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RDSS, anno X, n. 3, 2010 SAGGI Fabrizio Marongiu Buonaiuti La legge applicabile alle prestazioni di sicurezza sociale nel regolamento Ce n. 883/2004 SOMMARIO: 1. La nuova disciplina comunitaria in materia di sicurezza sociale introdotta dal regolamento n. 883/2004: profili generali. – 2. Le disposizioni concernenti la determinazione della legislazione applicabile: rilevanza del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e raffronto con la disciplina della legge applicabile al rapporto di lavoro contenuta nell’art. 8 del regolamento n. 593/2008 («Roma I»). – 3. Le eccezioni alla regola della lex loci laboris: in particolare, rilevanza del fenomeno del distacco temporaneo di lavoratori, alla luce anche delle disposizioni della direttiva n. 71/1996. – 4. Altre eccezioni alla regola in questione: attività lavorativa svolta parallelamente in paesi membri diversi e concorso tra attività di carattere subordinato ed autonomo. – 5. Le disposizioni sulla legislazione applicabile contenute nel regolamento in esame a fronte della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa al bilanciamento tra libertà di circolazione e protezione dei diritti sociali. – 6. Considerazioni conclusive. 1. La nuova disciplina comunitaria in materia di sicurezza sociale introdotta dal regolamento n. 883/2004: profili generali Il 1° maggio 2010 è entrato in vigore il regolamento n. 883/2004, relati- vo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri dell’Unione europea 1 , a seguito dell’adozione, avvenuta il 16 settembre 2009, del regolamento CE n. 987/2009, che ne ha stabilito le modalità di applicazione 2 . Si è così concluso un lungo e complesso iter normativo volto a riformare la precedente disciplina comunitaria in materia, la qua- le era contenuta nel regolamento n. 1408/71 3 . Tale regolamento aveva x 1 G.U.U.E., L 200 del 7 giugno 2004, p. 1 ss. 2 Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in G.U.U.E., L 284 del 30 ottobre 2009, p. 1 ss.; si veda anche la Decisione n. 57 del 22 dicembre 2009, relativa al passaggio dai regolamenti (CEE) n. 1408/71 e n. 574/72 ai regolamenti (CE) n. 883/2004 e n. 987/2009 e all’applicazione delle procedure di rimborso, in G.U.U.E., C 107 del 27 aprile 2010, p. 8 s. 3 Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’ap-

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RDSS, anno X, n. 3, 2010

SAGGI

Fabrizio Marongiu Buonaiuti

La legge applicabile alleprestazioni di sicurezza sociale

nel regolamento Ce n. 883/2004

SOMMARIO: 1. La nuova disciplina comunitaria in materia di sicurezza sociale introdotta dalregolamento n. 883/2004: profili generali. – 2. Le disposizioni concernenti la determinazionedella legislazione applicabile: rilevanza del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa eraffronto con la disciplina della legge applicabile al rapporto di lavoro contenuta nell’art.8 del regolamento n. 593/2008 («Roma I»). – 3. Le eccezioni alla regola della lex locilaboris: in particolare, rilevanza del fenomeno del distacco temporaneo di lavoratori, allaluce anche delle disposizioni della direttiva n. 71/1996. – 4. Altre eccezioni alla regolain questione: attività lavorativa svolta parallelamente in paesi membri diversi e concorsotra attività di carattere subordinato ed autonomo. – 5. Le disposizioni sulla legislazioneapplicabile contenute nel regolamento in esame a fronte della giurisprudenza della Corte digiustizia relativa al bilanciamento tra libertà di circolazione e protezione dei diritti sociali.– 6. Considerazioni conclusive.

1. La nuova disciplina comunitaria in materia di sicurezza socialeintrodotta dal regolamento n. 883/2004: profili generali

Il 1° maggio 2010 è entrato in vigore il regolamento n. 883/2004, relati-vo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membridell’Unione europea1, a seguito dell’adozione, avvenuta il 16 settembre2009, del regolamento CE n. 987/2009, che ne ha stabilito le modalitàdi applicazione2. Si è così concluso un lungo e complesso iter normativovolto a riformare la precedente disciplina comunitaria in materia, la qua-le era contenuta nel regolamento n. 1408/713. Tale regolamento aveva

x1 G.U.U.E., L 200 del 7 giugno 2004, p. 1 ss.2 Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16

settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in G.U.U.E., L 284 del 30 ottobre2009, p. 1 ss.; si veda anche la Decisione n. 57 del 22 dicembre 2009, relativa al passaggio dairegolamenti (CEE) n. 1408/71 e n. 574/72 ai regolamenti (CE) n. 883/2004 e n. 987/2009 eall’applicazione delle procedure di rimborso, in G.U.U.E., C 107 del 27 aprile 2010, p. 8 s.

3 Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’ap-

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subito nel tempo numerose modifiche che ne avevano reso notevolmentecomplessa la disciplina, facendo emergere l’esigenza di una sua integraleriformulazione in un nuovo regolamento4.

Il regolamento del 2004 riprende, peraltro, la sostanza dei principiche avevano ispirato la disciplina previgente, i quali erano a propria voltadesunti dagli obiettivi previsti dall’art. 42 (già 51) del Trattato CE, chene costituiva la base giuridica. La norma si trova attualmente riformulata,con alcune significative modificazioni relative alla procedura di adozionedegli atti, nell’art. 48 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea(TFUE)5. Tali obiettivi consistono nell’assicurare il diritto dei lavoratorimigranti ad ottenere il cumulo dei periodi contemplati dalle legislazionidei diversi Stati membri nei quali abbiano svolto attività lavorativa ai finisia del diritto ad ottenere determinate prestazioni di sicurezza sociale siadel calcolo delle stesse, oltre a prevedere il pagamento delle prestazioniin questione a favore dei soggetti residenti negli Stati membri6.

xplicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che sispostano all’interno della Comunità, in G.U.C.E., L 149 del 5 luglio 1971, p. 2 ss.

4 Si vedano, per un quadro generale della disciplina previgente in materia, tra glialtri, POCAR F. - VIARENGO I., Diritto comunitario del lavoro, II ed., Padova, 2001, p. 223 ss.;ROCCELLA M. - TREU T., Diritto del lavoro della Comunità europea, V ed., Padova, 2009, p.144 ss.; più specificamente, per quanto attiene alle disposizioni concernenti la legislazioneapplicabile contenute nel regolamento n. 1408/71, PENNINGS F., Co-ordination of SocialSecurity on the Basis of the State-of-Employment Principle: Time for an Alternative?, in CommonMarket Law Rev., 2005, p. 67 ss.; per un raffronto con la nuova disciplina, JORENS Y., TowardsNew Rules for the Determination of the Applicable Legislation?, in European Commission,Fifty Years of Social Security Coordination: Past – Present – Future, Report of the conferencecelebrating the 50th Anniversary of the European Coordination of Social Security, ed. by Y.Jorens, Luxembourg, 2010, p. 168 ss.

5 L’art. 48 del TFUE prevede in proposito il ricorso alla procedura legislativa ordi-naria, la quale riprende, con alcuni adattamenti, la precedente procedura di codecisione.Il principale profilo innovativo è dato dalla sostituzione del requisito della deliberazioneall’unanimità da parte del Consiglio in sede di codecisione, contenuta nell’art. 42, secon-do comma, del Trattato CE con la previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 48TFUE, che un membro del Consiglio possa obiettare all’adozione di un atto nella materia,ove questo leda aspetti importanti del proprio sistema di sicurezza sociale. In tal caso, lanorma prevede che della questione possa essere investito il Consiglio europeo, la procedu-ra legislativa ordinaria venendo pertanto sospesa. Entro quattro mesi, il Consiglio europeopuò rinviare il progetto al Consiglio, che deve porre termine alla sospensione della proce-dura, oppure può rifiutarsi di agire o richiedere alla Commissione di presentare una pro-posta. In entrambi questi ultimi casi l’atto come inizialmente proposto si considera nonadottato.

6 Come previsto, in termini corrispondenti, dall’art. 42, primo comma, lett. a) e b) delTrattato CE ed ora dall’art. 48, primo comma, lett. a) e b), TFUE.

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Il regolamento n. 883/2004, come già, peraltro, il previgente rego-lamento del 1971, persegue questi obiettivi ispirandosi ad alcuni princi-pi-cardine. Tra questi, figura in primo luogo il principio, anch’esso chia-ramente desunto da fonti primarie7, della parità di trattamento, per cuitutti i soggetti rientranti nell’ambito di applicazione ratione personarumdel regolamento dovranno poter beneficiare delle stesse prestazioni edessere soggetti agli stessi obblighi nei confronti di uno Stato membro pre-visti per i cittadini di quello Stato. Deve essere precisato, al riguardo, cheil regolamento si applica a tutti i cittadini degli Stati membri, come pureagli apolidi e ai rifugiati residenti in uno di essi, che siano soggetti alla le-gislazione di uno o più Stati membri e ai superstiti delle persone soggettealla legislazione di uno Stato membro che siano a propria volta cittadinio apolidi o rifugiati residenti in uno di essi8. Il principio della parità ditrattamento è completato, nell’ottica di una sua piena realizzazione trai soggetti a diverso titolo rientranti nell’ambito di applicazione soggetti-vo del regolamento, dall’abolizione, disposta dall’art. 7 del regolamento,delle clausole di residenza. L’abolizione di tali clausole comporta l’esclu-sione di qualsiasi limitazione delle prestazioni di sicurezza sociale basatasulla circostanza che il beneficiario risieda in un paese membro diversoda quello nel quale è situata l’istituzione tenuta ad erogare la prestazione.

Diretta attuazione dell’obiettivo contemplato dall’art. 42 del Trat-tato CE alla lettera a) è il principio della totalizzazione dei periodi enun-ciato nell’art. 6 del regolamento, per cui al fine della maturazione dei di-ritti a prestazioni di sicurezza sociale le istituzioni competenti di ciascunoStato membro dovranno tenere conto dei periodi, che siano a seconda deicasi di attività lavorativa subordinata o autonoma ovvero meramente diresidenza, maturati in base alla legislazione di un altro Stato membro, allastessa stregua dei periodi maturati in base alla propria legislazione. Nel-la stessa ottica, l’art. 5 del regolamento prevede una piena assimilazionedei benefici acquisiti in base alla legislazione di un altro paese membroai benefici equivalenti che avrebbero potuto essere acquisiti in base allalegislazione del proprio Stato membro. La medesima regola si applicacon riferimento a fatti o avvenimenti verificatisi in un altro paese mem-

x7 Con riferimento al divieto di discriminazioni in base alla nazionalità posto dall’art.

18 TFUE, in termini corrispondenti, salvo per quanto attiene alla procedura per l’adozionedi atti volti a rendere effettivo il divieto, all’art. 12 del Trattato CE.

8 Si veda l’art. 2 del regolamento n. 883/2004.

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bro, che in base alla legge dello Stato membro cui appartiene l’istituzionecompetente incidano sul diritto alle prestazioni. Alla assimilazione deiperiodi rilevanti a fini previdenziali svolti in altri Paesi membri a quellicompiuti nello Stato membro cui appartiene l’istituzione competente ap-pare conseguire, infine, l’inammissibilità del cumulo di periodi sincronici.L’attuazione di un effettivo coordinamento tra le legislazioni previden-ziali dei diversi Stati membri presuppone, infatti, che l’eventuale attivitàsvolta parallelamente in un altro paese membro non possa dare diritto aprestazioni ulteriori rispetto a quelle alle quali già il soggetto abbia dirittoin virtù dell’attività svolta nello stesso periodo oggetto di considerazionenello Stato membro cui appartiene l’istituzione competente9.

2. Le disposizioni concernenti la determinazione della legislazio-ne applicabile: rilevanza del luogo di svolgimento dell’attivitàlavorativa e raffronto con la disciplina della legge applicabile alrapporto di lavoro contenuta nell’art. 8 del regolamento n. 593/2008 («Roma I»)

Questo essendo, in estrema sintesi, il quadro dei principi di base ai qualisi ispira il coordinamento tra le legislazioni dei diversi Stati membri inmateria di sicurezza sociale realizzato dal regolamento n. 883/2004, ap-pare opportuno accostarsi senz’altro all’esame delle norme relative all’in-dividuazione della legislazione di sicurezza sociale applicabile contenutenel regolamento stesso. A questo riguardo, il punto di partenza adottatodal legislatore comunitario è dato dall’unicità della legge regolatrice deldiritto alle prestazioni di sicurezza sociale. Tale principio, chiaramenteaffermato dall’art. 11, par. 1, del regolamento e già contenuto nella cor-rispondente disposizione dell’art. 13, par. 1, del regolamento previgen-te, appare riflettere l’esigenza di attuare il necessario coordinamento trale legislazioni dei diversi Stati membri escludendo in linea di principiol’ipotesi di una loro applicazione congiunta, la quale sarebbe foriera dirilevanti difficoltà pratiche, con particolare riferimento al rischio di du-

x9 Si vedano, con riferimento ai principi ai quali è ispirata la disciplina del coordina-

mento tra i sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri posta in essere dal regolamento n.1408/71 e ripresa dal regolamento n. 883/2004, JORENS Y., Towards New Rules, cit., p. 177s.; ROCCELLA M. - TREU T., Diritto del lavoro della Comunità europea, cit., p. 146 ss.

