La matematica che stupisce e diverte

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8/10/12-19/10/12 Bergamo scienza La matematica che stupisce e diverte

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Laboratorio creato dalla classe 3^M del liceo delle scienze umane, ISIS O.Roemero Albino, Bergamo. Docente Prof.ssa Silvia Turlon. Presentato al festival della scienza "Bergamoscienza" X edizione 2012.

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Bergamo scienzaLa matematica che stupisce e

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Presentazione

Alla fine dello scorso anno la nostra professoressa di matematica ci aveva

proposto di partecipare a una particolare esperienza di cui avevamo solo vagamente sentito parlare in giro: Bergamo Scienza. Ci presentò la cosa in modo veloce e generale dicendoci che avremmo approfondito l’anno seguente anche grazie a due incontri con il formatore Marco Testa. Durante il primo incontro Marco Testa ci diede importanti consigli per iniziare, durante il secondo gli presentammo le 4 esperienze che avremmo dovuto illustrare ai bambini e lui le sconvolse. A quel punto ci rendemmo conto che l’impresa che dovevamo affrontare era più difficile del previsto. Così presi da ansie e paure pensavamo di non farcela. Nonostante ciò ci siamo fatti forza a vicenda ed ecco qui descritto nelle diapositive seguenti come si svolto il tutto insieme alle reazioni di bambini delle elementari, ragazzi delle medie e delle superiori.

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Introduzione alle esperienze

Ad accoglier i bambini c’era sempre un compagno insieme a Davide (anche lui molto agitato) che introducevano i bambini o ragazzi all’esperienza chiedendo se gli piaceva la matematica. A differenza di come pensavamo a molti bambini piaceva, mentre già ai ragazzi delle medie iniziava a diventare una materia pesante. Il nostro compito era cercare di incuriosirli e scommettere che saremmo riusciti a fargli piacere la materia e a fargli capire che la matematica non è solo numeri, operazioni, voti bassi, camicie sudate ma è qualcosa di utile che ha a che fare con la vita concreta. Quindi li accompagnavamo nell’aula e un’altra compagna iniziava a spiegare la prima esperienza.

1. Esperienza del riso2. Esperienza dei cubi3. Esperienza dei cilindri4. Esperienza delle tavolette

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1. Esperienza del risoStoria d’apertura(detta prima di dividersi nei gruppi):Su un banco avevamo preparato due contenitori(uno alto e stretto, l’altro basso e largo) che facevano da pentole e un terzo al cui interno c’era dell’acqua. Quindi iniziavamo dicendo: “Questa sera ho invitato i miei amici a cena e ho deciso di cucinare i maccheroni, inizio a versare l’acqua nella pentola bassa e larga quando all’improvviso mi chiama il mio amico Andrea dicendomi che preferisce gli spaghetti. Vedo che nella pentola bassa e larga gli spaghetti non ci stanno, così per non sprecare l’acqua che avevo già versato, la travaso nella pentola alta e stretta.” A questo punto chiedevamo ai bambini se secondo loro l’acqua travasata ci stava tutta ,ce n’era troppa o non era sufficiente. Per verificare la loro risposta versavamo il contenuto di una padella nell’altra.

Osservazioni: Spesso affermavano che in tutte e due le pentole ci stava la stessa quantità, Dopo di che ogni gruppo faceva un altro esperimento con lo stesso obiettivo allo scopo di mostrare che quello che era successo prima accadeva anche se i contenitori erano di diversa grandezza.

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Materiale occorrente: riso, cartoncini, scotch

Scopo: oggetti con superficie uguale, hanno volume diverso

Procedimento:Nel gruppo riprendevamo così: adesso costruiamo due contenitori partendo dallo stesso foglio, pieghiamo il primo sul lato lungo e il secondo sul lato corto. Quindi si metteva il riso nel cilindro basso e largo per poi rovesciarlo in quello alto e stretto e verificare che ciò che era successo prima era accaduto anche ora. Questa esperienza veniva ripetuta con cartoncini di misura diversa.

Conclusione: I cilindri hanno la stessa superficie( perché per costruirli siamo partiti dallo stesso cartoncino), ma volume diverso.

Osservazioni: difficoltà nel maneggiare il riso da parte dei bambini e di costruire i cilindri

Collegamento nella realtà:Anche Galileo si era posto questo problema e aveva affermato che se chiediamo ai contadini se contiene più riso un sacco basso largo o uno alto e stretto rispondevano in modo corretto , mentre se chiedevamo ai matematici o nobili rispondevano in modo errato. Questo accadeva perché i contadini avevano fatto esperienza.

