LA GUERRA E LA MEMORIA - Fondazione Pescarabruzzo vari/Libre… · La grande quantità di foto...

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  • LA GUERRA E LA MEMORIA

    Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra a fianco di Inghilterra e Francia contro Austria e Germania. Il conflitto era iniziato il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914. Le prime operazioni militari videro la rapida avanzata dell'esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, azione fermata però dagli anglo-francesi con la prima battaglia della Marna nel settembre 1914. Con il contemporaneo attacco dei russi da est, il conflitto degenerò in una logorante guerra di trincea che si replicò su tutti i fronti fino al termine delle ostilità. Diverse altre nazioni si schierarono contro gli Imperi centrali, spesso non entrando nel conflitto armato, ma fornendo importanti aiuti economici. La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918 quando, prima l’Austria, poi la Germania firmarono l'armistizio imposto dagli Alleati. I maggiori imperi esistenti al mondo, tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo si estinsero, generando diversi stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica dell'Europa e di altri continenti. 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa). Circa 10 milioni caddero sui campi di battaglia e circa 7 milioni furono le vittime civili, non solo per gli effetti diretti della guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie. A dare le dimensioni di una tragedia epocale, si aggiunsero quasi 8 milioni di dispersi e più di 22

    milioni di feriti. Tra gli italiani si contarono 650.000 militari morti e circa 600.000 civili. L'Album di Arturo De Sanctis è uno spaccato di questi tragici avvenimenti in uno dei tanti fronti della Grande Guerra: quello dolomitico dell'Alto Cordevole. Un fronte di montagna dove l’obiettivo ambizioso e assurdo dei generali era quello di valicare rapidamente i passi alpini, per avanzare poi lungo le vallate e, addirittura, verso Vienna! Ma il confine italo-austriaco, che correva per 370 chilometri lungo l’arco alpino, costituiva un nemico infido e implacabile di rocce e ghiacci. Così si sparse solo sangue e morte e il fronte fu abbandonato dopo 2 anni senza nessuna conquista. L’Album fu ideato da Arturo come un progetto di

    ricordi personali di un giovane ufficiale chiamato ad una "impresa" che tutti ritenevano di breve durata. Non fu così e le 210 pagine arrivano oggi a noi come testimonianza viva dei 2 anni di guerra vissuti da Arturo. In essa, i toni tragici e freddi della storia ufficiale sono smorzati dal racconto per immagini di giornate di normale quotidianità che quelle giovani generazioni cercavano di vivere in quei tragici luoghi, inconsapevoli dei loro destini. La vastissima raccolta di fotografie (550), di disegni originali (40), di decorazioni su ogni pagina dell’Album e i moltissimi documenti raccolti, quasi tutti prodotti in contemporanea con gli avvenimenti vissuti, costituiscono un opera di valore storico, artistico e umano e, grazie alla grande attenzione usata nei 100 anni per la loro conservazione, diventa oggi un grande contributo alla memoria collettiva.

    (Andrea Morelli - Settembre 2015)

  • ARTURO DE SANCTIS - BIOGRAFIA BREVE

    Arturo De Sanctis nasce a Teramo il 6 novembre

    1889, ultimo dei nove figli di Carlo (1845 -1903). Si laurea in Giurisprudenza a Roma alla fine del 1912. Dopo la laurea frequenta il Corso Ufficiali alla Scuola Militare di Modena e, nominato Sottotenente a novembre 1915 (foto a sinistra), dopo l'entrata in guerra dell'Italia, è inviato al Fronte Dolomitico dell'Alto Cordevole in forza all’81° Reggimento di Fanteria Brigata Torino. Qui gli vengono assegnati compiti di istruttore presso il Comando di Reggimento e, a gennaio 1917 riceve la nomina a Tenente e successivamente a comandante di Compagnia. Al fronte Arturo De Sanctis si distingue per numerosi atti di coraggio. Riceve un encomio solenne "per aver recuperato cadaveri di soldati caduti presso i reticolati nemici". Gli viene conferita la medaglia d’argento perché: “In occasione di un violento attacco del nemico, benché contuso in più parti, col proprio contegno fermo e sereno, animava i dipendenti a respingere l'avversario con tenacia e vigorosa lotta corpo a corpo e volgerlo in fuga infliggendogli notevoli perdite". Dall' agosto 1917 la Brigata Torino viene trasferita sul fronte dell'Isonzo dove, tre giorni dopo la disfatta italiana di Caporetto, il 27 ottobre 1917, Arturo De Sanctis è ferito al braccio sinistro nel Vallone del Grillo (Volkovniak). Per il suo comportamento riceverà la medaglia di bronzo perchè: “Per quattro giorni di

