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la meglio GIOVENTU’ Anno 3 - Marzo 2008 - N. 20 Mensile - copia omaggio www.amarantomagazine.it IERI E OGGI SUPERMARIO FRICK 16 GOL DA URLO TERZO GRADO MICHELE TARDIOLI TRA PASSATO E FUTURO RITRATTI ANDREA BRICCA UN CUORE GRANDE CAMPIONATO L’AREZZO AVANZA A PICCOLI PASSI Andrea Ranocchia, predestinato al successo I segreti del difensore amaranto. E azzurro! GIOVANI AMARANTO LA STORIA A LIETO FINE DI MATTEO LANCINI

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la megliogioventu’

Anno 3 - Marzo 2008 - N. 20Mensile - copia omaggio

www.amarantomagazine.it

IERI E OGGISUPERMARIO FRICK16 GOL DA URLO

TERZO GRADOMICHELE TARDIOLITRA PASSATO E FUTURO

RITRATTIANDREA BRICCAUN CUORE GRANDE

CAMPIONATOL’AREZZO AVANZAA PICCOLI PASSI

Andrea Ranocchia, predestinato al successoI segreti del difensore amaranto. E azzurro!

GIOVANI AMARANTOLA STORIA A LIETO FINEDI MATTEO LANCINI

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Un anno fa raccontammo al pubblico gli esordi di Andrea Ranocchia, diventato titolare con la naturalezza e la semplicità di un autentico prede-stinato. Oggi Am torna ad occuparsi di questo ragazzo che non alza mai la voce, non ha grilli per la testa e di sicuro, se non gli metteranno i bastoni tra le ruote, arriverà in alto. Per celebrare la presenza in squadra di un calciatore di così grande avvenire, abbiamo voluto dedicargli una copertina speciale, utiliz-zando una bella e significativa fotografia scattata a La Spezia nell’agosto del 2007, nella magica sera del debutto con l’Under 21. A Ranocchia, ovviamente, auguriamo di vestirne altre cento di maglie azzurre. Ne saremmo contenti per lui, per noi e per l’Arezzo. Questo numero di Am l’abbiamo costruito sulle storie dei personaggi, sulle loro esperienze, sui loro ricordi, sulle loro aspettative. Così, oltre a Ranocchia, potrete leggervi una lunga serie di domande e risposte con Michele Tardioli, il quale da noi ha lasciato una bella fetta di cuore. Da un portiere all’altro, con la cronaca dei sette mesi più difficili di Matteo Lancini, costretto dalla vita ad affrontare e fortunatamente risolvere, con due interven-ti chirurgici, un problema di salute. E poi il ritratto di Andrea Bricca, generoso in campo, come tutti vedono, e nella vita privata, come pochi sanno. Infine Supermario Frick, bomber vero, e molto altro ancora. Buona lettura.

In copertIna:Andrea Ranocchiain maglia azzurra

SOMMARIO

Periodico Sportivo MensileReg. Trib. di Arezzo N. 3/06 del 8/03/2006

Direttore ResponsabileAndrea [email protected]

EditoreAtlantide Audiovisivi s.n.c.Via Einstein 16/a - ArezzoTel 0575.403066 - Fax 0575.298238www.atlantideaudiovisivi.it

StampaTipografia Ezechielli - Arezzo

FotografieCristiano Stocchi, Giulio Cirinei,Alessandro Falsetti, Andrea Colacioppo

Hanno collaboratoAndrea Lorentini, Giorgio Melani, Barbara Perissi, Luca Stanganini, Simone Trippi

Coordinamento e organizzazioneMaurizio Gambini, Mario Rebehy, Irene [email protected]

Realizzazione grafica Luca Ghiori (Atlantide Audiovisivi)

Marketing & pubblicitàAtlantide Audiovisivi s.n.c.Francesco Giani 335 7047376Giancarlo Magrini 335 7170534

IL PERSONAGGIO

ANDREA RANOCCHIA

CAMPIONATO

ANDAmENtO lENtO

LA RAGAZZA DEL MESE

ElISABEttA

TERZO GRADO

mICHElE tARDIOlI

GIOVANI AMARANTO

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M A R Z O 2 0 0 8 ) SOMMARIO

Gli addetti ai lavori gli pronosticano un grande futuro, tecnici e compagni di squadra lo coprono di complimenti, club importanti gli hanno messo gli occhi addosso. Lui però resta con i piedi per terra ed è concentrato solo sull’Arezzo: “Siamo più forti di prima, abbiamo fatto tesoro degli errori. E non è vero che ci manca il carattere”. Del futuro dice: “Mi hanno convocato in azzurro, ma non è scritto da nessuna parte che l’anno prossimo giocherò in serie A. Anzi, la B in amaranto non sarebbe male per niente”.

Per molti è un predestinato. Per molti ma non per lui, Andrea Ra-nocchia, che non si sente affatto

così. Si considera una persona normale in un mondo del pallone che ormai di normale ha ben poco. C’è chi gli ha già vestito addosso le più prestigiose maglie del calcio italiano, c’è chi lo profetizza ti-tolare della Nazionale in uno dei prossimi mondiali ma lui, Andrea, pensa solo al presente, all’Arezzo e a concludere nella maniera migliore l’attuale stagione. E per maniera migliore intende solo il ritorno in serie B, giusta rivincita per una retroces-sione beffarda e immeritata. Il viaggio nell’universo di Ranocchia inizia proprio dall’Arezzo e dal riassunto delle ultime settimane di campionato.“Prima di Lanciano avevamo inanella-to una serie positiva di risultati. Forse c’erano stati troppi pareggi ma eravamo riusciti ad avvicinarci alla zona playoff, l’unica cosa che conta per la squadra. Stavamo bene mentalmente, ci sentiva-mo forti perché nessuna formazione era riuscita a metterci sotto. Poi è arrivata la sconfitta in Abruzzo e le nostre certezze sono crollate. Abbiamo perso sicurezza e fiducia, sono emerse tensioni. E ci siamo

trovati di fronte a un bivio rappresen-tato dalla sfida con il Pescara. Vincere equivaleva a continuare a sperare nei playoff, il pareggio o la sconfitta potevano significare la conclusione anticipata della stagione. E’ arrivato il successo e tutto è tornato a posto, anzi secondo me l’Arez-zo è più forte e determinato di prima”.Determinazione, una parola salita alla ribalta dopo Lanciano insieme a grinta, carattere, convinzione. Ma per Ranocchia all’Arezzo queste qualità non difettano.“Non penso che all’Arezzo manchi il ca-rattere. Se non ce l’hai non esci imbattu-to da campi come quello di Ancona, tanto per fare un esempio. Piuttosto possiamo aver avuto un approccio sbagliato a qual-che partita, errore che abbiamo pagato a carissimo prezzo. Ma anche questo ci sta nell’economia di un campionato, la cosa fondamentale è aver fatto tesoro

AndreA rAnocchiA

il predestinato

di Giorgio Melani

Andrea Ranocchiaè nato ad Assisiil 16 febbraio 1988Dopo un annocon la Primavera,da due stagioni giocain prima squadra

A N D R E A R A N O C C H I A ) I L PERSONAGGIO

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IL PERSONAGGIO ( A N D R E A R A N O C C H I A

dello sbaglio per non ricommetterlo in futuro. Se, come sono convinto, nello spogliatoio abbiamo compreso i nostri errori, partite come quelle di Lanciano, l’Arezzo non le farà più”.Un’inversione di tendenza necessaria non solo per la mente ma, e soprattut-to, per la classifica. Per raggiungere i primi posti è necessario vincere lonta-no dal Comunale.“E’ assolutamente vero, lo sappiamo anche noi. Proveremo ad invertire la tendenza nel finale di stagione, perché per agguantare i playoff dobbiamo ottenere almeno tre vittorie lontano da casa”.Analizzato il periodo amaranto si passa

a parlare del campionato in generale e del livello della serie C.“E’ molto più basso rispetto alla B. L’anno scorso tecnica e tattica avevano un ruolo fondamentale, quest’anno l’agonismo la fa da padrone. Se non lotti non emergi. Ci si trova a giocare in campi difficili, infuocati dove l’ambiente che ti circonda è veramente un fattore determinan-te. Un’altra differenza che ho notato immediatamente è l’atteggiamento degli arbitri. In serie B con il direttore di gara puoi parlare, puoi confrontarti, in C non

IL CINEMA“Il pallone è sempre al centro dei miei pensieri. Quan-do c’è la doppia seduta di allenamento, tante volte rimango al campo e non torno nemmeno a casa. Quando invece non ho impegni calcistici mi dedico alle normali attività con cui si dilettano i miei coetanei. Mi piace leggere e navigare in internet, anche se il mio passatempo principale resta il cinema. Se posso, vado a vedere un film altrimenti lo prendo a noleggio. Ormai sono diventato socio della Blockbuster! Se c’è un genere che mi appassiona particolarmente? Direi di no. Valuto chi sono i protagonisti, se c’è un attore o un’attrice che mi piace scelgo il film, il genere passa in secondo piano. Le uniche pellicole che non sopporto sono quelle horror, le lascio volentieri ai cultori del genere”.

LA CUCINA“Faccio qualche tentativo ma non ho grande dime-stichezza con i fornelli. Preferisco rifugiarmi nel mio ristorante preferito, Al Parco, dove ormai sono stato adottato. Orfeo, la Michela e Simone sono per me una seconda famiglia”.

LA FAMIGLIA“I miei genitori per fortuna sono abbastanza vicini, per cui ci vediamo frequentemente e non ne sento la mancanza. Almeno una volta alla settimana vado a Perugia per passare un po’ di tempo con loro e con i miei amici. Per alcune ore torno un normale ventenne”.

L’AMORE“Sono single a tutti gli effetti, ormai da più di sei mesi! In questo momento non ho proprio il tempo di dedi-carmi all’amore, è una cosa troppo impegnativa. Devo pensare al calcio, agli amici e pure allo studio, visto che voglio riuscire a diplomarmi. Alle storie d’amore penserò in futuro! Il mio ideale di donna? Sono parti-colarmente attratto dalle more. Vorrei poi una ragazza abbastanza alta, semplice, con cui sia felice. Non chiedo veline, non chiedo niente di particolare, voglio solo una ragazza che mi faccia stare bene”.