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plicazioni o, all’opposto, di inapplicabilità di qualsiasi trattamento previ-denziale a causa della inevitabile disomogeneità delle legislazioni nazio-nali in materia10. L’unificazione od anche soltanto l’armonizzazione di talilegislazioni esorbiterebbe dalle limitate competenze conferite in propo-sito dai Trattati alle istituzioni dell’Unione11, oltre a rivelarsi di rilevantecomplessità, considerato che la disciplina in materia riflette caratteristi-che proprie della struttura sociale, politica ed economica di ogni Statomembro. Da questo stretto collegamento della disciplina in materia disicurezza sociale con le caratteristiche strutturali del singolo ordinamentoche la ha adottata discende inevitabilmente anche un limite all’operaredel coordinamento tra le diverse legislazioni degli Stati membri realizza-to dalla direttiva in esame. Essa, infatti, si basa sul presupposto dell’ap-plicazione territoriale della legislazione in materia, con la conseguenzache dall’individuazione di una determinata legislazione statale in quantoapplicabile discende anche la competenza ad applicarla da parte delleautorità dello Stato membro che la ha adottata. Questo presupposto, purnon espressamente enunciato dal regolamento in esame, è nondimenocoerente con l’orientamento dottrinale prevalente in materia, che tende a

x10 Un esempio classico delle conseguenze pregiudizievoli che possono derivare per i

diritti del singolo dalla disomogeneità tra sistemi nazionali di sicurezza sociale è dato dal casoNonnenmacher, oggetto della sentenza della Corte di giustizia del 9 giugno 1964, in causa92/63, Nonnnenmacher c. Sociale Verzekeringsbank, in Racc., 1964, p. 555 ss., spec. p. 583 ss.In tale caso, si trattava del diritto a pensione di reversibilità di una vedova di un lavoratore ilquale, dopo avere svolto per un certo numero di anni la propria attività lavorativa in Francia, alcui sistema di sicurezza sociale risultava iscritto, aveva trasferito la propria residenza nei PaesiBassi. Per il fatto di essere il lavoratore stato iscritto al sistema di sicurezza sociale francese,la vedova non poteva richiedere alcuna prestazione al sistema di sicurezza sociale dei PaesiBassi, pur essendovi residente, e al tempo stesso non avrebbe potuto ottenerla dal sistemafrancese, dove una tale prestazione era prevista solo in favore dei coniugi superstiti incapaci.La Corte di giustizia, anteriormente all’adozione del regolamento n. 1408/71 che introdussela regola dell’applicazione esclusiva dei sistemi nazionali di sicurezza sociale poi confermatadal regolamento n. 883/2004, affermò che il regolamento n. 3/58 al tempo applicabile nonpotesse essere interpretato nel senso di escludere la facoltà per uno Stato membro di estendereunilateralmente l’applicazione del proprio sistema nazionale di sicurezza sociale a personeresidenti nel proprio territorio. Si veda in proposito PENNINGS F., Co-ordination of SocialSecurity, cit., p. 70 s.

11 La necessità dell’adozione di regole vincolanti atte a realizzare un coordinamentotra le legislazioni dei singoli Stati membri in materia di sicurezza sociale che, allo stato, sonodestinate a rimanere distinte è concordemente sottolineata in dottrina: si vedano, tra gli altri,JORENS Y., Towards New Rules, cit., p. 177 s.; PENNINGS F., Co-ordination of Social Security,cit., p. 67 s.; POCAR F. -VIARENGO I., Diritto comunitario del lavoro, cit., p. 223 s.; ROCCELLA

M. - TREU T., Diritto del lavoro della Comunità europea, cit., p. 144 s.

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riconoscere alla disciplina in questione natura prevalentemente pubblici-stica12, ed emerge da alcune disposizioni del regolamento stesso, le qua-li fanno, seppur impropriamente, riferimento ad una nozione di «Statomembro competente», come tale intendendo, evidentemente, quello lacui legislazione è individuata quale applicabile in base alle regole con-tenute nel regolamento13. Ne consegue che le regole concernenti la de-terminazione della legislazione di sicurezza sociale applicabile contenutenel regolamento non sono propriamente assimilabili a regole di conflittodi leggi secondo il modello bilaterale classico14, come lo sono, invece, leregole relative alla legge applicabile agli aspetti privatistici del rapportoindividuale di lavoro15. Le regole in esame sembrano, infatti, piuttostoispirate al modello unilaterale, dovendo in sostanza le istituzioni previ-denziali di un dato Stato membro alle quali un soggetto si rivolga per ot-tenere una determinata prestazione previdenziale unicamente valutare sela propria legislazione previdenziale sia applicabile in base al regolamen-to, non ponendosi questione di applicazione da parte di tali istituzionidella legislazione di sicurezza sociale di uno Stato membro diverso, se

x12 Si veda, per una discussione del carattere di diritto pubblico proprio delle dispo-

sizioni in materia di sicurezza sociale, che ha fatto a lungo discutere la dottrina in passatoin ordine alla idoneità di tali norme a formare oggetto del richiamo ad opera delle normedi diritto internazionale privato, LUGATO M., Assicurazioni sociali e diritto internazionaleprivato, Milano, 1994, p. 32 ss.; si vedano in proposito anche DAVÌ A., La responsabilità extra-contrattuale nel nuovo diritto internazionale privato italiano, Torino, 1997, p. 90; ZANOBETTI

PAGNETTI A., Il rapporto internazionale di lavoro marittimo, Bologna, 2008, p. 189 ss.13 Così, ad esempio, nell’art. 5 del regolamento, relativo alla assimilazione di benefici

o redditi acquisiti in base alla legislazione di un diverso Stato membro o di eventi verificatisiin un altro Stato membro ai benefici o redditi acquisiti, ovvero ad eventi verificatisi, nelloStato membro la cui legislazione è applicabile in base alle regole contenute nel regolamento (siveda supra, par. 1), ovvero nell’art. 42, relativo alle prestazioni in caso di morte ove il decessoavvenga o il beneficiario risieda in uno Stato membro diverso da quello la cui legislazioneè applicabile alle prestazioni in questione.

14 In base al quale le regole di conflitto possono portare all’applicazione tanto della lexfori quanto di una legge straniera. Tanto il modello delle regole di conflitto bilaterali, quantoquello delle regole unilaterali, tramite le quali vengono fissati i presupposti per l’applicazionedella sola lex fori, rientrano nel metodo tradizionale di risoluzione dei conflitti di leggi: siveda, per un quadro delle diverse varianti di tale metodo in rapporto agli altri metodi dicoordinamento tra ordinamenti, per tutti, PICONE P., Les méthodes de coordination entreordres juridiques en droit international privé, in Recueil des cours, vol 276 (1999), p. 9 ss.,spec. p. 42 ss..

15 Quali contenute già nell’art. 6 della convenzione di Roma del 1980 ed ora nell’art.8 del regolamento n. 593/2008, sulle cui regole, nell’ottica di realizzare un parallelismo trala disciplina applicabile agli aspetti privatistici e pubblicistici dei rapporti di lavoro, si vedainfra, in questo stesso paragrafo.

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non ai limitati fini di riconoscere gli effetti di situazioni maturate sottotale legge16.

Venendo al merito dei criteri di individuazione della legislazioneprevidenziale applicabile accolti dal regolamento n. 883/2004, esso ten-de a realizzare un delicato bilanciamento tra i due criteri principalmenterilevanti in una materia come la presente. Deve, infatti, osservarsi cheda una parte si tratta di diritti in qualche misura derivanti dallo svolgi-mento di un’attività lavorativa, mentre dall’altra questi rientrano inevita-bilmente nella sfera dei diritti sociali della persona, come espressamentericonosciuto, tra l’altro, dall’art. 34 della Carta dei diritti fondamentalidell’Unione europea17. Il collegamento esistente in linea di principio trai diritti in questione e lo svolgimento di un’attività lavorativa e l’esigenzadi assicurare per quanto possibile che i diversi aspetti del rapporto dilavoro siano soggetti alla medesima legge regolatrice ha fatto propendereper la scelta di principio a favore della legislazione dello Stato membronel quale l’attività lavorativa è svolta18. Tale regola subisce nel testo del-l’art. 11 del regolamento alcune specificazioni, che appaiono pur sempreispirate alla medesima logica, come nel caso dei pubblici dipendenti, re-lativamente ai quali è fatto riferimento alla legge dello Stato membro alquale appartiene l’amministrazione da cui il lavoratore è dipendente19,ovvero dei soggetti che prestino servizio militare o civile, per i quali siapplica la legge del paese membro ove il servizio è prestato20. La diversasoluzione di fare riferimento alla legislazione del paese membro di resi-denza del soggetto beneficiario dei diritti di sicurezza sociale si imponeinvece, necessariamente, in tutti i casi in cui i diritti in questione sianoriconosciuti indipendentemente dallo svolgimento di un’attività lavorati-va, ed anzi proprio al fine di indennizzare il soggetto dall’involontario

x16 In base all’art. 5 del regolamento in esame (si veda supra, par. 1 e nota 13).17 Alla quale il Trattato di Lisbona ha conferito carattere vincolante per le istituzioni

dell’Unione europea e per gli Stati membri nella misura in cui agiscano in attuazione deldiritto di quest’ultima. Si vedano, per alcune considerazioni generali in ordine all’incidenzadel nuovo contesto normativo introdotto dal Trattato di Lisbona sulla disciplina della materianell’ambito dell’Unione europea, ROCCELLA M. - TREU T., op. cit., p. 32 ss.

18 Cfr. art. 11, par. 2, lett. a), del regolamento n. 883/2004, che riprende la regola giàcontenuta nell’art. 13, par. 2, lett. a), del previgente regolamento n. 1408/71.

19 Cfr. art. 11, par. 2, lett. b), reg. n. 883/2004, e già art. 13, par. 2, lett. c), reg.n. 1408/71.

20 Cfr. art. 11, par. 2, lett. d), reg. n. 883/2004, e già, sebbene con una disciplinarelativamente più articolata, art. 13, par. 2, lett. d), reg. n. 1408/71.

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mancato svolgimento di una tale attività, come nel caso dei soggetti chericevano un’indennità di disoccupazione21.

La scelta operata dal regolamento, come già del resto dal previgen-te regolamento n. 1408/71, a favore della lex loci laboris come legislazio-ne di sicurezza sociale applicabile in tutti i casi in cui le prestazioni de-rivino dallo svolgimento di un’attività lavorativa o di attività equiparateappare riflettere adeguatamente, da una parte, esigenze lato sensu inter-nazionalprivatistiche e, dall’altra, considerazioni di carattere materiale.Dal primo punto di vista, il criterio in questione appare ispirato al prin-cipio di prossimità22, sembrando innegabilmente opportuno che questio-ni relative a diritti strettamente connessi allo svolgimento di un’attività

x21 Come previsto dall’art. 11, par. 2, lett. c) del reg. n. 883/2004, con riferimento

all’art. 65 del regolamento stesso. L’applicazione della legge dello Stato membro di residenzaè prevista dall’art. 11, par. 2, lett. e) del regolamento anche relativamente a tutti gli altri casidiversi da quelli contemplati alle lettere da a) a d), salva altra disposizione del regolamentoche preveda il diritto a prestazioni in base alla legge di uno più altri Stati membri.

22 In base al principio di prossimità, in merito al quale si rimanda a LAGARDE P., Leprincipe de proximité dans le droit international privé contemporain, Cours général de droitinternational privé, in Recueil des cours, vol. 196 (1986-I), p. 9 ss., appare opportuno sottoporreil rapporto giuridico da regolare ad una legge che presenti con esso uno stretto collegamentodi carattere sostanziale: ne è espressione tipica, ad esempio, il criterio del collegamento piùstretto adottato quale regola principale al fine dell’individuazione della legge applicabile inmancanza di scelta dall’art. 4 della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali e tuttora mantenuto, nella duplice veste di criterio residuale e dieccezione, dall’art. 4 del regolamento n. 593/2008 concernente la stessa materia (c. d. «RomaI»). Si vedano in proposito, tra gli altri, con riferimento alla Convenzione di Roma, BARATTA

R., Il collegamento più stretto nel diritto internazionale privato dei contratti, Milano, 1991, p.128 ss.; ID., Art. 4. Legge applicabile in mancanza di scelta, in Convenzione sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno 1980) – Commentario, a cura di C. M. BIANCA

e A. GIARDINA, in Nuove leggi civ. comm., 1995, p. 953 ss., spec. p. 960 ss.; VILLANI U., Laconvenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, II ed., Bari, 2000, p. 85 ss.; PLENDER R.

- WILDERSPIN L., The European Contracts Convention, II ed., London, 2001, 109 ss.; MARTINY

D., in Internationales Vertragsrecht, a cura di P. REITHMANN - D. MARTINY, VI ed., Köln,2004, p. 124 ss.; con riferimento al regolamento «Roma I», VILLANI U., La legge applicabile inmancanza di scelta dei contraenti, in La nuova disciplina comunitaria della legge applicabile aicontratti (Roma I), a cura di N. BOSCHIERO, Torino, 2009, p. 149 ss., spec. p. 171 s.; HARTLEY T.

C., The Proposed «Rome I» Regulation: Applicable Law in the Absence of Choice (Article 4), inVers des nouveaux équilibres entre ordres juridiques. Liber amicorum Hélène Gaudemet-Tallon,Paris, 2008, p. 717 ss.; LEANDRO A., Art. 4 (Legge applicabile in mancanza di scelta) – I, inRegolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»), in Commentario a cura di F.

SALERNO - P. FRANZINA, in Nuove leggi civ. comm., 2009, p. 637 ss., spec. p. 660 ss., 663 ss.;LOPES PEGNA O., Il rilievo del collegamento più stretto dalla Convenzione di Roma alla propostadi regolamento «Roma I», in Riv. dir. int., 2006, p. 756 ss.; UBERTAZZI B., Il regolamento RomaI sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, Milano, 2008, p. 67 ss., spec. p. 76 s.

