La mia frittata del… Cactus!

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La mia frittata del… Cactus! Durante i miei giorni trascorsi sull’isola di Ponza, ho passato parte del mio tempo sul terrazzo della casa in cui ho soggiornato, una tipica abitazione ponzese in un borgo marinaro di pescatori in frazione di ‘Le Forna’. Ho goduto così di un’atmosfera molto particolare: di giorno una ricca e variegata vegetazione mediterranea, e, al calar del sole, della poesia delle luci delle case in lontananza sulla collina… quasi un presepio. Mentre i miei occhi brillavano per tanta bellezza, ho fatto una piccola ricerca su una pianta rigogliosa che avevo proprio a fianco a me: il cactus. Adoro da sempre i suoi frutti, i fichi d’India, molto meno le sue pale spinose, i cladodi, più noti con il nome di Nopal. Detto ciò, visto che sono curiosa e che amo le sfide, con la dovuta prudenza, ma soprattutto con dei guanti, ne ho tagliata una giovane e… l’ho messa in padella! Le pale del cactus Opuntia, pianta tipica messicana, sono un alimento molto diffuso nella cucina di questo paese per il buon apporto nutrizionale di calcio, magnesio, ferro, potassio, vitamina A e C. Inoltre è conosciuto per i suoi effetti sazianti, diuretici e ipoglicemici. Una volta tolte le spine, si può assaggiare la sua morbida polpa aggiungendola nelle insalate o come ingrediente per gustose frittate. Ebbene, fatta questa premessa, visto che amo conoscere e

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La mia frittata del… Cactus!Durante i miei giorni trascorsi sull’isola di Ponza, hopassato parte del mio tempo sul terrazzo della casa in cui hosoggiornato, una tipica abitazione ponzese in un borgomarinaro di pescatori in frazione di ‘Le Forna’. Ho godutocosì di un’atmosfera molto particolare: di giorno una ricca evariegata vegetazione mediterranea, e, al calar del sole,della poesia delle luci delle case in lontananza sulla

collina… quasi un presepio.

Mentre i miei occhi brillavano per tanta bellezza, ho fattouna piccola ricerca su una pianta rigogliosa che avevo proprioa fianco a me: il cactus. Adoro da sempre i suoi frutti, ifichi d’India, molto meno le sue pale spinose, i cladodi, piùnoti con il nome di Nopal. Detto ciò, visto che sono curiosa eche amo le sfide, con la dovuta prudenza, ma soprattutto condei guanti, ne ho tagliata una giovane e… l’ho messa inpadella!

Le pale del cactus Opuntia, pianta tipica messicana, sono unalimento molto diffuso nella cucina di questo paese per ilbuon apporto nutrizionale di calcio, magnesio, ferro,potassio, vitamina A e C. Inoltre è conosciuto per i suoieffetti sazianti, diuretici e ipoglicemici. Una volta tolte lespine, si può assaggiare la sua morbida polpa aggiungendolanelle insalate o come ingrediente per gustose frittate.

Ebbene, fatta questa premessa, visto che amo conoscere e

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assaggiare tutto ciò che la natura ci offre spontaneamente, misono fatta la mia frittata… del cactus! �

Raschiare le spine di due pale, Nopal, con un coltello

affilato.

Tagliarle a pezzetti e porle in un tegame ricoperte dipoca acqua.

Farle cuocere per circa 15 minuti unendo del sale grossoe mezzo succo di limone.

Scolare e sciacquare sotto l’acqua fredda per toglierela ‘gelatina’ restante.

Nel frattempo imbiondire una cipolla in padella unendoil Nopal a pezzetti, uova sbattute, sale e olio extravergine di oliva.

Assolutamente da provare!

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Vademecum estivo per ilbenessere delle gambeRaramente mi fermo… viaggio, visito, cerco, insomma passo dalunghe passeggiate in comode scarpe da walking, a tacchivertiginosi che mi slanciano dandomi un tocco di femminilitàin più. Le nostre gambe ci sostengono, ma soprattutto nellastagione estiva, a causa del caldo e della poca attenzione alloro benessere, si gonfiano, costringendoci a rivedere alcuninostri comportamenti che non favoriscono la loro salute.

Oggi tocca a me, si, perché forse qualche sforzo in più l’hofatto, al punto da dover rallentare i miei ritmi e rivederealcune mie abitudini. E’ per questo motivo che condividerò convoi i buoni consigli che mi ha suggerito la Dott.ssa FedericaFlenda, medico chirurgo Specialistain Chirurgia Vascolare e Angiologia.

Che cosa possiamo fare durante la stagione calda per ilbenessere delle nostre gambe?

Cinzia, innanzitutto non solo è consigliabile ma è necessariauna visita angiologica, perché si sottintende una patologiavenosa. Al di fuori di questo si possono seguire alcunipiccoli accorgimenti. L’edema (gonfiore) degli arti inferioriè uno dei vari sintomi dell’ insufficienza venosa e del

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linfedema, entrambe con andamento cronico. Inoltre è unamanifestazione di altre patologie sistemiche (trombosi venosaprofonda e superficiale, cardiopatia, insufficienza renale…).