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2. Esperienza dei cubiMateriali: 8 cubi, gessi o post-it,foglio per segnare numeri trovati

Scopo: Dimostrare che anche se il volume è uguale si possono avere superfici diverse.

Storia d’apertura:ieri pomeriggio stavo giocando a fare delle costruzioni, ne ho fatte tante e volevo confrontarle. Così contavo le facce per vedere quale era quella con meno e con più facce.

Procedimento: Si chiedeva ai bambini di descrivere gli oggetti che tenevano in mano, loro rispondevano ad esempio che erano cubi di legno,avevano sei facce uguali. In seguito li lasciavamo giocare con questi cubi creando delle costruzioni delle quali poi dovevano calcolare la superficie (intesa come somma delle facce). Abbiamo dato due semplici regole: i cubi dovevano essere tutti a contatto tra loro e non si potevano mettere facce a metà (nel senso due cubi accanto a una stessa faccia).

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Mentre costruivano le figure gli chiedevamo di annotare su un foglio le superfici trovate; dopo avergli fatto trovare 5/6 figure gli facevamo ricontrollare i numeri e vedere cosa notavano. La risposta doveva essere questa: sono tutti pari, gli si chiedeva poi il motivo di questo fatto e se erano ragazzi delle medie o più grandi aggiungevamo anche che il cubo minimizza maggiormente la superficie perchè assomiglia alla sfera.

Se avanzava tempo si potevano proporre anche questi punti:

1. Sfidare i bambini a scoprire cosa succede se raddoppio il lato di un quadrato; cosa succede se raddoppio il lato di un cubo.

2. Precisare che la sfera è l’unico solido che minimizza maggiormente la superficie.

3. Trovare un numero di superfici dispari

Osservazioni: I bambini facevano fatica a contare le facce.

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3. Esperienza dei cilindriMateriali: cassetta in legno, 25 cilindri uguali.

Scopo: ottimizzazione dello spazio(Scatole di diversa grandezza possono contenere diverso numero di cilindri).

Storia d’apertura (in cui si presenta il problema): “Questa mattina, prima di venire a scuola, ho deciso di colorare un disegno fatto il giorno prima con i miei pennarelli. Ad un certo punto mia mamma mi chiama e mi dice di mettere via i pennarelli perché è ora di andare a scuola. Allora io comincio a metterli a posto, quando mi accorgo che non ci stanno tutti nella mia scatola. Mi potete aiutare a metterli via?”

Procedimento: si cominciano a mettere i cilindri (che rappresentano i pennarelli) nella scatola disponendoli ad “L” così da trarre in inganno i ragazzi che saranno portati a seguire l’ ordine prefissato, in questo modo avanzerà un cilindro.

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Osservazioni:Si nota che sia i ragazzi più piccoli che quelli più grandi (compresi i ragazzi delle superiori che abbiamo tenuto un pomeriggio) fanno molta fatica a risolvere il problema, arrivando a credere che non ci sia soluzione. Molte volte, per stare nei tempi, bisognava dare un indizio o far notare i grossi spazi tra un cilindro e l’altro.Alla fine alcuni arrivavano alla soluzione e notavano che gli spazi tra i cilindri erano diminuiti di grandezza, ovvero avevano ottimizzato lo spazio a disposizione facendo entrare nella scatola anche l’ ultimo cilindro.

Conclusioni: i ragazzi con questa esperienza capivano concretamente cosa

è l’ottimizzazione dello spazio.

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LattineMateriali: due cartoni contenenti 24 lattine ciascuno, ma lattine di due tipi: alte e strette e basse e larghe, entrambe da 33 cl

Scopo:ottimizzazione dello spazio

Presentazione del problema: “Come mai i produttori hanno deciso di creare delle lattine diverse da quelle convenzionali?”

Procedimento:A questo punto si lascia spazio alle idee dei ragazzi che vengono poi commentate.Se nessuno trova la risposta al quesito, si mostra la soluzione ponendo un cartone sopra l’altro. In questo modo si vede che nonostante i cartoni di lattine contengano lo stesso numero di bevande, il cartone con le lattine più alte e strette fa guadagnare lo spazio di 4 lattine su ogni cartone. Ne deriva che ci sia un beneficio in termini di ottimizzazione dello spazio e che questo faccia

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guadagnare le case produttrici che smerciano le lattine nei vari paesi guadagnando migliaia di lattine in più su ogni camion che le trasportano. Questo significa un grande guadagno poiché si faranno meno viaggi per commerciarle e quindi meno benzina consumata, pedaggi autostradali, ecc. = risparmio economico.Conclusioni: si mostra ai ragazzi che l’ottimizzazione dello spazio, che sembra una cosa lontana da noi, invece è molto vicina ed è usata nella vita di tutti i giorni.