è possibile, si considera superiore e non accetta il minimo dialogo. Secondo me è un atteggiamento controproducente che, alla fine, condiziona l’andamento delle partite. In conclusione, però, voglio anche spezzare una lancia in favore della serie C. E’ una fondamentale palestra di vita per un giovane calciatore, penso che ogni professionista dovrebbe affrontarla per comprendere tante sfumature del calcio che, magari, in categorie superiori

non si notano o si vivono”.Il campionato sembrava fino a dicembre un monologo della Salernitana. Poi la formazione campana è entrata in crisi e i giochi si sono completamente riaperti. Per Ranocchia però quella granata è ancora la squadra favorita. “La Salernitana rimane la squadra da battere nonostante il brutto periodo che sta attraversando. I momenti di crisi sono all’ordine del giorno del torneo. Mi

viene in mente il Perugia, che all’andata era una formazione molto forte e invece al ritorno mi ha dato tutt’altra impres-sione. Il risultato finale dipenderà dalla condizione in cui arriveranno le squa-dre a maggio. Da questo punto di vista

Ranocchia in azione “Sono tifoso del Milan, il mio idolo è Nesta,

il sogno sarebbe giocare in rossonero”

Intervento in acrobazia“Il livello del campionato è più basso rispetto

all’anno scorso, c’è molto più agonismo”

Amaranto magazine si era occupato di Andrea Ranocchia giusto un anno fa, dedicando a lui, Sensi e Bazzoffia la copertina e il servizio d’apertura del giornale, col titolo Saranno famosi. Ranocchia era già titolare in prima squadra e svelò al pubblico i sogni e le ambizioni di un ragazzo catapultato sen-za alcun tentennamento nel grande calcio. Sensi e Bazzoffia erano invece rispettivamente il capitano e il funambolo della Primavera, all’epoca guidata da mister Rubinacci. Oggi Sensi fa parte della rosa a disposizione di Cuoghi, mentre Bazzoffia, dopo il trasferimento in prestito al Grosseto, è stato girato alla Sansovino, in C2, al mercato di gennaio.

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A N D R E A R A N O C C H I A ) I L PERSONAGGIOIL PERSONAGGIO ( A N D R E A R A N O C C H I A

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sono molto ottimista per il mio Arezzo. Se proprio devo fare il nome di qualche altra squadra, dico Crotone, anche se al Comunale li abbiamo massacrati, e Gallipoli, che in casa è praticamente im-battibile. Sulla Salernitana il mio giudizio è meno preciso perché sia all’andata che al ritorno non ero in campo e quindi mi posso basare solo su ciò che ho visto dalla tribuna”.Andrea ha le idee chiare anche sull’attac-cante che più lo ha messo in difficoltà.“Mi è piaciuto molto Plasmati, centravan-

Per ora Andrea ranocchia ha assaggiato l’Under 21 (ha debuttato lo scorso agosto a La Spezia in

Italia-Francia 2-1) ed è una colonna dell’Under 20. Se riuscirà un giorno a farsi convocare nella Nazionale maggiore, andrà ad aggiungersi a un ristretto elenco di calciatori arrivati al top dell’azzurro dopo aver giocato con l’Arezzo. Il primo fu il grande rino Ferrario, che dopo il trasferimento alla Juventus disputò da riserva i mondiali di Svizzera nel 1954. Poi ci sono stati Graziani, Paolo conti, Giuliani, carboni, di Mauro, ruotolo, fino a Bazzani e Pasqual. Altri invece sono giunti ad Arezzo dopo aver già giocato con l’Italia: Micelli, Sordo, Maini, Torricelli e il mitico Luigi cevenini detto Zizì, pioniere del calcio italiano nel primo dopoguerra.

Andrea RANOCChIA

nato a: Assisi il: 16-02-1988ruolo: difensore

ti del Taranto, che unisce a un gran fisico un’ottima tecnica. Però, se devo essere sincero fino in fondo, il più forte con cui mi sono confrontato, e fortunatamente mi confronto ogni giorno, è il mio compa-gno Chianese, che è di un’altra categoria. Non c’è allenamento che non mi metta in difficoltà o mi segni. E’ fortissimo!”. Il presente di Ranocchia è l’Arezzo, il suo futuro è la serie A. Futuro prossimo, con tutta probabilità a giugno. Resta da vedere quale formazione si aggiudicherà l’asta per il suo cartellino. Inter, Fioren-tina, Udinese, Sampdoria. Nomi che farebbero girare la testa a chiunque ma non a lui.“Non è scritto da nessuna parte che il prossimo anno giocherò in serie A o B. Io

2005/06 Primaveracategoria squadra pres. golstagione

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non ho notizie al riguardo e sinceramente al momento non mi interessano nem-meno, ho un campionato da concludere al meglio con l’Arezzo. E’ chiaro che è una grandissima soddisfazione sentire

il mio nome affiancato alle più grandi squadre italiane però ho ancora tanta strada da fare per raggiungere un traguardo simile. Devo anco-ra dimostrare tantissimo, ho alle spalle solo una ventina di presenze in serie B e l’attuale torneo di C, la mia esperienza è relativa”.Ma il talento, infinito, è sotto gli occhi di tutti. Ranocchia è in prospettiva uno dei difensori più importanti d’Italia, al suo attivo c’è già la convocazione nell’Under 21 di Casiraghi. Addirittura la Gazzetta dello Sport l’ha inserito fra i titolari dell’Italia ai Mondiali del 2014 che si disputeranno in Brasile. “Anche quella è stata una grandissima soddisfazione, il mio nome a fianco di tanti giocatori che, seppur giova-nissimi, sono già campioni

affermati. Anche dividere lo spoglia-toio con molti di loro durante il ritiro dell’Under 21 è stato un onore oltre che un’emozione. Tensione? No, la tensione non l’ho sentita per niente e non la sento mai. Quando sono in campo, partita o allenamento che sia, penso solo al pallone”.Il talento di Ranocchia è stato notato sin dal primo giorno dal compagno di squa-dra Roberto Goretti, collega di reparto e grande estimatore. Goretti si è già messo in lista per acquistare i biglietti del mondiale brasiliano per seguire le gesta di Ranocchia. Con lui anche l’addetto stampa amaranto Michele Catalani. “Ma il 2014 è ancora lontanissimo, sai quanti campionati devo giocare! Se poi vado ai Mondiali, i biglietti glieli compro io!”.La domanda sulla squadra con cui giocherà l’anno prossimo è comunque scontata. La risposta, per ora, è la solita ma non fino in fondo.“Lo dico in tutta sincerità, non so niente del mio futuro. Per alcune settimane sembrava che avessi già firmato con la Fiorentina ma io della trattativa, se trattativa c’è stata, non ero al corrente. Poi sono apparsi gli altri nomi, addirit-tura di una formazione inglese, nomi e basta. Se potessi scegliere dove andare, la risposta è scontata: Milan. Sono da sempre un tifoso rossonero e il mio idolo è Alessandro Nesta. Se proprio dovessi realizzare un sogno andrei al Milan. Però se penso a ciò che sarebbe meglio per la mia carriera, dico che vorrei andare in un club che mi desse la possibilità di gio-care, crescere e maturare. In una grande squadra farei solo panchina oppure mi manderebbero nella Primavera. E allora meglio in serie B, magari con la maglia amaranto”.

Duello con i centravanti“Mi è piaciuto Plasmati del Taranto, ma il più forte di tutti sapete chi è? Chianese”

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LAvORI in CORSO

Cominciati gli interventi di ristrutturazione al fine di adeguare lo stadio alle normative del decreto Pisanu. C’è tempo fino al 4 maggio per dotare l’impianto del sistema di videosorveglianza, tornelli e posti numerati. Da settembre in servizio ci saranno anche gli steward.

Si chiama gos, lì per lì potrebbe sembrare il nome di un detersivo, in realtà è l’acronimo di “gruppo

operativo stadio” ed è una sala capace di coordinare tutti i monitor piazzati all’inter-no della struttura sportiva. Dal prossimo anno sarà in funzione anche al Città di Arezzo. L’amministrazione comunale ha consegnato un mese fa i lavori alle due ditte che li stanno eseguendo, 75 i giorni di tempo previsti con termine fissato al 4 maggio. In pratica si tratta della messa a norma dello stadio prevista dai decreti Pisanu e Amato. La lista degli interventi comprende la videosorveglianza e il relativo allestimento del gos, l’installazio-ne di tornelli e cancelli, la numerazione completa dei posti, la sistemazione della curva ospiti nonché il rimassellamento del cemento. Una volta conclusi i lavori lo stadio sarà in regola se si esclude la maratona, che al momento resta chiusa. Un’altra novità è rappresentata dagli ste-ward, addetti al servizio con il compito di controllare e preservare l’ordine pubblico all’interno dell’impianto. Da noi saranno

operativi dal primo settembre. Dal primo marzo, secondo le disposizioni dell’Os-servatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, l’Arezzo calcio deve provvedere alla raccolta delle domande dei candidati, per procedere poi alla verifica dei requisiti e alla trasmissione al Prefetto dell’elenco dei soggetti idonei. Il 21 giugno inizieran-no i corsi di formazione del personale, che la società potrà svolgere direttamen-te oppure affidandosi a strutture qualifi-cate. Ciò che conta è che per il mese di settembre sia tutto in regola, altrimenti le partite al Comunale si giocheranno in assenza di pubblico, cioè a porte chiuse. L’Arezzo quest’anno sta disputando il suo campionato grazie a una deroga conces-sa dal Viminale, con la capienza dello stadio ridotta a 7.500 spettatori (infatti la maratona è chiusa). Nella stessa situazione si trovano altri 20 club di C (Ancona, Crotone, Spal, Cremonese, Sam-benedettese, Taranto, Lucchese, Foggia, Padova e altri), obbligati però a rispettare le prescrizioni del decreto Pisanu in vista della stagione 2008/09.