Da che cosa è causato il gonfiore ai piedi e alle gambeche si verifica soprattutto in estate?

Il gonfiore alle estremità (piedi e gambe), è dovuto al fattoche l’asfalto caldo surriscalda la pianta del piede in cui èsituato un agglomerato di vene che formano la cosiddetta pompavenosa, o secondo cuore del nostro corpo. Quando camminiamo lapressione del piede spreme queste vene dando una spinta alsangue verso l’alto. Più fa caldo e più le vene si dilatano,con conseguente alterazione della permeabilità della paretevenosa e del ristagno di liquidi al di fuori dei vasi.

Parliamo di alimentazione…

Il controllo dell’alimentazione durante l’estate èfondamentale. Bisognerebbe preferire frutta (specialmentefrutta rossa, ricca di flavonoidi, sostanze che fortificano lepareti dei vasi, e vitamina C, potente antiossidante) everdura. Diminuire il consumo dei carboidrati (che richiamanoacqua nei tessuti), poca carne e tanto pesce. Attenzione alpeso, il sovrappeso non aiuta, più chili si portano appressomaggiore sarà il gonfiore alle gambe.

Sono donna di tacchi alti o di scarpe basse, in entrambii casi, poco amici delle gambe…

In effetti d’estate si usano moltissimo sandali e ballerinepiattissime. Purtroppo questo tipo di calzature, così come itacchi maggiori di 5 cm, favoriscono l’insorgenza dell’edema:non permettono infatti alla sopracitata pompa venosa di agirecorrettamente nella sua totalità. Durante il giorno èconsigliabile una calzatura con tacco 3-4 cm per l’orariolavorativo (8-10 ore), la sera si può usare un tacco 12,tenendo presente però che quando si scenderà dai trampoli lecaviglie saranno gonfiette….

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A proposito di gambe e abbronzatura…

E’ meglio evitare di prendere il sole nelle ore più calde,dalle 13.00 alle 17.00: maggior calore, maggiorvasodilatazione, maggior edema di gamba. In spiaggia maicoprire le gambe con asciugamano, pareo o altro. Questoaumenterebbe il calore agli arti. Il sole si può prendere conmoderazione, alternando il sole ad un po’ d’ombra eutilizzando un solare con SPF 50 +

Per alleviare il fastidio dovuto al gonfiore è utilel’uso del ghiaccio?

Mettere il ghiaccio sopra o sottoil piede non serve a nulla. Nonstiamo trattando un gonfiore post-traumatico localizzato ma undisturbo diffuso: il ghiacciodapprima vasocostringe, poi,terminata l’applicazione, subentrauna vasodilatazione importante chepeggiorerebbe il gonfiore dastasi. Utili, invece, sono ledocciature fredde: sedute sul

bordo della vasca o in piedi nella doccia, partendo dal piedefino al ginocchio per circa 3-5 minuti.

Attività sportiva, indispensabile per la mente e per ilfisico. Qual è la più indicata?

L’esercizio fisico non deve mancare mai, il nuoto sarebbel’attività sportiva migliore, perché le gambe lavorano inscarico, altrimenti una camminata a passo svelto per un’ora algiorno senza fermarsi a guardare le vetrine è un ottimoesercizio con grandi benefici. La corsa, salti, step,peggiorano la situazione. In palestra, ma questo vale in ognistagione, evitare sauna, bagno turco, idromassaggi troppocaldi perché costituiscono una fonte di calore localizzato,amplificando il problema. Un bagno con un chilo di sale grosso

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in acqua tiepida, per 20-30 minuti, alleggerisce il gonfiore.Attenzione però che un bagno in acqua troppo calda, per cosìtanto tempo, potrebbe abbassare la pressione.

Siamo in estate, è tempo di vacanze. Il consiglio è dicamminare in acqua di mare: sgonfia le gambe. Il sale delmare, per una legge fisica, richiama acqua dai tessuti.L’acqua passa da una soluzione meno concentrata ad una piùconcentrata, dal corpo nel mare…

Dr.ssa Federica [email protected]

Ritmi lenti, natura e cucinadel territorio: gliingredienti delle mie vacanze

Le ricette delle mie vacanze a Ponza: Fusilli alla manieradi Ponza, Acciughe marinate di Agostino (in copertina),Patate al finocchietto selvatico, Criscito: lievito madrenaturale, Liquore al finocchietto selvatico.

