LA MARINA MERCANTILE DURANTE IL VENTENNIO FASCISTA · la Marina mercantile divenne il simbolo del...

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LA MARINA MERCANTILE DURANTE IL VENTENNIO FASCISTA ANGELO SAVORETTI La conformazione geografica della penisola italiana, con la sua smisurata estensione delle coste, ha da sempre favorito gli scambi commerciali nel corso dei secoli. Nella prima metà dell’800 il crescere dei traffici marittimi iniziò a risentire dei limiti di carico, di velocità e regolarità della navigazione a vela. La rivoluzione industriale coinvolse quasi subito i traffici commercia- li marittimi con l’affermazione della propulsione meccanica a vapore, che però necessitava di notevoli investimenti per garantire linee regolari, requi- siti poco adatti ai piccoli stati italiani dell’epoca. Nonostante queste limita- zioni, nella prima metà dell’800, la flotta mercantile borbonica era conside- rata in Europa seconda solo a quella britannica. Fu proprio il napoletano Giulio Rocco – il primo teorico navale moderno – a parlare di potere marit- timo anticipando di ben 80 anni il “Sea Power” di Mahan, e a considerare la Marina mercantile come una delle sue componenti fondamentali, forse ancor più della Marina da guerra. Nel 1861, con l’unificazione del Regno d’Italia, nasceva la prima Mari- na mercantile italiana sotto la bandiera tricolore, che ereditava circa novemi- la navi a vela e solo 57 a vapore, per il trasporto di merci e persone, equa- mente divise tra Regno di Sardegna e Regno delle Due Sicilie. Nonostante il ritardo della neonata flotta italiana sulle rotte internazionali, il contributo di ambiziosi armatori come Florio e Rubattino, che già avevano creduto e in- vestito nel futuro della navigazione transoceanica, si rivelò determinante. Nel 1881 con la fusione delle loro due società, la “Società per la navigazione de’ battelli a vapore sul Mediterraneo” e la “Società Florio” di Palermo, nac- 129

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LA MARINA MERCANTILE DURANTEIL VENTENNIO FASCISTA

ANGELO SAVORETTI

La conformazione geografica della penisola italiana, con la sua smisurataestensione delle coste, ha da sempre favorito gli scambi commerciali nelcorso dei secoli. Nella prima metà dell’800 il crescere dei traffici marittimiiniziò a risentire dei limiti di carico, di velocità e regolarità della navigazionea vela. La rivoluzione industriale coinvolse quasi subito i traffici commercia-li marittimi con l’affermazione della propulsione meccanica a vapore, cheperò necessitava di notevoli investimenti per garantire linee regolari, requi-siti poco adatti ai piccoli stati italiani dell’epoca. Nonostante queste limita-zioni, nella prima metà dell’800, la flotta mercantile borbonica era conside-rata in Europa seconda solo a quella britannica. Fu proprio il napoletanoGiulio Rocco – il primo teorico navale moderno – a parlare di potere marit-timo anticipando di ben 80 anni il “Sea Power” di Mahan, e a considerarela Marina mercantile come una delle sue componenti fondamentali, forseancor più della Marina da guerra.

Nel 1861, con l’unificazione del Regno d’Italia, nasceva la prima Mari-na mercantile italiana sotto la bandiera tricolore, che ereditava circa novemi-la navi a vela e solo 57 a vapore, per il trasporto di merci e persone, equa-mente divise tra Regno di Sardegna e Regno delle Due Sicilie. Nonostante ilritardo della neonata flotta italiana sulle rotte internazionali, il contributo diambiziosi armatori come Florio e Rubattino, che già avevano creduto e in-vestito nel futuro della navigazione transoceanica, si rivelò determinante.Nel 1881 con la fusione delle loro due società, la “Società per la navigazionede’ battelli a vapore sul Mediterraneo” e la “Società Florio” di Palermo, nac-

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que la “N.G.I.” (Navigazione Generale Italiana), che contava 81 piroscafi.Tuttavia, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, il crescente

fenomeno dell’emigrazione verso mete lontane, come le Americhe, costrinsela Marina mercantile italiana a puntare più sulla quantità che sulla qualitàdei propri piroscafi, e questa soluzione provocò un cambio di domanda.Così facendo, la Marina mercantile italiana perse la sua importanza, e lamaggior parte delle sue navi si ridusse a scarti della Marina britannica, ri-verniciati e ribattezzati. Intorno al 1911, ci fu un tentativo di costruiregrandi transatlantici italiani, come la Principessa Mafalda e la Principessa Io-landa, quest’ultima però naufragò, addirittura, durante il varo, e questo dis-astro contribuì a frenare il nuovo impulso per le grandi navi.

Il primo massiccio impiego della Marina mercantile si presentò con loscoppio della guerra italo-turca, nel 1911-1912, quando vennero requisitid’urgenza 8 piroscafi,(1) armati come incrociatori ausiliari, e successivamentefurono noleggiati 96 piroscafi, 21 dei quali in servizi di rifornimento dellaflotta e 75 per il corpo di spedizione; inoltre, vennero impiegate altre 23 na-vi in regime semimilitare postale. Oltre alla “Navigazione Generale Italiana”e alle “Ferrovie dello Stato” furono interessate anche altre società armatrici.

Ancora maggiore risultò lo sforzo durante il primo conflitto mondiale,quando la guerra al traffico dei rifornimenti, per la prima volta, assunse unruolo determinante: vennero militarizzati 400 piroscafi maggiori e 180 uni-tà minori. Gli attacchi condotti dai sommergibili nemici costarono alla Ma-rina mercantile italiana gravi perdite, con l’affondamento di 10 piroscafitransatlantici, 16 mediterranei, 46 piroscafi misti, 143 da carico, costituentiquasi la metà della flotta nazionale, con il risarcimento però, a guerra finita,di quasi tutte le navi già battenti bandiera dell’ex impero austro-ungarico.(2)

Alla fine della guerra passò sotto la bandiera italiana la Venezia Giulia con ilsostanzioso patrimonio di una marineria di alto livello: il “Lloyd” (non piùAustriaco), i “Cosulich”, l’“S.T.T. - Stabilimento Tecnico Triestino” (con icantieri San Marco e San Rocco), l’“Arsenale Triestino” e il grande “Cantie-re Navale Triestino” di Monfalcone.(3)

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(1) Bosnia, Solunto, Città di Catania, Città di Messina, Città di Palermo, Città diSiracusa, Duca degli Abruzzi e Duca di Genova.

(2) Archivio Ufficio Storico della Marina (AUSMM), Raccolta di base (R.B.), Tri-bunale delle prede: pratiche relative ai piroscafi ed unità di altro tipo affondati durante laPrima guerra mondiale, b. 4, 35, 105.

(3) AUSMM, (R.B.), Pratiche varie del naviglio mercantile nazionale ed estero relati-ve alla Prima guerra mondiale e periodo post-bellico, Titolario 6, p. 5-35.

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L’ascesa di Mussolini

Mussolini, pur non essendo stato un uomo di mare, aveva compreso sindalla sua ascesa al potere quanto fosse fondamentale per una nazione, conaspirazioni marittime come l’Italia, possedere una forte Marina mercantile.Solo aprendo nuove rotte commerciali o nuove linee di trasporto marittimesi sarebbe riusciti ad avere un primato sul mare. Già nel dicembre del 1919,Mussolini aveva avviato sul giornale del suo movimento, Il Popolo d’Italia,una campagna a favore del potenziamento degli armamenti navali e sull’im-pulso da dare alla Marina mercantile. Nei suoi primi anni di governo affer-mò che si sarebbe potuto rivelare uno strumento fondamentale poiché: “...tutti i nostri problemi di rifornimento dipendono in gran parte dal mare, comegià ci venne la vita, potrà anche venirci la fortuna e la prosperità”.(4)

Mussolini, proprio per dare più lustro alla Marina mercantile, ne affi-dò il dicastero a Costanzo Ciano. Come noto, il Conte di Cortellazzo –titolo nobiliare acquisito per merito di guerra – si era distinto al coman-do dei M.A.S. durante il primo conflitto mondiale, compiendo numerosee rischiose missioni, fra cui la famosa “Beffa di Buccari”, per la quale erastato decorato della Medaglia d’Oro al Valore Militare. Dopo aver assun-to, nel 1919, la carica di sottosegretario di stato per la Regia Marina edi commissario per la Marina Mercantile, aderì al movimento fascista e,dopo la marcia su Roma, ricoprì la carica di sottosegretario alla Mari-na Mercantile dal 19 novembre 1922 al 5 febbraio 1924. Nel corso di que-sto mandato tentò di ammodernare la flotta fissando premi di navigazionee di demolizione e introducendo il nuovo Regolamento sulla sicurezza del-la vita umana in mare(5) abolendo, però, ogni residua libertà sindacale peri lavoratori del mare.(6) La legge n. 563, del 3 aprile 1926, infatti, proibìlo sciopero e stabilì che soltanto i sindacati “legalmente riconosciuti”, quel-li fascisti (che già detenevano praticamente il monopolio della rappre-sentanza sindacale, dopo la conclusione del patto di Palazzo Vidoni del2 ottobre 1925 fra la Confindustria e le corporazioni fasciste), potevano sti-

(4) Dal discorso pronunciato all’Università Bocconi di Milano, il 5 ottobre 1924.(5) “Le leggi fasciste sulla sicurezza della navigazione”, discorso dell’on. Giovanni

Pala, presidente della “Confederazione Nazionale Fascista Imprese Trasporti Marittimi eAerei”, del 27-1-1933.

(6) “L’organizzazione sindacale marinara non può estraniarsi dagli interessi indu-striali marinari, che tanto da vicino ci toccano”, Gazzetta Livornese, 15-2-1926.

pulare contratti collettivi.(7) Dopo aver ricoperto l’incarico di ministro del-le Poste, dal febbraio al maggio del 1924, venne messo a capo del nuo-vo Ministero delle Comunicazioni, grande e unico dicastero, che compren-deva la Marina mercantile, le Poste, i Telegrafi e le Ferrovie, carica che ri-coprì per circa dieci anni. Con un fedelissimo di Mussolini come Ciano,la Marina mercantile divenne il simbolo del regime fascista sia in Italia siaall’estero.(8) A conferma di ciò, nel 1928 si verificò una vertenza tra la“Confederazione Nazionale fascista imprese trasporti marittimi e aerei” ela “Federazione fascista autonoma addetti trasporti marittimi e aerei”, pres-so la Magistratura del Lavoro, relativa all’applicabilità o meno della riduzio-ne salariale del 20% ai dipendenti delle imprese dei trasporti marittimi.Il dibattito andò avanti per circa una settimana e si risolse nell’ambitodi un’assemblea presieduta proprio dal ministro Ciano, giungendo, “conspirito di collaborazione e in armonia alle supreme direttive della politica gene-rale del Governo Fascista”, a una “giusta soluzione” che accontentasse en-trambe le parti. Evitando l’abolizione del carovita, furono approvate le se-guenti norme:

RIDUZIONEULTERIORECLASSI LAVORATRICI DELL’INDENNITÀRIDUZIONE(*)

DEL CAROVITA

1) Dipendenti di armatori dinavi da carico da 85 a 60 Lit fino a 50 Lit

Personale di stato maggiore dal 12 al 9% fino all’8%

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(7) “A questo risultato [la ripresa della Marina mercantile] ha potentemente contri-buito il ristabilimento della disciplina nei porti e fra la gente di mare”, Corriere Maritti-mo Siciliano del 7-3-1926, in riferimento a un articolo di Filippo Taiani sul Corrieredella Sera.

