la mobilità dell’apparato locomotore - Professione Fitness · 1 Platonov V., Fondamenti...

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CAPITOLO 1 LA MOBILITÀ DELL’APPARATO LOCOMOTORE 1.1 L’IMPORTANZA DELLA MOBILITÀ DELLAPPARATO LOCOMOTORE Nell’esaminare le variabili che possono determinare la presta- zione sportiva, la mobilità dell’apparato locomotore, risulta es- sere una delle caratteristiche fondamentali dell’atleta. E’ gene- rata per mezzo dei muscoli scheletrici, grazie alla mediazione delle articolazioni. La scienza dell’allenamento sportivo, defini- sce la mobilità come la capacità di eseguire i più svariati movi- menti bio-meccanici tramite il massimo grado di escursione ar- ticolare o range of motion (R.O.M.). A titolo conoscitivo ripor- tiamo alcune importanti definizioni: Platonov evidenzia 1 come:“per mobilità articolare o flessibi- lità si intendono quelle capacità morfofunzionali dell’appara- to motorio e di sostegno che determinano l’ampiezza dei movimenti dell’atleta”; Manno 2 sottolinea come: “la flessibilità, …, è la capacità di compiere gesti con l’impiego dell’escursione articolare più ampia possibile sia in forma attiva che passiva; Aenheim e Prentice 3 definiscono la flessibilità come: “l’am- piezza di movimento di un’articolazione o di un gruppo di articolazioni influenzate, dalle strutture ossee e dalle carat- teristiche fisiologiche di muscoli, tendini, legamenti, e dai vari altri tessuti collageni che circondano l’articolazione”. Si può notare fin da ora come questi autori, hanno usato il ter- mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. 1 Platonov V., Fondamenti dell'allenamento e dell'attività di gara, Ed. Calzetti e Mariucci, Perugia 2004: 377 2 Manno R., Fondamenti dell'allenamento sportivo, Ed. Zanichelli, Bologna 1989: 119 3 Anheim D.D., Prentice W.W., Principi di allenamento atletico, Ed. Piccin, Padova 2000: 38 15 LA MOBILITÀ DELL'APPARATO LOCOMOTORE

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fabio apriLe - fabio perissinotti

capitolo 1

la mobilità dell’apparato locomotore

1.1 L’importanza deLLa mobiLità deLL’apparato Locomotore

Nell’esaminare le variabili che possono determinare la presta-zione sportiva, la mobilità dell’apparato locomotore, risulta es-sere una delle caratteristiche fondamentali dell’atleta. E’ gene-rata per mezzo dei muscoli scheletrici, grazie alla mediazione delle articolazioni. La scienza dell’allenamento sportivo, defini-sce la mobilità come la capacità di eseguire i più svariati movi-menti bio-meccanici tramite il massimo grado di escursione ar-ticolare o range of motion (R.O.M.). A titolo conoscitivo ripor-tiamo alcune importanti definizioni:

Platonov evidenzia – 1 come:“per mobilità articolare o flessibi-lità si intendono quelle capacità morfofunzionali dell’appara-to motorio e di sostegno che determinano l’ampiezza dei movimenti dell’atleta”;Manno – 2 sottolinea come: “la flessibilità, …, è la capacità di compiere gesti con l’impiego dell’escursione articolare più ampia possibile sia in forma attiva che passiva;Aenheim e Prentice – 3 definiscono la flessibilità come: “l’am-piezza di movimento di un’articolazione o di un gruppo di articolazioni influenzate, dalle strutture ossee e dalle carat-teristiche fisiologiche di muscoli, tendini, legamenti, e dai vari altri tessuti collageni che circondano l’articolazione”.

Si può notare fin da ora come questi autori, hanno usato il ter-mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi.

1 Platonov V., Fondamenti dell'allenamento e dell'attività di gara, Ed. Calzetti

e Mariucci, Perugia 2004: 377

2 Manno R., Fondamenti dell'allenamento sportivo, Ed. Zanichelli, Bologna 1989: 119

3 Anheim D.D., Prentice W.W., Principi di allenamento atletico, Ed. Piccin,

Padova 2000: 38

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Autorevoli studiosi4-5 sono concordi nell’affidare a questa qualità fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-muscolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio conosciute come capacità condizionali, sono: forza, resistenza e velocità.