Chi è appassionato di storia come me, tendenzialmente èattratto da tutto ciò che ne consegue. Amo visitare gliantiquari, curiosare tra gli oggetti antichi e indossarevestiti vintage. Tra l’altro, da sempre, ho un’ammirazioneparticolare per le auto d’epoca sportive. Questo mio trasportoè rivolto anche ai libri e ai vecchi giornali. Poco tempo fa,a Roma, ho passato ore e ore su delle edizioni della Domenicadel Corriere di oltre cinquant’anni fa, leggendo vecchiebarzellette e gli articoli settimanali di enogastronomia diLuigi Veronelli. Non saprei esattamente spiegare il perché, ma

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tutto ciò che ha una storia mi affascina da sempre. La stessacosa vale per le tradizioni, e, nella cucina, per le ricettedella memoria legate al territorio.

Nelle mie ultime vacanze, a Ponza, passeggiando lungo il vialedel porto, mi ha colpito un vecchio libro di cucina aperto inbella vista all’ingresso di un negozio. Incantata mi sonoimmersa nella lettura, sfogliando pagina dopo pagina… Il miotempo libero, dovunque io mi trovi, ma in particolare quandoviaggio, è scandito da elementi essenziali: ritmi lenti,natura e cucina del territorio. Per questo, qui di seguito,riporterò alcune ricette tipiche del posto che ho letto,sperimentato e assaggiato. Oltre a condividerle, ne faròmemoria e soprattutto buon uso.

Fusilli alla maniera di PonzaIn olio d’oliva soffriggere 600 grammi di peperoncini verdimondati di gambi e semi. Aggiungere 600 grammi di pomodoriniciliegino interi con un pizzico di pepe nero, salare e, afuoco lento, portare a cottura fin quando i pomodorini sisaranno sfaldati.Condire i fusilli cotti al dente aggiungendo qualchefogliolina di basilico.

Acciughe marinate di Agostino, un pescatore diPonza

Le acciughe o le alici (i pescatori le chiamano in un modo onell’altro in base alla dimensione), sono ricche di calcio,ferro, zinco, proteine, vitamina A e omega-3. Un pesceazzurro salutare ed economico che si può preparare i moltimodi e che fa bene alle nostre ossa.

Pulire delle acciughe togliendo loro la testa e leinteriora. Una volta sciacquate passarle in un tegame incui, precedentemente, è stato fatto soffriggere uno spicchiod’aglio. Unire qualche pomodorino, un cucchiaio di acetobianco, sale e origano. Far cuocere per cinque minuti a

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fuoco vivo e servire.

Patate al finocchietto selvaticoTritare due cipolle e farle imbiondire in una padella conolio. Aggiungere quattro patate tagliate a tocchetti.Cuocere per dieci minuti in poca acqua bollente salata duemazzetti di finocchietto selvatico tritato grossolanamente,e unirlo con la sua acqua alle patate fin quasi a coprirle.Stufare a fuoco medio per circa venti minuti fino a quandoil liquido si sarà asciugato quasi del tutto. Aggiustare disale e peperoncino secondo i gusti.Stufato più a lungo, finché il tutto diventa quasi unacrema, ci si può condire la pasta.

Liquore al finocchietto selvatico

Raccogliere venti capolini freschi di finocchiettoselvatico, lavarli e asciugarli. Quindi immergerlinell’alcool in un contenitore di vetro a chiusura, elasciare macerare per circa venti giorni. Una volta passatoquesto tempo filtrare e imbottigliare.

Criscito, lievito madre naturaleImpastare 200 grammi di farina, 90 grammi di acqua, 1cucchiaio di olio e 1 cucchiaio di miele fino a formare unpanetto. Quindi togliere 100 grammi dell’impatto edaggiungervi 100 grammi di farina e 45 grammi di acqua atemperatura ambiente. Mescolare bene e, richiuso nelcontenitore, lasciare riposare altri due giorni; ripeterel’operazione e riporlo in frigo. Dopo 5 giorni ripeterenello stesso modo, e ancora per altre due volte, (in praticaper una durata di 15 giorni).

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Quando si utilizza il lievito per fare il pane, briocheecc., se ne prende una parte, mentre quella rimanente siintegra per ugual peso con farina e acqua fino a… quandovolete. Per panificare va utilizzato circa 1/3 di lievitorispetto alla farina da utilizzare, quantità che aumentalievemente se si usano farine integrali, perché lievitanomeno facilmente.

Fonte ricette: “Ponza, cucina tradizionale e nuove tendenze”di Pina Di Meglio, Silverio Mazzella e Gennaro Mazzella

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Riscoprire Milano…Non amo il caos ne la frenesia… amo la campagna, il verde e latranquillità. Forse è per questo che vivo le cittàvelocemente, con una ‘toccata e fuga’. Qualche mese fa però èstato diverso… ho conosciuto una Milano splendente,abbagliante, aggregante… insomma ho vissuto un pomeriggio euna sera in una Milano che non mi aspettavo.

Dalla Stazione Garibaldi, attraversando la strada, mi sonodiretta verso Piazza Gae Aulenti, uno spiazzo circolare di bencento metri di diametro dedicato all’architetto e designer dapoco scomparsa. La visione delle moderne e splendidearchitetture progettate dall’architetto argentino Cesar Pelli,in collaborazione con lo studio italiano Land, mi hannoletteralmente abbagliata.

