stiani.

La mancanza di notizie, comprensi-bilissima per un personaggio del I se-colo, l’omonimia con un altro Felice, il presbitero reso famoso da S. Paolino con i Carmina Natalicia e la costruzio-ne del complesso basilicale sulla sua tomba in Cimitile, e particolarmente

il silenzio di S. Paolino sul protove-scovo, hanno indotto alcuni storici a metterne in dubbio l’esistenza ed a ritenere la sua figura uno sdoppia-mento del presbitero Felice, avvenu-to sul finire dell’VIII secolo – inizi del IX, allorché alcuni stralci della passio cominciarono a comparire nei mar-tirologi storici (martirologio di Floro anteriore all’806).

È certo però che già il Martirologio Geronimiano, primo e più importante catalogo universale dei martiri e dei santi in generale, riporta la comme-morazione di S. Felice nolano al 14 gennaio ed al 27 luglio. Mentre la data del 14 gennaio è chiaramente la data tradizionale del natale del Feli-ce presbitero, cantato da S. Paolino, quella del 27 luglio (totalmente sco-nosciuta a S. Paolino come collegata al Santo oggetto della sua particolare venerazione), è verosimile che si rife-risca al martire Felice, protovescovo

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mensile della Chiesa di Nola

nolano, anche alla luce della specifi-cazione: “de ordinationeepiscopatus” che si trova in numerosi codici di det-to martirologio. La collocazione poi della celebrazione al primo posto tra quelle segnate al 27 luglio, fa pen-sare all’inserimento del protovescovo nolano nel martirologio geronimiano fin dalla sua prima compilazione (431 -450).

Il silenzio di S. Paolino del resto non desta alcuna meraviglia, se lo stesso santo, nella lettera 28 all’ami-co Severo scrive: ”I miei studi non sono stati giammai indirizzati a ricer-care e a raccogliere notizie di carat-tere storico”. Nelle sue opere infatti non si evidenzia alcun interesse sto-rico documentario ed anche gli argo-menti di carattere storicosono affron-tati con un approccio squisitamente letterario.

L’indagine stata effettuata sotto la direzione scientifica del funziona-rio di zona dott. Giuseppe Vecchioe il coordinamento dell’archeologo dott. Nicola Castaldo, edha previsto un approccio interdisciplinare con la creazione di un’équipe composta da archeologi, storici dell’arte, fisici, geo-vulcanologi, antropologi, arche-ometri, architetti, archeobotanici, ge-

ofisicie restauratori, nonché l’utilizzo di particolari tecniche diagnostiche e archeometriche affiancate alle meto-dologie tradizionali.

Tutti hanno profuso il loro impegno con passione e coinvolgimento, alcu-ni mettendo gratuitamente a diposi-zione le proprie competenze scienti-fiche e tecniche. I dati finora emersi aprono interessanti quanto inedite prospettive circa il formarsi delle pri-me comunità cristiane in questa ter-ra. Infatti, il comunicato (di seguito integralmente pubblicato), nel quale sono descritte in maniera puntuale le diverse fasi dell’indagine e vengo-no indicati i numerosi professionisti coinvolti, i centri di ricerca e le dit-te che hanno partecipato, si conclu-de affermando: “Pur mancando al momento chiari indizi, le strutture murarie intercettate durante lo sca-vo lasciano ipotizzare la presenza di un più ampio complesso abitativo, al quale apparteneva certamente l’am-biente romano con murature in opus vittatum emerso a via San Felice al disotto delle opere di sostruzione del-la cattedrale, verosimilmente appar-tenente ad una famiglia cristianizzata della “aristocrazia” cittadina, proba-bilmente utilizzato fin dai primi secoli

dell’Impero dalla comunità religiosa nolana e che costituì l’embrione e l’e-lemento catalizzatore attorno al qua-le si svilupparono gli edifici sacri suc-cessivi, a partire almeno dal V secolo. Suggestiva rimane l’ipotesi della pre-senza di una domus ecclesiae che, se opportunamente verificata e sostan-ziata con il prosieguo delle ricerche, rappresenterebbe per l’archeologia cristiana uno degli esempi più antichi conservati di edifici privati con uso cultuale. I dati finora acquisiti sono notevoli e rimandano alle dinamiche di cristianizzazione che interessarono Nola e il suo territorio fin dai primi secoli dell’Impero.”