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S T A D I O C A N T I E R E ) ATTUALITÀ

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I tifosi amaranto giocheranno un ruolo determinante nel finale di stagione, visto che l’Arezzo in casa dovrà affrontare quattro scontri diretti contro Gallipoli, Lucchese, Massese e Ancona. Sarà in queste partite che si decideranno le sorti della stagio-ne e l’appoggio del pubblico potrebbe rivelarsi fondamentale per aggiungere punti preziosi alla classifica

Il filotto di risultati tanto atteso continua a farsi desiderare. L’Arezzo avanza a piccoli passi e se è vero che

le dirette concorrenti non viaggiano a ritmo spedito, è altrettanto vero che la collezione delle occasioni sprecate dagli amaranto sta diventando troppo lunga. Dopo aver dilapidato un gol di vantag-gio a Lanciano, la squadra di Cuoghi è ricaduta in errore a San Benedetto, facendosi rimontare due volte dai padro-ni di casa e acciuffando il pari soltanto all’ultimo secondo. Di buono c’è che gli attaccanti hanno ripreso a segnare con continuità, ma se l’obiettivo è quello di centrare i play-off, bisogna a tutti i costi fare di più e aumentare l’andatura. Il calendario adesso propone all’Arezzo quattro scontri diretti sul campo amico, un’opportunità da non lasciarsi sfuggire per accorciare le distanze dal quinto posto e prenotare gli spareggi promozio-ne. Alternare una sconfitta, una vittoria e un pareggio, come accaduto nell’ultimo mese, servirebbe solo ad aumentare i rimpianti.

Andamento Lanciano-Arezzo 2-1 | Arezzo-Pescara 1-0 | Samb-Arezzo 3-3

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24a GIORNATA

LANCIANO

AREZZO

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a disposizione di Stefano cuoghi:Nicoletti, Cazzola, Mezzanotti, Bricca

note: spettatori presenti 816 (526 paganti più 290 abbonati), incasso di 9.379,33 euro. Ammoniti Alberti, Vicedomini, Martinetti, Marconato e Pisacane. Angoli: 8-5 per il Lanciano. Recupero tempi: 3’ e 5’

a disposizione di Francesco Moriero:Russo, Delli Carri, Silvestri, Wilker

Lanciano, domenica 17 febbraio 2008, ore 14.30

In alto a destra: i tifosi amaranto al seguito della squadra allo stadio “Biondi” di Lanciano Più in basso: il gol del vantaggio messo a segno da Martinetti con un bel colpo di testa Accanto: l’ex Lauria firma la doppietta perso-nale spiazzando Marconato dal dischetto

26a GIORNATA

SAMBENEDETTESE

AREZZO

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a disposizione di Stefano cuoghi:Nicoletti, Lanzara, Savi, Bondi

note: spettatori presenti 2.923 (1.006 paganti più 1.917 abbonati), incasso di 23.625 euro. Ammoniti Ranocchia, Cia, Moi, Cazzola e Conte. Angoli: 5-1 per la Sambenedette-se. Recupero tempi: 3’ e 4’

a disposizione di enrico piccioni:Bartoletti, Bonfanti, Roseto, Forò

San Benedetto del Tronto, domenica 9 marzo 2008, ore 14.30

pt 5’ Chianese; st 18’ Soddimo, 30’ Martinetti, 34’ Palladini, 39’ Cia, 48’ Chianese

In alto: Martinetti scaglia il tiro che riporta in vantaggio l’Arezzo alla mezz’ora della ripresaQui sopra: l’esultanza amaranto e la delusione rossoblu dopo il 3-3 in extremis di Chianese

pt 17’ Martinetti, 24’ Lauria; st 29’ rig. Lauria

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A N D A M E N T O L E N T O ) CAMPIONATOCAMPIONATO ( A N D A M E N T O L E N T O

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In alto: l’ex amaranto Nicola Falomi controlla palla contrastato da Beati; il funambolico Rivas in azione di ripiegamento sul pescarese FelciQui sopra: Ferraresi riprende il pallone respinto dal palo e segna il gol del pari, ma l’assistente di linea annullerà per un dubbio fuorigioco

25a GIORNATA

AREZZO

PESCARA

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a disposizione di Franco Lerda:Aridità, Diliso, Caracciolo, Borghese

note: spettatori presenti 2.312 (1.276 paganti più 1.036 abbonati), incasso di 25.195 euro. Ammoniti Grillo, Dettori, Indiveri, Pomante, Mezzanotti e Chianese. Angoli: 6-4 per il Pescara. Recupero tempi: 2 e 6’

a disposizione di Stefano cuoghi: Nicoletti, Goretti, Savi, Bosi

Arezzo, domenica 24 febbraio 2008, ore 14.30

In alto a destra: il calcio di rigore trasformato con freddezza da Vincenzo Chianese dopo neanche un quarto d’ora di giocoA fianco: il bomber amaranto festeggia a braccia alzate insieme a Miglietta e dedica il suo gol ai tifosi della curva Minghelli

pt 12’ rig. Chianese

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A N D A M E N T O L E N T O ) CAMPIONATOCAMPIONATO ( A N D A M E N T O L E N T O

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clima di realtà che sfumava nella leggen-da veniva colta l’importanza di un mezzo di trasporto comodo e veloce per i tempi che correvano. Nata anni prima come un macchinario riservato a ricchi eccentrici, la bicicletta si stava diffondendo tra il po-polo che l’apprezzava per la velocità che da essa poteva scaturire, permettendo di dominare il territorio in tutte le direzioni e soprattutto ai giovani di dare sfogo alle loro velleità agonistiche. Ecco dunque guadagnare la scena il cavallo d’acciaio, docile e rapido, con un costo per la manu-tenzione non paragonabile certo a quello del suo omonimo in carne e ossa; senza bisogno di mangiare regolarmente e per di più un passo notevole verso la moder-nità. E lui, il ragionier Antonio Magnanen-si, questo lo percepì in pieno. La neonata Società suscitò subito entusiasmo e adesioni e solo due anni dopo compì la sua prima grande impresa, dando vita al primo Giro del Casentino, una corsa che con alterne vicende ha accompagnato parallelamente il cammino nel tempo dell’Unione Ciclistica Aretina

1907, divenendo l’espressione più alta dell’attività del Sodalizio. Oggi il Giro del Casentino, giunto quest’anno alla sua 92esima edizione, è una gara internazio-nale per corridori Elite e Under 23 tra le più datate del nostro Paese, persino più del Giro d’Italia. Questa competizione ha un albo d’oro di grandissimo pregio. Non per niente annovera tra i suoi vincitori, unica gara dilettantistica, Bartali e Coppi. Altri grandi nomi poi vi si ritrovano come Nencini, e per non dilungarsi oltre si può dire che quasi tutti quelli che hanno vinto questa corsa hanno poi avuto una lumi-nosa carriera.A proposito di corse internazionali, altra impresa non da poco fu il salvataggio dalla sua estinzione del Giro delle Valli aretine – Gran premio Città di Arezzo, che la Società prese e organizzò per alcuni anni fino all’edizione 2006 in collabora-zione con la S.C. Ciclistica Rigutinese. Sull’argomento organizzazione ogni anno vengono preparate gare per Gio-vanissimi ed Esordienti per tener fede all’attività preminente della Società, ovve-

ro “attività ciclistica giovanile”. Tra i soci, circa 130, moltissimi sono i tesserati che svolgono attività amatoriale e che trovano un riferimento naturale nella U.C. Aretina 1907 ma capita spesso che anche altri amanti della bicicletta gravitino intorno alla nostra struttura, indice della straor-dinaria importanza che essa rappresenta in tutto il territorio della provincia. Ci sono poi gli atleti: 4 Allievi, 4 Esordienti e una quindicina di Giovanissimi maschi e femmine che partecipano alle gare della regione e anche di quelle limitrofe alla Toscana. Oltre ai normali allenamenti svolgono d’inverno un’attività bimestrale in palestra, in modo da trovarsi con l’or-ganismo in buona condizione alla ripresa degli allenamenti. L’attivismo e l’abnegazione dei soci permise alcuni anni fa di costruire una sede degna della Società negli spazi sot-tostanti le gradinate dello stadio, messi a disposizione dal Comune di Arezzo, e da poco ampliata con l’aggiunta di un nuovo grande locale. Si è così riusciti ad avere spogliatoi, bagni e docce per gli atleti, un locale di segreteria, una sala per il televisore, un’officina di manuten-zione e riparazione delle biciclette e sta per essere realizzata anche una piccola palestra. A questo punto si aspetta un atto di buona volontà del Comune per la realizzazione di un percorso protetto dove far allenare i bambini. L’U.C. ARETINA 1907 ha una visione vasta della bicicletta e non restringe i suoi orizzonti all’agonismo giovanile. Con la FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) collabora alla riuscita dell’annuale “Bimbimbici” che si tiene nella prima domenica di maggio in tutta Italia. Una manifestazione che mette in bicicletta molte centinaia di persone, bambini e adulti: è una festa, una lunga passeggiata per le strade cittadine, un tripudio di ciclisti che vuole dimostrare come la mobilità in città con la bicicletta sia facilmente praticabile.Questo auspicabile interscambio tra chi va in bicicletta per diporto e chi per agoni-smo si è realizzato nel vantaggio di tutte due le istituzioni: la FIAB che apprezza chiunque adopera le due ruote, e l’U.C. Aretina 1907 che tra chi pratica l’uso della bicicletta spera di trovare qualche ragazzo che vuol provare a gareggiare. L’occasione di questo incontro è stata un’altra attività che la Società svolge nella scuola elementare.