Luci, colori, fontane e varie proposte culturali, hanno resoquesta piazza un vero punto aggregante per la città.

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Ma non solo, attraversando un passaggio pedonale si incontral’opera urbana di Alberto Garutti. Ventitré tubi in metallocromato disposti in circolo che, richiamando quasi peramplificare la nostra voce, ci permettono di salutare il mondodicendo: “Siamo pronti! Milano vi aspetta!

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Superato un passaggio pedonale, una lunga gradinata mi hacondotto in Corso Como, il centro della vita di Milano, che,con i suoi locali e le sue vetrine, va vissuto passeggiando.Qui la parola chiave è: “aggregazione”.

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Si era fatta sera… come dico spesso le città vanno vissute digiorno e di notte, l’unico modo, per me, per conoscerlepienamente. Accese le luci Milano si è vestita, come sa faresolo una signora elegante indossando un abito da sera.

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Vi consiglio di non perdervi la visione dei bellissimi muralesdegli studenti del Liceo Artistico Umberto Boccioni di Milano,presenti sulle pareti del corridoio sotterraneo della fermata‘Stazione Garibaldi’ della metropolitana.

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per il “Sistema Italia”: un’esposizione universale con ilprimo modello di Digital Smart City del futuro, un quartiereecocompatibile a pochi chilometri dal centro.

Una grande Milano pronta ad accogliere il mondo!

Il Conero, un luogo da sognobianco, blu e verde.Adoro questo tratto della costa Adriatica per i suoi piccoliborghi, per le grandi pareti rocciose a strapiombo sul mare, eper i bei sentieri del Monte Conero… un vero paradiso.

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I colori predominanti qui sono il bianco delle rocce, il bludel mare, e il verde della sua lussureggiante vegetazione.

Una riviera da scoprire che non mi ha mai deluso. Sono tantele località che meritano di essere visitate, ma la miapreferita è Sirolo, la perla dell’Adriatico.

Sarà per la sua pace, per il suo mare, o per le sue rocce…resta il fatto che dalla prima volta che l’ho vista me ne sonoinnamorata.

Secondo una leggenda il suo nome trae origine dal condottieroSirio, che nel IV sec. conferì queste terre ai suoi fedeli. Unborgo medievale delle Marche ricco di storia e di sitiarcheologici.

Sirolo, tra collina e mare, una meta molto apprezzata sia daituristi italiani che da quelli stranieri. Lungo la costa sipuò ammirare la grotta Urbani e i faraglioni della spiaggiadelle due sorelle.

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Un tratto di mare per chi ama gli scogli, le pareti rocciose,il mare cristallino, e i percorsi nella natura.

Il silenzio del GhettoEbraico di RomaDurante il mio ultimo viaggio a Roma ho visitato l’anticoGhetto Ebraico, uno tra i più antichi al mondo. Lo fecerealizzare nel 1555 Papa Paolo IV, emettendo la bolla ‘cumnimis absurdum’ con la quale obbligava gli ebrei a vivere inun’area delimitata con regole ben precise.

Ricordo ancora lo strano silenzio che ho colto da subitoentrando in questo quartiere. D’un tratto la confusionecittadina di Roma era sparita… tutto era tranquillo, ordinatoe composto.

Massimo D’Azeglio nel 1948 lo descriveva così: “Che cosa siail Ghetto di Roma lo sanno i Romani e coloro che l’hannoveduto. Ma chi non l’ha visitato, presso il ponte Quattro Capis’estende lungo il Tevere un quartiere o piuttosto un ammassoinforme di case e tuguri mal tenuti, peggio riparati e mezzocadenti, nei quali stipa una popolazione di 3900 persone”.

Voglio solo ricordare una data, quella del sabato 16 Ottobredel 1943. Le truppe tedesche della Gestapo, la polizia segretadi stato del terzo Reich, tra le 5,30 e le 14,00 portarono viadalla comunità ebraica 1529 persone, di cui 363 uomini, 689donne e 207 bambini. Dopo averne rilasciati alcuni, 1023furono deportati ad Auschwitz. Solo 16 di loro si salvarono,15 uomini e 1 donna.

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Al processo di Norimberga questa organizzazione fu condannataper crimini contro l’umanità.

Roma, Castel Sant’Angelo e…

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l’arcangelo MicheleE’ solito dire… ‘Roma caput mundi’.

L’arte e la storia di Roma, città eterna, non finirà mai distancarmi. Appena posso scappo da lei, e rivivo tra le suestrade e le sue piazze, la bellezza di una città italianaunica al mondo.

