LA MANIPOLAZIONE IN SICUREZZA DEI FARMACI … · manipolazione in sicurezza dei chemioterapici ......

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1 LA MANIPOLAZIONE IN SICUREZZA DEI FARMACI ANTINEOPLASTICI di Luciano Villa Dirigente Medico del Lavoro dell’Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna [email protected] , Professore a contratto alla Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Pavia; CC/OMS – Centro di Collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Dipartimento di Medicina del Lavoro Università degli Studi di Milano.

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LA

MANIPOLAZIONE

IN SICUREZZA

DEI FARMACI

ANTINEOPLASTICI

di

Luciano Villa

Dirigente Medico del Lavoro dell’Azienda Ospedaliera della Valtellina e

della Valchiavenna [email protected] ,

Professore a contratto alla Scuola di Specializzazione in Medicina del

Lavoro, Università degli Studi di Pavia;

CC/OMS – Centro di Collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della

Sanità, Dipartimento di Medicina del Lavoro Università degli Studi di

Milano.

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INTRODUZIONE La terapia con chemioterapici antiblastici è in continua espansione e comporta dei rischi non solo per i pazienti ma anche per il personale professionalmente esposto a questi preparati. Il D.Lgs. 626/94 pone particolare enfasi alla informazione e formazione del personale nei riguardi dei rischi occupazionali con precisi obblighi anche a carico dell’azienda sanitaria e/o ospedaliera. Condizione determinante per la manipolazione in sicurezza dei chemioterapici antiblastici, come di tutte le sostanze a rischio, è la formazione di una coscienza responsabile tra gli esposti, perciò il personale esposto al rischio specifico dovrà essere coinvolto in specifici momenti di informazione-formazione-aggiornamento nell’ambito di programmi globali e permanenti di prevenzione promossi dalle aziende sanitarie ed ospedaliere. Approfondite valutazioni di autorevoli organismi internazionali elencano numerosi chemioterapici antiblastici tra le sostanze cancerogene per l'uomo o sospette tali. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità classifica molti chemioterapici antiblastici tra i cancerogeni certi o probabili per l’uomo. La Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale (CCTN), in base al quesito posto dal Presidente dell'ISPESL Dr. Antonio Moccaldi ed i suggerimenti avanzati dal compianto Presidente della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) Prof. Antonio Grieco, ha raccomandato ai Ministeri competenti l'inclusione delle attività di preparazione, impiego e smaltimento di farmaci antiblastici ai fini di trattamento terapeutico nell'allegato VIII del Decreto Legislativo 626/94, ovvero tra le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati inducenti un rischio cancerogeno. La Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale (CCTN) ha indicato anche la necessità che tali farmaci, in ambito ospedaliero, vengano trattati con le medesime cautele delle sostanze cancerogene. E’ importante che venga ora sollecitamente promosso l’iter burocratico per l’inclusione dei chemioterapici antiblastici nell’elenco delle sostanze cancerogene dell’allegato VIII del D.Lgs. 626/94. Ne deriva che, pur tenendo presente la tipologia delle realtà e degli ambienti di lavoro attuali, la manipolazione dei chemioterapici antiblastici deve essere eseguita in situazioni protette e da personale qualificato, debitamente informato dei rischi e formato ad operare in sicurezza a garanzia della propria salute e degli inalienabili diritti assistenziali dei pazienti. Numerosi chemioterapici antiblastici, pur segnalati dalla letteratura e dalla IARC come cancerogeni per l'uomo, non sono stati inclusi fra gli oncogeni professionali indicati dal D.Lgs. 626/94 negli allegati all'Art. 61 "Agenti cancerogeni per l'uomo". Questa lacuna, che il Gruppo di Lavoro dell'ISPESL "La prevenzione dei rischi professionali derivanti dall'uso di chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario" (cui l’Autore ha partecipato) tramite la Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale ha chiesto ai Ministeri competenti di colmare, non deve essere comunque sopravvalutata nella sua importanza, in quanto il decreto permette altresì di svolgere una appropriata prevenzione anche per i rischi "non tabellati" dalla vigente normativa.

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Infatti il D.Lgs. 626/94 pone al centro di tutte le attività preventive la valutazione dei rischi e conseguentemente gli interventi di prevenzione primaria e secondaria. Non tutti i chemioterapici antiblastici sono cancerogeni, e quelli cancerogeni non sono tali in uguale misura. Tuttavia, comunemente, la preparazione delle soluzioni dei diversi farmaci per i trattamenti antiblastici avviene nel medesimo ambiente e spesso il trattamento di ogni singolo paziente comprende diversi farmaci in miscela o in sequenza. Pertanto è opportuno considerare unitariamente ogni attività intesa a fornire di trattamento antitumorale i pazienti che ne necessitano. Inoltre, l'attività comporta dei rischi di contaminazione ambientale extralavorativa, a causa delle pratiche di smaltimento dei residui. La CCTN ritiene comunque che le attività in questione comportino rischi anche diversi da quelli cancerogeni, ed in particolare di eccesso di interruzioni involontarie di gravidanza e di ipersensibilità cutanee. Si ritiene infine che la problematica della protezione dei lavoratori esposti a chemioterapici antitumorali debba essere portata anche all'attenzione della Unione Europea. Attualmente non è noto a che punto è giunto l’iter burocratico per l’inclusione dei chemioterapici antiblastici nell’elenco delle sostanze cancerogene dell’allegato VIII del D.Lgs. 626/94. Ne deriva che, pur tenendo presente la tipologia delle realtà e degli ambienti di lavoro attuali, la manipolazione dei chemioterapici antiblastici deve essere eseguita in situazioni protette e da personale qualififcato, debitamente informato dei rischi e formato ad operare in sicurezza a garanzia della propria salute e degli inalienabili diritti assistanziali dei pazienti. La normativa di riferimento, costituita dal D. Lgs. 626/94, dal Decreto 18.02.99, dal Provvedimento 05.08.99 «Documento di linee guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario» (G.U. ser. gen. n. 236 del 07.10.99), dal D. Lgs. N. 66 del 25.02.2000 “Titolo VII: protezione da agenti cancerogeni mutageni” e dal Decreto della Regione Lombardia n. 31139 dell’11.12.01 ”Linee Guida sui chemioterapici antiblastici.”, pone particolare enfasi all’informazione e formazione del personale nei riguardi dei rischi occupazionali con precisi obblighi anche a carico dell’azienda sanitaria e/o ospedaliera. Condizione determinante per la manipolazione in sicurezza dei chemioterapici antiblastici, come di tutte le sostanze a rischio, è la formazione di una coscienza responsabile tra gli esposti. Il personale soggetto al rischio specifico dovrà essere coinvolto in specifici momenti d’informazione-formazione-aggiornamento nell’ambito di programmi globali e permanenti di prevenzione promossi dalle aziende sanitarie ed ospedaliere. L'esempio specifico dell'esposizione professionale a chemioterapici antiblastici permette anche di fare alcune considerazioni sulle interpretazioni piuttosto restrittive che vengono negli ultimi tempi fatte in merito alle funzioni del Medico Competente. Questa figura infatti viene praticamente "declassata" al ruolo di medico addetto alla sorveglianza sanitaria da effettuare solo quando la legislazione precedente ne faccia espressa previsione, come ad esempio nel caso delle tabelle allegate all'Art. 33 del D.P.R. 303/56. Da un'attenta lettura del decreto emerge chiaramente che i compiti del medico competente sono, invece, molto ampi. In particolare, il medico competente deve partecipare alla valutazione dei rischi presenti negli ambienti di lavoro, collaborando strettamente con il responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai Rischi. Il legislatore ha quindi voluto chiaramente indicare che la valutazione dei rischi è una procedura che richiede un approccio multidisciplinare, nell'ambito del quale il sanitario è chiamato a fornire un'interpretazione biologica del

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rischio. Nel corso di questa attività è possibile che vengano evidenziati rischi che non figurano in nessuna delle leggi attualmente vigenti e per i quali non viene prescritta la sorveglianza sanitaria e quindi proprio lo spirito del D.Lgs. 626/94 permette di superare quegli automatismi che precedenti leggi (in particolare il D.P.R. 303/56) hanno fino ad oggi imposto, cioè l'obbligatorietà degli accertamenti sanitari a fronte di "cause di rischio" indicate dalla legge. Da quanto sopra esposto appare evidente invece, come la Sorveglianza Sanitaria debba ritenersi obbligatoria in tutte quelle situazioni in cui ne emerga la necessità a seguito della valutazione dei rischi. Le responsabilità delle attività di prevenzione non ricadono solo sul datore di lavoro, sul responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e sul medico competente, ma anche sui lavoratori, sui dirigenti e sui preposti. Da ciò deriva l'importanza che indicazioni quali queste, sensibilizzino le sopraccitate categorie e figure, affinché negli ambienti di lavoro la prevenzione subisca un' accelerazione ed un miglioramento qualitativo. Pur prendendo atto che, in quanto preparati farmacologici, i farmaci antineoplastici non vengono considerati ai fini dell'etichettatura tra le menzioni R 45 o R 49 ("può provocare il cancro") delle Direttive CEE 67/548 e 88/379 (Titolo VII "Protezione da agenti cancerogeni" D.Lgs. 626/94), in base ad approfondite valutazioni da fonte autorevole si ritiene che, in ottemperanza all'Art. 3 D.Lgs. 626/94, debbano essere adottate le più rigorose cautele. La pratica quotidiana da una parte e la verifica scientifica sui dati derivanti da programmi di formazione ed educazione sanitaria applicati sul campo, inducono a ritenere che queste azioni di prevenzione rivestono una notevole importanza, consentendo di ottenere degli importanti provvedimenti preventivi, la cui efficacia può essere verificata anche a distanza di tempo. Da ciò deriva la necessità che l’applicazione di questi strumenti preventivi avvenga contestualmente sia ad indagini ambientali che ad una verifica dei livelli di conoscenza che i soggetti interessati hanno sul problema in oggetto. In tempi prestabiliti e periodicamente sarà successivamente necessario ripetere tali verifiche al fine di accertare se, a fronte della acquisizione delle informazioni, siano stati ottenuti miglioramenti in ordine alla prevenzione. 1.0.0 POSSIBILI EFFETTI DELL'ESPOSIZIONE PROFESSIONALE A FARMACI 1.1.0 EFFETTI ALLERGICI Pur in carenza di rilievi epidemiologici sulla consistenza reale del problema, è fuor di dubbio che la patologia allergica è la più descritta in concomitanza all'uso professionale di farmaci (61). Prevalgono le dermopatie delle mani, che possono anche raggiungere le caratteristiche cliniche dell'eczema. Non mancano, in letteratura, le descrizioni di casi di orticaria, prurito e rush eritematoso delle mani e avambracci, rinite, asma bronchiale, edema della glottide e, in modo del tutto sporadico, shock anafilattico. Gli antiblastici sono tra i farmaci che maggiormente provocano una risposta positiva ai test evidenzianti l'avvenuta sensibilizzazione e possono essere all'origine di molte allergie.

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Oltre alle conseguenze dirette che potrà sopportare l'organismo in caso di reazione allergica, l'operatore sanitario potrà subire anche un altro danno significativo; egli non potrà infatti mai più usare per fini terapeutici, neppure dopo una serie di anni, il farmaco che ha provocato l'allergia. 1.2.0 EFFETTI FARMACOLOGICI Sono stati descritti, in gruppi di operai addetti alla preparazione, effetti farmacologici (come ad esempio da cortisonici, ormoni), ma, ad eccezione dei chemioterapici antiblastici, non si sono mai rilevati effetti professionali sul personale sanitario che li manipola. 2.0.0 ELEMENTI DI TOSSICOLOGIA DEI CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI I farmaci antineoplastici sono dotati in generale di potere irritante a carico della cute e delle mucose. Inoltre possono provocare effetti tossici locali (flebiti, allergie, necrosi dei tessuti) e sistemici (come ad esempio allergie, shock e tossicità su organi). Esprimono inoltre un grado variabile di tossicità e, in particolare, differenti effetti locali in caso di stravaso (tab.1 A). In tale evenienza si possono registrare sia effetti locali di poco conto, sia fenomeni irritativi di intensità variabile (ad esempio edema venoso senza danno tessutale), sia reazioni tessutali complesse che macroscopicamente evolvono nella formazione di vesciche (specialmente da alchilanti). A questi fenomeni si accompagna una marcata necrosi cellulare, con lesioni che possono dare anche origine a ulcere di gravità ed estensione variabili a seconda dell'entità della contaminazione. Ne è da dimenticare la tossicità esercitata da chemioterapici antiblastici su vari organi e apparati, osservata nei pazienti trattati. Tra gli effetti a breve termine si possono ricordare l'alopecia, le stomatiti, le leucopenie e le anemie; tra quelli a medio termine: le epatopatie, le nefrosi e le aplasie midollari; a lungo termine l'insorgenza di un secondo tumore, le miocardiosclerosi. TAB. 1: TOSSICITA' LOCALE DA ESPOSIZIONE A CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI (da S.Palazzo,1995) A) nel paziente da extravasazione Non irritanti Irritanti Vescicanti *L\- Asparginasi °Carmustina °Daunorubicina *Bleomicina * Cisplatino °Doxorubicina *Ciclofosfamide °Dacarbazina °Epidoxorubicina *Citarabina *Fluorouracile *Etoposide *Methotrexate °Mecloretamina *Tiothepa °Mitramicina °Mitomicina C *Ifosfamide *Mitoxantrone °Vinblastina °Vincristina °Vindesina °Actinomicina-D *Amsacrina *Taniposide *Taxolo * da GREM et Al, 1995.

° da YARBRO 1992.

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B) negli operatori sanitari Farmaco cute mucose mucose respiratorie congiuntivali

Mecloretamina vescicante vescicante vescicante

Carmustina dermatite, iperpigmentazione Methotrexate dermatite

Cisplatino, Paraplatino Iproplatino orticaria asma Doxorubicina dermatite congiuntivite

Fluorouracile dermatite epifora Ciclofosfamide rash eczematoso

Citarabina opacizzazione ulcero corneali

Vinblastina cheratopatia puntata Etoposide congiuntivite

Secondo la IARC (International Agency for Research on Cancer, l'Organismo dell' Organizzazione Mondiale della Sanità deputato alla valutazione del rischio cancerogeno da sostanze chimiche per l'organismo umano) vi è la possibilità da parte di diversi farmaci antitumorali di provocare l'insorgenza di tumori nell'organismo umano dei pazienti trattati per patologie non tumorali, ad esempio: induzione di immunosoppressione per trapianti d'organo. Nuovi tumori, non facenti parte della storia naturale della patologia primitiva, sono stati inoltre segnalati in pazienti affetti da tumori solidi trattati con antiblastici, in particolare leucemie acute mieloidi.

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TAB. 2: Chemioterapici antiblastici valutati dalla IARC come cancerogeni, o sospetti tali, per l'uomo. Gruppo 1: cancerogeni per l'uomo - 1,4-BUTANEDIOLO DIMETANSULFONATO (MYLERAN) - CICLOFOSFAMIDE - CLORAMBUCIL - 1(2-CLOROETIL)-3(4-METILCICLOESIL)-1-NITROSOUREA (METIL-CCNU) - MELPHALAN - MOPP - N,N-BIS-(2-CLOROETIL)-2-NAFTILAMINA (CLORNAFAZINA)

- TRIS(1-AZIRIDINIL)FOSFINOSOLFURO (TIOTEPA)

Gruppo 2: sospetti cancerogeni: 2A: probabilmente cancerogeni - ADRIAMICINA - ARACITIDINA - BIS(CLOROETIL)NITROSOUREA (BCNU) - CISPLATINO - 1-(2-CLOROETIL)-3-CICLOESIL-1-NITROSOUREA (CCNU) - MOSTARDA AZOTATA- PROCARBAZINA 2B : possibilmente cancerogeni - BLEOMICINA - DACARBAZINA - DAUNOMICINA IARC,1994. - MITOMICINA C L'effetto cancerogeno dei chemioterapici antiblastici non è provocato da meccanismi di immunosoppressione ma dipende da un 'azione diretta sul materiale genetico cellulare. Quasi tutti gli antiblastici elencati nelle tab. 2 e 3 sono risultati capaci, in soggetti di sesso femminile, di effetti riproduttivi (malformazioni fetali e aumentata abortività). Quanto espresso dalla IARC ( tab.2) è il risultato, oltre che della sperimentazione animale, anche di studi su pazienti trattati con antitumorali. 2.1.0. POTENZIALE ESPOSIZIONE DEGLI OPERATORI SANITARI A riguardo, non va dimenticata l'enorme distanza esistente tra le dosi terapeutiche e quelle derivate dall'esposizione professionale. Nondimeno esistono in letteratura risultati sull'esposizione e l'assorbimento di questi farmaci tra operatori professionali esposti e di effetti sul loro patrimonio genetico e sulla gravidanza.

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I dati si riferiscono a solo quattro farmaci; i campioni sono risultati negativi in oltre il 90 % delle misurazioni. Il monitoraggio ambientale risulta positivo solo in situazioni ambientali decisamente contaminate o nel caso di pratiche di lavoro inidonee. E' da osservare infatti che il rilevamento di campioni positivi di farmaci antiblastici aerodispersi è riferito a situazioni di carente organizzazione e di scarse precauzioni con assenza di cabine di aspirazione durante la preparazione e al mancato uso di protezioni personali da parte degli operatori o a situazioni di particolare sovraccarico lavorativo in cui è possibile che non siano state osservate tutte le procedure di sicurezza. TAB. 3: Manifestazioni tossiche più importanti nel paziente in trattamento con

farmaci antitumorali (da: Monfardini S. e Scanni A. 1984)

BERSAGLIO MANIFESTAZIONE TOSSICA

FARMACO

leucopenia tutti tranne ormoni Midollo osseo piastrinopenia bleomicina,I- asparaginasi stomatite adriamicina, bleomicina,

methotrexate, 5fluorouracile diarrea methotrexate,5fluorouracile

tratto gastrointestinale

ileo paralitico vincristina, vinblastina iperpigmentazione bleomicina, busulfan Cute ed annessi alopecia Adriamicina, ciclofosfamide,

actinomicina D, vinblastina parestesie, nevrite periferica vincristina sordità Cis-diamminodicloroplatino

Sistema nervoso

sonnolenza I-asparaginasi turbe del ritmo adriamicina Cuore scompenso cardiaco daunomicina

Polmoni fibrosi bleomicina, busulfan, methotrexate Pancreas pancreatite I-asparaginasi Vescica cistite ciclofosfamide Fegato

disfunzione biochimica epatica (fibrosi)

methotrexate, I-asparaginasi, citosina arabinoside

Rene disfunzione biochimica renale (tubulonecrosi)

methotrexate, cis-diclorodiamminoplatino, mitramicina

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TAB. 4: esempi di determinazione di chemioterapici antiblastici aerodispersi in ambiente di lavoro - l.r. = limiti di rivelabilità.

TAB. 5: esempi di determinazione di chemioterapici antiblastici superficiali in ambiente di lavoro. - (*) : (sui guanti)

OCCASIO

NE DI

FARMACO

N.° CAMPIONI

CONCENTRAZIONI

RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO

E LOCALITA'

ESPOSIZIONE

Totali Contaminati n.° %

FARMACO

(range) µg/mc

DI EFFETTUAZIONE

Preparazi

one

ciclofosfamide 14 1 7,1 0,37 De Werk et Al.,

Chicago, USA 1983

Preparazi

one

5-fluorouracile 14 9 64,2 0,00012-0,083 De Werke et Al.,

Chicago, USA 1983

Preparazi

one

methotrexate 9 0 0 < l.r. De Werke et Al.,

Chicago, USA 1983

Preparazi

one

doxorubicina 9 0 0 < l.r. De Werke et Al.,

Chicago, USA 1983

Preparazi

one

ciclofosfamide 3 0 0 < l. r. (0,05 µ

g/mc)

Sorsa et Al., Helsinki,

Finlandia 1988

Preparazi

one

ciclofosfamide 19 0 0 < l. r. (0,05 µ

g/mc)

Pyy et Al., Helsinki,

Finlandia 1988

Preparazi

one

ciclofosfamide 34 3 8,8 0,218-0,407 Mc Devitt et Al.,

Baltimore, USA 1993

Somminis

trazione

ciclofosfamide 39 0 0 < l. r. Mc Devitt et Al.,

Baltimore, USA 1993

OCCASIO

NE DI

FARMA

CO

MATERIA

LE

N.° CAMPIONI

CONCENTRAZIO

NI

RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO

E LOCALITA'

ESPOSIZIONE

ESAMINA TO

Totali Contaminati n.° %

FARMACO

(range) µg/cm2

DI EFFETTUAZIONE

Preparazi

one

ciclofosf

amide

guanti 31 2 6,5 11-21 µ

g/guanto

Sessink et Al., Nimega,

Olanda 1992

Preparazi

one

5-

fluorour

acile

cappe 36 9 25 0,0002-

0,0018

Sessink et Al., Nimega,

Olanda 1992

Preparazi

one

5-

fluorour

acile

paviment

o

21 15 71,4 0,0002-

0,0107

Sessink et Al., Nimega,

Olanda 1992

Preparazi

one

5-

fluorour

acile

guanti 31 28 90,3 0,7-140 (*) Sessink et Al., Nimega,

Olanda 1992

Preparazi

one

metotre

xate

guanti 31 7 22,6 6-49 (*) Sessink et Al., Nimega,

Olanda 1992

Preparazi

one

ciclofosf

amide

paviment

o, banco,

cabina

34 6 18 0,005-0,035 Mc Devitt et Al.,

Baltimore, USA 1993

Somminis

trazione

ciclofosf

amide

banco,

VDT,

lavandino

42 6 14 0,005-0,027 Mc Devitt et Al.,

Baltimore, USA 1993

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I farmaci vengono determinati su differenti superfici dei locali di preparazione: tavoli, ovviamente piani delle cappe,banchi, lavelli, pavimenti, telefoni, maniglie e ovviamente, guanti. La prevalenza di campioni contaminati è, come si può notare, ben più elevata e notevolmente differenziata sulle superfici dei locali di preparazione. Questi tipi di analisi risultano sensibili, riproducibili ed effettuabili con tecniche relativamente accessibili e poco costose (HPLC-UV) e permettono di valutare la dose accumulata nel tempo. E' inoltre di particolare interesse in quanto la via transcutanea e transmucosa sono tra le modalità d'assorbimento più importanti. Possono essere oltretutto evidenziati anche livelli di esposizione minori a quelli determinabili con la misurazione dei chemioterapici aerodispersi ed escreti con le urine. Numerosi studi hanno messo in evidenza, in alcuni casi, la presenza di chemioterapici antiblastici al di fuori delle cabine di preparazione. A questo proposito è importante sottolineare che le indagini di Mc Deviti e Sessink trovavano plausibile il rinvenimento superficiale di farmaci al di fuori della cabine a flusso laminare verticale per manovre incongrue, come il passaggio di materiale contaminato con il farmaco, dall'interno all'esterno della cappa stessa in presenza di guanti presumibilmente contaminati. Inoltre va rimarcato il fatto che questi campioni risultavano positivi anche in assenza di contaminazione dei campioni d'aria effettuati nei medesimi locali di lavoro.

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TAB. 6: esempi di determinazione di concentrazione urinaria di chemioterapici

antiblastici in addetti alla preparazione. (*) personale addetto allo smaltimento di escreti di pazienti CFLO: Cabina a Flusso Laminare Orizzontale CFLV: Cabina a Flusso Laminare Verticale PP: Protezioni personali (guanti, camice,ecc) (°) : sulle urine delle 24 ore Il dosaggio dei chemioterapici antiblastici nelle urine è, con l'esclusione di un caso, positivo in una notevole percentuale di campioni per livelli di concentrazione anche non elevati che, nel caso per esempio del cisplatino, pone il problema dei limiti o valori di riferimento, in quanto il platino sta diventando un inquinante ambientale ubiquitario, proveniente dalle marmitte catalitiche. In assenza di cappe di aspirazione e di particolari protezioni personali, si è osservata, su personale infermieristico che somministrava 1-2 g circa di ciclofosfamide per turno di lavoro, l'eliminazione urinaria fino a 10 µg/l del farmaco. Nonostante l'adozione di protezioni personali e l'utilizzo di cabine a flusso laminare verticale, in un gruppo di operatori esposti si è misurata un'escrezione di ciclofosfamide fino a 38 µg./l sulle urine delle 24 h (media 11,4 µg/l nelle urine delle

OCCASION

E DI

PROTEZIO

NI

FARMACO

N. ° CAMPIONI

CONCENTRAZIO

NE

RIFERIMENTO

BIBLIOGRAFICO

E LOCALITA'

ESPOSIZIONE

PERSONALI e AMBIENTA

LI

Totali Positivi n.° %

URINARIA FARMACO

(range) µg/l

DI EFFETTUAZIONE

Preparaz

ione

nessuna ciclofosfa

mide

30 8 26,6 0,35-9,08 Hirst et Al., Ontario,

Canada 1984

Preparaz

ione

si PP

CFLO

cisplatino 2 2 100 8,9-2,31 Venitt et Al., Londra

Gran Bretagna 1984

Sommin

istrazion

e

si PP

CFLV

cisplatino 8 8 100 0,6-1,99 Venitt et Al., Londra

Gran Bretagna 1984

Preparaz

ione

si PP

CFLV

cisplatino 9 0 0 ---- Clonfero et Al.,

Padova, Italia 1989

Preparaz

ione

si PP

CFLV

ciclofosfa

mide

17 4 29,4 0,1-0,5 Sessink et Al.,

Nimega, Olanda 1992

Sommin

istrazion

e

no ciclofosfa

mide

5 3 60 0,04-0,1 Sessink et Al.,

Nimega, Olanda 1992

Smaltim

ento (*)

si PP ifosfamid

e

8 2 25 0,01-0,4 Sessink et Al.,

Nimega, Olanda 1992

Preparaz

ione

si PP

CFLV

cisplatino 52 14 26,9 0,0035-0,034 Ensslin et Al.,

Monaco, Germania

1994 (31)

Preparaz

ione

si PP

CFLV

ciclofosfa

mide

31 12 38,7 3,5-38 (°) Ensslin et Al.,

Monaco, Germania

1994

Preparaz

ione

si PP

CFLV

ifosfamid

e

21 4 19 5-12,7 (°) Ensslin et Al.,

Monaco, Germania

1994

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24h., corrispondente all'assunzione di 101 µg) per dosi assorbite di 10.000-100.000 volte inferiori a quelle terapeutiche. Queste metodiche risultano particolarmente utili per evidenziare assorbimenti elevati o in presenza di situazioni meno controllate. 2.2.0 EFFETTI POTENZIALI DELL'ESPOSIZIONE RISCONTRATI SU OPERATORI SANITARI 2.2.1 Evidenza di esposizione a sostanze genotossiche ° Positività ai test di mutagenesi urinaria: con il test di Ames si è riscontrata un'aumentata escrezione di mutageni nell'urina di soggetti professionalmente esposti durante la settimana lavorativa e una significativa diminuzione durante il turno di riposo. Si è inoltre osservata la negatività degli stessi test in esposti in condizioni controllate. ° Formazione di addotti con il DNA in vivo, sia su animali sia in pazienti trattati. 2.2.2 Effetti genotossici ° Aumentata frequenza di aberrazioni cromosomiche nei linfociti:parametro indicativo per un aumentato rischio di tumori a livello di gruppo ma non individualmente Aumentata frequenza di micronuclei nei linfociti (indicatori indiretti di aberrazioni cromosomiche).

Aumento degli scambi tra cromatidi fratelli nei linfociti . Gli studi con positività di aberrazioni cromosomiche e negatività di scambio fra cromatidi fratelli riflettono situazioni bonificate ma con esposizione pregressa maggiore di quella in corso. Gli indicatori citogenetici sono risultati negativi in operatori continuamente esposti in situazioni protette 2.2.3 Effetti sulla gravidanza (I°Trimestre) - Eccesso di abortività spontanea. SONO DATI UNIVOCI RICONFERMATI IN DIVERSI STUDI - Eccesso di gravidanze ectopiche. - Eccesso di malformazioni congenite. Gli studi disponibili suggeriscono una associazione causale tra esposizione professionale a chemioterapici antiblastici nel primo trimestre di gravidanza e un'aumentata abortività. 2.2.4 Effetti sull'organismo a lungo termine ° Leucemia (?)

I dati sulla mortalità per tumore dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici risultano ancora insufficienti per dimostrare in questi soggetti un maggiore rischio di sviluppare neoplasie professionali. Nondimeno esistono dei risultati sull'esposizione e l'assorbimento di questi farmaci tra infermieri professionali che ne risultano esposti, e di effetti sul loro patrimonio genetico e sulla gravidanza, pertanto essi devono essere considerati come potenzialmente esposti a cancerogeni. Gli effetti avversi dei farmaci antitumorali non sono completamente dose-correlati ma possono variare in base alla suscettibilità individuale. Questo significa che per gli operatori esposti al rischio occorre prevedere le massime garanzie. Dobbiamo considerare i chemioterapici antiblastici come sostanze potenzialmente pericolose per gli operatori sanitari che li manipolano. Non possiamo indicare l'entità del rischio, ma, dal momento che sono sostanze capaci di esercitare un'azione genotossica, ne consegue che anche le esposizioni di lieve entità risultano indebite. Nonostante che non tutti i chemioterapici antiblastici sono cancerogeni e che quelli riconosciuti tali non lo sono in egual misura, va nondimeno considerato che la preparazione di questi farmaci avviene nei medesimi ambienti sanitari e che

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frequentemente il protocollo terapeutico comprende diversi chemioterapici antiblastici in miscela o in sequela. Ne deriva l'opportunità, almeno in ambito ospedaliero, di esaminare globalmente l'esposizione a chemioterapici antiblastici in ogni unità che ne effettui la manipolazione.

