LA MALEDIZIONE D'ISABELLA

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~ 1 ~ A.I.Y.W. EDIZIONI Collana Poesia

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UN DRAMMA IN VERSI SU ISABERRA MORRA, DEL COMMEDIOGRAFO SALERNITANO FRANCO PASTORE

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A.I.Y.W. EDIZIONI

Collana Poesia

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Valsinni, l’antica Favale

Piccolo paese dell’entroterra lucano, in provincia di Matera, Val-sinni conta oggi circa 1.800 abitanti. Situato ai confini con la Cala-bria, sorge su di un rilievo roccioso che domina la Valle del Sinni e fa parte del Parco Nazionale del Polli-no. Conosciuto fino al 1873 con il nome Favale, è stato do-minato da numerose famiglie feudatarie tra cui i Morra. Arroccato a 250 metri s.l.m. su un’altura che domina la Valle del Sinni, il cui corso, appena al di sotto del centro abitato, procede in-cassato tra suggestive rupi. Il paese è sovrastato dal Monte Coppo-lo, che allo splendore naturalistico, associa una certa importanza storica, poiché conserva le mura dell’antica Lagaria, fondata secon-do la tradizione da Epeo, costrutto-re del Cavallo di Troia. Il nome Favale, deriverebbe, secondo Benedetto Croce, dal la-tino “favalis”, con il significato di terra ricca di fave. Per altri invece, deriverebbe dal greco, con il significato di terra piena di sorgenti. Quest’ultima spiegazione è la più verosimile, poiché numerose sor-genti scorrono in superficie e nel sottosuolo, determinando frane e smottamenti. La parte antica del borgo, stretta intorno al castello, sembra inerpicarsi sul fianco dello sperone roccioso su cui è edifica-to il paese, creando uno scenario davvero singolare. I vicoli strettis-simi, infatti, sono spesso collegati tra loro dai caratteristici “gafii”, passaggi coperti a volta che mettevano in comunicazione due strade o una stessa abitazione, situate però su due livelli differenti. Il monumento più importante della città è il Castello feudale dei Morra, costruito sul punto più alto del borgo antico. Di aspetto ara-gonese, ma esi-stente già in epoca medievale, fu presumibilmente edificato su una pre-esistente fortificazione longobarda. Valsinni è anche noto per aver dato i natali alla poetessa della solitudine, Isa-bella Morra.

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L’Historia Era la terza degli otto figli di Luisa Brancaccio e di Giovanni

Michele Morra, barone di Favale, l’attuale Valsinni in provincia di

Matera. Gli altri figli furono Marcantonio, Scipione, Decio, Cesare,

Fabio, Porzia e Camillo. dopo la sconfitta delle truppe di Francesco I

di Francia, di cui era alleato e la vittoria di Carlo V per il possesso

della penisola, nel 1528, il barone fu costretto ad emigrare, assieme

al secondogenito Scipione, riparando a Parigi. Il feudo di Favale,

spettante ai di Morra fin dall'epoca normanna, fu alienato per alcuni

anni, passando alla Corona di Spagna. Dopo varie trattative legali, il

feudo tornò ai di Morra e fu affidato al primogenito Marcantonio.