C’era ‘na vorta, tanto tempo fa, ‘n posto ‘ndo la vita‘ncominciava dar corso de quer fiume sempiterno, da querrivo, che sempre te faceva sentì vivo, Je misero nomeRoma, e fù ‘n portento, er popolo romano era contento,perché chiunque venisse a rimirallo, faceva poi de tuttope imitallo! Mò dicheno: “Milan le un gran cossa!”“Turen se, che le maravilliosa!” Io me li guardo, poipenzo nà cosa: “Roma però è tutta nantra cosa!” Dovunque tu per monno girerai, sempre ‘n segno de Romatroverai, sapenno bbbene, che da Adamo in poi, è semprequesta, ar monno, “La città! Roma!” Mario (poeta anonimo)

L’ultima volta che sono stata a Roma, dopo aver passeggiatoa lungo, mi sono fermata a Castel Sant’Angelo per unavisita. Mi ero sempre limitata a vederlo dall’esterno, ahimèsbagliando. Per questo motivo ho voluto rimediare, scrivendoqualche passaggio della sua storia.

Lo sapevate che adoro i castelli e i misteri… ?

Questa fortezza, inizialmente chiamata Mole Adriana, insiemeal Colosseo era il simbolo della magnificenzadell’architettura romana. Originariamente la maestositàdella struttura era assai più notevole di quella che oggi èvisibile ai nostri occhi: si posizionava su un basamentorettangolare, sopra il quale sorgeva una grande torre ornatada colonne doriche e innumerevoli statue. La strutturadifensiva era composta da 6 torri, 164 merli, 14 piazzoleper le artiglierie, e 18 feritoie.

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La sua costruzione iniziò nel 123 d.C. per voleredell’imperatore Adriano, che la voleva come suo ultimogiaciglio. Ospitò le ceneri dei membri della dinastiaimperiale fino a Caracalla nel 217 d.C. Nel 590, anno incui Roma fu colpita da una grave pestilenza, venneorganizzata una processione per scongiurarla. La folla, unavolta giunta davanti alla Mole Adriana, ebbe una visionegenerale dell’arcangelo Michele che, con la spadafiammeggiante, d’incanto mise fine alla diffusione dellapeste. In suo onore venne eretta una cappella, e in seguitofu posta la statua dell’arcangelo Michele.

Durante la visita sono stata colpita in particolare dalPassetto di Borgo. Questo passaggio, realizzato nel 1277 daNicolò III Orsini, collega il Castello con i PalazziVaticani. Un corridoio fortificato lungo 800 metri chiamatodai romani er corridore. Serviva ai pontefici come via difuga nei momenti di pericolo.

Chissà che misteri lo avvolge…

Fonte: “Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende ealle curiosità di Roma” di Claudio Rendina

Adoro i sassi, i “Sassi diMatera” poi…

Adoro i sassi, praticamente li raccolgo ovunque. Sono pezzidelle terre che visito e che spesso non vorrei lasciare.Averli vicino mi trasmette energia, mi riporta alla mente iricordi e mi fa sentire meno lontana. Fatta questa premessa,

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potevo mai non andare ai Sassi di Matera?

Ricordo che la prima volta ne sono venuta a conoscenzachiacchierando per caso con una persona a Milano. Era statocostretto ad andarsene per motivi di lavoro. Ne parlava connostalgia e tristezza, ma nello stesso tempo descriveva unluogo quasi incantato, tanto da incuriosirmi fino ad andarciio stessa.

Quando sono arrivata, già dal primo sguardo, ho capito lanostalgia di cui parlava… I miei occhi guardavano unpresepio… I Sassi di Matera sono antiche abitazioni ricavateda scavi nella roccia calcarea.

Sono stati riconosciuti Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel1993. Un sali scendi di gradinate con scorci indimenticabiliche solo vivendo si può realmente apprezzare.

Mel Gibson, regista del film “La passione di Cristo”, li hascelti come luogo d’ambientazione per le scene della suapellicola.

Molto facile capirne il motivo… solo passeggiando qui sivive la storia.

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Un omaggio a PonzaPonza, un’isola di origine vulcanica in provincia di Latinasituata nel mar Tirreno, la maggiore delle isole Ponziane.L’ho conosciuta grazie ai racconti di un amico che mi haparlato, con così tanto amore della sua terra, da indurmi avisitarla.

Chi approda a Ponza si prepari alla vista di bianche falesierocciose, di grotte, di anfratti, e di acque color smeraldodai limpidi fondali. Un’isola di pescatori dalla bellezzaselvaggia, dalle grandi distese verdi, e dalle caratteristichecase color pastello.

Le isole, da sempre, mi attraggono per la pace e per ilbenessere che mi sanno trasmettere. Da una terrazza sullacollina di ‘Le Forna’, località a 7 km dal porto raggiungibile

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attraverso una strada panoramica, ho goduto dei colori, deiprofumi, dei tramonti, e della visione notturna delle lucidelle case ponzesi in lontananza.