(8) “Duce! I ferrovieri, i postelegrafonici, i marinai delle navi del commercio d’Ita-lia, da voi richiamati alla realtà storica della grandezza nazionale, e che ogni giorno nellaloro opera indefessa dànno prove non dubbie del loro stretto attaccamento al Regime,per mio mezzo vi dicono: comandateci, noi ubbidiremo sempre e dovunque!”, dal dis-corso di Costanzo Ciano alla Camera del 2-4-1927.

(*) In seguito a un ipotetico abbassamento del carovita.

2) Dipendenti da armatori di navi da passeggeri e miste da 150 a 90 Lit fino a 75 Lit

Personale di stato maggiore e amministrativo dal 30 al 20% fino al 18%

Il rilancio della Marina mercantile

Dopo un periodo di inutili provvedimenti protettivi, nel primo dopoguer-ra, da parte di governi che cercavano di alleviare la crisi delle costruzioninavali con provvedimenti transitori, secondo il parere dei sostenitori delregime, con il decreto Ciano del 1° febbraio 1923 si aprì una nuova epo-ca per l’industria delle costruzioni navali. Con l’approvazione di que-sta nuova legge vennero emanate numerose disposizioni: fu elevato il com-penso per le costruzioni navali incoraggiando i progressi della tecnica nava-le come l’adozione dei motori a combustione interna; furono sottrattii compensi alla fluttuazione della lira, stabilendone il pagamento in oro; fustanziata la somma di 126 milioni di lire per la costruzione di 350 000 tdi piroscafi a scafo metallico; fu concessa l’importazione in franchigia, entrocerti limiti, del materiale metallico per gli scafi e le macchine; fu conces-sa per tre o cinque anni l’esenzione dall’imposta di ricchezza mobile peril naviglio costruito sotto il regime del decreto Ciano; fu ripristinato il com-penso di riparazione e stabilito un compenso di demolizione. Questo in-dirizzo, anche se un po’ troppo protezionistico, contribuì però al rilanciodella politica marittima in ambito mercantile. La rinascita, infatti, non sifece attendere, e già nel 1925 la fervida attività nei cantieri navali permiseall’Italia di raggiungere il secondo posto nel mondo fra le nazioni costruttri-ci con un tonnellaggio di 275 973 t per navi mercantili di stazza lorda supe-riore alle 100 t, superando la Germania con 234 145 e la Francia con167 256.(9)

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(9) “Nel 1926 furono varati 319 piroscafi, della stazza complessiva di 926.128 t.,28 dei quali, per 301.000 t. con motrici a turbina; 206 motonavi, per 704.000 t. e 75velieri per 45.000 tonnellate (escluse le unità inferiori a 100 t.). L’Italia, nel 1926, siclassificò al secondo posto fra gli Stati di maggiore produzione di naviglio mercantile alsecondo posto dietro Gran Bretagna e Irlanda”, Corriere della Sera, 17 aprile 1927.

NAZIONE NAVI MERCANTILI T

1 - Gran Bretagna 218 843 000

2 - Italia 38 298 500

3 - Germania 49 217 000

4 - Francia 351 56 000

5 - Olanda 361 33 600

6 - Stati Uniti 38 118 000

7 - Danimarca 18 59 500

8 - Svezia 18 54 000

9 - Giappone 14 46 000

10 - Spagna 8 44 000

11 - Altri Stati 52 41 000

“L’evoluzione della Marina Mercantile”. (Il Popolo d’Italia, 24-9-1926)

A testimonianza di ciò, il direttore generale della Marina mercantile,Giulio Ingianni,(10) presentò al ministro delle Comunicazioni i dati che te-stimoniavano il progresso della Marina mercantile dal 1915 al 1925. Effet-tivamente l’Italia dall’ottavo posto nel 1914 con 1 430 475 t era passata alsesto posto nel 1924 con 2 718 000 t e nel 1925 con 2 930 836 t, fino a rag-

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(10) Giulio Ingianni (1876-1958) trascorse gran parte della sua carriera nel corpodelle Capitanerie di Porto e, dopo la prima guerra mondiale, ricoprì importanti incari-chi. Nel 1919 prese parte, in qualità di delegato italiano, alla “Conferenza della Pace” diParigi e, tra il 1920 e il 1921, alla “Commissione delle riparazioni di guerra”. Nel 1922venne nominato Regio Commissario del “Consorzio autonomo del porto di Genova” e,due anni dopo, Direttore generale della Marina mercantile, incarico che manterrà finoal 1944. In quell’anno verrà deferito all’Alta Corte di giustizia, nell’ambito delle sanzio-ni contro il fascismo, con l’imputazione di essere stato tra i “Senatori ritenuti responsa-bili di aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra sia coi loro voti, sia con azio-ni individuali, tra cui la propaganda esercitata fuori e dentro il Senato”.

giungere nel 1927 il quarto postonel mondo con 3 396 000 t, supe-rando quella tedesca e quella fran-cese,(11) e classificandosi dietroquella britannica, quella statuni-tense e quella giapponese. Anche iltransito di merci nei porti del Re-gno era aumentato dal 54% nel1914, fino ad arrivare al 57,6 nel1924 e al 63,9 nel 1925.

Il 5 luglio 1928 venne presen-tato il disegno di legge per la con-versione in legge del decreto relati-vo alla creazione di un Istituto peril Credito Navale. Costanzo Cianoin una relazione, a compimento di questa nuova legge, spiegava proprio lenecessità di aver dato luce a tale istituto. Il governo fascista aveva dato unvigoroso impulso all’industria delle costruzioni navali, all’industria della na-vigazione e ai traffici marittimi nazionali, favorendo l’aumento del 25% delnaviglio a propulsione meccanica e del 91% la partecipazione della bandieranazionale ai traffici dei porti italiani.

Nonostante il miglioramento nella qualità del naviglio da guerra, conl’entrata in linea di nuove e potenti unità, la flotta mercantile, specialmentequella da carico, comprendeva ancora vecchie navi che non potevano com-petere con le loro concorrenti straniere, favorite dalla maggiore capacità fi-nanziaria che i loro governi avevano raggiunto grazie all’adozione di provve-dimenti protettivi. Anche per quanto riguarda il servizio passeggeri le vec-chie unità dovevano essere interamente sostituite per poter competere in

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(11) Dall’estero provenivano apprezzamenti sullo sviluppo della Marina mercantileitaliana. In un articolo di fondo del quotidiano francese Matin, nel 1926, si leggeva:“La Marina italiana segue ininterrottamente la sua marcia prodigiosa”.

L’ammiraglio Costanzo Ciano, già sot-tosegretario alla Marina mercantile dal1922 al 1924. (Fototeca USMM)

tonnellaggio e velocità con quelle straniere. Necessitava quindi un program-ma di rinnovamento del naviglio mercantile capace di poter imprimere unnuovo vigore all’industria della navigazione e, insieme, delle costruzioni edella metallurgia, con l’impiego di grandi mezzi finanziari. Perciò, nel 1927,venne fondato dal finanziere Alberto Beneduce(12) l’ “Istituto del credito na-vale”, grazie al quale sarebbe stato erogato un contributo diretto dello Statoche avrebbe diminuito gli oneri per gli armatori. Così, venne ridotto al mi-nimo il tonnellaggio dei velieri e aumentato quello delle navi a propulsionemeccanica con l’impiego del combustibile liquido, incrementando anche ilnumero dei piroscafi con caldaie a vapore (2 733 000 t) e delle motonavi(398 000),(13) di questo tonnellaggio complessivo 1 000 000 t appartenevaalla Marina per passeggeri e 1 900 000 alla Marina da carico. Notevole fuanche il contributo delle varie associazioni e federazioni marittime al “Pre-stito del Littorio”: le ditte armatrici sottoscrissero 17 284 500 Lit in contan-ti e 34 870 500 in titoli; la “Cooperativa Garibaldi di Navigazione” per3 500 000 Lit in contanti e convertendo in titoli per 13 800 000 Lit; il per-sonale di mare e degli uffici per 11 470 100 in contanti e 595 300 in con-versione; “l’Associazione Marinara Fascista” per 100 000 Lit; la “Cassa ma-lattia marittimi” di Trieste per 56 000, e il “Pio fondo di Marina” di Fiumeper 25 000. Venne adottato anche un disegno di legge per un aumento dellepensioni per gli iscritti alla “Cassa malattia” per gli invalidi della Marinamercantile.

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(12) Alberto Beneduce (1877-1944) fu un famoso economista e amministratore diimportanti aziende statali durante il fascismo. Entrò in politica nel 1919 e, dopo esserestato eletto deputato, divenne presidente della Commissione Finanze della Camera; nel1921 assunse la carica di ministro del Lavoro (amministratore dell’INA, dell’Istituto diCredito per le Imprese di Pubblica Utilità, nel 1924). Fu il protagonista della ristruttu-razione economica italiana dopo la crisi del ’29 e favorì, a tale scopo, la fondazione del-l’IMI (Istituto Mobiliare Italiano) nel 1931, e dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione In-dustriale) nel 1933; fu anche il principale ispiratore della legge bancaria del 1936, cherimase in vigore per 57 anni. Fu uno dei principali consiglieri economici di Mussolini.

(13) “Ma molti percorsi erano resi difficili e lunghi per la navigazione a vela a cau-sa delle bonacce o per la mancanza di vento. Bisognava trovare qualche nuovo mezzoper vincere gli ostacoli che impedivano il cammino ed applicarlo praticamente. E talemezzo lo ritrovò il genio dell’inglese Stephenson che, nel 1906, ideò l’applicazione pra-tica del vapore ed insieme al Fulton ed al Papin costruì le prime caldaie a vapore ed ilsistema di imprimere il movimento di propulsione alle navi”. Tratto dall’Eco della Stam-pa del 20-8-1926.

(*) Anni di navigazione

Nel marzo del 1929 vennero attuati, su proposta del ministro Ciano,anche una serie di provvedimenti per tutelare la Marina mercantile e il traf-fico commerciale italiano: una più dura repressione per le usurpazioni deibeni del demanio pubblico marittimo,(14) una maggiore competenza giuri-dica dei comandanti dei porti,(15) l’obbligo di dotare tutte le navi mercantilidi impianti radiogoniometrici e radiotelegrafici, trasmittenti a onda corta, edi apparecchi radiotelefonici riceventi; venne anche riformato il ConsiglioSuperiore della Marina Mercantile.(16)

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(14) In merito alla modifica dell’art. 159 del Codice per la Marina mercantile,Ciano si scagliò con queste parole contro le voci provenienti dall’estero che criticavanoil governo fascista: “A quei messeri delle varie internazionali che hanno osato rappresen-tare il marinaio italiano come oppresso dalla prevalenza capitalistica, il marinaio italia-no si presenterà dotato di prerogative che gli stessi messeri sono stati incapaci di conse-guire o di ottenere per i marittimi di altre nazioni”. Dal discorso alla Camera del 12giugno 1929, per l’approvazione del “Bilancio delle Comunicazioni”.