La forza è intesa come la capacità neuro-muscolare dell’in-1. dividuo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad essa, con un impegno variabile della muscolatura scheletri-ca da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza è intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La velocità è intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. è suddivisa in ciclica, come ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

La seconda tipologia di capacità definita dalla scuola francese:

4 Martin D., Martin K., Lehenertz K., Manuale di teoria dell’allenamento,

Ed. Società Stampa Sportiva, Roma 1997: 213-214

5 Weineck J., L’allenamento ottimale, Ed. Calzetti e Mariucci, Perugia 2001: 419

6 Cfr, Bouchard C., Brunelle J.,. Godbout P, La preparazione di un campione,

Trad. it. a cura di M. Mulinelli, Società Stampa Sportiva, Roma 1978: 352-356

7 Cfr, Schnabel G., Harre D., Borde A., Scienza dell’allenamento, Ed. Arcadia,

Modena 1998: 138-139

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mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

8 Cfr, Schmidt 1977 in D. Martin, K. Martin, K. Lehenertz, Manuale di teoria

dell’allenamento, Ed. Società Stampa Sportiva, Roma 1997: 64

“percettivo-cinetiche”6 e dalla scuola tedesca: “capacità coordinative”7, permettono la gestione dei movimenti nello spazio circostante.

Esse si esprimono generalmente nelle seguenti differenti situa-zioni motorie:

nel ripristino dell’equilibrio statico e dinamico; –nelle situazioni di orientamento spaziale e temporale; –nell’acquisizione di ritmi predeterminati o di eventuali cambi –repentini dei medesimi;nella differente combinazione euritmica dei movimenti tra –arti superiori e arti inferiori;nella regolazione dell’intensità delle esercitazioni, tramite la –modulazione della muscolatura impegnata nell’azione;nel migliorare la reazione motoria del sistema nervoso cen- –trale, cioè la capacità di costruire una risposta meccanica efficace in un tempo minimo;nel modificare in modo repentino le gestualità tecniche e –nel trasformare i movimenti secondo le differenti situazioni motorie.

Tali differenti regolazioni del movimento sono rese possibili gra-zie all’intervento di organi specializzati, che elaborano due tipo-logie di informazioni. Le prime, provenienti dall’esterno del cor-po, sono recepite grazie alla vista, all’udito e al tatto e ai loro rispettivi analizzatori cerebrali: quello ottico, uditivo e tattile. Le seconde, provenienti dall’interno del corpo, sono decodificate grazie all’analizzatore vestibolare situato nell’orecchio e a quel-lo cinestetico posizionato nei muscoli e nelle articolazioni.

La coordinazione motoria rappresenta l’integrazione dell’attività biomeccanica e del pensiero, ma come ci spiega Schmidt (1977)8 ci sono diversi livelli di regolazione che vanno tra un’at-tività riflessa e una interamente cosciente, con diversi livelli in-termedi. La coordinazione motoria ha l’obiettivo di realizzare un

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movimento singolo o un insieme di movimenti finalizzati ad un determinato compito motorio.

I vantaggi di un buon sviluppo dell’efficienza dell’apparato loco-motore, senza i quali nessun individuo potrebbe accedere a li-velli soddisfacenti di performance sono diversi.

Il ritardo nella degenerazione articolare dovuto alla mancan-1. za di movimento. Ricordiamo, infatti, che il movimento mec-canico delle articolazioni prevede che ci sia una continua produzione di liquido sinoviale e quindi il mantenimento della lubrificazione delle parti implicate nel movimento, con ridu-zione degli attriti e diminuzione dell’invecchiamento precoce dovuto ad usura o mancanza di utilizzo (ipocinetismo).La possibilità di realizzare movimenti coordinati complessi 2. che prevedano una continua variazione dei gradi articolari utilizzati per l’attuazione dei medesimi.Un minor dispendio energetico dovuto all’adattamento ve-3. loce delle strutture muscolo articolari utilizzate nel movi-mento e alla modulazione armonica dei riflessi da stiramen-to e inversi da stiramento mediati dai fusi neuromuscolari e dagli organi tendinei del Golgi, con un’inevitabile ricaduta positiva sulla tecnica esecutiva degli esercizi. La riduzione di eventuali traumi determinati da ampi range 4. di movimento non controbilanciati da un’adeguata capacità di adattamento dell’apparato muscolo-articolare; oppure da muscoli principalmente utilizzati in accorciamento che per-derebbero le loro caratteristiche di estensibilità.La possibilità di eseguire movimenti che prevedano lo svi-5. luppo di grandi intensità di forza per mezzo di ampi range di movimento con stoccaggio da parte dell’unità muscolo-ten-dinea dell’energia elastica e successivamente la sua resti-tuzione immediata sotto forma di forza e velocità.

1.2 differenza tra mobiLità articoLare e fLessibiLità muscoLo-tendinea

La mobilità dell’apparato locomotore, cioè la capacità di ese-guire i più svariati movimenti biomeccanici tramite il massimo grado di escursione articolare, è considerata, nella teoria e

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metodologia dell’allenamento sportivo, uno dei pre-requisiti fondamentali per l’effettuazione della massima performance. Esaminando in modo più accurato il concetto e dovendo trova-re soluzioni pratiche per un allenamento ben strutturato e pe-riodizzato, si fa riferimento alla mobilità dell’apparato locomo-tore come la risultante di due componenti: la mobilità articolare (Ma) e la flessibilità muscolo-tendinea (Fmt).