Scenari unici della nostra bell’Italia, che fanno comprenderequel legame nostalgico che si instaura dopo la visita a questeterre. Nei giorni passati a Ponza ho esplorato la natura e letante calette raggiungibili via mare e via terra attraverso imolti percorsi turistici. Raccontarli non è sufficiente,bisogna viverli… Le immagini, in questi casi, valgono più dimille parole…

Circondata dal mare e abbracciata dalla natura…

E’ stata questa la prima sensazione appena arrivata a Ponza.Dalla mia terrazza sulla collina di Le Forna, piccolafrazione dell’isola, ho goduto dei tramonti rotti solo dalfrinire dei grilli, e dai richiami dei gechi in amore.

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La mia esplorazione dell’isola, dietro consiglio di unpescatore, è iniziata a Cala Gaetano, una baia a Le Fornaraggiungibile via terra attraverso una ripida scalinata.

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Cala Fonte, un antico porticciolo dalle acque color smeraldoancora oggi usato dai pescatori. Sotto un piccolo passaggio,in una grotta naturale che divide il mare, cullata dalleonde ho trovato un fresco rifugio per sfuggire alla caluraestiva.

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A Ponza, nella Baia di Cala Feola, c’è un tratto di marechiamato Piscine Naturali. Facile capire il perché di talenome…

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Le isole vanno vissute via terra e via mare… Durante un giroin barca ho ammirato Cala Inferno, luogo suggestivo e riccodi storia il cui nome, mi dicono, ha origine dai 350 gradiniche una volta erano necessari per raggiungerla.

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Subito dopo il porto appaiono maestose le grotte di Pilato,l’antico Murenario romano risalente al I secolo a.C.

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Capo Bianco, una bellissima baia di roccia tufaceaaccessibile solo via mare, che colpisce per il bianco deisuoi scogli. Federico Fellini ha girato qui alcune scene delfilm Satyricon.

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Immancabile la tappa via mare davanti all’imponente ArcoNaturale.

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Cala dell’acqua, dominata da Forte Papa, una fortificazionecinquecentesca di età borbonica. Il nome di questa baia haorigine dal trasudamento della parte rocciosa.

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Ponza, un’isola in cui si vive la natura e la vita di untempo, non certamente meta ideale per chi ama il turismo dimassa. Passeggiando nei suoi molti percorsi, ho potutoammirare fiori e piante dai profumi intensi e dai coloribrillanti.

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Per chi ama le spiagge lunghe e attrezzate, io meno, dalporto, con dei piccoli traghetti che effettuano un serviziocontinuo, si arriva a Frontone. In realtà lo si puòraggiungere anche via terra attraversando un percorsotortuoso, che, per le difficoltà conseguenti, non èconsigliato a tutti.

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In barca con Aniello, un uomo nativo del posto che hadedicato la vita al mare, tra le tante bellezze naturali tracui da sempre ha la fortuna di vivere, ho potuto ammirare lameravigliosa isola di Pamarola, base fino al ‘700 di piratibarbareschi. Chi avrà l’opportunità di visitarla si preparialla visione di limpidi fondali, di mare cristallino, difaraglioni e grotte… scenari da sogno di un’isola italianatra le più belle al mondo.

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Ho lasciato Ponza da pochi giorni… un’isola che viveprincipalmente di turismo, che riporta indietro alla vita diun tempo, e che non dimenticherò, ne con la mente ne con ilcuore.

Non è facile vivere lontano dal mare…

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Natura, mare e cucina del territorio, elementi essenzialiper le mie vacanze. Nei giorni passati sull’isola hoassaggiato e raccolto alcune preparazioni tipiche locali,che a breve vi racconterò…

Qui di seguito segnalo alcuni numeri che mi sono stati utilidurante la mia visita a Ponza.

Collegamenti

Laziomar: Formia tel. 0771 23800 / Ponza tel. 0771 80565 /Anzio tel. 06 9860083

Aliscafi Vector: Anzio tel. 06 9945083 / Ponza 0771 80549 /Formia 0771 700710

Pro Loco

Pro Loco Ponza tel. 0771 80031 – www.prolocodiponza.it

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Accoglienza

Agenzia Maridea di Marianna Impagliazzo tel. 0771 809684 –www.marideaponza.it

Gite in barca

Sig. Aniello cell. 339 8309248

Il Pane quotidianoconsigliato da Simona LauriIl pane, alimento buono ed essenziale che sa di casa e ditradizione, un’ottima fonte di amido e di proteine. Non perniente si suol dire: “Buono come il pane.” Nonostante sia unprodotto che ha accompagnato l’uomo nella storia da millenni,negli ultimi anni sembra essere stato rivalutato. Si è tornatoa consumare pane artigianale di qualità prodotto con farine digrani antichi e leguminose. Pane per tutti i gusti! Si, perchéogni città italiana vanta produzioni diverse per forme esapori.

Oggi per la scelta del mio pane quotidiano chiedo consiglio aSimona Lauri, panificatore, tecnologa alimentare, consulentetecnico e formatore di arte bianca. Numerose pubblicazionitecniche su diverse testate del settore, foodjournalist nonchéDirettore Responsabile delle testata giornalistica mensile online Quotidie Magazine.