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lavorativa, come nel caso del diritto a prestazioni previdenziali la cui mi-sura dipende dalla durata e dalle caratteristiche dell’attività lavorativasvolta, siano regolate dal diritto che tendenzialmente disciplina l’attivitàlavorativa stessa23. Dal punto di vista materiale, il ricorso alla legislazio-ne di sicurezza sociale del paese membro nel quale l’attività lavorativaè svolta può favorire il perseguimento delle finalità sostanziali previstedalle norme del Trattato, con particolare riferimento alla disposizione altempo contenuta nell’art. 42 del trattato CE, base giuridica del regola-mento in esame. È stato a questo riguardo osservato che il ricorso a talecriterio di collegamento potrebbe costituire un incentivo alla mobilità deilavoratori all’interno dell’Unione, in quanto consentirebbe al lavoratoredi beneficiare delle condizioni eventualmente più favorevoli in punto disicurezza sociale previste dalla legge di un altro Stato membro rispettoa quelle applicabili nel proprio paese di residenza, mentre, all’opposto,il riferimento alla legge del paese di residenza costituirebbe un fattoredi tendenziale immobilità, in quanto incentivante più la conservazionedi una situazione acquisita che la ricerca di una più vantaggiosa in undiverso Stato membro24. A ciò deve obiettarsi che il prospettato incentivoalla mobilità e, pertanto, al concreto esercizio della libera circolazione deilavoratori garantita dal Trattato si rivela poco consistente, consideratoche, in linea di principio, al mutamento del luogo di svolgimento abitualedella prestazione lavorativa segue normalmente anche un mutamento diresidenza, salve, evidentemente, le ipotesi di distacco di lavoratori o diattività lavorativa svolta abitualmente in più Stati membri sulle quali cisi soffermerà più avanti25. Inoltre, anche con riferimento a queste ultimeipotesi, l’incentivo opererebbe in misura alquanto ridotta nei casi in cuiil lavoratore già svolga la propria attività lavorativa in uno Stato membroin cui il livello delle prestazioni di sicurezza sociale sia comparabilmentepiù elevato di quello conseguibile andando a svolgere temporaneamenteo parallelamente la propria attività in un altro paese membro. Un’ulte-

x23 L’opportunità di questa soluzione anche da un punto di vista pratico è sottolineata

da POCAR F. - VIARENGO I., Diritto comunitario del lavoro, cit., p. 226 s.; si veda anchePENNINGS F., Co-ordination of Social Security, cit., p. 69.

24 Questa argomentazione a sostegno della soluzione accolta dal regolamento è pro-spettata da PENNINGS F., op. ult. cit., p. 69. Si veda anche, nel senso che l’adozione in propo-sito del criterio della lex loci laboris tende a riflettere i principi generali in materia di liberacircolazione dei lavoratori, JORENS Y., Towards New Rules?, cit., p. 169 s.

25 Si veda al riguardo infra, par. 3 e par. 4 rispettivamente.

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riore argomentazione di carattere materiale a sostegno della scelta delcriterio del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa in luogo di quellodella residenza al fine di individuare la legislazione di sicurezza socialeapplicabile è data dall’esigenza di evitare discriminazioni tra lavoratoriche prestino la loro opera nel medesimo Stato membro in ragione dell’e-ventualmente diverso paese di residenza, essendo evidente che il lavora-tore che risiedesse in un paese membro diverso nel quale sia in vigore unregime previdenziale più oneroso si verrebbe a trovare in una situazionedi svantaggio competitivo rispetto ai lavoratori residenti nel medesimoStato membro in cui svolgono l’attività lavorativa. Una situazione di di-scriminazione inversa, chiaramente, opererebbe a favore di quei lavora-tori che risiedano in uno Stato membro nel quale, invece, il regime pre-videnziale fosse meno oneroso per il datore di lavoro, l’una come l’altraipotesi apparendo, peraltro, come suscettibili di causare un’inopportunadistorsione del mercato del lavoro nello Stato membro considerato26.

In un’ottica internazionalprivatistica, si è già osservato come appaiaopportuno realizzare una tendenziale corrispondenza tra la legge regola-trice del rapporto di lavoro e la legge che regola il diritto alle prestazioni disicurezza sociale, in quanto queste ultime dipendano dallo svolgimento diun’attività lavorativa. In proposito, fermo restando quanto si è rilevato inordine al diverso modo di operare delle regole sulla individuazione dellalegislazione di sicurezza sociale applicabile contenute nel regolamento inesame rispetto alle norme di conflitto operanti con riferimento agli aspettiprivatistici del rapporto di lavoro, deve osservarsi che il criterio della lexloci laboris non occupa formalmente una posizione di preminenza nelladisciplina della legge applicabile a questi ultimi. Nell’economia della di-sciplina internazionalprivatistica in materia, contenuta notoriamente nel-l’art. 8 del regolamento n. 593/2008 («Roma I») il quale ha sostanzial-mente ripreso, con alcuni adattamenti di carattere formale, la disciplinagià contenuta nell’art. 6 della convenzione di Roma del 1980, il principale

x26 Si veda ancora in proposito PENNINGS F., op. ult. cit., p. 69, il quale sottolinea

opportunamente come il ricorso al criterio della residenza nell’ultima ipotesi presa in consi-derazione, vale a dire del lavoratore residente in un paese membro che preveda un regime disicurezza sociale meno oneroso di quello in vigore nello Stato membro in cui svolge l’attivitàlavorativa, farebbe sorgere il rischio di scatenare un meccanismo perverso di regulatory com-petition , per così dire, al ribasso, dato che quest’ultimo Stato membro allo scopo di tutelare ilmercato del lavoro nazionale potrebbe vedersi indotto ad abbassare lo standard delle proprieprestazioni di sicurezza sociale al fine di ridurne i costi per i datori di lavoro.

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criterio di collegamento è dato dalla scelta delle parti. La legge del paesenel quale l’attività lavorativa è abitualmente svolta viene in considerazio-ne quale legge applicabile in mancanza di scelta, affiancata, quale criteriosussidiario, dalla legge del paese nel quale si trova la sede presso la qualeil lavoratore è stato assunto e, a titolo di clausola d’eccezione, dalla leggecon la quale il contratto di lavoro presenti il collegamento più stretto.Nondimeno, a fronte dell’evidente rischio che il datore di lavoro possaimporre al lavoratore, in quanto parte debole del rapporto, la scelta diuna legge che preveda per quest’ultimo minori tutele, l’art. 8, par. 1 delregolamento prevede che la scelta non possa avere per effetto di privareil lavoratore della protezione della quale godrebbe in base alle disposi-zioni inderogabili della legge che sarebbe stata applicabile in mancanzadi scelta. In definitiva, della lex loci laboris, ovvero della legge altrimentiapplicabile in mancanza di scelta, è fatta salva l’applicazione al rapportodi lavoro di quelle sole disposizioni non derogabili dalla volontà delleparti27. La soluzione adottata è tecnicamente simile a quella contemplatadall’art. 3, paragrafi 3 e 4 del regolamento «Roma I», i quali prevedonorispettivamente che nell’ipotesi di contratto collegato con un unico paeseovvero con uno o più paesi membri la scelta di legge ad opera delle partinon possa pregiudicare l’applicazione delle disposizioni inderogabili del-la legge del paese con il quale il contratto è esclusivamente collegato, ov-vero delle disposizioni inderogabili del diritto comunitario28. Un rilevan-

x27 Si vedano, con riferimento alla disciplina della legge applicabile ai contratti indivi-

duali di lavoro contenuta nell’art. 8 del regolamento n. 593/2008 («Roma I»), tra gli altri,SEATZU F., La legge applicabile ai contratti individuali di lavoro nel regolamento «Roma I»,in La nuova disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti (Roma I), a cura di N.

BOSCHIERO, Torino, 2009, p. 337 ss., spec., per quanto attiene al detto limite alla scelta dellalegge regolatrice ad opera delle parti, p. 348 ss.; VENTURI P., Art. 8 (Contratti individuali dilavoro), in Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»), Commentario a cura diF. Salerno e P. Franzina, in Nuove leggi civ. comm., 2009, p. 771 ss., spec. per quanto attieneall’aspetto in questione, p. 776 ss.; ZANOBETTI PAGNETTI A., Il rapporto internazionale di la-voro marittimo, cit., p. 169 ss.; con riferimento alla disciplina sostanzialmente corrispondentecontenuta nell’art. 6 della Copnvenzione di Roma del 1980, GIUBBONI S., Norme imperativeapplicabili al rapporto di lavoro, disciplina del distacco ed esercizio di libertà comunitarie, inDiritti Lavori Mercati, 2008, p. 543 ss., spec. p. 548 ss.

28 Si vedano in proposito, tra gli altri, BOSCHIERO N., Norme inderogabili, «disposizioniimperative del diritto comunitario» e «leggi di polizia» nella proposta di regolamento «RomaI», in Il nuovo diritto europeo dei contratti: dalla convenzione di Roma al regolamento «RomaI», Quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, Milano, 2007, p. 101 ss., spec. p. 118

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te profilo di differenziazione della disposizione in esame da quelle prece-dentemente richiamate è dato, peraltro, dal fatto che il limite in questocaso opera con riferimento anche a fattispecie che presentino effettivocarattere internazionale, non essendo l’applicazione della norma limitataai contratti di lavoro che presentino collegamenti con un unico paese néa rapporti che siano esclusivamente collegati con uno o più Stati membri.Ne discende che alle norme inderogabili della legge che sarebbe stata ap-plicabile al contratto di lavoro in mancanza di scelta è attribuito dall’art.8, par. 1 del regolamento carattere anche internazionalmente imperativo,per quanto esse appaiano destinate ad operare quale limite all’applica-zione della sola legge scelta dalle parti, e non già della legge applicabilein base a qualsivoglia criterio di collegamento, come avverrebbe ove sitrattasse di norme di applicazione necessaria nell’accezione fatta propria,seppur in termini riduttivi, dal successivo art. 9 del regolamento29.

xss.; ID., I limiti al principio d’autonomia posti dalle norme generali del regolamento Roma I,in La nuova disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti (Roma I), a cura di N.

BOSCHIERO, Torino, 2009, p. 67 ss., spec., con riferimento al limite posto dall’art. 3, par. 3,p. 91 ss.; con riguardo all’art. 3, par. 4, p. 104 ss.; BIAGIONI G., Art. 3 (Libertà di scelta) –II, in Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»), Commentario a cura di F.

SALERNO - P. FRANZINA, in Nuove leggi civ. comm., 2009, p. 629 ss., spec., per quanto attiene alprimo limite, p. 630 s.; con riferimento al secondo, p. 633 ss.; DE CESARI P., «Disposizioni allequali non è permesso derogare convenzionalmente» e «norme di applicazione necessaria» nelregolamento Roma I, in Nuovi strumenti del diritto internazionale privato. Liber Fausto Pocar,a cura di G. VENTURINI - S. BARIATTI, Milano, 2009, p. 257 ss., spec. p. 259 ss., 267 ss.; conriferimento al limite posto dall’art. 3, par. 4 del regolamento ci si permette di rinviare anchea MARONGIU BUONAIUTI F., Art. 23 (Relazioni con altre disposizioni del diritto comunitario),in Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»), cit., p. 923 ss., spec. p. 928 s.

29 La distinzione tra le disposizioni inderogabili evocate dall’art. 8, par. 1 del rego-lamento dalle norme di applicazione necessaria alle quali si riferisce l’art. 9 è sottolineataanche da SEATZU F., La legge applicabile ai contratti individuali di lavoro, cit., p. 350 s.; ZA-

NOBETTI PAGNETTI A., Il rapporto internazionale di lavoro marittimo, cit., p. 174 ss.; riferiscel’incidenza delle norme di applicazione necessaria propriamente intese sulla disciplina deicontratti individuali di lavoro principalmente all’ipotesi del distacco di lavoratori, sulla qualeci si soffermerà nel paragrafo successivo, VENTURI P., Art. 8, cit., p. 785 ss. Con riferimentoalla nozione di norme di applicazione necessaria accolta nell’art. 9, par. 1 del regolamento«Roma I», che appare riprendere una concezione tradizionale fatta propria anche dalla Cortedi giustizia nella sentenza del 23 novembre 1999, nelle cause riunite C-369/96 e C-376/96,Arblade, in Racc., 1999, p. I-8453 ss., punto 30 della motivazione ed essenzialmente mutuatadalla elaborazione dottrinale dovuta principalmente a FRANCESCAKIS PH., Quelques précisionssur les «lois d’application immédiate» et leurs rapports avec les règles sur les conflits de lois, inRevue critique de droit int. privé, 1966, p. 1 ss., si vedano, tra gli altri, BONOMI A., Le norme

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Nel raffrontare le disposizioni sulla legislazione di sicurezza socia-le applicabile contenute nel regolamento n. 883/2004 con la disciplinadella legge applicabile al contratto individuale di lavoro recata dal rego-lamento «Roma I» come già dalla Convenzione di Roma del 1980 vi èun ulteriore profilo di differenziazione che non deve essere sottovaluta-to. Infatti, questi ultimi strumenti perseguono la finalità di introdurrenei sistemi di diritto internazionale privato degli Stati membri una disci-plina di conflitto di leggi uniforme relativamente alla materia delle ob-bligazioni contrattuali, allo scopo mediato di scongiurare manovre di fo-rum shopping30. Tale finalità non avrebbe potuto essere conseguita appie-no limitando l’applicazione della disciplina uniforme alle sole fattispecieesclusivamente collegate con Stati membri. Ciò avrebbe, infatti, lasciatosussistere le differenze tra le discipline di conflitto nazionali applicabilialle fattispecie che presentassero collegamenti con paesi terzi. Invece, lefinalità perseguite dalle disposizioni sulla legislazione di sicurezza socialeapplicabile contenute nel regolamento n. 883/2004 sono diverse e benpiù circoscritte, presentando esse carattere meramente strumentale all’at-

xdi applicazione necessaria nel regolamento «Roma I», in La nuova disciplina comunitaria dellalegge applicabile ai contratti (Roma I), a cura di N. BOSCHIERO, cit., p. 173 ss., spec. p. 175 ss.;BOSCHIERO N., I limiti al principio di autonomia, cit., p. 128 s.; DE CESARI P., «Disposizionialle quali non è permesso derogare convenzionalmente» e «norme di applicazione necessaria»,cit., p. 262 ss.; ZANOBETTI PAGNETTI A., op. cit., p. 176 s.; con riferimento al ruolo, su cuici si soffermerà più avanti, della giurisprudenza della Corte di giustizia nella individuazionedei limiti dell’incidenza delle norme di applicazione necessaria sulla disciplina dei rapportiindividuali di lavoro, MENGOZZI P., I conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria inmateria di rapporti di lavoro e la libertà di circolazione dei servizi nella Comunità europea, inNuovi strumenti del diritto internazionale privato. Liber Fausto Pocar, cit., p. 701 ss., spec. p.704 ss.; con riferimento alla elaborazione della figura delle norme di applicazione necessariada parte della dottrina internazionalprivatistica italiana e all’incidenza che su di essa talegiurisprudenza è suscettibile di spiegare, DAVÌ A., La Rivista e gli studi di diritto internazionaleprivato in Italia nel dopoguerra, in Riv. dir. int., 2007, p. 5 ss., spec. p. 34 ss.