Sono risultati questi che dimostrano (in presenza di un rischio di inalazione, di deposizione cutanea, di conseguente assorbimento e di escrezione, nonchè di un'azione genotossica dei chemioterapici antiblastici), la necessità dell'adozione sistematica di protezioni adeguate, ivi incluso le cabine a flusso laminare verticale e dell'osservanza di tutte le procedure di sicurezza. Solo misure di prevenzione estremamente rigorose possono minimizzare il rischio di contaminazione ambientale e di potenziale effetto sugli operatori che manipolano questi farmaci. 3.0.0 VIE DI CONTAMINAZIONE 3.1.0 Più frequenti: - Per inalazione (polveri, aerosol,vapori ), - Per contatto cutaneo, 3.2.0 Inusuali: - Per contatto mucoso e delle congiuntive oculari e orofaringee (spruzzi in fase di preparazione e somministrazione), -Per via digestiva (ingestione di cibi o bevande contaminate) 4.0.0 LE MANOVRE A RISCHIO 4.1.0 IMMAGAZZINAMENTO Dalla manipolazione di confezioni di farmaci non integre può originarsi un'esposizione degli operatori incaricati del ricevimento e dello stoccaggio in farmacia e nei luoghi di deposito. 4.2.0 LA PREPARAZIONE dei farmaci antiblastici presuppone l'esecuzione di numerose procedure, nel corso delle quali si possono verificare sia la formazione di vapori e/o di aereosol, sia la diffusione del preparato sotto forma di gocce o spandimenti nelle fasi di: - aperture delle fiale del farmaco; - rimozione dell'ago dai flaconcini dei farmaci; - manovra di riempimento della siringa; - espulsione dell'aria dalla siringa durante il dosaggio del farmaco; - trasferimento del farmaco dal flacone alla siringa o alla fleboclisi. 4.3.0 NELLA SOMMINISTRAZIONE, le manovre più a rischio di contaminazione dell'operatore sono: - l'espulsione dell'aria dalla siringa prima della somministrazione del farmaco;

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- le perdite del farmaco a livello dei raccordi della siringa e/o del deflussore , a livello della valvola del filtro dell'aria, per stravasi dai deflussori, dai flaconi e dalle connessioni e nel trattamento delle extravasazioni. 4.4.0 LO SMALTIMENTO dei chemioterapici antineoplastici e del materiale utilizzato per la preparazione e somministrazione (mezzi di protezione individuale come ad es: guanti e camici, materiali residui usati nella preparazione e/o nella somministrazione come ad es. siringhe con ago sempre innestato, flaconi ecc.) rappresenta un ulteriore possibile momento di contaminazione, non solo per medici ed infermieri, ma anche per il personale addetto ai servizi. Sono pure a rischio le operazioni di bonifica dei versamenti accidentali, nonchè di pulizia delle cappe e di smaltimento dei filtri delle cappe dopo la loro rimozione. Analogamente andranno considerati gli effetti letterecci contaminati di pazienti sottoposti a trattamenti, nonchè le urine dei pazienti che possono anche contaminare il sistema fognario. Particolare cautela va quindi posta anche nei riguardi degli escreti dei pazienti sottoposti a terapia con farmaci antiblastici in quanto possono contenere alte concentrazioni del farmaco e rappresentare quindi un'ulteriore potenziale fonte di esposizione durante le attività di assistenza infermieristica all'igiene personale del paziente. Generalmente le più alte concentrazioni dei farmaci negli escreti si riscontrano in prima e seconda giornata dopo la somministrazione, fa eccezione tra gli altri il ciplastino, che ha invece un'emivita molto più prolungata: 6-8 giorni circa: vedasi in proposito le indicazioni fornite dal produttore allegate al farmaco, nonchè la scheda tecnico pratica finale di A. Zaccara. Deve essere anche considerata la nebulizzazione prodotta dal risciacquo dei wc. 5.0.0 MODALITA' DI PREVENZIONE Le misure utili a ridurre sensibilmente il rischio da assorbimento dei chemioterapici antiblastici consistono: -nella CENTRALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA'; -nelle CARATTERISTICHE DI IGIENICITA' dei locali di preparazione; -nell'ADEGUATEZZA DEI MEZZI PROTETTIVI AMBIENTALI ED INDIVIDUALI; -in COMPORTAMENTI DI SICUREZZA degli operatori. La necessità dell'effettuazione della preparazione dei farmaci antiblastici in ambiente protetto e con idonea aspirazione localizzata è disposta dall'Art. 20 (Difesa dell'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi) del D.P.R. 303/1956 (Norme Generali per l'Igiene del Lavoro), dalle Direttive Comunitarie da poco recepite nel nostro Paese dal D.Lgs. 626 del 19.09.1994 Art. 36 comma 7, dal Provvedimento 05.08.99 «Documento di linee guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario» (G.U. ser. gen. n. 236 del 07.10.99), e dal Decreto della Regione Lombardia n. 31139 dell’11.12.01 ”Linee Guida sui chemioterapici antiblastici”. 5.1.0 CENTRALIZZAZIONE 5.1.1 Centralizzazione delle attività Si ritiene che l'istituzione di una specifica "Unità di Manipolazione di Chemioterapici Antiblastici" (UMaCA) dedicata allo stoccaggio, preparazione, trasporto, somministrazione, smaltimento, eliminazione degli escreti contaminati, manutenzione degli impianti, sia una misura di protezione importante per ridurre il rischio professionale. Tale Unità dovrà risultare:

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-CENTRALIZZATA: evitando la diffusione di attività a rischio e riducendo così al minimo il numero degli addetti esposti (Art. 3 comma 1 lett. b) e Art. 64 D.Lgs. 626/94); realizzando un considerevole risparmio nei costi di gestione; -ISOLATA: da risultare strutturalmente circoscritta e chiaramente identificabille nell'ambito dell'ambiente sanitario; - CHIUSA: con garanzie di smaltimento e di adesione ai criteri di protezione e prevenzione ambientale; -PROTETTA: consentendo l'accesso al solo personale autorizzato; -SEGNALATA: con appositi cartelli monitori (Art.3 comma 1 lett. q) D.Lgs. 626/94). In base alle rispettive competenze la suindicata "UNITA'" dovrà essere preferibilmente gestita dalla farmacia e/o dai servizi di oncologia medica e/o di ematologia . E' compito della UMaCA garantire la qualità e la sicurezza delle preparazioni attraverso una serie di controlli di qualità. 5.1.2 Centralizzazione del personale E' questa una misura di prevenzione necessaria al fine di poter circoscrivere il numero delle persone a rischio che dovrà essere munito di cartellino identificatore con il simbolo di sicurezza e che dovrà essere specificatamente formato a riconoscere il rischio e ad applicare le misure di prevenzione (Art 3 comma 1 lett.h) e Art. 64 comma 1 lett.b) D.Lgs. 626/94) e che dovrà essere sottoposto ad una adeguata sorveglianza sanitaria (Art.16 e Art. 69 D.Lgs. 626/94), vedasi il successivo paragrafo specifico. 5.2.0 CARATTERISTICHE DEI LOCALI Gli ambienti di immagazzinamento, preparazione e somministrazione dei farmaci antineoplastici devono risultare conformi con quanto prescritto dalla normativa sull'igiene e la sicurezza nei luoghi di lavori, in particolare dal D.P.R. 547/55, dal D.P.R. 303/56 , dal D.Lgs. 626/94 e successive modifiche. 5.2.1 Immagazzinamento I farmaci antineoplastici devono essere conservati sotto la responsabilità di personale autorizzato, in luoghi separati, chiaramente segnalati con avvertenze di pericolo, dotati di idonea aerazione, illuminazione, con pavimento in materiale plastico facilmente lavabile e custoditi in armadi e scaffali provvisti di barriera o di altri dispositivi che prevengano l'eventualità di rotture accidentali per caduta delle confezioni. Laddove prescritto, dovranno essere conservati al riparo della luce e/o temperatura controllata. Per minimizzare la possibilità di introdurre della polvere nella cappa si raccomandano armadi chiusi (a chiave) e la conservazione delle confezioni in sacchetti di plastica trasparente chiusi.Verificare periodicamente la validità delle confezioni, eliminando quelle scadute. 5.2.2 Preparazione E' raccomandabile dotarsi di una stanza filtro in modo da mantenere un maggiore isolamento rispetto agli altri locali. Si dovranno qui conservare i mezzi protettivi individuali (abiti e protezioni specifiche da lavoro in armadi chiusi e separati rispetto a

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quelli per altre aree), i mezzi di sicurezza da utilizzare in caso di spandimenti accidentali (maschere con filtro, camici monouso, soluzioni di ipoclorito di sodio al 10% per la neutralizzazione chimica, dispositivi o preparati di adsorbimento dei farmaci eventualmente versati e kit per tali emergenze, ivi incluse le contaminazioni del personale). Si dovrà qui collocare un "PUNTO di DECONTAMINAZIONE" dotato di un lavandino a pedale (comunque non a comandi manuali), di un lavaocchi di sicurezza, un servizio igienico con WC e l'ambito di stoccaggio dei farmaci per la giornata. E' raccomandabile che la zona filtro sia sviluppata in un sistema a labirinto obbligato con docce ed ambiente filtro per gli indumenti di lavoro. Devono essere installati dispositivi che rendano impossibile l'apertura contemporanea della porta fra la stanza di preparazione e l'anticamera, e tra quella che da quest'ultima comunica con l'esterno, la quale deve sempre rimanere chiusa, con accesso limitato al personale autorizzato. In mancanza di una stanza filtro deve essere allestito nel locale di preparazione un box di decontaminazione con un lavandino a pedale, un lavaocchi di sicurezza e mezzi di emergenza. I locali adibiti alla preparazione dei farmaci antineoplastici devono essere sufficientemente ampi per permettere l'agevole svolgimento delle mansioni del personale (è raccomandabile una superficie minima di 12 m² sufficiente a comprendere : la cappa aspirante, un banco d'appoggio, un armadio, un box di decontaminazione, qualora previsto nella stanza filtro), inoltre è necessario che siano dotati di pavimento e pareti in materiale plastico facilmente lavabile (ad es.: PVC elettrosaldato) con sgusci agli angoli. Il locale di preparazione deve essere protetto dalle turbolenze d'aria che potrebbero neutralizzare le misure di sicurezza. E' raccomandabile installare nella stanza un pulsante per i casi d'emergenza, dotandola di un interfono a viva voce evitando l'installazione del telefono tradizionale, facilmente contaminabile. Il sistema di condizionamento localizzato, se presente, dovrebbe garantire almeno sei-dieci ricambi d'aria all'ora, con una velocità dell'aria immessa dall'impianto non superiore a 0,15 m/sec. Per i nuovi impianti sono raccomandati almeno dieci ricambi d' aria all'ora, con un sistema istantaneo d'esclusione a pulsante, da azionare in caso di incidentali spandimenti di farmaci allo stato di polveri. L'aria d'ingresso al locale in tal caso deve essere filtrata osservando una corretta manutenzione del filtro HEPA. E' raccomandabile, al fine di mantenere la depressione, che le porte d'accesso siano del tipo a battente con apertura all'esterno. La ripresa dell’aria deve essere effettuata attraverso un fltro HEPA. 5.2.3 Somministrazione I locali adibiti a questo scopo devono essere dotati di: -idoneo sistemi di aereazione; -pavimento in materiale plastico facimente lavabile ( almeno per i nuovi impianti ); -idoneo lavabo ( a comandi, comunque non manuali ); -kit di pronto intervento in caso di incidente ambientale (rotture di confezioni/spandimenti di farmaci antiblastici) o di contaminazione diretta del personale o di incidente (ad es. stravaso venoso) coinvolgente il paziente.

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5.3.0 REQUISITI DEI PRODOTTI, MODALITA' D' IMBALLAGGIO E DI CONFEZIONAMENTO E' necessario che i produttori forniscano i chemioterapici antiblastici con un accurato imballaggio a prova d'urto e contrassegnato come "rischio cancerogeno". Ogni confezione deve essere protetta con polistirolo, avvolta in PVC, ed imballata in PVC e plastica di buon spessore che eviti la fuoriuscita del farmaco in caso di rotture accidentali nella manipolazione e nel trasporto. E' raccomandabile inoltre eliminare le confezioni in fiale sostituendole con flaconcini, in quanto dall'apertura della fiala si permetta una aereodispersione del contenuto a rischio o, quantomeno, utilizzando sistemi di apertura delle confezioni tali da limitare al massimo la possibilità di dispersione dei farmaci. Al fine di evitare notevoli scarti di farmaci inutilizzati e per ridurre il numero di flaconi o fiale per allestire la dose richiesta, è necessario che le confezioni di questi farmaci siano rapportate alle posologie generalmente adottate in terapia. 5.3.1 Istruzioni del produttore Le raccomandazioni espresse in questo manuale sono valide per la manipolazione dei chemioterapici antiblastici nella loro generalità. E' inoltre indispensabile che nella scheda tecnica di ciascun farmaco sia indicata la potenziale pericolosità e tossicità per gli operatori e per i pazienti, con le puntuali istruzioni da osservare, al fine di prevenire i rischi, nelle fasi di preparazione, somministrazione, smaltimento e agli accorgimenti d'adottare, anche nel caso di incidenti ambientali (spandimenti di farmaco) o a carico del paziente (stravaso venoso) indicandone l'antidoto; nonchè, con le indicazioni di uso e dose, stabilità, conservazione (temperatura e durata), solubilità, compatibilità con altri farmaci, soluzioni, materiali, attrezzature, evidenziando le modalità di inattivazione del prodotto e la durata delle precauzioni da adottarsi verso gli escreti dei pazienti. E' opportuno che il Ministero della Sanità sia sensibilizzato su questa problematica, e si provveda ad una normativa comprendente la codifica delle istruzioni di sicurezza del produttore. A cura dell'Unità di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici tutte queste informazioni devono essere raccolte in uno archivio classificato per molecola, dove vanno espressi anche i dati di solubilità, e compatibilità nella miscelazione. Un utile riferimento per la compatibilità nella miscelazione sia dei chemioterapici antiblastici tra di loro, sia con altri farmaci, sia per la loro ricostituzione, è reperibile nel manuale "Linee guida per la manipolazione sicura dei farmaci antitumorali" di S.Palazzo e Coll (67). 5.4.0 MEZZI PROTETTIVI AMBIENTALI: ASPIRAZIONE LOCALIZZATA E FILTRAZIONE (Artt. 19 e 20 D.P.R. 303/56, Art. 370 D.P.R. 547/55; D.Lgs. 626/94) La preparazione dei farmaci antiblastici deve essere realizzata sotto idonea aspirazione localizzata e controllata, capace di contenere la dispersione del farmaco prevalentemente come aerosol ma anche come polvere aerodispersa. Questo dispositivo deve essere esclusivamente dedicato alla preparazione dei chemioterapici antiblastici.

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5.4.1 Meccanismi di filtrazione: i filtri Il filtro assoluto o HEPA (high efficiency particulate airfilter) rappresenta il sistema più efficace per la captazione della contaminazione particellare (polveri ed aerosol). E' costituito da microfibre di vetro submicroniche; viene generalmente montato su telaio in alluminio. Deve possedere un efficienza del 99,999% (al DOP test) corrispondente alla classe EU (eurovent) 14, su particelle 0,3 µ . Esso deve poter essere rimosso con la massima facilità in modo da poter permettere il suo agevole insaccamento (bag - out) prima dell'estrazione dal banco, minimizzando in tal modo i contatti con il personale autorizzato all'operazione. Deve essere assolutamente garantita dal produttore l'efficienza di questi filtri e delle relative sedi di tenuta delle guarnizioni (Art.6 comma 2 D.Lgs. 626/94). Il filtro a carbone attivo è efficace solo per vapori e gas tossici. L'enorme superficie totale di adsorbimento (1200-1400 m² per ogni grammo di carbone) favorisce il trattenimento, nei suoi finissimi canalicoli di pochi angstrom, delle molecole più complesse e ramificate ricche di atomi di carbonio. Si deve tener conto che il grado di saturazione del letto di carbone è di difficile individuazione nell'uso di citostatici antiblastici e che inoltre l'umidità dell'aria che attraversa il filtro concorre alla riduzione del potere di adsorbimento. Deve rispettare le caratteristiche di qualità del carbone attivo, del suo peso riferito alla portata dell'aria e al tempo di contatto. Il filtro deve essere sostituito semestralmente-annualmente (ma non oltre) indipendentemente dall'intensità d'uso. 5.4.2 Cappe biologiche di classe I Proteggono l'operatore e l'ambiente da contaminanti presenti nella cappa ma non garantiscono sterilità alcuna. L'aria viene filtrata solo in uscita da un filtro assoluto HEPA ed eventualmente da un prefiltro meccanico. Per garantire l'operatore, il flusso dell'aria è diretto dall'esterno verso l'interno della cappa, con scarico sul tetto. In caso contrario, ovvero con il flusso a totale ricircolo nel locale, è raccomandabile installare a valle di quello HEPA, un filtro supplementare a carbone attivo. Questa cappa è contemplata dalla norma DIN 12980 (Germania), come tipo V per la preparazione di chemioterapici antiblastici con filtro HEPA di classe non inferiore ed EU 14, quando l' uso è limitato alle esigenze di reparto. E' da sottolineare che esistono modelli poco ingombranti, di dimensione e peso ridotto, facilmente spostabili (ad es. tra reparti) e portatili, utili anche per la preparazione di chemioterapici a domicilio. Tra le caratteristiche necessarie vanno menzionate quelle: - di un ripiano a bordi rialzati per impedire eventuali stravasi verso l'esterno; - di un contaore (in rapporto al controllo dell'efficacia dei filtri); - di una velocità frontale d'aspirazione di almeno 0,5 m/sec.; - di dimensioni né troppo limitate né tantomeno troppo ampie (volume non superiore a 0,5 m³); - allarmi di sicurezza per ventilazione insufficiente. L' eventuale lampada UV deve essere disinserita durante il funzionamento della ventilazione e comunque in presenza dell' operatore.

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5.4.3 CAPPE BIOLOGICHE DI CLASSE II A FLUSSO LAMINARE VERTICALE Garantiscono la protezione dell'operatore, dell'ambiente e la sterilità del prodotto (classe 100). Sono costruite in stretta osservanza agli standard di norme specifiche dell'Organizzazione Mondiale della Sanità OMS (CDS/SMM/81.81) e nazionali (Australian Standard AS 2567/82, USA NSF 49, Gran Bretagna BS 5726, Germania DIN 12950-12980, Francia AFNOR NFX 44-201). Gli apparecchi devono essere corredati da dichiarazione di conformità del costruttore che esegue controlli periodici di verifica ed è raccomandato che abbiano una certificazione di uno degli enti nazionali sovraelencati (Art. 6 D.Lgs. 626/94). In queste cabine, il flusso laminare, proveniente dal sovrastante filtro HEPA, scende perpendicolarmente al piano di lavoro evitando in tal modo di investire l'operatore. L'interno della cappa è in depressione e l' aria espulsa deve essere filtrata da un secondo filtro HEPA (EU 14) e, se ricircolata nello stesso locale, da un filtro supplementare a carbone attivo posto a valle del filtro HEPA, per trattenere eventuali frazioni gassose (AS 2567/82 ). La velocità media dell'aria all'apertura di accesso al Il percorso tra il punto di liberazione dell'aerosol e quello di captazione (filtro HEPA) deve essere ridotto al minimo, i ventilatori devono essere installati a valle del filtro HEPA che depura l'aria contaminata.vano di lavoro deve risultare regolata a non meno di 0,4 m/sec. Tutte le superfici interne devono essere facilmente accessibili alla pulizia ordinaria e, per la decontaminazione specifica, ogni sporgenza o angolatura deve presentarsi smussata in modo da evitare possibili lacerazioni dei guanti o abrasione della cute dell'operatore. La parte superiore dell'accesso al vano di lavoro deve essere costituita da un vetro di sicurezza; saranno evitati i materiali sintetici sia perché favoriscono la deposizione dei chemioterapici antiblastici per carica elettrostatica, sia perché la frequente pulizia ne provoca, a lungo andare, l'opacizzazione e ne altera la trasparenza. Nelle cappe, le mani dell'operatore devono trovare uno spazio di accesso di almeno 20 cm. dal piano, in modo da consentire di espletare agevolmente le manovre di preparazione dei farmaci. E' preferibile il piano di lavoro del tipo a vassoio, per una più facile raccolta dei liquidi accidentalmente versati. Sulla cappa deve essere installato un contaore e occorre un sistema d'allarme che segnali la diminuzione di protezione per mal funzionamento dei ventilatori, per intasamento dei filtri, per insufficiente velocità di flusso laminare e per la mancata chiusura dello schermo frontale. Altre garanzie fondamentali risiedono nel fattore di contenimento (1,5X1O 5 : BS 5726; DIN 12950), nella sicurezza dell'impianto elettrico. Inoltre il livello di pressione sonora non deve superare 62 i limiti stabiliti dalle norme sovraindicate. L'intensità d'illuminazione deve risultare almeno di 800 lux e le lampade d'illuminazione devono essere posizionate esternamente alla zona di lavoro (AS 2567/82). Sulla cappa, in zona filtri, dovrà essere chiaramente visibile il cartello monitore: " pericolo: il filtro contaminato può essere manipolato solo da personale autorizzato seguendo le particolari istruzioni fornite dal costruttore ". E' raccomandabile che il filtro posto immediatamente a valle della zona di liberazione degli aerosol possa essere sostituito con la tecnica di insaccamento (bag - out).

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5.4.4 Differenziazione delle cappe di classe II Esse differiscono essenzialmente per i rapporti dei volumi di aria ricircolata nella zona di lavoro, nel locale e/o inviata all'esterno, il tutto come indicato nella tab. n° 9. TAB. 7: Differenziazione delle cappe di classe II Configurazione % Aria % Aria % Aria Metri/sec. Normative

nazionali classe II Quota di

ricircolo nella cabina

Quota di ricircolo nel locale

Quota inviata all'esterno del locale

Velocità media dell'aria di barriera

A; H DIN 70 30 0 0,4 D.DIN 12950-12980; GB. BS5726; FR. NFX 44-201; AUS. AS 2567; USA NSF 49

B3; H DIN 70 0 30 0,5 DIN 12980; USA NSF 49

B1 30 0 70 0,5 USA NSF 49 B2 0 0 100 0,5 USA NSF 49 Le norme europee (BS, DIN, AFNOR) considerano le cappe di classe II tipo A che si trasformano in B3 con il convogliamento del 30% dello scarico d'aria all'esterno. Negli USA sono previste le cappe del tipo B1 e B2, ma non va dimenticato che l'OMS raccomanda l'utilizzo di una cappa di tipo A, trasformabile in B3 se lo scarico è convogliato in ambiente esterno. Nel caso di quest'ultimo tipo di cappa, per ogni metro di lunghezza dell' apertura del banco, vengono sottratti al locale circa 288-450 m³ d'aria all'ora. Questo dato è necessario per valutare l'alterazione termica del locale a cui viene sottratta una sensibile quantità di aria alla temperatura ambiente. Nel caso di una cappa di classe B 1, come intuibile, la quantità d'aria sottratta al locale è più che raddoppiata o, addirittura triplicata, nel caso delle cappe di classe II B2, fatto che può costituire un serio problema nei luoghi dove l'andamento climatico assume notevoli escursioni. E' comunque sempre raccomandato il convogliamento dell'aria verso l'esterno. 5.5.5 Le cappe di classe III o glove box Sono cappe totalmente sigillate e al loro piano di lavoro si accede tramite manicotti con guanti; permettono il controllo di sostanze ad alto rischio (biologico) o di prodotti ad alto rischio di contaminazione. Non sono di norma utilizzate nella preparazione di chemioterapici antineoplastici in ambito ospedaliero. 5.5.6 Unità di isotecnia (boule) E' composta da un isolatore principale con uno o due scafandri, un isolatore mobile e diversi contenitori stagni. Garantisce la massima sicurezza per l'ambiente e per l'operatore e, nel contempo, la sterilità del farmaco. E' usata principalmente in grandi

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industrie farmaceutiche per la produzione di farmaci antibiotici ed anche antiblastici, nonché in grandi centri ospedalieri per la preparazione dei chemioterapici antiblastici. 5.5.7 INDICAZIONI OPERATIVE DI SCELTA DELLA CAPPA L'OMS raccomanda la preparazione di questi farmaci in cappe di classe II e dello stesso parere sono molte normative nazionali (USA, Francia, Australia, Gran Bretagna, Germania). Si deve infatti tener conto che i preparati di chemioterapici antiblastici sono somministrati a pazienti immunodepressi o defedati e che l'industria fornisce confezioni sterili, che, una volta preparate, non subiscono ovviamente sterilizzazione alcuna. Solo un corretto modo di operare può garantire la sterilità del prodotto finale, il che non può essere garantito dalla cappa di classe I o di tipo chimico. Si raccomanda pertanto di costituire delle "Unità Centralizzate di Preparazione dei Chemioterapici Antiblastici", in tal modo risulterà igienicamente vantaggioso ed organizzativamente più praticabile il processo di preparazione e somministrazione, utilizzando in questo caso solo cappe di classe II a flusso laminare verticale costruite seguendo gli accorgimenti di cui al punto 5.5.3. Le cappe di tipo I o quelle chimiche, purché provviste di filtro HEPA, previa una rigorosa verifica d'efficienza, devono essere utilizzate temporaneamente nell'attesa della raccomandata centralizzazione o sostituzione con cappe di classe II, solo per le preparazioni e le somministrazioni di reparto. In caso di nuove installazioni, si consiglia di valutare molto attentamente e con pieno senso di responsabilità, in quanto non garantiscono la sterilità, l'eventuale installazione di cappe di classe I, escludendo comunque quelle di tipo chimico. Le cappe di classe I possono essere anche utilizzate per la preparazione domiciliare o su supporto mobile per urgenze o preparazioni saltuarie da un reparto all' altro. TAB. 8: Indicazioni operative per la scelta delle cappe

Per nuovi impianti o ristrutturazioni (sicuramente per farmacie e preparazioni

centralizzate)

CAPPA a FLUSSO LAMINARE VERTICALE CLASSE II A, B3 o H (Din 12980 Germania): garantisce la sterilità del prodotto e la protezione all'operatore

Per preparazioni

ospedaliere molto limitate

Cappa di classe I o V ( Din 12980 Germania) dimensioni ridotte, eventualmente facilmente spostabile, dotata di filtro HEPA e, se a totale ricircolo nel locale, di un filtro aggiunto a carbone attivo a valle di quello HEPA ATTENZIONE: la sterilità non è garantita

Dove è già installata una cappa

di tipo chimico o di classe I

In attesa della centralizzazione e sostituzione con modello di classe II, occorre subordinare l'utilizzo ad una precisa verifica d'efficacia e adottare precauzioni per la sterilità del prodotto non garantita da questa cappa. E' necessario inoltre che sia dotata di filtro HEPA ed anche di filtro a carbone attivo qualora il ricircolo dell' aria avvenga nello stesso locale.

La preparazione sul piano libero (banco non protetto)

Salvo situazioni di vera emergenza, va assolutamente evitata.

Cappa a flusso orizzontale Non si deve assolutamente utilizzare perché pericolosa per l'operatore e l'ambiente.

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L'INSTALLAZIONE deve avvenire in un locale dedicato, lontano da correnti d'aria e fonti di calore (convettori, ecc.). Se il condotto d'espulsione non è collegato all'esterno, ma a un canale di evacuazione già destinato all'espulsione di aria proveniente da altri apparecchi, è necessaria l'installazione di una serranda antiriflusso con lo scopo di evitare il ritorno d'eventuali correnti d'aria all'interno del canale d'estrazione. Se inoltre il tubo di espulsione non fosse collegato all'esterno, ma con ricircolo nel locale, è necessario montare un filtro a carbone attivo sul condotto d'espulsione. CERTIFICAZIONE DELL'INSTALLATORE Al momento della installazione deve essere certificato il corretto funzionamento della cappa da personale autorizzato dal costruttore e qualificato, la medesima procedura deve essere adottata in caso di riposizionamento della cappa (Art. 6 D.Lgs. 626/94). Prima dell' avviamento devono essere verificati i corretti parametri di funzionamento, la velocità dei flussi d'aria in entrata e in uscita, l'intervento dei segnali d'allarme. 5.6.0 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Il personale che manipola farmaci antiblastici deve necessariamente utilizzare efficaci mezzi personali di protezione, adeguati rispetto alle varie situazioni di rischio. TAB.9: quadro sinottico delle protezioni personali necessarie

preparazione Somministra zione

smalti mento

elimina zione

in caso d’inci dente

in cappa

su piano libero

escreti paz.

CAMICE si si si si si si

GUANTI si si si si si si

SEMI MASCHERA

si si si si si

OCCHIALI si si si si

VISIERA si si

CUFFIA si si si si si si

SOVRASCARPE

si si si si si si

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CAMICI ED INDUMENTI DI PROTEZIONE Devono essere classificati quali DPI e possedere la marcatura CE in ottemperanza alle norme tecniche di tipo generale e specifico, necessarie a garantire la protezione da agenti chimici – la EN 340, la EN 369, se disponibile, la EN 465 ed appartenenti alla Categoria 3 tipo 4 (secondo la EN 465). Inoltre, analogamente a quanto sottolineato per i guanti, per attestarne l’adeguatezza protettiva rispetto ai rischi di esposizione ad antiblastici, una documentazione tecnica a corredo dell’indumento fornito dal fabbricante deve poter evidenziare che i test previsti dalle norme tecniche per questi indumenti vengono anche eseguiti impiegando almeno 4-5 sostanze individuate nel seguente elenco, individuando per ognuna i relativi tempi di protezione consentiti: • metotraxate • ciclofosfammide • fluorouracile • vincristina solfato • daunorubicina • adriamicina

cloridrato • doxorubicina

I camici da utilizzare sono preferibilmente quelli in tessuto a bassa permeabilità che non elimini particelle, come ad esempio i camici chirurgici monouso di tipo idrorepellente in tessuto non tessuto (TNT), con allacciatura posteriore, maniche lunghe e non aderenti, polsini di elastico o maglia e, per le operazioni di preparazione, rinforzati anteriormente e sulle braccia con materiale barriera che offra una minima penetrabilità ai farmaci antiblastici:. I polsini dovranno essere sempre sormontati dai guanti. Qualora ne venga usato un doppio paio, i polsini dovranno essere calzati sopra i guanti interni ed essere coperti da quelli esterni. In tal caso, nella rimozione del camice, si dovranno togliere per ultimi i guanti interni. Non si ritengono necessari i camici con rinforzi per la somministrazione. Sono sconsigliati i camici in stoffa, in quanto sono facilmente penetrabili dai liquidi, e, pertanto, offrono una scarsa protezione. Inoltre, dovendo essere lavati, espongono altro personale al rischio da contaminazione. Tutti i camici non vanno comunque utilizzati fuori dalle aree di esposizione a farmaci antiblastici, come va assolutamente evitato il loro riutilizzo dopo precedenti esposizioni. GUANTI Devono essere classificati come DPI, appartenenti alla Categoria 3, possedere la marcatura CE in ottemperanza alla norma tecnica EN 374 relativa alla protezione da agenti chimici ed una documentazione tecnica a corredo del dispositivo fornito dal fabbricante, per attestarne l’adeguatezza rispetto ai rischi di esposizione individuati, deve evidenziare la tutela dell’operatore rispetto ad un’esposizione ad antiblastici, utilizzando nei test previsti dalla suddetta norma tecnica almeno 4-5 sostanze scelte dal seguente elenco, comprensivo dei composti più diffusamente usati nei protocolli terapeutici, indicando i tempi di protezione consentiti per ogni sostanza: • metatraxate • ciclofosfammide • fluorouracile • vincristina solfato • daunorubicina • adriamicina

cloridrato • doxorubicina

Per la protezione delle mani, in tutte le fasi di manipolazione diretta e indiretta dei farmaci antiblastici, gli operatori devono indossare guanti monouso (maggiormente rinforzati sul palmo e ai polpastrelli) di buona qualità, testati, ad es. in latice pesante (spessore di almeno 0,35 - 0,5 mm), privi di polvere lubrificante (i cui residui sulle mani possono favorire l'assorbimento di farmaci antiblastici e contaminare/intasare i filtri della cappa a flusso laminare verticale) e sufficientemente

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lunghi, in modo da essere sempre indossati sopra i polsini del camice: nessuna parte del polso o dell’avambraccio dovrà risultare scoperta. Non sono disponibili al momento attuale guanti in grado di garantire l'assoluta impermeabilità nei confronti dei chemioterapici antiblastici: è necessario quindi che essi debbano essere sostituiti ogni 30 minuti (o secondo le indicazioni fornite dal produttore), ad ogni cambio di paziente, o non appena presentino abrasioni anche lievi, tagli o siano direttamente contaminati . L'utilizzo di doppi guanti in latice da laboratorio è raccomandato in alternativa ai guanti in latice pesante: essi andranno cambiati ogni 20-30 minuti (o secondo le indicazioni fornite dal produttore) previo accurato lavaggio delle mani. Per la loro scarsa elasticità è sconsigliabile l’uso di guanti in pvc, fatta eccezione per la manipolazione del metotrexate, I guanti in pvc offrono inoltre un’elevata permeabilità alla ciclofosfamide, tioTEPA e carmustina. Dal momento che la sudorazione facilita la permeabilità dei guanti, essi andranno comunque sostituiti dopo 30 minuti, limite massimo di tempo di loro utilizzo, superato il quale, si dovrà comunque procedere (almeno in via cautelativa) alla loro sostituzione. L’utilizzo del semplice paio di guanti in latice da laboratorio non è sufficientemente protettivo: dauno e doxorubicina li penetrano facilmente, e, dal momento che diversi chemioterapici antiblastici (quali, ad esempio carmustina e tioTEPA) hanno rivelato un alto coefficiente di permeabilità per la maggioranza dei guanti in commercio, si ritiene decisamente opportuno l’utilizzo del doppio paio di guanti, si ricorda che prima di indossare i guanti e dopo averli rimossi, bisogna procedere ad un accurato lavaggio delle mani con acqua corrente e sapone: l'uso dei guanti non sostituisce il lavaggio delle mani, in quanto una parte di farmaci potrebbe essere penetrata per imperfezioni dei guanti. Le mani devono essere completamente asciutte nel momento in cui si indossano i guanti e, se fossero disponibili solo dei guanti con polvere lubrificante, si dovrà lavarne via la polvere, una volta calzati. E’ indicato l’utilizzo dei guanti in latice di tipo chirurgico nei compiti richiedenti l’osservanza delle condizioni di sterilità, mentre, per gli altri casi, si potranno usare i guanti in latice da laboratorio. Inoltre, i guanti chirurgici in latice calzano meglio sulla mano e, per le loro caratteristiche d’elasticità, permettono una sufficiente sensazione tattile anche utilizzandone un doppio paio. L’utilizzo di guanti sterili non è strettamente necessaria nella manipolazione di materiali o dispositivi di cui non è richiesta la sterilità. Nel caso che si indossino doppi guanti, quelli esterni andranno delicatamente tolti, evitando di toccare il guanto interno o la cute con l’altra mano indossante il guanto contaminato, nella cappa a flusso laminare verticale (avendo cura di non toccare alcun oggetto o superficie) e, al fine di minimizzare la contaminazione all’esterno della cappa, andranno immessi in una busta chiusa di materiale plastico o in altro contenitore chiuso, per essere quindi trasferiti nell’apposito contenitore per rifiuti speciali , mentre i guanti interni si dovranno delicatamente sfilare nella stanza filtro , una volta tolto il camice. MASCHERE O DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE Per l’operatore sanitario è opportuno impiegare una semimaschera con filtro antipolvere o un facciale filtrante antipolvere, ambedue con appropriate caratteristiche prestazionali. Questi dispositivi devono possedere la marcatura CE in ottemperanza alle norme tecniche EN 140 per quanto concerne la semimaschera

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(cioè la struttura portante del dispositivo di protezione respiratoria), EN 143 per il/i filtro/i antipolvere da impiegare con la semimaschera, EN 149 per quanto riguarda i facciali filtranti antipolvere. Fermo restando il sistema di prevenzione globale che deve essere realizzato per la tutela del personale rispetto ai composti in oggetto, si ritiene che i filtri da utilizzare con la semimaschera debbano essere di classe P3 ed analogamente i facciali filtranti di classe FFP3SL (la sigla SL tiene in considerazione tutte le possibili caratteristiche degli aerosol che si possono formare: ovvero sia solidi che liquidi). Per la protezione delle vie aeree, si raccomandano una semi maschere con filtro o facciale filtrante rigido plastificato a conchiglia (idonea mascherina usa e getta) a copertura di naso e bocca, appartenenti alla classe di protezione FFP3SL, omologate secondo la normativa EN 149, conformi alla Direttiva 86/686/CEE recepita dal nostro Paese dal D.Lgs. 475 del 04.12.1992. È consigliabile il loro utilizzo anche operando sotto cappa . Le mascherine chirurgiche di carta e/o tessuto non offrono protezione alla penetrazione di polveri e aerosol di questi farmaci, e, pertanto, rappresentano una falsa protezione per l’operatore. Anche in caso di incidente ambientale è necessario utilizzare efficaci protezioni respiratorie (semi maschere), preferibilmente monouso, con idonei filtri: classe di protezione almeno FFP3. PROTEZIONI AGLI OCCHI/VOLTO da possibili spruzzi (nei momenti a rischio) Per la difesa degli occhi e del volto da eventuali contaminazioni (gocce o spruzzi), gli operatori devono essere forniti di - occhiali a mascherina; o di - visiera e schermi trasparenti, entrambi con specifica certificazione UNI - EN166 , campo di utilizzo per gocce e spruzzi, con trattamento antiappannante e con lenti otticamente neutre. Non si ritengono sufficientemente protettivi i comuni occhiali trasparenti con protezioni laterali. Occhiali, visiere e schermi trasparenti vanno lavati, dopo l’uso, con un detergente compatibile non aggressivo e sciacquati sotto un moderato getto d’acqua. Queste operazioni non vanno eseguite nel locale di preparazione, ma bensì nel locale filtro o, in sua assenza, nel punto di decontaminazione. . Cuffie Cuffie monouso in TNT devono essere utilizzate per proteggere i capelli da possibili contaminazioni va invece evitato, l’uso del velo in quanto non protegge. . Sovrascarpe Allo stesso modo sovrascarpe monouso sono raccomandate nel locale di preparazione e altrove in quanto evitano la diffusione della contaminazione. . Pantaloni Per la protezione degli arti inferiori, in ogni occasione di esposizione, il personale femminile dovrà indossare i pantaloni in tessuto idrorepellente o in TNT, per le medesime indicazioni suindicate.