La Ma, caratteristica delle articolazioni in senso stretto, è me-diata dalle differenti forme ossee. Risulta essere allenabile grazie ad esercizi (che ripropongono il movimento delle arti-colazioni stesse, nella loro massima espressione di mobilità) definiti a corpo libero o callistenici. La flessibilità muscolo-ten-dinea (Fmt) cioè la capacità di elongazione del muscolo nella sua totalità, sia a riposo che dopo una contrazione, risulta es-sere ancora allenabile dalle differenti tecniche di stretching e allungamento muscolare.

Si sottolinea che questa definizione semplificativa la si propone come aiuto per una gestione delle esercitazioni nei vari campi di allenamento.

1.3 La mobiLità deLL’apparato Locomotore

Con riferimento alle considerazioni precedenti, possiamo identificare un nuovo termine che raggruppi l’insieme delle due componenti della mobilità dell’apparato locomotore. Par-leremo di mobilità composta, intendendo l’insieme della mobi-lità articolare e della flessibilità muscolo-tendinea, capaci nel loro insieme e senza soluzione di continuità, di dare origine a movimenti con una diversa gestualità.

Distinguendo la mobilità composta in articolare e muscolo tendinea (Figura 1) appare quindi evidente che ci saranno esercizi diversi per la mobilità articolare ed esercizi per la fles-sibilità muscolo-tendinea.Per comprendere meglio l’argomento si rende necessaria un’ul-teriore suddivisione della mobilità articolare che permetta di orientarsi in modo semplice alla scelta delle più opportune me-

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mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

9 Platonov V., Fondamenti dell’allenamento e dell’attività di gara, Ed. Calzetti e

Mariucci, Perugia 2004: 377-378

10 Bellotti P., Matteucci E., Allenamento sportivo, Ed. Utet, Torino 199: 114-115

todiche di allenamento9. Vediamola in dettaglio.

mobilità articolare di tipo passivo: è generata in modo passi-vo da un partner o da se stessi (per quanto possibile), fletten-do o estendendo in modo lento e progressivo il segmento cor-poreo interessato. mobilità articolare di tipo attivo: è generata in modo diretto dal-la contrazione dei muscoli adiacenti una determinata articolazio-ne aventi inserzione sul segmento osseo mediato dall’articola-zione medesima. Sono un esempio l’articolazione scapolo-ome-rale con i suoi movimenti di flessione ed estensione, intra ed ex-tra rotazione, abduzione, adduzione e circonduzione del braccio.

Anche per la seconda componente della mobilità composta, la flessibilità muscolo-tendinea, si rende necessario classificarne le differenti estrinsecazioni10.

flessibilità muscolo-tendinea di tipo passivo: generata in mo-do passivo da un partner o da se stessi, si realizza quando rag-giunta una posizione di elevata escursione articolare con il ven-tre muscolare in allungamento, tale posizione viene mantenuta per alcuni secondi. flessibilità muscolo-tendinea di tipo attivo, statica o dinamica: essa è generata in modo diretto o dal mantenimento di determi-

figura 1 - Le componenti della mobilità composta

mobilità composta

+mobilità articolare

Flessibilitàmuscolo-tendinea

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mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

11 Schnabel G., Harre D., Borde A., Scienza dell’allenamento, Ed. Arcadia, Mo-

dena 1998: 148-149

12 Platonov V., L’organizzazione dell’allenamento e dell’attività di gara, Teoria ge-

nerale della preparazione degli atleti negli sport olimpici, ed. Calzetti e Mariucci,

Perugia 2004: 167-168

nate posture in allungamento muscolare o dalla contrazione di masse muscolari che spostano in modo rettilineo o semicircola-re, ripetuto e continuo, il segmento interessato, portando il ven-tre muscolare in allungamento.Entrambe le modalità di applicazione della flessibilità (passiva e attiva) potranno essere riferite a tutti i muscoli del corpo uma-no, se il suo allenamento riguarda la forma generale dell’indivi-duo. Oppure potrà essere riferita all’allenamento specializzato dei gruppi muscolari implicati nel gesto di gara.