(15) Modifica dell’art. 10 della legge del 31 dicembre 1928.(16) Nel corso della seduta parlamentare del 19 luglio 1929, sotto la presidenza del

ministro e con l’intervento del sottosegretario Cao, dopo un discorso di Ciano in cuivenivano esposti i compiti che il Consiglio, articolato in due sezioni, doveva assolvere el’istituzione del regolamento interno, vennero approvati i seguenti provvedimenti:- Divieto di imbarco agli allievi ufficiali in sostituzione di ufficiali;- Divieto di imbarco ai “padroni”, al comando di navi addette al trasporto di passeggeri

in Mediterraneo, al comando di navi da carico a propulsione meccanica di stazza lor-da superiore alle 700 t e quali ufficiali sulle navi in viaggio fuori del Mediterraneo;

- Divieto di imbarco a operai meccanici in sostituzione di ufficiali macchinisti.Inoltre, venne predisposta la chiusura di tutte le immatricolazioni fino a nuovo or-

dine, con le sole eccezioni per i provenienti dagli Istituti Nautici e dalla Regia Marina

da 840 a1400 Lit

da 960 a1600 Lit

da 2400 a4000 Lit

da 1680 a2800 Lit

da 1920 a3200 Lit

da 4800 a8000 Lit

da 2205 a3500 Lit

da 2520 a4000 Lit

da 6300 a10000 Lit

da 2730 a4200 Lit

da 3120 a4800 Lit

da 7800 a12000 Lit

da 3430 a4200 Lit

da 3920 a4800 Lit

da 9800 a12000 Lit

da 4130 a4200 Lit

da 4720 a4800 Lit

da 11800 a12000 Lit

GRADO 10 ANNI 20 ANNI 25 ANNI 30 ANNI 35 ANNI 40 ANNI(*)

Marinaio

Nostromo

Comandante

La crisi del 1929

A seguito della crisi economica mondiale del ’29, lo sviluppo dei traffici in-tralciati da ostacoli di vario genere come quelli economici, politici e finan-ziari, si ripercosse inevitabilmente anche sulle Marine mercantili. La rarefa-zione dei traffici portò, come conseguenza, una minore attività dei canali diSuez e di Panama e di quasi tutti i porti del mondo, colpendo ogni settore ecategoria della Marina mercantile. Anche quella italiana subì un brusco fre-no, e in particolare la Marina da carico, che risentiva maggiormente del ral-lentamento degli scambi. Mentre la flotta passeggeri non subì eccessivi con-traccolpi per via delle navi moderne, la Marina da carico, invece, ebbe fortiripercussioni negative per i noli bassissimi, una pesante deflessione che nonsi verificava dal 1913, di conseguenza molte navi vennero disarmate per evi-tare perdite troppo forti, e il traffico merci dei porti internazionali fu menointenso. Poiché i traffici marittimi sono il termometro dell’economia mon-diale, anche grandi nazioni marittime come la Gran Bretagna e gli StatiUniti risentirono degli effetti di questa crisi. A questo proposito, l’Italia fa-scista venne accusata dalla Francia e dalla Gran Bretagna di fare concorrenzasleale ribassando il prezzo dei noli.(17) Comunque i successi della Marinamercantile, con i suoi noli attivi nella bilancia dei pagamenti, contribuironodecisamente alla riduzione del deficit commerciale e al miglioramento dell’I-talia con i rapporti di credito e debito con l’estero e alla ripresa della lira.(18)

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per orfani marittimi e in casi particolari per il personale dei corsi specializzati di granlusso.

(17) “L’attività della Marina Mercantile Italiana – Risposta dell’On. Pala a denigra-torie affermazioni straniere”, Il Popolo d’Italia, 16-11-1930.

(18) “Dobbiamo però osservare che, pure sorvolando su altri elementi di paragonequali potrebbero essere l’accresciuta importanza politica dell’Italia nel dopo guerra, lesue maggiori attività commerciali ed industriali, la sua popolazione aumentata in modonotevole, sta di fatto che la nostra Marina mercantile che nell’anno 1914 contava1.668.296 tonnellate nel 1928 ha raggiunto le 3.541.426 tonnellate, cioè è più che rad-doppiata. Questo dato che costituisce per noi giusta fonte di orgoglio dice, nella suanudità, quanto siano aumentate di numero e di importanza le nostre linee di traffico ecome il mare sia diventato nell’esistenza del nostro Paese un elemento sempre più vitale.Siamo con lieve differenza con quella che ci precede e con quella che ci segue, la 5a Ma-rina Mercantile del mondo; questo solo dato, sia pure nella convincente eloquenza dellecifre, non sarebbe però sufficiente a chiarire l’importanza e le necessità vitali della no-stra attività marittima: bisogna ancora considerare che la Marina mercantile italiana ser-ve esclusivamente al nostro traffico perché le linee di navigazione sovvenzionate e libere

Le affermazioni della bandiera italiana iniziarono a essere frequenti spe-cialmente nei porti del Danubio e in quelli dell’Egitto. La Marina mercanti-le italiana, con linee regolari, partecipava ormai sistematicamente al serviziodi emigrazione negli Stati Uniti, in forte concorrenza con quella straniera, enon solo, ovunque c’era una forte presenza italiana, come nelle colonie afri-cane.

Le navi passeggeri

La Marina mercantile, secondo Mussolini, doveva rappresentare il fiore al-l’occhiello dell’Italia, in tempo di pace, e dimostrare al mondo intero l’ec-cellenza della propria capacità cantieristica e marinara. Tra gli anni ’20 e ’30si iniziò a dedicare particolare attenzione alle navi passeggeri, e le principalicompagnie di navigazione costruirono un complesso di navi di grande pre-stigio, iniziando così la grande stagione transatlantica italiana. Il “Lloyd Sa-baudo” schierava il Conte Rosso, il Conte Verde, il Conte Grande, il ConteBiancamano, il Conte di Savoia. La “NGI” presentava Orazio, Virgilio, Giu-lio Cesare, Duilio, Esperia, Roma, Augustus e il famoso Rex. La “Cosulich Li-ne” Saturnia, Vulcania, Victoria, Neptunia e Oceania: queste ultime definitele navi “incombustibili” grazie a un rivestimento chimico a base silicea cherivestiva le pareti delle cabine. Se la concorrenza straniera varava navi piùgrandi, la genialità italiana aveva compensato lo svantaggio della partenzadal Mediterraneo con rotte più meridionali e piacevoli, la cosiddetta “Sou-thern Route”, dove il viaggio diventava svago e crociera, invece del freddo edella severità delle navi di linea britanniche, francesi o tedesche. Le navipasseggeri delle compagnie di navigazione italiane erano molto apprezzatedai viaggiatori di buona parte del mondo per la modernità degli scafi, la po-tenza dei macchinari, l’eleganza degli arredamenti e l’efficienza dei servizi.Nel servizio passeggeri in Mediterraneo l’Italia salì ai primi posti nel mon-do, e l’aver varato navi simili durante la crisi mondiale aveva destato grandeimpressione all’estero.

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fanno generalmente capo ai nostri porti. Essa non è in prevalenza come altrove, adesempio in Norvegia e in Grecia, una attività di carattere quasi industriale che esorbi-tando dalle necessità del paese si svolge in gran parte fuori dai mari della madre patria”.Dalla “Relazione sul bilancio della Marina per il 1929-30”, discussa davanti al Parla-mento dall’ammiraglio Sirianni.

Nel 1932 Mussolini,poiché l’Italia non possede-va una forte compagnia dinavigazione sotto la suabandiera, decise di riunirele tre principali compagnieitaliane, la “N.G.I.” (Navi-gazione Generale Italiana),il “Loyd Sabaudo” e la“Cosulich line”, per darevita a una solida compa-gnia nazionale: l’ “ItaliaFlotte Riunite”, denomina-ta in seguito “Società diNavigazione Italia”. Le pri-me due ricevettero da subi-to i finanziamenti per lacostruzione dei due nuovisupertransatlantici italiani:il Rex e il Conte di Savoia.

Fino al 1930, tutte le navi di linea più famose in servizio sull’Atlanticoerano britanniche o tedesche, come il Bremen, che si affermavano anche co-me campioni di velocità. I transatlantici in rotta nel nord Atlantico, infatti,rappresentavano una vera e propria vetrina internazionale per le nazioni chele possedevano. Così Mussolini decise che anche per l’Italia, per la primavolta nella sua storia, era giunto il momento di schierare una coppia digrandi e moderni transatlantici per competere sulla rotta atlantica; iniziòcosì la leggendaria competizione tra il Rex, della “Navigazione Generale Ita-liana”, e il Conte di Savoia, del “Lloyd Sabaudo”. L’impegno non fu dei piùsemplici per l’epoca, perché se nelle navi di tipo normale esisteva un fortedivario tra la costruzione mercantile e quella militare, per quanto riguardavai transatlantici le differenze si annullavano per l’impiego di materiali specia-li, acciai a elevata resistenza e leghe leggere di alluminio, l’uso di apparatimotori potentissimi, dove il peso era ridotto al minimo con l’impiego di

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Il transatlantico Conte di Sa-voia al varo. (Fototeca USMM)

caldaie a piccoli tubi, di turbine rapidissime, di alte pressioni di vapore. An-zi, da un certo punto di vista, la nave mercantile rappresentava un problemaancora più difficile di quella militare, soprattutto perché essa doveva naviga-re per tutto l’anno, quasi senza interruzione, e doveva sviluppare sempre lasua massima velocità, mentre la nave da guerra raggiungeva i suoi limiti soloin casi eccezionali.

Il Rex fu il più grande e più veloce transatlantico italiano mai costruito.Questo capolavoro dell’ingegneria navale rappresentava uno dei vanti dell’e-poca fascista, ed era l’unica nave italiana in grado di competere con i granditransatlantici stranieri. Commissionato dalla “Navigazione Generale Italia-na” presso i Cantieri Navali di Sestri Ponente (allora “Ansaldo”), la costru-zione del Rex durò poco più di un anno, dal gennaio 1930 al 1° agosto1931, e fu varato nel 1932, in occasione del decimo anniversario dell’ascesaal potere di Mussolini. Nell’agosto del 1933, il Rex conquistò l’ambito “Na-stro Azzurro”,(19) il trofeo assegnato per la traversata atlantica più veloce (in4 giorni, 13 ore e 58 minuti) con una velocità media di crociera di 28,92nodi, strappando il record precedentemente detenuto dal transatlantico te-desco Bremen. Il record resistette fino al 3 giugno 1935 quando gli fu strap-pato dal colosso francese Normandie di ben 83 000 t di stazza e 314 m dilunghezza. La conquista del “Nastro Azzurro” ebbe una vasta eco in tutto ilmondo, contribuendo ad accrescere la fama del regime fascista.(20)

L’altro vanto della Marina mercantile italiana era il Conte di Savoia.Questo transatlantico, anche se leggermente più piccolo e meno veloce delRex, era considerato frale navi più lussuose dell’epoca e il preferito dalle starinternazionali. Fu anche il primo piroscafo a essere dotato di enormi giro-scopi stabilizzatori, da centinaia di tonnellate, per diminuire il rollio in casodi maltempo; veniva soprannominato come la “nave che non rolla”, uncomfort che però gli costò la conquista del “Nastro Azzurro”.(21)

Con l’entrata in linea dei grandi transatlantici, i servizi sanitari di bordofurono modernizzati e arricchiti di nuove apparecchiature e impianti, qualireparti termali per le cure fisioterapiche, sezioni per diatermia e radioscopia,solarium.

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(19) “Un’altra vittoria della Marina mercantile italiana - Il ‘Nastro azzurro’ conqui-stato dal supertransatlantico ‘Rex’”, Il Popolo d’Italia, 17-8-1933.

(20) “La consegna del nastro azzurro al transatlantico ‘Rex’- Elevato discorso deldeputato inglese Harold Hales”, Il Popolo d’Italia, 21 agosto 1935.

(21) “L’apparato motore e lo scafo del ‘Conte di Savoia’”, Il Popolo d’Italia, 20-6-1933.

Il regime fascista dedicò anche particolare attenzione al tempo liberocon l’istituzione di sezioni del “Dopolavoro Interaziendale Marina Mercan-tile” a bordo di tutte le navi,(22) ispirandosi all’iniziativa presa, poco tempoprima, dal “Circolo Marina Mercantile Nazario Sauro” di Trieste.