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5.7.0 CARATTERISTICHE DEI MATERIALI LUER LOCK Questo dispositivo di sicurezza deve essere utilizzato per evitare la sconnessione dell'ago da siringhe pompe e deflussori, nonché come chiusura di sicurezza delle siringhe. SIRINGHE Si devono utilizzare siringhe sufficientemente larghe (tali da non essere riempite più di 2/3 del loro volume) e che offrano garanzie di fermezza, stabilità e di tenuta dell'innesto dell'ago: a questi requisiti risponde ormai la maggior parte delle siringhe monouso in commercio. Si raccomanda l'uso di siringhe in polypropilene in quanto materiale chimicamente inerte. Per evitare la degradazione dei farmaci fotosensibili occorre utilizzare siringhe amber. La siringa con il farmaco preparato deve essere chiusa con un tappo luer lock. AGO CON FILTRO IDROFOBICO E' un dispositivo di sicurezza per equilibrare la pressione all'interno del flaconcino con quella atmosferica, necessario per evitare la fuoriuscita di aerosol dal flaconcino del farmaco al momento dell'estrazione dell'ago dalla siringa. E' in grado di trattenere l'aerosol fino alle dimensioni di O.2 µ ed è dotato di un attacco luer lock. Sono disponibili dispositivi con doppio filtro idrofobico, connessioni luer lock e condutture tali da rendere eseguibile sia la preparazione sia la somministrazione dei farmaci praticamente in un circuito chiuso con chiari vantaggi in termini di sicurezza per l’operatore. Deve esserne ben nota la tecnica d'utilizzo all'operatore. EQUALIZZATORE DI PRESSIONE Questo dispositivo di sicurezza, dotato di camera d'espansione con filtro e interconnessioni luer-lock può sostituire il filtro idrofobico. SIRINGA D'INSULINA: è stata suggerita (protetta all'estremità e internamente da un batuffolo di cotone idrofilo) per equilibrare la pressione nel flaconcino durante la ricostituzione del farmaco, ma offre scarsa sicurezza. TELINI MONOUSO ADSORBENTI DI PROTEZIONE Sia che vengano utilizzati in preparazione o in somministrazione (al letto del paziente) devono risultare impermeabili dal lato inferiore ed adsorbenti da quello superiore senza rilasciare particelle. Si raccomandano quelli ricoperti superiormente da una sottile membrana a rete penetrabile, che impedisce la polverizzazione superficiale. I telini monouso non devono essere usati nelle cappe con il piano di lavoro forellinato. 5.8.0 PROCEDURE DI SICUREZZA 5.8.1 IN PREPARAZIONE A) Il comportamento corretto nell'utilizzo della cappa L'utilità delle cappe a protezione dell'operatore dipende essenzialmente dal: - buon funzionamento dell'apparecchiatura, - corretto utilizzo da parte del personale. Il primo requisito dipende dalle garanzie di cui è tenuto a rispondere il produttore, nonché dal suo corretto uso e manutenzione. ISTRUZIONI D'USO Indipendentemente dal tipo di cappa (I o II) il produttore deve fornire un manuale secondo EN-292, chiaro, semplice ma dettagliato, con le istruzioni d'uso, le indicazioni necessarie per le prove prima dell'avviamento, gli intervalli di prova e di manutenzione (con la specifica delle regolari ispezioni da effettuarsi durante

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l'esercizio del dispositivo), le raccomandazioni sui filtri idonei da utilizzarsi e le modalità della loro sostituzione e smaltimento. L'operatore autorizzato deve conoscere ed applicare quanto contenuto nel manuale del produttore ed attenersi alle prescrizioni in merito fornite dal Responsabile dell'Unità di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici o di Reparto. Nella cappa di classe II: prima di iniziare la manipolazione in cappa occorre: - aver raccolto tutto l'occorrente ed un recipiente per la raccolta dei rifiuti; - spegnere l'eventuale lampada U.V.; - accendere la cappa, controllando la funzionalità degli allarmi; - pulire (dall'alto verso il basso e dalla periferia verso il centro ) il piano di lavoro della cappa con un detergente ad alto pH o compatibile comunque con l'acciaio inossidabile, evitare soluzioni liberanti cloro (es. ipoclorito di sodio); - decontaminare con una garza imbevuta di alcool al 70%; evitare gli spray in quanto l'aerosol è captato dai filtri; - attendere 20-30 minuti prima di iniziare la lavorazione; - introdurre tutto e solo il materiale indispensabile per la lavorazione. Nella manipolazione, evitare: - di introdurre altro materiale; - di posizionare fogli o telini occludenti i fori; - i movimenti rapidi delle braccia in cabina; - i movimenti laterali delle mani attraverso la barriera protettiva d'aria frontale; - di operare in vicinanza dell'apertura della cabina in quanto fino a 15 cm. circa dal suo ingresso frontale la zona di aspirazione è meno efficiente; - la contaminazione a monte del materiale, interponendo le mani o un oggetto tra il filtro soprastante ed il materiale sterile. E' necessario invece: - muovere le braccia in direzione parallela al piano di lavoro, - lavorare al centro della cappa, - posizionare sul piano solido un telino, monouso ed adsorbente, non rilasciante particelle superficialmente, ma impermeabile sul lato superiore; - tenere leggermente inclinato il flacone durante il prelievo per evitare la contaminazione a monte; - rimuovere eventuali liquidi dal piano di lavoro con una garza idrofila senza lasciare residui o filamenti; - detergere e decontaminare l'interno al termine come all'inizio delle operazioni; - spegnere il dispositivo venti minuti circa dopo il termine delle operazioni e chiudere il vano di lavoro. Ricordarsi che trasferendo frequentemente oggetti dall'interno all'esterno della cappa si favorisce la contaminazione del locale di preparazione. Nella cappa di tipo 1: Valgono gli accorgimenti indicati per la cappa di tipo II. L'operatore, a protezione della sterilità del prodotto (qui non garantita), potrà indossare una mascherina monouso di carta sul volto. B) Comportamenti di sicurezza su piano libero Solo in situazioni di provata emergenza (ad es. guasto della cappa ) o nell'immediato lasso di tempo intercorrente all'installazione di una adeguata cappa aspirante potrà

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essere effettuata la preparazione dei chemioterapici antiblastici su piano libero. In questi casi non solo l'esposizione professionale dovrà risultare del tutto occasionale, ma andrà intensificata la protezione individuale degli operatori e l'organizzazione del lavoro dovrà ridurre il più possibile l'esposizione. Dovranno essere identificate le figure professionali responsabili sia della gestione clinica (oncologo medico e/o ematologo) e delle procedure di preparazione. Saranno inoltre scelti dei locali da adibire esclusivamente a questo tipo di attività (lontano da fonti di calore o da correnti d'aria) effettuando un'accurata decontaminazione e pulizia al termine della giornata di preparazione o comunque in funzione del loro utilizzo. Il locale designato alla preparazione dovrà essere opportunamente segnalato, con accesso limitato al personale autorizzato e adeguatamente informato. Prima di iniziare la preparazione, è bene rivestire completamente un ampio piano di lavoro (Art. 374 D.P.R. 547/55) con un telino monouso adsorbente nella parte superiore (ma non rilasciante particelle) e impermeabilizzato su quella inferiore; mantenendo su questa superficie solo l'occorrente necessario alle singole preparazioni della giornata (fleboclisi e farmaci). Si riducono così le possibilità di dispersioni dei farmaci in caso di una loro fuoriuscita accidentale e si facilitano le operazioni di pulizia. Il telino deve essere immediatamente sostituito dopo ogni evidente spandimento di antiblastici e rimosso al termine di ogni seduta di preparazione. E' indispensabile che questo locale sia provvisto di lavandino e sia identificato in una zona di facile accesso al personale. L'operatore deve indossare sopra la divisa: -camice monouso idrorepellente di tipo chirurgico, in TNT come indicato al paragrafo 5.6.0; -semi maschera a protezione di naso e bocca (FFP3/EN149) ; -guanti monouso in latice pesante da sostituire ogni 30', al termine del lavoro e all'occasione, come indicato al paragrafo 5.6.0; -occhiali con protezioni laterali, come indicato al paragrafo 5.6.0; -cuffia monouso idrorepellente in TNT che contenga tutti i capelli; -soprascarpe monouso. Queste indicazioni sono da intendersi strettamente per situazioni di urgenza-emergenza e non sono considerabili sostitutive, a medio lungo termine, delle misure di prevenzione indicate precedentemente. C) Manovre da attuare nella fase di preparazione in cappa dei farmaci in flaconcino Nella preparazione dei farmaci antiblastici liofilizzati contenuti in flaconcini con tappo in gomma perforabile ci si deve attenere alle seguenti indicazioni: - prima di procedere alle operazioni di preparazione dei farmaci antiblastici, si deve leggere e seguire sempre attentamente le istruzioni che accompagnano obbligatoriamente ogni confezione del prodotto (ad es. alcuni farmaci richiedono un allestimento in siringhe di vetro, altri devono essere protetti dalla luce, ecc.); - aprire la fiala del solvente avvolgendo una garza sterile attorno al collo della fiala stessa; - aspirare il contenuto della fiala di solvente secondo le modalità consuete; - perforare centralmente la membrana in gomma del flaconcino del farmaco con ago dotato di filtro idrofobico o filtro equalizzatore di pressione per eliminare la sovrapressione e con raccordo di sicurezza luer - lock;

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- introdurre nel flaconcino la quantità minima richiesta di solvente, tale da dissolvere il farmaco e consentire il prelievo: questa operazione va eseguita lentamente e dirigendo il diluente sulle pareti del flaconcino per garantirsi che tutta la polvere sia bagnata prima di agitarla; è questo un accorgimento per minimizzare la pressione creatasi nel flacone. Le manovre successive saranno: - la misurazione del volume finale della soluzione; - la disconnessione dell'ago dalla siringa ( usata per il solvente ) e la sua eliminazione; - l'allestimento della siringa con la corretta dose del farmaco; - la protezione dalla luce dei farmaci fotosensibili con siringa Amber considerando il tempo di stabilità dei preparati; - lo smaltimento del flaconcino, con l'ago con filtro idrofobico inserito, e della siringa del solvente. Scambio di uguali volumi In carenza dell'ago con filtro idrofobico o dell'equalizzatore di pressione, con la siringa del solvente si può aspirare dell'aria dal flaconcino del farmaco, scambiando continuamente tra flacone e siringa volumi d'aria con uguali volumi di liquido. Si deve evitare di riempire la siringa oltre i 3/4 del suo volume, in caso contrario si corre il rischio di scollegare lo stantuffo dal cilindro. Quando il dosaggio lo richieda, si consiglia di utilizzare più siringhe. Solo dopo aver prodotto, aspirandovi dell'aria, un'adeguata pressione negativa all'interno del flaconcino, si toglierà la siringa senza estrarre l'ago, che andrà sigillato con un tappo luer - lock. Si agiterà delicatamente il flaconcino con l'ago inserito e, con una seconda siringa, si aspirerà il quantitativo esatto di farmaco richiesto. A questa seconda siringa si applicherà un nuovo ago provvisto di cappuccio protettivo, che rimarrà applicato nell'operazione di espulsione dell'aria dalla siringa stessa; tamponando con una garza sterile imbevuta di alcool le eventuali fuoriuscite di goccioline di farmaco. E' questo un metodo empirico, garantito solo dalla perfetta manualità dell'operatore. Un'ulteriore possibilità per ridurre la sovrapressione, quindi la fuoriuscita di aerosol, dal flaconcino del farmaco è l'utilizzo della siringa d'insulina. E' questo un accorgimento molto meno sicuro del precedente, pertanto, poco consigliabile. La siringa da insulina crea un sistema a valvola che impedisce il verificarsi di un aumento di pressione all'interno del flaconcino all'atto dell'introduzione del solvente. Occorre perforare il tappo di gomma del flaconcino contenente il farmaco liofilizzato con una siringa da insulina da 1 ml, completa di ago e priva di stantuffo (ma riempita all'interno con un batuffolo sterile di cotone idrofilo), che va posizionata sul margine esterno del tappo di gomma. Si introduce poi il solvente contenuto nella siringa, allestita in precedenza, nel flaconcino contenente il farmaco liofilizzato, perforando la parte centrale della membrana in gomma del contenitore. Si rimuoverà dal flacone la siringa e l'ago usati per introdurre il solvente, lasciando in sito la siringa da insulina. L'aspirazione del farmaco diluito deve essere attuata mantenendo posizionata la siringa da insulina e senza introdurre aria nel flacone (il riempimento della siringa col farmaco avviene senza difficoltà in quanto la siringa da insulina funge da valvola determinando un riequilibrio delle pressioni). Aspirata la quantità di farmaco desiderata, si rimuoverà dal flaconcino la siringa con l'ago

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innestato, (protetto da una garza sterile) espellendo eventuali residui d'aria presenti nella siringa. Per evitare la contaminazione dell' operatore in caso di fuoriuscita accidentale del farmaco, la manovra di espulsione dell'aria dalla siringa deve essere attuata posizionando una garza sterile imbevuta di alcool all'estremità superiore dell'ago. Le siringhe con la soluzione del chemioterapico non devono essere riempite eccessivamente (mai oltre i 2/3) per evitare la disconnessione dello stantuffo, inoltre non devono contenere bollicine d'aria e devono essere chiuse con un tappo luer-lock. D) PREPARAZIONE DEI FARMACI ANTIBLASTICI CONTENUTI IN FIALE. La manovra di apertura delle fiale contenenti farmaci antineoplastici deve essere attuata, avvolgendone il collo con una garza sterile imbevuta di alcool sino alla linea di segnalazione del punto di rottura. Tale accorgimento consente di contenere le dispersioni di farmaco sotto forma di aerosol all'atto dell'apertura della fiala ed evita all'operatore il rischio di ferite da taglio. L'apertura delle fiale deve essere attuata mediante movimenti decisi delle mani rivolti verso l'esterno. Anche nell'aspirazione del farmaco contenuto nella fiala, occorre proteggere l'ago con garza sterile per evitare contaminazioni dovute a fuoriuscita accidentale di farmaco. Si raccomanda comunque di evitare l’acquisto di questi farmaci in fiale, preferendone invece le confezioni in flaconcini, in quanto più sicure. E) PREPARAZIONE IN CAPPA DELLE FLEBOCLISI. Introdurre il farmaco nel flacone della fleboclisi, perforando, con l'ago della siringa, la parte centrale della membrana del tappo. Nel rimuovere la siringa dal flacone della fleboclisi, proteggere il punto di fuoriuscita dell'ago con una garza onde evitare spandimenti. Smaltimento della siringa con l'ago innestato negli appositi contenitori per R.S.O. (rifiuti speciali ospedalieri). Applicazione in cappa del deflussore al flacone da fleboclisi, chiudendo il morsetto a valle della camera di gocciolamento del deflussore, perforare il tappo di gomma del flacone da fleboclisi mantenendo compresso il gocciolatore. Si impedisce così l'ingresso dell'aria nel tubo di gocciolamento. Riempimento in cappa del tubo di collegamento: per evitare la fuoriuscita del farmaco utilizzare deflussori che impediscano il gocciolamento delle soluzioni e proteggere con una garza sterile l'estremità del tubo (chiuso con dispositivi luer-lock ). Utilizzare una etichetta particolare indicante la necessaria attenzione nella manipolazione in base a procedure prestabilite. Etichettare la fleboclisi con l'indicazione del farmaco e del paziente. Protezione dei farmaci fotosensibili contenuti in fleboclisi: Il flacone deve essere coperto con un involucro protettivo, di tessuto o di alluminio in foglio, da mantenersi anche durante la somministrazione. Trasferendo dei chemioterapici antiblastici in sacche, si dovrà porre molta attenzione a non bucarle. Il farmaco pronto per la somministrazione deve uscire dal locale di preparazione solo in vassoi chiusi o in buste di plastica sigillate recanti le indicazioni di rischio, a loro

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volte riposte in contenitori a tenuta. Sarà in tal modo consentito il controllo agevole di eventuali fuoriuscite di citostatico in caso di versamenti accidentali. - Usare dispositivi luer - lock per i set endovenosi i deflussori, e le siringhe; - Lavare accuratamente le mani prima e dopo aver indossato i guanti. Finita la preparazione, pulire le sacche ed i flaconi con una garza umida per rimuovere eventuali contaminazioni accidentali. F) Frazionamento o triturazione delle dosi per TERAPIA ORALE O TOPICA. Sono estremamente rischiose tutte le manovre di frazionamento e/o triturazione di questi farmaci in compresse o confetti, il cui dosaggio andrà attentamente valutato dal farmacista. In tali casi si dovrà sempre operare sotto idonea cappa aspirante (a flusso laminare verticale) con le stesse protezioni previste per la preparazione dei chemioterapici da iniettare. I frammenti da somministrare oralmente andranno conservati in contenitori chiusi non trasparenti ed adeguatamente etichettati. G) In chemioterapia DOMICILIARE. La maggior parte dei farmaci antiblastici (salvo cloramin, melphalan e asparaginasi) si conservano per almeno due ore se adeguatamente custoditi in borse refrigeranti a 4° C ed al buio. E' da evidenziare inoltre che sono disponibili, per la terapia domiciliare, cappe di tipo I con doppio filtro, di volume e peso contenuto. Ne deriva che la terapia domiciliare deve prevedere, di norma, la preparazione del farmaco in strutture ospedaliere protette o, eventualmente, in casi eccezionali con idonee cappe portatili. Solo in casi straordinari, documentati dal medico oncologo e/o ematologo, in cui non fosse possibile la preparazione in ambiente ospedaliero e/o con cappa portatile a domicilio, si potrà effettuare la preparazione al domicilio del paziente osservando le seguenti precauzioni: - scegliere per la preparazione una stanza facilmente aereabile durante e dopo la manipolazione (non la cucina, meglio il bagno se disponibile un piano d'appoggio); - con le protezioni personali su piano libero, pulire all'inizio ed alla fine delle operazioni il piano di lavoro con ipoclorito di sodio al 10% e ricoprirlo con un telino assorbente monouso. - seguire le istruzioni espresse per la somministrazione; - riportare ogni residuo di preparazione e di somministrazione (bacinelle, garze, cotone, deflussori, raccordi, telini monouso, mezzi protettivi individuali) in contenitori chiusi per rifiuti speciali ospedalieri muniti di sacchi di raccolta, porre invece tutto il materiale tagliente (fiale, flaconi, siringhe con ago innestato) nei contenitori rigidi a chiusura ermetica per rifiuti speciali ospedalieri. Si dovrà sottoporre il materiale alle procedure d'inattivazione e smaltimento nelle strutture ospedaliere. H) In MEDICINA VETERINARIA L'uso recente di questi preparati in questo ambito presuppone che la preparazione sia eseguita in locali adatti sotto idonea cappa aspirante (perlomeno di classe I), che siano adottate le più rigorose protezioni personali in tutte le fasi, ivi incluse quelle riguardanti coloro che devono accudire gli animali da laboratorio negli istituti di ricerca, e che vengano adottate le necessarie misure di sicurezza, come esemplificativamente indicato in questo manuale.

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5.8.2 IN SOMMINISTRAZIONE Al paziente dovranno essere fornite tutte le avvertenze da adottare in occasione della chemioterapia antiblastica e si dovranno osservare attentamente eventuali sue reazioni locali e sistemiche alla terapia, documentando delle possibili conseguenze iatrogene di questi farmaci e sulla loro reversibilità. Valutare attentamente ogni caso di somministrazione del farmaco a paziente disorientato e/o scarsamente collaborante: per evitare rischi di autoinoculazione accidentale, è bene giovarsi dell'ausilio di un altro operatore. A) In terapia iniettiva Il personale autorizzato, debitamente informato dei rischi e protetto (con guanti, visiera trasparente, cuffia in TNT per capelli, camice monouso in materiale idrorepellente TNT e pantaloni), dovrà seguire le norme scritte di sicurezza indicate dal responsabile dell'Unità di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici (UMaCA) comprendenti anche le linee guida generali e particolari per la somministrazione, per il corretto smaltimento del materiale e per le modalità di intervento in caso di spandimento e/o incidente nonché di stravaso. Queste raccomandazioni costituiscono un protocollo di immediato impiego con le misure urgenti d'adottare e gli eventuali antidoti da utilizzare nel caso di stravaso o di spandimento accidentale . Etichette di rischio citotossico devono risultare visibili su tutti gli accessori a contatto con i farmaci antineoplastici e le siringhe dovranno riportare chiaramente il nominativo del paziente, il nome e la dose del preparato, e, nel caso non venisse prontamente somministrato, le modalità di conservazione (es. in frigorifero) nonché la data di scadenza. I flaconi dei farmaci fotosensibili devono essere mantenuti coperti con fogli d'alluminio o con stoffa, e i deflussori devono essere di materiale plastico colorato che impedisca l'esposizione alla luce per tutto il tempo della somministrazione. Utilizzare esclusivamente siringhe, set e pompe con attacco luer-lock. L'operatore può essere dotato di un pratico kit di somministrazione per lo stravaso e la decontaminazione con tutto il materiale necessario, incluse le protezioni personali. Durante la somministrazione, è necessario posizionare un telino impermeabile sul lato inferiore, ma non rilasciante pulviscolo superiormente, di protezione, sotto l' intero percorso del deflussore, sotto il braccio del paziente per evitare spandimenti del farmaco sulla biancheria del letto. E' inoltre raccomandabile per la tutela delle mucose dell'operatore, debitamente protetto anche con occhiali con protezioni laterali o facciale trasparente per la protezione del volto, che la somministrazione venga effettuata a busto eretto evitando in tal modo di tenere il volto a distanza ravvicinate dal punto d'iniezione. E' bene provare in anticipo i set endovenosi e i cateteri lavandoli con apposita soluzione. Per l'infusione dei farmaci e l'estrazione dell'ago usare un tampone sterile imbevuto di alcool al 70%. Queste raccomandazioni devono costituire un protocollo di immediato impiego con le misure urgenti d'adottare e gli eventuali antidoti da utilizzare nel caso di stravaso o di spandimento accidentale. Per la preparazione, anche in questo caso, la manovra di espulsione dell'aria dalla siringa deve essere effettuata posizionando una garza sterile imbevuta di alcool all'estremità superiore dell'ago, facendo attenzione che non vi permangano piccole particelle residue e a non procurarsi lesioni cutanee.

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Evitare di utilizzare, nel modo più assoluto, il lavandino per eliminare eccessi di chemioterapici antiblastici. Siringhe e deflussori devono essere chiusi, all'occorrenza, con tappi luer lock. Far sgocciolare il deflussore su una garza posta internamente ad un piccolo sacchetto di materiale plastico sigillabile. Controllare gli eventuali segni di perdite nell'uso di infusori e pompe, sempre con attacchi luer-lock. Prima di iniettare il farmaco antiblastico nel flacone della fleboclisi è bene riempire il deflussore di soluzione fisiologica o glucosata (a secondo dei casi), evitando in tal modo possibili gocciolamenti del chemioterapico antiblastico. Si raccomanda, altrimenti, di innestare il deflussore sotto cappa aspirante. Dovendo somministrare un chemioterapico antiblastico per bolo endovenoso, evitare di bucare il tubicino d' infusione (altrimenti si corre il rischio di incidente per autoinoculazione) ma raccordare la siringa ad un giunto ad Y sigillato da un dispositivo luer - lock, oppure utilizzare un raccordo a due vie o un rubinetto in linea sempre protetto da un luer lock. In tal caso è opportuno posizionare una garza sotto il raccordo ad Y, in prossimità del dispositivo in gomma predisposto per tale introduzione. Abbassare la sacca o il flacone con il farmaco a fine infusione, al fine di permettere che la soluzione endovenosa di mantenimento faccia rifluire il farmaco rimasto nei tubi, riappendere quindi la sacca o flacone con il chemioterapico antiblastico per la sua infusione definitiva. Abbassare e capovolgere il flacone vuoto nella somministrazione della fleboclisi. L'operatore dovrà lavarsi accuratamente le mani prima e dopo ogni somministrazione. B) PER VIA ORALE Manipolazione delle compresse Per estrarre una compressa da un flacone contenente più dosi del farmaco, far scivolare il farmaco nel coperchio della confezione e, da questo, nel contenitore del paziente. In caso di farmaci confezionati in blister, la manovra di compressione per estrarre la capsula dell' involucro deve essere fatta direttamente nel contenitore del paziente. Se le manovre vengono eseguite correttamente non esistono possibilità di contatto del farmaco con la cute e pertanto non è obbligatorio, ma ugualmente consigliabile, l'uso di guanti di protezione. Se il farmaco in compresse viene conservato dal paziente per la terapia domiciliare, questi lo dovrà custodire in un luogo inaccessibile a minori, e ne dovrà informare i conviventi del rischio legato all'assunzione accidentale. C) PER VIA CUTANEA Nell'applicazione sulla cute di creme, pomate ed unguenti a base di chemioterapici antiblastici è necessario che l'operatore sia protetto con: - doppi guanti in lattice indossati sopra i polsini del camice; - camice monouso in TNT a scarsa penetrabilità , rinforzato anteriormente e sulle maniche; ed effettui, a fine trattamento, uno scrupoloso lavaggio delle mani.

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D) PER AEROSOL E' necessario che l'aerosolterapia con antiblastici sia eseguita in locali appositi e che l'operatore sanitario sia presente solo quando strettamente necessario e con le vie respiratorie protette da idonee maschere facciali con filtro HEPA/carbone attivo. 5.8.3 SMALTIMENTO Il personale autorizzato, anche alla manipolazione degli escreti e degli effetti letterecci dei pazienti, deve essere documentato dei rischi connessi a questi farmaci e delle procedure di sicurezza da osservare. Gli addetti saranno protetti con camici in tessuto idrorepellente monouso (in TNT), guanti monouso in lattice pesante, semimaschera rigida (FFP3S; UNI EN149), occhiali di sicurezza, pantaloni, sovrascarpe monouso. Occorre utilizzare accessori e materiali di pulizie esclusivamente dedicati. A) Pulizia della cappa e dell'ambiente a fine preparazione. Non appena terminata la fase di preparazione del farmaco, si deve provvedere alla regolare e sistematica pulizia di tavoli, delle attrezzature e degli impianti. Dopo aver tolto l'eventuale telino, occorre vuotare il contenitore dell'alcool e lavarlo, si rimuoverà inoltre qualsiasi oggetto dall'interno della cappa (boccette di farmaci, contenitori) a meno che non si esegua la loro pulizia, una volta terminata la preparazione, con alcool al 70%. Si pulirà quindi la cappa con una garza (evitando cotone o stracci che lascino residui) imbevuta di alcool al 70%, procedendo dall'alto verso il basso, e con movimenti concentrici, dalla periferia verso il centro. Il farmaco ricostituito in eccesso andrà reimmesso nel flacone originale per lo smaltimento. Per togliere impronte o macchie dal piano di lavoro della cappa lo si pulirà regolarmente (sempre dopo ogni incidente, anche lieve) con detergente ad alto pH, o comunque compatibile con l'acciaio inossidabile: evitare ipoclorito di sodio in quanto può aggredire la superficie metallica della cappa. Le pareti interne della cappa andranno trattate solo con alcool al 70%. Si dovrà sempre tenere accesa l'aspirazione della cappa nelle operazioni di pulizia. Tutto il materiale utilizzato (guanti, garze cotone, telini monouso e ogni altro oggetto non tagliente, incluse le protezioni personali a perdere) deve essere riposto in opportuni contenitori facilmente identificabili (struttura esterna rigida ed una interna di plastica con doppia chiusura), contrassegnati necessariamente come R.S.O. (Rifiuti Speciali Ospedalieri) da avviarsi all'inceneritore. Tutti i materiali taglienti (ad es. siringhe, sempre con l' ago innestato, fiale, flaconi della fleboclisi) andranno smaltiti in appositi contenitori per R.S.O. impermeabili, rigidi, imperforabili e facilmente identificabili, a bocca larga o con dispositivo di raccordo dell' ago e di chiusura ermetica, sempre collocati in posizione stabile accanto al posto di lavoro. B) Pulizia dei locali Si deve evitare di generare polvere, ad es. spazzando il pavimento, utilizzando sempre idonee cautele. In caso di incidente (es. spargimenti di farmaci) si dovrà sospendere la pulizia convenzionale fino alla sua completa decontaminazione. Durante le fasi di preparazione si dovranno evitare anche lievi operazioni di pulizia.

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C) NELLA RACCOLTA E NELL'ELIMINAZIONE DEGLI ESCRETI DEL PAZIENTE E DELLA SUA BIANCHERIA CONTAMINATA, l'operatore, sempre con le protezioni di cui sopra, utilizzerà contenitori di raccolta differenziati a chiusura ermetica che andranno puliti con una soluzione di ipoclorito di sodio al 5%. E' necessario inattivare con ipoclorito di sodio al 5% le urine dei pazienti in terapia, soprattutto di quelli sottoposti ad installazione endovescicale di chemioterapici antiblastici, in quanto contengono elevate concentrazioni del principio attivo. Le possibilità di effetti nocivi sulla salute del personale possono essere ridotte mediante l'utilizzo di specifici mezzi che consentano di ridurre i livelli e le occasioni di esposizione. Qualora non sia possibile inattivare i liquidi biologici di pazienti in chemioterapia, è necessario porre i loro escreti e vomito in recipienti ermeticamente chiusi e identificati con etichetta, da smaltirsi come rifiuti speciali. Il paziente trattato con chemioterapici antiblastici (terapia iniettiva, endovescicale, orale, aerosol) dovrà essere avvertito a provvedere ad inattivare domiciliarmente i propri escreti (urine, feci, vomito) con ipoclorito di sodio o, quantomeno, a versare al bisogno dell'ipoclorito nel WC. L'operatore e l'ambiente devono essere tutelati con una idonea inattivazione degli escreti dei pazienti. In tal senso la farmacia interna dell'ospedale è generalmente in grado di fornire concrete indicazioni. Per le singole voci si rimanda alla scheda finale di A. Zaccara. 5.8.4. MANUTENZIONE DELLA CAPPA E DEI FILTRI A) MANUTENZIONE DELLA CAPPA E VERIFICA DEL CORRETTO FUNZIONAMENTO In base alle indicazioni del produttore, di massime ogni 1000 ore di lavoro e ogniqualvolta venga cambiata di sede, andrà effettuato un controllo globale del buon funzionamento della cappa e dei filtri con certificazione a cura di un tecnico qualificato. In particolare andrà verificata l'integrità dei filtri HEPA e la velocità dei flussi d'aria in entrata ed uscita. B) SOSTITUZIONE E SMALTIMENTO DEI FILTRI In tale evenienza si dovrà isolare completamente il locale, anche dal sistema di eventuale condizionamento, da disattivarsi in tal caso. L'incaricato sarà protetto da una tuta monouso con cappuccio in TNT, maschera facciale con filtro HEPA a cartuccia, doppi guanti in lattice o in PVC pesante, sovrascarpe monouso. Il filtro, montato possibilmente in modo tale da poter utilizzare la tecnica di rapida rimozione in sicurezza del tipo bag-out, sarà riposto in un doppio sacco da chiudersi ermeticamente e da smaltirsi come rifiuto tossico nocivo, al pari di guanti, soprascarpe e tuta che, nella stessa stanza verranno tolti e richiusi in un apposito sacco da sigillarsi ermeticamente. A fine operazione, trascorsi almeno 30 minuti per permettere un efficace ricambio d'aria, si riattiverà il condizionamento del locale. Il manuale d'uso della macchina deve portare chiaramente la procedura di rimozione dei filtri qui sopra sinteticamente indicata.

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5.8.5 NORME COMPORTAMENTALI GENERALI PER IL PERSONALE E' VIETATO: - L'ACCESSO ALLA ZONA DI PREPARAZIONE DEI FARMACI ANTIBLASTICI

AL PERSONALE NON AUTORIZZATO. - L'USO DI COSMETICI (come ad es. cipria, rossetto, smalto per unghie, lacca per

capelli) nelle zone di lavoro: questi, se contaminati, possono costituire una fonte di esposizione prolungata.

- MANGIARE, BERE, masticare gomme e caramelle, fumare e conservare cibo o

bevande nelle zone dove si manipolano sostanze citotossiche. - INDOSSARE GLI INDUMENTI DI PROTEZIONE FUORI DALLE ZONE DI LAVORO. 6.0.0 - PROVVEDIMENTI DA ADOTTARSI IN CASO DI SPANDIMENTI ACCIDENTALI O CONTAMINAZIONE DEL PERSONALE. 6.1.0 SPANDIMENTI O INCIDENTI AMBIENTALI E' necessario che ogni area a rischio sia dotata di un protocollo di immediato intervento con le misure urgenti da adottare e gli eventuali antidoti da utilizzare. Un Kit di intervento in caso di spandimenti (per rottura di contenitori: flaconcini, fiale) deve essere presente nell'area di stoccaggio, preparazione (nell'anticamera o nel punto di decontaminazione della sala di preparazione) e somministrazione; tutto il personale autorizzato alla manipolazione deve essere adeguatamente addestrato ad operare in condizioni di emergenza. Il Kit deve contenere un chiaro protocollo con le procedure per il trattamento immediato, le protezioni personali, gli eventuali neutralizzatori e le sostanze adsorbenti, un contenitore rigido per la raccolta di eventuali frammenti di vetro, una paletta a perdere. Gli eventuali liquidi andranno adsorbiti o con panni o con telini in TNT monouso o con specifiche sostanze; si utilizzeranno panni umidi in TNT per rimuovere le polveri. La bonifica dell'area inizierà dalla zona meno contaminata, rimuovendo tutto il materiale, inclusi i vetri rotti, e detergendo con acqua ed una soluzione d'ipoclorito al 10% per almeno tre volte l'area contaminata; il tutto (incluso i telini e le protezioni personali) va riposto negli appositi contenitori per R.S.O. Ogni incidente va notificato al Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria o Ospedale tramite il Primario dell'U.O. di appartenenza, la Direzione Sanitaria e il Servizio di Prevenzione e Protezione. Nella comunicazione, oltre alla data, all'ora e al luogo dell'accaduto, si dovrà indicare il nome del farmaco (con la sua concentrazione e quantità stimata) oggetto dell'incidente, il nome degli operatori coinvolti ed una descrizione delle modalità sia dell'accaduto sia dell'intervento di bonifica ambientale. Il materiale utilizzato per le operazioni di pulizia, i camici e guanti di protezione monouso, devono essere smaltiti negli appositi contenitori per "R.S.O." a chiusura ermetica e non reversibile.