Inoltre, è doveroso introdurre il concetto di riserva di mobilità (RM) messo in luce da alcuni autori11-12. è individuata come il valore ottenuto dalla differenza tra la mobilità attiva, valutabile quantitativamente per mezzo della capacità dell’atleta nel rag-giungimento di una grande escursione di movimento grazie all’azione attiva dei muscoli scheletrici e la mobilità passiva sempre maggiore della precedente, e determinata mediante l’ampiezza del movimento realizzabile grazie all’applicazione di forze esterne (aiuto dell’allenatore, sovraccarichi, elastici, ecc.). Sembrerebbe che la riserva di mobilità possa evidenzia-re il possibile range di miglioramento di tale capacità ancora a disposizione dell’individuo. Nello schema sotto riportato (Figu-ra 2) si evidenzia come, nel movimento di flessione della gam-ba sul busto da decubito supino, sia possibile, dato un centro di rotazione articolare (CRA) quale quello dell’articolazione co-xo-femorale, generare una mobilità passiva (MP), ad esempio con l’aiuto di un personal trainer, e come essa sarebbe mag-giore della possibilità soggettiva dell’individuo di flettere attiva-mente la gamba sul busto generando una mobilità attiva (MA). Inoltre, si può notare come la differenza tra le due mobilità, dia origine ad una riserva ancora a disposizione dell’individuo, sul-

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mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

13 Manno R., Fondamenti dell’allenamento sportivo, ed. Zanichelli, Bologna 1989: 120-122

14 Federici A., Valentini M., C.T. Cardinali, Sportivamente Anziano, Ed. Montefeltro, Urbino

2000: 53,57,271

15 Weineck J., L’allenamento ottimale, Ed. Calzetti e Mariucci, Perugia 2001: 454

16 Martin D., Martin K., Lehenertz K., Manuale di teoria dell’allenamento, Ed. Società Stampa

Sportiva, Roma 1997: 218-219

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la quale intervenire con l’allenamento di potenziamento mu-scolare e di incremento dell’escursione articolare.

1.4 fattori condizionanti La mobiLità composta

La possibilità di eseguire movimenti meccanici nel range fisiolo-gico della mobilità composta, è essenzialmente permessa gra-zie a tre gruppi di fattori.

a. Fattori generali La mobilità dell’apparato motorio sviluppandosi già nei primi an-ni di vita, sembrerebbe avere un inizio di regressione precoce, addirittura con la pubertà13, evidenziando un deficit sempre più marcato con l’età senile, fatto dovuto principalmente a cambia-menti nell’elasticità dei tessuti muscolari dovuti all’invecchia-mento biologico e alla riduzione dell’attività fisica14. Alcuni autori15_16 evidenziano come l’età della fanciullezza compresa tra i sei e i dodici anni risulti essere il periodo più favorevole

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figura 2 - La riserva di mobilità

mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

17 Weineck J., L’allenamento ottimale, Ed. Calzetti e Mariucci, Perugia 2001:

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all’incremento di questa caratteristica, grazie allo sviluppo arti-colare osseo e muscolo-tendineo dei tessuti non ancora com-pletato. Questa la ragione per cui risulterebbe relativamente fa-cile ottenere miglioramenti di tale qualità in questo periodo. Dal-le precedenti considerazioni, diventa comprensibile come inter-venendo con l’allenamento in età post-puberale, si possano mantenere i risultati ottenuti in precedenza o eventualmente re-cuperare la flessibilità persa con l’inattività fisica, per questo l’obiettivo dell’allenamento sarà da riferirsi allo sviluppo pre-gresso prima della pubertà. Evidenziamo ancora, come la mobi-lità dell’apparato motorio risulti essere più spiccata nelle donne che negli uomini. La causa di tale differenza sembrerebbe dovu-ta principalmente a tre fattori fondamentali: il primo mette in lu-ce il minor sviluppo delle masse muscolari delle donne rispetto agli uomini; il secondo riguarda la minore grandezza delle strut-ture muscolo-tendinee, il terzo sarebbe da imputarsi alla diffe-rente morfologia dell’apparato scheletrico, e all’influenza degli ormoni femminili. Altri fattori riconosciuti importanti nel determi-nare variazioni della mobilità composta risultano essere:

La temperatura dell’ambiente e la temperatura corporea: 1. un loro incremento risulterebbe favorevole ad un aumento della mobilità composta, mentre un loro decremento sem-brerebbe un fattore inibente. Questo suggerisce che l’au-mento fisiologico della temperatura del corpo umano me-diante un buon riscaldamento, diventi fondamentale, sia come prevenzione agli stress osteo-artro-muscolari prima dell’allenamento, sia come premessa per l’allenamento dei massimi range di tale capacità.L’orario della giornata: più ridotta nelle prime ore del matti-2. no, la mobilità dell’apparato motorio risulta incrementare nelle fasi centrali della giornata per regredire nella fase not-turna.L’affaticamento muscolare: su questo argomento ci sono 3. opinioni divergenti, alcuni ricercatori (Martin, Borra)17 han-

mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

18 Gollin M., Luciano A., Colombero G., Dutto L., Simonetti L., La variazione del-

la flessibilità durante la seduta di allenamento, SDS, anno 2006, n°69, Aprile-Giu-