30 Con tale espressione si indica abitualmente la scelta strategica da parte del poten-ziale attore del foro innanzi al quale introdurre la propria domanda, in funzione, tra l’altro,della legge che prevedibilmente il giudice adito potrà applicare nel decidere della controversiain base alla proprie norme di diritto internazionale privato. Si vedano al riguardo, tra glialtri, SIEHR K., «Forum Shopping» im internationalen Rechtsverkehr, in Zeitschrift für Recht-svergleichung, 1984, p. 124 ss.; JUENGER F.K., Forum Shopping, Domestic and International,in Tulane Law Rev., 1989, p. 553 ss.; JASPER D., Forum Shopping in England und Deutschland,Berlin, 1990, p. 20 ss.; VAREILLES-SOMMIÈRES P. DE, Le forum shopping devant les juridictionsfrançaises, in Travaux du Comité français de droit int. privé, année 1998-1999, Paris, 2001, p.49 ss.; BELL A.S., Forum Shopping and Venue in Transnational Litigation, Oxford, 2003, p. 38ss.; NUYTS A., Forum shopping et abus du forum shopping dans l’espace judiciaire européen,in Mélanges John Kirkpatrick, Bruxelles, 2004, p. 745 ss.

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tuazione degli obiettivi di politica materiale perseguiti dal regolamentostesso. Ne consegue che, mentre le norme del regolamento «Roma I» –come già quelle della Convenzione di Roma del 1980 – si applicano, allastregua di quanto avviene nella maggior parte delle convenzioni di dirittointernazionale privato che recano regole di conflitto di leggi, erga omnes,vale a dire, anche ove designino come applicabile la legge di uno Statoterzo con il quale la fattispecie presenti il collegamento di volta in voltaindicato come rilevante31, le disposizioni del regolamento n. 883/2004concernenti la determinazione della legislazione applicabile si applicanosul presupposto che il lavoratore o, comunque, la persona dei cui diritti disicurezza sociale si tratta sia soggetta alla legislazione di uno Stato mem-bro. Ciò è affermato chiaramente dall’art. 11, par. 1, del regolamento edè del resto già desumibile dal principio di territorialità che si è visto ispi-rare la disciplina in materia, dal quale appare discendere necessariamenteche se la legislazione di sicurezza sociale individuata come applicabile èdestinata ad essere applicata unicamente dalle autorità dello Stato chela ha adottata, il regolamento non potrebbe in alcun modo disciplinarel’applicazione della legislazione di sicurezza sociale emanata da Stati terzida parte delle rispettive autorità. Coerente con tale presupposto è anchela delimitazione che il regolamento stesso compie del proprio ambito diapplicazione ratione personarum nell’art. 3, segnatamente nel prevedereche debba trattarsi di persone soggette – per quanto attiene, evidente-

x31 Il «carattere universale» della disciplina di conflitto, nel senso della sua applicabilità

anche in relazione alle situazioni collegate con paesi terzi è una caratteristica che sulla sciadella convenzione di Roma del 1980 è stata seguita in tutti gli strumenti comunitari inmateria di diritto internazionale privato, dal regolamento n. 864/2007 sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»), al regolamento «Roma I», alle più recentiproposte sulla legge applicabile alla separazione personale, al divorzio ed all’annullamentodel matrimonio («Roma III») ed in materia di successioni. Si vedano al riguardo, tra glialtri, FRANZINA P., Art. 2, in Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e delConsiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»),Commentario a cura di F. SALERNO - P. FRANZINA, in Nuove leggi civ. comm., 2009, p. 606ss.; LAGARDE P., Introduction. Considérations de méthode, in La nuova disciplina comunitariadella legge applicabile ai contratti (Roma I), a cura di N. BOSCHIERO, cit., p. 3 ss., spec. p. 5 ss.;SALERNO F., Note introduttive – I, in Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeoe del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («RomaI»), cit., p. 521 ss., spec. p. 523 ss.; ci si permette di rinviare anche a MARONGIU BUONAIUTI

F., Note introduttive – II, ivi, p. 534 ss., spec. p. 539 s., con riferimento alle ricadute di taleapproccio sul sistema italiano di diritto internazionale privato, in relazione al rinvio operatodall’art. 57 della legge n. 218/1995.

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mente, alla materia regolata – alla legislazione di uno o più Stati membri32.L’ipotesi in cui possa venire in considerazione la legislazione in materiadi sicurezza sociale di un paese terzo fuoriesce, infine, dalla prospettivaindicata dall’art. 42 del Trattato CE, in base al quale il regolamento n.883/2004 è stato adottato, la quale consiste nella realizzazione di un me-ro coordinamento tra i sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri inquanto funzionale ad una più adeguata realizzazione della libera circola-zione dei lavoratori nel mercato interno, senza alcuna pretesa di introdur-re una disciplina uniforme in materia negli ordinamenti degli Stati mem-bri, nemmeno sotto forma di regole di diritto internazionale privato33.

3. Le eccezioni alla regola della lex loci laboris: in particolare, rile-vanza del fenomeno del distacco temporaneo di lavoratori, allaluce anche delle disposizioni della direttiva n. 71/1996

Il regolamento n. 883/2004 prevede a propria volta delle eccezioni allaregola dell’applicazione della legislazione di sicurezza sociale dello Statomembro nel quale è svolta l’attività lavorativa. L’eccezione di probabil-mente maggiore incidenza sul piano pratico è data dal distacco di lavora-tori, come tale dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 12 del regolamento,la situazione nella quale un dipendente di un’impresa situata in uno Statomembro è inviato per un periodo di tempo limitato in un altro paese

x32 Si rimanda a quanto osservato in proposito supra, par. 1, e all’esame delle disposizioni

concernenti l’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 compiuto da ROCCELLA

M. - TREU T., Diritto del lavoro della Comunità europea, cit., p. 152 ss.33 La differenza di prospettiva tra la Convenzione di Roma e, nella misura in cui si

ispira la suo modello di strumento di diritto internazionale privato uniforme, il regolamento«Roma I» da una parte e gli atti di diritto comunitario materiale è evidenziata da SALERNO

F., Note introduttive – I, cit., p. 524, nel senso che mentre i primi opererebbero secondouna logica «orizzontale», secondo la quale le diverse leggi in conflitto, siano esse di Statimembri ovvero di Stati terzi, sono poste su di un piano di tendenziale parità, i secondi sicollocherebbero nell’ambito di una logica di tipo «verticale», nella quale prevale l’attuazionedelle finalità proprie del diritto comunitario. In realtà, dalla presenza anche nel regolamento«Roma I» di disposizioni come l’art. 3, par. 4 (si veda supra, nota 28), sembra doversi desumerel’assoggettamento anche della disciplina di conflitto di leggi contenuta nel regolamento,malgrado la sua formale applicabilità erga omnes, a questa stessa forma di condizionamento. Suquesto profilo si ritornerà infra, par. 6, dopo aver esaminato il modo in cui nella giurisprudenzadella Corte di giustizia i diversi obiettivi di politica materiale dell’Unione europea trovanocontemperamento.

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membro per svolgere la propria attività lavorativa per conto dell’impre-sa stessa. In questa ipotesi, a condizione che la durata prevedibile del-l’attività da svolgersi nell’altro Stato membro non superi i ventiquattromesi e che il lavoratore non sia inviato in sostituzione di un altro dipen-dente, il lavoratore resterà soggetto alla legislazione dello Stato membronel quale ha sede l’impresa che lo ha distaccato34. Il regolamento, inno-vando rispetto alla disciplina contenuta nel previgente regolamento n.1408/71, estende il medesimo trattamento anche ai lavoratori autonomiche esercitino abitualmente la loro attività in uno Stato membro e che sirechino temporaneamente, sempre per un periodo prevedibilmente noneccedente i ventiquattro mesi, in un altro paese membro per svolgerviun’attività affine35.

Anche relativamente all’ipotesi in esame si presenta l’esigenza diassicurare per quanto possibile un parallelismo tra la legislazione di sicu-rezza sociale applicabile e la legge regolatrice del rapporto di lavoro, alfine evidente di evitare che l’applicazione di leggi diverse possa disincen-tivare l’esercizio in concreto della facoltà per le imprese aventi sede inuno Stato membro di distaccare lavoratori in altri paesi membri, il cherischierebbe di tradursi in un ostacolo alla libertà di prestazione di servi-zi, nel cui contesto si inquadrano solitamente le operazioni di distacco dilavoratori36. La materia ha notoriamente formato oggetto della direttiva

x34 Il regolamento n. 883/2004 ha esteso a ventiquattro mesi la durata massima preve-

dibile della prestazione lavorativa svolta in un altro Stato membro, che l’art. 14, par. 1, lett.a), i) del regolamento n. 1408/71 fissava in dodici mesi, prevedendo nondimeno, all’alineaii), che ove la prestazione da effettuare, per circostanze imprevedibili, si estendesse oltrei dodici mesi, il lavoratore potesse rimanere soggetto alla legislazione previdenziale delloStato membro d’invio, purché l’autorità competente o l’organismo a ciò designato nello Statomembro di distacco vi acconsentisse.

35 Si vedano, con riferimento alla disciplina in materia di legislazione previdenzialeapplicabile in caso di distacco di lavoratori contenuta nel previgente regolamento n. 1408/71,tra gli altri, da PENNINGS F., Co-ordination of social security, cit., p. 72 ss.; POCAR F. - VIARENGO

I., Diritto comunitario del lavoro, cit., p. 227 ss.36 Come evidenziato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia sin dalla sentenza

del 27 marzo 1990, in causa C-113/89, Rush Portuguesa c. Office national d’immigration, inRacc., 1990, p. I-1445 ss., in cui la Corte ha chiaramente affermato che uno Stato membronon può in linea di principio impedire ad un’impresa stabilita in un altro Stato membro ditrasferirsi col suo personale sul proprio territorio per eseguirvi una prestazione di servizi,né può subordinare l’esercizio di tale diritto a condizioni quali l’assunzione di personalelocale o il rilascio di un permesso di lavoro da parte delle autorità locali al personale propriodell’impresa. La Corte di giustizia aveva peraltro ammesso che ciò non ostava a che gli Statimembri estendessero ai lavoratori distaccati nel proprio territorio le disposizioni legislative o

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n. 96/7137, la quale individua tre situazioni tipiche nelle quali il distaccodi lavoratori in uno Stato membro diverso da quello in cui l’impresa èstabilita è funzionale all’esercizio della libertà di prestazione di servizi. Lanorma prende in considerazione l’ipotesi in cui il lavoratore viene inviatoin un altro Stato membro per eseguire un contratto di prestazione di ser-vizi, solitamente un appalto, concluso dall’impresa con il destinatario del-la prestazione che opera nello Stato membro nel quale avviene il distacco;la situazione in cui il lavoratore è inviato a prestare la propria attività la-vorativa presso uno stabilimento od un’impresa appartenente allo stessogruppo dell’impresa che lo ha assunto, purché durante il distacco perduriil rapporto di lavoro con quest’ultima; infine, l’ipotesi in cui un’impresadi lavoro temporaneo o di altro tipo ceda temporaneamente un propriolavoratore ad un’altra impresa situata in un altro Stato membro, sempreche ugualmente permanga durante il distacco un rapporto di lavoro tral’impresa distaccante e il lavoratore38.

Relativamente alle diverse ipotesi di distacco contemplate, la di-rettiva n. 96/71 non prevede alla stessa stregua del regolamento n. 883/2004 l’integrale assoggettamento del lavoratore alla legislazione dello Sta-

xcontenute nei contratti collettivi con riferimento al tipo di lavoro subordinato in questione,a prescindere dal paese di stabilimento del datore di lavoro. Si veda in proposito GIUBBONI

S., Norme imperative applicabili al rapporto di lavoro, cit., p. 557 ss. Come si avrà modo diosservare, infra, in questo paragrafo e par. 5, l’esercizio di questa facoltà è stato poi disciplinatoin senso tendenzialmente restrittivo con la direttiva n. 1996/71, la quale ha a sua volta formatooggetto di un’interpretazione rigorosa ad opera della stessa Corte di giustizia.

37 Direttiva 96/71 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996,relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, in G.U.C.E., L18 del 21 gennaio 1997, p. 1 ss.

38 Si vedano, con riferimento alla disciplina contenuta nella direttiva n. 96/71, tra glialtri, ROCCELLA M. - TREU T., Diritto del lavoro della Comunità europea, cit., p. 158 ss.; conriferimento alla sua attuazione negli Stati membri, NADALET S., L’attuazione della direttiva96/71 sul distacco, in Lavoro e diritto, 2008, p. 37 ss.; in un’ottica internazionalprivatistica, allaluce della disciplina in materia di legge applicabile ai contratti individuali di lavoro contenutaprima nella convenzione di Roma del 1980 ed ora nel regolamento «Roma I», sulla quale ci siè soffermati supra, par. 2, FRANZINA P., Questioni relative al distacco del lavoratore nel dirittointernazionale privato della Comunità europea, ivi, p. 97 ss., spec. p. 107 s.; più in generalein ordine all’incidenza della disciplina del distacco dei lavoratori ai fini della realizzazionedella libertà di prestazione dei servizi, BANO F., La circolazione comunitaria di servizi labourintensive, ivi, p. 7 ss., spec. p. 28 ss.; BORELLI S., Un possibile equilibrio tra concorrenza lealee tutela dei lavoratori. I divieti di discriminazione, ivi, p. 125 ss., spec. p. 132 ss.; GIUBBONI

S., Norme imperative applicabili al rapporto di lavoro, cit., p. 562 ss.; ORLANDINI G., Ordinepubblico e dumping sociale nel mercato interno dei servizi, in Rivista del diritto della sicurezzasociale, 2008, p. 663 ss.