La Marina mercantile italiana, ritemprata dalla cura di Mussolini, tornòanche a essere presente su rotte che erano state trascurate da Marine stranie-re, come ad esempio il nuovo servizio passeggeri e merci “Italia-Nord delBrasile” inaugurato nel 1933; a questa nuova linea vennero destinate duebelle e veloci unità, l’Amazzonia e l’Urania. Per allargare i traffici interna-zionali venne istituita anche una nuova linea “super-celere” per l’Africa delSud. Furono, inoltre, trasportati in Libia 20 000 coloni e rispettive famigliecon quanto occorreva per farsi una nuova vita.

La Marina da carico

Furono anche risolti i gravi problemi della Marina da carico, migliorandol’efficienza delle navi, riorganizzando le linee e contribuendo validamente acombattere la crisi mondiale dovuta alla contrazione del volume del trafficocontrapposto all’aumento del volume del tonnellaggio e al conseguente ri-basso dei noli. Tuttavia la flotta da carico continuò per la maggior parte aoperare liberamente, come la “NLT” (Navigazione Libera Triestina), la“Tripcovich”, la “Navigazione Generale Girolimich”, la “Martinolich”,(23) la“Messina” e la “Lauro”. La scarsità di materie prime costringeva l’Italia a im-portare via mare la quasi totalità del suo fabbisogno di combustibile liquido,

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(22) “Lo scopo principale del ‘dopolavoro’ sulle navi è l’evoluzione culturale e mo-rale, nonché lo sviluppo fisico e la ricreazione dei naviganti… Su ogni nave verrà istitui-to un dopolavoro che assumerà la denominazione della nave stessa e sarà presieduto dalcomandante, il quale sarà coadiuvato da un fiduciario di bordo e nominerà un segreta-rio amministrativo. Al fiduciario è lasciata ampia libertà di far svolgere tutto o partedelle attività dopo lavoristiche, a seconda del tipo di nave, della linea, del numero e del-le attitudini dell’equipaggio… Le attività da svolgere a terra o a bordo si possono rag-gruppare in culturali (biblioteca circolante, conferenze, conversazioni, corsi di lingueestere, ecc.), sportive (voga, calcio, tennis, atletica leggera, nuoto, palla al cesto, palla anuoto, tiro alla fune, lotta, pugilato, scherma), ricreative (cori, orchestrine, fabbricazio-ne di oggetti artistici, gite, danze, feste)… L’attività del dopolavoro sulla nave non deveminimamente intaccare l’orario di lavoro, né violare in nessuna maniera il contratto diarruolamento …”, Corriere della Sera, 31-1-1934.

specialmente il petrolio. Poiché le navi cisterna non erano più sufficienti, l’i-dea di costituire una flotta di vere e proprie navi petroliere venne nella se-conda metà degli anni ’30 quando il tentativo di infliggere sanzioni al regi-me fascista, come il blocco petrolifero in seguito all’attacco contro l’Etiopia,aveva messo in luce la necessità di dotare l’Italia di una moderna flotta na-zionale di petroliere. Il tonnellaggio aumentò in maniera consistente conl’A.G.I.P. che, secondo le direttive di Mussolini, ordinò tre grandi motoci-sterne della portata di 13 500 t ciascuna e di 14 nodi di velocità. Arrivaronocommissioni anche dall’estero, come l’ordinazione di tre grandi motonavicisterna da parte della “Standard Oil Company” ai cantieri triestini.

Le infrastrutture marittime

Mussolini era consapevole che il mondo della Marina mercantile non si li-mitava al solo naviglio ma costituiva un complesso interagente di attività le-gato al mare che spaziava in diversi settori, dai grandi e piccoli cantieri aiporti, dai magazzini agli allacciamenti ferroviari per il trasporto delle mercisul territorio e in numerose attività collaterali interdipendenti. Era necessa-rio intensificare i mezzi atti ad attrarre sulle nostre navi e nei nostri portisempre nuove e maggiori correnti di traffico. Con lo sviluppo delle nuovecorrenti commerciali e turistiche e la costruzione di navi sempre più grandi,anche i porti e le varie stazioni marittime dovevano rispondere alle nuoveesigenze, come l’attracco dei grandi transatlantici e l’organizzazione dei ser-vizi di imbarco e sbarco del crescente numero di passeggeri. I porti quindidovettero essere attrezzati per poter accogliere questi colossi del mare,(24) au-

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(23) Con queste parole Mussolini ringraziava con un telegramma l’ing. NicolòMartinolich, proprietario del cantiere navale di Lussino: “Mentre annunziasi che “Lin-ce” dopo aver risposto obbediente alle mani sicure, le quali diresse là sull’Atlantico versoBoston, ha attinto lontana mèta, rinnovando col temerario viaggio i fasti delle più au-daci imprese nostra gloriosa Marina Mercantile, desidero giunga al geniale costruttore,al cantiere, donde piccola imbarcazione fu espressa, al comandante, agli equipaggi, all’e-quipaggio eroico il mio più fervido compiacimento per quest’altra magnifica vittoriadella fede e del coraggio italico”

(24) “Si lavora a sistemare, allargare, attrezzare i porti di Genova, Livorno, Civita-vecchia, Napoli, Palermo, Catania, Cagliari, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia, Trieste,Fiume. Lo stimolo marinaro ritorna. La Marina mercantile Italiana occupa il secondoposto nelle gerarchie europee, il quarto nelle mondiali. Dai nostri cantieri operosi sono

mentando soprattutto la profondità dei fondali, anche perché il loro costod’esercizio era molto alto e un solo viaggio a vuoto avrebbe provocato il fal-limento dell’impresa; di qui la necessità di assicurarsi il passeggero. Venneroampliati i porti di Genova,(25) Livorno, Civitavecchia, Napoli,(26) Palermo,Catania, Cagliari, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia, Trieste e Fiume. Il 1934vide i porti italiani accrescere il loro traffico, e la Marina mercantile, in vir-tù anche del compenso di demolizione, iniziò ad avviarsi verso l’equilibriofra volume di stiva e volume di traffico, condizione fondamentale per il ri-torno alla normalità.

C’era anche il bisogno di creare nuovi accessi ai porti: ne fu un esempiola costruzione della dogana di Ravenna per ricongiungere al mare il portoche, alla fine degli anni ’20, subì un rapido sviluppo fino a superare le400 000 t di merci con l’allargamento della banchina e della darsena per po-ter sistemare l’attrezzatura edilizia e meccanica e le installazioni di elevatoriper lo scarico delle merci e il dragaggio del fondale. Proprio in questo senso,si rafforzarono tutti i settori dei trasporti da carico e delle attività specifichequali i mezzi di rimorchio portuale, costiero e d’altura, la pesca d’alto mare,le unità di salvataggio e recupero,(27) i grandi traghetti delle Ferrovie delloStato operanti nello Stretto di Messina e i trasporti in frigorifero dei generialimentari. In base a quest’ultima necessità il Ministero delle Colonie creòla R.A.M.B. (Regia Azienda Monopolio Banane) per trasportare nel territo-rio metropolitano le banane prodotte in Somalia, all’epoca colonia italiana.Vennero così ordinate quattro navi frigorifere: due, Ramb I e Ramb III, aiCantieri Ansaldo di Genova Sestri, e due, Ramb III (28) e Ramb IV, ai Can-

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usciti giganti come il Roma e fra poco l’Augustus la più grande motonave del mondo”.Dal messaggio di Mussolini del 28 ottobre 1926: “Lo spirito marinaro ritorna”.

(25) Il traffico del porto di Genova che nel 1913 aveva toccato 7.427.272 t. dimerce sbarcata e imbarcata, dopo la prima guerra mondiale, aveva ripreso a salire arri-vando quasi alle stesse cifre nel 1924 di 7.456.094 t. per poi arrivare nel 1925 a8.248.830”. Dal Corriere della Sera del 25-1-1927.

(26) AUSMM, (R.B.), Base navale di Napoli: progetti di sistemazione del porto mer-cantile, Titolario 5, Anno 1922-25, busta 1674, fascicolo 5.

(27) Grande notorietà ebbe l’impresa dell’Artiglio, che recuperò, da un alto fonda-le, l’oro perduto nell’affondamento della nave da trasporto Egypt.

(28) La Ramb III, costruita nel 1938, venne catturata dai tedeschi il 9 settembre1943, e ribattezzata con il nome di Kiebitz. Fu affondata a Fiume il 5 novembre 1944durante un’incursione aerea anglo-americana. Venne recuperata dagli iugoslavi e trasfor-mata nello yacht presidenziale iugoslavo Galeb, che fu utilizzato per molti anni dal ma-resciallo Tito.

tieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone, che dovevano avere un’autono-mia sufficiente per effettuare il percorso da Mogadiscio a Napoli senza sosteintermedie e a pieno carico.(29)

Le innovazioni fasciste

Durante l’epoca fascista furono introdotte diverse novità all’interno dellaMarina mercantile. Mussolini volle risvegliare l’assopito spirito marinarescoe affidò alla Lega Navale la promozione di crociere turistiche, facilitate dalgoverno per “diffondere il nome dell’Italia in ogni sponda di mare”.(30) Veni-vano organizzate con le navi passeggeri crociere, sia estive sia invernali, perdare una coscienza marinara al popolo italiano e per far conoscere le nostrecolonie oltremare.

Allo stesso tempo, il regime fascista volle anche mantenere uno strettorapporto fra la Marina mercantile e quella militare, dando alla prima quel-l’impronta disciplinare di cui aveva bisogno. Già il 1° settembre 1926, suproposta del capo del governo Mussolini, primo ministro e segretario di sta-to per la Marina, era stato attuato uno schema di provvedimento relativo al-l’imbarco di ufficiali della Regia Marina su piroscafi mercantili, per un pe-riodo non superiore ai sei mesi, “allo scopo di dare incremento alla loro istru-zione professionale”. Nel 1928 venne istituito, per iniziativa del ministro del-la Marina mercantile Ciano, un ente speciale destinato alla gestione dellenavi-scuola per gli ufficiali della Marina mercantile, denominato NazarioSauro, e all’istituzione, nel 1932, della nave scuola Patria. I promotori e fi-nanziatori di questo ente e della nave-scuola furono tre: il Ministero delleComunicazioni, la “Federazione autonoma fascista addetti imprese trasportimarittimi ed aerei” e la “Confederazione nazionale fascista imprese trasportimarittimi ed aerei”.(31) Per addestrare in maniera professionale alla vita e al-l’attività marinara gli allievi ufficiali della Marina mercantile, questi veniva-

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(29) In base a disposizioni legislative precedenti, fin dalla costruzione delle unità,era prevista la possibilità di trasformarle in incrociatori ausiliari per eventualità belliche,con quattro pezzi da 120/40 mm in coperta.

(30) E. Squadrilli, L’impero fascista sul mare: la Marina militare, la Marina mercan-tile, gli Italiani e il navalismo, Roma, Lega Navale Italiana, 1939.