In attesa della presentazione in maniera scientifica dei risultati dell’indagine, che ci auguriamo possa avvenire in tempi brevi, non possia-mo non rilevare come l’intercettazio-ne nel luogo indicato dalla tradizione come luogo di sepoltura del protove-scovo e martire Felice, di un ambien-te romano probabilmente utilizzato fin dai primi secoli dell’Impero dalla comunità cristiana nolana getti nuo-va luce sulla ultramillenaria tradizione della chiesa nolana e sulla testimo-nianza remotissima del culto a S. Fe-lice primo vescovo e martire di Nola.

Comunicato relativo alle indagini avviate nella Cripta di S. Felice Vesco-vo e Martire nella Basilica Cattedrale di Nola

Nell’ambito delle ricerche volte alla definizione delle dinamiche di cristia-nizzazione di Nola e del suo territorio è stata avviata un’indagine archeolo-gica nella Cripta (o succorpo) di San Felice Vescovo e Martire, sottoposta alla Basilica Cattedrale dell’Assunta, dove la tradizione locale ha da sem-pre collocato la sepoltura del proto-vescovo nolano dalla quale scaturisce la cosi detta “Manna”, fenomeno do-cumentato a partire fin dagli inizi del XVI secolo e che nel passato aveva luogo più volte durante l’anno (A. Le-one, De Nola, Venezia 1514; D. De Risi, Il miracolo della Manna di San Felice – Cronache dal 1753 al 1907, Nola 2012).È stato possibile effettuare tale in-dagine, autorizzata dalla Soprin-tendenza Speciale per i beni Arche-ologici di Napoli e Pompei e dalla

Soprintendenza BAPSAE di Napoli e Provincia, grazie alla sensibilità e lun-gimiranza degli organi di Curia, del vescovo Mons. Beniamino Depalma, del vicario generale Mons. Pasquale D’Onofrio e del parroco della Catte-drale don Domenico De Risi, ai fon-di erogati dal cancelliere don Angelo Masullo e all’attenzione del Soprin-tendente Archeologo dott.ssa Teresa Cinquantaquattro verso il territorio di competenza. L’importanza e la complessità dell’in-dagine ha previsto un approccio in-terdisciplinare e la creazione di un’e-quipe composta da archeologi, storici dell’arte, fisici, geo-vulcanologi, an-tropologi, archeometri, architetti, ar-cheobotanici, geofisici e restauratori. All’utilizzo di metodologie tradizionali è stato affiancato quello di particolari tecniche diagnostiche e archeome-triche, quali la datazioni delle malte mediante la misurazione radiocarbo-nica effettuata dal prof. Filippo Terra-si e dalla dott.ssa Isabella Passariello del centro CIRCE di Caserta; indagini non distruttive (termografia, ultra-suoni, endoscopia, radiografia, ecc)

eseguite a cura del dott. Giovanni Cavaccini della BYTEST di Beneven-to; la caratterizzazione mineralogica e l’analisi delle malte antiche utiliz-zate comparate con quelle di altri siti d’interesse sia di età classica che paleocristiana e altomedievale dell’a-rea nolana (anfiteatro di Nola, resti dell’edificio di epoca romana di Via San Felice, basiliche di Cimitile, chie-sa altomedievale di Schiava di Tufino, ecc.) effettuate dalla dott.ssa Angela Mormone e dal dott. Mauro Antonio Di Vito e le prospezioni geoelettriche effettuate dal dott. Antonio Troiano e dalla dott.ssa Maria Giulia Di Giusep-pe, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Vesu-viano; la calcimetria e la rifrazione a RX su campioni degli intonaci affre-scati della parete occidentale della cripta che sta eseguendo la dott.ssa Filomena Lomoriello mentre le even-tuali analisi antropologiche saranno affidate alla dott.ssa Marielva Torino, paleopatologa, entrambe dell’Univer-sità degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa; le analisi su resti botanici, che stanno effettuando il dott. Mau-