Inizialmente avevamo aderito ad un progetto promosso dalla Mapei, ma poi finita la sponsorizzazione abbiamo deciso di continuare da soli, facendo fronte alle spese che l’attività comporta, malgrado le casse non siano affatto colme di denaro e gli enti pubblici non abbiano grandi mezzi per sostenerci con le sovvenzioni (vale la pena ricordare che da un rappresentante del ciclismo a livello provinciale, chi scrive ha sentito pronunciare parole di biasimo verso questo progetto).L’attività si svolge presso tre circoli scola-stici (il primo, il terzo e il sesto) guidati da persone sensibili al problema e coinvolge più di 700 ragazzi di trentanove classi. Consiste nel proporre agli alunni delle prime tre classi elementari un’esperienza di quattro lezioni, delle quali la prima di carattere teorico: un’illustrazione dei com-ponenti della bicicletta e del loro funzio-namento nonché la storia dell’evoluzione del mezzo meccanico dal noto Celerifero attraverso i vari velocipedi, alle biciclette moderne e alle specialissime da pista. Le altre tre prove si svolgono con bicicletta da passeggio o da corsa in palestra o sui cortili delle scuole. La cosa risulta parti-colarmente gradita ai ragazzi, che oltre al piacere di andare in bicicletta hanno occasione di dare sfogo al loro bisogno di muoversi, alle maestre, che hanno modo di intervenire con collegamenti storici sui modelli dei velocipedi (non è raro il caso che ci chiedano di fotocopiare il materiale che ci portiamo dietro) e ai genitori, che spesso si trovano il figlio che ha imparato ad andare in bicicletta da solo. Alla Società sono appartenuti numerosi atleti che negli anni hanno vinto competi-

zioni di varie categorie e che sono risultati anche di interesse nazionale. Non voglia-mo far torto a nessuno e ci asteniamo dall’elencarli perché in un arco di tempo così lungo qualcuno potrebbe sfuggirci. E poi nomi mai sentiti di atleti nati cento e più anni fa ci hanno fatto immaginare un mondo oggi incomprensibile, dove le fatiche nel lavoro erano il pane quotidiano e da esse ci si ristorava faticando in bici-cletta, tutta la settimana passata nel duro lavoro era alla fine coronata dalla parte-cipazione ad una gara ciclistica, spesso senza allenamenti, che comportava sì ulteriore fatica, ma lo spirito ne riusciva ristorato e con le necessarie energie per affrontare una nuova settimana di lavoro. Abbiamo da poco festeggiato il centenario della nostra fondazione con spirito carico di emozioni che ci vengono dall’aver rovi-stato tra i vecchi documenti alla ricostru-zione della storia della Società, rivisitando avvenimenti e situazioni che se a volte sembrano la fotocopia del presente, altre volte sono del tutto diverse, e per noi di difficile comprensione. In quella occasione sono stati effettuati un workshop sulla bicicletta e l’ambien-te, una manifestazione ciclistica non competitiva aperta a tutti su un percorso che si snodava per la città, una gara per Giovanissimi e uno spettacolo conclusivo di intrattenimento. Sempre nell’ambito dei festeggiamenti, il CONI aveva orga-nizzato un concorso a premi di carattere artistico – letterario nelle scuole della città. I premi furono offerti dal Presidente della Federazione nazionale, del quale apprezziamo alquanto la sensibilità e che ha tutta la nostra gratitudine.

U.C. ARETINA 1907

E’ passato ormai più di un secolo da quando Antonio Magnanensi, in una angusta sede di piazza

San Michele ad Arezzo, tenne a batte-simo una società ciclistica dagli incerti connotati, cosa verificatasi in poche altre parti d’Italia.Probabilmente non si rese conto dell’im-portanza dell’atto che stava compiendo o per lo meno non la percepì in pieno. Non c’era la radio e tanto meno le immagini televisive; le notizie arrivavano solo dai giornali o spesso per testimonianza diretta di chi aveva partecipato o assistito agli eventi con l’inevitabile apporto di piccole varianti che finivano col distorcere i fatti; si aggiunga a ciò la fantasia di chi ascoltava. Così il fascino del ciclismo dila-gava, era l’anno in cui si correva la prima Milano-Sanremo e quegli uomini che si presentavano al traguardo coi lineamenti irriconoscibili, coperti da uno strato di fango e polvere, passando di bocca in bocca diventavano grandi… degli eroi degni di rispetto e di venerazione e che comunque si dovevano imitare. In questo

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A S S E S S O R A T O A L L O S P O R T ) COMUNE DI AREZZOCOMUNE DI AREZZO ( A S S E S S O R A T O A L L O S P O R T

M A R Z O 2 0 0 8 M A R Z O 2 0 0 8

Data di nascita4 dicembre 1980

Segno zodiacaleSagittario

Altezza Un metro e 66

Misure Non lo so, non ho mai avuto la curiosità di prendermi le misure

Tatuaggio Ho molte remore, ma me ne piacerebbe uno sul braccio, stile Hunziker o Canalis

Stato civile Nubile fino al 21 giugno...

Tre cose che ami I dolci, la pallavolo (ho giocato per una vita), la primavera

Tre cose che detesti La pioggerella fina fina, quella inglese, stare in coda, non riuscire ad arrivare nella vita

Tre cose che apprezzi in un uomo La galanteria, gli addominali a tartaruga,il senso di protezione che riesce a darmi

Tre cose che gli uomini apprezzano di te La serietà, gli occhi, i miei difetti(sono le tre cose che apprezza il mio lui!)

L’uomo dei sogni Il mio futuro marito Stefano (e Raoul Bova!)

Il tuo antidepressivo Lo sport

Essere o avere Essere per meritare di avere

Il viaggio da fare Un tour nelle metropoli degli Stati Uniti

Il tuo mito Vasco Rossi

Quartiere della Giostra Porta Santo Spirito

Calciatore amaranto Mirko Conte

Sogno nel cassetto Non lo voglio dire...

La prima volta ...sempre la prossima!

Elisabetta

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E L I S A B E T T A ) LA RAGAZZA DEL MESE

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Quando arrivò ad Arezzo un gior-nalista sentenziò: “non è da C1”. Andrea Bricca inghiottì il boccone

amaro, ritagliò l’articolo e lo ripose nel portafoglio, certo che prima o poi avrebbe rinfacciato quel giudizio così duro all’au-tore del pezzo. Se non fosse stato per un ladro che gli ha portato via il borsello, Andrea quelle parole le avrebbe sbandie-rate sotto il naso del giornalista mal fidato con estrema soddisfazione. Oggi infatti non solo gioca in C1 ma lo scorso anno ha vestito la maglia amaranto anche in B e si è adeguato alla girandola di allenatori che l’Arezzo ha tesserato negli ultimi tem-pi senza drammi. “All’inizio ho avuto un po’ di difficoltà, sono arrivato ad Arezzo proprio nella stagione dei cambi continui, poi sono andato a Sora e tornato in B con Gustinetti. E adesso eccomi qua”. Già, eccolo qua questo ragazzo umbro “di là dal Tevere”, come dice Mezzanotti. Gentile, ci aspetta al tavolo di un bar a due passi dallo stadio, è al telefono, chiude e ci offre da bere, poi pone il destro volentieri alla raffica di domande. “La passione per il calcio l’ho sempre avuta, mi divertivo sui campetti vicino a casa mia. A giocare nel vero senso della parola ho iniziato tardi, avevo dodici anni”. Poi arriva Paolo Valori che, bisticcio linguistico a parte, lo valorizza e lo porta a Sansepolcro. E’ lì che Andrea si forma. Dalla Valtiberina al capoluogo il passo è breve. Ma il vortice di allenatori non favorisce di sicuro il suo inserimento. La

maturazione a Sora e il ritorno ad Arezzo sono storia di cui abbiamo già detto. Una causa vinta sul campo contro quelli che non lo apprezzavano. Del resto da piccolo Andrea sognava la toga: “pensavo che da grande avrei fatto l’avvocato, poi invece ho preso il diploma da ragioniere e gioco al calcio”. Scherzi del destino e della vita, anche se di processi da vincere ce ne sono anche da calciatore, soprattutto con i giornalisti. In giro si dice che sia il cocchino di qual-

che collega: “sì, ma non è così con tutti”. Sorride Andrea e sa a quale giornalista, scherzando, ci riferiamo. Combattente e tenace come è nel dna del Cancro, il suo segno zodiacale, Bricca una volta si sarebbe definito “un giovane assennato”. Fidanzato da otto anni con Sara, una ragazza di Anghiari (“stiamo insieme da sempre” dice con gli occhi che brillano), è legatissimo alla famiglia, che lo segue e lo viene a vedere ogni domenica, e alla sua terra, la Valle del Tevere, dove torna

ogni sera dopo gli allenamenti: “i miei amici sono tutti lì”. Non è un caso che i compagni di squadra con i quali passa più tempo siano Mezzanotti e Beati, di Sansepolcro il primo, perugino il secondo. Come dire: sempre in zona Tevere. Del resto da quel fazzoletto di terra incastrato tra Toscana e Umbria sono partiti alla conquista di un posto al sole Burri, Moni-ca Bellucci e mille altri talenti. Sotto il profilo del tifo, Andrea non ha più una squadra del cuore in serie A. Confessa, candidamente ma con estre-ma convinzione, di aver cancellato la Juventus dalla sua vita: “ero bianconero ma lo scorso anno sono rimasto talmen-te disgustato che non ho più visto una partita”. Un uomo di parola dunque e di gusti semplici ma ben definiti. Il suo film preferito è Il miglio verde con Tom Hanks: “bellissimo, mi è rimasto dentro”, mentre nella musica Andrea è decisamente pa-triottico: “amo quella italiana in genera-le”. Dalle note alla letteratura: “gli ultimi libri che ho letto sono quelli di Khaled Hosseini, Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli. Molto intensi, mi sono pia-ciuti profondamente”. Alla domanda sulla scaramanzia, scuote la testa: “nessun rito particolare tranne la doccia. Ci sono otto docce negli spogliatoi – spiega – ma io uso sempre la stessa”. Abbozza un sorri-so mentre ne parla e quando il discorso si sposta sui tifosi, lui ribadisce senza esitazione un concetto che gli sta molto a cuore: “ho un buon rapporto con loro ma io confido solo e soltanto nel sudore sulla maglia. E’ il miglior testimone dell’impe-gno che metto ogni volta nel mio lavoro”.Impegno profuso in ogni lato della sua esistenza. Senza tanta pubblicità, come si addice a chi le cose le fa non per il gusto di sentirsi dire bravo, ma perché le sente dentro. Una mail, inviataci da Gabriella,