Simona, inizio col porti una domanda sul lievito madre,un prodotto che esiste da sempre, ma che negli ultimianni ha avuto un’eco particolare. Siamo certi che ilconsumatore sappia realmente che cosa sia?

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La produzione della madre o lievito di pasta acida naturale hala storia del pane stesso, circa 5000 anni e forse più. Dasecoli e secoli si è sempre fatto il pane con la madre, soloche attualmente, per chissà quale moda o interesse, si stacercando di farlo passare per l’innovazione e futuro delsettore. Rappresenta le nostre tradizioni da millenni. Ora, amio parere, non vi è un’adeguata informazione scientifica inproposito, e molto spesso la disinformazione genera terrenomolto fertile per una falsa verità scientifica. Una su tutte,la convinzione che nella madre non vi siano cellule diSaccharomyces cerevisiae o blastomicete naturale o conosciutoai più come lievito di birra/compresso/industriale.Studi e pubblicazioni scientifiche in proposito lo hannosmentito a più parti, in quanto il Saccharomyces cerevisiae èun eucariota sporigeno ubiquitario per cui le sue spore sonopresenti nell’aria, attrezzature, locali in cui si lavoranoimpasti.

Non viene materialmente pesato, ma naturalmente le sue sporevanno a contaminare l’impasto di farina e acqua. All’internotrovano le condizioni ideali di sviluppo, generano la formavegetativae, nuove cellule cresceranno e si duplicheranno. E’chiaro che non rappresenta la coltura dominante perché ibatteri lattici domineranno, ma è comunque presente in unrapporto mediamente di 100 cellule di batteri lattici e 1 dilievito Saccharomyces cerevisiae. Saccharomyces cerevisiae èun lievito naturale per cui molto spesso si gioca e si speculasu questo termine facendo credere che si tratti di madre; atal proposito la dicitura “prodotto a lievitazione naturale”vale lecitamente sia che si usi la madre sia lievito di birraSaccharomyces cerevisiae.

Sono cresciuta a lievito di birra, o meglio, mi piacevatalmente che lo mangiavo così, nudo e crudo. Oramai,citandolo, sembra quasi di riferirsi ad un prodotto disecond’ordine…

E’ vero, si è scatenata da circa due anni una battaglia

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mediatica di fasulla e ingiustificata informazione scientificacontro il Saccharomyces cerevisiae o lievito di birra. Ci sidimentica molto spesso che questo blastomicete ascomiceteeucariota è utilizzato a scopo terapeutico e haimportantissimi vantaggi nutrizionali. Chiaramente come intutte le cose non è tanto l’uso quanto l’abuso che si è fatto,e si continua a fare contribuendo a pubblicare ovunque suimass media consigli di ricette per realizzare il pane alivello casalingo con dosi che MAI e ripeto MAI nessunpanificatore, pizzaiolo artigiano professionista serioutilizza. Nessuno, quando legge una ricetta, si pone ladomanda: “Quanto ne sto utilizzando?” Se si prestasse maggiorattenzione a quello che si legge e si pubblica, si vedrebbeche molte ricette consigliano di realizzare pane, pizze,focacce a livello casalingo con una percentuale di lievito dibirra oltre il 5,0% sulla farina (50 g per chilo). Ricordo atutti che queste sono assurdità tecniche impressionanti efuori da ogni limite.

Tanto per rendere l’idea i pizzaioli per esempio lavorano con0.1 – 0.5% (1,0 – 5,0 g per chilo di farina) sulla farina e ipanificatori, quando lavorano con il metodo diretto 3.5 %(35,0 g per chilo). Nella lavorazione indiretta, massimo 1.0%.(10,0 g per chilo) se ce lo mettono e se non lavorano (lamaggior parte delle volte) solo con biga. Perché a livellocasalingo si deve lavorare con il 5,0%? Chi mi dice che nonpotrebbe essere questo uno dei fattori scatenanti delleimprovvise allergie/intolleranze al Saccharomyces cerevisiaedegli ultimi anni? Si accusano i professionisti, ma nonpotrebbe invece essere una scorretta informazione scientificadegli ultimi anni che, con il megafono dei mezzi dicomunicazione, continua a propagare scorrettezze tecnicheimpressionanti?

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Parliamo di farina, o meglio, di farine di grani antichie leguminose. Hai qualche consiglio a tal proposito peruna scelta consapevole?

Grani antichi e leguminose sono due concetti completamentidifferenti non solo da un punto di vista nutrizionale, maprettamente botanico e di tecnologia di panificazione. Primadi tutto quasi tutti gli sfarinati provenienti dalleleguminose non contengono glutine, per cui in panificazionevanno lavorati con metodiche particolari; mentre i graniantichi rappresentano varietà di frumento duro e tenero cheper decenni non sono stati più lavorati per problematiche diallettamento, resa produttiva per ettaro, scarsecaratteristiche di panificabilità ecc. dimenticandosi troppopresto che questi grani sono sempre esistiti, da millenni, sulterritorio italiano prima ancora dell’importazione, subitodopo la Seconda Guerra Mondiale, della varietà canadese nota

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al mondo per il nome della zona di produzione: Manitoba.