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to membro in cui ha sede l’impresa distaccante e nel quale il lavoratorepresta abitualmente la propria attività lavorativa. La direttiva, pur pre-supponendo la soggezione in linea di principio del lavoratore a quest’ul-tima legge, lascia un certo margine di discrezionalità agli Stati membriaffinché questi prevedano l’applicazione al lavoratore distaccato nel pro-prio territorio di alcune norme minime, che assicurino a quest’ultimo uncerto novero di garanzie corrispondenti a quelle delle quali beneficianoi lavoratori che prestano abitualmente lo stesso tipo di attività lavorativanello Stato membro considerato. La norma dell’art. 3, par. 1, della diret-tiva appare fare ricorso alla tecnica internazionalprivatistica delle normedi applicazione necessaria, in quanto individua le disposizioni prese inconsiderazione come destinate ad applicarsi quale che sia la legge rego-latrice del rapporto di lavoro e a prescindere dalla natura del criterio,soggettivo od oggettivo, in base al quale questa sia stata individuata39.La disposizione in esame fornisce innanzitutto delle indicazioni, a tutela,evidentemente, dell’impresa distaccante sulla quale viene a gravare l’one-re derivante dall’applicazione di tali norme, in ordine alle caratteristicheformali che devono presentare le fonti da cui derivano le prescrizioni lacui applicazione è fatta salva, affinché queste possano considerarsi ade-guatamente conoscibili ed il relativo onere agevolmente prevedibile. Ladirettiva precisa, infatti, che debba trattarsi di prescrizioni contenute indisposizioni di carattere legislativo, regolamentare o amministrativo, ov-vero in contratti collettivi od arbitrati di applicazione generale nel sensospecificato dalla direttiva stessa, delimitando inoltre in termini tenden-zialmente tassativi l’oggetto delle norme prese in considerazione. Questepotranno avere ad oggetto diversi profili della disciplina del rapporto

x39 In quest’ottica vengono inquadrate dal preambolo del regolamento «Roma I»,

al considerando n. 34, le disposizioni del paese nel quale si svolge il distacco destinate adapplicarsi in base alla direttiva n. 96/71 quale che sia la legge regolatrice del rapporto dilavoro. Si vedano in proposito VENTURI P., Art. 8, cit., p. 777 s.; FRANZINA P., Questionirelative al distacco, cit., p. 115; SEATZU F., La legge applicabile ai contratti individuali di lavoro,cit., p. 355 s., in nota. Alla stregua di norme di applicazione necessaria sono state inquadrate ledisposizioni relative a condizioni di lavoro del paese di distacco anche dalla Corte di giustizia,segnatamente nelle sentenze del 23 novembre 1999, nelle cause riunite C-369/96 e C-376/96,Arblade, cit. (nota 29), e del 15 marzo 2001, in causa C-165/98, Mazzoleni, in Racc., 2001,p. I-2189 ss.: si vedano in proposito BONOMI A., Le norme di applicazione necessaria, cit., p.175 ss.; DE CESARI P., «Disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente»,cit., p. 261 s.; MENGOZZI P., I conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria in materiadi rapporti di lavoro, cit., p. 704 ss.

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di lavoro, realizzando nel loro insieme un nucleo piuttosto consistentedi garanzie a favore del lavoratore distaccato. Tali garanzie si estendonodai periodi massimi di lavoro e minimi di riposo e dalla durata minimadelle ferie annuali retribuite alle tariffe minime salariali, alle condizionidi cessione temporanea dei lavoratori, alle diposizioni concernenti la si-curezza, la salute e l’igiene sul lavoro, le condizioni di lavoro di gestanti epuerpere, quelle concernenti i bambini e i giovani lavoratori e la parità ditrattamento tra uomini e donne, così come ogni altra disposizione voltaall’eliminazione di discriminazioni. Per quanto, come è chiarito dall’art.3, par. 7 della direttiva, l’applicazione di queste disposizioni non osti al-l’applicazione di un regime in concreto più favorevole al lavoratore40, ladisciplina dettata dallo Stato membro in cui avviene il distacco può, non-dimeno, estendersi ulteriormente in base all’art. 3, par. 10 della direttiva.Quest’ultima norma consente, infatti, allo Stato membro nel quale il la-voratore è distaccato di fare salva l’applicazione tanto nei confronti delleimprese nazionali quanto di quelle stabilite in altri Stati, a condizioni diparità, di disposizioni relative a condizioni di lavoro o di occupazionediverse da quelle indicate nel par. 1. A tal fine, la norma richiede che talidisposizioni presentino, secondo l’infelice formulazione adottata nella di-rettiva, carattere di ordine pubblico, ovvero che siano stabilite in contratticollettivi od arbitrati di applicazione generale nel senso contemplato dalladirettiva stessa41. Di questa facoltà ha fatto ampiamente uso il legislatore

x40 In quanto previsto tendenzialmente dallo Stato membro nel quale il lavoratore

svolge abitualmente la propria attività lavorativa, essendosi la Corte di giustizia espressarestrittivamente riguardo alla possibilità per lo Stato membro nel quale i lavoratori vengonodistaccati di estenderne le garanzie al di là del novero minimo contemplato dalla direttivastessa. Si rimanda all’esame della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa al bilancia-mento tra i due obiettivi della tutela sociale dei lavoratori e della salvaguardia delle libertà dicircolazione contemplate dal Trattato che verrà compiuto infra, par. 5.

41 La formulazione utilizzata dall’art. 3, par. 10 della direttiva 96/71 è chiaramenteimpropria, dal momento che appare rilevare una confusione concettuale tra i due distin-ti istituti delle norme di applicazione necessaria e dell’ordine pubblico. Nella sistematicapropria del diritto internazionale privato, si tende a vedere l’ordine pubblico come un limi-te successivo all’operare delle norme di conflitto, il quale interviene escludendo l’applica-zione della legge individuata in base alle regole di diritto internazionale privato ove essaconfligga con i principi fondamentali di carattere giuridico, etico e sociale propri dell’ordi-namento del foro. Essenzialmente, l’ordine pubblico tende a svolgere maggiormente unafunzione negativa, nel senso di escludere l’applicazione di determinate norme, che positiva,nel senso di imporre l’applicazione di determinate disposizioni a prescindere dalla leggeindividuata come applicabile in base alle regole di diritto internazionale privato, funzione

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italiano nel dare attuazione alla direttiva con il D. lgs. n. 72/200042, il cuiart. 3 prevede l’applicazione ai lavoratori distaccati in Italia, salve alcunecategorie esentate, dell’insieme delle condizioni di lavoro previste dallefonti prese in considerazione dalla direttiva relativamente ai lavoratoriche svolgono attività lavorative analoghe. Una simile estensione genera-lizzata dell’applicazione delle condizioni di lavoro del paese di distaccoappare porsi in contrasto con l’approccio maggiormente selettivo accoltodalla direttiva ed ancor più manifestamente con l’orientamento restrittivodella Corte di giustizia, la quale, come si avrà modo di osservare megliopiù avanti, tende a vedere nel riconoscimento di maggiori tutele ai lavo-ratori in base a disposizioni del paese membro di distacco o per effetto diazioni collettive locali una restrizione alla libertà di prestazione dei servizila cui giustificazione deve essere valutata rigorosamente43.

xche è invece propria delle norme di applicazione necessaria. Sembra quindi più correttoritenere che le «disposizioni di ordine pubblico» alle quali è fatto riferimento nella normaaltro non siano che vere e proprie norme di applicazione necessaria, alla stessa stregua,salva l’assenza di una specifica determinazione a priori del contenuto e l’assenza di un ob-bligo di fonte comunitaria di prevederne la necessaria applicazione, delle norme contem-plate dall’art. 3, par. 1. Queste ultime, infatti, sono state efficacemente definite in dottrina«norme interne che divengono di applicazione necessaria per «investitura» comunitaria»:così BONOMI A., Le norme di applicazione necessaria, cit., p. 183, in nota. La tendenzialesvalutazione della distinzione concettuale tradizionale tra limite dell’ordine pubblico e nor-me di applicazione necessaria nell’evoluzione della disciplina comunitaria di diritto inter-nazionale privato così come nella giurisprudenza della Corte di giustizia, con particolareriferimento alla sentenza del 9 novembre 2000, in causa C-381/98, Ingmar, in Racc., 2000,p. I-9305 ss., è evidenziata da BOSCHIERO N., I limiti al principio d’autonomia, cit., p. 128ss.

42 D.lgs. 25 febbraio 2000, n. 72, Attuazione della direttiva 96/71/CE in materia didistacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, in G.U. n. 75 del 30 marzo2000, modificato dal d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.

43 Si veda in particolare, con riferimento al ricorso eccessivamente ampio e nonadeguatamente giustificato alla facoltà di cui all’art. 3, par. 10 della direttiva n. 96/71 da partedella legge lussemburghese di attuazione, la sentenza della Corte di giustizia del 19 giugno2008, in causa C-319/06, Commissione delle Comunità europee c. Granducato di Lussemburgo,in Racc., 2008, p. I-4323 ss., su cui infra, par. 5. Si veda anche, per alcune considerazionicritiche in merito all’attuazione data nel nostro ordinamento alla direttiva n. 96/71, GIUBBONI

S., Norme imperative applicabili al rapporto di lavoro, cit., p. 565 ss.; NADALET S., L’attuazionedella direttiva 96/71 sul distacco, cit., p. 39 ss.

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4. Altre eccezioni alla regola in questione: attività lavorativa svoltaparallelamente in paesi membri diversi e concorso tra attivitàdi carattere subordinato ed autonomo

Un’altra eccezione significativa alla regola dell’assoggettamento del lavo-ratore alla legislazione di sicurezza sociale dello Stato membro di svol-gimento dell’attività lavorativa è prevista dall’art. 13 del regolamento n.883/2004 per i casi di attività svolta abitualmente in due o più Stati mem-bri, come nel caso tipico dei commessi viaggiatori e dei rappresentanti dicommercio. Al riguardo, nella medesima ottica di individuare una solalegislazione applicabile ai diritti di sicurezza sociale del lavoratore, il re-golamento attribuisce prevalenza tra le diverse leggi in presenza a quelladel paese membro in cui il soggetto ha la residenza, sempre che il rife-rimento a tale legislazione sia coerente con la logica generale dell’assog-gettamento dei diritti previdenziali ad una legge che presenti un collega-mento effettivo con l’attività lavorativa svolta. A tal fine, la norma subor-dina l’applicabilità della legislazione dello Stato membro di residenza allacondizione che il lavoratore svolga una parte sostanziale della propriaattività lavorativa in tale Stato membro, ammettendone pur sempre l’ap-plicabilità a titolo residuale nelle ipotesi in cui il lavoratore dipenda dapiù datori di lavoro aventi sede o domicilio in Stati membri diversi. Lanorma dell’art. 13, par. 1 del regolamento, adottando una soluzione chein termini internazionalprivatistici si definirebbe di concorso successivodi criteri di collegamento, prevede inoltre alla lettera b) che, ove il criteriodello Stato membro di residenza del lavoratore sia inapplicabile a motivodella sua mancata coincidenza con lo Stato membro nel quale il lavorato-re svolge prevalentemente la sua attività, si applichi la legislazione delloStato membro in cui ha sede o domicilio il datore di lavoro.

Il concorso così configurato tra i due criteri riferiti allo Stato mem-bro di residenza del lavoratore ed a quello in cui è situata la sede o ildomicilio del datore di lavoro si rivela tuttavia imperfetto, presentandosipossibili situazioni che esso non si rivela idoneo a regolare. Innanzitutto, illavoratore, pur rientrando nell’ambito di applicazione ratione personarumdel regolamento per essere cittadino di uno Stato membro e per il fattodi svolgere la propria attività lavorativa in più paesi membri, potrebbetuttavia non avere la propria residenza in uno Stato membro. In secondoluogo, anche a voler considerare quest’ultima un’ipotesi di inapplicabilitàdel criterio della residenza assimilabile a quella presa in considerazione

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dalla lettera b) della norma, nemmeno potrebbe soccorrere il criterio re-siduale della sede o domicilio del datore di lavoro, ove, come nell’ipotesipresa in considerazione alla lettera a), il lavoratore dipenda da più datoridi lavoro aventi sede o domicilio in paesi membri diversi. In quest’ultimaaporia non cade la soluzione prevista dal par. 2 della norma in relazione ailavoratori autonomi che svolgano la propria attività in più Stati membri.Al riguardo, mentre la lettera a) della disposizione prevede analogamentel’applicabilità della legge dello Stato membro di residenza se in esso illavoratore autonomo svolge una parte sostanziale della propria attività, lalettera b) prevede in termini maggiormente univoci che, ove non ricorratale condizione, si applichi la legislazione dello Stato membro in cui illavoratore ha il centro degli interessi delle proprie attività. Tale criterio,nondimeno, può dare luogo ad incertezze interpretative, essendo basatosu di un insieme di presupposti di fatto suscettibili di diverso apprezza-mento da parte di operatori giuridici di Stati membri differenti44.