A Favale rimase la moglie con sette degli otto figli, tra i quali la

giovane Isabella, che spesso invocò il padre nelle sue Rime, conside-

randolo l'unico in grado di aiutarla nella sua situazione. Infatti, i

rapporti con i fratelli erano infatti aspri e continuarono a incrinarsi

fino alla tragedia. Isabella si trovò dunque a crescere in un contesto

familiare diviso e decapitato. Si hanno notizie di una sua buona

disposizione agli studi, condotti sotto la guida del canonico Torquato

suoprecettore: già alla fine degli anni Trenta poteva celebrare con un

sonetto di buona fattura (Quanto pregiar ti puoi, Siri mio amato,

in Rime, IV) la presenza a Senise di Giulia Orsini principessa di

Bisignano, interpretata come possibile occasione per alleviare la

reclusione di Favale (Croce, 1947, pp. 316 s.). Questo è infatti il

motivo dominante di una buona parte della produzione poetica di

Isabella, peraltro ristrettissima, limitata a 13 componimenti: «vili et

orride contrate» (Rime, I, v. 3), «il denigrato sito / come sola cagion

del mio tormento» (III, vv. 13 s.) sono le espressioni che Isabella

dedica a Favale. Non la madre né i fratelli – a stare al racconto reso

nei versi – valsero ad alleggerire un ambiente percepito come ostile,

volto a frustrare le aspettative di fama e gloria poetica che si intra-

vedono vive tra le proteste. Le speranze di Isabella si indirizzavano

alla Francia, non solo in Rime, III (D’un alto monte onde si scorge il

mare), dove si esplicita l’attesa di un ritorno del padre come

ripristino di una felice condizione perduta, ma anche in altri testi, nei

quali la figura di Francesco I ricorre come quella cui consacrare la

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poesia (Rime, IV, v. 11; V, vv. 5-9). E anche per lei l'unica forma di

evasione fu la poesia, intesa come canto.

Vagheggiando il mondo delle corti, la giovane poetessa pensava a

Parigi, ove viveva suo padre, esule per aver parteggiato con i Fran-

cesi contro gli Spagnoli vincitori. Sola nel suo lontano castello, e in

balia dei fratelli rozzi e selvatici, ella sospirava il ritorno del padre;

bisognosa d'amore, forse dopo una grave malattia che la portò in

prossimità della morte, trovò la quiete nella fede religiosa, di cui

sono testimonianza la canzone a Cristo e la canzone alla Vergine; ma

fu ripresa da un nuovo ardente desiderio di affetto e libertà al com-

parir di Diego Sandoval De Castro, marito dell'amica Antonia Carac-

ciolo, applaudito nelle corti d'Italia, amico dell'imperatore Carlo V e

dei potenti, ma nemico della famiglia Morra, filo-francese.

I fratelli di Isabella, più per motivi politici che di onore, non

accettarono nemmeno il sospetto che fra la sorella e il nemico spa-

gnolo, sposato e con figli, potesse esserci una simpatia, che sicu-

ramente era solo letteraria. Né si potevano ignorare le voci che

correvano tra la gente di Valsinni.

Sotto i loro pugnali ed archibugi, nel 1546, perirono il pedagogo

Torquato, protettore di Isabella e presunto mezzano d'amore, la

stessa Isabella e, l'anno successivo, Diego Sandoval De Castro.

Gli assassini, ripararono quindi, presso il re Francesco I e presso il

padre, che dalla Francia non era mai rientrato e che nulla fece per

evitare la terribile tragedia.

BIBLIOGRAFIA

Natalia Costa-Zelassow, Isabella di Morra, in Scrittrici italiane dal XIII al XX secolo. Ravenna, Longo Editore, 1982.

Benedetto Croce, Vite di avventure, di fede e di passione, Bari, Laterza, 1936; a cura di Giuseppe Galasso, Milano, Adelphi, 1989; solo Isabella di Morra e Diego Sandoval de Castro, Palermo, Sellerio, 1983

Adele Cambria, Isabella. la triste storia di Isabella Morra. Venosa, Osanna, 1997.

Tobia R. Toscano, Diego Sandoval di Castro e Isabella di Morra - Rime, Roma, Salerno Editrice, 2007.

Ettore Bonora, "Le donne poetesse", in Storia della Letteratura Italiana, vol. IV, Milano, Garzanti, 1988

Maria A. Elia, I sonetti di Isabella di Morra. Bari, Adda, 2005.

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Valsinni – Il castello dei Morra

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PROLOGO

[Nel castello di Favale, è notte, una di quelle che annunciano una tempesta imminente. Un lampo, un tuono, poi, nel turbi-nio del vento, i rintocchi lenti d’uno campana. Al dodicesimo ritocco, quello della mezzanotte, compare un fantasma, quello di Isabella Morra... che, avanzando tra le mura del maniero...]