tifosa dell’Arezzo e donna impegnata nel sociale, ci ha permesso di conoscere un Bricca inedito, che raccontiamo con un pizzico di emozione. “Andrea ha fatto il servizio civile alla residenza sanitaria assistita del Pionta – ci scrive Gabriella – e ha letteralmente stregato gli anziani che si trovavano lì. Ha sempre avuto una parola di conforto, un gesto carino, una carezza e ancora oggi, a distanza di tempo, viene a trovarli, porta loro regali e soprattutto li fa sentire parte di questo mondo”. Una storia che ci ha colpito e fatto venire in mente la frase di Jovanotti: io lo so che non sono solo anche quando sono solo. “In effetti è vero – ricorda Andrea – ho fatto il servizio civile lì, un’esperienza che mi ha permesso di en-trare in contatto con un mondo che non conoscevo. Con i nonni non avevo mai avuto problemi, non pensavo che esistes-sero situazioni di tal genere. Di tanto in tanto vado alla residenza sanitaria, faccio un po’ di compagnia agli ospiti. Quelli che stanno meglio mi riconoscono, mi

cercano, seguono l’Arezzo, sanno di me. Mi fa tanto piacere”. Un piccolo segreto, un lato sconosciuto di Andrea che regala al mondo del calcio un pizzico di umanità, spesso perduta dietro le pieghe di affari, soldi e contratti da rinnovare. Proprio su questo punto sorvoliamo, facciamo da aereoplani e andiamo oltre. Tutti sono utili e nessuno è indispensa-bile, d’accordo, ma quando gioca Bricca c’è e si vede. Glielo diciamo, cerchiamo di discutere di posizioni in campo ma lui taglia corto, la nozione da tenere a mente è sempre la stessa: uscire con la maglia sudata, insomma, confondersi con il cielo e con il fango, tanto per citare nuovamente Jovanotti. Sapere che oggi sei su e domani sei giù ma che è vero pure il contrario. Anche nei sogni Andrea è modesto, d’altri tempi: “quando a inizio stagione si fanno i discorsi del tipo cosa speri per il prossimo anno? oppure che cosa ti auguri? sai cosa rispondo io? La salute. Al resto ci penso da solo”. Parola di Andrea Bricca.

Un cUore GrAnde coSìL’impegno e la generosità sono le doti migliori di Bricca in campo, dove ha smentito gli scettici che non lo ritenevano da C1. Ma generoso Bricca lo è anche nella vita privata, come possono testimoniare gli anziani del Pionta, ai quali è legatissimo. La famiglia, le passioni, i sentimenti di un calciatore speciale.

di Barbara PerissiBricca in azione durante la partita giocata lo scorso anno sul campo del Piacenza

Con gli anziani della residenza sanitaria del Pionta, dove Andrea ha svolto il servizio civile

A N D R E A B R I C C A ) RITRATTI

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RITRATTI ( A N D R E A B R I C C A

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“Come mi trovi? Dillo, dai, sono sempre un ragazzino”. Michele Tardioli mi riceve così.

In effetti non è cambiato, nonostante vada per le 38 primavere e si sia deciso a metter su famiglia, con l’eterna fidanzata Pamela che è finalmente diventata sua moglie e una bimba, Greta, di due anni e mezzo. Ad Arezzo ci ha giocato tra il 1997 e il 2000, tre stagioni in cui, da perfetto stacanovista, saltò una partita appena. Ultima giornata ad Alzano, nel ’99, spazio

al dodicesimo Ferro che aveva fatto solo anticamera. Fu provvidenziale Tardioli in panchina, perché Cosmi venne quasi alle mani coi fratelli Spinelli e lui si mise in mezzo, a fare da paciere. Altri tempi, altre storie. “Per fortuna non ho mai avuto grandi infortuni – dice Michele. Mi alleno bene, mi sa che giocherò fino a 40 anni. Dentro lo spogliatoio sono tutti giovani, sarà per questo che mi sento giovane anch’io”.Moglie e figlia, hai messo la testa a

posto. Ammettilo.“Io ce l’ho sempre avuta la testa a posto. Facevo quello che era lecito fare, non esageravo”.Che papà sei?“Il migliore del mondo, come credo pensi-no tutti i papà”.Mah, mica è vero.“Io mi sento così. Per stare vicino a Greta ho rifiutato qualche proposta allettante, non voglio più allontanarmi da casa”.Infatti sei venuto a Monte San Savino.“Si sta bene qua, è un bell’ambiente”.Peccato per i risultati, stai beccando una sfilza di gol.“Non c’ero abituato. Ma non è finita”.Tornando al privato, il matrimonio ti ha cambiato la vita?“Il matrimonio no, la nascita di mia figlia sì”.Ti sei sposato lo stesso giorno di Di Loreto. Raccontala questa, che è sim-patica.“Con Marco siamo molto amici. Io lo volevo al mio matrimonio, lui mi voleva al suo. Un giorno a Perugia entrai nello spogliatoio e gli dissi: ho fissato la data. Risposta: anch’io. Beh, il 7 giugno 2003 ci siamo sposati in contemporanea. Io da una parte, lui da un’altra”.Nell’autobiografia di Cosmi c’è un capitolo in cui si parla di Arezzo e della squadra che si ritrovava insieme a fare festa. Le serate, così si legge, le orga-nizzavi tu.“Quando uscì quel libro, Cosmi quasi lo strozzo. Pamela mi chiese spiegazioni”.E tu?“Le dissi la verità, che il libro era molto romanzato”.Lasciando da parte le battute, sei con-tento di quanto hai ottenuto in carriera?“Assolutamente sì, anche se con un’assi-stenza diversa sarei stato più tutelato in

certi frangenti”.Cioè?“A Perugia c’è stato un periodo in cui mi hanno massacrato tutti, compresi i gior-nalisti. Ero un capro espiatorio perfetto, venivo dai dilettanti, non avevo protettori né procuratori. Altri compagni erano trat-tati meglio mediaticamente”.Mi viene in mente il gol in rovesciata di Flachi, ti dettero la colpa anche in quel caso.“Tutto cominciò col Lecce. Kalac si fece male, giocai io e Chevanton trovò il tiro della domenica da trenta metri. Palla sotto l’incrocio, imparabile. Però passò la tesi che era colpa mia. Qualche partita dopo presi gol da Doni, su punizione. Da lì non ho più giocato”.Ti aspettavi di più anche da Cosmi?“Ma no, era un momento delicato. Se lui mi avesse difeso a spada tratta, forse ci avrebbe rimesso la panchina. E’ il calcio che funziona così. Fu un’esperienza formativa per me, mi dette modo di scre-mare un po’ di conoscenze”.Quante?“Tante”.Che ricordi hai della serie A?“Soltanto bei ricordi. Sono partito dalla prima categoria e sono arrivato a giocare in Coppa Uefa. Non è male”.Direi di no. E quando appenderai i guan-ti al chiodo, che sarà di te?“Vorrei fare l’allenatore. Il patentino di terza ce l’ho, poi vedremo”.Modelli di riferimento?“Cosmi e Sarri”.Non avevo dubbi.“Cosmi dal punto di vista delle motivazio-ni, della gestione psicologica del gruppo, è il numero uno. Sarri l’ho avuto a Pesca-ra: ti insegna calcio con una naturalezza incredibile”.Cosmi a Perugia era diverso dal Cosmi

L’Arezzo e il Perugia, Cosmi e Sarri,

Di Loreto e Bazzani, Gheddafi e

Kalac. Ma anche il matrimonio, la

nascita di Greta, la serie A, i periodi

difficili e un futuro (forse) da allena-

tore. L’ex portiere amaranto svela

aneddoti, ricordi e progetti.

vi raccontotutto di me di Andrea Avato

MicheleTardioli

Il terzo grado che potete leggere in queste pagine è nato al tavolo di un ristorante di Monte San Savino, davanti a un piatto di affettati e formaggi e a un primo di rara bontà. Soprattutto, è nato senza l’ausilio del registratore e con pochi appunti sparsi, presi qua e là tra un boccone e l’altro. Più che un’intervista è stata una piacevole chiacchierata, di cui ho cercato di riportare fedelmente tutti, o quasi, i concetti espressi da Michele. Il conto, per la cronaca, l’ha pagato lui.

17 le presenze in serie A con il Perugia

In bianco e nero con il Sansepolcro

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M I C H E L E T A R D I O L I ) TERZO GRADOTERZO GRADO ( M I C H E L E T A R D I O L I

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Insieme a Minghelli, quando la malattia aveva già colpito Lauro“Di Loreto non mi risponde mai, se si ricorda mi richiama due giorni dopo...”