(31) G. Pala, La Marina mercantile in un decennio di regime fascista, Confederazio-ne Nazionale Fascista Imprese comunicazioni Marittimi e Navigazione Aerea, 1932.

no sottoposti a esami tecnico-pratici e imbarcati per crociere addestrative.Non si voleva far dimenticare che alcuni decorati della Medaglia d’Oro alValore Militare durante la prima guerra mondiale provenivano proprio dallaMarina mercantile, come Giuseppe Corrias,(32) Giuseppe Aonzo(33) e il leg-gendario Luigi Rizzo.(34)

Venne poi approvato con R.D. 23 maggio 1932 un regolamento per lasicurezza delle navi mercantili e della vita umana in mare che si rifaceva aun altro approvato il 10-8-1928. Quest’ultimo era stato ritoccato in alcunipunti dopo la conferenza internazionale di Londra del 31 maggio 1929 equella del 5 luglio 1930 relativa alla linea di massimo carico delle navi mer-cantili, perché risultava molto più rigoroso delle norme stabilite da questedue convenzioni, e pertanto finiva col creare all’armamento italiano oneripiù forti di quelli da cui erano gravati gli armatori stranieri.

Il regolamento italiano prevedeva una serie di prescrizioni cui la navedoveva rispondere in qualsiasi circostanza, in particolare quelle relative all’i-doneità per la navigazione, alle caratteristiche dello scafo, e all’apparato mo-tore; particolarmente curate erano le disposizioni per quanto riguardava lesistemazioni e i mezzi di salvataggio e l’azione per prevenire e domare gli in-

cendi, la preparazione dell’equipag-gio e l’efficienza dei servizi di bordoper prevenire e fronteggiare i sinistri.Una dettagliata elencazione di tuttequeste disposizioni era trattata in trecapitoli diversi, costituiti da ben 43articoli. In particolare, fu dedicatauna certa attenzione al complesso

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(32) I Decorati della Marina, vol. II, Le Medaglie d’Oro al Valore Militare, Roma,USMM, 1992, p. 170 sg.

(33) Ibidem, p. 176 sg.(34) Ibidem, p. 174 sg..

Medaglia di benemerenza per gli equipag-gi della Marina mercantile che partecipa-rono alla prima guerra mondiale. (Colle-zione privata dell’autore)

delle dotazioni contro gli incendi, costituito da un sistema di avvisatori au-tomatici capaci di avvertire da dove sarebbe stato possibile sia azionare leparatie tagliafuoco, sia invadere con i gas antincendio la parte della nave in-teressata tramite una serie di leve direttamente manovrate dal ponte di co-mando. Tutte queste norme venivano direttamente controllate dal RegistroItaliano Navale ed Aereonautico e dalle Capitanerie di Porto.

Il 27-1-1933, l’onorevole Pala, presidente della “Confederazione Nazio-nale Fascista Imprese Trasporti Marittimi ed Aerei”, durante una seduta par-lamentare prese a pretesto proprio l’incendio scoppiato a bordo che distrus-se il transatlantico francese Atlantique,(35) provocando la morte di moltimembri dell’equipaggio, per esaltare l’ingegneria navale e la legislazione ita-liana che garantiva la “più ampia tutela della vita umana in mare” sulle pro-prie navi passeggeri e non solo.

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(35) Il Mattino illustrato, marzo 1933, p. 1.

La nave scuola della Marina mercantile, Patria, in navigazione durante una crociera ad-destrativa. (Fototeca USMM)

Il positivo bilancio tra le due guerre

Alla vigilia del secondo conflitto mondiale la Marina mercantile italianaaveva registrato straordinari progressi. Nel 1914 la flotta mercantile consi-steva di 1 530 000 t, di cui, durante la prima guerra mondiale, ne erano sta-te affondate ben 880 000 (il 57,5%); nel 1922 era stata ricostituita e conta-va 2 866 000 t, che arrivarono a 3 566 000 t nel 1925; superata la crisi del’29, nel 1938 aveva mantenuto all’incirca lo stesso tonnellaggio, 3 433 000,ma la composizione era completamente diversa in quanto, grazie alla demo-lizione del vecchio naviglio, era costituita da 3 609 unità, di cui solo 946costituivano il 95% del tonnellaggio, ovvero i grandi piroscafi e motonaviprevalevano su tanti piccoli velieri e motovelieri, al contrario della situazio-ne del passato.(36)

La flotta mercantile, che prima della marcia su Roma contava 2968 000t di navi a propulsione meccanica, nel 1933 arrivò a possederne 3 331 000,favorita dalla ripresa dei traffici. Dal 1923 al 1933 vennero demolite oltre600 000 t delle vecchie navi ormai sorpassate dalla tecnica, e le grandi navi

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(36) AUSMM, (R.B.), Lo sviluppo della Marina mercantile, Anno 1922-26, b.1697, f. 4.

Lo sviluppo della Marina mercantile italiana dal 1915 agli anni precedenti l’ingresso del-l’Italia nel secondo conflitto mondiale.

furono destinate per un terzo ai passeggeri e due terzi alle merci. Allo scop-pio del secondo conflitto mondiale la Marina mercantile italiana era arriva-ta al sesto posto nel mondo dopo la Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone,Norvegia e Germania. Per quanto riguarda le navi di stazza oltre le 20 000 tera al secondo posto a pari merito con la Germania. In confronto con le al-tre Marine, come anzianità, la flotta italiana aveva unità mercantili più vec-chie (metà con oltre vent’anni) e navi passeggeri più moderne.(37) L’Italia, ametà degli anni ’30, arrivò a possedere circa 160 linee di navigazione, cosìsuddivise geograficamente:

LINEE DI NAVIGAZIONE ITALIANE NEL 1935

Porti italiani 64

Dalmazia e Albania 14

Colonie italiane 12

Porti del Mediterraneo 24

Medio-Oriente (Siria e Palestina) 12

Nord Europa 2

Asia (Golfo Persico, India e Indie Olandesi 8

Australia 1

Nord America 8

Sud America 5

Centro America 7

Africa extra-mediterranea 6

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(37) P. Fortini, La Marina mercantile nella depressione economica, nella ripresa nellaguerra(1930-1940), Parte I, Generalità sulla crisi che ha fondamentalmente colpito la Ma-rina da carico, Milano, Istituto per gli studi di politica internazionale, 1941.

Nel 1936, in ambito IRI, venne costituita, all’interno di un proget-to statale di riorganizzazione e razionalizzazione dei servizi marittimi dilinea, la “Finmare” (Società Finanziaria Marittima) per coordinare, indiriz-zare e assicurare con i mezzi finanziari più idonei l’attività delle società pub-bliche di navigazione: “Italia di Navigazione”, “Lloyd Triestino di Naviga-zione”, “Adriatica di Navigazione”, e “Tirrenia di Navigazione”. La “Finma-re”, che controllava la maggioranza azionaria di queste società, acquisì, nel1937, anche la società “Libera Triestina di Navigazione” della quale flot-ta e servizi furono indirizzati alla “Italia di Navigazione” e al “Lloyd Triesti-no”.(38) L’idea di Mussolini si basava sull’accorpamento delle cosiddette “im-prese miste”, che aveva già accennato durante il discorso del Campido-glio in cui tracciò il piano regolatore dell’economia italiana del regime fa-scista.

La Marina mercantile in guerra

Il complesso del personale che ruotava intorno alla Marina mercantile allametà degli anni ’30, stimato in circa 200 000 persone, poteva rappresentareun completamento della Marina da guerra nel momento del bisogno. Nel1935 venne attuato un provvedimento che “mirava a disciplinare l’attivitàdella Marina Mercantile in tempo di guerra dettando norme per la ripartizionee dipendenza del naviglio, per il censimento e l’armamento delle navi, per ilnaviglio ausiliario, per le requisizioni ed il personale di bordo”.

La Marina mercantile produsse un enorme sforzo durante la guerra d’E-tiopia, quando furono trasformati e adattati in breve tempo grandi transat-lantici per il trasporto di truppe, di materiali e per l’assistenza sanitaria co-me le navi-ospedale Gradisca, Urania, Tevere, Vienna, Helouan, Cesarea eAquileia.(39) Vennero inviati in Africa Orientale 595 000 uomini, oltre16 000 veicoli e 1 241 000 t di materiali, per cui, in rinforzo al parco navalenazionale, lo stato dovette acquistare all’estero alcune navi di seconda manoche vennero raggruppate nella classe “Regioni”: Piemonte, Calabria,Umbria, Toscana, Sicilia, Liguria, Sardegna, Sannio e Lombardia. Le moto-navi Barletta e Adriatico effettuarono una limitata attività come incrociatori

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(38) G. Pala, “La Marina mercantile nell’economia dell’impero fascista”, discorsotenuto presso l’Istituto fascista di cultura di Grosseto il 31 marzo 1937.

(39) Dalla redazione di Storia Militare: “Le navi ospedale italiane 1935-1945”.

ausiliari, mentre il piroscafo Helouan del “Lloyd Triestino”, di ritorno conuno scaglione di reduci, subì ad Alessandria d’Egitto un incendio che lo reseirrecuperabile. La convenzione “Finmare” del 1937 portò al controllo di piùdi 200 navi, alcune delle quali erano quanto di meglio poteva dare la can-tieristica nazionale.

A seguito della dichiarazione di guerra all’Etiopia il regime fascista do-vette incassare le sanzioni internazionali inflitte all’Italia. Tuttavia, la propa-ganda di Mussolini cercò di trasformare quelle sanzioni in un vantaggio perl’economia nazionale poiché avrebbero stimolato “qualitativamente la nostrapossibilità economica, sforzandoci a nuove difficoltà e accentuando il ritmo del-le preesistenti, come una febbre di crescenza”. Di conseguenza i nuovi successidella Marina mercantile venivano visti come una potente reazione control’ostilità sanzionistica internazionale, come ad esempio la sostituzione deivecchi motori a propulsione (di marca straniera) con altri più potenti dimarca e di costruzione nazionale, gli italianissimi “Fiat”. Inoltre, a seguitodel rifiuto da parte dei Lloyd’s di Londra della riassicurazione di qualsiasi ri-schio di carichi diretti in Italia, per le sanzioni internazionali in seguito alladichiarazione di guerra all’Etiopia, il governo fascista decise di fissare nuovenorme per l’assicurazione del naviglio mercantile, per affrancare il campoassicurativo marittimo dalle compagnie straniere. Così le compagnie italia-ne di trasporto formarono tra loro un sindacato che offriva a qualsiasi com-pagnia, nazionale o estera, l’assicurazione e la riassicurazione dei rischi rifiu-tati dai Lloyd’s.

Dopo la guerra d’Etiopia e quella di Spagna, venne presa in esame la si-tuazione della Marina mercantile.(40) Durante l’impresa etiopica le societàarmatrici avevano fatto incetta di vecchie carrette, per il trasporto e il rifor-nimento dell’esercito, che avevano aumentato numericamente ma nellostesso tempo invecchiato, dal punto di vista qualitativo, la flotta mercantile.Così, per rinnovare la flotta da carico venne emanata la cosiddetta leggeBenni-r.d.l. 10 marzo 1938, n. 330, in base alla quale venivano garantiteagevolazioni ai cantieri navali e agli armatori, con uno stanziamento annuodi 103 000 000 di lire per dieci anni. Vennero subito ordinate circa cin-quanta motonavi dagli armatori italiani, e furono impegnati quasi tutti icantieri italiani: “Ansaldo”, “Cantieri Navali Riuniti di Riva Trigoso” e“Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone”. Le società di stato e quelle

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(40) AUSMM, (R.B.), Pratiche naviglio mercantile connesse colle esigenze A.O. (Afri-ca Orientale) e O.M.S. (Operazione Militare Spagna), f. Requisizioni, noleggi.

private furono così impegnate:

SOCIETÀ NAVI

Società Italia 6 motonavi da 6200 tsl

Lloyd Triestino 4 motonavi da 7000 tsl

Tirrenia 11 motonavi da 3180 tsl

Garibaldi 4 motonavi da 8000 tsl

Agip 4 motonavi da 10500 tsl

S.i.d.a.r.m.a.9 motonavi da 6338 tsl

3 motonavi da 8400 tsl

Alla vigilia della seconda guerra mondiale, dal 3 settembre 1939 al 25maggio 1940, i fermi per controlli imposti da navi britanniche e francesi delblocco antitedesco ai danni di navi mercantili italiane, furono 1347, provo-cando sensibili danni economici. Il 20 febbraio 1940, ad esempio, vennerofermate 10 navi carboniere in viaggio da Rotterdam con carico di carboneindispensabile all’industria nazionale, perché di provenienza tedesca.