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17marzo 2013

in DioceSiro Paolo Buonincontri e il prof. Gae-tano Di Pasquale del Laboratorio di Storia della vegetazione e Anatomia del legno – Dipartimento di Arbori-coltura, Botanica e Patologia vegeta-le dell’Università di Napoli “Federico II - Portici; il dott. Sergio Cascella, archeologo, sta procedendo con la catalogazione e lo studio di tutti i ma-teriali lapidei erratici di età romana (colonne, capitelli, fregi, trabeazioni, fonte battesimale forse ricavato da un catillus di trapetum, ecc.) conser-vati nell’insula episcopalis, alcuni dei quali provenienti dai lavori della rico-struzione della cattedrale di fine XVI secolo e post incendio del 1861, forse alcuni collocati sulla facciata dell’edi-ficio sacro, dove sicuramente le fon-ti letterarie attestano murate alcune epigrafi romane oggi conservate nel museo lapidario del Seminario. Lo scavo è stato eseguito dalla ditta Co-struzioni Meo s.r.l. di Nola.Parallelamente all’indagine arche-ologica è stato avviato lo spoglio e l’attenta rilettura critica delle fonti d’archivio disponibili, in primis il fon-do pergamenaceo e le Sante Visite custodite presso l’Archivio Diocesano, che sta curando la dott.ssa Antonia Solpietro direttrice dell’Ufficio Beni Culturali diocesano nonché l’edizione critica della passio di San Felice ve-scovo curata dal prof. Edoardo D’An-gelo dell’Università degli Studi di Na-poli “Federico II”, e la realizzazione di una mappa della città e dell’insula episcopalis con l’ubicazione delle in-dagini archeologiche effettuate negli ultimi anni in area urbana in occasio-ne dei lavori di metanizzazione o di lavori privati, utile per la ricostruzione topografica della città antica di epoca romana a cura del dott. Nicola Castal-do e dell’arch. Emilio Castaldo. Par-ticolare attenzione è stata riservata ai rilievi grafici e all’ubicazione stru-mentale delle evidenze. E’ in corso di realizzazione il rilievo scannerizza-to dell’intera insula della cattedrale, eseguito con il supporto tecnologico della Leica Geosystems Italia tramite l’arch. Raffaele Martinelli, e quella di aggiornate sezioni che tengano conto di tutti gli antichi piani d’uso intercet-tati, alle quali sta lavorando sempre l’arch. Emilio Castaldo che sta curan-do anche la documentazione grafica dello scavo.L’indagine, sotto la direzione scien-tifica del Funzionario di zona dott. Giuseppe Vecchio e il coordinamento dall’archeologo Nicola Castaldo inca-

ricato dalla Curia Vescovile, è stata articolata in diverse fasi. Dapprima è stato effettuato un sopralluogo e l’attenta analisi del luogo di culto, in particolare della parete con la lastra forata da cui scaturisce la “Manna” e l’affresco di San Felice, recentemente restaurato dalla dott. Daniela Giorda-no, con progetto autorizzato dal dott. Franco Di Spirito della competente sovrintendenza, su committenza di don Angelo Masullo. In questa occa-sione si è proceduto alla rimozione del tabernacolo metallico, il cui restauro è affidato alla dott. Daria Catello su autorizzazione del medesimo dott. Di Spirito. L’affresco in questione è sta-to ricondotto da Antonia Solpietro ad un artista della seconda metà del XV secolo. In questa prima ricognizione è stato possibile rilevare una com-plessa stratificazione muraria che ha portato ad una mirata campionatura delle malte e di una loro preliminare datazione mediante la misurazione radiocarbonica. Le misurazioni effettuate sono conflu-ite in un testo, redatto da Passariello et alii, dal titolo RADIOCARBONDA-TING OF MORTARS FROM THE CRYP-TOF ST.FELICE AT NOLA (NAPLES, ITALY) per Radiocarbon and Archaeo-logy 2013 (Ghent - Belgio), nel quale è proposta una prima classificazione cronostratigrafica e funzionale delle evidenze intercettate. Una seconda fase ha previsto una se-rie di carotaggi, eseguiti dalla società Tecno-in di Napoli, che hanno ulte-riormente fornito indicazioni circa la stratificazione archeologica del sito,

puntualmente confermata poi dall’in-dagine archeologica i cui risultati sa-ranno a breve esposti in un pubblico convegno. Pur mancando al momento chiari in-dizi, le strutture murarie intercettate durante lo scavo lasciano ipotizzare la presenza di un più ampio comples-so abitativo, al quale apparteneva certamente l’ambiente romano con murature in opus vittatum emerso a via San Felice al disotto delle opere di sostruzione della cattedrale, verosi-milmente appartenente ad una fami-glia cristianizzata della “aristocrazia” cittadina, probabilmente utilizzato fin dai primi secoli dell’Impero dalla co-munità religiosa nolana e che costituì l’embrione e l’elemento catalizzatore attorno al quale si svilupparono gli edifici sacri successivi, a partire alme-no dal V secolo. Suggestiva rimane l’ipotesi della presenza di una domus ecclesiae che, se opportunamente verificata e sostanziata con il prosie-guo delle ricerche, rappresenterebbe per l’archeologia cristiana uno degli esempi più antichi conservati di edifi-ci privati con uso cultuale. I dati finora acquisiti sono notevoli e rimandano alle dinamiche di cristia-nizzazione che interessarono Nola e il suo territorio fin dai primi secoli dell’Impero.Allo stato, essendo ancora in corso le indagini, l’area interessata rimane chiusa e l’accesso alla Cripta inter-detto.

dott. Giuseppe Vecchio dott. Nicola Castaldo

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mensile della Chiesa di Nola

L’anno della fede sta evidenziando un evento di grazia straordinario

per le comunità parrocchiali di San Gavino Martire di Camposano, San Felice in Pincis e Sacra Famiglia di Ci-mitile e San Giacomo Apostolo di Cic-ciano che stanno sperimentando un iter condiviso all’insegna della fede della fratellanza e della festa!