    seguito, sotto il violento bombardamento nemico, fu volontario e valido collaboratore del Comando. Ferito, lasciava il suo posto solo quando le sofferenze della ferita glie lo imposero”. Con il ferimento termina il periodo in guerra di Arturo De Sanctis. Viene curato in vari ospedali fino a giungere a quello anglo-americano del Celio a Roma. Qui, il 7 novembre 1918, riceve la nomina a Capitano. Dal 19 marzo 1922 viene posto in congedo illimitato dalle Forze Armate. Arturo De Sanctis si trasferisce a Milano dove sposa Gina Ceppi e lavora come conslente legale della RAS. A Milano incontra e frequenterà di nuovo Armando Pomi, il suo "sergente-disegnatore", con cui ha condiviso gli anni della guerra. Pomi, diventato famoso illustratore pubblicitario, completerà le decorazioni dell'Album voluto da Arturo alla partenza per il fronte e già in parte da lui illustrato nei momenti di pausa dalle battaglie. Nonostante la lontananza, Arturo De Sanctis torna frequentemente nella sua amata Spoltore dove, alla fine degli anni '50, pensionato, vi si stabilisce definitivamente fino alla morte avvenuta il 14 maggio 1964.

  • L'ALBUM DI ARTURO DE SANCTIS

    L'Album è stato realizzato da Arturo De Sanctis di Spoltore come suo ricordo personale della Grande Guerra del '15-'18. Fu arruolato come ufficiale nell'81° Reggimento della Brigata Torino destinata al fronte dolomitico dell'Alto Cordevole da maggio 1915 e, da agosto 1917, sul fronte dell'Isonzo dove venne ferito. Arturo De Sanctis fu decorato con medaglia d'Argento e di Bronzo. Rilegato in pelle con i simboli della famiglia

    De Sanctis, l'Album è costituito da 210 pagine, quasi tutte con decorazioni che contornano le 535 fotografie realizzate al fronte. La grande quantità di foto presenti fa senza dubbio ritenere che l'autore, o meglio, gli autori, fossero militari del reparto di osservatori di cui facevano parte anche fotografi e disegnatori (spesso erano la stessa persona). I primi fotografavano il territorio da ogni posizione e angolazione. I disegnatori, "copiando" da queste immagini, realizzavano la grafica secondo le esigenze dei comandi. L'Album esprime molto chiaramente queste modalità operative. Infatti, delle 535 foto contenute (per la maggior parte di paesaggio) solo una minima parte possono essere ritenuti scatti personali di Arturo De Sanctis. È invece più probabile che, avendo lui avuto compiti nei comandi per tutto il periodo di guerra, abbia avuto la possibilità (e il permesso) di raccoglierle o di farne stampare copie personali. Questo è confermato dalla scoperta che anche nell'Album del sottotenente Giuseppe Vantini (presente al fronte con De Sanctis in forza all'81°) sono state ritrovate foto identiche provenienti dallo stesso negativo. L'album ha alcuni aspetti che ne contraddistinguono la preziosità e lo differenziano da tanti altri realizzati dai partecipanti alla Grande Guerra. Per gran parte è stato redatto "in contemporanea con la successione degli avvenimenti": quindi al fronte.Nelle pagine dell'Album le fotografie sono tutte contornate da disegni e 40 di esse sono costituite da disegni originali ad acquarello, china e matita, realizzati per la maggior parte da Armando Pomi, un "sergente-pittore" dell'81° e alcuni da Achille Ferraro (disegni delle armi). De Sanctis e Pomi, dopo la guerra, si frequentarono di nuovo a Milano (entrambi nella città per lavoro) e qui, Pomi, diventato famoso illustratore pubblicitario, completò le decorazioni dell'Album. Alcune furono anche realizzate dal fratello del De Sanctis, Italo e da Giuseppe D’Albenzio (noti pittori della prima metà del Novecento di Spoltore). Nell'Album sono presenti diversi formati di stampa fotografica, motivo dell'esistenza di vari tipi di apparecchi fotografici compresi quelli a lastre. Se Arturo De Sanctis aveva con se una fotocamera personale, poteva essere una Kodak Vest Pocket, nel formato 6,5 x 4. L’Album voluto da Arturo De Sanctis come documento di ricordi personali, arriva oggi a noi come testimonianza viva dei suoi 2 anni di guerra fino al suo ferimento sul fronte dell'Isonzo, il 27 ottobre 1917. Una particolarità riguarda il fatto che ci sono solo scatti del fronte dolomitico che viene abbandonato il 26 agosto del 1917 dalla Brigata Torino destinata al fronte dell’Isonzo dove le truppe italiane erano in grave difficoltà. Segnale forse che la necessità di fotografare, che era stata indispensabile nel fronte montano, veniva meno e, in ogni caso, impegni più gravosi e rischiosi si prevedevano per l’81°. (AM)