La seconda guerra mondiale

All’inizio della seconda guerra mondiale, la Marina mercantile italiana sipresentava come una delle più grandi al mondo. Le navi con stazza superio-re alle 500 t erano 786, per un totale di 3 318 129 tsl, quelle fra le 100 e le500 tsl erano circa 1000; oltre a migliaia fra rimorchiatori e pescherecci. Imarittimi erano 660 000, tra i quali 230 000 di prima categoria e 430 000di seconda.

Con lo scoppio del conflitto la Marina mercantile fu chiamata a rivesti-re un ruolo di fondamentale importanza, a fianco della Marina militare, inun Mediterraneo che sarebbe divenuto un campo di lotta senza quartiere.La vera guerra che la Marina italiana combatté durante il secondo conflittomondiale fu quella di protezione al traffico mercantile, fondamentale per ri-fornire i vari teatri operativi nel Mediterraneo come l’Albania, la Grecia, laLibia e la Tunisia, per mantenere i collegamenti con le varie isole e per assi-curare il traffico costiero.

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A. Savoretti - La Marina mercantile durante il Ventennio fascista

Uomini e materiali inviati nei vari teatri operativi del Mediterraneo.

I convogli mercantili costituirono l’asse portante dei rifornimenti navaliitaliani. Purtroppo la politica navale fascista, nonostante il grande sviluppodella Marina mercantile e il rafforzamento di quella da guerra, incappò inclamorosi errori, a cominciare dalla costruzione delle navi: venne data scarsaimportanza al naviglio di scorta che, durante la guerra in Mediterraneo, sa-rebbe stato fondamentale. Pesante, nonostante fosse stata prevista e perfet-tamente calcolata,(41) fu la perdita del 30% della flotta mercantile, costituita

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Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013

(41) Nell’approfondito saggio di Giuliano Colliva, “Ufficio Trasporti Rifornimentiin guerra: studi per un conflitto (1931-1940)”, Bollettino d’Archivio, giugno 1998, p.45-95, l’Autore evidenzia fra l’altro che con r.d. n. 21 dell’11 gennaio 1923 erano statiistituiti la “Commissione Suprema mista di Difesa” e il “Comitato per la preparazionedella mobilitazione nazionale”, che dovevano preparare e organizzare tutte le attività delpaese necessarie a una guerra. La commissione era presieduta da Mussolini, ed era com-posta dai ministri della Guerra, della Marina, degli Esteri, delle Colonie, delle Finanze edell’Industria. Dalle relazioni e dai verbali delle riunioni, che si tennero annualmenteper diciotto anni consecutivi, si ricava un quadro molto chiaro di come i responsabilicivili e militari del regime seguissero i temi della preparazione militare, delle iniziativeportate avanti, e soprattutto della conoscenza effettiva che essi avessero sul delicato ar-gomento. Tutti gli studi dello speciale “Ufficio Trasporti Rifornimenti in Guerra” indi-cavano che i rifornimenti in caso di guerra dovevano essere effettuati quasi completa-mente per ferrovia, e infatti particolarmente importante si dimostrò la possibilità di uti-lizzare durante il conflitto tutti i valichi con i paesi confinanti. Incredibilmente precisa,fra altre, fu la previsione relativa alla disponibilità di navi mercantili. Le stime di tuttigli studi della commissione si dimostrarono ragionevoli, e il numero dei piroscafi (che

LIBIA ALBANIA, GRECIA, TUNISIA

EGEO

Uomini

Combustibili

Automezzi, corazzati,blindati e ricambi

Armi e munizioni

Altri carichi

206 402 t

599 337 t

275 310 t

171 060 t

1 200 673 t

982 402 t

134 983 t

79 497 t

145 575 t

1 609 997 t

77 741 t

132 522 t

73 870 t

92 149 t

127 628 t

dalle navi migliori, che si trovava sparsa negli oceani.(42) Il 10 giugno 1940perdemmo 212 navi mercantili, per un totale di 1 216 637 t di stazza lordache, per la maggior parte, vennero riutilizzate dagli Alleati per i loro fonda-mentali traffici.(43) Il primo giorno di guerra rimasero tagliati fuori del Me-diterraneo 212 piroscafi, diversi moderni transatlantici, 136 petroliere staz-zanti dalle 2 000 alle 6 000 tsl, 64 mercantili tra le 6 000 e le 10 000 tsl, ipiù adatti per impiego bellico, per un totale di 1 209 090 tsl, che erano cosìsparse nei mari:

LOCAZIONE NUMERO

DI MERCANTILI ITALIANI

Africa Orientale italiana 33

Europa settentrionale e orientale 11

Spagna e suoi possedimenti 22

Colonie portoghesi 3

Stati Uniti d’America 26

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spesso navigavano con metà carico per mancanza di materiale da trasportare) fu sempreritenuto sufficiente, e addirittura superiore al necessario perché i mercati del Mediterra-neo, gli unici dai quali avremmo potuto effettuare acquisti in caso di guerra, non offri-vano le merci a noi indispensabili. Se col proseguire della guerra i mercantili non furo-no più sufficienti, ciò fu dovuto al prolungarsi delle operazioni e al loro andamento(n.d.r.).

(42) Nell’agosto del 1939, la Germania, non avendo avvisato preventivamente leproprie navi mercantili in navigazione in mari lontani, aveva perduto più di metà dellestesse, rimaste bloccate in porti neutrali, catturate dal nemico o autoaffondate per evita-re la cattura.

(43) Le previsioni indicate da tutte le analisi della Commissione Superiore dellaDifesa nel documento del 1940 indicavano, prosegue Giuliano Colliva, “... che sarebbe-ro rimaste fuori dal Mediterraneo ... 235 navi mercantili, per 1 238 053 tsl, con unoscarto rispetto a quanto successe il 10 giugno, del valore in tonnellate dell’1,7 per cen-to... Le prime disposizioni per evitare la cattura erano già state impartite nel 1931, esuccessivamente ancora studiare e migliorate. Per cui è del tutto priva di fondamentol’affermazione ... che [si] evitò di dare opportune istruzioni per evitare la cattura dei no-stri mercantili ... In realtà gli studi della commissione ... erano stati chiarissimi sin dalleprime edizioni e, soprattutto quelli del 1938-1940, ... non lasciavano speranze: i rifor-nimenti in guerra sarebbero stati drammatici e quelli dei combustibili liquidi difficilissi-mi. L’unica speranza era una guerra breve ...” (n.d.r.).

America centrale 10

Colombia e Venezuela 8

Brasile 19

Uruguay 12

Argentina 15

Iran 3

Thailandia 2

Cina e Giappone 5

Porti britannici e alleati 34

Porti francesi 3

Due società della “Finmare”, la compagnia di Stato, furono tra le piùdanneggiate: la “Società Italia” perse 16 navi, il “Lloyd Triestino” ben 37,quasi la metà della flotta sociale.(44) Tuttavia alcune di queste navi mercanti-li non si rassegnarono a essere catturate e a cedere merci utili alle necessitàbelliche dell’Italia, così forzarono il blocco navale e raggiunsero i porti at-lantici della Francia in mano ai tedeschi;(45) altre navi furono affondate nel

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(44) Alcune di queste navi, per la loro qualità, avrebbero potuto rivestire una note-vole importanza dal punto di vista militare, in particolare:- Il transatlantico Conte Grande, internato a Santos in Brasile nel 1940; venne poi ce-

duto agli Stati Uniti, che il 16 aprile lo trasformarono nel trasporto truppe Monti-cello;

- il transatlantico Principessa Maria, bloccato in Argentina;- alcune ottime navi come la Leme, la Belvedere, la Cellina e la Fella;- le navi passeggeri Colombo, Nazario Sauro, Tripolitania, Conte Verde, Leonardo da

Vinci, Conte Biancamano, Giuseppe Mazzini, Rodi e Gerusalemme;- le motonavi Remo, Romolo, Volpi, Sumatra, Ramb I, Ramb II e Ramb IV;- molte navi cisterna, rimaste bloccate nei porti venezuelani e messicani.- Per sottolineare l’importanza di queste navi, basti ricordare che la Volpi e la Sumatra,

bloccate a Puket Harbour (Thailandia), erano destinate a diventare, in caso di requi-sizione, incrociatori ausiliari.

(45) Fra queste unità le più famose furono: la motonave Pietro Orseolo della“S.I.D.A.R.M.A.” e le motonavi Cortellazzo, Himalaya e Fusijama del “Lloyd Triesti-no”, che raggiunsero Bordeaux beffando i controlli britannici. Altre unità che riusciro-no a fuggire furono i piroscafi Clizia e Capo Lena dai porti atlantici spagnoli, i piroscafi

tentativo di sfuggire alla cattura.(46)

Per quanto riguarda la Marina da traffico, la quasi totalità delle navi,pur restando formalmente proprietà degli armatori, venne gestita dallo Sta-to, o con requisizioni per scopi di guerra veri e propri (navi scorta, vedette,dragamine), o con noleggi per convogli e rifornimenti di guerra. Fin daltempo di pace i piani di mobilitazione prevedevano l’utilizzo di certe naviper specifici scopi; per ognuno di questi incarichi erano stabilite le navi piùadatte. Vennero requisite 1700 navi, metà delle quali impiegate nel dragag-gio mine (con la sigla B) e nella sorveglianza foranea (sigla F). Le altre furo-no suddivise tra le navi scorta, antisommergibili (sigla AS), posamine, tra-sporti truppa con 5 delle navi maggiori, 12 navi ospedale con contrassegniinternazionali ben visibili e 7 navi soccorso (senza il riconoscimento di cate-goria). Per scortare i convogli, risparmiando così le unità da guerra, vennerorequisiti quei mercantili che, pur avendo un tonnellaggio ridotto, erano ingrado di effettuare una navigazione d’altura a una velocità di 15 nodi, agen-do anche come trasporti rapidi. In base a queste caratteristiche, vennero re-quisite dalla Regia Marina quasi tutte le motonavi postali dell’“Adriatica” edella “Tirrenia”, e iscritte nei ruoli del naviglio da guerra, diventando così atutti gli effetti unità militari. Delle 36 navi convertite in incrociatori ausilia-ri, contrassegnati dalla sigla militare D e numero progressivo, ben 32 venne-ro affondate (anche se due furono recuperate nel dopoguerra e rimesse inservizio).

COMPAGNIA ARMATORIALE INCROCIATORI AUSILIARI

Adriatica 14Tirrenia 8Fiumana 3Eritrea 2Istria-Trieste 2Regia Azienda Monopolio Banane 4 Ex iugoslave 2

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Capo Alga, Burano, Todaro, Atlanta, Eugenio C. e Ida dalle Canarie, i piroscafi Frisco,Mombaldo, XXIV maggio, Butterfly e Africana dal Brasile.

(46) Come i piroscafi Sangro ed Ernani, la motocisterna Franco Martelli e il piro-scafo Stella, che venne catturato.