Tra le ipotesi particolari di svolgimento di attività lavorativa in di-versi Stati membri che l’art. 13 del regolamento prende in considerazio-ne vi è quella in cui il lavoratore svolga attività lavorativa di caratteresubordinato in uno Stato membro e di carattere autonomo in un altro. Ilregolamento n. 883/2004 innova in proposito rispetto alla disciplina pre-

x44 Il criterio del centro degli interessi principali è notoriamente adottato anche in un

altro settore del diritto internazionale privato comunitario, segnatamente nell’art. 3, par. 1,del regolamento n. 1346/2000, relativo alle procedure d’insolvenza, quale criterio di compe-tenza giurisdizionale al fine dell’apertura della procedura d’insolvenza principale, i cui effettisi estendono a tutti i beni del debitore. Le difficoltà pratiche legate alla localizzazione delcentro degli interessi principali di un’impresa nella realtà corrente di modalità organizzativedell’impresa aventi crescente carattere transnazionale è stata ampiamente evidenziata dallagiurisprudenza relativa all’applicazione di tale criterio: si veda in particolare la nota sentenzadella Corte di giustizia del 2 maggio 2006, in causa C-341/04, Eurofood IFSC Ltd., in Racc.,2006, p. I-3813 ss. Si vedano in proposito, tra gli altri, BARIATTI S., L’applicazione del rego-lamento CE n. 1346/2000 nella giurisprudenza, in Riv. dir. proc., 2005, p. 673 ss., spec. p.678 ss.; BENEDETTELLI M.V., «Centro degli interessi principali» del debitore e forum shoppingnella disciplina comunitaria delle procedure di insolvenza transfrontaliera, in Riv. dir. int. priv.proc., 2004, p. 499 ss.; CONSALVI E., The Regime for Circulation of Judgments Under theEC Regulation on Insolvency Proceedings, in Int. Insolvency Review, 2006, p. 147 ss., spec.p. 150 ss.; RAIMON M., Centre des intérêts principaux et coordination des procédures dans lajurisprudence européenne sur le règlement relatif aux procédures d’insolvabilité, in Journal dudroit int., 2005, p. 739 ss.; LUPOI M.A., Conflitti di giurisdizioni e di decisioni nel regolamentosulle procedure d’insolvenza: il caso «Eurofood» e non solo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005,p. 1393 ss.; PAULUS Ch. G., Die ersten Jahre mit der Europäischen Insolvenzverordnung, inRabelsZ., 2006, p. 458 ss., spec. p. 460 ss.; CARRARA C., The Parmalat case, ivi, p. 538 ss.,spec. p. 549 ss.;

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vigente, la quale, rispecchiando la diversità delle due situazioni anche afini previdenziali, prevedeva l’applicazione disgiunta delle legislazioni deipaesi membri in cui l’uno e l’altro tipo di attività veniva rispettivamentesvolta45. Il regolamento in esame attribuisce invece prevalenza, semprenell’ottica di assicurare l’unicità della disciplina legislativa applicabile allacomplessiva posizione previdenziale del lavoratore, alla legislazione del-lo Stato membro di svolgimento dell’attività lavorativa subordinata. Lanorma precisa inoltre che, ove quest’ultima attività sia svolta in più diuno Stato membro, si applicheranno le regole a tal fine previste dal par.1 della norma, che si sono appena esaminate. La soluzione accolta inproposito dal regolamento, che si presenta volta ad assicurare la preva-lenza del regime previdenziale tendenzialmente in grado di offrire unatutela maggiore per il lavoratore, potrebbe tuttavia mancare il suo scopoqualora invece, in base alla legislazione individuata come applicabile, ilregime previdenziale in vigore per i lavoratori autonomi si rivelasse inconcreto più favorevole. La stessa perplessità può essere suscitata dallaregola parallela di cui al par. 4 della norma, che nel caso di concorso traun’attività lavorativa svolta in uno Stato membro in qualità di pubblicodipendente ed un’attività subordinata ovvero autonoma svolta in un altroStato membro attribuisce prevalenza alla legislazione del paese membrocui appartiene l’amministrazione dalla quale il lavoratore dipende46.

Un ultimo accenno merita infine di essere fatto alle modalità parti-colari nelle quali opera la regola della sottoposizione del lavoratore allalegislazione di sicurezza sociale dello Stato membro nel quale l’attivitàlavorativa è svolta qualora il lavoratore svolga abitualmente tale attività,sia essa di carattere subordinato o autonomo, a bordo di una nave bat-tente bandiera di uno Stato membro. In proposito, nell’ottica di assicu-rare un collegamento effettivo tra la legislazione di sicurezza sociale ap-

x45 Si veda l’art. 14-quater del regolamento n. 1408/71; in proposito, POCAR F. -VIA-

RENGO I., Diritto comunitario del lavoro, cit., p. 232 s.46 Le regole adottate dal regolamento n. 883/2004 per disciplinare queste peculiari

forme di concorso tra attività lavorative svolte a diverso titolo in Stati membri diversi appaionoin effetti perseguire una finalità di favor per il lavoratore che potrebbe poi in concreto rivelarsiinsussistente ove la legislazione considerata tendenzialmente più favorevole al lavoratore nonsi rivelasse in concreto tale: si rimanda in proposito alle considerazioni analoghe svolte supra,par. 2, in merito alla preferenza espressa nel regolamento per l’applicazione della lex locilaboris in luogo della legge del paese di residenza del lavoratore, con riferimento anche aquanto osservato in dottrina, in particolare da PENNINGS F., Coordination o f Social Security,cit., p. 69.

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plicabile e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa o, in difetto, illuogo di residenza del lavoratore o beneficiario, il regolamento prevedeun’eccezione alla regola generale per cui tale attività deve considerarsialla stregua di un’attività svolta nel territorio dello Stato membro dellabandiera, con conseguente applicabilità della legge tale Stato. L’eccezio-ne riguarda l’ipotesi in cui il lavoratore sia retribuito per l’attività svoltada un’impresa avente sede o da una persona avente domicilio in un altroStato membro. In questo caso, trova infatti applicazione la legislazioneprevidenziale di quest’ultimo Stato membro, purché il lavoratore sia inesso residente. Infatti, la sussistenza di quest’ultimo requisito fa propen-dere chiaramente per un collegamento maggiormente effettivo con que-st’ultimo Stato membro47. La regola è volta, evidentemente, a contrastareil ricorso a bandiere di convenienza, fenomeno un tempo riguardanteprevalentemente la scelta di bandiere di paesi terzi, come tale non rien-trante nell’ambito di applicazione del regolamento48, ma che, come evi-denziato anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, a seguito delconsistente allargamento dell’Unione europea è suscettibile di verificarsi

x47 La soluzione accolta in proposito nell’art. 11, par. 4 del regolamento n. 883/

2004 richiama con alcune varianti le regole già contenute nell’art. 14, par. 2 del rego-lamento n. 1408/71, le quali si presentavano più articolate, prevedendo ulteriori regoleper il caso di un lavoratore occupato a bordo di una nave battente bandiera di uno Sta-to membro che fosse distaccato a bordo di una nave battente bandiera di un altro Sta-to membro per svolgervi un lavoro, applicandosi in questo caso la legislazione previden-ziale del primo Stato membro, e per il caso di lavoratore che, non essendo abitualmen-te occupato in mare, fosse occupato in un porto o nelle acque territoriali di uno Statomembro a bordo di una nave battente bandiera di una altro Stato membro, nel qual ca-so prevedeva l’applicazione della legislazione del paese membro del porto. Si vedano, conriferimento a tali regole, POCAR F. - VIARENGO I., Diritto comunitario del lavoro, cit., p.233.

48 Il quale, come specificato all’art. 2 relativo all’ambito di applicazione rationepersonarum, si applica alle persone soggette alla legislazione di uno o più Stati membri,in un’ottica meramente inter partes, come appare necessariamente discendere dal carattereterritoriale della disciplina in materia ed è ulteriormente chiarito dall’art. 11, par. 1, il qualeprevede l’assoggettamento dei diritti di sicurezza sociale delle persone rientranti nell’ambito diapplicazione del regolamento alla legislazione di un singolo Stato membro, escludendo quindi,a differenza delle regole contenute nel regolamento «Roma I» con riferimento alla leggeapplicabile al contratto di lavoro, l’applicabilità della legge di un paese terzo. Si rimanda, conriferimento a questo sensibile limite della portata della disciplina contenuta nel regolamento,a quanto osservato supra, par. 2., note 12-16 e testo corrispondente.

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anche nei riguardi di Stati membri di recente adesione che possiedanoregimi di sicurezza sociale meno onerosi per i datori di lavoro49.

5. Le disposizioni sulla legislazione applicabile contenute nel re-golamento in esame a fronte della giurisprudenza della Corte digiustizia relativa al bilanciamento tra libertà di circolazione eprotezione dei diritti sociali

Come si è visto, le regole sulla legislazione di sicurezza sociale applicabilecontenute nel regolamento n. 883/2004 si sforzano di realizzare un du-plice obiettivo: da una parte, la sottoposizione del regime previdenzialedei lavoratori ad una legge che presenti un collegamento effettivo conl’attività lavorativa svolta, dall’altra, nei casi in cui vengano contempora-neamente in considerazione più leggi, la prevalenza di quella delle legi-slazioni in presenza che appaia in astratto suscettibile di garantire unatutela più ampia. Quest’ultimo obiettivo si manifesta in relazione ai casiche si sono visti da ultimo del concorso tra attività lavorativa subordinataed autonoma svolte in Stati membri diversi, ovvero di attività quale pub-blico dipendente svolta in un paese membro ed altra attività subordinatao autonoma svolta in altro paese50. La sintesi tra queste due esigenze, diprossimità rispetto al rapporto lavorativo e di favor per il lavoratore o peril beneficiario ad altro titolo delle prestazioni di sicurezza sociale, che ilregolamento appare perseguire, deve tuttavia essere collocata a propriavolta nel quadro più ampio tracciato dalla giurisprudenza della Corte digiustizia relativa al rapporto tra la politica sociale e le libertà fondamentali

x49 Con particolare riferimento al caso oggetto della sentenza della Corte di giustizia

dell’11 dicembre 2007, in causa C-438/05, International Trasport Workers’ Federation e a. c.Viking Line ABP e a., in Racc., 2007, p. I-10779 ss., sulla quale ci si soffermerà nel prossimoparagrafo. Si veda anche, per alcune considerazioni in ordine al carattere transitorio delfenomeno in questione, legato al contestuale ingresso nell’Unione di un numero consistentedi nuovi Stati membri e destinato ad assumere progressivamente minore rilevanza man manoche questi tenderanno ad adeguare il livello delle condizioni lavorative e previdenziali aquello degli altri Stati membri, INGRAVALLO I., La Corte di giustizia tra diritto di sciopero elibertà economiche fondamentali. Quale bilanciamento?, in La Comunità int., 2008, p. 641 ss.,spec. p. 653 ss.; con riferimento alla diffusione del fenomeno anche in ambito internazionale,ZANOBETTI PAGNETTI A., Il rapporto internazionale di lavoro marittimo, cit., p. 265 ss.

50 Previste rispettivamente dall’art. 13, par. 3 e par. 4 del regolamento n. 883/2004;si veda supra, par. 4.

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contemplate dal Trattato. In tale giurisprudenza, la Corte tende ad ope-rare un delicato bilanciamento tra l’esigenza della protezione dei dirittisociali dei lavoratori e delle persone da essi economicamente dipendentie la salvaguardia delle libertà fondamentali, con particolare riferimento,dal punto di vista dei datori di lavoro, al diritto di stabilimento ed allalibertà di prestazione dei servizi.

A quest’ultimo contesto afferiscono, in particolare, due prime pro-nunce della Corte di giustizia nelle quali, con riferimento a vicende ante-riori in un caso all’adozione e nell’altro all’attuazione della direttiva 96/71, si è posta espressamente la questione della compatibilità con le normedel Trattato CE in materia di libera prestazione dei servizi delle disposi-zioni del diritto interno di alcuni Stati membri, le quali obbligavano leimprese stabilite in altri Stati membri che impiegassero temporaneamentelavoratori nel proprio territorio al rispetto di determinate condizioni dilavoro e di occupazione. In particolare, nel caso Arblade51, veniva in con-siderazione l’applicazione ai lavoratori di un’impresa francese distaccatiper un periodo di tempo limitato in Belgio per l’esecuzione di lavori edilidi una serie di disposizioni del diritto belga, che prevedevano l’obbligoper il datore di lavoro di versare la retribuzione minima fissata dal perti-nente contratto collettivo di lavoro belga, oltre ad una serie di indennitàcomplementari a titolo di «marche-intemperie» e «marche-fedeltà». Talidisposizioni imponevano inoltre di rispettare una serie di disposizioniconcernenti le modalità di tenuta della documentazione relativa al rap-porto di lavoro, ivi incluso l’obbligo di designare un depositario in terri-torio belga tenuto a conservare la documentazione in questione per unperiodo di ben cinque anni dopo il completamento della prestazione.

La Corte di giustizia, pur riconoscendo la natura di norme di ap-plicazione necessaria di tali disposizioni dal punto di vista del diritto bel-ga, ha ritenuto che tale carattere delle disposizioni in questione non lesottraesse a un controllo di compatibilità con le norme del diritto comu-nitario e, in particolare, con le norme del Trattato concernenti la libertàdi prestazione dei servizi nell’interpretazione datane dalla Corte stessa.Procedendo a tale verifica, la Corte di giustizia è giunta alla conclusioneche, da una parte, le norme che richiedono di versare un trattamento sa-lariale minimo non appaiono costituire una restrizione ingiustificata della

x51 Corte di giustizia CE, sent. 23 novembre 1999, nelle cause riunite C-369/96 e

C-376/96, Proc. pen. c. J.-C. Arblade e a., B. Leloup e a., cit. (nota 29).