gno 2006: 31-40

19 Cattaneo L., Ossa, articolazioni e muscoli, ed. Mondizzi Editore, Bologna 1985: 2-5

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no notato che dopo l’allenamento i muscoli risultano es-sere meno predisposti all’allungamento, mentre come ve-dremo più avanti, uno studio18 svolto su atleti praticanti uno sport specifico di alto livello, pare evidenziare il con-trario.Fattori di natura psicologica: pare che lo stress psicologi-4. co, possa compromettere il tono muscolare di base, modi-ficando la normale omeostasi dell’individuo, creando condi-zioni di rigidità muscolare con conseguente riduzione della mobilità dell’apparato locomotore e scadimento della pre-stazione. La caratteristica condizione di resistenza allo sti-ramento del muscolo rilassato prende il nome di tono mu-scolare. Si individuano due fondamentali componenti nell’attivazione del tono muscolare: a) la componente atti-va, dovuta alla parziale contrazione muscolare indotta dal sistema nervoso centrale (SNC) grazie al mantenimento costante di un’attività elettrica di fondo; b) la componente passiva, dovuta alla naturale elasticità o turgore dei tessuti muscolari e connettivi che è indipendente dall’innervazione ma costituzionale all’individuo.

b. Fattori specifici condizionanti la mobilità articolareI fattori specifici più conosciuti condizionanti la mobilità articolare sono in primo luogo la forma delle articolazioni o giunture, succes-sivamente il volume dei muscoli ed infine la coordinazione neuro-muscolare. Le articolazioni che collegano assieme le ossa dell’ap-parato scheletrico19 possono essere classificate in (Figura 3):

sinartrosi, definite articolazioni immobili; –anfiartrosi, definite articolazioni semimobili; –diartrosi, definite articolazioni mobili. –

Vediamole più in dettaglio. Le sinartrosi

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Le sinartrosi sono caratterizzate dall’interposizione di tessuto osseo, cartilagineo o connettivo tra le due parti formanti l’arti-colazione. Esse vengono a loro volta suddivise in:

Sindesmosi1. : sono giunture fibrose dove il materiale di unio-ne fra i due capi ossei è rappresentato da tessuto connettivo ricco di fibre collagene ed elastiche, definito denso. Esempi ne sono le suture esistenti fra le ossa del cranio (Figura 4 A) e ancora le articolazioni fra le radici dei denti e le ossa mascella-ri e la mandibola (Figura 4 B), denominate gonfosi.Sincondrosi2. : dove il collegamento fra le due ossa è rap-

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sindesmosi1. sincondrosi2. sinostosi3.

artrodia1. enartrosi2. condiloartrosi3. Ginglimo4. sella5.

sinfisi1.

Sinartrosi(immobili)

anfiartrosi(semi-mobili)

diartrosi(mobili)

tipi diarticolazioni

figura 3 – Le differenti tipologie articolari

figura 4 – esempi di sindesmosi

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presentato dalla cartilagine ialina, esempi ne sono le artico-lazioni sterno costali (Figura 5).

Sinostosi3. : risulta essere il collegamento per continuità più saldo in assoluto, essendo realizzato grazie a una vera e propria saldatura fra due ossa. Esempio ne sono le ossa del bacino: ileo, ischio e pube (Figura 6 A) unite in un unico corpo compatto (Figura 6 B).

Le anfiartrosi

figura 6 – esempio di sinostosi

figura 5 – esempi di sincondrosi

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fabio apriLe - fabio perissinotti La mobiLità deLL'apparato Locomotore

Le anfiartrosi sono costituite da due superfici ossee rivestite di uno strato di cartilagine ialina, congiunte grazie all’interposizio-ne di uno strato di cartilagine fibrosa. Esse posseggono lega-menti connettivali che le tengono stabili tra loro. Un esempio tipico è rappresentato dai corpi vertebrali (Figura 7 A). Altra particolare forma di anfiartrosi sono le Sinfisi, dove le due ossa sono unite da cartilagine fibrosa o tessuto connettivo, l’esem-pio classico è rappresentato dalle ossa dell’anca unite dalla sin-fisi pubica (Figura 7 B).

Le diartrosi

Le diartrosi o articolazioni per contiguità sono formate da due o più ossa poste vicine ma non unite tra loro. Sono mantenute in tale posizione da uno speciale manicotto di connettivo fibroso chiamato capsula articolare, entro il quale un liquido biologico funziona sia da nutrimento sia da lubrificante: il liquido sinovia-le. Generato dalla sinovia (copertura degli apici articolari) impe-disce lo sfregamento diretto fra loro. Le diartrosi permettono movimenti di differente ampiezza a seconda della forma delle superfici articolari contigue. Quando la forma delle due superfi-ci non è complementare, particolari lamine fibro-cartilaginee i menischi, compensano le eventuali incongruenze e contribui-scono ad una migliore distribuzione delle forze meccaniche

figura 7 – esempi di anfiartrosi

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agenti sulle ossa stesse. Le diartrosi sono classificate in base alla forma delle superfici articolari e in relazione ai movimenti che permettono alle ossa, esse si distinguono in:

1 - l’artrodia: dove le due superfici articolari sono più o me-no pianeggianti e le due ossa non possono compiere movimen-ti angolari, ma solo leggeri scivolamenti, l’una rispetto all’altra. Esempi di artrodie si trovano tra osso sacro (Figura 8 A) e an-ca, articolazione poco mobile, e tra patella e femore (Figura 8 B), articolazione molto mobile.