Le navi passeggeri, invece, furono prevalentemente impiegate per il tra-sporto di truppe verso i fronti oltremare quali la Libia, l’Albania e, dall’in-verno 1942-1943, la Tunisia, per un totale di 1 242 279 militari italiani. Lenavi adatte a queste missioni, requisite ma non militarizzate, provenivanotutte dalla flotta della “Finmare”, quindi navi dello Stato, e sempre conequipaggi della Marina mercantile. Inizialmente, nei primi mesi del 1941, ildispiegamento in Africa del corpo di spedizione tedesco, l’Afrikakorps, puòessere annoverato fra i grandi successi della nostra Marina.

Oltre al trasporto di truppe era vitale anche il rifornimento di armi,munizioni, viveri e, soprattutto, carburante, per gli eserciti impegnati oltre-mare. Purtroppo, le navi che avrebbero potuto assolvere al meglio questafunzione erano proprio quelle unità, le migliori della Marina mercantile,che rimasero fuori dal Mediterraneo all’inizio del conflitto; di conseguenza itrasporti vennero affidati a unità vecchie di almeno cinquant’anni, non pre-parate alle rotte di guerra. Quindi, si cercò di ovviare a queste mancanzecon la costruzione di nuove motonavi che, pur essendo di ottima qualità,dal punto di vista numerico erano drammaticamente scarse. Queste nuoveunità, ordinate ai cantieri navali alla vigilia della guerra, finirono sotto ilcontrollo della Regia Marina(47) e costituirono la spina dorsale dei convogliper la Libia. A causa del loro intenso impiego subirono enormi perdite, cosìfu varata la legge 12.5.42, n. 797, e poi il r.d.l. 7.12.42 n. 1808, che obbli-gava gli armatori di navi perdute a reimpiegare in costruzioni o in acquistodi nuove navi le indennità di perdita liquidate agli stessi dalle amministra-zioni per conto delle quali le navi erano state requisite o noleggiate, o dagliistituti di assicurazione per le navi assicurate.(48)

Un altro settore della guerra navale nel quale venne fatto largo impiegodi navi civili fu quello del cosiddetto naviglio “minore”. Molti rimorchiato-ri, motopescherecci e trasporti costieri, circa 2207 unità civili, vennero re-

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(47) Completate e fornite d’equipaggio da parte della società proprietaria, veniva-no dotate d’armamento antiaereo e di un nucleo di marinai del Corpo Reale EquipaggiMarittimi (C.R.E.M.) per gestire le armi imbarcate; inoltre, come su tutte le unità re-quisite, veniva affiancato al capitano della nave un ufficiale proveniente, di solito, dallariserva della Regia Marina.

(48) Le navi più moderne ebbero un’attività molto intensa e spesso un destino tra-gico; tra queste vennero affondate la Lerici, dell’armatore Bibolini di Genova, le quattromotonavi del “Lloyd Triestino”, le tre della “Navigazione Alta Italia” (Monginevro, Mon-viso e Monreale), dieci della “Tirrenia” e otto – su nove – della “SIDARMA”.

quisiti per una grande varietà di compiti: Vedette Foranee (V),(49) CompitoAntisom (AS )(50) e Dragaggio (F-B-G-R-DM ).(51)

Molte altre piccole unità vennero requisite per il “pilotaggio” (136, conla caratteristica P), la guardia alle ostruzioni (118 unità, con la caratteristicaO) e i servizi portuali (94 unità, con la caratteristica Z).

Durante la campagna contro la Grecia furono requisite altre unità percostituire le “Forze Navali Speciali” da utilizzare in occasione di uno sbarconell’isola di Corfù, che poi non venne effettuato. Si cercò, poi, di utilizzarequesta nuova formazione per uno sbarco nell’isola di Malta, anche questomai eseguito, utilizzando alcune navi di tipo particolare, come i motoscafi ei vaporetti di proprietà dell’A.C.N.I.L. di Venezia – cioè quelli della naviga-zione lagunare – e decine di “bragozzi” dell’Adriatico. Successivamente mol-te di queste unità vennero utilizzate nel novembre del 1942 per lo sbarco inCorsica.

Le cause di affondamento delle navi mercantili italiane furono molte-plici. Durante la navigazione, la maggior parte degli attacchi alleati con ae-rosiluranti veniva effettuata verso la sera, quando non erano presenti gli ae-rei di scorta della Regia Aeronautica e della Luftwaffe. Terribili furono an-che i continui bombardamenti aerei cui vennero sottoposti, dal 1940 al1943, molti porti italiani, come quelli anglo-americani su Napoli, Palermo,Cagliari e Messina e, dal 1943 al 1945, quelli tedeschi su Genova, La Spe-zia, Trieste e Bari.(52) Gli attacchi condotti con navi di superficie ebbero mi-

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(49) Il compito ufficiale di queste 260 navi era di preavvisare con anticipo l’avvici-narsi alle coste di velivoli provenienti dal mare; però, potevano svolgerne anche moltialtri come il pilotaggio, la scorta e i collegamenti con le isole o basi minori.

(50) Queste 66 unità, costituite per gran parte da motopescherecci o piccoli piro-scafi, erano adibite al pattugliamento di zone costiere e al contrasto dell’attività deisommergibili britannici che si spingevano verso le coste italiane per attaccare piccoliconvogli o addirittura pescatori al lavoro. Nonostante un’intensa attività, i loro risultatifurono assai scarsi, sia per la limitata efficienza degli strumenti di ricerca loro assegnati,sia per la minima potenzialità di quelli di attacco.

(51) Per questo compito venne requisito il maggior numero di unità, circa 983,con diverse specializzazioni che venivano contraddistinte da una caratteristica distintiva:la F indicava il dragaggio foraneo, la B indicava il dragaggio ravvicinato, la G il dragag-gio d’altura, la R il dragaggio d’altura medio e DM il dragaggio magnetico.

(52) Pesanti conseguenze ebbe l’attacco aereo condotto sul porto di Bari dalla Luft-waffe, nel dicembre 1943, che distrusse quasi venti navi mercantili, italiane e alleate, ecausò centinaia di morti fra marittimi e portuali per l’esplosione di una nave statuniten-se carica di bombe all’iprite.

nori conseguenze, anche se gli effetti furono drammatici; ne fu un esempiola completa distruzione del “convoglio Tarigo”, avvenuta nelle prime ore del16 aprile 1941, quando cinque navi mercantili italiane e i tre cacciatorpedi-niere di scorta vennero affondati da una formazione composta da quattrocacciatorpediniere britannici, dotati di Radar, di cui uno venne affondato.Nell’autunno del 1941 si registrò un grande aumento degli attacchi aerei edei sommergibili britannici. In settembre e in ottobre un sommergibile,l’Upholder, affondò le grandi motonavi passeggeri Neptunia e Oceania; tut-tavia le percentuali di merce consegnata non variarono di molto. Con ilproseguire dei mesi, la pressione sui nostri convogli si fece sempre maggio-re, e raggiunse il suo apice fra ottobre e novembre con il sistematico attacco,permesso anche grazie al sistema di decrittazione britannico ULTRA, allenavi cisterna italiane da parte di aerei e sommergibili, come la distruzionedel convoglio Duisburg (sette navi mercantili e due cacciatorpediniere af-fondati).

Tuttavia, durante il conflitto la Marina mercantile incrementò la suaflotta grazie a una cinquantina di mercantili tedeschi – che rimasti in Me-diterraneo all’inizio della guerra, combatterono al fianco degli italiani – ealla cattura di diverse navi nemiche. Dopo la cattura di due piroscafi britan-nici nel 1940,(53) la maggior parte delle navi prese al nemico si verificò nel-la primavera del 1941, dopo le campagne contro la Grecia e la Iugoslavia.A quest’ultima la Regia Marina requisì diverse navi, fra le quali Cattaroe Lubiana, impiegate come incrociatori ausiliari, Traù e Giovanni Ingraocome vedette foranee, Monte Maggiore e Frangipane come unità antisom-mergibili. Nel novembre del 1942, con l’occupazione della Tunisia, del-la Corsica e della Provenza le forze dell’Asse entrarono in possesso di tut-te le navi mercantili francesi, che si spartirono fra tedeschi e italiani;(54)

a questi ultimi spettarono 80 navi. Comunque, non tutte poterono esse-re riequipaggiate per far parte dei convogli che facevano la spola con laTunisia per rifornire le truppe impegnate a contrastare gli anglo-america-ni che avanzavano a tenaglia dalla Libia e dall’Algeria. Queste unità, pe-rò, vennero requisite dalla Regia Marina e assegnate nominalmente a diver-se compagnie armatoriali italiane come la “Finmare” o la “CooperativaGaribaldi”, la quale ultima precedentemente, era stata incaricata di gestire

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(53) Dalesman, poi ribattezzato Pluto nella Regia Marina, e Ulmus.(54) Già nel giugno del 1940 la Francia aveva dovuto cedere all’Italia tre navi ci-

sterna, Proserpina, Saturno e Capo Pino come risarcimento di precedenti affondamenti.

le navi sussidiarie dello Stato. L’apertura di un nuovo fronte di guerra con l’occupazione della Tunisia,

in seguito allo sbarco anglo-americano in Marocco e in Algeria alla fine del1942, aggravò ancor di più le difficoltà cui andava incontro la Marina ita-liana nel garantire le scorte ai convogli diretti in Africa. La cosiddetta “rottadella morte”, quel corridoio diretto verso Tunisi creato fra due campi minatiposizionati dalla Marina italiana per limitare l’intervento delle navi britan-niche, si trasformò in un percorso obbligato che costrinse i convogli italiania subire incessanti attacchi aerei da parte di stormi di bombardieri e aerosi-luranti alleati, che causarono la distruzione di 154 mercantili e il danneg-giamento di altri 138 sui 388 impiegati.

Durante il conflitto la posa di mine fu una delle forme di guerra piùdiffuse in Mediterraneo; tutti i belligeranti posizionarono sbarramenti siadifensivi sia offensivi. A questo compito specifico vennero destinate diverseunità requisite dalla Marina mercantile: incrociatori ausiliari, piroscafi deldragaggio foraneo e, soprattutto, alcuni traghetti delle Ferrovie dello Sta-to,(55) che possedevano una delle caratteristiche più tipiche delle navi posa-mine: un ponte interamente occupabile dalle mine; di contro, però, essendounità di piccolo tonnellaggio e di scarso pescaggio non riuscivano a reggerebene il mare grosso. Alla fine, la cosiddetta battaglia dei convogli terminòcon l’occupazione britannica di Bengasi e Tobruch e la conseguente cadutadi Tripoli, il 23 gennaio 1943.

All’indomani dell’8 settembre 1943, venne impartito da Roma alle au-torità portuali di tutto il paese, agli armatori, ai capitani mercantili, l’ordinedi impedire a ogni costo la cattura delle proprie unità mercantili da partedei tedeschi, e di aderire invece alle eventuali richieste di requisizione deicomandi alleati. Purtroppo nell’Italia settentrionale non poté essere eseguitoil primo ordine per mancanza di tempo: alcune unità si autoaffondarono equasi nessuna riuscì a raggiungere i porti meridionali, già liberati, comequelli della Puglia e della Sicilia.(56) Le navi che prestarono servizio sotto i

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(55) Scilla, Cariddi, Villa, Reggio, Aspromonte.(56) Tra le navi che tentarono questa impresa, ci fu la motonave Vulcania, che partì

da Trieste l’8 settembre per imbarcare a Pola gli allievi di complemento dell’AccademiaNavale. La sera del 10 settembre il comandante dei corsi, capitano di vascello Enrico Si-mola, non se la sentì di proseguire la navigazione con un equipaggio così inesperto, e ilgiorno dopo fece sbarcare gli allievi, che vennero internati quasi tutti in Germania, e fe-ce incagliare la nave nei pressi dell’isola di Brioni ordinando che fosse sabotata; ma l’or-

tedeschi furono ben poche, e i marittimi italiani si sottrassero spesso all’im-barco con resistenze e diserzioni, al punto che nel 1944 l’amministrazionetedesca dovette elevare formale protesta alla Repubblica di Salò, che cercòdi proteggere i marittimi dalle rappresaglie tedesche e di tutelare gli interessidegli armatori. Molte navi catturate dai tedeschi vennero autoaffondate co-me sbarramenti nei porti, come la nave passeggeri Marco Polo alla Spezia, oil transatlantico Augustus a Genova, dove si trovava per essere trasformatonella portaerei Sparviero.(57) Stessa sorte ebbero le due più famose navi-lidoitaliane:– Il Rex fece il suo ultimo viaggio come transatlantico commerciale nella

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Il transatlantico Rex mentre entra in un porto italiano. (Fototeca USMM)

dine non venne eseguito. Una settimana dopo la motonave venne presa dai tedeschi,disincagliata e condotta a Venezia, carica di prigionieri italiani catturati a Pola, dove ri-mase inattiva fino al termine del conflitto.