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libertà di prestazione di servizi, nella misura in cui siano agevolmente co-noscibili in modo da rendere prevedibili per il prestatore i relativi oneri.Dall’altra, le norme che impongono di prestare indennità complementarie di rispettare determinate modalità di tenuta della documentazione pos-sono rivelarsi costituire una restrizione ingiustificata di tale libertà, ove ildatore di lavoro sia già soggetto ad obblighi della stessa natura nello Statomembro in cui è stabilito. Questo approccio, nella prospettiva interna-zionalprivatistica, è stato visto come un’affermazione della natura mera-mente relativa dal punto di vista comunitario del carattere di applicazionenecessaria proprio di tali norme nazionali. Infatti, secondo la soluzioneadottata dalla Corte nella sentenza in esame, la loro applicazione in luogodella disciplina altrimenti applicabile è ammissibile solo ove non producaeffetti contrastanti con il diritto comunitario e soltanto nella misura incui un risultato sostanzialmente equivalente non possa essere raggiuntomediante l’applicazione della legge altrimenti applicabile52. Tale orienta-mento è stato confermato dalla Corte di giustizia nella successiva senten-za Mazzoleni53. In quest’ultimo caso, la Corte ha affermato che anchela mera previsione dell’obbligo di rispettare un livello salariale minimoprevisto dalla contrattazione collettiva locale possa in concreto rivelarsicostituire una restrizione ingiustificata della libertà di prestazione dei ser-vizi, ove, come nella specie, si tratti di un’impresa che, anziché distaccarelavoratori in un altro Stato membro per un periodo continuativo benchélimitato, come avveniva nel caso Arblade, si serva di lavoratori transfron-talieri i quali svolgano in maniera itinerante la loro attività lavorativa oranello Stato membro in cui sono assunti, ora in un altro Stato membrocontiguo. La restrizione alla libertà di prestazione dei servizi derivantedall’applicazione di tali norme risulterebbe ancor più ingiustificata overisulti che, pur essendo il livello salariale praticato nello Stato membro di

x52 Si vedano, con riferimento alla nozione di norme di applicazione necessaria accolta

dalla Corte di giustizia nella sentenza Arblade, tra gli altri, BONOMI A., Le norme di applicazionenecessaria nel regolamento «Roma I», cit., p. 175 ss.; BOSCHIERO N., I limiti al principio diautonomia, cit., p. 128 s.; DAVÌ A., La Rivista e gli studi di diritto internazionale privato inItalia nel dopoguerra, cit., p. 34 ss.; DE CESARI P., «Disposizioni alle quali non è permessoderogare convenzionalmente» e «norme di applicazione necessaria», cit., p. 262 ss.; MENGOZZI

P., I conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria in materia di rapporti di lavoro e lalibertà di circolazione dei servizi nella Comunità europea, cit., p. 704 ss.; ZANOBETTI PAGNETTI

A., Il rapporto internazionale di lavoro marittimo, cit., p. 176 s.53 Corte di giustizia CE, sent. 15 marzo 2001, in causa C-165/98, Proc. pen. c. A.

Mazzoleni e Inter Surveillance Assistance SARL, cit. (nota 39).

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stabilimento del datore di lavoro più basso di quello in vigore nello Statomembro nel quale l’attività viene ad essere temporaneamente prestata,nondimeno i lavoratori godano di una situazione economica complessivasostanzialmente equivalente, in ragione del trattamento previdenziale efiscale più favorevole in vigore nel primo Stato membro54.

L’orientamento della Corte di giustizia nel senso di un bilancia-mento rigoroso tra l’esigenza dei singoli Stati membri di garantire il ri-spetto di determinate condizioni di lavoro ed occupazione relativamenteai lavoratori impiegati anche solo temporaneamente nel proprio territo-rio e la salvaguardia delle libertà di circolazione contemplate dal Trattatoappare consolidato da una serie di pronunce più recenti, relative a fatti-specie diverse. Da una parte, nella sentenza relativa al caso Viking55, laCorte di giustizia ha affrontato la questione della compatibilità dell’azio-ne collettiva intrapresa da un sindacato finlandese di lavoratori marittimicon il diritto di stabilimento garantito al tempo dall’art. 43 del TrattatoCE (ora dall’art. 49 del TFUE) e con la libertà di prestazione di servizi ditrasporto marittimo prevista dall’art. 1, par. 1, del regolamento n. 4055/8656. L’azione collettiva in questione perseguiva lo scopo di vanificare ladecisione della Viking, impresa di navigazione stabilita in Finlandia laquale curava i trasporti marittimi nel mar Baltico con l’Estonia, di mutareda finlandese ad estone la bandiera di una propria nave adibita a talitrasporti. La decisione dell’impresa perseguiva l’evidente fine di rendereapplicabile all’equipaggio della nave il regime retributivo inferiore in vi-gore in Estonia e, proprio al fine di prevenire tale conseguenza sfavore-vole per i lavoratori, il sindacato finlandese intendeva imporre ad essadi aderire in ogni caso al contratto collettivo negoziato in Finlandia. LaCorte di giustizia ha riconosciuto in proposito effetto diretto orizzontalealla norma dell’art. 43 del Trattato CE relativa al diritto di stabilimento ela sua conseguente invocabilità da parte di un’impresa nei confronti di unaltro soggetto non avente natura giuridica pubblicistica quale un sindaca-

x54 Le differenziazioni tra le fattispecie oggetto delle pronunce della Corte di giustizia

relative ai casi Arblade e Mazzoleni e tra le conclusioni raggiunte dalla Corte nei due casi sonosottolineate in particolare da MENGOZZI P., op. cit., p. 707 s.

55 Corte di giustizia CE, sent. 11 dicembre 2007, in causa C-438/05, InternationalTrasport Workers’ Federation e a. c. Viking Line ABP e a., cit. (nota 49).

56 Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio del 22 dicembre 1986 che applica ilprincipio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Statimembri e paesi terzi, in G.U.C.E., L 378 del 31 dicembre 1986, p. 1 ss.

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to. Conseguentemente, ha affermato che l’azione collettiva in questione,pur non rientrando di per sé nell’ambito delle competenze comunitarie,restava nondimeno soggetta alle norme del Trattato in considerazionedell’incidenza che essa aveva sull’esercizio del diritto di stabilimento ga-rantito dal Trattato stesso. La Corte ha riconosciuto che l’azione postain essere dal sindacato finlandese dei marittimi comportava in concretouna restrizione del diritto di stabilimento che la Viking intendeva eser-citare cambiando la bandiera della propria nave. Al riguardo, la Corteha ritenuto che una tale restrizione potesse considerarsi giustificata, al-la luce della finalità indicata nell’art. 3 del Trattato CE di promuovereuna politica sociale mirata a perseguire gli obiettivi di cui all’art. 136dello stesso Trattato, unicamente ove consentisse di evitare che i postio le condizioni di lavoro di cui l’equipaggio della nave in questione go-deva in base al diritto ed alla contrattazione collettiva finlandese fosse-ro compromessi o seriamente minacciati dal prospettato mutamento dibandiera57.

Ugualmente relativa alla compatibilità dell’azione collettiva svoltadai sindacati di un paese membro con le libertà di circolazione contem-plate dal Trattato, benché con riferimento ad una fattispecie di distac-co di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, è la coeva sen-tenza Laval della Corte di giustizia58. In tale caso, a differenza dei dueprecedenti Arblade e Mazzoleni prima richiamati, veniva specificamentein considerazione la disciplina contenuta nella direttiva 96/71 che si è

x57 Si vedano, in particolare, i punti 72-74 e 78-83 della motivazione della decisione; al

riguardo, tra i numerosi commenti apparsi, DORSSEMONT F., L’esercizio del diritto all’azionecollettiva contro le libertà economiche fondamentali dopo i casi Laval e Viking, in Diritti LavoriMercati, 2008, p. 493 ss.; GARDE A., MAHÉ S., L’affaire Viking: dans quelle mesure une actionsyndicale collective peut-elle constituer un obstacle à la liberté d’établissement?, in Rev. duMarché commun et de l’Union eur., 2009, p. 97 ss.; GIUBBONI S., Norme imperative applicabilial rapporto di lavoro, cit., p. 567 ss.; INGRAVALLO I., La Corte di giustizia tra diritto di scioperoe libertà economiche fondamentali. Quale bilanciamento?, cit., p. 648 s.; LO FARO A., Dirittisociali e libertà economiche nel mercato interno: considerazioni minime in margine ai casi Lavale Viking, in Lavoro e diritto, 2008, p. 63 ss.; MIGLIORINI S., Delocalizzazioni di imprese e azionisindacali secondo la sentenza Viking, in Riv. dir. int., 2008, p. 776 ss.; SCIARRA S., Viking eLaval: diritti collettivi e mercato nel recente dibattito europeo, in Lavoro e diritto, 2008, p. 245ss., spec. p. 252 ss.; ZANOBETTI PAGNETTI A., Il rapporto internazionale di lavoro marittimo,cit., p. 267 ss.; si vedano anche ROCCELLA M., TREU T., Diritto del lavoro della Comunitàeuropea, cit., p. 166 ss.

58 Corte di giustizia CE, sent. 18 dicembre 2007, in causa C-341/05, Laval und PartneriLtd c. Svenska Byggnadsarbetareförbundet e a., in Raccolta, 2007, p. I-11767 ss.

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in precedenza esaminata59. Nella fattispecie, in cui un’impresa stabilitain Lettonia aveva distaccato temporaneamente dei lavoratori per l’esecu-zione di opere edili in Svezia, veniva in questione la compatibilità con ledisposizioni dell’art. 3 della direttiva dell’azione svolta dai sindacati sve-desi dei lavoratori del settore edilizio allo scopo di costringere l’impresaLaval ad accettare determinate condizioni relative ai salari minimi. Talicondizioni non erano previste da disposizioni legislative, regolamentari oamministrative né dalla contrattazione collettiva di applicazione generalenel settore ai sensi dell’art. 3, par. 8 della direttiva, bensì erano da trattarsispecificamente con i sindacati stessi, secondo l’assetto dei rapporti trale parti sociali al momento esistente in Svezia. La Corte di giustizia haaffermato in proposito che, pur rientrando la fissazione di livelli salarialiminimi tra le norme minime di cui i singoli Stati membri sono tenuti agarantire l’osservanza in base all’art. 3, par. 1 della direttiva 96/71, l’as-senza nelle disposizioni legislative e nella contrattazione collettiva aventeapplicazione generale di previsioni sufficientemente precise ed accessi-bili da parte di un’impresa stabilita in un altro Stato membro rendevaeccessivamente difficile la previsione da parte di tale impresa degli oneriai quali sarebbe andata incontro in relazione alla prestazione di servizinello Stato membro considerato. Conseguentemente, l’azione collettivavolta all’imposizione di tali obblighi costituiva una restrizione ingiustifi-cata della libertà di prestazione dei servizi garantita dal Trattato60.

L’approccio restrittivo della Corte di giustizia in merito alla giusti-ficazione di restrizioni alla libertà di prestazione di servizi derivanti dalperseguimento di obiettivi di politica sociale si è ulteriormente manife-

x59 Si veda supra, par. 3.60 Si vedano in particolare i punti 103-111 della motivazione della decisione; in

proposito, tra gli altri, DORSSEMONT F., L’esercizio del diritto all’azione collettiva contro lelibertà economiche fondamentali, cit., p. 493 ss.; GIUBBONI S., Norme imperative applicabilial rapporto di lavoro, cit., p. 567 ss.; KILPATRICK C., Laval’s regulatory conundrum: collectivestandard-setting and the Court’s new approach to posted workers, in Eur. Law Review, 2009,p. 844 ss., spec. p. 848 ss.; INGRAVALLO I., La Corte di giustizia tra diritto di sciopero e libertàeconomiche fondamentali, cit., p. 642 ss.; LO FARO A., Diritti sociali e libertà economichenel mercato interno: considerazioni minime in margine ai casi Laval e Viking, cit., p. 63 ss.;MENGOZZI P., I conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria in materia di rapporti dilavoro, cit., p. 709 ss.; ORLANDINI G., Ordine pubblico e dumping sociale nel mercato internodei servizi, cit., p. 664 ss.; ROCCELLA M. - TREU T., Diritto del lavoro della Comunità europea,cit., p. 166 ss.; SCIARRA S., Viking e Laval, cit., p. 260 ss.

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stato con le sentenze relative ai casi Rüffert61 e Commissione c. Lussem-burgo62, entrambi relativi a fattispecie di distacco di lavoratori in basealla direttiva sopra richiamata. Nel primo caso, si poneva la questionedella legittimità a fronte dell’art. 49 del Trattato CE relativo alla libertà diprestazione dei servizi di una disposizione del Land tedesco della BassaSassonia che imponeva alle imprese aggiudicatarie di appalti pubblici diapplicare ai propri lavoratori determinate condizioni retributive fissateda contratti collettivi di settore. La Corte di giustizia ha ritenuto che laquestione imponesse ancora una volta di prendere in considerazione ledisposizioni della direttiva 96/71, trattandosi di una fattispecie di distaccodi lavoratori da parte di un’impresa stabilita in un altro Stato membro. Inproposito, la Corte ha affermato che il fatto che la disposizione legislativain questione non individuasse direttamente il livello salariale minimo daosservarsi, ma ne rimettesse la determinazione ad un contratto collettivoche, come nella specie, non presentasse i requisiti di applicazione genera-le di cui all’art. 3, par. 8 della direttiva, comportasse la sua incompatibilitàcon la libertà di prestazione dei servizi contemplata dal Trattato. Ciò inquanto la disposizione in questione mirava ad imporre al prestatore diservizi stabilito in un altro Stato membro l’osservanza di obblighi cheandavano al di là delle norme imperative di protezione minima previstedalla direttiva in questione63. Nel secondo caso, veniva in considerazione,nell’ambito di una procedura d’infrazione, la conformità alla direttiva n.96/71 ed alle norme del Trattato in materia di libertà di prestazione deiservizi delle disposizioni della legge lussemburghese con la quale era statadata attuazione alla direttiva stessa. Principale profilo di illegittimità fattovalere dalla Commissione era dato dall’eccessiva ampiezza con la quale

x61 Corte di giustizia CE, sent. 3 aprile 2008, in causa C-346/06, Dirk Rüffert c. Land

Niedersachsen, in Racc., 2008, p. I-1989 ss.62 Corte di giustizia CE, sent. 19 giugno 2008, in causa C-319/06, Commissione delle

Comunità europee c. Granducato di Lussemburgo, cit. (nota 43).63 Si vedano in particolare i punti 31-41 della motivazione della decisione; al riguardo,

tra gli altri, GIUBBONI S., Norme imperative applicabili al rapporto di lavoro, cit., p. 567 ss.;KILPATRICK C., Laval’s regulatory conundrum, cit., p. 849 ss.; INGRAVALLO I., La Corte digiustizia tra diritto di sciopero e libertà economiche fondamentali, cit., p. 642 ss.; MENGOZZI P.,I conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria in materia di rapporti di lavoro, cit., p.717 ss.; ORLANDINI G., Ordine pubblico e dumping sociale, cit., p. 665 ss.; ROBIN-OLIVIER S.,Libre prestation de services, marchés publics et régulation sociale: le droit européen privilégiela concurrence fondée sur le coût du travail. CJCE, 3 avril 2008, Rüffert, affaire C-346/06, inRevue trim. de droit eur., 2008, p. 485 ss.; ROCCELLA M. - T., Diritto del lavoro della Comunitàeuropea, cit., p. 168 ss.