2 - l’enartrosi: a loro è deputato il massimo grado di mobili-tà articolare, sono formate da superfici articolari di forma semi-sferica, una concava e l’altra convessa. L’esempio classico è l’articolazione tra anca e femore (Figura 9 A), detta coxo-femo-rale e l’articolazione tra omero e scapola (Figura 9 B), detta gleno-omerale. Il femore e l’omero possono teoricamente com-piere movimenti di rotazione e angolari piuttosto ampi, in realtà limitati da porzioni ossee dette trocanteri.

3 - la condilartrosi: si presenta con una superficie con-vessa a forma di ellissoide, denominata condilo, che si adatta ad una superficie concava di uguale forma. Essa permette i mo-vimenti di flesso-estensione, di abduzione e adduzione e di cir-

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figura 8 – esempi di artrodia

conduzione. Un tipico esempio è rappresentato dall’articolazio-ne radio-carpale (Figura 10).

4 - il ginglimo: le superfici articolari sono di forma cilindrica (una concava e l’altra convessa). Se ne riconoscono due tipi, a seconda che l’asse del cilindro sia perpendicolare all’asse dell’osso (lungo) o parallelo. Nel primo caso il ginglimo è defini-to troclea, nel secondo caso trocoide. Abbiamo una troclea tra l’epifisi (apice o parte terminale dell’osso) distale dell’omero e l’ulna (Figura 11 A), che permette la flessione e l’estensione dell’avambraccio, e un’altra troclea tra l’epifisi distale della tibia e l’astragalo (Figura 11 B), il quale permette ugualmente l’esten-

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figura 10 – esempi di condiloartrosi

figura 9 – esempi di enartrosi

mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2.

20 Weineck J., L’allenamento ottimale, Ed. Calzetti e Mariucci, Perugia 2001: 422

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sione e la flessione del piede. Due ginglimi trocoidi si trovano nell’avambraccio, essi permettono la rotazione del radio rispetto all’ulna e determinano la pronazione e la supinazione della ma-no: a livello dell’epifisi prossimale (Figura 11 C), il radio ruota su se stesso, attorno al proprio asse, mentre a livello dell’epifisi di-stale ruota attorno all’ulna.

5 - la sella Un caso particolare di diartrosi è la sella, dove una delle due superfici articolari possiede un convessità in un senso e una concavità nell’altro. Tale articolazione permette movimenti di adduzione, abduzione, flessione, estensione e circonduzione, attorno all’asse maggiore delle due ossa. Un tipico esempio di questa articolazione è presente tra l’osso trapezio della mano e il primo osso metacarpale (Figura 12).

il volume dei muscoli e la coordinazioneUn eccessivo volume muscolare può diminuire la mobilità arti-colare, soprattutto per impedimento meccanico o per diminu-zione dell’estensibilità dell’unità muscolo-tendinea20. Tale condizione risulta essere specifica e riferibile solo ad alcu-ni distretti corporei, basti pensare ad un sollevatore di pesi che

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figura 11 – esempi di ginglimi

avendo sviluppato in modo notevole la muscolatura del bicipite e dell’avambraccio, non risulti essere più in grado di effettuare una flessione dello stesso nel massimo range consentito dall’articolazione del gomito. Tuttavia lo stesso atleta potrebbe essere in grado di effettuare un’abduzione massima degli arti inferiori (spaccata) con estrema facilità. Potremmo allora dire che non sono tanto ridotti i gradi di mobilità in abduzione e estensione, quanto quelli in adduzione e flessione.

c. Fattori specifici condizionanti la flessibilità muscolo-tendineaTra i fattori più importanti condizionanti la flessibilità muscolo-tendinea evidenziamo quelli di seguito riportati.

proprietà di estensione dei muscoliTra gli elementi che contribuiscono alla mobilità composta, i muscoli risultano i più allenabili. Gli elementi contrattili del tes-suto muscolare, costituenti fondamentali delle cellule muscolari permettono di eseguire la vasta gamma di movimenti messa a disposizione del corpo umano e il ritorno alla posizione di ripo-so di un muscolo precedentemente contratto. Sono in grado di aumentare in lunghezza dal trenta al cinquanta per cento dal lo-ro stato di partenza21, creando così le premesse per esecuzioni