I parroci P.Antonio Collu, Don Co-simo Damiano, Don Paolo Stefano Menna Scala, i presidenti e collabora-tori delle rispettive parrocchie hanno colto l’occasione per gettare le reti al largo, creando spazi e tempi per sei catechesi sul Credo Apostolico volte alla riscoperta dei contenuti essenzia-

li della professione di fede come bus-sola di orientamento di un autentico cammino per il cristiano del nostro tempo. Questo percorso formativo ha visto impegnate presenze come S.E.Mons.Beniamino Depalma Arcive-scovo e Vescovo di Nola, S. E. Mons .Salvatore Giovanni Rinaldi e Vescovo di Acerra, Mons.Don Lino D’Onofrio Vicario Generale della Diocesi di Nola, Don Ferdinando Russo Parroco di San Paolo Belsito, Don Vito Cucca Parro-co di Marzano di Nola e Don Alessan-dro Valentino Assistente Diocesano dell’Azione Cattolica.

Come soffio di aria nuova, ogni re-latore con la propria testimonianza,

con il proprio carisma e con lo stile in-confondibile della Chiesa , mentre ha illuminato un aspetto dell’argomento affidatogli, lo ha proiettato con un filo rosso in una visione dinamica e globale, attualizzandolo, suscitando, così, grande interesse con la dilata-zione di ricerca e di confronto perso-nale o interpersonale.

Ogni incontro risulta sempre più arricchito dalla presenza di fedeli desiderosi di partecipare e di vivere quest’avventura meravigliosa in un momento storico in cui la Chiesa ha un compito particolarmente incisivo nella formazione individuale e collet-tiva.

Un percorso interparrocchiale sulla fede

UN’ESALTANTE ESPERIENZAdi Francesca Sibilla

Page 19: La morte è stata vinta

19marzo 2013

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abbandonare l’egoismo, gli averi inutili, l’illusione di essere il centro del mondo. Un movimento verso l’alto, verso le di-mensioni ultime, verso le grandi doman-de esistenziali che siamo soliti rinviare sine die. Il Signore Risorto non è più il corpo immobile ucciso sulla croce, ben-sì un uomo vivo che cammina al nostro fianco e ci tiene la mano quando siamo tentati di interrompere il nostro percorso.

Edificare. Talvolta i nostri progetti si fermano, anche bruscamente. Capita che ciò a cui avevamo lavorato con serietà e dedizione di colpo sparisca, e non per colpa nostra. Eppure, c’è una edificazio-ne, una costruzione, che non può mai evaporare né essere distrutta: è l’edificio del Bene. Ogni attimo della nostra vita va spesa per costruire bontà, generosità, altruismo, solidarietà. Non c’è situazione di vita o contesto sfavorevole che pos-sa impedire l’adoperarci per l’altro, per

i suoi bisogni materiali e morali. Troppo spesso ci circondiamo di alibi. Li creia-mo, i nostri alibi, solo per giustificare la nostra inerzia, la nostra indifferenza, la nostra pigrizia. Il Signore Risorto, nel ter-zo giorno dopo la morte in croce, non ha smesso di sporcarsi le mani con l’uomo, ma continua ad edificare il Bene attra-verso le nostre mani, il nostro cuore, la nostra mente.

Confessare. Mano a mano che ab-bandoniamo la fanciullezza, l’adolescen-za, la giovinezza, diveniamo sempre più “furbi”, più abili a nascondere le nostre idee e i nostri limiti, a dissimulare le emo-zioni e i sentimenti. Ci inaridiamo, perché smettiamo di raccontarci, di dire l’essen-ziale di noi. Smettiamo di confessare. Le nostre debolezze. Ciò in cui crediamo. Le nostre virtù. I nostri sogni. I desideri più profondi e veri. Crescendo, un manto di superficialità copre ciò che conta davvero nella vita. Torniamo a dire la nostra vita mettendoci la mano sul cuore, imparan-

do di nuovo a declinare le parole più im-portanti: gratitudine, perdono, misericor-dia! Basta con le parole di circostanza, le astuzie tattiche di chi vuole sopravvivere e non vivere. Torniamo a usare il vocabo-lario dell’amore! Il Signore Risorto, scon-figgendo le tenebre, ha confessato la sua fiducia in Dio e la sua fedeltà all’uomo, nonostante le infedeltà subite. Nel suo trionfo, Gesù confessa che l’Amore ha l’ultima parola su ogni vicenda umana e terrena.