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6.2.0. CONTAMINAZIONE DEL PERSONALE 6.2.1. In caso di contatto diretto della cute e delle mucose con farmaci antineoplastici procedere immediatamente ad un lavaggio della parte interessata con acqua corrente, quindi consultare il medico esibendo la scheda di sicurezza del farmaco fornita dal produttore ed il protocollo specifico di sicurezza dell'Unità di Manipolazione. 6.2.2. In caso di inoculazione/puntura accidentale della cute con aghi contaminati occorre trattare l'area colpita come se fosse avvenuto uno stravaso, andrà favorito il gocciolamento di sangue, si sottoporrà la cute ad un abbondante lavaggio con acqua corrente e si procederà alla disinfezione. 6.2.3. In caso di contaminazione degli occhi procedere ad un lavaggio abbondante con acqua corrente o con soluzione fisiologica per almeno 15 minuti, quindi consultare immediatamente l'oculista. In tutti i casi denunciare ogni incidente come infortunio sul lavoro o contaminazione ambientale, al Direttore Generale tramite il Servizio di Prevenzione e Protezione in collaborazione con la Direzione Sanitaria ed il Responsabile della UMaCA o della U. O. di appartenenza. 7.0.0 LA VALUTAZIONE DELL'ESPOSIZIONE: MONITORAGGIO AMBIENTALE E BIOLOGICO (Art. 63 comma 4, lett. d), D.Lgs. 626/94) Il riconoscimento, la misurazione e la valutazione dei chemioterapici antiblastici in matrici ambientali e biologiche permette di effettuare la valutazione complessiva dell'esposizione. A tale proposito si propone la valutazione analitica dell'ambiente, delle attrezzature e delle loro modalità di utilizzo: vedasi al punto 11.0.0. la "proposta di percorso per la valutazione del rischio in base al D.Lgs. 626/94". Per quanto concerne il monitoraggio ambientale e biologico va rilevato che è possibile procedere attualmente al loro dosaggio con metodi di elevata specificità e sensibilità. Poiché sono innumerevoli i chemioterapici antiblastici utilizzati è proponibile dosare alcuni di questi come indicatori; ad es. la ciclofosfamide, il 5 fluoracile ed i composti di coordinazione del platino. Nella programmazione del dosaggio di questi farmaci su matrici ambientali e biologiche è preferibile privilegiare la loro determinazione sulle superfici di lavoro piuttosto che su materiale biologico (urine), ancorché su misurazioni atmosferiche. Scarsamente specifici si sono invece dimostrati i test di mutagenesi urinaria, utilizzati nel recente passato in relazione a situazioni di abnorme esposizione diffusamente presenti. 7.1.0 MONITORAGGIO AMBIENTALE 7.1.1 Determinazione su superfici e materiali E' opportuno individuare le superfici su cui effettuare il test, in particolare, ad es.: le pareti interne delle cappe, i piani di lavoro, i teli, le maniglie, i lavandini, i rubinetti, il telefono, l'asta della fleboclisi, i pavimenti, le superfici dei bagni, i guanti, le maschere. Lo smear o wipe test è preceduto dalla delimitazione della superficie da monitorare (21). E' utilizzabile un sistema di raccolta, ad es. garza sterile di 1-2 g. in cotone, precedentemente imbevuta di una quantità nota di solvente di estrazione, in modo che ne resti inumidita. La garza andrà quindi fatta scivolare nei due sensi con una leggera pressione sulla superficie d'esame, con movimenti circolari concentrici dall'esterno verso l'interno. Si possono in tal modo determinare sia i chemioterapici antiblastici organici che i composti del platino.

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L'analisi della contaminazione delle superfici di lavoro appare decisamente utile per la valutazione dell'esposizione; è inoltre riproducibile, sensibile ed effettuabile con tecniche analitiche, relativamente accessibili (HPLC-UV) e poco costose. Decisamente utili, anche in relazione al fatto che tra le vie di assorbimento più importanti vi sono quella transcutanea e transmucosa, possono essere i dosaggi su maschere e guanti, previa standardizzazione del metodo analitico e della codificazione dei risultati. Il wipe test può esprimere efficacemente l'accumulo dei farmaci antiblastici sulle superfici, il che permetterebbe di valutare la dose accumulatasi nel tempo senza necessariamente richiedere che i prelievi siano effettuati alla fine della manipolazione. 7.1.2 Il monitoraggio del dosaggio dei farmaci antiblastici aerodispersi non si è rivelato fino ad ora un metodo di particolare sensibilità, esso dovrebbe essere riservato ad ambienti molto contaminati o a modalità di manipolazioni palesemente inidonee, come ad es. situazioni a rischio elevato configurabili nell'esecuzione di un notevole numero di preparazioni senza utilizzo di cappa di aspirazione o con ineguatezza delle protezioni personali o delle precauzioni assunte dagli addetti. Infatti, pur in assenza di una positività della captazione dell'aerodisperso si sono potute documentare concentrazioni di farmaci antineoplastici depositati su superfici. E' una misura ritenuta utile nei casi in cui si debbano mettere a punto i sistemi di ricambio d'aria e di aspirazione 7.2.0 MONITORAGGIO BIOLOGICO Consente una valutazione cumulativa delle dosi assorbite attraverso le diverse vie. Pur non esistendo al momento attuale delle metodiche di indagini routinarie sufficientemente collaudate per un monitoraggio periodico, in considerazione della evidenziata escrezione urinaria di farmaci citostatici negli esposti, è consigliabile prevedere lo studio della dose interna assorbita mediante la determinazione del farmaco nei liquidi biologici (31). Il monitoraggio biologico si rivela scarsamente sensibile in condizioni di lavoro ottimizzato. Per la complessità analitica è opportuno prevedere dei centri di riferimento regionali di promozione dei programmi di qualità di laboratorio. 7.2.1 Dosaggio del platino nel siero delle urine. Va considerato che la cinetica di eliminazione di questi composti è bifasica con emivita di 20 minuti circa nel siero e di 80 ore nelle urine e in base a queste considerazioni dovrà essere deciso il periodo di prelievo. E' opportuno dosare anche la frazione sierica libera dal momento che la quota metabolicamente attiva è rappresentata dalla porzione ultrafiltrabile. La tecnica liquido cromotografica consente le caratterizzazioni delle differenti specie di farmaco nel siero e nelle urine (9,22). 7.2.2 Dosaggio dei farmaci antineoplastici organici. Per esposizioni professionali a ciclofosfamide è segnalata la sensibilità e la semplicità di un metodo di determinazione del farmaco nelle urine con sensibilità intorno a 250 mg/l . E' riferito anche il dosaggio di un metabolita del 5- fluoracile (alfa fluoro beta alanina) . 7.2.3 Addotti al DNA ed alle proteine. Attualmente è in studio l'utilizzo delle capacità di interazione dei farmaci antiblastici, in particolar modo gli alchilanti, con il DNA (condizione di base delle loro capacità antitumorali) per la valutazione, nell'esposizione professionale, della dose metabolicamente efficace.

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La presenza di addotti con l'emoglobina (la proteina senz'altro più idonea per la dosimetria molecolare per il lungo tempo di sopravvivenza dei globuli rossi, l'abbondanza in circolo, la facilità di campionamento e la disponibilità di tecniche analitiche idonee a rivelare bassi livelli di modificazione dei siti reattivi sulla catena) potrebbe rivelarsi un mezzo di valutazione di dose interna e, di conseguenza, un indicatore indiretto di rischio genotossico. 7.3.0 LIVELLI DI INTERVENTO Dalla valutazione dell'adeguatezza degli ambienti e delle modalità di lavoro (vedasi il punto 11.0.0), nonché, eventualmente, dal riconoscimento, misurazione e valutazione dei chemioterapici antiblastici in matrici ambientali e biologiche, necessariamente deriva l'individuazione di livelli differenziati d'intervento. 7.3.1 In caso di rischio EVIDENTE (ad es. per palese incongruenza nell'utilizzo delle procedure di sicurezza, di protezioni personali e/o di garanzie ambientali; inadeguatezza del locale o, ancor più in carenza delle cappe di aspirazione) si impone una bonifica immediata validata da dosaggi biologici e sulle superfici prima e dopo l'intervento, si potrà campionare eventualmente anche nell'aria i chemioterapici antiblastici e si effettuerà inoltre un controllo, a bonifica ultimata, della validità del sistema di sicurezza adottato. 7.3.2 in caso di rischio PROBABILE ( ad es. per inadeguata applicazione delle procedure corrette o per cause ambientali non rilevanti) si considererà la necessità di un eventuale intervento di bonifica, validata dalla determinazione superficiale con un eventuale dosaggio biologico e/o un ricontrollo ambientale. 7.3.3 In caso di rischio POTENZIALE (cui corrisponde un buon adeguamento ambientale e un comportamento di sicurezza adeguato degli operatori) la valutazione del rischio potrà essere eseguita dopo tre anni o in caso di modifica delle situazioni impiantistiche ambientali o delle condizioni di lavoro. 8.0.0 LA SORVEGLIANZA SANITARIA DEL PERSONALE Gli operatori addetti alla preparazione e somministrazione di farmaci antiblastici sono sottoposti, a cura di un medico competente, a visite mediche di idoneità (pre esposizione e periodica) in rapporto agli specifici rischi della mansione: Art. 33 D.P.R. 303/56; Art. 24, comma 5, D.P.R. 384/90; Art. 4, comma 1, lett. p) D.Lgs. 277/91 e Artt. 3, 16 e 69 D.Lgs. 626 /94. La frequenza delle visite periodiche, di norma annuale, deve basarsi sull'entità dell'esposizione. Non sono al momento identificabili test specifici per evidenziare situazioni di ipersuscettibilità ed effetti biologici precoci individuali. Il medico competente dovrà considerare quelle situazioni fisiologiche e patologiche, congenite o acquisite, che potrebbero configurare casi di particolare suscettibilità o che potrebbero aggravarsi dall'esposizione professionale da antiblastici. Tali situazioni devono essere attentamente valutate sia in fase di idoneità pre esposizione che di visita periodica. In particolare sono da considerare molto attentamente le seguenti situazioni: talassemie, emoglobinopatie, carenza di G6PD eritrocitaria; anemie, leucopenie, piastrinopenie; alterazioni della funzionalità renale ed epatica; pregressa esposizione professionale a radiazioni ionizzanti o a sostanze cancerogene; pregresse terapie capaci di indurre ipoplasia midollare (in particolare trattamenti con antiblastici o con radiazioni ionizzanti), condizioni di atopia. In anamnesi lavorativa andrà annotata la quantità media di farmaci manipolata dall'operatore, la durata media di esposizione, eventuali episodi di contaminazione accidentali, ferite e/o punture da aghi o strumenti contaminati dai chemioterapici

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antiblastici durante il lavoro come indicato al punto 12.0.0, a proposito del registro di esposizione individuale. In tale occasione il medico competente dovrà indagare gli eventuali disturbi, anche vaghi (come ad es. nausea, cefalea, vertigini) o manifesti (quale ad es. la perdita di capelli e/o peli), eventuali effetti irritativi ed allergici a carico della cute, delle mucose oculari e dell'apparato respiratorio. L'esame obiettivo dovrà essere particolarmente attento nell'osservare anche eventuali alterazioni cutanee e degli annessi; sono inoltre consigliati, oltre all'emocromo completo con formula leucocitaria, il conteggio delle piastrine, dei reticolociti, l'elettroforesi sieroproteica, l'esame delle urine, i test di funzionalità epatica (GOT, GPT, GGT, bilirubinemia frazionata) e renale (azotemia, creatininemia). Dal momento che esistono farmaci di cui è segnalata una specifica tossicità polmonare per il paziente (vedasi le tab. 2 e 3), è bene che il medico competente, perlomeno in sede di prima idoneità specifica alla mansione, si accerti, con l'esecuzione di prove di funzionalità respiratoria, dell'integrità funzionale polmonare. Analogamente, data la segnalata tossicità nel paziente a carico del cuore e del sistema nervoso da parte di alcuni chemioterapici antiblastici, il medico competente valuterà l'idoneità lavorativa considerando l'integrità dei predetti apparati (tab. 2 e 3). Alcune modalità di indagine che consentono di evidenziare la presenza di eventuali danni genotossici (valutazione degli scambi tra cromatidi fratelli, valutazione della frequenza di aberrazioni cromosomiche, rilevazione della frequenza di micronuclei), pur dotate di alta sensibilità, sono tuttora aspecifiche e risultano di lunga e complessa esecuzione. Pertanto non rispondono alle esigenze di monitoraggio periodico di tutto il personale esposto. I test che valutano l'entità del potere mutageno delle urine degli esposti risultano non sufficientemente specifici, in quanto influenzati notevolmente da fattori dietetici, ambientali e abitudini di vita (per. es. il fumo). Solo in situazioni eccezionali, quali ad esempio in caso di abnorme assorbimento di chemioterapici antineoplastici a causa di un incidente sul lavoro o di patologia ematologica o cutanea di sospetta origine professionale da manipolazione di farmaci antineoplastici, sono indicabili studi citogenetici a livello individuale: come ad esempio la determinazione della frequenza di aberrazioni cromosomiche in linfociti periferici. Sulla base dei dati clinici il medico competente potrà comunque disporre ulteriori accertamenti. Ogni contaminazione acuta o anomala del personale (abnorme esposizione anche, ad es., da ferite o punture di aghi contaminati da farmaci antiblastici) deve essere immediatamente segnalata come infortunio sul lavoro (all' INAIL), al responsabile dell'UMaCA, alla direzione sanitaria e al responsabile del servizio prevenzione e protezione e al medico competente. L'operatore coinvolto deve essere prontamente sottoposto a particolare sorveglianza sanitaria, l'area colpita va esaminata giornalmente dal medico competente per almeno una settimana, che valuterà attentamente l'eventuale comparsa di bruciore, eritema, edema. In ogni caso l'accaduto va annotato sulla cartella sanitaria del dipendente, sul registro di esposizione individuale e sulla scheda di reparto. Per l'aumentato rischio di malformazioni alla progenie e di aborti spontanei, le lavoratrici in gravidanza, specialmente a partire dai primi tre mesi, non devono essere adibite a mansioni che comportino l'esposizione a farmaci antiblastici (Art. 3 L. 30.12.1971 n. 1204). Pur non essendo ancora documentato il passaggio delle sostanze citotossiche nel latte materno, a scopo precauzionale, è raccomandabile non adibire alla manipolazione di sostanze citotossiche le lavoratrici in allattamento.

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Il medico competente dovrà valutare l'opportunità di disporre l'allontanamento temporaneo o definitivo dalla mansione per quegli addetti affetti da una situazione patologica, pur non relazionabile all'attività lavorativa specifica, ma suscettibile di aggravamenti a causa dell'esposizione. Il medico competente dovrà comunque esprimere l'idoneità specifica tenendo conto dell'entità dell'esposizione (vedasi "monitoraggio ambientale e biologico" al punto 7.0.0 e la "proposta di percorso per la valutazione del rischio in base al D.Lgs. 626/94" al punto 11.0.0). 9.0.0 - LA FORMAZIONE DEL PERSONALE Condizione fondamentale per la manipolazione in sicurezza dei chemioterapici antiblastici è il creare una coscienza responsabile in tutti gli esposti al rischio. E' di primaria importanza che la formazione alla conoscenza del rischio e alle corrette misure di prevenzione sia effettuata a partire dai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Farmacia e di diploma in Scienze Infermieristiche. Gli allievi I.P., pur edotti delle tecniche di corretta manipolazione, devono essere esclusi dall'esposizione in fase di preparazione. Nel caso che assistano a scopo dimostrativo alla manipolazione, essi dovranno essere adeguatamente protetti. Al fine di promuovere la manipolazione sicura degli antiblastici tra il personale sanitario, sarà necessario istituire una serie periodica e permanente di speciali momenti di istruzione-informazione-formazione-aggiornamento (anche alla decontaminazione) del personale nell'ambito di un programma globale di prevenzione attiva e continua nel tempo che coinvolga l'azienda ospedaliera sanitaria ad ogni livello organizzativo e di qualifica. Questo del resto è previsto anche dalla normativa: in particolare modo è contemplato tra i dettati legislativi del D.Lgs. 626/94 che prevede precisi obblighi di informazione, di formazione e di aggiornamento a carico del datore di lavoro. Quindi anche l'azienda socio sanitaria deve prevedere specifici programmi di formazione e informazione dei lavoratori, in questo caso per la prevenzione dei rischi nella manipolazione da farmaci antiblastici. 9.1.0 PRE REQUISITI Il personale designato all'utilizzo di chemioterapici antiblastici deve, grazie al parere di idoneità sanitaria da attuarsi all'atto dell'assunzione, o comunque prima che venga assegnato a compiti a rischio per esposizione a chemioterapici antiblastici, risultare in possesso dei requisiti psicofisici d'idoneità: in particolare saranno indagati eventuali situazioni di meiopragia di organi ritenuti a rischio o la sussistenza di eventuali situazioni temporanee di non idoneità (gravidanza, allattamento, ecc.). L'operatore dovrà essere in possesso di effettive capacità di affrontare la problematica inerente la manipolazione dei chemioterapici antiblastici. E' quindi necessario che l'operatore disponga di conoscenze generali della problematica connessa all'utilizzo dei farmaci in generale e specificatamente per i chemioterapici antiblastici, dei rischi connessi con la loro tossicità generale, delle modalità di somministrazione, delle precauzioni da utilizzare per il paziente, delle responsabilità generali per l'operatore.

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9.2.0 ISTRUZIONE Devono essere fornite all'operatore, prima dell'inizio dell'esposizione, indicazioni sulla problematica generale connessa alla manipolazione dei farmaci antiblastici. In particolare, l'operatore dovrà essere edotto delle nozioni essenziali sulla tossicità generale degli antitumorali, sulle indicazioni e i principi basilari della chemioterapia antitumorale (caratteristiche chimico-fisiche dei farmaci, sostanze compatibili e tecniche farmaceutiche per la loro solubilizzazione e diluizione, interazioni con altri farmaci o prodotti chimici o materiali che compongono attrezzature o presidi), sui rischi per il paziente (esponendo le controindicazioni assolute e relative, le possibili complicanze iatrogene e la valutazione della risposta terapeutica) e tutte le misure atte alla sua protezione (come ad es.: la sua corretta identificazione e conoscenza del farmaco in base alla scheda di rischio fornita dal produttore, il corretto dosaggio e conservazione del farmaco), nonché la conseguente necessità di protezione del personale addetto alla manipolazione e allo smaltimento (non solo degli oggetti contaminati, ma anche dei liquidi organici contenenti residui di questi farmaci che necessitano di inattivazione) e di protezione dell'ambiente: inattivazione degli escreti dei pazienti prima che siano immessi nell'impianto fognario e termodistruzione di qualsiasi oggetto monouso contaminato in inceneritori autorizzati. 9.3.0. INFORMAZIONE: ( Artt. 21 e 66, D.Lgs. 626/94) E' rivolta a tutti gli addetti, ivi inclusi i delegati della direzione sanitaria, del servizio di prevenzione e protezione, del servizio di direzione infermieristica, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i medici, gli infermieri e il personale ausiliario coinvolto nella manipolazione di antiblastici o che lavorano in strutture a rischio di contaminazione. Può essere effettuata tramite seminari informativi rivolti specificatamente alle diverse categorie di lavoro, preferibilmente da condurre a numero limitato di partecipanti: a partire dalla tossicologia generale dei chemioterapici antiblastici, si devono fornire indicazioni, anche tramite materiale illustrativo come questo manuale, sulla potenziale esposizione degli operatori sanitari, sui possibili rischi specifici (mutageno, teratogeno, cancerogeno, sulla gravidanza e altri), sulle vie di contaminazione, le manovre a rischio, la valutazione del carico di lavoro ai fini della minimizzazione del rischio con la conseguente necessità dell'Unità Centralizzata di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici (UMaCA) e i suoi compiti, le caratteristiche dei locali, i requisiti dei prodotti, le istruzioni del produttore, i mezzi protettivi ambientali (cappe aspiranti e filtri), i dispositivi di protezione individuale, le caratteristiche dei materiali; gli interventi di decontaminazione, il monitoraggio ambientale e biologico dell'esposizione, la sorveglianza sanitaria, il registro di esposizione individuale, l'organizzazione del lavoro, gli aspetti normativi: il materiale scritto deve contenere le norme e le procedure di sicurezza da seguirsi obbligatoriamente da parte del personale. E' necessaria una verifica finale del grado di sensibilizzazione raggiunta mediante la somministrazione di un questionario specifico di valutazione concordato tra i docenti del corso. L'informazione, esaurita la fase iniziale prevista per tutti gli operatori attualmente esposti al rischio, deve essere programmata per i nuovi assunti o per i trasferiti a mansioni comportanti l'esposizione a farmaci antiblastici.

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9.4.0. FORMAZIONE: (Artt. 22 e 66, D.Lgs. 626/94) E' rivolta ai medici, agli infermieri e al personale ausiliario che direttamente sono coinvolti nella preparazione, somministrazione e smaltimento di chemioterapici antiblastici o di liquidi biologici che li contengono. Devono essere attivati appositi corsi di formazione che indichino le procedure operative pratiche da seguire in presenza del rischio e le motivazioni delle stesse, dotando gli operatori di chiari protocolli procedurali, questo manuale può senz'altro essere utilizzato a tale scopo, giovandosi anche di dimostrazioni audiovisive. Il corso deve essere seguito da tutti gli operatori, eventualmente per moduli differenziati per esposizione al rischio, ed al termine deve essere previsto il rilascio di una "autorizzazione-patentino" di validità quinquennale. E' necessario inoltre prevedere la ripetizione del corso per gli addetti che non abbiano raggiunto, a giudizio dei docenti, un sufficiente livello di preparazione. Al termine del corso gli operatori devono dimostrare di conoscere: le precauzioni da adottare per minimizzare l'esposizione, le misure igieniche da osservare, il corretto utilizzo delle protezioni ambientali (cappe aspiranti) e personali, il trattamento dello stravaso e le cautele a protezione del paziente, le possibilità di contaminazione e le manovre preventive atte a limitarle, le procedure di decontaminazione (anche in situazioni di emergenza come ad es.: fuoriuscite o spandimenti importanti dei farmaci antiblastici, per rottura di fiale o flaconi con contaminazione diretta acuta dell'operatore e/o dell'ambiente) e di corretto smaltimento. I contenuti comprenderanno, oltre a quanto specificatamente indicato in precedenza: le procedure di sicurezza per limitare l'esposizione e le misure igieniche conseguenti: in preparazione (nell'utilizzo della cappa aspirante in base alla sua tipologia, sul piano libero, nella manipolazione dei farmaci in flaconcino o in fiale, nella preparazione della fleboclisi, per la terapia orale, nella chemioterapia domiciliare), in somministrazione (in terapia iniettiva, per via orale o cutanea, per aerosol), in chemioterapia domiciliare nella manutenzione della cappa e sostituzione dei filtri, in smaltimento dei materiali contaminati, degli effetti letterecci e della biancheria del paziente e dei loro escreti. Un questionario specifico, concordato tra i docenti, ed un colloquio esame verificheranno l'effettivo apprendimento della parte teorico formativa. La parte pratica consterà di una verifica, sotto la guida di personale qualificato e in ambiente di lavoro simulato, del livello di conoscenza raggiunto sulle corrette procedure operative. 9.5.0. AGGIORNAMENTO Rappresenta una fase essenziale perché garantisce la continuità dell'adozione delle procedure di sicurezza nella manipolazione di questi preparati a rischio. Deve essere previsto con periodicità almeno quinquennale o ad intervallo più ravvicinato quando esistano novità (comparsa di nuovi farmaci, nuove modalità di protezione e/o manipolazione) e per la verifica che le conoscenze acquisite permangano e siano fatte proprie da parte di tutti gli operatori già autorizzati per avere frequentato con successo i seminari di istruzione-informazione e il corso di formazione. I contenuti dovranno rimarcare e verificare i concetti essenziali introdotti nel seminario di istruzione-informazione e nel corso di formazione precedenti e valorizzare, in termini di ricaduta di prevenzione, ogni problematica emersa nell'attività a rischio, considerando gli eventi accidentali accaduti sia come tema di discussione di gruppo sia per verificare, nei comportamenti adottati, l'idoneità delle precauzioni assunte dal singolo operatore in occasione e successivamente all'evento sfavorevole. Le procedure di verifica potranno consistere sia nella somministrazione

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di un questionario specifico sia nell'effettiva osservazione della correttezza delle singole modalità operative. Agli operatori che avranno ottenuto un giudizio favorevole, sarà rinnovata la precedente autorizzazione. 9.6.0. LA FORMAZIONE DEI FORMATORI L'équipe incaricata dell'istruzione, dell'informazione, della formazione e dell'aggiornamento è bene che comprenda il responsabile del servizio di protezione e prevenzione o un suo delegato qualificato, un medico specialista in medicina del lavoro o un medico competente, un oncologo, un farmacista ed un infermiere dirigente. Sarà inoltre necessario, su indicazione e cura regionale in collaborazione con l'Università (Facoltà di Medicina e Chirurgia: Istituti di Oncologia e di Medicina del Lavoro; Facoltà di Farmacia) e con le Aziende Ospedaliere e/o Sanitarie (U.O. di Oncologia Medica, U.O. di Medicina del Lavoro, Servizi di Farmacia), approntare dei corsi di formazione dei formatori, per il personale destinato a compiti di docenza nei corsi per gli operatori esposti. Il programma potrà comprendere, oltre all'informazione documentata degli aspetti legislativi e della tossicità dei farmaci, ivi inclusi i meccanismi di cancerogenesi, anche gli argomenti sovradescritti, come ad esempio l'esposizione dettagliata delle procedure di sicurezza da seguire nelle varie fasi a rischio con le motivazioni delle stesse, gli interventi di decontaminazione e di corretto smaltimento attraverso dimostrazioni audiovisive e una verifica pratica in ambiente simulato. Al termine del corso si verificherà inoltre la capacità di trasmissioni delle informazioni tramite lezioni simulate e sarà utile effettuare una valutazione complessiva del grado di apprendimento raggiunto, mediante un questionario ed un colloquio. 10.0.0 L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO La pericolosità di questi medicinali permette di ritenere opportuno fare in modo che il loro uso sia ristretto ad operatori qualificati. Alla luce della normativa vigente nei confronti delle responsabilità civili e penali verso i lavoratori esposti al rischio chimico, il datore di lavoro (il direttore generale) ed i suoi dirigenti (direttore sanitario e direttore amministrativo) e preposti (i dirigenti di servizio o struttura, i primari, il responsabile della direzione infermieristica, il direttore della gestione del personale, ecc.) giovandosi della collaborazione del medico competente e del servizio di prevenzione e protezione devono informare e formare i lavoratori sui rischi specifici (consegnando loro anche una documentazione specifica come, ad es., questo manuale), far osservare l'adozione delle norme di igiene del lavoro (ivi incluso la cappa a flusso laminare) e delle procedure di sicurezza, nonché l'uso dei mezzi di protezione individuale messi a disposizione dei lavoratori (Art. 4, lett. d, D.P.R. 303/56; Art. 4 lett. c, D.P.R. 547/55 e D.Lgs. 626 del 19.09.1994) che risultano soggetti inoltre alla sorveglianza sanitaria a cura del medico competente. In ogni Unità di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici (UMaCA) dovrà essere adottato un regolamento, a cura del direttore generale dell'azienda e del responsabile dell' UMaCA o dell' U.O. di appartenenza, redatto in forma di manuale facilmente disponibile, di cui questo può rappresentare un esempio, in cui siano chiaramente codificate le motivazioni e le modalità dell'impiego in sicurezza dei chemioterapici antiblastici in tutte le fasi di manipolazione: stoccaggio, preparazione, somministrazione, smaltimento e inattivazione chimica, e le procedure in caso di incidenti. A tal fine, per l'eliminazione delle incongruenze dell'organizzazione del lavoro e dei possibili rischi per la salute ad esse connessi, tutte le procedure

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per la manipolazione, uso e smaltimento degli antineoplastici, dovranno essere attentamente valutate, codificate, attribuite quali compiti lavorativi specifici ai singoli operatori autorizzati e condivise dai lavoratori stessi. Nell'affidare i compiti a rischio di esposizione a chemioterapici antiblastici, il datore di lavoro (il direttore generale) tramite il primario preposto, deve tener conto delle capacità e delle condizioni degli operatori esposti in rapporto alle loro effettive capacità e alla loro sicurezza: Art. 4, comma 5, lett. e), D.Lgs. 626/94. Ne deriva che è compito della direzione sanitaria, del primario e del servizio di direzione infermieristica vigilare periodicamente e costantemente sul personale affinché utilizzi le procedure disposte e si ricorda che la legislazione vigente prevede degli obblighi da parte degli organi responsabili dell'azienda ospedaliera o sanitaria: Art. 4, D.P.R. 547/55 e Art. 4, D.P.R. 303/56, D.Lgs. 626/94. Le inadempienze del personale all'osservanza delle norme di sicurezza possono comportare sia l'irrogazione di provvedimenti disciplinari o economici da parte dell'amministrazione sia, se in violazione agli obblighi legislativi, sanzioni a termini di legge. Attraverso un controllo di qualità, l'UMaCA o, in sua assenza, i responsabili delle U.O. interessate, devono garantire la qualità dello stoccaggio, preparazione, somministrazione e smaltimento dei chemioterapici antiblastici, ivi incluse le garanzie per il paziente. 11.0.0 PROPOSTA DI PERCORSO PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO IN BASE AL D.Lgs. 626/94 Al fine di agevolare la valutazione del rischio specifico per la sicurezza e la salute degli operatori che manipolano chemioterapici antiblastici e la stesura del documento conseguente, a cui è tenuto il datore di lavoro (Artt. 3, 4 e 63 D.Lgs. 626/94), per individuare le misure di prevenzione e di protezione derivanti dalla valutazione stessa, si propone una proposta di percorso di valutazione volta alla verifica dettagliata e puntuale delle occasioni di esposizione al rischio. Si è fatto riferimento alle norme di buona tecnica supportate dai dettati di legge nazionali enunciati in questo manuale, riferiti a norme emanate da Organismi Internazionali (OMS) o nazionali, o comunque da enti o associazioni qualificate o autorevoli. Se per le mansioni di preparazione e di somministrazione dei farmaci antiblastici è agevole l'identificazione dei fattori di rischio, per attività diverse (comprendenti ad es.: l'assistenza a pazienti trattati, la sanificazione/pulizie di ambienti o oggetti contaminati, il trasporto e lo smaltimento di eventuale materiale contaminato), andranno previsti opportuni protocolli (desumibili dal testo che segue) tali da permettere l'identificazione delle attività o zone a rischio in cui applicare le procedure di valutazione dell'esposizione. A tale fine si è tracciato un percorso standardizzabile per l'esame delle attività lavorative degli ambienti e dei materiali impiegati utilizzabile dal responsabile del servizio di prevenzione e dal medico competente per valutare il rischio in tutte le attività comportanti l'impiego o il contatto con i chemioterapici antiblastici, suddiviso secondo le voci: ambiente, personale, farmaci e loro smaltimento. Sono stati espressi, all'interno di ogni blocco informativo, i punti critici che permettono di evidenziare le condizioni di sicuro rischio, in modo da permettere (alla fine di ogni blocco di argomenti di ogni sezione o della valutazione nel suo complesso) di determinare la necessità di eventuali provvedimenti immediati, approfondimenti ulteriori o di situazioni di accettabilità.

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Il percorso di valutazione proposto potrà essere utilizzato, nella prima fase, anche come un utile strumento conoscitivo per il censimento delle lavorazioni comportanti l'utilizzo di chemioterapici antiblastici nel nostro paese. Per un'omogenea applicazione del protocollo di valutazione a blocchi, esiste la possibilità di allestire un programma informatizzato. Dal giudizio che necessariamente deriva dalla compilazione della scheda desumibile dalla traccia che qui si propone, scaturisce la pianificazione degli interventi correttivi strutturali e comportamentali, identificando le conseguenti priorità: ad es. il necessario utilizzo di idonei ambienti, attrezzature e protezioni sia ambientali (ad es. appropriata cappa aspirante) sia personali, ivi incluse rigorose procedure di sicurezza individuali. L'identificazione delle priorità d'intervento necessaria e d'identificazione della localizzazione della centralizzazione delle attività sarà guidata anche dalla considerazione della frequenza/intensità del rischio (ad es. in base al n° di preparazioni per punto di esposizione) e supportata dai preventivi di costo connessi. La valutazione dovrà considerare ogni ambiente di rischio, corredato da mappa, dal numero degli addetti autorizzati, dai quantitativi dei chemioterapici antiblastici manipolati (come stima giornaliera e/o settimanale) e dall'esposizione degli addetti (vedasi "monitoraggio ambientale e biologico al punto 7.0.0.). Tale relazione dovrà essere rinnovata in occasione di modifiche significative della realtà di lavoro ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro, e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione (Art. 63 comma 5 D.Lgs. 626/94). 11.1.0 Ambienti di Lavoro La valutazione degli ambienti di lavoro inizierà prioritariamente dai locali di preparazione, rispetto ai quali, oltre a specificare la loro denominazione nonché localizzazione e aggregazione, si procederà ad una loro descrizione generale indicandone l'eventuale uso esclusivo per la preparazione, le limitazione di accesso, i cartelli di segnalazione, l'eventuale esistenza di percorsi obbligati, di vestibolo o anticamera, di spogliatoio, di lavandino (con leva a pedale o comunque non azionabile manualmente), di lavaocchi, di doccia (per decontaminazione), di tende. Se ne descriverà quindi l'adeguatezza, a giudizio soggettivo del valutatore, rispetto ai parametri: superficie libera da arredi, cubatura (indicandone la volumetria), illuminazione (specificando se naturale e/o artificiale, specificando il numero nonché l'intensità e la qualità dei punti luce esistenti), ventilazione, temperatura. Si evidenzieranno le caratteristiche del pavimento (impermeabile, uniforme ed integro), delle pareti (con risvolto da pavimento, lavabili, uniforme ed integre), e dell'aerazione: naturale o artificiale (presenza di condizionamento d'aria specifico per il locale). Si descriveranno quindi i piani di lavoro utilizzati per la preparazione, indicando la presenza di cappe a flusso laminare verticale di classe II (esprimendone il tipo: es. B3, H Germania), di classe I (es. tipo V Germania), di tipo chimico; nonché le modalità di ricircolo dell'aria es.: espulsione 30% e reimmissione previa filtrazione 70% all'esterno e/o all'interno, con o senza filtri HEPA o/a carbone attivo) e la periodicità della sostituzione dei filtri. Si indicherà se il piano della cappa, al momento dell'osservazione, risultava coperto con teli o ingombro e se esistono piani di lavoro diversi dalle cappe, con o senza teli di copertura. Si descriverà inoltre sia l'eventuale presenza di materiale impermeabile di rivestimento in carta o tessuto, con la periodicità del suo ricambio (plurigiornaliero, giornaliero, settimanale), sia i lavaggi del piano di lavoro, annotandone la frequenza (plurigiornaliera, giornaliera, settimanale) ed il detergente utilizzato (alcool, ipoclorito, altro).