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figura 12 - esempio di sella

mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla caacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

21 Platonov V., L’organizzazione dell’allenamento e dell’attività di gara, Teoria

generale della preparazione degli atleti negli sport olimpici, ed. Calzetti e Mariucci,

Perugia 2004: 378

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di movimenti realizzabili col raggiungimento di grandi ampiezze articolari.

proprietà di estensione dei tendiniMinore possibilità di allungamento sembrerebbe realizzabile dai tessuti connettivi costituenti i tendini, i legamenti delle aponeurosi articolari, e i tessuti connettivi avvolgenti i fasci muscolari. Sembrerebbe essere molto incrementabile la ca-pacità elastica di questi ultimi, se stimolata con l’utilizzo di elevati carichi esterni, somministrati in regime di allungamento eccentrico, per mezzo di esercitazioni di tipo pliometrico. La loro stimolazione non porterà ad un grosso risultato sull’esten-sibilità dei tessuti, ma alla loro capacità di restituzione elastica con un notevole incremento della forza, utile in tutti quegli sport che prevedono gesti atletici effettuati tramite un pre-ca-ricamento elastico, tramite un tipico ciclo stiramento-accor-ciamento.

regolazione neuro-muscolare del complesso muscolo-tendineoUn corretto controllo della funzione muscolare richiede che il muscolo tramite i recettori muscolari invii al SNC (sistema ner-voso centrale) informazioni concernenti la sua lunghezza, la tensione e la rapidità con cui l’estensione è stata raggiunta o si sta attuando. Comprendiamo quindi come nell’attuazione di movimenti eseguiti in massima escursione articolare tale con-trollo diventi fondamentale sia per lo sviluppo della mobilità composta, sia per il controllo di eccessivi range di movimento che potrebbero essere addirittura controproducenti per l’inte-grità fisica dell’individuo. A tal fine i nostri muscoli possiedono dei veri e propri informatori del movimento definiti propriocet-tori. Essi inviano al SNC informazioni provenienti dai muscoli, dai tendini, dai legamenti e dalle capsule articolari. Questi or-gani di senso ci informano sull’entità della contrazione musco-

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lare e sulla velocità con cui essa è realizzata, essi sono:

a) il Fuso neuro-muscolareE’ un piccolo propriocettore complesso, a forma di fuso, che si trova nella struttura del muscolo scheletrico. Consiste in un in-sieme di poche fibre muscolari modificate, contenute in una capsula e munite di fibre sensitive avvolte a spirale intorno alla loro porzione centrale. Tali fibre muscolari modificate sono det-te fibre intrafusali per distinguerle da quelle ordinarie del mu-scolo dette fibre extrafusali (Figura 13).La porzione centrale del fuso non è in grado di contrarsi, men-tre lo sono le sue due estremità, contenendo filamenti contrat-tili. Quando questi sono stimolati, le estremità del fuso si con-traggono. Il fuso è sensibile sia alla lunghezza o allo stiramento del muscolo cui appartiene, sia alla velocità con cui varia la lun-ghezza delle fibre muscolari. Esaminiamo con l’aiuto di un esempio il significato di queste due caratteristiche. Prendiamo in considerazione una contrazione statica (isometrica) effettua-ta nell’esercizio di mezzo squat piegando dalla stazione eretta le ginocchia con un angolo di 90°. Se il carico è leggero le fibre sono stirate solo in modo moderato e la frequenza di scarica degli impulsi sensoriali del fuso è bassa. In questa situazione solo poche unità motorie sono impegnate a contrastare la forza di gravità. Se improvvisamente il carico aumenta, il muscolo

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figura 13 - il fuso neuromuscolare

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subisce un nuovo stiramento. A ciò segue una contrazione ri-flessa promossa dai fusi neuromuscolari, che da origine ad una sovra-compensazione. Più grande ed improvviso sarà l’aumen-to del carico, tanto maggiore sarà la frequenza di scarica degli impulsi, la forza di contrazione e la sovra-compensazione. Il fu-so risponde alla velocità di variazione della lunghezza subita e non alla lunghezza stessa.