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4. Esperienza delle tavoletteMateriali:tavolette, spago, pennarelli

Scopo:ottimizzazione del percorso

Storia d’apertura(2 versioni):Nella prima versione si diceva che c’era un bambino che partendo da casa(punto A) doveva andare a scuola ( punto B) passando prima dalla pasticceria per acquistare una brioche da mangiare a merenda. Nella seconda versione c’era il bagnino che dalla spiaggia (punto A) doveva andare nel mare per togliere una medusa( punto B) e portarla a riva.

Procedimento:Si chiedeva ai bambini quale era il percorso più breve per compiere questo tragitto. Gli consegnavamo dello spago e un pennarello con cui potevano fare delle prove. Tutti sono riusciti a trovare il percorso minore. A questo punto gli chiedevamo quale era la strada più corta per andare da casa a scuola senza passare dalla pasticceria e di tracciare una retta con lo spago passante per il punto C trovato (la pasticceria). Quindi spiegavamo che questa retta andava a toccare un punto che era simmetrico rispetto al punto B e che il punto C, il punto b e il suo simmetrico formavano un triangolo isoscele per il principio di Fermat.

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Osservazioni:Ci aspettavamo che le superiori sapessero il principio di Fermat o che avrebbero risolto in modo più facile anche tutte le altre esperienze, invece abbiamo notato che le difficoltà all’incirca le medesime di quelle dei bambini. Erano, anzi, quasi più restii a rispondere alle domande, ma anche loro si sono stupiti quanto i bambini e speriamo anche divertiti. Cambiava che i ragazzi una volta vista per esempio l’esperienza del riso, capivano che accadeva la stessa cosa anche se i contenitori erano diversi.

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DidoneScopo: Dimostrare che lo stesso perimetro può dare superfici diverse.Procedimento:Abbiamo scommesso con i bambini di riuscire a far passare una persona attraverso un foglio di carta A4. Per fare ciò abbiamo usato una leggenda antica, la cui protagonista era Didone. “Tanto tempo fa una principessa di nome Didone, alla morte del padre dovette fuggire dalla sua terra. Ella era l’erede al trono, ma suo fratello voleva rubarle questo diritto. Quindi lei, per il bene del suo popolo scappò con alcuni fedeli in una terra lontana. Arrivò sulla costa libica, dove chiese al re Iarba di concedergli tanto terreno “quanto ne poteva contenere una pelle di bue”. Al dunque Didone prese una pelle di bue e cominciò a tagliarla in strisce sottili con le quali riuscì a costruire una corda con cui circondò una penisola, comprendendo anche un pezzo di mare. La città che vi fondò venne chiamata Birsa, che significa “pelle di bue”, e corrisponde all’odierna Cartagine”.Osservazioni: Mentre si racconta la storia è possibile fare la dimostrazione della “magia” di Didone tagliando un foglio di carta.Alla fine si può chiedere ai ragazzi se riescono a trovare un altro modo per risolvere questo dilemma. Questa esperienza è piaciuta in particolar modo a tutte le classi che sono venute, erano increduli davanti alla soluzione che aveva trovato Didone.

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ConclusioniCome detto all’inizio avevamo molte ansie e paure che questa esperienza ci ha aiutato ad affrontare, alcuni hanno superato la loro timidezza di parlare ad un pubblico, più grande o più piccolo della nostra età, altri si sono divertiti, altri hanno messo in luce una parte di loro che prima non avevano mai mostrato, ci hanno stupito. Per quanto questa attività sia durata solamente due settimana concordiamo nell’affermare che è stata motivo di crescita personale, abbiamo imparato a controllare le nostre emozioni ad essere più responsabili, ma soprattutto ci siamo immedesimati molto concretamente nell’arduo compito affidato agli insegnanti: trasmettere qualcosa a un gruppo di studenti sia che questo sia interessato o meno. Abbiamo scoperto le gioie e i dolori di questo mestiere seppur in piccolo. Le prime trovate nella soddisfazione dell’interesse dei bambini, nelle loro teorie (ad esempio un bambino dopo aver ascoltato la storia di Didone chiede se è così che si fanno le cinture..) nel piacere di stare con loro. I dolori trovati invece nel sollecitare una classe non molto partecipativa, cercare di far intervenire tutti e valorizzare i loro interventi senza sminuire nessuno, spiegare e rispiegare con la speranza che imparino qualcosa. Pensiamo che noi abbiamo imparato più dei bambini in questa esperienza. Finito il lavoro con ogni gruppo chiedevamo se eravamo riusciti a fargli apprezzare la matematica e la risposta è stata sempre affermativa.