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Per quanto riguarda la movimentazione dei farmaci, si osserverà il loro luogo di stoccaggio in attesa della preparazione (in locale dedicato, in quello di preparazione o altrove), la loro collocazione (in ripiani, mobili chiusi o frigo) specificando se questi spazi risultavano o meno ad essi dedicati. Si considererà quindi il destino dei preparati (allontanati rapidamente, conservati su piani o in mobili) e si valuterà il sistema di comunicazione (allarme, interfono a viva voce, telefono o nessun mezzo). Per quanto riguarda le pulizie si distinguerà il fatto che siano effettuate da personale interno o esterno, la loro frequenza (plurigiornaliera, giornaliera, settimanale) ed il detergente utilizzato (alcool, ipoclorito, altro). Particolarmente attenta dovrà risultare la valutazione dei locali di somministrazione. Dopo averne annotata la denominazione, la localizzazione e l'aggregazione, si inizierà con una descrizione generale che evidenzia l'eventuale uso esclusivo per somministrazione, la limitazione di accesso, i cartelli di segnalazione esistenti, la presenza di lavandino (evidenziando se con leva, a pedale o comunque non manuale) e di lavaocchi, nonché di servizi igienici dedicati. A giudizio soggettivo del valutatore si annoterà l'eventuale adeguatezza della superficie libera da arredi, della cubatura, dell'illuminazione, del pavimento (impermeabile, uniforme ed integro) delle pareti (con risvolto al pavimento, lavabili, uniforme ed integre), dei piani di lavoro (formati da tavolo e/o carrello), la dotazione di teli di copertura dei piani (in carta e/o tessuto impermeabile), nonché la frequenza del loro ricambio (plurigiornaliero, giornaliero, settimanale). Si descriverà inoltre la frequenza (plurigiornaliera, giornaliera, settimanale) ed il detergente di lavoro usato (alcool, ipoclorito o altro nel lavaggio dei piani di lavoro). Sarà utile inoltre evidenziare la prevalenza dei dispositivi utilizzati per la somministrazione (flebo, pompa, bolo o altro), l'eventuale posizionamento di un telo sotto il braccio del paziente (in tessuto riciclabile o monouso, specificando se impermeabile da un lato), i sistemi di comunicazione (con allarme, interfono viva voce, telefono), le modalità e la frequenza d'effettuazione delle pulizie, con personale esterno o interno, ed il detergente utilizzato (alcool, ipoclorito o altro). Sarà quindi necessario descrivere i locali di degenza (con la loro denominazione, localizzazione e aggregazione) annotando se trattasi di degenze protette con spazi esclusivi per i pazienti trattati, con servizi igienici dedicati, con possibilità di contaminazione di personale non informato da parte di liquidi biologici di pazienti trattati . Sarà importante descrivere le caratteristiche del pavimento (impermeabile, uniforme ed integro), delle pareti (con risvolto da pavimento, lavabili, uniforme ed integre), e le modalità di effettuazione delle pulizie, specificando se curate da personale esterno o interno, la loro frequenza (plurigiornaliera, giornaliera, settimanale) ed il detergente utilizzato(alcool, ipoclorito o altro). 11.2.0 Comportamenti del personale e protezioni personali Sarà opportuno valutare anche il comportamento del personale descrivendo l'eventuale abitudine al fumo (durante i turni di lavoro, nei locali a rischio, o fuori da essi senza aver eventualmente lavato le mani), l'uso di cosmetici sul volto e/o di gomma da masticare durante il lavoro, la frequenza del lavaggio delle mani (plurigiornaliero, a fine turno), i detergenti utilizzati (sapone/ disinfettanti, altro) e l'eventuale uso di spazzola per il lavaggio delle dita.

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Sarà bene inoltre indicare per ogni dispositivo di protezione individuale (divisa da lavoro, camice in TNT con o senza manicotti, casacca, pantaloni, scarpe da lavoro, soprascarpe, cuffia, guanti in lattice, in PVC o diversi dai precedenti, maschera orofacciale, mascherina, occhiali con o senza protezioni laterali , visiera)il tempo medio percentuale di uso rispetto al totale del lavoro a rischio dei diversi ambienti di lavoro e la frequenza del cambio nella preparazione, somministrazione, degenza e smaltimento E' utile prevedere una scheda individuale di autorilevazione dati da compilare a cura di ciascun addetto, in cui figurerà l'età, il sesso, la qualifica, l'anzianità di lavoro con l'esposizione al rischio, l'eventuale informazione-formazione specifica ricevuta in merito al rischio (specificando se verbale o scritta), la disponibilità di procedure scritte, l'eventuale necessità di preparare (raramente o spesso) farmaci antiblastici in emergenza ed il tempo dedicato (in ore settimanali) alle attività a rischio in occasione della preparazione, somministrazione, assistenza ai degenti, pulizia e smaltimento. 11.3.0 Smaltimento Particolare rilievo riveste quindi la descrizione delle modalità di smaltimento a partire dal destino dei materiali contaminati monouso (fiale, flaconi, farmaci, siringhe, aghi, garze, teli, dispositivi di protezione individuale, flaconi per flebo, materiali di pulizia) come rifiuti urbani (RU), Rifiuti Speciali Ospedalieri (RSO) con eventuale trattamento specifico per rifiuti ospedalieri trattati (ROT). Andrà specificato il destino dei materiali contaminati riutilizzabili (abiti da lavoro, materiali di pulizia, teli, biancheria dei pazienti) in lavatrice dedicata, in lavanderia o sottoposti a lavaggio manuale. Per quanto concerne la movimentazione del materiale contaminato, sarà utile indicare l'eventuale stoccaggio in locali dedicati, l'esistenza di percorsi preferenziali, il suo trasporto in contenitori sigillati. Andrà inoltre evidenziato se le deiezioni dei pazienti sono raccolte, e quindi inattivate (ad es. con ipoclorito), da personale addetto del reparto, dell'ospedale o da ditta esterna. La scheda di rilevazione ambientale andrà sottoscritta dal Responsabile dell'UMaCA o dell'U.O. interessata e, nel caso che ne avessero eseguito la compilazione, dall'addetto del servizio di prevenzione e protezione e dal medico competente (Art. 17 lett. h) D.Lgs. 626/94), il quale è tenuto a visitare gli ambienti di lavoro almeno due volte l'anno. E' chiaro che per la compilazione della scheda di rilevazione ci si dovrà giovare della collaborazione del dirigente e del personale dell'U.O. interessata alla manipolazione dei farmaci antineoplastici. Ciascun addetto dovrà inoltre sottoscrivere la scheda individuale di autorilevazione dei dati e tutte le parti andranno controfirmate dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. La valutazione delle situazioni sopraelencate permette una classificazione per gradi di esposizione, da cui discendono le priorità nella scelta delle misure preventive e procedurali per la minimizzazione del rischio in base ai livelli di intervento identificati. 12.0.0 IL REGISTRO DI ESPOSIZIONE INDIVIDUALE Art. 70 D.Lgs. 626/94. Per costruire un patrimonio informativo finalizzato a conoscere e a controllare, nell'arco del tempo di esposizione individuale, l'impatto del rischio nella manipolazione dei chemioterapici antiblastici, assume un rilievo importante, ai sensi di quanto prescritto dal D.Lgs. 626/94, la registrazione degli operatori esposti. Nel

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contempo questo strumento dimostrerà la sua rilevanza nell'evidenziare l'idoneità delle misure di prevenzione adottate, raccogliendo utili conoscenze per avviare studi epidemiologici e per formulare proposte di interventi normativi di prevenzione. E' fondamentale che siano adottate delle procedure di rilevazione standardizzate ed informatizzate per la codifica di queste informazioni. -Nella preparazione Oltre ad alcune caratteristiche generali (nome, indirizzo, tipologia e responsabile della struttura e dell'unità operativa) si ritiene che la scheda individuale giornaliera, oltre ai dati anagrafici, debba indicare l'anzianità lavorativa al rischio specifico, il nome commerciale del farmaco manipolato, con l'indicazione del numero di fiale e/o flaconi (con il loro peso in mg.) ed il tempo (in ore e/o minuti) complessivamente impiegato, con riepilogo settimanale. - Nella somministrazione Oltre ai dati sopraesposti, andrà annotato anche il numero di pazienti trattati personalmente dall'operatore. - Nello smaltimento Per gli addetti alle pulizie delle sale di preparazione sarà bene indicare la superficie del locale sanificato, il numero ed il tipo (classe I o II) di cappe trattate, il quantitativo di presidi sanitari smaltiti (fiale, siringhe, flaconi), il tempo impiegato e le protezioni personali usate. Per gli addetti allo smaltimento nelle sale di somministrazione e/o di degenza dei pazienti trattati, è bene indicare, oltre alla quantità di presidi sanitari manipolati (fiale, siringhe, flaconi), anche il materiale organico smaltito (urine, feci; individuandone l'unità di misura), il numero di cambi di biancheria e/o di suppellettili effettuati sui pazienti almeno fino a 4 giorni dopo la terapia, ed il tempo impiegato (in ore e/o minuti). Nella scheda andrà inoltre annotato ogni incidente come la contaminazione diretta da parte di uno specifico farmaco, puntualizzando l'entità dell'eventuale contatto cutaneo (specificando su cute integra o lesa) o delle mucose (congiuntive, labbra o mucosa orale). Per gli addetti alla manutenzione si dovrà indicare (mensilmente o annualmente) il numero ed il tipo dei filtri cambiati, nonché le modalità sintetiche d'esecuzione della manovra. Oltre alla scheda di rischio individuale è bene prevederne un' analoga riepilogativa settimanale di reparto o di U.O. dove annotare in modo sintetico, oltre ai dati della scheda individuale, anche le caratteristiche del locale e delle protezioni usate, e, ove noto, il valore di esposizione agli agenti con potenzialità cancerogena, nonché il nominativo del compilatore e del responsabile di reparto o di U.O. 13.0.0 RIFERIMENTI NORMATIVI

Decreto del Presidente della Repubblica, 27.04.1955 n. 547. Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (Suppl. alla G.U. n. 158 del 12.07.1955). Art. 4 - Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e dei preposti - lett. a) obbligo di attuare le misure di sicurezza previste nel presente decreto; - lett. b) dovere di informare i lavoratori dei rischi specifici e di portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione mediante l'affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle presenti norme; -lett. c) dovere di disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi loro a disposizione. Art. 6 - Doveri dei lavoratori.

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- lett. a) dovere del lavoratore di osservare, oltre le norme del presente decreto, le misure disposte dal datore di lavoro ai fini della sicurezza individuale e collettiva; - lett. b) dovere di usare con cura i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione predisposti o forniti dal datore di lavoro; - lett. c) dovere di segnalare al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza e di protezione, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui venissero a conoscenza, adoperandosi direttamente in caso di urgenza e nell'ambito delle loro competenze e possibilità per eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli; - lett. d) obbligo di non rimuovere o modificare i dispositivi e gli altri mezzi di sicurezza e di protezione senza averne ottenuta l'autorizzazione; - lett. e) obbligo di non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non siano di propria competenza e che possano compromettere la sicurezza propria o di altre persone. Art. 15 - Spazio destinato al lavoratore. Esso deve consentire il normale movimento della persona in relazione al lavoro da compiere e non deve condizionare la sicurezza dei lavoratori. Art. 352 - Affissione di norme di sicurezza. Nei reparti e presso le macchine e gli apparecchi dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli (NdR: come ad es. nella manipolazione dei farmaci antiblastici), devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni.

Art. 370 - Isolamento locali. I locali ed i luoghi in cui possono svilupparsi o diffondersi emanazioni tossiche, devono esser normalmente separati e isolati dagli altri locali o luoghi di lavoro o di passaggio (NdR.: è riferibile, ad es., anche alla idonea localizzazione e isolamento delle attività sanitarie comportanti la manipolazione di materiali tossici come i farmaci antitumorali). Art. 371 Pulizia locali e attrezzature. I locali o i luoghi dove si manipolano prodotti tossici, (Ndr, come ad es. i farmaci antiblastici) irritanti ed infettanti, nonché i tavoli di lavoro, le macchine e le attrezzature in genere impiegate per dette operazioni, devono essere frequentemente ed accuratamente puliti. Art. 374 - Edifici, opere, impianti, macchine ed attrezzature. I posti di lavoro, compresi i servizi accessori, devono essere costruiti e mantenuti in buono stato di stabilità, di conservazione e di efficienza in relazione alle condizioni d'uso e alla necessità della sicurezza del lavoro. Gli impianti, (...), le attrezzature, gli utensili, gli strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa, devono possedere in relazione alla necessità della sicurezza del lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneità e devono essere mantenuti in buono stato di conservazione ed efficienza (NdR.: quanto disposto in questo articolo è ricollegabile ad es. ai requisiti di idoneità, anche per dimensioni, dell'ambiente di lavoro, dei contenitori per rifiuti, anche taglienti, dei piani di lavoro e delle attrezzature utilizzate, comprese le protezioni personali ed ambientali). Art. 377 - Mezzi personali di protezione. E' dovere del datore di lavoro mettere a disposizione dei lavoratori mezzi appropriati ai rischi inerenti alle lavorazioni ed operazioni effettuate (NdR: ad es. guanti, indumenti e camici appropriati, protezioni agli occhi e alle vie respiratorie). Obbligo che i mezzi personali di protezione siano provvisti dei necessari requisiti di resistenza e di idoneità (NdR: ad es. guanti idonei per spessore e isolamento, occhiali con protezioni laterali, maschere rigide plastificate a protezione di naso e bocca), nonché gli stessi siano mantenuti in buono stato di conservazione (NdR.: ad es.: evitare guanti con lacerazioni anche lievi, e/o di riutilizzare camici e/o guanti imbrattati da precedenti esposizioni specifiche ed altro ancora). Art. 378 - Abbigliamento. I lavoratori non devono utilizzare sul luogo di lavoro indumenti personali o abbigliamento che, in relazione alla natura delle operazioni o alle incolumità dell'impianto, costituiscono pericolo per l'incolumità personale (NdR.: come ad es. gli ornamenti personali (anelli, collane, orecchini), i cosmetici che, se contaminati, possono costituire una fonte di esposizione prolungata). Art. 379 - Indumenti di protezione. Obbligo del datore di lavoro, in presenza di lavorazioni, o di operazioni o di condizioni ambientali che presentano pericoli particolari, (..) di mettere a disposizione dei lavoratori idonei indumenti di protezione. Art. 382 - Protezione agli occhi. Obbligo del datore di lavoro che i lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per materiali (..) comunque dannosi siano muniti di occhiali, visiere o schermi appropriati (NdR: ad es. con ripari laterali

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o comunque idonei ad impedire che schizzi di soluzioni di farmaci antitumorali giungano a contatto con la mucosa oculare dell'operatore). Art. 383 - Protezione delle mani. Dovere del datore di lavoro di fornire ai lavoratori guanti appropriati, nelle lavorazioni che presentano specifici pericoli di punture, tagli, abrasioni (vedasi il punto 5.6.0.).

Decreto del Presidente della Repubblica 19.03.1956 n. 303 Norme Generali per l'Igiene del Lavoro (Suppl. Ord. alla G.U. n. 105 del 30.04.1956). Art. 4 - Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti. -lett. a) attuare le misure di igiene previste dal presente decreto; -lett. b) obbligo di informare il personale sui rischi specifici a cui sono esposti e delle corrette modalità di prevenzione per far fronte al rischio; - lett. c) obbligo di fornire al personale esposto i necessari mezzi di protezione; - lett. d) obbligo di esporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di prevenzione ed usino i mezzi di protezione messi loro a disposizione. Art. 5 - Obblighi dei lavoratori. -lett. a) obbligo di osservare oltre le norme del presente decreto, le misure disposte dal datore di lavoro ai fini dell'igiene; -lett. b) obbligo di usare con cura i dispositivi tecnico sanitari e gli altri mezzi di protezione messi a disposizione dal datore di lavoro; -lett. c) obbligo di segnalare al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di protezione suddetti; -lett. d) dovere di non rimuovere o modificare detti dispositivi e mezzi di protezione, senza averne ricevuta la autorizzazione Art. 19 - Separazione dei lavori nocivi. Obbligo di effettuare in luoghi separati le lavorazioni pericolose o insalubri (NdR, come ad es. la preparazione e somministrazione dei farmaci antiblastici) allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni. Art. 20 - Difesa dell'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi. Dal momento che nei lavori dove si sviluppano vapori tossici (NdR.: come ad es. l'aerosol di farmaci antitumorali sprigionatisi nella fase di ricostituzione del farmaco), il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione (NdR.: come ad esempio le procedure suggerite nel presente manuale) e che l'aspirazione dei vapori (NdR, sprigionatisi ancora ad es. nella ricostituzione dei farmaci citostatici) deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono (NdR, sotto cappa idoneamente aspirata. L'aerosol che si aerodisperde nell'estrazione dell'ago dal flaconcino, in cui è stato ricostituito il farmaco antitumorale, è assimilabile ai vapori tossici di cui all' Art. 20). Art. 26 - Mezzi personali di protezione. Obbligo di fornire ai lavoratori mezzi personali di protezione individuali e contrassegnati con nome dell'assegnatario o con un numero, quando possono diventare veicolo di contagio.

Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994. Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro (Suppl. Ord. n.141 alla G.U. del 12.11.1994 n.265). Art. 3 Misure generali di tutela 1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono: a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza (vedasi le indicazioni al punto 11.0.0 ); b) Eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo(vedasi le indicazioni contenute dal punto 5.0.0. in poi); c) riduzione dei rischi alla fonte(vedasi dal punto 5.0.0. in poi); d) programmazione della prevenzione f) rispetto dei principi ergonomici;

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g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale (vedasi dal punto 5.0.0. in poi); h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; (vedasi i punti 5.1.0 e 5.2.0) l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici; (vedasi il punto 8.0.0.) m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona; n) misure igieniche (vedasi dal punto 5.0.0 in poi); o) misure di protezione collettiva ed individuale; p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato (vedasi il punto 6.0.0); q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;(vedasi dal punto 5.0.0. in poi) s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro; t) istruzioni adeguate ai lavoratori. Art. 4 Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto 1. Il datore di lavoro è tenuto all'osservanza delle misure generali di tutela previste dall'Art. 3 e, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari. 2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente: a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate in conseguenza della valutazione di cui alla lettera a), nonché delle attrezzature di protezione utilizzate; c) il programma di attuazione delle misure di cui alla lett. b). 3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero unità produttiva. 4. Il datore di lavoro designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione ed il relativo responsabile o incarica persone o servizi esterni all'azienda, e nomina, nei casi previsti dall'Art. 16, il medico competente. 5. Il datore di lavoro, il dirigente e il preposto che esercitano, dirigono o sovrintendono le attività indicate all'Art. 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, adottano le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare: a) designano i lavoratori incaricati all'attuazione delle misure di prevenzione incendi, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato e di pronto soccorso; (vedasi il punto 10.0.0 ) b) aggiornano le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione; c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tengono conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza (vedasi i punti 8.0.0. e 10.0.0.); d) forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di protezione (vedasi il punto 5.6.0.); e) prendono le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico (vedasi il punto 10.0.0.); f) richiedono l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi di protezione collettivi ed individuali messi a loro disposizione (vedasi il punto 10.0.0.); g) richiedono l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva (vedasi il punto 8.0.0.); h) adottano le misure per il controllo per le situazioni di rischio in caso di emergenza e danno istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa (vedasi il punto 6.0.0); i) informano il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione (vedasi il punto 10.0.0.);

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l) si astengono, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato (vedasi il punto 6.0.0.); m) permettono ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute; n) prendono appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possono causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno; 8. Al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro consegna al lavoratore copia della cartella sanitaria e di rischio (vedasi il punto 8.0.0.). Art. 5 Obblighi dei lavoratori 1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzione e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. 2. In particolare i lavoratori: a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartire dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza; c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lett. b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti; h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente e comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. Art. 6 Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori 1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella legislazione vigente. 2. Sono vietati la vendita, il noleggio, la concessione in uso e la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente. 3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza. CAP II SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE Art. 9 Compiti del servizio di prevenzione e protezione 1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'Art. 4, comma 2, lett. h) e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'Art. 11; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'Art. 21.

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2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali; e) le prescrizioni degli organi di vigilanza. CAP IV SORVEGLIANZA SANITARIA Art. 16 Contenuto della sorveglianza sanitaria 1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente. 2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende: a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. 3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Art. 17 Il Medico competente 1. Il Medico competente: a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'Art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psicofisica dei lavoratori; b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'Art. 16; c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'Art. 16; d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale; e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria; g) comunica, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati; h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza; i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali; l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15; m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI. 2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri. 3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'Art. 16, comma 1, lett. b), esprima un giudizio sull'idoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore. 4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

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Art. 19 Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza 1. Il rappresentante per la sicurezza: a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni; b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva; c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori; d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'Art. 22, comma 5; e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali; f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza; g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'Art. 22; h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori; i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti; l) partecipa alla riunione periodica di cui all'Art. 11; m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione; n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività; o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro. CAPO VI INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI Art. 21 Informazione dei lavoratori 1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su: a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale; b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori; f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente; g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli Artt. 12 e 15. Art. 22 Formazione dei lavoratori 1. Il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'Art. 1, comma 3, ricevano una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. 2. La formazione deve avvenire in occasione: a) dell'assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. 3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi. TITOLO II LUOGHI DI LAVORO Art. 32 Obblighi del datore di lavoro 1. Il datore di lavoro provvede affinché:

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b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengono sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate; d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento. Art. 33 Adeguamenti di norme (Omissis)...

TITOLO II: DISPOSIZIONI PARTICOLARI (Omissis)... 6. L'Art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: "Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). 1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongono di aria salubre in quantità sufficiente. 2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori. 3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa. 4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente. 7. L'Art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: "Art. 11 (Temperatura dei locali). La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. 8. L'Art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: "art. 10 (illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). 1. I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori. 3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità. 4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.". 9. L'Art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: "Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni: a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori; b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria; c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità; d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene. 11. L'Art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: "Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario).

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1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali. 2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. 3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili. 4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. 5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati. TITOLO III: USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO Art. 35 Obblighi del datore di lavoro 1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute. 2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i

rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. 3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse. 4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano: a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante; b) utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'Art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso. 5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che: a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati; b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti. Art. 36 Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro 1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.(Omissis)... TITOLO IV USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Art. 40 Definizioni 1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. 2. Non sono dispositivi di protezione individuale: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore. (omissis...)

Art. 41 Obbligo di uso 1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

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Art. 42 Requisiti dei DPI 1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475. 2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre: a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore; b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore; d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità. 3. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti. Art. 43 Obblighi del datore di lavoro 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d’uso di cui art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b); d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione di cui al comma 1. 2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui all’art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di: a) entità del rischio; b) frequenza dell’esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI. 3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2. 4. Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni di igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie; b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante; c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori; d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori; e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell’azienda, ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI. 5. In ogni caso l’addestramento è indispensabile: a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria; b) per i dispositivi di protezione dell’udito. Art. 44 Obblighi dei lavoratori 1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’art. 43 commi 4, lettera g), e 5. 2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato. 3. I lavoratori: a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione; b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa. 4. Al temine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

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5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione. TITOLO VII PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI Capo I: DISPOSIZIONI GENERALI Art. 60 Campo di applicazione 1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa. 2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal: a) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 962; b) decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77; c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III. 3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità Europea dell'Energia Atomica. Art. 61 Definizioni 1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno: a) una sostanza alla quale, nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, è attribuita la menzione R45: "Può provocare il cancro" o la menzione R49: "Può provocare il cancro per inalazione"; b) un preparato su cui, a norma dell'Art. 3, paragrafo 5, lettera j), della direttiva 88/379/CEE deve essere apposta l'etichetta con la menzione R45: "Può provocare il cancro" o con la menzione R49: "Può provocare il cancro per inalazione"; c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII nonché una sostanza od un preparato prodotti durante un processo previsto all'allegato VIII. Capo II: OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO Art. 62 Sostituzione e riduzione 1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori. 2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile. 3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede

affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente

possibile.

Art. 63 Valutazione del rischio 1. Fatto salvo quanto previsto all'Art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'Art. 4, commi 2 e 3. 2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento. 3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative. 4. Il documento di cui all'Art. 4 commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati: a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;

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d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; 5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso,

trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'Art. 9, comma 3. Art. 64 Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;

b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto

ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro

funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare; c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti

cancerogeni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'Art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione

generale; d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti; f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate; g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza; h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei

residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza,

in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;

i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati. Art. 65 Misure igieniche 1. Il datore di lavoro: a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati; b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti

separati dagli abiti civili; c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati,

controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione. 2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'Art. 64, lettera b). Art. 66 Informazione e formazione 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed

istruzioni, in particolare per quanto riguarda: a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare; b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione; c) le misure igieniche da osservare;

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d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego; e)il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le

conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. 3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano

adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e

comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla

natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni. Art. 67 Esposizione non prevedibile 1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza. 2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario. 3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze. Art. 68 Operazioni lavorative particolari 1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza: a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni; b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni. 2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni. Capo III SORVEGLIANZA SANITARIA Art. 69 Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche 1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'Art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. 3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'Art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. 4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro. 5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro dispone una nuova valutazione del rischio in conformità all'Art. 634 e, ove tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria, per verificare l'efficacia delle misure adottate. 6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.

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Art. 70 Registro di esposizione e cartelle sanitarie 1. I lavoratori di cui all'Art. 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno utilizzato ed, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro. 2. Per ciascuno dei lavoratori di cui all'Art. 69 è istituita una cartella sanitaria e di rischio, custodita, a cura del medico competente, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, sotto la responsabilità del datore di lavoro. 3. Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all' ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio e comunicando loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta all'Istituto Superiore di Sanità copia del registro di cui al comma 1; c) comunica all' ISPESL e all'organo di vigilanza competente per territorio, la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui all'Art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione, delle relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1. Consegna all' ISPESL le relative cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2; d) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna il registro di cui al comma 1 all' ISPESL e copia dello stesso all'organo di cui al comma 1 all' ISPESL e copia dello stesso all'organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all' ISPESL le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2; e) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione al medesimo agente, richiede all' ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio di cui al comma 2; f) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria di rischio di cui al comma 2 ed al rappresentante per la sicurezza, i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1. 4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2 sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall' ISPESL fino a quaranta anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni. 5. La documentazione di cui ai precedenti comma è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale. 6. I modelli e le modalità di tenuta dei registri e delle cartelle sanitarie di cui rispettivamente ai commi 1 e 2 sono determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente. 7. l' ISPESL trasmette annualmente al Ministero della Sanità dati di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti di cui al comma 1. Art. 71 Registrazione dei tumori 1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all' ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa. 2. Presso l'ISPESL è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1. 3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2 e le modalità di trasmissione di cui al comma 1. 4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1. Art. 72 Adeguamenti normativi 1. Nelle attività con uso di sostanze o preparati ai quali è attribuita dalla direttiva comunitaria la menzione R45: "Può provocare il cancro" o la menzione R49: "Può provocare il cancro per inalazione", il datore di lavoro applica le norme del presente titolo.

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2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la commissione tossicologica nazionale, è aggiornato periodicamente l'elenco delle sostanze e dei processi di cui all'allegato VIII in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni.

Legge 30.12.1971 n.1204 Tutela delle lavoratrici madri (G.U. 18.01.1972 n.14). Ai sensi dell'Art. 3/L.1204 del 30.12.1971, è vietato adibire ai lavori pericolosi (come la

manipolazione di farmaci antineoplastici, NdR), faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto.

Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il suddetto divieto.

SMALTIMENTO RIFIUTI D.P.R. 10.9.82 n.915. Attuazione delle direttive CEE n.75/442 relativa ai rifiuti, n.76/443 relativa allo smaltimento dei policlorobifenili e dei policlorotrifenili e n.78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi. L. 10/2/89 n.45 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14/12/88 n.527, recanti disposizioni urgenti in materia di emergenze connesse allo smaltimento dei rifiuti industriali. D.M. Ambiente 25/5/89. Individuazione dei rifiuti ospedalieri da qualificare come assimilabili ai rifiuti solidi urbani. CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME PROVVEDIMENTO 05 AGOSTO 1999 DOCUMENTO DI LINEE GUIDA PER LA SICUREZZA E LA SALUTE DEI LAVORATORI ESPOSTI A CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI IN AMBIENTE SANITARIO

GAZZETTA UFFICIALE N. 236 DEL 07 OTTOBRE 1999 (REPERTORIO ATTI N. 736) LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

Visto l'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che attribuisce a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi, secondo quanto disposto dall'articolo 4 del medesimo decreto Visto l'articolo 4 del predetto decreto legislativo, nel quale si prevede che in questa Conferenza Governo, regioni e province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, possano concludere accordi al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze per svolgere attività di interesse comune; Visto il documento di linee-guida in oggetto, trasmesso dal Ministero della sanità il 12 maggio 1999;

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Considerato che in sede tecnica Stato-regioni, il 9 giugno 1999, i rappresentanti regionali, pur esprimendo una valutazione complessivamente positiva sul documento in esame, hanno rilevato l'opportunità' di un incontro con i tecnici dell'ISPELS, al fine di approfondire e chiarire alcuni aspetti specificamente tecnici dello stesso e che il rappresentante del Ministero della sanità ha accolto la richiesta; Visto il documento di linee-guida in questione, trasmesso nuovamente dal Ministero della sanità, il 13 luglio 1999, nella stesura modificata a seguito di quanto concordato con I rappresentanti regionali nel predetto incontro, tenutosi presso il Ministero della sanità il 7 luglio 1999; Vista la nota del 13 luglio 1999, pervenuta dal coordinamento interregionale, nella quale le regioni esprimono avviso favorevole sul documento di linee guida nel testo trasmesso il 13 luglio 1999 dal Ministero della sanità; Acquisito l'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e province autonome, espresso nel corso dell'odierna seduta di questa Conferenza; SANCISCE il seguente accordo nei termini sottoindicati: Il Ministro della sanità, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano convengono che: - tra gli obiettivi indicati nel Piano sanitario nazionale 1998-2000 si collocano gli interventi atti a migliorare la sicurezza delle strutture sanitarie pubbliche e private, nel rispetto delle disposizioni di prevenzione previste dai decreti legislativi 19 settembre 1994, n. 626, e 19 marzo 1996, n. 242; - uno dei rischi rilevanti per la salute dei lavoratori in ambiente sanitario e' quello derivante dall'esposizione ai chemioterapici antiblastici; - vengono forniti, tramite linee guida, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, gli indirizzi relativi alla valutazione della esposizione, alla sorveglianza sanitaria, alle misure di prevenzione, alle modalità operative, ai carichi lavorativi, alla suscettibilità individuale, utili alla prevenzione del rischio medesimo, considerata la possibile cancerogenicità di alcuni farmaci antiblastici; - il potenziale assorbimento, dovuto alla esposizione a chemioterapici antiblastici, possa essere sensibilmente ridotto adottando specifiche misure preventive; concordano: - sulla necessità di centralizzare le strutture e le attività al fine di garantire un adeguato sistema di protezione per i soggetti che impiegano professionalmente chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario; - sull'opportuna di istituire una specifica "Unità farmaci antitumorali", ai cui componenti affidare l'intero ciclo lavorativo: preparazione, trasporto, somministrazione, smaltimento, eliminazione degli escreti contaminati, manutenzione degli impianti; - sulla necessità che, al fine di ridurre al minimo i tempi necessari all'attuazione delle linee guida, le misure previste debbano essere realizzate entro tre anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del documento di linee guida, che allegato al presente atto, ne costituisce parte integrante. Roma, 5 agosto 1999

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IL PRESIDENTE: BELLILLO IL SEGRETARIO: CARPANI ALLEGATO MINISTERO DELLA SANITA' DIPARTIMENTO DELLA PREVENZIONE COMMISSIONE ONCOLOGICA NAZIONALE "LINEE GUIDA PER LA SICUREZZA E LA SALUTE DEI LAVORATORI ESPOSTI A CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI IN AMBIENTE SANITARIO" 1. PREMESSA Il Piano sanitario nazionale 1998-2000, nell'ambito delle strategie per il cambiamento, pone tra i diversi obiettivi quello di migliorare la sicurezza delle strutture sanitarie pubbliche e private, nel rispetto delle disposizioni di prevenzione, previste dai decreti legislativi 19 settembre 1994, n. 626 e 19 marzo 1996 n. 242. Uno dei rischi rilevanti nel settore sanitario e' quello derivante dall'esposizione ai chemioterapici antiblastici. Tale rischio è riferibile sia agli operatori sanitari che ai pazienti. Questo documento riguarda la protezione dei lavoratori esposti in ambiente sanitario a chemioterapici antiblastici. Di particolare importanza è la valutazione dei possibili effetti esercitati da queste sostanze sulla salute dei soggetti professionalmente esposti. Nonostante numerosi chemioterapici antiblastici siano stati riconosciuti dalla IARC (International agency for research on cancer) e da altre autorevoli agenzie internazionali come sostanze cancerogene o probabilmente cancerogene per l'uomo, a queste sostanze non si applicano le norme del Titolo VII del Dlgs 626/94 (Protezione da agenti cancerogeni). Infatti, trattandosi di farmaci non sono sottoposti alle disposizioni previste dalla direttiva 67/548/Cee e quindi non e' loro attribuibile la menzione R45 (Può provocare il cancro) o la menzione R49 (Può provocare il cancro per inalazione). Su segnalazione dell'Ispesl, nel dicembre del 1995, la Commissione consultiva tossicologica nazionale ha raccomandato (l'inclusione nell'allegato VIII del Dlgs 626/94 delle attività di preparazione, impiego e smaltimento di farmaci antiblastici ai fini del trattamento terapeutico). Nella tabella 1 è riportato un elenco, non esaustivo, dei chemioterapici antiblastici che sono stati classificati dalla Iarc nel gruppo (cancerogeni certi per l'uomo) e nel gruppo (cancerogeni probabili per l'uomo). L'agenzia è arrivata a queste definizioni prevalentemente attraverso la valutazione del rischio di (secondo tumore) che nei pazienti trattati con chemioterapici antiblastici può aumentare con l'aumento della sopravvivenza. Nei pazienti trattati per neoplasia e' stato documentato lo sviluppo di tumori secondari non correlati con la patologia primitiva (es. aumentata incidenza, rispetto all'atteso, di leucemie acute mieloidi in soggetti con tumori solidi). Gli effetti su soggetti professionalmente esposti sono di difficile dimostrazione. In soggetti di sesso femminile, gli studi disponibili suggeriscono la presenza di una associazione causale tra aumentata abortività durante il primo

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trimestre di gravidanza e manipolazione di farmaci antiblastici senza la adozione di adeguate misure preventive. Gli effetti citogenici nei linfociti (frequenza di aberrazioni cromosomiche, di scambi tra cromatidi fratelli e micronuclei), quali indicatori di effetti biologici precoci dell'esposizione a sostanze mutagene-cancerogene sono tra i più studiati per la valutazione di gruppi a rischio. Tuttavia al momento non sono disponibili risultati univoci. Ciò e' verosimilmente dovuto a differenti situazioni di esposizione studiate e a problematiche di tipo metodologico. I dati di mortalità per tumore, nei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici, sono ancora oggi insufficienti per valutare un eventuale aumento del rischio di sviluppare neoplasie a causa dell'esposizione. 2. VALUTAZIONE DELLA ESPOSIZIONE L'assorbimento dei chemioterapici antiblastici può avvenire per inalazione o attraverso la cute e le mucose quando si verifichi un contatto prolungato direttamente con i farmaci o con superfici e indumenti da lavoro contaminati. Le procedure di monitoraggio ambientale e biologico abitualmente utilizzate per quantificare l'esposizione risultano però, per quanto riguarda la manipolazione dei farmaci antiblastici, difficilmente applicabili per i seguenti motivi: - campionamento ambientale (misurazione su campioni di aria) poco significativo a causa della particolare attività lavorativa; - misure di contaminazione superficiale insufficienti per una stima dell'esposizione, anche se molto utili per la verifica della qualità delle procedure e dei mezzi di sicurezza; - misure su matrici biologiche (urine, sangue) difficili a causa della scarsa sensibilità degli strumenti analitici alle bassissime dosi comunemente assorbibili durante le normali attività lavorative; - tecniche analitiche non ancora definitivamente validate; - elevato costo delle misurazioni; La valutazione dell'esposizione e' affidata pertanto alla raccolta (effettuata attraverso sopralluoghi conoscitivi da parte del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente) ed elaborazione di informazioni relative a: - modalità operative (caratteristiche delle lavorazioni, loro durata e frequenza); - carichi di lavoro (quantitativi utilizzati dal singolo lavoratore); - presidi preventivi ambientali e personali; - condizioni igieniche dei locali adibiti alla preparazione e somministrazione dei farmaci. La valutazione dell'esposizione, che deve essere effettuata per tutte le situazioni lavorative in cui si usano chemioterapici antiblastici, deve prevedere l'impiego di una metodologia standardizzata per la raccolta delle informazioni che deve essere applicata dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione e dal medico competente. A questo proposito e' auspicabile l'impiego a livello nazionale, di sistemi di rilevazione tra loro confrontabili, articolati in sezioni dedicate ad ambiente, modalità di lavoro, personale impiegato, farmaci utilizzati. Le informazioni raccolte permetteranno una classificazione delle diverse realtà e attività lavorative attraverso la elaborazione di indici orientativi di esposizione.