Si è arrivati a modificare geneticamente, a incrociare varietàdifferenti, a trattare con radiazioni per nanizzare le piante,ottenere linee omozigote, aumentare le caratteristiche dipanificabilità, le rese produttive, diminuire l’apparatoradicale delle piante ecc. Tutto questo ha però portato adottenere, tra l’altro, varietà con elevata presenza dellasequenza tossica aminoacidica PSQQ responsabile di molteallergie e/o intolleranze, celiachia compresa, a utilizzareconcimi azotati a discapito di varietà ricche naturalmente disali minerali, antiossidanti naturali, biologiche e con uncontenuto proteico più equilibrato, più digeribili, ecc.

Giusto per fare qualche nome di varietà antiche autoctone difrumento tenero: Gentil Rosso, Gentil Bianco, Solina, Verna,Maiorca, Mentana, ecc. Il frumento duro include varietà come:Senatore Capelli, Saragolla, Tuminia, Bidi, Russello ecc.,senza dimenticare il capostipite per eccellenza ilTriticummonococcumsspmonococcum (farro piccolo) Sono comunquevarietà con un W molto basso inferiore a 100, ma comunquepanificabili in purezza. E’ chiaro che quando si panifica conquesto “ORO” italiano è un controsenso pensare di tagliarlocon le attuali farine; deve necessariamente essere lavorato inpurezza.

Se ti dicessi – ma che pizza! – tu che farina miconsiglieresti?

Prima di tutto tengo a precisare che non c’è assolutamente unafarina per il pane e una per la pizza come molti vogliono farcredere. La scelta per un acquisto consapevole sarà solo edunicamente in base alla metodica di lavoro adottata. Lefarine, oltre alla classificazione merceologica disciplinatadal DPR 187/2001, sono identificate (non è una classificazioneufficiale!) in base alla loro caratteristiche reologiche:forza, tenacità, estensibilità, elasticità ecc. In base aivalori di forza (W) si stabilisce una scala di valori che va

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da quelle definite deboli (W<150) a quelle utilizzate perlunghe lavorazioni e /o maturazione (W>380).

In linea di massima, per un impasto per pizza realizzato conmetodica indiretta e maturazione minimo di 24 ore,consiglierei una farina con W>300, per una lavorazione operatacon metodo diretto lungo 280<W<310, mentre, per lavorazioniindirette e maturazione oltre le 24 ore, 350<W<380.Personalmente lavoro quasi sempre con una farina Tipo 1 siaper il pane sia per le pizze, e quando possibile con sfarinatiinteri.

Il Pane, un prodotto antico, ma che si è evoluto nellasua essenza negli ultimi anni. Secondo te c’è ancoraqualcosa da scoprire?

C’è ancora un mondo infinito da scoprire. E’ vero è cambiatoin questi ultimi anni il concetto di pane. Una volta, per miononno, bastava farlo bene ogni mattina con le bighe, la madre;la pasta di riporto ora invece non basta più. Oggi bisognagarantire la corretta informazione tecnica, nutrizionale,salutare perché la disinformazione è tanta e il consumatore hail diritto di ricevere le informazioni tecniche correttedirettamente dagli operatori del settore. Le trasmissionitelevisive, in qualche caso, contribuiscono a generareinformazione scientifica scorretta, fatta dissento dire eluoghi comuni. Questo si ripercuote sul consumatore che ha lavolontà e il diritto di conoscere. Da parte dei professionistioccorre garantire la qualità (sapore, profumo, gusto shelflife., conoscenze tecniche approfondite ecc.) che si ottienecon lavorazioni lunghe e non con l’utilizzo di semilavorati,mix e lavorazioni dirette.

C’è un mondo da scoprire ancora e a livello scientifico si stastudiando nuove innovazioni nel settore gluten free,functional food, utilizzo di proteasi prodotte dai batterilatticiper ridurre le sequenze amminoacidiche tossiche per iceliaci, ecc. A livello artigianale la prima grandissima

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innovazione è stata fatta nel 2010 con l’utilizzo da parte miadella farina di quinoa nel pane a tal punto da creare QUITE,non capito assolutamente da nessuno, panificatori compresi.Ora è il simbolo della panificazione italiana con Quinoa neiConvegni organizzati dal Consolato peruviano. Questo per direche 5 anni fa l’innovazione era la quinoa ora è la canapa, lamoringa, il teff, chia, ecc. Personalmente ritengoestremamente importante incentivare soprattutto l’utilizzo diquello che l’Italia produce da secoli; mi riferisco ai graniautoctoni antichi tra i quali proprio ilTriticumturgidumturannicum che nessuno conosce come tale, macon il nome del marchio commerciale americano. In questo caso,la corretta comunicazione e informazione scientifica può farela vera grande differenza.