L’Arezzo 1999-2000: “I play-off persi contro l’Ancona, un grande rimpianto”“Cosmi è l’allenatore più bravo che ho avuto nella gestione psicologica del gruppo”

Foto speciale: in compagnia di Gatti, Gheddafi e Kalac nella limousine di SaadiStadio Olimpico, in porta col Pescara contro la Juve di Del Piero“Zeljko Kalac merita la fortuna che ha avuto, è un professionista molto serio”“Della serie A ho solo bei ricordi. Io sono partito dalla prima categoria...”

di Arezzo?“No, sempre uguale. Cresciuto, maturato, ma sempre uguale”.Mazzantini, Sebastiano Rossi, Kalac, Cordoba. In quel periodo ne hai cono-sciuti di portieri.“Il primo fu Mazzantini, un matto in senso buono. Rossi era insopportabile in campo e squisito fuori. Kalac merita la fortuna che ha avuto, è un professionista serissi-mo. Cordoba invece era il classico suda-mericano: respingeva sempre, si buttava di pancia, ma poteva giocare trequartista con quei piedi. E poi aveva una compagna stratosferica”.Già.“Lei frequentava una palestra del centro, nel giro di un mese le iscrizioni raddop-piarono”.Tre flash che ti tornano in mente.“Il debutto in A al San Paolo, contro il Na-poli di Edmundo. Finì 0-0. Poi una vittoria sul Chievo, con una bella parata mia su Corini all’ultimo minuto. E la partita di Coppa a Salonicco con l’Aris”.Da Balducci in poi, chi è il compagno più forte con cui hai giocato?“Fabian O’Neill. Veniva al campo e diceva:

oggi gioco solo col sinistro. E faceva le partitelle solo col sinistro. Ma lui era destro. Impressionante”.Quante volte sei stato sul punto di tor-nare ad Arezzo?“Due. L’anno scorso a gennaio avevo trovato l’accordo con Pieroni, che però prese Lanza. E quest’estate c’erano stati contatti con Fioretti e Rondini, solo che poi non ho più sentito nessuno”.Arezzo cos’è per te?“Arezzo è stata la svolta della mia carrie-ra. Avevo 26 anni e mezzo quando arrivai dal Sansepolcro. Cosmi e Graziani devo ringraziarli in eterno”.All’inizio il titolare era Mosconi. Ricordi?“Il primo giorno mi disse: ciao, io sono il Mosco, non pensare di venire qua e giocare. Con lui, a parte l’approccio, ho avuto un rapporto splendido, ci sentiamo ancora. E comunque alla fine giocai io, scrivilo così si arrabbia”.Perché l’Arezzo non riesce ad arrivare in serie A?“Non lo so. Servono tante componenti, ci vogliono i soldi ma anche la programma-zione. Vedo che lì cambiano sempre al-

lenatore, per me dovrebbero fare le cose più a lunga scadenza. Arezzo ha tutto per arrivare in A: la passione, le strutture, la disponibilità economica”.Gaucci programmava?“Negli anni della C ha speso i miliardi. In A ha puntato sui giovani, sugli scono-sciuti, sugli stranieri a basso prezzo. Era programmazione anche quella”.Gaucci è una vittima del sistema?“No, ma è uno dei pochi che sta pagan-do. Altri che si sono comportati come lui stanno ancora in giro”.Com’era l’Arezzo negli anni tuoi?“Una grande famiglia che respirava la fame di calcio che c’era in città. I play-off persi in C1 con l’Ancona sono il mio grande rimpianto. Dopo il gol di Bacci ero convinto di farcela, in finale non ci sarebbe stata storia, avremmo battuto chiunque”.Che opinione hai di Walter Sabatini, il diesse di allora?“E’ una persona di cui conservo la massima stima. Ha una faccia sola, dice sempre quello che pensa”.Dell’Arezzo attuale cosa sai?“Ho visto solo qualche spezzone di partita, però leggendo la formazione mi

sembra una squadra da primissimi posti. Lo era prima del mercato, ora anche di più”.Marconato?“Bravo, esplosivo. Nonostante l’altezza, è quasi più forte tra i pali che nelle uscite. Mi piace”.Il mese scorso Pellicanò ha parlato molto bene di te. “Grande Pino! Ho passato anni belli con lui, era bravissimo anche nel lavoro mentale”.C’è qualcuno dei tuoi ex compagni con cui sei rimasto in buoni rapporti?“Balducci, Martinetti, Grilli, Rinino. E Di Loreto”.Vi sentite spesso?“Con lui funziona così. Io gli telefono e il cellulare suona a vuoto. Dopo un paio di giorni, se si ricorda, mi richiama”.Lo perdoni?“Sì, dopo tutto quello che abbiamo passato... Quando arrivammo a Perugia, pensavano che io e lui fossimo le spie di Cosmi. Da Materazzi in giù, non ci considerava nessuno. Piano piano le cose sono migliorate”.

L’hai vista la litigata che ha fatto con Cassano?“Ho visto, ho visto. Cassano gli ha urlato: ti compro e ti metto nel giardino di casa. Allora l’ho chiamato subito per dirgli che il giardino ce l’ho anch’io. Se vuole…”.Che ti ha detto?“Non ha risposto. Tra un paio di giorni ti faccio sapere”.Altri amici veri nel calcio?“Fabio Gatti. Ecco, con lui ci parlo più che con mia moglie”.Quasi dimenticavo. Gheddafi che fine ha fatto?“L’ho incontrato un po’ di mesi fa. Pur essendo il figlio di un capo di stato, con noi si comportava come una persona qualunque. Una volta ci portò tutti a Montecarlo, giocatori e tecnici, alla festa per la candidatura della Libia ad ospitare i Mondiali del 2010. Jet privato, andata e ritorno, e via”.Dopo vent’anni da portiere, che pensi di questo ruolo?“Quando ho iniziato era completamente diverso. Poi vietarono il retropassaggio e molti miei colleghi smisero di giocare

perché non avevano il piede vellutato”.Tu no.“Io ho cominciato facendo l’attaccante. Mai avuto problemi”.Gioco della torre. Chi butti di sotto, Cosmi o Sarri?“Nessuno. Un mix tra loro due farebbe l’allenatore perfetto”.Gaucci o Graziani?“Butto Gaucci. Sono stato quattro anni a Perugia e credo che lui non abbia mai saputo che faccia avevo”.Pilleddu o Bazzani?“Nessuno. Bazza devo chiamarlo, l’ultima volta che ci siamo visti gli ho fatto una battuta sulla Merz e non vorrei se la fosse presa…”.Pensi di aver guadagnato il giusto in carriera?“Secondo me sì. C’è qualcun altro che ha guadagnato decisamente troppo in rapporto alle qualità”.Quando vieni a vedere l’Arezzo?“Volevo venire per il derby col Perugia, poi ci ho ripensato. Meglio una domenica più tranquilla. Ad Arezzo ci torno sempre volentieri, un po’ è casa mia”.

Giugno 2007,intervistato da San-dro Bianchi durante la giornata dell’or-goglio amaranto

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M I C H E L E T A R D I O L I ) TERZO GRADOTERZO GRADO ( M I C H E L E T A R D I O L I

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Matteo Lancini, 19 anni tra due mesi, racconta come ha scoperto, affrontato e risolto i problemi al cuore. “Quando superi i momenti negativi – racconta – ti accorgi che sei cresciuto come uomo”. Dopo sei mesi travagliati e due interventi chirurgici, il portiere è di nuovo in campo con la Berretti. E il futuro adesso è tornato roseo. “Il mio sogno? Essere felice. E vincere la Champions”.

Una storia a lieto fine

“Sono contento di aver vissuto questa esperienza, perché nelle difficoltà dai valore ad

aspetti della vita che consideri scontati. I momenti negativi alla fine sono sempre positivi. Quando li vivi sembra che tutto vada male, quando li superi ti accorgi che sei cresciuto come uomo”. Matteo Lancini compirà 19 anni il 30 maggio prossimo. A sentirlo parlare gliene daresti molti di più. Maturo più di quanto non dica la sua carta d’identità, il portiere della Berretti è oggi uno dei giocatori più interessanti del settore giovanile dell’Arezzo, ma è anche un ragazzo che ha superato una prova dif-ficile che il destino gli ha messo davanti. L’ha fatto con la sua forza di volontà, con la consapevolezza che sarebbe tornato in campo, con l’amore della famiglia. Tutto comincia nel luglio del 2007. Lancini è aggregato alla prima squadra per il ritiro di Pieve Santo Stefano. In valigia, oltre agli inseparabili guanti, Matteo mette dentro un bel po’ di speranze di poter fare il dodicesimo. Il suo ritiro dura, però, ap-pena 24 ore. “Due giorni prima di partire per Pieve – racconta lui – avevo effettua-to la consueta visita di idoneità sporti-va, nella quale si era evidenziata una tachicardia sotto sforzo. Un problema che mi portavo appresso fin da quando avevo 3-4 anni. Tutte le altre visite sportive le avevo superate. Mi avevano sempre detto

di Andrea Lorentini

che era una situazione con la quale avrei dovuto convivere. Lo ritenevo fino a quel momento un problema di poco conto”.In cosa consisteva la tua patologia?Interessava il cuore, ma soltanto in parte. Durante l’operazione è stata bruciata una via accessoria. Gli impulsi elettrici invece che arrivare al cuore in via diretta face-vano un percorso più lungo perché c’era una vena che bloccava la via principale. Questa occlusione generava tachicardia sotto sforzo. Sei stato costretto a lasciare subito il ritiro.All’inizio avevo frainteso. Pensavo che bastasse una visita dal cardiologo per ottenere l’idoneità. E invece dopo il con-sulto dallo specialista si è reso necessa-rio l’intervento chirurgico.Qual è stata la tua reazione?L’ho vissuta male. L’idea di non giocare per tanto tempo mi spaventava. Dopo qualche giorno ero già più tranquillo, perché sapevo che avrei risolto il proble-ma. Era capitato, dovevo affrontare la situazione.Sei fatalista?Sono dell’idea che prima o poi nella car-riera di un calciatore qualche infortunio può starci.Hai avuto paura di non poter più gioca-re?Mai. L’unica incertezza era sui tempi di

recupero. Potevano servire due mesi come due anni.La prima operazione non è andata a buon fine.Il 2 agosto sono stato operato a Firenze, ma il problema non è stato risolto.Cosa hai pensato in quel momento?Ci sono rimasto male, ovviamente. I me-dici erano convinti che era tutto a posto e invece quando ho rifatto la visita sportiva, la tachicardia si è ripresentata tale e quale a prima.Chi ti è stato vicino?La famiglia e gli amici. Come passavi le giornate lontano dal pallone?Tenendomi in allenamento. Qualche partitella di calcetto, tennis. Ho cercato di svagarmi, di non pensarci troppo. Ero dispiaciuto. Il calcio è la mia passione. In dieci anni penso di non aver mai saltato un allenamento. Ritrovarmi di colpo a non far niente non è stata una bella sensa-zione. A metà novembre sei finito sotto i ferri una seconda volta.A Milano dal professor Pappone, lo specialista numero uno a livello interna-zionale in materia. L’intervento è riuscito alla perfezione.Perché non subito a Milano?I tempi di attesa erano molto lunghi. Per accelerare il ritorno in campo decidemmo