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il Lussemburgo aveva fatto uso della facoltà concessa agli Stati membridall’art. 3, par. 10 della direttiva. La norma in questione, come si è os-servato64, consente agli Stati membri di imporre ai prestatori di servizistabiliti in un altro Stato membro il rispetto di obblighi relativi alle con-dizioni di lavoro ed occupazione dei lavoratori distaccati con riferimentoa materie diverse da quelle oggetto delle norme imperative di protezioneminima di cui al par. 1 della norma, ove si tratti di disposizioni di ordinepubblico dello Stato membro in cui avviene il distacco. In proposito, laCorte ha considerato illegittima la pretesa della legge interna di imporrea titolo di ordine pubblico il rispetto anche da parte dei prestatori diservizi stabiliti in un altro Stato membro della gran parte delle condizionidi lavoro e di occupazione previste per i lavoratori nazionali. Nel fare ciò,la legge lussemburghese andava la di là del livello di protezione minimacontemplato dalla direttiva senza adeguatamente giustificare la necessitàdell’osservanza di tali condizioni per la tutela dell’ordine pubblico na-zionale, ciò comportando una violazione degli obblighi derivanti dalladirettiva nonché dalle disposizioni del Trattato concernenti la libertà diprestazione dei servizi65.

6. Considerazioni conclusive

L’orientamento di crescente rigore adottato dalla Corte di giustizia nelvalutare la legittimità di restrizioni alla libertà di prestazione dei serviziderivanti dall’obbligo di rispettare determinate condizioni di lavoro edoccupazione dei lavoratori distaccati che vadano al di là del contenutominimo previsto dall’art. 3, par. 1 della direttiva n. 96/71 o che sianopreviste da fonti che non soddisfino i requisiti formali di cui al par. 8della norma ha portato alcuni commentatori ad osservare non peregri-

x64 Si veda supra, par. 3.65 Si vedano in particolare i punti 50-51, 64-67 della motivazione della decisione; in

proposito, tra gli altri, KILPATRICK C., Laval’s regulatory conundrum, cit., p. 849 ss.; MENGOZZI

P., I conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria in materia di rapporti di lavoro, cit., p.711, 713, in nota; ORLANDINI G., Ordine pubblico e dumping sociale, cit., p. 664 ss.; ROCCELLA

M. - T., Diritto del lavoro della Comunità europea, cit., p. 169 ss. Da notare che a censure similisarebbe suscettibile di andare incontro l’attuazione della direttiva 96/71 operata in Italia conil D. lgs. n. 72/2000, sul quale si rimanda a quanto osservato supra, par. 3 in fine e, al riguardo,a GIUBBONI S., Norme imperative applicabili al rapporto di lavoro, cit., p. 565 ss.; NADALET S.,L’attuazione della direttiva 96/71 sul distacco, cit., p. 39 ss.

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namente che la Corte di giustizia ha in sostanza compiuto un’opera ditrasformazione di quelle che nello spirito della direttiva apparivano daintendersi come garanzie minime per i lavoratori distaccati in garanziemassime che lo Stato membro in cui avviene il distacco sarebbe legitti-mato ad imporre senza porre in essere una restrizione ingiustificata allalibertà di prestazione dei servizi garantita dal Trattato66. Questo approc-cio particolarmente restrittivo nei confronti del potere dello Stato mem-bro destinatario della prestazione di servizi di intervenire nella disciplinadelle modalità di esecuzione della prestazione sotto il profilo in esame èstato visto come foriero di conseguenze pregiudizievoli dal punto di vistasociale, in quanto suscettibile di riaprire la via ad una forma di concor-renza tra gli ordinamenti degli Stati membri volta a consentire proprioquei fenomeni di dumping sociale che le modificazioni apportate al testodella direttiva n. 2006/123 sui servizi nel mercato interno67 avevano spe-cificamente mirato a scongiurare68, limitando, in particolare, l’incidenzadella legge del paese d’origine nella disciplina della prestazione di servizie facendo salva la disciplina relativa ad aspetti specifici della prestazionecontenuta in altri atti69,

Al riguardo, per quanto sia necessario rilevare che le garanzie lacui imposizione ha formato oggetto del vaglio di compatibilità con le li-bertà di circolazione operato dalla Corte di giustizia nella giurisprudenzaesaminata concernessero specificamente profili, particolarmente di con-tenuto economico, inerenti alla disciplina del rapporto di lavoro subor-dinato e non già ai diritti di sicurezza sociale che formano oggetto delledisposizioni del regolamento n. 883/2004 qui esaminate, non si può farea meno di rilevare che tanto le une quanto le altre concorrono pur sem-

x66 Si vedano in particolare a questo riguardo le osservazioni critiche di MENGOZZI P., I

conflitti di leggi, le norme di applicazione necessaria in materia di rapporti di lavoro, cit., p. 714s.; GIUBBONI S., Norme imperative applicabili al rapporto di lavoro, cit., p. 571 ss.; INGRAVALLO

I., La Corte di giustizia tra diritto di sciopero e libertà economiche fondamentali, cit., p. 652 ss.;ORLANDINI G., Ordine pubblico e dumping sociale, cit., p. 675 ss.; ROBIN-OLIVIER S., Libreprestation de services, marchés publics et régulation sociale, cit., p. 492 ss.;

67 Direttiva CE n. 123/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre2006, sui servizi nel mercato interno, in G.U.U.E., L 376 del 27 dicembre 2006, p. 36 ss.

68 Osservano in proposito icasticamente ROCCELLA M. - TREU T., Diritto del lavorodella Comunità europea, cit., p. 171, come il fenomeno del dumping sociale «scacciato dallaporta (dalla direttiva ‘Bolkestein’), stia rientrando dalla finestra (dell’interpretazione delladirettiva n. 96/71)».

69 Si veda in tal senso l’art. 3 della direttiva n. 2006/123, il quale individua specifica-mente, tra gli atti la cui applicazione è fatta salva, la direttiva n. 96/71 sul distacco dei lavoratori.

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pre all’attuazione di finalità comunque ricadenti nell’ambito della poli-tica sociale contemplata dall’attuale articolo 151 del TFUE e già dallacorrispondente disposizione dell’art. 136 del Trattato CE, alla quale laCorte di giustizia ha fatto più volte riferimento nella giurisprudenza esa-minata70. È pertanto lecito attendersi che anche in sede di interpretazio-ne delle disposizioni del regolamento n. 883/2004, ivi incluse le regoleconcernenti la determinazione della legislazione applicabile che si sonoesaminate, la Corte di giustizia opererà il medesimo bilanciamento tra lefinalità di carattere sociale perseguite dall’atto e l’esigenza di non pregiu-dicare le libertà fondamentali di circolazione contemplate dal Trattato71.

Appare inevitabile, quindi, dover concludere che, nella concretaapplicazione ed interpretazione delle regole concernenti l’individuazio-ne della legislazione di sicurezza sociale applicabile contenute nel rego-lamento in esame, gli obiettivi lato sensu internazionalprivatistici che taliregole perseguono, che si sono in precedenza individuati da una partenell’individuazione di una legge di uno Stato membro che presenti unrapporto di prossimità rilevante con il rapporto lavorativo da cui le pre-stazioni di sicurezza sociale derivano e, dall’altra, nell’accordare la pre-valenza a quella tra le leggi in presenza che si riveli potenzialmente attaa garantire una tutela più ampia72, dovranno pur sempre essere soggettiad un sindacato di compatibilità con le libertà fondamentali contemplatedal Trattato. In quest’ottica, ad esempio, le regole sopra esaminate chein caso di concorso tra attività lavorative svolte a diverso titolo in Stati

x70 Si vedano, in particolare, sent. 11 dicembre 2007, in causa C-438/05, Viking, cit.,

punti 43 ss. della motivazione; sent. 18 dicembre 2007, in causa C-341/05, Laval, cit., punti104 ss. della motivazione.

71 La stretta interconnessione esistente tra profili strettamente inerenti al rapportodi lavoro, particolarmente per quanto attiene al regime retributivo, e profili attinenti al fun-zionamento dei sistemi di sicurezza sociale nazionali, la cui stabilità finanziaria può dipende-re anche dal livello della retribuzione dei lavoratori, è stata presa in considerazione anchedalla Corte di giustizia nella sentenza del 3 aprile 2008, in causa C-346/06, Rüffert, cit.,punto 42 della motivazione, pur concludendo la Corte che relativamente alla fattispecie inesame non sussistessero elementi per concludere che dalla mancata applicazione del livellominimo salariale fissato dalla contrattazione collettiva locale potesse derivare un rischio digrave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale nazionale, ciò che,secondo quanto affermato dalla Corte nella sentenza del 16 maggio 2006, in causa C-372/04,Yvonne Watts c. Bedford Primary Care Trust e a., in Racc., 2006, p. I-4325 ss., punto 103 dellamotivazione, avrebbe potuto giustificare quale motivo imperativo di interesse generale unarestrizione della libertà di prestazione dei servizi.

72 Si rimanda in proposito a quanto osservato supra, par. 2, in merito al primo obiettivo,e par. 4, con riferimento al secondo.

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membri diversi, prevedono l’applicazione della legislazione previdenzialetendenzialmente più favorevole con riferimento ad entrambe le attività,potrebbero andare incontro a potenziali censure in quanto suscettibili direalizzare una restrizione, a seconda dei casi, alla libertà di prestazione diservizi o a quella di circolazione dei lavoratori73.

In attesa che queste valutazioni possano essere confermate ovve-ro smentite dalla Corte di giustizia quando questioni relative all’inter-pretazione delle disposizioni in esame verranno sottoposte al suo giudi-zio, ci sembra che una prima constatazione si imponga. E cioè che inuna materia quale quella in esame, in cui le regole volte all’individua-zione della legislazione statale applicabile costituiscono un meccanismomeramente strumentale all’attuazione di una finalità di politica materia-le dell’Unione che non avrebbe potuto essere raggiunto tramite la viadell’unificazione o dell’armonizzazione, il rapporto tra le diverse leggisuscettibili di venire in considerazione è innanzitutto limitato, in virtùdel principio di territorialità, al solo novero delle leggi dei diversi Statimembri, lasciando per così dire fuori dalla porta le ipotesi sempre piùfrequenti di situazioni che presentano collegamenti rilevanti al tempostesso con Stati membri e con paesi terzi74. Inoltre, tale rapporto si vienea porre su di un piano non già orizzontale, come vorrebbe suggerire laformale parità tra le diverse leggi statali in conflitto, bensì, se non verti-cale, quantomeno inclinato, in quanto sulle prospettive di applicabilitàdell’una piuttosto che dell’altra legge sono destinate ad incidere valuta-zioni inerenti alla compatibilità dell’una ovvero dell’altra soluzione con

x73 A seconda, evidentemente, della natura autonoma ovvero subordinata dell’attività

lavorativa parallela svolta nello Stato membro la cui legislazione previdenziale non è destinataad applicarsi in base alle regole contenute nell’art. 13 del regolamento che si sono esaminatesupra, par. 4.

74 Si rimanda a questo riguardo a quanto osservato supra, par. 2 in fine, in meritoalla diversità di approccio relativo all’ambito di applicazione ratione personarum delle regoledi conflitto contenute nel regolamento «Roma I» come già nella convenzione di Roma del1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, applicabili erga omnes, e le regolecontenute nel regolamento n. 883/2004, le quali seguono invece l’approccio inter partes.La scarsa considerazione dedicata dalla Corte di giustizia nella giurisprudenza che si èesaminata alla disciplina applicabile con riferimento alle questioni oggetto d’esame a livellointernazionale, con particolare riferimento, in relazione al caso Rüffert, alla Convenzione n.94 dell’OIL adottata nel 1949, la quale impone l’inserimento nei contratti pubblici di unaclausola che preveda il rispetto delle condizioni salariali e di lavoro previste dal contrattocollettivo locale, da ROBIN-OLIVIER S., Libre prestation de services, marchés publics et régulationsociale: le droit européen privilégie la concurrence fondée sur le coût du travail, cit., p. 493 s.

Page 36: La legge applicabile alle prestazioni di sicurezza sociale nel … · 2012. 4. 17. · RDSS, anno X, n. 3, 2010 SAGGI Fabrizio Marongiu Buonaiuti La legge applicabile alle prestazioni

Fabrizio Marongiu Buonaiuti

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gli obiettivi di politica materiale dell’Unione, ovvero, in una materia co-me la presente, con quello tra i diversi obiettivi di carattere materialeeventualmente in conflitto che sia da considerarsi di volta in volta pre-valente75.

x75 Si rimanda a quanto osservato supra, par. 2 in fine, con riferimento anche ai

rilievi in proposito di SALERNO F., Note introduttive – I, cit. (nota 33), p. 524; più ampia-mente, sulla problematica del rapporto tra regole di diritto internazionale privato e obiet-tivi di politica materiale della Comunità – ovvero, ora, dell’Unione – tra gli altri, AUDIT

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