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Sulla base di questi indici dovranno essere attuate, se necessarie, misure preventive immediate o avviate ulteriori procedure per la misurazione dei chemioterapici antiblastici su matrici ambientali e/o biologiche. In considerazione dell'esposizione potenziale a miscele di chemioterapici, sono individuati, allo stato attuale delle conoscenze, alcuni farmaci da utilizzare come indicatori: - ciclofosfamide; - 5-fluorouracile; - composti di coordinazione del platino. La scala di priorità da seguire per la misurazione dei chemioterapici antiblastici e' la seguente: 1. misure su materiale prelevato da superfici; 2. misure su materiale biologico; 3. misure atmosferiche (in particolare per la messa a punto di sistemi di aspirazione e ricambio dell'aria). La scelta dei criteri e dei metodi più idonei per tutti i tipi di valutazione indicati dovrà essere periodicamente adeguata agli aggiornamenti tecnici e scientifici della medicina del lavoro e dell'igiene industriale. 3. SORVEGLIANZA SANITARIA La sorveglianza sanitaria deve tenere conto che i farmaci antiblastici, in particolare gli agenti alchilanti, sono composti citotossici potenzialmente cancerogeni e possono causare effetti negativi sulla riproduzione in soggetti professionalmente esposti. Sono stati inoltre descritti effetti irritativi e allergici a carico della cute, delle mucose oculari e dell'apparato respiratorio, perdita di capelli e peli, nausea, cefalea, vertigini, epatopatie a impronta citolitica. Non sono attualmente disponibili test per verificare condizioni di ipersuscettibilità ed effetti biologici precoci a livello individuale. SITUAZIONI DI SUSCETTIBILITA' INDIVIDUALE Esistono situazioni fisiologiche e patologiche, congenite o acquisite, che potrebbero costituire condizioni di particolare suscettibilità o che potrebbero essere aggravate dall'esposizione professionale ad antiblastici e che pertanto devono essere attentamente valutate sia in fase di accertamenti preventivi (pre-esposizione) che di accertamenti periodici (durante l'esposizione). Sono da considerare con particolare attenzione le seguenti situazioni: - gravidanza e allattamento (si veda allegato 1); - talassemie, emoglobinopatie, carenza da G6PD eritrocitaria; - anemie, leucopenie e pistrinopenie di ogni origine; - immunodeficienze congenite o acquisite; - alterazioni della funzionalità epatica o renale; - pregressa esposizione professionale a radiazioni ionizzanti o a sostanze cancerogene; - precedenti terapie capaci di indurre ipoplasia midollare, in particolare trattamenti con farmaci antiblastici o con radiazioni ionizzanti; - condizione di atopia, sia perché alcuni farmaci antiblastici sono potenzialmente allergizzanti, sia per la necessità di utilizzare guanti. SORVEGLIANZA SANITARIA La sorveglianza sanitaria si basa sulle seguenti indagini: - anamnesi fisiologica;

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- anamnesi patologica remota e prossima; - anamnesi lavorativa; - esame obiettivo, con particolare valutazione della cute e degli annessi; - esame emocromocitometrico con formula leucocitaria, conteggio delle piastrine e reticoliciti; - esame urine; - test di funzionalità epatica e renale. Ulteriori accertamenti potranno essere previsti sulla base dei dati clinici. Studi citogenici a livello individuale, in particolare la determinazione della frequenza di aberrazioni cromosomiche in linfociti periferici, sono proponibili solo in situazioni eccezionali: - abnorme assorbimento di farmaci antiblastici a causa di incidente lavorativo; - patologia ematologica o cutanea di sospetta origine professionale da manipolazione di farmaci antiblastici. In questi casi e' necessario procedere alla sorveglianza sanitaria immediata. La frequenza delle visite deve essere stabilita in funzione dell'entita' dell'esposizione e di norma non deve comunque trascorrere un periodo superiore all'anno. GIUDIZIO DI IDONEITA' ALLA MANSIONE SPECIFICA Quando il lavoratore presenti una situazione patologica, anche non connessa con l'attività' lavorativa, ma che possa essere da questa aggravata, si dovrà valutare l'opportunità' di disporre un allontanamento temporaneo o definitivo dalla mansione specifica. La formulazione del giudizio di idoneità specifica non può comunque prescindere dalla valutazione della esposizione. 4. MISURE DI PREVENZIONE E' necessario che l'esposizione professionale a chemioterapici antiblastici sia mantenuta entro i livelli piu' bassi possibile (principio (Alara), as low as reasonably achievable, utilizzato in passato nei confronti delle radiazioni ionizzanti). 4.1 SORGENTI DI ESPOSIZIONE Negli ambienti di lavoro l'assorbimento può avvenire principalmente per via inalatoria o percutanea. Le altre vie di penetrazione nell'organismo, come ad esempio per via oculare, dovuta a spruzzi, e per via digestiva, dovuta a ingestione di cibi contaminati sono occasionali e dovute a incidenti. L'esposizione professionale a questi farmaci può coinvolgere differenti categorie di lavoratori e può verificarsi durante le diverse fasi della manipolazione. 4.1.1. Immagazzinamento Le confezioni di farmaci non integre possono provocare esposizione degli operatori addetti al ricevimento e allo stoccaggio in farmacia e nei reparti oncologici. 4.1.2. Preparazione Molti farmaci devono essere manipolati prima della somministrazione al paziente; il rischio di formazione di aerosoli per nebulizzazione e di spandimenti durante la fase di preparazione è molto elevato. L'inquinamento atmosferico si verifica infatti maggiormente durante le fasi di: - apertura della fiala; - estrazione dell'ago dal flacone; - trasferimento del farmaco dal flacone alla siringa o alla fleboclisi;

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- espulsione del farmaco dal flacone alla siringa o alla fleboclisi; - espulsione di aria dalla siringa per il dosaggio del farmaco. 4.1.3. Somministrazione Il contatto cutaneo si può verificare soprattutto nel corso delle operazioni di somministrazione a causa di stravasi di liquido dei deflussori, dai flaconi e dalle connessioni. 4.1.4 Smaltimento Un'esposizione professionale a queste sostanze può avvenire durante le operazioni di smaltimento. Devono essere considerati con particolare attenzione: - materiali residui utilizzati nella preparazione e nella somministrazione; - mezzi protettivi individuali; - filtri contaminati dagli escreti dei pazienti sottoposti a trattamento; - urine dei pazienti trattati (che possono essere anche causa di inquinamento ambientale per la contaminazione nel sistema fognario); - eventuale nebulizzazione prodotta dal risciacquo dei servizi. 4.1.5. Manutenzione delle cappe L'esposizione professionale può verificarsi durante la pulizia delle cappe e la rimozione dei filtri. 4.2. CENTRALIZZAZIONE DELLE STRUTTURE E DELLE ATTIVITA' Il potenziale assorbimento dovuto alla esposizione a chemioterapici antiblastici può essere sensibilmente ridotto adottando specifiche misure preventive che riguardano in particolare la centralizzazione delle strutture e delle attività. 4.2.1. Centralizzazione delle strutture Al fine di garantire un adeguato sistema di protezione per i soggetti che impiegano professionalmente queste sostanze negli ambienti sanitari, è opportuno prevedere la istituzione di una specifica Unità farmaci antitumorali ai cui componenti affidare l'intero ciclo lavorativo: preparazione, trasporto, somministrazione, smaltimento, eliminazione degli escreti contaminati, manutenzione degli impianti. L'Unita' farmaci antitumorali deve essere: - CENTRALIZZATA: per impedire lo svolgimento senza controllo di attività a rischio, realizzando nel contempo un non trascurabile risparmio economico; - ISOLATA: in modo che, anche strutturalmente, risulti circoscritta e ben identificabile rispetto al restante ambiente sanitario. - CHIUSA: per cui i materiali utilizzati nella manipolazione possano essere depositati in un unico luogo, dal quale si possano recuperare con la garanzia di un rapido e totale smaltimento e del soddisfacimento dei criteri di prevenzione e di protezione ambientale; - PROTETTA: per consentire l'accesso al solo personale sanitario autorizzato; - SEGNALATA: con appositi segnali di rischio. 4.2.2. Centralizzazione delle attività. Il personale dell'Unita' farmaci antitumorali dovrà essere specificamente formato: medici, preferibilmente oncologi medici o ematologi, farmacisti, infermieri, tecnici di farmacia o di laboratorio, ausiliari, manutentori delle cappe e addetti alle pulizie. Dovrà essere opportunamente munito di cartellino di identificazione recante il simbolo di sicurezza. Sarà in tal modo soddisfatto il

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criterio di protezione dei lavoratori che non sono specificamente addetti a queste attività. Tutto il personale dovrà partecipare ad attività periodiche di formazione e informazione e dovrà essere sottoposto a programmi di sorveglianza sanitaria. 4.3 CARATTERISTICHE DEI LOCALI I locali adibiti a immagazzinamento, preparazione e somministrazione devono rispondere in generale a quanto previsto dal Titolo II del Dlgs 626/94. 4.3.1 Immagazzinamento I locali specificamente destinati all'immagazzinamento dei chemioterapici antiblastici devono avere: - idonei sistemi di aerazione; - pavimenti in materiale plastico facilmente lavabile. 4.3.2. Preparazione I locali riservati alla preparazione dei chemioterapici antiblastici devono essere dotati di pavimento e pareti rivestite fino a opportune altezze da materiale plastico facilmente lavabile (a esempio Pvc elettrosaldato munito di sguscio agli angoli). E' opportuno poter disporre di una stanza filtro al fine di mantenere maggiormente isolato il locale di preparazione degli altri locali. L'ambiente deve essere mantenuto, se possibile, in depressione rispetto all'esterno, in modo da evitare eventuali contaminazioni. Le porte di accesso dovrebbero essere del tipo a battente con apertura verso l'esterno, al fine di mantenere la depressione. Il locale deve inoltre essere protetto da turbolenze d'aria che potrebbero vanificare le misure di sicurezza. All'interno della stanza deve essere previsto un punto di decontaminazione costituito da un lavandino a pedale e da un lavaocchi di sicurezza. La soluzione ideale sarebbe un apposito box o servizio con accesso alla stanza. E' preferibile un sistema di condizionamento separato dall'impianto centralizzato. In caso di condizionamento centralizzato, la stanza dovrebbe essere munita di sistema di esclusione a pulsante del condizionamento stesso da azionare in caso di accidentali spandimenti di farmaci allo stato di polveri. la velocità dell'aria immessa dall'impianto non dovrebbe superare 0,15 m/sec e i ricambi d'aria nel locale non dovrebbero essere inferiori ai 6 vol. di aria primaria per ora. Nella stanza e' opportuno installare un pulsante per i casi di emergenza e predisporre un sistema viva voce evitando la presenza di un telefono tradizionale. All'interno della stanza filtro o del locale in cui si opera dovranno essere conservati i mezzi protettivi individuali e i mezzi di sicurezza da impiegare in caso di spandimenti accidentali (maschere, camici monouso, soluzione di ipoclorito di sodio al 10% per la neutralizzazione chimica). La soluzione ottimale e' rappresentata da un sistema con labirinto obbligato di docce e ambiente filtro per gli indumenti da lavoro. Tuttavia può essere sufficiente la presenza di una doccia per le emergenze. 4.3.3 Somministrazione I locali in cui avviene la somministrazione di chemioterapici antiblastici devono avere: - idonei sistemi di aerazione; - pavimenti in materiale plastico facilmente lavabile; - un idoneo lavabo.

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4.4 SISTEMI DI PREVENZIONE AMBIENTALE 4.4.1 Cappe La preparazione dei chemioterapici antiblastici deve essere eseguita sotto cappe posizionate lontano da fonti di calore e da eventuali correnti d'aria. La cappa consigliata e' quella a flusso laminare verticale di classe II, nella quale il flusso d'aria, diretto dall'alto verso il basso, stabilisce una barriera tra l'interno della cappa e l'operatore. Questo tipo di cappa, integrata da appositi filtri ad alta efficienza e da sistemi di espulsione all'esterno dell'aria filtrata, garantisce il mantenimento di un piano di lavoro asettico e una protezione sicura per il personale. Sono da evitare le cappe a flusso laminare orizzontale che garantiscono l'asetticità, ma non la protezione dell'operatore. In alternativa può essere sufficiente ai fini della sicurezza, laddove gia' esistente, una cappa chimica, anche se va tenuto presente che, a differenza della cappa a flusso laminare, non garantisce la necessaria sterilità dei preparati. La cappa chimica dovrà essere dotata di un ripiano a bordi rialzati, in modo da impedire eventuali versamenti verso l'esterno, dovrà avere uno scarico esterno dell'aria ed essere dotata di filtro a carbone attivo e prefiltro meccanico da sostituire, generalmente, dopo 1.000 ore di attività. A tale scopo e' raccomandata l'installazione di un contatore per valutare il carico di lavoro dell'apparecchiatura. la cappa chimica dovrà avere una velocità frontale di aspirazione di almeno 0.5 m/sec. Le dimensioni delle cappe non devono essere troppo limitate, ne' troppo ampie in modo da controllare eventuali turbolenze ed evitare che sotto di esse vengano accumulati materiali non strettamente necessari per la lavorazione. Sono consigliabili le seguenti dimensioni: larghezza compresa fra 60 e 120 cm, volume non superiore a 0.5 m3. La cappa dovrà inoltre essere dotata di una lampada UV da utilizzare sia per garantire un ambiente sterile sia quale sistema di degradazione molecolare dei chemioterapici antiblastici in caso di residui accidentali in quanto molti di questi farmaci fotosensibili. Vanno in ogni caso rispettate le norme di buona tecnica relative all'uso delle cappe. 4.5 MEZZI PROTETTIVI INDIVIDUALI E' indispensabile durante la manipolazione di chemioterapici antiblastici indossare i seguenti mezzi protettivi individuali monouso. 4.5.1 Guanti Non esistono guanti capaci di garantire una impermeabilità assoluta a tutti i farmaci e una lunga resistenza nel tempo. L'unica raccomandazione significativa e' quella di usare un doppio paio di guanti, cambiarli al massimo dopo 30 minuti e fare un adeguato lavaggio delle mani a ogni ricambio. Vanno preferiti guanti in lattice di tipo chirurgico durante le mansioni che richiedono il rispetto di condizioni di sterilità, e guanti in lattice da laboratorio per altre attività. Deve essere evitato l'uso di guanti contenenti polvere, lubrificante, i cui residui sulle mani possono favorire l'assorbimento dei chemioterapici antiblastici. Sono sconsigliati, a eccezione che per l'uso di metotrexate, i guanti in Pvc, che presentano l'inconveniente di una scarsa elasticità. per carmustina e tioTEPA, che presentano alto (coefficiente di permeabilità), e' preferibile l'uso del doppio paio di guanti.

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I guanti in lattice da laboratorio vengono facilmente penetrati anche dalla dauno e doxorubicina. 4.5.2 Camici Si consiglia l'utilizzo di camici monouso di tipo chirurgico a maniche lunghe con polsino a manicotto di elastico o maglia in modo da permettere che i guanti aderiscano sopra il camice stesso. Il camice deve essere in Tnt (tessuto non tessuto) e non di stoffa. I camici da usare durante la preparazione devono essere muniti di rinforzo davanti e sugli avambracci. I rinforzi non sono invece necessari per le operazioni di somministrazione. 4.5.3 Maschere, cuffie e occhiali protettivi E' consigliabile l'uso di maschere a conchiglia, appartenenti alla classe di protezione FFP2S con omologazione secondo la norma europea EN 149, conformi alla direttiva Cee 686/86 recepita dal Dlgs 475 del 4 dicembre 1992. Le maschere di tipo chirurgico non garantiscono infatti una sufficiente protezione. Gli occhiali devono essere dotati di protezione laterale. maschere e occhiali non sono necessari durante il lavoro sotto cappa a flusso laminare verticale. Cuffie monouso in Tnt devono essere utilizzate per proteggere i capelli da possibili contaminazioni. 4.6 TECNICHE DI LAVORO Allo scopo di ridurre l'esposizione a chemioterapici antiblastici a livelli minimi e' necessario che gli operatori adottino comportamenti preventivi prestabiliti, durante le varie fasi della manipolazione. 4.6.1 Operazioni di preparazione dei farmaci a) i mezzi protettivi individuali vanno indossati e tolti possibilmente in un ambiente filtro attiguo al locale riservato alla preparazione. b) non e' consentito bere, mangiare, fumare, truccarsi, masticare chewing-gum durante le operazioni di manipolazione e comunque all'interno dei locali. c) il piano di lavoro va lavato all'inizio e al termine del lavoro con ipoclorito di sodio al 5% o altro prodotto idoneo tenendo conto del tipo di materiale di cui e' costituito il piano di lavoro. d) tutto l'occorrente per la preparazione va posizionato sotto la cappa prima di iniziare il lavoro e le operazioni di manipolazione vanno effettuate al centro della cappa. e) nella ricostituzione dei farmaci liofilizzati, per evitare spandimenti e nebulizzazioni, e' opportuno utilizzare siringhe con attacco Luer lock. In alternativa, può essere utilizzata una siringa con ago da insulina priva di stantuffo per creare un sistema a valvola che permetta l'equilibrio fra pressione interna ed esterna al flacone e impedisca la nebulizzazione del farmaco al momento dell'estrazione dell'ago della siringa. Ove disponibili sono consigliati altri dispositivi quali a esempio filtri idrofobici ed equalizzatori di pressione a camera di espansione. f) nella preparazione dei farmaci gia' contenuti in forma di soluti nelle fiale, la manovra di apertura delle fiale deve essere attuata dopo aver verificato che non sia rimasto liquido nella parte superiore e avvolgendo il collo della fiala con una garza sterile. L'apertura delle fiale deve essere attuata mediante movimenti delle mani rivolti verso l'esterno. g) nelle manovre di espulsione dell'aria dalla siringa e dosaggio del farmaco, l'ago va protetto con garza sterile, onde evitare la contaminazione

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dell'operatore in caso di fuoriuscita del farmaco. Il farmaco dosato va introdotto nel flacone da fleboclisi perforando la parte centrale della membrana del tappo. Nel rimuovere la siringa dal flacone, il punto di fuoriuscita dell'ago va protetto con una garza onde evitare spandimenti. h) il deflussore va riempito previamente con una soluzione compatibile con il farmaco. Il tubo di collegamento del deflussore, una volta applicato al flacone per fleboclisi, va protetto con una garza sterile all'estremità' a valle, chiusa con dispositivo Luer lock, onde evitare la fuoriuscita del farmaco. 4.6.2 Trasporto dei farmaci preparati Il trasporto dei farmaco preparati deve essere effettuato su vassoi a bordi rialzati. Per tragitti lunghi i contenitori, sia siringhe che flaconi per fleboclisi, dovranno essere immessi in recipienti a tenuta che permettano di controllare eventuali fuoriuscite di citostatico in caso di cadute o versamenti accidentali. 4.6.3 Operazioni di somministrazione dei farmaci Nella somministrazione per via endovenosa, occorre posizionare sotto il braccio del paziente un telino monouso impermeabile nella parte inferiore per evitare spandimenti sulle superfici o sui letterecci. La eventuale addizione di chemioterapici antiblastici deve avvenire tramite deflussore dotato di un raccordo ad (Y), posizionando garze sterili attorno al raccordo stesso. Nella somministrazione per via orale, estrarre le compresse dal flacone facendole scivolare direttamente in un contenitore destinato al paziente. Se le compresse sono contenute in blister, la compressione dell'involucro per estrarre la capsula va fatta direttamente nel contenitore per il paziente. 4.6.4 Operazioni di manutenzione delle cappe e pulizia dei locali. Il locale, al momento della situazione dei filtri, dovrà essere completamente isolato e, se possibile, il sistema di condizionamento dovrà essere spento. L'addetto dovrà essere dotato di tute monouso con cappuccio in Tnt, maschera facciale a cartuccia o con aspirazione forzata di aria filtrata su carbone, guanti, soprascarpe monouso. Il filtro che dovrà essere montato possibilmente in modo da permettere nella rimozione la tecnica del Bag-Out, verrà messo in sicurezza con un sistema a doppio sacco chiuso ermeticamente e inviato a smaltimento. Guanti, soprascarpe e tute saranno chiusi, all'interno della stanza, in apposito sacco e inviati allo smaltimento. Terminata l'operazione potrà essere riattivato il sistema di condizionamento e la stanza dovrà restare chiusa per almeno 30 minuti in modo da garantire un efficace ricambio d'aria nell'ambiente. La pulizia deve essere a umido, deve partire dal luogo meno contaminato a quello più contaminato. Si raccomanda di usare detergenti a pH elevato (sapone di Marsiglia e ipoclorito di sodio). Gli accessori e il materiale per la pulizia devono essere utilizzati solo nei locali di manipolazione. Il personale addetto alle pulizie dei locali adibiti a trattamento e preparazione, e dei servizi igienici utilizzati dai pazienti trattati dovrà avere un'adeguata preparazione; dovrà inoltre essere dotato di guanti, maschera del tipo FFp2S norma Cee EN 149 durante la pulizia dei servizi igienici e calzari monouso. 4.6.5 Contaminazioni accidentali Ogni contaminazione accidentale deve essere segnalata al medico competente, al responsabile del servizio di prevenzione e protezione e alla direzione sanitaria.

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In caso di contatto accidentale del farmaco con la cute l'operatore dovrà lavare accuratamente la parte contaminata, utilizzando abbondante acqua e sapone, eventualmente applicando antidoti, quindi consultare un medico. In caso di contaminazione degli occhi e' necessario lavarli accuratamente per almeno 15 minuti con acqua o soluzione fisiologica mediante utilizzo degli appositi dispositivi lavaocchi. 4.7 SMALTIMENTO Tutti i materiali residui dalle operazioni di manipolazione dei chemioterapici antiblastici (mezzi protettivi individuali monouso, telini assorbenti monouso, bacinelle, garze, cotone, fiale, flaconi, siringhe, deflussori, raccordi) devono essere considerati rifiuti speciali ospedalieri. Quasi tutti i chemioterapici antiblastici sono sensibili al processo di termo-ossidazione (incenerimento), per temperature intorno ai 1000/1200 gradi C. La termo-ossidazione, pur distruggendo la molecola principale della sostanza può comunque dare origine a derivati di combustione che conservino attività mutagena. E' pertanto preferibilmente effettuare un trattamento di inattivazione chimica prima di inviare il prodotto ad incenerimento. Poiché il personale nelle unità ospedaliere non e' normalmente preparato ad effettuare e controllare reazioni chimiche, e' preferibile utilizzare a tale scopo prodotti di semplice impiego e con bassa reattività. Si consiglia perciò l'utilizzo di ipoclorito di sodio (vedi 4.6.1 lettera c) che entro 24 ore e' in grado di determinare una buona inattivazione di gran parte dei Chemioterapici antiblastici. Le urine dei pazienti sottoposti ad instillazioni endovescicali dovrebbero essere inattivate prima dello smaltimento in quanto contengono elevate concentrazioni di principio attivo. I filtri delle cappe, dopo la rimozione, devono essere riposti in sistemi a doppio involucro, considerati come tossico-nocivi, sottoposti ad inattivazione e quindi smaltiti. 4.8 MISURE TRANSITORIE L'istituzione delle unità farmaci antitumorali e le misure di prevenzione descritte rappresentano l'obiettivo che le aziende sanitarie dovranno raggiungere per poter effettuare in condizioni di sicurezza il trattamento di pazienti affetti da tumore. I tempi necessari per l'attuazione dovranno essere ridotti al minimo. In questo periodo dovrà essere intensificata la protezione individuale dei lavoratori e l'organizzazione del lavoro dovrà limitare il più possibile l'esposizione. In particolare dovranno essere identificate figure professionali cui affidare la responsabilità della gestione clinica e delle procedure di preparazione. Dovranno altresì essere individuati locali da adibire esclusivamente a questo tipo di attivita' che dovranno essere sottoposti ad accurare decontaminazioni e pulizia con periodicità ravvicinata in funzione del loro utilizzo. Apposite segnalazioni dovranno permettere l'identificazione di questi locali, ai quali potrà accedere solo il personale specificamente addetto e adeguatamente informato. Queste precauzioni non possono comunque considerarsi a lungo termine sostitutive dei provvedimenti strutturali indicati. 4.9 CONCLUSIONI Al fine di ottemperare a quanto disposto dal Dlgs 626/94 le Aziende sanitarie dovranno assicurare quanto esposto nei precedenti capitoli ed in particolare:

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1. predisposizione di adeguati locali per la manipolazione e la fornitura dei mezzi protettivi ambientali e personali; 2.identificazione del personale professionalmente esposto; 3. preparazione di un regolamento che dovrà far parte della normativa in tema di tutela della salute dei lavoratori, predisposto dal direttore generale, che deve comprendere procedure da affiggere nei locali in cui viene effettuata la manipolazione dei chemioterapici antiblastici; 4. programmazione di attività di formazione ed informazione con uso di manuali in cui siano codificate in maniera chiara e precisa le procedure da adottare; 5. nomina del medico competente e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, cui demandare la valutazione del rischio ed i programmi di sorveglianza sanitaria; 6. istituzione di un registro degli esposti. I lavoratori destinati alla manipolazione dei chemioterapici antiblastici avranno l'obbligo della osservanza scrupolosa delle raccomandazioni sopra formulate e della partecipazione ai programmi di educazione e sorveglianza sanitaria. 5. INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEL PERSONALE Per ottenere elevati standard di sicurezza e prevenzione per il personale esposto a chemioterapici antiblastici e' necessario che i lavoratori esposti siano adeguatamente informati sui rischi, sulle corrette modalità di manipolazione dei farmaci antiblastici e dei materiali contaminati, sull'uso delle cappe, dei mezzi protettivi individuali, sul significato del monitoraggio ambientale e della sorveglianza sanitaria. Adeguati programmi di formazione devono essere attuati prima dell'inizio delle attività che determinano l'esposizione e con successiva periodicità, con verifica dell'apprendimento. Il Dlgs 626/94 (articolo 21 e 22) introduce l'obbligo dell'informazione e della formazione dei lavoratori che rientra tra i compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente. Si evidenzia pertanto la necessità di dotare gli operatori sanitari di strumenti informativi e formativi adeguati al fine di creare una coscienza responsabile dei rischi negli addetti alla manipolazione di farmaci antiblastici. INFORMAZIONE Destinatari Medici, farmacisti ospedalieri, infermieri, tecnici di farmacia o di laboratorio e personale ausiliario coinvolti nella preparazione, somministrazione e smaltimento di farmaci antiblastici o che operano in ambienti dove esiste rischio di contaminazione diretta o indiretta (contatto accidentale con residui della preparazione e somministrazione, presenti nell'ambiente di lavoro). La prima attività informativa verrà svolta all'assunzione o in occasione del trasferimento in reparti che operino con farmaci antiblastici. Informatori - Responsabile del Servizio prevenzione e protezione - Medico competente - Altri Strumenti - Seminario informativo della durata di almeno 4 ore rivolto a tutte le tipologie di operatori da condurre a numero chiuso ed a frequenza mensile fino ad esaurimento della domanda, quindi con cadenza semestrale o annuale;

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- distribuzione di documentazione contenente le informazioni esistenti su cancerogenicita', teratogenicità, altri eventuali rischi, possibilità e modalità di assorbimento accidentale; - elenco dei possibili interventi di decontaminazione; - aggiornamento quinquennale o in caso di importanza novità sia in termini di nuovi farmaci che di nuovi sistemi di somministrazione come previsto dall'articolo 66, comma 3. Dlgs 626/94; - distribuzione di documentazione contenente le norme vigenti che devono essere obbligatoriamente seguite da parte del personale; - verifica del grado di apprendimento mediante questionario. FORMAZIONE Destinatari Medici, farmacisti ospedalieri, infermieri, tecnici di farmacia o di laboratorio e personale ausiliario coinvolti nella preparazione, somministrazione e smaltimento di farmaci antiblastici o che operano in ambienti dove esiste rischio di contaminazione diretta o indiretta (contatto accidentale con residui della preparazione e somministrazione, presenti nell'ambiente di lavoro). Docenti - Responsabile del servizio prevenzione e protezione - Medico competente - Oncologo medico - Farmacista ospedaliero - Infermiere dirigente Strumenti - Corso di formazione articolato in 3 fasi ciascuna della durata di 4 ore: A) didattica formale B) parte teorica comprendente l'elenco delle procedure da seguire C) prova pratica sotto la guida di personale gia' esperto e/o di un formatore per piccoli gruppi con uso di audiovisivi. - Manuale pratico redatto a cura dei formatori per rapida consultazione e per orientamento sui diversi temi. L'interno corso può essere eseguito in 3 giornate, ma deve esserne prevista la ripetizione nel caso in cui i docenti non ritengano agli operatori adeguatamente formati. Il corso deve essere seguito da tutti gli operatori, per aggiornamento, a scadenza quinquennale o alla comparsa di importanti novità sia in termini di nuovi farmaci che di nuovi sistemi di somministrazione, come previsto dall'articolo 66, comma 3, Dlgs 626/94. Contenuti Parte teorica: A) aspetti legislativi B) tossicità dei farmaci C) manipolazione: prevenzione della contaminazione D) interventi di decontaminazione E) corretto smaltimento Parte pratica: verifica in ambiente simulato dell'apprendimento relativo ai punti C e D. Audiovisivi: dimostrazioni sui punti C-D-E. CORSI DI FORMAZIONE DEI FORMATORI Sedi

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- Ispesl, Istituto Superiore di Sanità - Istituti Universitari di medicina del lavoro e di Oncologia - Regioni, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, Aziende Ospedaliere, Aziende Sanitarie Locali. Programma A) Parte teorica comprendente l'elenco delle procedure da seguire e la motivazione delle stesse B) prova pratica sotto la guida di personale gia' esperto. Gruppi limitati di discenti, eventualmente con audiovisivi. C) modalità di trasmissione dell'informazione D) valutazione complessiva del grado di apprendimento mediante questionario e colloquio. Contenuti Parte teorica: 1. aspetti legislativi 2. valutazione dell'esposizione 3. tossicità dei farmaci e meccanismi di cancerogenesi 4. manipolazione: prevenzione della contaminazione 5. interventi di decontaminazione 6. corretto smaltimento Parte pratica: - verifica in ambiente simulato dell'apprendimento relativo ai punti 3, 4 e 5 - verifica della capacità di trasmissione dell'informazione mediante lezioni simulate. 6. RACCOMANDAZIONI Sviluppo di tecniche di prelievo e analisi, individuazione di centri di riferimento e laboratori certificati. Il dosaggio dei chemioterapici nelle matrici ambientali e biologiche, la determinazione degli addotti alle proteine e agli acidi nucleici, l'effettuazione di test citogenetici pongono ancora oggi importanti problemi in ordine a sensibilità, specificità, accuratezza. Da qui l'esigenza di individuare alcuni Centri di riferimento nazionali che, per specifiche tecniche analitiche o per tipo di esame, garantiscano: - disponibilità di strumenti e tecniche di riferimento; - individuazione, messa a punto, validazione dei metodi; - orientamento nella scelta dei metodi; - promozione della qualità analitica. tali centri, se le specifiche condizioni lo consentiranno, potranno anche garantire, previ accordi con i richiedenti, l'esecuzione diretta di specifici dosaggi su gruppi di esposti. I Centri di riferimento potranno essere articolati su più laboratori fra loro collegati e potranno essere tra loro coordinati a livello nazionale. L'Ispesl potrà valutare l'opportunità' di predisporre linee guida per l'istituzione di una rete dei Centri per garantire, nei limiti del possibile, una omogenea distribuzione a livello nazionale e la non sovrapposizione territoriale o per tipo di attività svolta. Esiste infine la necessità di collocare i Centri di riferimento nel sistema di certificazione cosi' come delineato dalla normativa comunitaria. ALLEGATO I

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Tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Ai sensi dell'articolo 3 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 concernente la tutela delle lavoratrici madri, è vietato adibire a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto. In questo periodo le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni. Il Dpr 25 novembre 1976, n. 1026 - regolamento di esecuzione della predetta legge - ha determinato in modo dettagliato tali lavori. L'articolo 5 elenca infatti i lavori vietati in quanto faticosi, pericolosi ed insalubri che sono anche quelli vietati dal legislatore ai fini della tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti (articolo 1 Dpr 25 gennaio 1976, n. 432). Le suddette disposizioni legislative (Dpr 25 novembre 1976, n. 1026 e Dpr 20 gennaio 1976, n. 432) vietano rispettivamente alle donne in gravidanza e ai fanciulli e adolescenti i (Lavori del personale ausiliario per l'assistenza ai malati negli istituti di cura pubblici e privati, compresi i gabinetti di analisi cliniche e microbiologicamente e i gabinetti di radiologia). E' stata recepita inoltre con Dlgs 25 novembre 1996, n. 645, la direttiva Cee del Consiglio n. 92/85 del 19 ottobre 1992, che prevede l'adozione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. La direttiva citata e' adottata nel rispetto delle più generali prescrizioni recate dalla direttiva quadro n. 89/391/Cee, della quale costituisce la decima direttiva particolare. L'articolo 4 del decreto disciplina l'obbligo di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro, con riguardo allo specifico ambito lavorativo. Il datore di lavoro ha inoltre l'obbligo di comunicare alle lavoratrici i risultati delle valutazioni effettuate. L'articolo 5 definisce le misure che il datore di lavoro deve adottare in conseguenza dei risultati della valutazione. In particolare viene previsto che lo stesso, qualora non si versi nell'ambito del divieto di adibizione al lavoro del personale interessato di cui all'articolo 3, primo comma, della legge 1204 del 1971, proceda alla modifica delle condizioni o dell'orario di lavoro, ovvero anche all'esonero dal lavoro, al fine di evitare qualunque rischio per la sicurezza delle lavoratrici, nonché del nascituro e del neonato. Va infine considerato che l'allegato 1 del citato Dlgs 645 al comma 3 lettera d) riporta i (medicamento antimitotici) nell'ambito dell'elenco non esauriente di agenti o processi e condizioni di lavoro di cui all'articolo 4. Tabella N. 1: CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI VALUTATI DALLA IARC Cancerogeni per l'uomo - Butanediolo dimetansulfonato (Myleran) - Ciclofosfamide - Clorambucil -1(2-Cloroetil)-3(4-Metilcicloesil)-1-Nitrosurea(Metil-Ccnu) - Melphalan - Mopp e altre miscele contenenti agenti alchilanti - N,N-bis-(2-Cloroetil)-2-Naftilamina (Clornafazina) - Tris (1-Aziridinil) Fosfinsolfuro (Tiotepa) Probabilmente cancerogeni per l'uomo - Adriamicina - Aracitidina

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- 1(2-Cloroetil)-3-Cicloesil-1-Nitrosurea(Ccnu) - Mostarde Azotate - Procarbazina.