Nel giorno più bello per i cristiani, nel giorno in cui celebriamo la Pasqua del Signore, vi auguro, cari fratelli, non una gioia effimera e passeggera, né un facile ottimismo di maniera, che svanisce alle prime difficoltà. Vi auguro, amici, la fati-ca di camminare. Il coraggio di edificare. L’onestà di confessare a noi stessi, e al mondo intero, che siamo qui per amare, non per altro.

Buona Pasqua!

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]],Antonio, Averaimo, Enzo FormisanoStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 26 marzo 2013

NON SONO TUTTI UGUALIdi Marco Iasevoli

Nel primo giorno di scuola, il senato-re Francesco Russo, triestino, Pd, si è presentato da bravo scolaretto pres-so gli uffici amministrativi di Palazzo Madama. Un cortese funzionario gli ha spiegato tutto, diritti e doveri, e poi, con molto savoir-faire, gli ha il-lustrato la composizione della sua busta paga. Una cifra monstre, roba che nemmeno si può immaginare. A Russo, padre di 4 figli, docente uni-versitario, una vita nel retropalco del-la politica (quella con molti oneri e pochi onori), è sembrato subito uno schiaffo alla misera. “Ma io che ci fac-cio con tutti questi soldi?”, chiede a un collega democrat al suo fianco. Il quale, per inciso, fa finta di non senti-re, per non sentire anche lui il peso di quella domanda. Ben strane, le valu-tazioni di Russo. Una, in particolare, colpisce: questo tenore di vita, pen-sa, è “provvisorio”, potrebbe alimen-tare cattive attese, cattive abitudini, sia in lui sia nella sua famiglia. Un ra-gionamento educativo, più che poli-tico. “Devo autodisciplinarmi”, pensa in cuor suo. Da qui l’idea: decurtarsi, di sua spontanea volontà, il 20 per cento dello stipendio, e devolverlo interamente a Banca etica, l’istituto finanziario che investe sui progetti di piccola e media imprenditoria locale. Un primo gesto, per scuotere anche un po’ di suoi colleghi. In attesa che il

gruppo Pd al Senato, all’unisono, de-cida che tutti quei soldi non servono a niente, fanno solo male al cuore e alla mente. E ancora. Del Movimento 5 Stelle si può dire tutto e il contra-rio di tutto. Beppe Grillo può susci-tare le più profonde simpatie e allo stesso tempo solleticare un genuino istinto di insofferenza al più traspa-rente populismo. Eppure, guardando oltre il leader, non si può non vedere un dato: in Parlamento ora ci sono studenti, operai, impiegati, disoccu-pati, ingegneri, architetti, partite Iva, blogger, videomaker… Una macchia di colore nel monocolore di avvocati e giuristi che da sempre dettano leg-ge nelle Aule del Palazzo. Ma come hanno fatto a scassinare le porte più inaccessibili del Paese ed entrare là dove si decidono le sorti del Paese? I più semplicioni hanno la risposta già pronta: loro non hanno fatto nulla, si sono messi sulla scia di Grillo e ne hanno goduto. Ma la politica non si

fa con le frasi da bar! Bisogna cono-scere, capire, approfondire. Bene, ripercorriamo la campagna elettorale di Luigi di Maio, il 26enne di Pomi-gliano d’Arco ora vicepresidente della Camera. Ciclopedalate sui luoghi del disastro ambientale, comizi nelle pe-riferie desolate, faccia a faccia nelle fabbriche provate dalla crisi economi-ca, tour negli esercizi commerciali… Altro che web-dipendenza e Grillo-mania! Forse converrebbe articolare un po’ di più l’analisi: il comico geno-vese ha certamente avuto una gran parte nel successo di M5S, ma se non avesse avuto in strada candidati cre-dibili e iperattivi se lo sarebbe sogna-to un consenso così alto… Intanto, giusto per chiarire: nelle domeniche successive al voto, mentre i suoi col-leghi deputati e senatori si godevano l’ascesa politica, lui era alle riunioni M5S di Pomigliano d’Arco e dintorni. Ad ascoltare i cittadini, ad aspettare il suo turno per parlare.

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