1 “Ogni monte mi udrà, ogni caverna, ovunque m’ arresti, o muova i passi; perché Fortuna, che mai salda sta, 4 accresce ogn’ora il mio male, lei ch’è eterna. E mentre che mi lagno e giorno e notte,[...] 6piangete con me, a voci alte interrotte, il mio più alto miserando fine ...”(1)

Son Isabella di Giovan Michele, filo-francese e dal forte braccio, 10 marito di Luisa, di Brancaccio. Tra queste mura ancor m’arrocco e giro, 12 e cerco pace, quella che mi manca: son secoli che l’anima qui arranca ....-

Voce: ( il fantasma del padre) - Perdono figlia! La tua pietà io imploro!.....-

( ignorando, di proposito, la voce, Isabella prosegue)

La voce che sentite è di colui, che attesi, in vita, fino alla mia morte:

il barone di Morra, il padre mio, 17che nulla si curò della mia sorte...

Voce: ( è il fantasma del padre) Perdono figlia! La tua pietà io imploro!.....-

__________________

1) Dai carmi d’Isabella.

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( ignorando ancora la voce, Isabella prosegue)

Niuna colpa commisi, ero innocente,

19 ma ciò che dissi se lo prese il vento.

E tu ascolta, o genitore assente,

gridando disprezzo sul mio viso,

22 barbaramente fui trucidata e uccisa.

Lontana d’ogni impulso e d’ogni affetto,

vivevo disperata nel maniero,

pur del mio nome avea gran rigetto,

26 della mia sorte io non ero fiera.

Per non morir d’angoscia qui nel petto,

m’abbandonai all’arte, alla poesia,

e tanto scrissi sul padre, sulla vita mia,

30 sul mio dolore e ... sulla nostalgia.

Di tanto in tanto, leggevo le mie cose,

a cuori amici, come a Giulia Orsini,

ma non ad altri, in quel covo di vili:

34 madre e fratelli m’erano tutti ostili.

Scrivevo sulle note d’un bel sogno,

fantasticando su corti e civiltade,

né mai commisi allor quella viltade,(2)

38 per cui, da morta, di giustizia agogno.

___________

2) Si riferisce all’accusa di aver intrecciato una relazione con Diego Sandoval De Castro, poeta spagnolo, barone di Bollita e marito dell’amica Antonia Caracciolo

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IL FATTO

39 Unica amica, in quella sorte ria,

l’Antonia mi faceva compagnia

Ed il suo sposo Diego, era in quel giuoco 42 poeta anch’egli, dello stesso foco.

Ma era il gentiluomo assai cortese,

amico degli spagnoli, non francese;

non fu l’amore a far la differenza 46 ma la politica, flagel d’ogni paese.

E tutto finì, allor, nel calderone:

dalle missive, all’opere di poesia, 49 le mie amicizie e pur la vita mia.

50 La madre, solidale coi fratelli,

non mi difese, com’era suo dovere;

mi sarei buttata allora dal castello,

ma venni chiusa come prigioniera 54 e d’ogni colpa ritenuta rea.

Oh se vi fosse stato il padre mio, (3)

tra le sue braccia mi sarei salvata,

ma in quella landa solitaria e ria 58 ero io sola e la mia vita è andata.

Rimasi per tre giorni imprigionata,

fidando in un miracolo improvviso;

chiamai mia madre, sempre più adirata,

62 le lacrime rigavano il mio viso. _____________

3) Giovanni Michele Morra, era rimasto in Francia dopo la sconfitta di Francesco I suo alleato.

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EPILOGO

63 Il quarto giorno, dalla porta chiusa,

Porzia gridò:- Torquato l’hanno ucciso!-

Abbassai la testa, sempre più confusa,

66 Pensai d’essere un fiore già reciso.

Il quinto giorno entrarono i fratelli,

con l’aria truce, e senza dir parola,

avevano tra le mani dei coltelli,

70 chi guardava il petto e chi la gola.

71 Fu Scipione ad artigliarmi il braccio,

ficcando il coltello sotto al cuore,

Dov’eri padre mio, dove il tuo amore?

Sentii l’acciaio che mi apriva il fianco,

75 poi m’accasciai come un corpo stanco.

Mentre esalavo l’ultimo respiro,

urlò mia madre, dalla porta accanto.

La serva pianse lacrime sincere

79 rimasi nel mio sangue fino a sera.

Pianga chi può per la mia sorte ria,

81 per la tristezza, che mi tiene compagnia.

Urla il silenzio, quando tutto tace,

neppur da morta trovo la mia pace!