Regione Lombardia - Decreto 11 dicembre 2001 n. 31139 LINEE GUIDA REGIONALI PER LA APPLICAZIONE DELL’ACCORDO SANCITO DALLA CONFERENZA STATO-REGIONI IL 5 AGOSTO 1999 SULLA SICUREZZA E LA SALUTE DEI LAVORATORI ESPOSTI A CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI IN AMBIENTE SANITARIO.

IL DIRIGENTE DELL'UNITA' ORGANIZZATIVA PREVENZIONE

VISTA la legge regionale 11 luglio 1997, n. 31;

VISTO il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229;

VISTA la deliberazione del Consiglio Regionale 8 aprile 1998, n. VI/0848 e successive modificazioni, avente ad oggetto “Progetto Obiettivo Prevenzione e Sicurezza dei Luoghi di Lavoro in Regione Lombardia nel triennio 1998-2000”;

VISTA la deliberazione della Giunta Regionale 4 ottobre 2000, n. VII/1439 avente ad oggetto "Approvazione delle Linee Guida relative alle modalità attuative degli obiettivi strategici e dei progetti speciali previsti dal Progetto Obiettivo "Prevenzione e Sicurezza dei Luoghi di Lavoro in Regione Lombardia nel triennio 1998-2000”;

TENUTO CONTO che la deliberazione di cui al punto precedente individua, fra gli Obiettivi Strategici, la prevenzione delle malattie professionali e, fra i Progetti Speciali, la prevenzione del rischio nel comparto sanità; in particolare l'obiettivo da raggiungere nel Progetto Speciale "La prevenzione del rischio nel comparto sanità" è quello di ridurre il rischio per la salute e la sicurezza degli operatori sanitari, considerando anche i rischi che sono in comune con i pazienti e gli utenti, di tutte le strutture sanitarie pubbliche e private regionali;

VISTO il Programma Regionale di Sviluppo della VII Legislatura approvato con deliberazione del Consiglio Regionale 10 ottobre 2000, n. VII/39, che individua, nell'ambito dello sviluppo delle politiche di prevenzione sanitaria, la prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, con risultato atteso il miglioramento delle condizioni lavorative per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro;

VISTA altresì la D.G.R. 26 ottobre 2001, n. VII/6533 "Presa d'atto della comunicazione del Presidente Formigoni avente ad oggetto: "Seminario di Giunta del 15 ottobre 2001: obiettivi 2002 e priorità", che individua al punto 7.4.3.1, nell'ambito degli obiettivi prioritari 2002 - Sanità, l'"Attuazione del progetto regionale prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro";

TENUTO CONTO che con Provvedimento 5 agosto 1999 , pubblicato in G.U. il 7 ottobre 1999 - serie generale n. 236, la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano ha approvato il "Documento di linee-guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici (di seguito CA) in ambiente sanitario";

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TENUTO CONTO inoltre che nel Provvedimento di cui al punto precedente, il Ministro della Sanità, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano concordano sulla necessità che le misure previste nel Provvedimento debbano essere realizzate entro tre anni dalla data di pubblicazione nella G.U. del documento di linee-guida;

TENUTO CONTO del documento prodotto dal Gruppo di Lavoro sull'applicazione delle Linee-guida Ministeriali sui chemioterapici antiblastici, dell'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) e dell'Associazione Italiana di Medicina Preventiva dei Lavoratori della Sanità (AIMPLS), presentato a Roma nel Convegno Nazionale del 5 dicembre 2000;

RITENUTO NECESSARIO, alla luce di quanto esposto nei punti precedenti, fornire indicazioni di ordine generale e di dare uniformità di comportamenti alle strutture sanitarie della regione, relativamente alla manipolazione dei chemioterapici antiblastici, a tutela degli operatori sanitari;

VISTO il documento "Linee Guida della Regione Lombardia per l'applicazione dell'accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni il 5 agosto 1999 sulla sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario", allegato al presente atto quale parte integrante e sostanziale;

PRESO ATTO che il documento prima citato in allegato fornisce specifiche linee guida in materia, le misure di prevenzione ed un adeguato sistema di protezione per i soggetti che impiegano professionalmente chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario, in particolare:

• Centralizzazione delle attività,

• Procedure di lavoro,

• Valutazione del rischio,

• Ambienti, sistemi di protezione collettiva ed individuale,

• Informazione e formazione,

• Sorveglianza sanitaria;

PRESO ATTO altresì che il documento prima citato è stato approvato, nella seduta del 24 ottobre 2001, dalla Commissione Tecnico-Scientifica prevista al punto 2 della citata deliberazione del Consiglio Regionale 8 aprile 1998, n. VI/ 0848, avente ad oggetto “Progetto Obiettivo Prevenzione e Sicurezza dei Luoghi di Lavoro in Regione Lombardia nel triennio 1998-2000”;

RITENUTO pertanto che il medesimo documento costituisca uno strumento adeguato per il conseguimento degli obiettivi prima richiamati;

RITENUTO quindi di approvare il documento "Linee Guida della Regione Lombardia per l'applicazione dell'accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni il 5 agosto 1999 sulla sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario", allegato al presente atto quale parte integrante e sostanziale e

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di prevederne la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia e sul sito web della Direzione Generale Sanità, ai fini della diffusione dell'atto;

VISTI gli articoli 3 e 18 della legge regionale 23 luglio 1996, n. 16, che individuano compiti e poteri della dirigenza;

VISTA la deliberazione della Giunta Regionale 28 giugno 2000, n. VII/156, avente ad oggetto "Nuovo assetto organizzativo della Giunta Regionale e conseguente conferimento di incarichi", aggiornata dalla deliberazione della Giunta Regionale 22 dicembre 2000, n. VII/2764;

VISTO il decreto del Direttore Generale della Sanità 27 luglio 2000, n. 18800, avente ad oggetto "Delega di firma di atti di competenza del Direttore Generale ai Dirigenti delle Unità Organizzative nonché ai dirigenti delle strutture Edilizia Sanitaria, Coordinamento Progetti Innovativi e Attività Esterne, Comunicazione ed Educazione Sanitaria, integrato con il decreto del Direttore Generale della Sanità 15 gennaio 2001, n. 872;

DECRETA

1. E' approvato il documento "Linee Guida della Regione Lombardia per l'applicazione dell'accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni il 5 agosto 1999 sulla sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario", allegato al presente atto quale parte integrante e sostanziale;

2. Si dispone la pubblicazione del presente atto, completo del proprio allegato, sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia e sul sito web della Direzione Generale Sanità. (dr. Vittorio Carreri)

Giunta Regionale della Lombardia – Direzione Generale Sanità Allegato al Decreto 11 dicembre 2001 n. 31139 Linee guida regionali per la applicazione dell’accordo sancito dalla conferenza stato-regioni il 5 agosto 1999 sulla sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario.

1. PREMESSA Le Linee Guida regionali qui presentate, si prefiggono lo scopo di realizzare nelle realtà ospedaliere sia pubbliche che private della Lombardia gli obiettivi definiti nell'accordo della Conferenza Stato Regioni il 5 agosto 1999 sulla sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici (CA) in ambiente sanitario tenendo conto delle varie tipologie esistenti per la preparazione e somministrazione dei CA. Va sottolineato che i CA sono usati in un sempre maggiore numero di situazioni ed in sempre maggiore quantità con vie di somministrazione diverse da quelle tradizionali (endocavitarie per vescica, torace, addome; endovascolare per segmenti isolati di apparati-organi) e per patologie diverse da quelle neoplastiche (come quelle infettive,

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del connettivo e articolari). Questa estensione al di fuori degli ambiti oncologico-ematologico in cui fino a pochi anni fa si limitava, comporta adattamenti anche organizzativi di quanto fino ad oggi messo a punto nella prevenzione dei rischi occupazionali da CA. Questi farmaci non sono classificati (come categoria, come singoli composti o come materiali, lavorazioni o attività, in questo caso manipolazione in ambito sanitario) tra i composti cancerogeni o mutageni ai sensi della vigente normativa (Decreti Legislativi 626/94, 242/96 e 66/2000), anche se la Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale nel 1995 ha formalizzato ai Ministeri interessati la richiesta di inserimento della preparazione e somministrazione dei CA nell’allegato VIII del D.Lgs. 626/94. In attesa di un pronunciamento dell’autorità competente in merito, appare comunque ragionevole considerare, ai fini preventivi, le attività che comportino la manipolazione di questi farmaci come esponenti a cancerogeni o mutageni. Ogni ospedale dovrà istituire la “Unità Farmaci Antitumorali” la cui organizzazione dovrà prevedere la presenza degli operatori specificamente formati, come previsto al punto 4.2.2 delle Linee Guida Ministeriali, allargata al medico competente e al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, per quanto di loro competenza. La presente proposta oltre a facilitare l'applicazione delle Linee Guida Ministeriali ha infatti anche lo scopo di raccogliere periodicamente informazioni sulle modalità di preparazione, somministrazione e smaltimento dei CA e sulla esposizione degli operatori. Per questo dovrà essere nominato un referente per la Regione Lombardia con il compito di compilare il questionario allegato ed inviarlo all’Unità Organizzativa Prevenzione - Direzione Generale Sanità Regione Lombardia (allegato 1), entro 60 giorni dalla data di notifica del presente provvedimento.

I risultati e gli aggiornamenti saranno raccolti a cura della Regione Lombardia che si farà carico di elaborare i dati e di sviluppare conseguenti proposte. Queste linee guida inoltre sono state elaborate sulla base del documento prodotto dal Gruppo di Lavoro sull’applicazione delle Linee Guida Ministeriali sui Chemioterapici Antiblastici dell’Associazione Italiana di Medicina Preventiva dei Lavoratori della Sanità e dell’ISPESL presentato a Roma il 5 dicembre 2000. Le strutture sanitarie che avessero già raggiunto dei buoni risultati sul contenimento del rischio per gli operatori esposti attraverso l'adozione di idonei provvedimenti di prevenzione e sicurezza, potranno applicare le presenti linee guida mantenendo l'esperienza già acquisita. Le indicazioni tecniche qui proposte non possono trovare una reale efficacia se non accompagnate dalla definizione e rispetto di procedure comportamentali che sono indispensabili al raggiungimento degli scopi che si prefiggono ed in particolare della tutela della salute degli operatori.

2. LA CENTRALIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ Per quanto riguarda il tema principale della centralizzazione, data la complessità e la molteplicità delle possibili soluzioni, la Direzione Generale Sanità si impegna a raccogliere informazioni ed a sviluppare indagini finalizzate ad una loro completa validazione. Il processo di centralizzazione delle attività di preparazione e somministrazione dei chemioterapici antiblastici dovrebbe consentire il raggiungimento di tre obiettivi: -- creazione e mantenimento di condizioni di lavoro in cui siano garantite sicurezza e tutela della salute degli operatori, - riduzione del numero degli esposti,

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- razionalizzazione delle attività in senso generale (organizzativo, economico, ecc). Inoltre un risultato, strettamente collegato con le scelte di prevenzione occupazionale, è quello della garanzia della qualità del prodotto, obbiettivi che possono più facilmente essere raggiunti con modelli operativi centralizzati. La centralizzazione di per sé non è risolutiva, se non è realizzata in locali idonei provvisti di sistemi di prevenzione collettivi adeguati e se non si accompagna ad adeguati interventi di tipo organizzativo e di controllo nel tempo delle scelte adottate, implicando non solo la riduzione del numero dei siti, ma anche l’adozione di procedure di lavoro idonee, standardizzate, formalizzate. Per facilitare la progettazione e l’avvio delle attività di centralizzazione e di prevenzione, può essere utile creare una struttura di coordinamento costituita, per gli specifici ambiti di competenza, dal Direttore Sanitario, dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, dal Responsabile Oncologo, dal Responsabile della Farmacia, dal Responsabile del Servizio Tecnico Economale, dal Medico Competente. La centralizzazione che comprende l’intero ciclo di lavoro (dall’immagazzinamento dei CA allo smaltimento dei rifiuti di materiali contaminati) deve essere intesa anzitutto come unificazione strutturale e organizzativa di tutte le attività, ed è il modello che riduce la dispersione di “energie” organizzative, professionali ed economiche e che potenzialmente fornisce le maggiori garanzie preventive. Esso non sempre appare però, da un punto di vista logistico e organizzativo, di facile realizzazione, soprattutto quando interamente sostitutivo di realtà già esistenti; può inoltre richiedere anche costi elevati. La centralizzazione può anche essere vista più che come elemento strutturale, come momento organizzativo di coordinamento delle attività connesse con la manipolazione dei CA. In questa seconda ipotesi vanno comunque garantiti alcuni elementi strutturali (locali e sistemi di prevenzione collettivi indicati ai punti 4.3 e 4.4 delle Linee Guida Ministeriali) ed organizzativi che consentano il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione. In ambedue le ipotesi la farmacia ospedaliera deve essere individuata come l’ambito ottimale delle attività di preparazione dei CA. Realtà che abbiano sedi di preparazione diverse (ad esempio U.O. di oncologia) che offrono garanzie, verificate e verificabili, di tipo strumentale ed organizzativo non dovranno essere smantellate, ma identificate come sedi delle unità centralizzate. Un altro elemento della centralizzazione da attuare con grande flessibilità e cura per non modificare situazioni ottimali esistenti (anch’esse da verificare attentamente) è quello della riduzione dei punti di somministrazione, anche alla luce dell’aumento dell’utilizzo dei CA. Le attività di somministrazione andrebbero limitate (tendenzialmente) alle U.O. e day hospital oncologici (ematologici) o a specifiche strutture tipo day hospital, chiaramente individuate ed adeguatamente predisposte, utilizzabili anche da altri specialisti.. Nella organizzazione della centralizzazione, indipendentemente dal modello scelto, e fermo restando una chiara identificazione delle diverse competenze, si dovrà garantire un raccordo tecnico tra i medici che prescrivono le terapie, i farmacisti responsabili della preparazione, il personale medico ed infermieristico che le somministra, gli addetti allo smaltimento. Si ritiene utile presentare alcune ipotesi di centralizzazione lasciando la scelta finale alle singole realtà sulla base di valutazioni specifiche. Le principali ipotesi di centralizzazione emerse sono quelle di Unita’ Operativa, di Piano/Struttura, di Dipartimento, di Presidio Ospedaliero, di Azienda Ospedaliera. La tipologia del

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modello di centralizzazione è una scelta autonoma di ogni singola Azienda Sanitaria (fermo restando che l’obbiettivo principale resta la centralizzazione e che le ipotesi alternative devono essere viste come forme per una sua graduale applicazione ) che deve essere attentamente valutata in ragione di una serie di variabili quali distribuzione delle terapie antiblastiche nelle Unità Operative, logistica della struttura-azienda, verifica della possibilità di accentrare i trattamenti in un numero inferiore di unità operative, dotazioni già esistenti, struttura e organizzazione della farmacia. Tutti i modelli di centralizzazione descritti sono stati analizzati soprattutto sotto l’aspetto della preparazione delle terapie, ma non si esclude che possano favorire in qualche misura anche la riduzione dei punti di somministrazione. Per ogni possibile tipologia di centralizzazione sono evidenziabili inoltre punti di forza (PF) e di debolezza (PD).

Centralizzazione di Unità Operativa E’ la più semplice forma di centralizzazione e consiste nel dotare, ogni Unità Operativa in cui si effettuano preparazioni e somministrazioni, di strutture, attrezzature, mezzi di prevenzione e protezione previsti nel provvedimento di Linee Guida Ministeriali. PF: non comporta modificazioni dell’organizzazione esistente. PD: comporta una moltiplicazione degli investimenti, non riduce significativamente il numero degli esposti, è complessa la formazione e la sorveglianza, offre minori garanzie di effettiva applicazione delle procedure di sicurezza, vi sono maggiori difficoltà di controllo anche sul piano della qualità, comporta una dispersione delle scorte. Si giustifica solo nel caso di una sola Unità Operativa od al massimo di due, qualora queste siano molto lontane tra loro.

Centralizzazione di Piano/Struttura Si può ipotizzare nel caso che vi sia concentrazione di più Unità Operative che effettuano terapie antiblastiche, a livello dello stesso piano di uno stabilimento ospedaliero o in uno stesso padiglione. E’ una realtà ideale per individuare un unico punto per le preparazioni e per tendere a ridurre i punti di somministrazione. PF: comporta investimenti più contenuti sia tipo economico sia per la sorveglianza; riduce, seppure parzialmente, il numero di soggetti esposti; offre la possibilità di standardizzazione del lavoro con incrementi di efficienza complessiva e di qualità del prodotto; riduce le scorte e permette un risparmio economico; è normalmente gradita ai soggetti coinvolti. PD: se i padiglioni o i piani interessati sono molti, si riducono notevolmente i vantaggi organizzativi, preventivi, economici. Questa ipotesi potrebbe in ogni caso essere considerata “un accettabile compromesso” nel caso di realtà molto complesse.

Centralizzazione di Presidio Ospedaliero E’ quella realizzabile in ogni Presidio Ospedaliero, ancorché afferente ad una unica Azienda Sanitaria e coincide con quello aziendale nel caso di unico Presidio. La centralizzazione di Presidio è sostanzialmente conveniente qualora le terapie antiblastiche siano distribuite fra più Unità Operative, all’interno di una stessa struttura ospedaliera. PF: ottimizza gli investimenti, anche di tipo formativo, riduce il numero di soggetti esposti, facilita la sorveglianza; richiede servizi logistici meno impegnativi rispetto a

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quelli necessari per una centralizzazione aziendale, offre la possibilità di standardizzazione del lavoro con incrementi di efficienza complessiva e di qualità del prodotto, riduce le scorte e permette un risparmio economico. PD: può essere onerosa nel caso in cui le Unità Operative coinvolte non siano equamente distribuite fra i vari Presidi Ospedalieri, presenta caratteristiche e livelli di complessità simili a quelli presi in considerazione nel caso di centralizzazione dipartimentale.

Centralizzazione di Dipartimento Le Unità Operative di un Dipartimento possono essere disperse dal punto di vista organizzativo ed a volte anche collocate in Presidi Ospedalieri distanti tra loro. PF: è coerente sotto l’aspetto istituzionale, offre i vantaggi della centralizzazione di Piano/Struttura, qualora il Dipartimento contenga Unità Operative tra loro logisticamente allineate, può dare una migliore risposta al problema delle terapie domiciliari; può favorire la centralizzazione anche delle somministrazioni. PD: gli stessi della centralizzazione di Azienda Ospedaliera. Si tratta di un modello organizzativo che si giustifica solo se le terapie antiblastiche sono concentrate in un unico Dipartimento, è preferibile in caso contrario la centralizzazione aziendale.

Centralizzazione di Azienda Ospedaliera Consiste nella centralizzazione in un unico punto di tutte le attività (di preparazione e tendenzialmente anche di parte di quelle di somministrazione) che si svolgono nelle varie Unità Operative, anche se svolte a livello di più Presidi Ospedalieri. E’ una soluzione verso la quale probabilmente occorre tendere. In una prima fase si potrebbero concentrare le risorse in un punto principale collegato con altre unità satelliti, a loro volte attrezzate in modo idoneo, dove si effettuano attività residuali o di lavorazione finale. Richiede un coinvolgimento ed una condivisione da parte di tutta l’organizzazione ed in particolare delle Farmacie nel loro complesso. Questa soluzione si può prestare a fornire servizi ad altre aziende pubbliche o private limitrofe. PF: uniforma le procedure, riduce il numero dei soggetti esposti, ottimizza gli investimenti, riduce drasticamente le scorte ed i rischi tecnici ed economici. PD: è molto complessa sul piano dell’organizzazione, richiede servizi trasversali di tipo logistico molto efficienti e di peso non irrilevante sul piano economico, pone problemi di collegamento (telematico), richiede un’accurata analisi tecnico-organizzativa. Procedere a sub-centralizzazioni in assenza di una corretta analisi organizzativa renderebbe più complesso il monitoraggio della sicurezza dei lavoratori esposti e degli ambienti, indurrebbe inoltre costi organizzativi maggiori . Va ricordata anche la possibilità, attualmente messa in atto da alcune Aziende Ospedaliere, di affidare a ditte specializzate esterne la preparazione delle terapie antiblastiche. E’ un’ipotesi risolutiva di tutti gli aspetti di tipo preventivo riguardanti la fase di preparazione dei CA, limitando le problematiche preventive alla somministrazione e allo smaltimento. L’azienda dovrà ovviamente disporre di un’attenta valutazione in termini di costi/benefici, considerando tutti gli aspetti specie quelli logistico organizzativi e di qualità del servizio erogato.

3. PROCEDURE DI LAVORO

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La definizione delle procedure di lavoro è essenziale per ognuna delle fasi di manipolazione dei CA, preparazione, somministrazione e smaltimento. Tra i punti specificamente previsti al capo 4.6 delle Linee Guida Ministeriali, si richiamano quelli relativi alle attività e comportamenti che il personale deve osservare quando manipola CA, al fine di mantenere elevati gli standard di sicurezza e di qualità. Esse devono essere scritte (opportuno redigere un “manuale delle procedure”), comunicate formalmente, aggiornate. Su di esse va organizzata una adeguata informazione, formazione e addestramento, individuando con esattezza i livelli di responsabilità per lavoratori, dirigenti, preposti. In questo contesto le stesse misure dell’esposizione possono essere usate per valutare corretta applicazione ed efficacia delle procedure adottate. Le procedure accanto ai necessari riferimenti formativi devono prevedere momenti di verifica sul campo da parte dei preposti, sistemi di controllo autocontrollo sulla loro applicazione, articolazione delle responsabilità dei controlli sul personale e di verifica su ambienti, sistemi e presidi preventivi, mezzi protettivi individuali (DPI). Va infatti sottolineato come non basti disporre di cappe, DPI, presidi, se non se ne conosce e non se ne pratica un corretto utilizzo o se non si seguono sempre norme comportamentali adeguate.

4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO La valutazione del rischio (che per i C.A. è opportuno che coincida, ai sensi del D.Lgs. 626/1994 e del successivo D.Lgs. 66/2000, con quella dell’esposizione), non è da intendere come una procedura fine a se stessa, ma rappresenta il momento conoscitivo necessario all’avvio delle attività di prevenzione ambientale e individuale, delle attività di informazione e formazione, della sorveglianza sanitaria. Da qui l’esigenza che essa sia condotta secondo precisi criteri e metodi, rappresentando di fatto la base “tecnica” degli interventi preventivi. Per organizzare un adeguato monitoraggio è necessario conoscere oltre al tipo ed alla quantità di CA manipolati, le loro modalità di diffusione nell’ambiente, le aree caratterizzate da inquinamento più elevato, le vie di assorbimento, il rapporto tra dose cutanea e respiratoria, l’efficacia dei dispositivi di protezione di tipo collettivo (cappa a flusso laminare verticale) e individuale (maschera, camice, guanti), l’eventuale trasferimento di microquantità residue di CA presenti nell’ambiente di lavoro ad aree contigue. Si ribadisce l’importanza, già evidente nelle Linee Guida Ministeriali, dell’adozione in via preliminare di sistemi standardizzati di raccolta delle informazioni di interesse. Il loro impiego, oltre a garantire l’acquisizione di notizie dettagliate sull’organizzazione del lavoro, consente, in occasione di successive indagini, di rilevare e valutare eventuali variazioni apportate nel tempo. L'applicazione partecipata di tali strumenti favorisce di per sé la sensibilizzazione sulle diverse problematiche e l'individuazione di misure e provvedimenti preventivi urgenti. A questo proposito si allega un questionario per la valutazione del rischio di esposizione a CA (R. Turci, C. Sottani, C. Minoia, M. Zucchetti, L. Villa, A. Moccaldi, P.A. Apostoli: Chemioterapici Antiblastici in C. Minoia, L. Perbellini: monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione professionale a xenobiotici, volume 3, Morgan Edizioni Tecniche) (allegato 2). I punti di maggior rilievo della misura dell’esposizione possono essere così sintetizzati: 1- priorità alla raccolta standardizzata delle informazioni, necessarie ad individuare

situazioni e fasi di lavoro a maggior rischio, ad indicare la necessità di immediati interventi preventivi e formativi, a consigliare ulteriori approfondimenti valutativi;

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2- monitoraggio dell’esposizione ai CA (studio della contaminazione delle superfici e monitoraggio biologico). A questo riguardo oltre alla scelta di alcuni traccianti da privilegiare nei dosaggi (ciclofosfamide, 5-fluorouracile, composti di coordinazione del platino), va previsto un adeguamento delle Linee Guida Ministeriali aggiornato all’evoluzione tecnica e scientifica in particolare al tipo di CA effettivamente usati e misurabili.

Il monitoraggio dei CA aerodispersi, fornisce in genere risultati inferiori ai limiti di rilevabilità dalle correnti tecniche di misura e quindi non dà utili indicazioni sull’esposizione degli addetti. Oltre ai campionamenti personali, possono essere effettuati anche i campionamenti d’area, individuando postazioni fisse in “centro ambiente” o in aree caratterizzate da un più elevato rischio. Sicuramente più utile è lo studio anche della presenza di CA sulle superfici mediante l’uso di wipe tests prelevati ad esempio in posizione antistante la cappa, all’esterno della stessa, sul pavimento, su oggetti d’uso, ecc. Esso è utile inoltre per studiare la diffusione dell’inquinamento da CA con wipe tests all’esterno del locale preparazione, per esempio nella stanza filtro e in corridoio. Le stesse procedure dovranno essere applicate anche nel caso si voglia studiare la contaminazione delle superfici o di oggetti nel corso della somministrazione. I metodi per lo studio della contaminazione comprendono l’impiego di pads per valutare la contaminazione di specifiche zone anatomiche dell’operatore, con particolare riferimento al torace, agli avambracci e alle gambe. La determinazione di farmaci antiblastici o di loro metaboliti nei liquidi biologici (sangue, urina) è la tecnica elettiva per la valutazione dell’esposizione professionale a CA, ma richiede la disponibilità di metodi validati (certificati) in sensibilità, precisione ed accuratezza. Attualmente non sono disponibili metodi ufficiali per il monitoraggio biologico dell’esposizione professionale a CA e comunque gli indicatori biologici non sono da considerare come indicatori di rischio e di danno. Va sottolineato come il dosaggio dei CA traccianti (ciclofosfamide, 5-fluorouracile, composti di coordinazione del platino), ed a maggior ragione degli altri antiblastici, richiede notevole competenza ed esperienza analitica. Le Linee Guida Ministeriali prevedono esplicitamente la individuazione di centri di riferimento per questo tipo di analisi e la Direzione Generale Sanità si farà carico di individuare ed indicare i laboratori di riferimento per queste analisi.

5. AMBIENTI , SISTEMI DI PROTEZIONE COLLETTIVA ED INDIVIDUALE Rispetto a quanto riportato nelle Linee Guida Ministeriali a proposito dei locali, attrezzature, DPI e presidi, appaiono necessarie solo alcune sottolineature. - I locali dedicati alla preparazione dei CA devono essere dotati di una adeguata stanza filtro nella quale porre i sistemi di decontaminazione ed essere sufficientemente ampi (indicativamente 12-16 m²). Nel caso non si disponga di locale filtro si dovrà disporre di box di decontaminazione da porre nel locale con lavandino a pedale, lavaocchi e dispositivi per le emergenze. Questi locali devono essere dotati di un sistema di ventilazione e condizionamento in grado di abbattere quanto più possibile la concentrazione dei CA (almeno 6 ricambi di aria primaria ogni ora). Arredi e apparecchiature all’interno della stanza dovranno essere ridotte a cappa aspirante, banco d’appoggio, armadio. Il pavimento e pareti devono essere di (o trattate con) materiale plastico non poroso e facilmente lavabile (es. PVC elettrosaldato), e tali da non permettere la penetrazione di polveri e/o liquidi in prossimità di angoli e smussi.