per Firenze.Dopo l’operazione, però, non volevano darti immediatamente l’idoneità.Il decorso post operatorio con Pappone prevedeva una visita di controllo a distan-za di quattro mesi dall’intervento. Senza l’ok del professore, il medico sportivo non mi avrebbe dato via libera per tornare in campo. Via libera che alla fine è arrivato.Ho l’idoneità per tre mesi. Per un po’ di tempo dovrò sottopormi a visite di control-lo per monitorare la situazione.Quanto è difficile per un portiere ripren-dere dopo un lungo periodo di inattività?Il mio è un ruolo particolare. Al rientro la cosa che mi preoccupava maggiormente era la confidenza con la partita. E in ef-fetti mi sono reso conto che qualche cosa durante la gara dovevo rimetterla posto. Hai pensato al fatto che senza lo stop forzato avresti potuto giocarti le tue chance per fare il secondo a Marcona-to?Prima di andare in ritiro c’era questa possibilità. Eravamo partiti in tre (Mar-conato, Lancini e Pettinari, ndr). Sicura-mente avrei dato il massimo e me la sarei giocata. Sei tornato con la Berretti al primo po-

sto. Qual è il segreto di questa squadra?La forza del gruppo. Ci conosciamo da anni, siamo amici. Mettiamo entusiasmo in ogni cosa che facciamo. Questa coesio-ne ci permette di vincere le partite anche quando non giochiamo bene. Perché hai deciso di fare il portiere?Colpa della tachicardia… Mia madre per accontentare il mio desiderio di giocare al pallone mi raccomandava di non correre troppo e così sono finito in porta. Ma da piccolo volevo fare l’attaccante.Che cos’ha il ruolo del portiere di diver-so rispetto a tutti gli altri?Non ci sono vie di mezzo. Se le cose ti vanno bene diventi un eroe, altrimenti sei il primo colpevole. E’ stimolante fare i conti con il rischio.Ce l’hai un portiere di riferimento?Gianluca Pagliuca è il mio idolo da sem-pre. Ho iniziato a tifare Inter quando lui ne è diventato portiere. Perché Pagliuca?Mi rivedo in lui nella spettacolarità della parata. Pagliuca una palla semplice la fa sembrare la più difficile, perché ama l’intervento spettacolare. Anche a me di-verte “esagerare”. La ritengo una furbizia per guadagnare qualche voto in più in pagella.

Il punto di forza di Lancini?L’attenzione e la concentrazione nei novanta minuti. Dove devi migliorare?Nel tempo delle uscite, una delle cose più difficili per un portiere.Potendo scegliere, nella prossima stagione preferiresti fare il secondo ad Arezzo o un’esperienza da qualche altra parte?Sinceramente preferirei giocare anche se è un concetto sempre relativo, perché bisogna dimostrare di meritare il posto. Fare il secondo ad Arezzo in C1, o spe-riamo in B, non è semplice, ma sarebbe stimolante. In ogni caso deciderò a fine stagione.Sei considerato una dei giovani più interessanti del vivaio amaranto. Avverti una certa aspettativa nei tuoi confronti?Fa piacere, però non sono il tipo che si monta la testa. Non sento pressioni particolari.Il sogno nel cassetto?Essere felice.Calcistico?Mi accontenterei di vincere… la Cham-pions League con l’Inter. Scherzi a parte, diventare il numero uno dell’Arezzo sareb-be un bel traguardo.

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M A T T E O L A N C I N I ) GIOVANI AMARANTOGIOVANI AMARANTO ( M A T T E O L A N C I N I

M A R Z O 2 0 0 8 M A R Z O 2 0 0 8

Ripercorriamo le giornate storiche della vita di curva, cominciando dal 24 settembre del 2000. Per la prima e unica volta nella storia del calcio aretino, i tifosi disertarono la partita e restarono fuori dallo stadio per protestare contro la gestione del presidente Bovini. Pochi giorni dopo, forse per casualità o forse no, ci fu il passaggio di consegne al vertice della società.

E la sudrimase vuota

Sembra passato un secolo, invece è accaduto soltanto sette anni e mezzo fa. Il 24 settembre del

2000, caso unico nella storia del calcio aretino, la curva sud restò vuota. In segno di protesta contro la gestione Bovini, i tifo-si disertarono la partita: serviva un gesto forte, di grande visibilità, per dare una sterzata in positivo alla situazione. Nessu-no entrò, i ragazzi dei gruppi organizzati rimasero dietro i cancelli, intonando cori e slogan dall’esterno dello stadio. Ciò che accadde dentro lo appresero dalle radio-line. E non furono belle notizie: l’Arezzo perse contro l’Albinoleffe per 1-0, gol di Araboni. A dieci minuti dal termine dell’in-contro, la folla che si era assiepata nel piazzale si riversò sui gradoni della vec-chia curva per ribadire i concetti espressi

negli striscioni, che all’epoca non erano ancora vietati. “Fuori Bovini, l’Arezzo agli aretini” era il refrain più gettonato di quel periodo. Gli aretini erano Piero Mancini e la Ciet, il cui marchio compariva sulle ma-glie della squadra in qualità di sponsor, e anche il Cepu, che deteneva una quota minoritaria del pacchetto azionario.Giovanni Bovini, imprenditore nel campo dei fumetti, proprietario della celebre Star Comics, nonché ex campione italiano di judo, aveva rilevato la società da Graziani nell’autunno del ‘98, a pochi mesi dalla festa per la promozione in C1. Dopo una tranquilla salvezza e un torneo di vertice chiuso con la beffa di Ancona nei play-off, Bovini aveva smarrito l’entusiasmo e la passione. Fabio Bazzani, arrivato in pre-stito dal Venezia e autore di 20 gol tutti su azione, non era stato riscattato per non spendere la misera cifra di 70 milioni (di lire). Cosmi era partito per Perugia, portandosi dietro Tardioli e Di Loreto. Vennero ceduti anche Ottolina, Martinetti, Caracciolo, Antonioli. Il diesse Sabatini fu costretto a tentare le nozze con i fichi secchi e portò ad Arezzo ragazzi giovanis-simi come Concetti, Lizzori, Russo, Cinelli e un carneade argentino di nome Nicolas. Nonostante l’impegno di Cabrini, scelto come sostituto di Cosmi, la squadra cominciò male la stagione, perdendo 3 partite su 4. Bacci, Di Sauro, Venturi, Campofranco, gente d’esperienza, non bastava per tappare tutte le falle.Bovini allacciò trattative serrate per cedere la società e tra gli acquirenti comparve anche Riccardo Calleri, figlio dell’ex presidente di Lazio e Torino. A molti si materializzò davanti lo spettro di un nuovo fallimento, con il rischio di ca-dere dalla padella nella brace. Calleri un giorno si presentò allo stadio scortato da uno stuolo di avvocati e commercialisti,

che si misero a spulciare i libri contabili dell’Arezzo calcio. La protesta dei tifosi, nel frattempo, mon-tava. L’era Bovini, secondo il comune sen-tire, andava archiviata al più presto, ma la società doveva restare in mano a gente del posto, a imprenditori locali che non fossero circondati dalla sinistra nomea di avventurieri. Se ne convinse pure Bovini, che dopo aver fatto saltare, non senza sorprese, il passaggio del testimone a Calleri, convinse Piero Mancini a prende-re in mano la situazione. Decisivo fu un pranzo in un ristorante del Trasimeno, al termine del quale (come racconta spesso Mancini), Bovini chiamò al telefono la moglie e con un sorriso a trentadue denti le annunciò la lieta novella. Dal 24 set-tembre erano passati pochi giorni. Di lì in avanti successero diverse cose: l’addio di Sabatini, l’arrivo di Tito Corsi, gli acquisti

Sopra: i tifosi assiepati fuori dallo stadio durante la partita con l’Albinoleffe

Accanto: Giovanni Bovini, presidente dell’Arezzo dal 1998 al 2000

di Frick, Vendrame e Ricchiuti, la rinascita di una squadra che chiuse al quarto posto e poi, purtroppo, venne battuta ai play-off dal Livorno. Resta il fatto che la protesta, civile ma di fortissimo impatto, della tifoseria amaran-to aveva sortito gli effetti sperati ed era riuscita a restituire un avvenire roseo al club. Che la situazione si fosse sbloccata una settimana dopo lo sciopero del tifo, forse sarà stato un caso. Ma forse no.

24 settembre 2000,la curva amaranto

resta vuota per protesta contro la

gestione Bovini

C U O R E E P A S S I O N E ) CURVA MINGHELLICURVA MINGHELLI ( C U O R E E P A S S I O N E

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Buongiorno Mario, ma lo sai che sto parlando con il calciatore con la migliore media realizzati-

va della storia dell’Arezzo, in base alle presenze? Mi fa piacere, bene, mi rende molto ono-re. E’ stata una stagione meravigliosa, la mia prima in Italia, un’esperienza che non dimenticherò più.E’ vero che Tito Corsi ti portò ad Arezzo dopo averti visto segnare un gol alla Germania?Verissimo. Quell’anno avevo iniziato la stagione con lo Zurigo, poi litigai con Gra-as, l’allenatore, e volevo andar via. L’unica società che mi cercò fu proprio l’Arezzo, attraverso Tito Corsi che mi aveva visto giocare quell’amichevole contro la Germa-nia, dove realizzai il gol del momentaneo 2-2. Poi purtroppo perdemmo di brutto, 8-2. Fu una svolta nel mio destino.Ad Arezzo però più di uno storse la bocca, pensando al Liechtenstein come al Paese degli sciatori. Sai, ti immagini le montagne, con la palla che rotola giù per la vallata…Ma guarda che ancora oggi è così, gli sciatori contano più di noi calciatori. Comunque, rispetto all’epoca della quale parlavamo, la nostra nazionale è miglio-rata tanto. Ogni tanto facciamo qualche buon risultato.Beh, grazie a Mario Frick però.