84 E voi ch’ascoltate la mia storia,

così come da altri fu decisa,

sì sfortunata e senza alcuna gloria, ________________________

4) Torquato era il canonico precettore d’Isabella, accusato di aver incoraggiato la Relazione tra Isabella ed il barone De Castro.

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pregate per Isabella, ch’è stata uccisa.

Voce: ( il fantasma del padre) - Perdono figlia! La tua pietà io imploro!.....-

( ignorando, di proposito, la voce, Isabella prosegue)

88 Uccisa dal suo sangue, or maledetto,

per un sospetto e dicerie di ghetto,

pria che l’amore mi sfiorasse il viso

91 e col mio uomo andassi in paradiso.

E tu barone ch’implori il mio perdono,

con gran vergogna per la tua viltade,

sapessi quanto ho atteso il tuo respiro,

95 scrutando quel mar, ch’ancora miro.

Ora, con gioia ti vedrò all’inferno,

97 se le mie preci ascolta il Padreterno.

E tu fratello, che l’anima cacciasti

da questo corpo, a lungo martoriato,

100 dai demoni, tuoi simili, sarai perseguitato.

(Una folgore ed un tuono pongono fine all’apparizione. Il fantasma di Isabella scompare )

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Brevi note biografiche

Franco Pastore nasce a San Valentino Torio. Nel 1973, entra a far par-te della equipe del Varo, la galleria d’arte di Vito Giocoli, sostenuta dal giornalista napoletano Saverio Natale, che lo veicola verso la cri-tica d’arte. Intanto diviene un punto di riferimento nella famiglia di “Verso il 2000”, collaborando con il Prof. Zazo dell’Ateneo napole-tano, il preside Marino Serini, il pittore Luigi Grieco, Achille Cardasco, Nicola Napolitano, Renato Ungaro, Luigi Fiorentino ed altre perso-nalità della cultura, come Carmine Manzi, Franco Angrisano, Dome-nico Rea e Gaetano Rispoli. Fu appunto Rispoli a presentarlo a Carlo Levi, a Roma, nel dicembre del 1971. Franco Angrisano lo presentava ad Eduardo De Filippo, nel periodo in cui l’attore recitava nella sua compagnia. Fu allora che in Franco Pastore si rafforzò l’amore per il teatro. Negli anni novanta, viene trasferito al Liceo di Piaggine. Fu in quegli anni che scrisse “All’ombra del Cervati” una raccolta di liriche e “Fabellae”, un testo di drammatizzazione per la scuola elementare. Come European journalist (GNS Press Association), fonda, con il pa-trocinio del Comune e della Provincia di Salerno, la rivista virtuale di lettere ed arti “ Antropos in the world”, alla quale collaborano l’on. Michele Rallo da Trapani, Anna Burdua da Erice, Maria imparato da Bergamo e Gaetano Rispoli, l’ultimo maestro di pittura, amico di Carlo levi e di Domenico Rea. Intanto, inizia il ciclo de’ “I Signori della guerra”, ovvero “La Saga dei Longobardi”, un insieme di cinque drammi storici, sulla Salerno longobarda e normanna, che completa il 29 gennaio del 2011. Nemmeno l’agro si dimentica di lui, con la consegna dell’ Award del-l’ Agro, per la letteratura (Cronache del Salernitano, del 27 agosto 2013) e la pubblicazione di “Oltre le stelle”, presentata al palazzo Formosa, il 12 febbraio del 2014 (Dentro Salerno, 13.02.2014). Nel settembre del 2014, ha bisogno di una pausa e rallenta le fatiche letterarie, ritornando alla scuola come preside (coordinatore didattico) di un istituto superiore parificato, ma continua a dirigere

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“Antropos in the world”, la rivista letteraria da lui fondata nel 2004, con il patrocinio del Comuni di Salerno, Pagani, San Valentino Torio, nonché della Provincia di Avellino. Il 23 settembre 2015, l’amico Giuffrida Farina consegnava alla Biblioteca Provinciale di Salerno, l’intera produzione letteraria dell’au-tore. La dott.ssa Wilma Leone prendeva in consegna 94 volumi, affin-ché figurassero nel “fondo librario” salernitano.

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Altre opere dell’autore

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Stampato nel febbraio 2016