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I sistemi di aspirazione, di condizionamento o i movimenti del personale non devono originare turbolenze dell’aria tali da interferire con il corretto funzionamento delle cappe a flusso laminare verticale. Non devono essere usati sistemi di chiusura automatica del locale, ma posti chiari segnali di limitazione dell’accesso, installando idonei mezzi per segnalare le emergenze e interfono a viva voce. - La preparazione dei farmaci antiblastici deve essere realizzata sotto idonea aspirazione localizzata e controllata, in grado di contenere la dispersione di aerosol o polveri dei CA aerodispersi. Questo dispositivo deve essere esclusivamente dedicato alla preparazione dei CA. Il Decreto del Ministro della Sanità del 18 febbraio 1999 stabilisce che la preparazione dei farmaci antiblastici deve essere effettuata sotto cappe a flusso laminare verticale; questa, nell’ambito della U.E., per consentire una appropriata tutela del personale deve essere realizzata ed installata in conformità alla norma tecnica DIN 12980 e richiede una manutenzione-verifica dell’efficienza in rispondenza a quanto previsto dalla stessa norma. In alternativa si possono utilizzare le unità di isotecnia (boule), in grado di tutelare l’operatore, l’ambiente circostante e contemporaneamente, la sterilità del farmaco. Sono inoltre presenti sul mercato cappe chiuse al cui piano di lavoro si accede attraverso manicotti. - Si raccomanda di non effettuare preparazioni abituali dei CA su piano libero, e si rammenta che anche la preparazione delle siringhe in bolo, delle sacche/flaconi dei farmaci da somministrare, deve essere effettuata sotto cappa. Sono consentite preparazioni su piano libero solo occasionali (1-2 preparati/die) con però la garanzia sulla formazione del personale e l’esistenza di tutte le altre misure preventive. - Il personale che manipola farmaci antiblastici deve utilizzare efficaci mezzi personali di protezione, questi devono essere classificati come DPI e adeguati alle varie situazioni e condizioni di lavoro. Gli operatori devono essere opportunamente addestrati al loro corretto utilizzo, secondo precise procedure. I preposti (responsabili di unità operativa o di modulo, capi sala) devono provvedere alla loro fornitura, ricambio e devono controllarne il loro adeguato uso da parte degli operatori. I guanti devono possedere la marcatura CE in ottemperanza alla norme tecniche EN 374 (protezione da agenti chimici) e EN 388 (protezione contro i rischi meccanici) ed essere privi di polvere lubrificante. Deve essere disponibile la documentazione tecnica a corredo del dispositivo fornito dal fabbricante per attestarne l’adeguatezza rispetto ai rischi di esposizione individuati. Gli indumenti di protezione oltre a dover essere classificati quali DPI devono possedere la marcatura CE in ottemperanza alle norme tecniche di tipo generale e specifico, necessarie a garantire la protezione da agenti chimici – la EN 340, la EN 369, se disponibile, la EN 465, la EN 467 ed appartenenti alla Categoria 3 tipo 4 (secondo la EN 465); come per i guanti deve essere documentata l’adeguatezza rispetto ai rischi di esposizione individuati. I camici da utilizzare sono preferibilmente quelli in tessuto a bassa permeabilità che non elimini particelle come ad esempio i camici chirurgici monouso di tipo idrorepellente in tessuto non tessuto (TNT), con allacciatura posteriore; per la preparazione devono essere muniti di rinforzo davanti e sugli avambracci. Nella preparazione-somministrazione è opportuno utilizzare un facciale filtrante antipolvere, con marcatura CE in ottemperanza alle norme tecniche EN 149 di classe FFP3SL (protezione verso aerosol anche liquidi), in alternativa può essere usata una semimaschera (EN 140) con filtro antipolvere (EN 143). Per la difesa degli occhi e del volto da eventuali contaminazioni (gocce o spruzzi), gli operatori devono essere forniti di occhiali a mascherina o visiera e schermi

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trasparenti, entrambi con specifica certificazione EN166, con trattamento antiappannante e con lenti otticamente neutre. Per la protezione dei capelli da possibili contaminazioni devono essere utilizzate cuffie monouso in TNT, per la protezione degli arti inferiori dovranno essere indossati pantaloni in tessuto idrorepellente o in TNT. Per il personale addetto alla preparazione e allo smaltimento è necessario indossare sovrascarpe monouso. - Sempre maggiore importanza e diffusione stanno avendo i presidi per il contenimento del rischio da usare sia in fase di preparazione che di somministrazione dei CA. Si devono utilizzare siringhe sufficientemente larghe (tali da non essere riempite più di 2/3 del loro volume) e che offrano garanzie di fermezza, stabilità e tenuta dell’innesto dell’ago; questi requisiti sono ormai soddisfatti dalla maggior parte delle siringhe monouso in commercio. La siringa con il farmaco preparato deve essere chiusa con un tappo “luer lock”, che evita la sconnessione dell’ago da siringhe, pompe e deflussori, e può essere utilizzato come chiusura di sicurezza delle siringhe. I filtri idrofobici possono essere usati per stabilizzare la pressione all’interno del flaconcino con quella atmosferica, allo scopo di evitare la fuoriuscita di aerosol nel momento in cui viene estratto l’ago. Sono in grado di trattenere l’aerosol fino alle dimensioni di 0,2 µm e sono dotati di un attacco “luer lock”. Altri presidi sono dotati di due filtri idrofobici. - Sia che vengano utilizzati durante la preparazione o la somministrazione (sul letto del paziente), i telini devono risultare impermeabili dal lato inferiore e assorbenti da quello superiore, senza rilasciare particelle. In particolare, è raccomandato l’uso di telini ricoperti da una sottile membrana a rete penetrabile, che non rilasciano fibre (lint free); in caso contrario le particelle potrebbero rivelarsi delle fonti d’inquinamento in quanto veicolanti polveri e aerosol di farmaci antiblastici e intasare il filtro HEPA.

6. INFORMAZIONE E FORMAZIONE Per ottenere adeguati standard di sicurezza e prevenzione il personale esposto a CA dovrà essere adeguatamente formato sui rischi, sulle corrette modalità di manipolazione di questi farmaci e dei materiali contaminati, sull'uso delle cappe, dei mezzi protettivi individuali, sul significato del monitoraggio ambientale e biologico, della sorveglianza sanitaria. Adeguati programmi di formazione devono essere attuati prima dell'inizio delle attività che determinano esposizione e con successiva periodicità, con verifica dell'apprendimento. Per quanto riguarda nello specifico l’attività di informazione e formazione (destinatari, docenti strumenti, contenuti, durata delle varie fasi dei corsi) si rimanda al punto 5 delle Linee Guida Ministeriali. La Direzione Generale Sanità si impegna ad organizzare, in collaborazione con l’ISPESL e l’IREF, un corso per Formatori, al quale saranno invitati a partecipare almeno un operatore, scelto tra le figure coinvolte, per ogni Azienda Ospedaliera pubblica o privata. I programmi di formazione e informazione oltre che obblighi disciplinati dal D. Lgs. 626/94, sono ottimi strumenti di prevenzione dei rischi occupazionali, in quanto la modificazione dei comportamenti degli operatori avviene sulla base della conoscenza dei fattori che determinano il rischio e delle possibilità che offrono le misure di prevenzione ambientale ed impiantistica, e dell’uso di corrette procedure di lavoro per diminuire fino ad annullare il rischio stesso.

90

Vengono suggeriti strumenti di verifica della validità degli interventi formativi che prevedano la quantificazione delle conoscenze prima e dopo l’intervento attraverso l’impiego di questionari o altri strumenti anche informatizzate prima ed al termine dell’impegno formativo.

7. SORVEGLIANZA SANITARIA L’identificazione del personale professionalmente esposto dovrà essere effettuata dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in collaborazione con il Medico Competente, alla luce della reale situazione verificata all’interno della singola struttura sanitaria. Ai fini dell’individuazione degli esposti, può essere utilizzata la seguente classificazione. - Lavoratori che manipolano abitualmente CA:

la manipolazione avviene regolarmente, cioè con una media di 15 o più preparazioni/somministrazioni alla settimana o più di 5 effettuate giornalmente; addetti alla manutenzione delle cappe; addetti alla manipolazione di CA che, in situazioni transitorie o di emergenza, sono addetti alla manipolazione di numeri anche inferiori, con mezzi o in ambienti non adeguati, compresi gli addetti allo smaltimento che operano in queste condizioni. Tali situazioni, data la varietà di caratteristiche, vanno individuate di volta in volta dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e devono comunque essere a termine. Questi operatori vanno inseriti nel registro degli “esposti” con periodicità degli accertamenti sanitari annuale.

- Lavoratori che non manipolano abitualmente CA: addetti occasionalmente alla preparazione/somministrazione con una frequenza inferiore rispetto a quella prevista nel punto precedente; addetti abituali alla pulizia dei locali di preparazione dei farmaci antiblastici; addetti allo smaltimento nelle condizioni sopra richiamate. Questi operatori non vanno inseriti nel registro, la periodicità degli accertamenti sanitari può essere triennale.

Con l’esclusione delle patologie irritative a carico di cute/mucose e delle allergopatie, non sono a tutt’oggi note altre patologie che riconoscano come causa eziologica l’assorbimento di antiblastici durante le operazioni di preparazione / somministrazione. Non sono al momento disponibili test che possano individuare alterazioni precoci a livello individuale, si ritiene pertanto non necessario, in genere, eseguire accertamenti sanitari integrativi rispetto a quelli previsti dalle Linee Guida Ministeriali (visita specialistica di medicina del lavoro con particolare valutazione di cute ed annessi, esame emocromocitometrico con formula leucocitaria e conteggio piastrine e reticolociti, test di funzionalità epatica e renale, esame urine). Per la definizione del giudizio di idoneità lavorativa alla mansione specifica. vanno prese in considerazione la globalità delle condizioni di lavoro presenti (ambientali, tecnologiche, organizzative) ed i singoli fattori di rischio evidenziati nel documento di valutazione aziendale. Tale analisi andrà infine rapportata allo stato di salute del lavoratore, alle eventuali condizioni di ipersuscettibilità individuale, alle patologie pregresse o in atto. Per tale motivo, se motivata dal medico competente, la sorveglianza sanitaria potrà avere una periodicità più ravvicinata, in funzione della valutazione più complessiva effettuata.

91

La lavoratrice in stato di gravidanza dovrà essere immediatamente allontanata dal rischio fino alla fine del periodo effettivo di allattamento al seno, in caso di rientro precoce al lavoro. E’ fondamentale che le lavoratrici esposte siano a conoscenza di questo obbligo per poter tempestivamente comunicare alla direzione sanitaria l’eventuale stato di gravidanza. La sorveglianza sanitaria deve quindi rientrare in un più ampio intervento di prevenzione finalizzato alla tutela della salute dei lavoratori esposti. Gruppo di Lavoro: "LINEE GUIDA REGIONALI PER LA APPLICAZIONE DELL’ACCORDO SANCITO DALLA CONFERENZA STATO-REGIONI IL 5 AGOSTO 1999 SULLA SICUREZZA E LA SALUTE DEI LAVORATORI ESPOSTI A CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI IN AMBIENTE SANITARIO". Componenti: • Piero Apostoli - Cattedra di Igiene Industriale, Università degli Studi di Brescia • Stefano Federici - Servizio di Farmacia, A.O. Ospedale di Melegnano • Mario Margonari (coordinatore) - U.O. Prevenzione, Direzione Generale Sanità

Regione Lombardia • Claudio Minoia - Laboratorio di Igiene Ambientale e Tossicologia Industriale,

Fondazione "S. Maugeri" di Pavia • Giovanni Mosconi - U.O. Prevenzione, Direzione Generale Sanità Regione

Lombardia • Gioachino Robustelli - Divisione di Oncologia, Fondazione "S. Maugeri" di Pavia • Alberto Scanni - Divisione di Oncologia Medica e Chemioterapia, A.O.

Fatebenefratelli di Milano • Giancarlo Taddei - Servizio di Farmacia, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo • Luciano Villa - Servizio Prevenzione e Protezione e Medico Competente, ASL

della Provincia di Sondrio. ALLEGATO 2

QUESTIONARIO PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ESPOSIZIONE A CHEMIOTERAPICI ANTIBLASTICI (CA) A - AMBIENTI DI LAVORO B - FARMACI UTILIZZATI C - PERSONALE D - SMALTIMENTO A-1 LOCALI DI PREPARAZIONE : Denominazione (del locale)

_______________________________________________________

Aggregazione (indicare il reparto)

_______________________________________________________

Localizzazione (nell’ambito della struttura)

92

_______________________________________________________

1.1 Descrizione generale 1.1.1 Uso esclusivo per preparazione ���� 1.1.2 Limitazione di accesso ���� 1.1.3 Cartelli di segnalazione ���� 1.1.4 Esistenza di stanza-filtro ���� 1.1.5 Presenza di lavandino ���� " " con leva o pedale ���� 1.2 Pavimento e Pareti 1.2.1 Integri ���� 1.2.2 Risvolto da pavimento ���� 1.3 Aereazione e Ventilazione 1.3.1 Condizionamento aria ���� 1.3.2 Condizionamento aria specifico per il locale ���� 1.4 Piani di lavoro 1.4.1 Presenza di cappa ���� Numero 1.4.1.1 " chimica ���� ___

1.4.1.2 " flusso laminare verticale ���� ___ 1.4.1.3 " flusso laminare orizzontale ���� ___ 1.4.1.4 " con scarico esterno ���� ___ 1.4.1.5 Manutenzione periodica della cappa ���� Teli di copertura dei piani: 1.4.2 Materiale: carta-tessuto ���� 1.4.2.1 " : impermeabile ���� 1.4.2.2 Ricambio teli se usati ����plurigiornaliero ����giornaliero 1.4.3 Frequenza lavaggio dei piani di lavoro ����plurigiornaliera ����giornaliera 1.5 Movimentazione farmaci

Stoccaggio farmaci in attesa della preparazione: 1.5.1 locale dedicato ���� 1.5.2 locale preparazione ���� 1.5.3 altro _________________ 1.5.3 Collocazione farmaci in attesa della preparazione: ����ripiani ���� mobili chiusi (frigo)

93

1.6 Sistemi di comunicazione 1.6.1 Telefono ����

1.6.2 Viva-voce ����

1.7 Pulizie dei locali 1.7.1 Effettuata da personale ���� interno ���� esterno 1.7.2 Frequenza ���� plurigiornaliera ���� giornaliera A-2 LOCALI DI SOMMINISTRAZIONE : Denominazione (del locale)

_______________________________________________________

Aggregazione (indicare il reparto)

___________________________________________________

Localizzazione (nell’ambito della struttura)

____________________________________________

2.1 Descrizione generale 2.1.1 Uso esclusivo per somministrazione ���� 2.1.2 Presenza di lavandino ���� 2.1.3 Servizi igienici dedicati per i pazienti ���� 2.2 Pavimento e Pareti 2.2.1 Integri ���� 2.2.2 Risvolto da pavimento ���� 2.3 Piani di appoggio

2.3.1 Tavolo ����

2.3.2 Carrello ����

Teli di copertura dei piani:

2.3.3 Materiale: carta-tessuto ���� 2.3.3.1 “ : impermeabile ����

2.3.3.2Ricambio teli se usati ����plurigiornaliero ����giornaliero Frequenza lavaggio dei piani di appoggio ����plurigiornaliera ����giornaliera 2.4 Modalità di somministrazione

flebo pompa ad infusione bolo somm.endocavit/topica

(%) _____ ______ _____ ___________

Materiale del telo sottobraccio

94

2.4.1 Tessuto ���� 2.4.1.1Impermeabile ���� 2.4.2 Frequenza ricambio teli (se usati) ����ogni somministrazione ����giornaliera 2.5 Pulizie 2.5.1 Effettuate da personale ����interno ����esterno 2.5.2 Frequenza ����plurigiornaliera ����giornaliera B - FARMACI UTILIZZATI Registrare i tipi e le quantità di farmaci utilizzati per almeno un mese

FARMACO (indicare il nome commerciale e la concentrazione del principio attivo)

NUMERO FIALE/ FLACONI (aperti)

TOTALE

1 Uso di protocolli ad alto dosaggio ����

95

C - PERSONALE (preparazione e/o somministrazione) 1 Numero di addetti _____

2 Comportamento 2.1 Abitudine al fumo durante il turno di lavoro ���� 2.2 Consumo di cibo e bevande nei locali a rischio ���� 2.3 Lavaggio delle mani 2.3.1 Lavaggio delle mani ����ogni 30 min. 2.3.2 Lavaggio delle mani ����ogni 1 -2 ore 2.3.3 Lavaggio delle mani ����a fine turno 2.3.4 Detergenti utilizzati ����sapone ����deter.disinf. a dispenser 2.3.5 Uso di spazzola per il lavaggio ���� 3 Scheda DPI (Dispositivi di protezione individuale) (indicare, barrando la casella, il tipo di DPI utilizzato e completare con le altre informazioni

richieste)

Tipo di DPI Ambienti di lavoro Freq.utilizzo Sempre Saltuariamente Mai

Freq.cambio Plurigiornaliera Giornaliera Settimanale o più

Preparazione

Somministrazione

Divisa da lavoro Camice con manicotti

Camice monouso Occhiali Cuffia Scarpe da lavoro Guanti lattice Guanti PVC Guanti diversi dai precedenti

Maschera chirurgica Maschera a conchiglia

Visiera Sovrascarpe Altro_____________

4 Informazione

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4.1 Informazione specifica sui rischi connessi con l’impiego di FA: 4.1.1 verbale ���� 4.1.2 scritta ���� 4.2 Formazione specifica sull’utilizzo corretto di FA ���� 4.3 Disponibilità di procedure scritte ���� 1 SCHEDA INDIVIDUALE di rilevazione dati 1.1 Età_____________ 1.2 Sesso___ ____________ 1.3 Qualifica__________________________________________ 1.4 Anzianità di lavoro con esposizione al rischio (anche presso altri datori di

lavoro) ______(anni) D - MOVIMENTAZIONE del MATERIALE CONTAMINATO 1 Personale addetto ���� interno ���� ditta esterna 1.1 Se interno: n.addetti___________

2 Materiale contaminato 2.1 Stoccaggio in locali dedicati ���� 2.2 Destino materiali: 2.2.1 Sacchi impermeabili ���� 2.2.2 Contenitori rigidi ���� 3 Scheda DPI (Dispositivi di protezione individuale) utilizzati dal personale addetto (se interno) (indicare, barrando la casella, il tipo di DPI utilizzato e completare con le altre informazioni richieste)

Tipo di DPI Frequenza utilizzo Sempre Saltuariamente Mai

Frequenza cambio Plurigiornaliera Giornaliera Settimanale o più

Divisa da lavoro

Camice con manicotti Camice monouso Occhiali Cuffia Scarpe da lavoro Guanti lattice Guanti PVC Guanti diversi dai precedenti Maschera chirurgica Maschera a conchiglia Visiera Sovrascarpe Altro___________________________

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14.0.0 RACCOMANDAZIONE PER LA VENOPUNTURA IN AMBIENTE ONCOLOGICO 1- Aver ben presente tutte le indicazioni e controindicazioni riportate nella scheda di sicurezza in etichetta fornita dal produttore e dalle norme scritte di buona tecnica stabilite dal responsabile dell'Unità di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici (UMaCA) in base alla normativa. 2- Stabilire con il paziente un rapporto confidenziale di fiducia e cercare di ottenere la massima collaborazione, avvisandolo perché informi tempestivamente in caso di disturbi (es. formicolii, bruciori, prurito), rassicurandolo per tutto il trattamento, parlandogli con dolcezza e incoraggiandolo. 3- Nella necessità di somministrare diversi chemioterapici è bene iniziare con quelli non o scarsamente irritanti. 4- Non trattare arti con circolo venoso o linfatico compromesso, o vene fragili di piccolo calibro, infiammate o sclerotiche. 5- Evitare, quanto possibile, di trattare distretti venosi che fanno parte di regioni anatomiche precedentemente irradiate. 6 - Non pungere vene in prossimità di distretti cutanei su cui sono stati recentemente eseguiti "skin test". 7- Etichettare siringhe o flebo, riportando il nome del farmaco, la dose ed il nome del paziente. Allestire e avere pronto l'antidoto da somministrare in caso di stravaso. 8 - Preferire, per la disinfezione della cute, l'alcool denaturato al 70%, ai sali di ammonio quaternario. 9 - Pianificare la sede dell'intervento, iniziando con le vene dell'avambraccio, cambiando spesso il punto d'infusione. Verificare il corretto posizionamento dell'ago non di dimensioni traumatizzanti (ad es. aghi butterfly di calibro 21 o 23) aspirando una piccola quantità di sangue. Nel fissare l'ago con cerotto evitare di coprire il sito di inoculazione che deve essere sempre sotto controllo. 10 - Iniettare 5 cc di fisiologica prima di introdurre il farmaco. 11 - Iniziare lentamente l'infusione, controllare periodicamente la pervietà delle vene. Per i farmaci iniettati in bolo effettuare un controllo ogni 2 ml iniettati aspirando e controllando la presenza di sangue. Per i farmaci iniettati in fleboclisi controllare la caduta libera e la velocità. 12 - in caso di sospetto stravaso: - interrompere immediatamente la somministrazione del farmaco lasciando inseriti l'ago o il catetere; - aspirare la soluzione insieme a 3-5 ml di sangue - rimuovere l'ago o il catetere con cui si è somministrato il chemioterapico; - anestetizzare la superficie (cloruro d'etile); - instillare localmente l'antidoto specifico, o in sua mancanza, un corticosteroide; - rimuovere l'ago di somministrazione dell'antidoto; - elevare l'arto, per favorire il flusso venoso; - applicare sul sito di stravaso una borsa di ghiaccio (per 20' ogni 4-6 ore nelle prime tre giornate), impacchi caldi secondo il farmaco stravasato (solo per gli alcaloidi della vinca); - per ridurre l'eritema nelle prime 24 ore si può applicare in modo intermittente una pomata all'idrocortisone all' 1% ; - documentare lo stravaso riportando i dati sulla cartella clinica del paziente (quantità presumibile del chemioterapico stravasato ed i trattamenti effettuati); - evitare ogni pressione o frizionamento della cute; - tenere sotto controllo il paziente per una/due settimane documentando l'evoluzione dei fenomeni successivi allo stravaso; - se si intende riprendere l'infusione, occorre utilizzare una vena del braccio contro laterale o un'altra vena omolaterale individuando un punto d'inserzione prossimale rispetto al precedente. Per le gravi necrosi, consultare il chirurgo per eventuale intervento di plastica. 13 - Rimuovere al termine della venopuntura l'ago, esercitando una lieve pressione sul punto dell'iniezione. Se il farmaco viene iniettato in bolo, è consigliabile operare un lavaggio della vena con almeno 10-20 cc di soluzione fisiologica.

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SCHEDA TECNICO-PRATICA PER MANIPOLARE FARMACI ANTINEOPLASTICI (A. ZACCARA, 1996)

FARMACO

NOME

COMMERCIALE

VIE DI

SOMMINISTRAZIO

NE

MODALITA' DI CONSERVAZIONE

CONTATTO CON LA

PELLE

PROCEDURE DI

DECONTAMINAZIONE CHIMICA

DURATA DELLE

PRECAUZIONI CON ESCRETI CONTAMINATI

(§)

BLEOMICIN

A

BLEOMICI

NA

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra si conserva a a

temperatura ambiente, al riparo della luce. La soluzione in NaCl 0,9% è stabile per

almeno 8 hr a temp. ambiente e al riparo della luce. La soluzione in Glucosio 5%,

molto meno stabile, non è raccomandata!

Definibile non irritante, ma

allergizzante. Lavare con acqua e sapone. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 3 gg

Feci : ??

CARBOPLATINO

PARAPLA

TINO

Bolo o

infusione E.V.

Se diluito in Acqua ppi, Glucosio 5% o NaCl 0,9%, è stabile per almeno 8 hr a

temp. ambiente. pH > a 6,5 e, secondo alcuni, anche la

stessa presenza di ioni cloro (come cloruri) accelerano la degradazione. Queste

evidenze agiscono anche come fattori di incompatibilità con altri farmaci.

Definibile debolmente

irritante. Lavare con acqua e sapone. In caso di schizzo

agli occhi, irrigare immediatamente con NaCl

0,9%

Immergere in abbondanti

quantità di acqua per almeno 48 hr

Urine: 2 gg

Feci : ??

CARMUSTIN

A

NITRUMO

N

Infusione

E.V. Il bolo venoso non è

raccomandato

La confezione integra si conserva tra 2 e

8°C, al riparo della luce. In soluzione, è poco stabile soprattutto a

pH >5: per questo sono preferibili soluzioni in Glucosio 5% piuttosto che in NaCl

0,9%. La maggior parte delle plastiche (escluso il polietilene) assorbe il farmaco.

Infondere con deflussore schermato

Definibile fortemente

irritante. Lavare con abbondante quantità di acqua, e fare

impacchi di Sodio Bicarbonato

Trattare con

Sodio Bicarbonato

8,4% per 24-48 hr

Urine: ??

Feci : ??

CICLOFOSFAMIDE

ENDOXAN

Bolo o

infusione E.V. Via

intraperitoneale Via

intrapleurica

La confezione integra si conserva sotto

25°C, al riparo della luce.La soluzione (20 mg/mL), ricostituita

per vigorosa agitazione in acqua, deve essere usata entro 8 hr se conservata a temp. ambiente (25 °C). L'uso del calore per accelerare la dissoluzione in acqua,

che è solitamente lenta, non è raccomandabile!

Definibile non irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 5% per 24hr, o

con KOH 12 g/L in Metanolo

Urine: 3 gg

Feci : 5 gg

CISPLATINO

PLATINEX

, PLATAMI

NE ed altri

Infusione

E.V. Non usare

boli venosi!

La confezione integra, sia in polvere che in soluzione, si conserva al riparo della luce. La sol. acquosa è stabile solo in presenza

di ione cloruro (alneno NaCl 0,3%). Soluzioni diluite precipitano a freddo! Se necessario per uso diuretico, il mannitolo deve essere aggiunto appena prima della

somministrazione.

Definibile irritante. Lavare

con abbondante quantità di acqua. In presenza di

reazione cutanea, applicare una crema emolliente.

Trattare con

grosse quantità di acqua,

lasciando in ammollo per almeno 48 hr

Urine: 7 gg

Feci : ??

CITARABINA

ARACYTIN

ed altri

Bolo o

infusione E.V.

I.M., S.C.

.Stabile in soluzione acquosa (NaCl 0,9% o Glucosio 5%) per almeno 24 hr a temp.

ambiente al riparo della luce

Definibile non irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con HCl N/100 per 24 hr

Urine: 2 gg

Feci : ??

DACARBAZI

NA

DETICEN

E

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra si conserva tra 2 e

8°C, al riparo della luce. Stabile in soluzione (Na Cl 0,9% o

Glucosio 5%) per 4-8 hr a 25°C, si degrada rapidamente se esposta alla luce: usare

deflussori schermati!

Definibile non irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Acido Solforico 10% per 24 hr

Urine: ??

Feci : ??

99

DACTINOMICINA

COSMEG

EN

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra si conserva sotto

25°C, al riparo della luce.Proteggere dalla luce diretta. La stabilità in sol. acquosa

(NaCl 0,9% o Glucosio 5%), discreta per 24 hr a temp. ambiente, migliora a freddo.

Definibile fortemente

irritante. Lavare con acqua o una

soluzione di Sodio Fosfato.

Trattare con

Sodio Fosfato tribasico 5%, o NaOH 20% per

24 hr

Urine: 5 gg

Feci : 7 gg

DAUNORUBICINA

DAUNOBL

ASTINA

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra si conserva al riparo

della luce. A conc. pari o superiori a 0,5 mg/mL, è stabile in sol. acquosa (NaCl 0,9% o Glucosio 5%) a temp. ambiente per alcuni giorni. Concentrazioni inferiori devono essere conservate al riparo della

luce!

Definibile fortemente

irritante. Lavare con acqua, acqua e sapone o una soluzione di Sodio Bicarbonato. In caso

di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con NaCl

0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 2 gg

Feci : 7 gg

DOXORUBIC

INA

ADRIBLAS

TINA

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra si conserva al

riparo della luce. Se in soluzione commerciale pronta (da conservare tra 2 e

8°C), è stabile comunque per un mese a 25°C.

La soluzione in NaCl 0,9% o Glucosio 5% è stabile a temp. ambiente per almeno

alcuni gg. E' consigliabile non capovolgere il flaconcino durante le manovre di

ricostituzione: basta agitare moderatamente!

Definibile fortemente

irritante. Lavare con acqua, acqua e sapone o una soluzione di Sodio Bicarbonato. In caso

di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con Nacl

0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 6 gg

Feci : 7 gg

EPIRUBICIN

A

FARMORUBICINA

Bolo o

infusione E.V.

Vedi Doxorubicina

Vedi Doxorubicina

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 7 gg

Feci : 5 gg

ETOPOSIDE

VEPESID

Infusione

E.V. Per OS

La confezione integra deve essere

conservata al riparo della luce. Le soluzioni (max 0,4 mg/mL) in NaCl

0,9% o Glucosio 5% sono stabili per 3-4 gg a 25°C. La somministrazione deve essere

protetta dalla luce solare diretta. Si raccomanda di ridurre al massimo il tempo di contatto del farmaco concentrato con le

varie plastiche.

Definibile irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 4 gg

Feci : 7 gg

FLUOROURACILE

FLUOROU

RACILE ed altri

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata al riparo della luce. Stabile in NaCl 0,9%, lo è meno in Glucosio 5%:

evitare la luce diretta e conservare non sopra i 25°C

Definibile non irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 2 gg

Feci : gg

IDARUBICIN

A

ZAVEDOS

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata al riparo della luce. Stabile in NaCl 0,9% e Glucosio 5% per

almeno 24 hr a 25°C. E' consigliabile non capovolgere il flaconcino durante le manovre di

ricostituzione: basta agitare moderatamente!

Vedi Doxorubicina

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: ??

Feci : ??

IFOSFAMIDE

HOLOXAN

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata a meno di 25°C e al riparo della luce. Soluzioni diluite in NaCl 0,9% o Glucosio 5% sono stabili al

buio per diversi gg. La dissoluzione richiede alcuni minuti di vigorosa

agitazione

Definibile non irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: ??

Feci : ??

100

MECLORETAMINA

MUSTAR

GEN

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata tra 2 e 15°C al riparo della luce. Soluzioni diluite in NaCl 0,9% o

Glucosio 5% devono essere somministrate entro 2-4 hr dalla manipolazione

Definibile vescicante!

Lavare con abbondante quantità di acqua.

Neutalizzare con Sodio Tiosolfato 5% (o con Sodio

Bicarbonato 5%)

Trattare con una miscela di Sodio Tiosolfato 5% e

Sodio bicarbonato 5% in sol. acquosa per almeno 45

min

Urine: 2 gg

Feci :

??

MELFALAN

ALKERAN

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata tra 15 e 25°C al riparo della luce. Scarsamente solubile, dopo

ricostituzione, deve essere rapidamente diluito con NaCl 0,9% e infuso entro 2 hr.

La refrigerazione causa precipitazione

Definibile blando irritante.

Lavare comunque con acqua o acqua e sapone.

In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Tiosolfato 5% per 24 hr

Urine: 2 gg

Feci : 7 gg

METOTREXATO

METHOTR

EXATE ed altri

I.M.

Bolo o infusione

E.V. Via intra-arteriosa

La confezione integra deve essere

conservata al riparo della luce. Solubile in soluzioni diluite alcaline, in soluzioni

acidiche (Glucosio 5%) tende a precipitare: controllare bene prima dell'uso!

Non conservare per oltre 24 hr a più di 25°C.

Definibile irritante.

Lavare con acqua. In presenza di reazione

cutanea, applicare una crema emolliente.

Non esistono

dati. L'eliminazione

fisica viene praticata per

incenerimento del prodotto a

1000°C.

Urine: 3 gg

Feci : 7 gg

MITOMICIN

A

MITOMYC

IN C

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata al riparo della luce. Poco solubile in acqua, dopo ricostituzione viene diluito in NaCl 0,9% (usare entro 12 hr); se diluito in Glucosio 5% usare subito!

Definibile fortemente

irritante. Neutralizzare con ripetuti

lavaggi di Sodio Bicarbonato 8,4%, seguiti da acqua e

sapone

Trattare con HCl o NaOH al 2-5 %

per 12 hr

Urine: 1 gg

Feci :

??

MITOXANTRONE

NOVANTR

ONE

Infusione

E.V. Il bolo venoso non è

raccomandato.

La confezione integra deve essere

conservata a 15-25°C. Se raffreddato, può precipitare!

Diluito in NaCl 0,9% o Glucosio 5%, è stabile per 48 hr al riparo della luce.

Definibile leggermente

irritante. Lavare comunque con acqua o acqua e

sapone. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con una

soluzione acquosa di

Calcio Ipoclorito (5,5 parti di

calcio ipoclorito in 13 parti in

peso di acqua per ciascuna

parte in peso di Novantrone)

Urine: 6 gg

Feci : 7 gg

VINBLASTIN

A

VELBE

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata a 2-6°C. Precipita da soluzioni con pH >6. Soluzioni diluite si fissano alle plastiche dei comuni deflussori. Stabile in

NaCl 0,9% o Glucosio 5% a temp. ambiente per alcuni gg, se conservata al buio, o per 24 h se conservata alla luce.

Definibile fortemente

irritante. Lavare comunque con acqua o acqua e

sapone. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 4 gg

Feci : 7 gg

VINCRISTIN

A

VINCRISTI

NA

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere conservata tra 2 e 8°C. Precipita da

soluzioni con pH alcalino. Stabile in NaCl 0,9% e Glucosio 5% a temp. ambiente per alcuni gg, se conservata al buio, o per 24

h se conservata alla luce.

Definibile fortemente

irritante. Lavare comunque con acqua o acqua e

sapone. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine: 4 gg

Feci : 7 gg

VINDESINA

ELDESINA

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere conservata tra 2 e 8°C. Precipita da

soluzioni con pH alcalino. Stabile in NaCl 0,9% e Glucosio 5% a temp. ambiente per alcuni gg, se conservata al buio, o per 24

h se conservata alla luce.

Definibile fortemente

irritante. Lavare comunque con acqua o acqua e

sapone. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine:

??

Feci : ??

101

VINORELBIN

A

NAVELBIN

E

Bolo o

infusione E.V.

La confezione integra deve essere

conservata al buio tra 2 e 8°C. Stabile in NaCl 0,9% o Glucosio 5% a temp.

ambiente per alcuni gg, se conservata al buio, o per 24 h se conservata alla luce.

Definibile fortemente

irritante. Lavare comunque con acqua o acqua e

sapone. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con

NaCl 0,9%

Trattare con

Sodio Ipoclorito 10% per 24 hr

Urine:

??

Feci : ??

Legenda: (§) nel caso di "??" il tempo di rispetto consigliato è comunque di 48 ore.

ATTENZIONE

1. Tutte i farmaci in confezione integra devono essere conservati al riparo dalla luce. 2. Tutte le soluzioni di questi farmaci debbono essere conservate per il minor tempo possibile e utilizzate al più presto! 3. E' norma inderogabile, a meno di specifica autorizzazione rilasciata da personale esperto (farmacista), non procedere a miscelare tra loro nello stesso contenitore (siringhe, flaconi, sacche) farmaci diversi. 4. Tutti questi farmaci sono potenzialmente allergizzanti. 5. Le reazioni da contatto possono verificarsi anche su mucose (areosol) e agli occhi (schizzi). 6. In caso di schizzo agli occhi, irrigare immediatamente con NaCl 0,9% (fisiologica); ricorrere alle cure di un'oculista. 7. E' opportuno predisporre in tutti gli ambienti dedicati un reagentario di pronto intervento per procedere a decontaminazioni occasionali. 8. Ricordare che vomito, urine e feci dei pazienti in trattamento sono contaminati per tempi medi (3-7 giorni) dai farmaci somministrati. 9. Qualora si avessero a disposizione solo compresse o confetti, ricordare che qualsiasi operazione di frazionamento e/o triturazione di dosi di questi farmaci è potenzialmente molto rischiosa!

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