b) gli organi tendinei del golgiSono propriocettori incapsulati nelle fibre tendinee a livello del-le giunzioni tra muscolo e tendine (Figura 14). Essi risultano sensibili alla contrazione di elevata entità, quindi per essere stimolati richiedono uno stiramento più vigoroso dei fusi neuro-muscolari. La loro attivazione determina il rilascia-mento del muscolo che era contratto. Contrariamente ai fusi neuro-muscolari che risultano essere dei facilitatori della contra-zione muscolare, gli organi tendinei del Golgi sono degli inibitori della medesima (meccanismo di carattere protettivo). I fusi e il Golgi nel loro insieme danno origine a due riflessi fondamentali per la regolazione neuro-muscolare. Ricordiamo che i riflessi so-no delle risposte automatiche il cui fine è di proteggere l’organi-smo. Il riflesso da stiramento è mediato dalle cellule del fuso neuro-muscolare impedendo al muscolo di allungarsi troppo e troppo velocemente, protegge la struttura muscolo-articolare. Il riflesso inverso da stiramento è promosso dagli organi tendinei del Golgi (GTO), che inibiscono la contrazione eccessiva del muscolo sotto stress massimale, promuovendone il rilassamen-

figura 14 – L’organo tendineo del Golgi

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fabio apriLe - fabio perissinotti

mine “flessibilità” o “mobilità” considerandoli come sinonimi. Autorevoli studiosi1-2 sono concordi nell’affidare a questa quali-tà fisica una posizione intermedia tra le capacità organico-mu-scolari e le capacità percettivo-cinetiche. Le prime, meglio co-nosciute come capacità condizionali, sono:

La forza: intesa come la capacità neuro-muscolare dell’indi-1. viduo di vincere una resistenza esterna o di opporsi ad es-sa, con un impegno variabile della muscolatura scheletrica da massimale a medio a basso, indipendentemente dal tempo di applicazione dello sforzo e senza nessun riferi-mento con il mondo esterno. Le sue estrinsecazioni sono:

- La forza massimale, cioè la massima espressione di forza generabile dal sistema nervoso centrale per mezzo di una contrazione muscolare volontaria.

- La forza veloce, definita come la capacità del sistema neuro-muscolare di superare, grazie all’utilizzo di uno o più gruppi muscolari, le resistenze esterne con un’elevata rapi-dità di contrazione muscolare.

- La forza resistente, determinata dalla capacità del o dei gruppi muscolari di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata, senza un particolare coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare.La resistenza: intesa come la capacità di resistere a lungo 2. ad un lavoro che impegni più gruppi muscolari, con un gros-so coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio e respira-torio, come ad esempio la maratona, il ciclismo e il triathlon. La Velocità: intesa come la capacità di eseguire azioni mo-3. torie nel minor tempo possibile. E’ suddivisa in ciclica, co-me ad esempio nelle corse di velocità dell’atletica leggera e aciclica come le azioni di gioco nel tennis, mai ripetute nella medesima forma nel divenire delle situazioni di gioco.

22 S. Beraldo, C. Polletti, Il libro della preparazione fisica, ed. Mediterranee,

Ristampa, Roma 1992: 135

to ed un ulteriore allungamento, protegge l’unità muscolo-tendi-nea da eventuali danni. Evidenziamo come la variazione di ten-sione muscolare possa essere recepita dai GTO sia quando il muscolo è sottoposto ad una contrazione statica, sia quando esso sia sottoposto ad una contrazione dinamica (cedente o su-perante), poiché in entrambi i casi sarà esercitata una trazione sulla componente tendinea.

modulazione del rom di movimento durante l’esecuzione degli eserciziL’allenamento sportivo si avvale di differenti range di movimen-to, alcuni possono essere vantaggiosi, altri sono da evitare o perlomeno da compensare con un’attività di allenamento della mobilità composta di tipo muscolo-specifica. Soprattutto quan-do l’allenamento è direzionato al potenziamento muscolare, con la necessaria richiesta di una variazione delle capacità di recluta-mento del gruppo muscolare e un’indiretta ipertrofia di compen-so, si possono instaurare differenti adattamenti mio-tendinei. Evidenziamo qui di seguito quelli maggiormente conosciuti22:

accorciamento completo - allungamento completo. Il lavoro muscolare è effettuato in modo completo (cioè per tut-ta l’escursione articolare possibile) sia in fase concentrica, di avvicinamento dei capi articolari, che in fase eccentrica, di aper-tura dell’angolo articolare. In questo modo la lunghezza del com-plesso muscolo-tendineo tende a rimanere invariata. Pare che questo tipo di lavoro sia il più fisiologico possibile per il manteni-mento dell’efficienza muscolo-articolare. accorciamento completo - allungamento incompleto. Il lavoro muscolare è effettuato completamente in fase concentri-ca ed in modo parziale nella fase eccentrica. Questa modalità ese-cutiva, parrebbe diminuire la flessibilità mio-tendinea, riducendo i gradi di mobilità articolare in estensione. Questo tipo di lavoro, op-portunamente programmato e verificato in itinere, potrebbe esse-

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re vantaggioso per i muscoli del dorso nei soggetti cifotici e per la muscolatura addominale in tutti quei soggetti che hanno avuto una forte diminuzione della trofia della muscolatura addominale, per-mettendo loro un maggior contenimento dei visceri.

bibliograFia

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