(57) L’Augustus, costruita nel cantiere navale Ansaldo di Sestri Ponente, era stata lapiù grande motonave passeggeri al mondo.

primavera del 1940. Sebbene fosse in progetto la trasformazione del Rexin una portaerei, venne impiegato solo come nave ospedale per il traspor-to dei feriti dal nord Africa all’Italia. La sera dell’8 settembre 1944, nelleacque di Capodistria, venne attaccato con bombe e siluri da aerei anglo-americani e bruciò per quattro giorni prima di affondare.

– Il Conte di Savoia venne adibito a nave per il trasporto di truppe verso laLibia. L’11 settembre 1943 gli toccò la stessa sorte del Rex, bombardatoperò da aerei tedeschi mentre era ancorato nel porto di Malamocco, nel-l’Isola del Lido di Venezia.

Non bisogna poi dimenticare il fondamentale impiego delle navi ospe-dale per il trasporto dei feriti. Furono utilizzate per questo scopo dodici na-vi, tutte di società pubbliche,(58) e nove di queste furono perse durante laguerra: quattro furono affondate per siluramento e due furono catturate daitedeschi.(59) Queste navi accolsero 281 260 feriti e malati in 467 missioni ditrasporto e 156 di soccorso in mare aperto. Alcune di queste come l’Aqui-leia, l’Arno, la California e la Gradisca riportarono in Italia migliaia di feritie ammalati; la Gradisca prese parte, nel marzo del 1941, al salvataggio deinaufraghi dopo la battaglia navale di Matapan. Proprio a questo scopo, du-rante il conflitto, operarono sette navi soccorso – specializzate nel recuperodi naufraghi, di piloti e di aerei abbattuti – che, nonostante recassero le in-segne di navi ospedale, non furono riconosciute come tali dal nemico e ven-nero attaccate per tutta la durata della guerra.(60)

Un’operazione quasi del tutto sconosciuta riguarda il salvataggio e ilrientro in patria degli italiani dall’Africa Orientale, quasi 28 000 tra don-ne, bambini e uomini, con l’impiego di quattro transatlantici – Saturnia,Vulcania, Duilio e Giulio Cesare(61) – e due petroliere – Arcole e Taigete –sotto l’egida del Comitato Internazionale della Croce Rossa, effettuatoin tre viaggi di circumnavigazione dell’Africa tra il 2 aprile 1942 e l’11 ago-

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(58) Le società di navigazione erano state già avvisate prima della guerra riguardole navi che sarebbero state requisite per tale scopo, e negli arsenali erano conservate lescorte (letti, biancheria, articoli sanitari) per un rapido allestimento delle unità.

(59) Una delle unità sopravvissute al conflitto, la Gradisca, fu perduta per incaglionel gennaio 1946.

(60) Sei di queste navi – Epomeo, Capri, Leta, Giuseppe Orlando, San Giusto e Sor-rento – furono affondate durante il conflitto, e la settima, la Laurana, venne catturatadai britannici in Tunisia nel maggio del 1943.

(61) Queste ultime due vennero affondate nel 1944 da bombardamenti aerei nellabaia di Muggia.

sto 1943. Va ricordato anche lo scambio di prigionieri grandi invalidi italia-ni, britannici e tedeschi avvenuto davanti a Smirne, in Turchia, tramite lenavi passeggeri Gradisca e Città di Tunisi,(62) che viaggiavano con lo scafodipinto di bianco e una grande scritta, “PROTECTED”, sulle fiancate.L’impegno della Marina mercantile proseguì anche dopo la guerra, quandoil Toscana, un vecchio piroscafo del gruppo “Regioni” acquistato al tempodella campagna d’Etiopia, imbarcò 46 460 tra feriti, malati, profughi edesuli da Pola nel 1947, ed emigranti per l’Australia in una continua attivitàcon un totale di 54 missioni e viaggi fino al suo disarmo seguito dalla de-molizione.

Nonostante gli enormi sacrifici, la Marina mercantile assicurò i collega-menti marittimi effettuando 4500 convogli (una media di quattro al gior-no) con il trasporto di 1 200 000 uomini e 4 500 000 t di materiali, suben-do perdite del 7%-9% in uomini e del 14%-29% nei materiali, con unmassimo del 29% nei carburanti, particolarmente presi di mira; partecipò aiservizi di prima linea con 1700 navi maggiori e minori con 25 000 uominid’equipaggio contando 7164 caduti. I mercantili assolsero sempre al megliole loro missioni, tanto che la catena dei rifornimenti non venne mai meno:di 4 199 375 t di merci imbarcate, solo 449 225 t non giunsero a destinazio-ne, cioè il 10,5%.

Tuttavia, andò perduto un patrimonio immenso non solo per quantoriguardava il numero e la qualità delle navi, ma anche, e soprattutto, per lemigliaia di marinai scomparsi in mare, un totale di 7164 Caduti su circa25 000 naviganti iscritti nei ruoli, fra questi:

CAUSE MARITTIMI CADUTI

A bordo di Navi requisite e non 3257

A bordo di Naviglio ausiliario 310

Durante la prigionia 537

Quale solenne atto di riconoscimento della Nazione al valore e al sacri-ficio dei marinai delle navi mercantili, l’11 aprile 1951 la bandiera dellaMarina mercantile, per decreto del presidente della Repubblica Luigi Ei-

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(62) Riclassificata, per questo, dal precedente ruolo di incrociatore ausiliario.

naudi, venne decorata con la Medaglia d’Oro al Valore Militare,(63) conse-gnata a Genova il 16 settembre successivo.(64)

Conclusioni

Non bisogna mai dimenticare che nella Storia italiana la Marina mercantileè stata sempre presente nei momenti critici, chiara dimostrazione che l’Italianon può fare a meno di una flotta adeguata ed efficiente, con infrastrutturee attenti interventi legislativi di sostegno, tali da poter affrontare ogni eve-nienza.

In pochi anni la Marina mercantile, durante il “Ventennio”, subì unagrande evoluzione. Rappresentò uno dei motori fondamentali dell’econo-mia italiana, in particolare nel servizio delle navi passeggeri, che da modestoapparato per viaggiatori meno abbienti, si era trasformato in un superbo ca-talizzatore internazionale per i più ricchi benestanti. La capacità di attirarepasseggeri dipendeva dalle dimensioni e dalle caratteristiche della nave, lacui efficienza e grandezza rappresentava un investimento, ma anche esposi-zione e rischio per l’armatore. La crescita di esperienza e capacità dei cantie-ri navali italiani attirò sempre più gli armatori, che solitamente commissio-navano le proprie navi a cantieri stranieri, permettendo la costruzione inItalia delle navi più prestigiose, tali da rendere sempre più viva la presenzaitaliana sulle rotte internazionali. Già a metà degli anni ’30 la Marina pas-seggeri era stata dotata di un’intera flotta di nuove navi, che per modernità,velocità, ricchezza e perfezione tecnica erano considerate fra le migliori delmondo. Nel corso del decennio, poi, un naturale processo di aggregazionedelle varie compagnie delle grandi navi passeggeri italiane sarebbe continua-to fino alla costituzione di una solida flotta nazionale.

Scelte politiche e militari non altrettanto intelligenti contribuirono aportare la Marina mercantile alla distruzione durante il secondo conflitto

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A. Savoretti - La Marina mercantile durante il Ventennio fascista

(63) Motivazione: “Per l’eroico valore, la capacità e l’abnegazione dimostrate sui maridai suoi equipaggi e per il sacrificio dei suoi uomini migliori e delle sue Navi, nel corso diun lungo aspro conflitto contro agguerriti avversari. (Zona di Operazioni 10 giugno 1940-8 maggio 1945)”.

(64) Alla cerimonia facevano da sfondo le motonavi Saturnia Conte Grande eItalia, l’incrociatore Garibaldi, le corvette Ibis e Chimera, ed era presente, come alfiere,il capitano di lungo corso Cesare Rosasco, anch’egli Medaglia d’Oro al Valore Militare.

mondiale. Per quanto riguardava le scelte politiche, il programma di riarmonavale italiano tra le due guerre, come già sottolineato, puntò esclusivamen-te sulle corazzate e sui sommergibili, relegando ai margini le navi di scortache sarebbero state molto utili nella protezione dei convogli. A fronte del-l’imponente sforzo del regime, che creò una forte ed efficiente Marina mer-cantile, poi, fece riscontro la scellerata decisione politica di entrare in guerranonostante la precisa conoscenza di quanta parte della più moderna flottamercantile nazionale si trovasse sparsa per il mondo o in porti divenuti osti-li, dove venne catturata, privando l’Italia di uno strumento fondamentaleper i trasporti e i rifornimenti.

Alla fine del conflitto, nel maggio del 1945, rimasero solo 95 navi mer-cantili italiane superiori alle 500 t, per un totale di 336 810 t, il 10% diquelle esistenti all’inizio del conflitto. I porti italiani vennero in gran partedistrutti, e ci vollero anni per liberarli dai relitti e ricostruirli; anche la navi-gazione di cabotaggio, un tempo molto attiva, dovette ripartire da zero.

Tra catture, affondamenti e distruzioni, della grandiosa flotta passeggerisarebbe rimasto ben poco alla fine della guerra. Nella maggioranza dei casirestarono relitti semiaffondati, scafi da ricostruire e cumuli di ferro da de-molire. Alla fine del conflitto, l’Italia perse in tutto 31 delle sue 37 navi pas-seggeri, e le due unità più vecchie della compagnia “Italia Navigazione”, Sa-turnia e Vulcania, continuarono il loro servizio fino al 1965, quando venne-ro sostituite dalla Michelangelo e dalla Raffaello; si dovette contare sulle po-che navi passeggeri rimaste in servizio per riprendere il traffico civile, fonda-mentale nei primi mesi del dopoguerra. Nonostante questo, la cantieristicaitaliana riprese l’attività nel dopoguerra, e furono messi in servizio altri cele-bri transatlantici nei decenni successivi. Dopo il naufragio dell’Andrea Do-ria, nel luglio del 1956, e dopo la crisi che limitò la competitività delle navipasseggeri e il trasporto nautico sulle grandi distanze tra gli anni ’60 e ’80, afavore dell’aviazione, negli anni ’90 riprese un nuovo fulgore testimoniatodal primo posto italiano di “Fincantieri” nel settore delle grandi navi dacrociera che, nonostante lo sciagurato incidente occorso alla Costa Concor-dia nel gennaio del 2012, continua tuttora.

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Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Dicembre 2013