Sì, sicuramente, anche…Lo scetticismo durò lo spazio di pochi giorni, visto che all’esordio, a Lucca, mettesti a segno due gol, tappando un bel po’ di bocche.Ero emozionato, nonostante avessi già giocato all’Old Trafford e in Coppa Uefa. Era la mia prima partita in Italia, avevo tutti gli occhi puntati addosso, volevo di-mostrare quanto valevo. Per venti minuti non toccai neanche una palla, però la prima la misi dentro e cominciò la mia bellissima storia amaranto.Due reti che furono il preludio a una stagione indimenticabile.Misi a segno 16 gol, anche se ci fu una serie di 9 partite dove non la buttai den-tro mai. Era il periodo nel quale stavano uscendo le prime voci riguardo un mio eventuale trasferimento in serie A. Ti con-

fesso che mi davano molto fastidio e mi tolsero un po’ di serenità, altrimenti sarei arrivato tranquillamente a 20 gol. Di questi 16 ce ne furono 3 segnati al Cesena che, credo, ricorderai con piacere. Mi sa che quella è stata la partita più bella che ho fatto, in tutta la mia carriera. Ho giocato solo un’ora, ma ho fatto una tripletta, anzi, ho fatto di tutto, giocate, numeri… una partita ancora viva nella mia memoria. E poi quella vittoria ci consentì di arrivare ai playoff, dopo che a fine campionato eravamo calati un po’ e stavamo rischiando di non raggiungerli. Ricordo che i tifosi avevano già perso la pazienza, ci voleva quella vittoria.Cabrini non la prese bene la critica alla squadra, tanto da arrivare a indossare una maglietta con la scritta io odio

tutti…Mamma mia, è vero! A proposito, lasciami dire che io sarò sempre grato a Cabrini, perché è stato capace di ridarmi quella fiducia in me stesso che avevo perso a Zurigo. Con me è stato un grande. Mi disse che dalla metà campo in poi, avrei potuto fare quello che volevo, fu un atte-stato di stima e ne avevo bisogno. Credo, e spero, di averlo ripagato.Sai, adesso che ci penso, tu hai avuto contatti con ben 4 campioni del mondo: Cabrini ad Arezzo, Oddo, Gilardino e Camoranesi a Verona. Non ti fa un po’ effetto la cosa?Sono molto felice, specie per i ragazzi che erano con me a Verona. Sapevo già di aver giocato in una bella squadra. Oltre a quelli da te citati, avevamo gente del calibro di Mutu e Salvetti. Anche lì calammo di brutto a primavera, nel ritorno facemmo solo 14 punti, e alla fine siamo retrocessi. Per me, personalmente, ha voluto dire perdere la serie A per tanto tempo.Beh, allora noi che dovremmo dire? Abbiamo perso Frick ed è arrivato Aglietti…Sì, però poi è arrivato Abbruscato, dai! Un bravissimo ragazzo che ha giocato con me a Verona e ad Arezzo ha fatto molto bene.Rimane un dubbio in sospeso. Se l’Arez-zo avesse poi vinto i playoff contro il Livorno, e fosse stato promosso in serie B, tu saresti rimasto?No, avevano già deciso, in ogni caso sarei partito. Ero già stato venduto al Verona.Quella stagione non eri l’unico attac-cante di valore nella rosa amaranto, ep-pure Ricchiuti non è arrivato alla serie A, mentre Benfari si è perso addirittura nei dilettanti. Ultimamente giocava nel Montemurlo. Come te lo spieghi?Su Ricchiuti me lo chiedo anche io. Ha fatto delle stagioni impressionanti. Non capisco come mai non abbia sfondato. Boh, non lo so proprio. Quanto a Benfari, quella stagione fece benissimo, eravamo una bella coppia d’attacco.E fuori campo, invece, avevi legato mol-to con Bonetto, Venturi e Campofranco, se non ricordo male.Sì, moltissimo. Mi hanno aiutato tanto, perché io non parlavo una parola di ita-liano, mi hanno preso, fatto vedere dove erano i ristoranti, mi hanno fatto sentire subito come a casa. Ma per i problemi di lingua, non avevi il

Cepu?Non avevo poi tanta voglia di andare a studiarla la lingua. Diciamo che ha imparato prima mia moglie, e poi me l’ha insegnata.Eppure tu, prima di sfondare nel calcio lavoravi in banca.Più che una banca, era un ufficio di consulenze finanziarie che lavorava con clienti stranieri, tipo quelli di cui stanno parlando adesso in tv.A proposito, con tutti gli italiani che eva-dono il fisco con i conti in Liechtenstein, non dirmi che tu paghi le tasse in Italia!Sì, le pago in Italia, credimi. Siamo al paradosso.Allora ti dico che io le pago sia qua che nel mio Paese, pensa te.Com’era il coro che ti cantavano a Verona?La vie c’est fantastique, quando segna Mario Frick. Beh, anche a Verona non andavo male. 7 gol in 20 partite.Hai giocato in Italia con molta gente di valore: penso a Chiesa, Camoranesi, Zampagna, Mutu, Maccarone. Quale di questi, secondo te, è il più bravo, se si può stilare una classifica di merito?Tutti forti, ma Mutu e Camoranesi faceva-no la differenza. Direi loro.Ad Arezzo sei tornato indossando la maglia della Ternana e, probabilmente, sarai rimasto male dei fischi che una parte della tifoseria ti riservò dopo il gol della vittoria umbra, arrivato grazie a un tuo assist. Ricordo bene l’assist a Salgado, ricordo anche che in quella partita sono stato fischiato dall’inizio. Siccome non mi era mai capitato da nessuna parte, la presi come una nuova esperienza. Non fu bello, ma capii subito che era una minoranza e tutto finì lì.Avrai sentito parlare di campanilismo, Mario. Pensa se tornassi con la maglia del Siena. A proposito, conosci la storia dei rospi in gabbia? Fattela raccontare, lì a Siena, e poi capirai. Torniamo al presente: segui ancora l’Arezzo?Sì, lo seguo sempre, certo. E poi c’è ancora Mancini come presidente. Spero che almeno ai playoff l’Arezzo riesca ad arrivarci.Piero Mancini. Dimmi la tua su di lui.Mah, con Mancini non parlavo molto, per i problemi di lingua che ti dicevo prima, però posso dirti che con me si è compor-tato bene, mi chiamava sempre il mio campione. Ho un buon ricordo.

Ho letto che la tua attrice preferita è Jennifer Lopez, ad Arezzo abbiamo Pedro Lopez. Se ti accontenti, potresti tornare qua da noi a giocare. Magari in serie B, tra qualche anno.Guarda, intanto ho già cambiato gusti, adesso ce ne sono altre che mi piacciono di più e poi sono contentissimo di mia moglie. Ad Arezzo sono legato, li è nata mia figlia, dopodichè sono arrivati i due maschi…Non mi hai risposto però.Allora, per adesso non ci penso a termina-re la carriera, sto troppo bene. Spero di fare un altro anno in serie A, magari a Siena e poi vediamo. Onestamente, avrei anche voglia di tornare a casa mia, per-ché è tantissimo tempo che sono lontano dal mio Paese, quasi 16 anni.Prima parlavamo di figli, Mario. Pensavo che per fortuna non sei tifoso di John Mc Enroe, altrimenti poveretto il secon-dogenito.Hai ragione! Ho messo nome ai miei figli Yannick e Noah, in omaggio al famoso tennista francese, del quale ero accanito tifoso. Mi piaceva molto, era un grande personaggio.Senti, ma il capo del governo del Lie-chtestein si chiama ancora Mario Frick?Adesso non più, all’epoca di Arezzo sì, era lui. Pensa che abbiamo giocato nella stes-sa squadra, agli inizi della mia carriera.E’ come se tu ti chiamassi Silvio Berlusconi e avessi giocato nel Milan assieme a lui.Sì, bravo, veramente!Conosci nessuno dei giocatori dell’at-tuale rosa amaranto?Pochi. Ho giocato contro Mirko Conte, ad esempio.Ranocchia lo conosci?Il difensore, quello alto? Non lo conosco tanto, ma ne ho sentito parlare bene.Senti, riesci a descrivere, con un agget-tivo, la tua esperienza aretina?Una parola sola? Compito difficile, ma ti rispondo lo stesso: emozionante. E’ stata la mia prima, splendida esperienza in Italia, sia io che mia moglie abbiamo dei bellissimi ricordi anche degli aretini, gente generosa, pronta ad aiutarti. Indimenti-cabile.La chiudi tu l’intervista, Mario?Saluto e ringrazio tutti i tifosi amaranto che mi hanno aiutato e sopportato, anche quando non segnavo. I nomi non li ricor-do, oramai ne è passato di tempo. Ma li porto ancora nel cuore. E forza Arezzo!

Nella stagione 2000/01 Frick sbarcò in Italia grazie all’Arezzo e segnò 16 gol da urlo. “Cabrini fu un grande – ricorda lui. Mi dette subito fiducia. Io e la mia fami-glia siamo stati benissimo quell’anno”. Una simpatica intervista all’attaccante del Siena, parlando di Ricchiuti, Ben-fari, Camoranesi, Berlusconi, di alcuni fischi ingenerosi e del Liechtenstein, la sua terra natale. “E io pago le tasse in Italia…”.

SUPERMARIO

di Luca Stanganini

Mario Frick ha giocato ad Arezzo in C1 nella stagione 2000/01, segnando 16 gol

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IERI E OGGI ( M A R I O F R I C K M A R I O F R I C K ) IER I E OGGI

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r e d a z i o n e @ a m a r a n t o m a g a z i n e . i t

inviateci le vostre foto!

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Martina in posa con la sciarpa dell’ArezzoAurora, Mattia e Chiara: un Carnevale tutto amaranto!

Il simpaticissimo Ercolino, ultras

a quattro zampe

Edoardo fotografato con i suoi giocatori preferiti: Togni, Goretti e Bondi

Foto ricordo per Marco, tifosissimo dalla tenera età

I colori amaranto all’interno di Anfield Road, a Liverpool

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LE VOSTRE FOTO ( C L I C K A M A R A N T O

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I l Comune di Chiusi della Verna, in provincia di Arezzo, è noto per il Santuario della «Verna» situato a 1.128 mt. Qui San Francesco passò il periodo più mistico della sua esi-stenza terrena ricevendo le Sacre Stimmate e fondando il suo ordine. A pochi chilometri

da questo posto celebre per la Cristianità mondiale ed immersa nello scenario naturalistico straordinario del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, sgorga l’Acqua VERNA.

indicata anche

per neonati

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