  • GUERRA 1914/1918 – CRONOLOGIA ESSENZIALE ANNO 1914 IN EUROPA E NEL MONDO IN ITALIA SUL FRONTE DOLOMITICO

    28 Giugno L'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando viene assassinato a Sarajevo con la moglie Sofia dagli studenti serbi Gabrinovich e Princip.

    23 Luglio L'Austria-Ungheria invia un ultimatum alla Serbia.

    24 Luglio Inizio della mobilitazione russa.

    27 Luglio Risposta parziale della Serbia all'ultimatum austriaco.

    28 Luglio Inizio delle operazioni di guerra contro Serbia da parte dell'Austria.

    31 Luglio Mobilitazione generale in Austria e in Germania.

    1 Agosto La Germania dichiara guerra alla Russia.

    2 Agosto L’Italia dichiara la sua neutralità.

    3 Agosto La Germania dichiara guerra alla Francia e invade il Belgio.

    4 Agosto

    L'Inghilterra dichiara guerra alla Germania, aver violato la neutralità del Belgio

    23 Agosto Il Giappone dichiara guerra alla Germania.

    27 - 30 Agosto Battaglia di Tannenberg. I Russi sono sconfitti da Hindenburg.

    9 -10 Settembre

    Battaglia dei Laghi Masuri. I Russi sono di nuovo battuti da Hindenburg e si ritirano dalla Prussia orientale.

    5 -12 Settembre

    Battaglia della Marna: i Francesi arrestano l'avanzata dei Tedeschi in Francia. Inizio della « guerra di posizione ».

    1 Settembre

    La Turchia entra in guerra a fianco de Imperi Centrali.

    ANNO 1915 IN EUROPA E NEL MONDO IN ITALIA SUL FRONTE DOLOMITICO

    Febbraio I Russi battuti di nuovo ai Laghi Masuri.

  • 26 Aprile

    Patto di Londra tra l'Italia e gli Alleati.

    4 Maggio

    L'Italia denuncia il Trattato della Triplice Alleanza.

    Maggio

    I Russi sconfitti dagli Austriaci a Gorlice in Galizia.

    24 Maggio L'Italia entra in guerra contro l'Austria.

    3 Giugno La Brigata Torino si schiera nella regione dell’Alto Cordevole a sostegno dell’azione svolta degli alpini contro il Sasso di Stria.

    7-11 Luglio Conquista della Forcella del Col dei Bos, e Cima Bos.

    30 Luglio Occupazione del gruppo del Cristallo.

    Agosto Attacchi disastrosi nella zona di Cima Falzàrego, Forcella Travenànzes, Foràme, Costabella.

    Agosto Fallimento del tentativo degli Alleati di forzare i Dardanelli.

    10 Agosto La Bulgaria entra in guerra a fianco degli Imperi Centrali.

    Novembre La Serbia viene invasa dagli Austriaci e dai Bulgari.

    Salvataggio dell'esercito serbo a Corfù effettuato dalla flotta italiana.

    ANNO 1916 IN EUROPA E NEL MONDO IN ITALIA SUL FRONTE DOLOMITICO

    Febbraio – Aprile

    Vana offensiva tedesca contro Parigi e Verdun lanciala dal generale Falkenhayn.

    17 Aprile Mina italiana sul Col di Lana: galleria lunga 105 m., 90 m. di profondità, caricata con 524 Kg di gelatina esplosiva.

    31 Maggio

    Battaglia navale dello Jutland tra Inglesi e Tedeschi.

    Maggio – Giugno

    Offensiva austriaca sull'Altipiano dei Selle Comuni («Strafexpedition», cioè Spedizione punitiva).

    19 Giugno Inizio del ministero di unione nazionale presieduto da Paolo Boselli

    11 Luglio Alle 3,30 la mina, 35 tonnellate di

  • esplosivo, fanno saltare in aria la sella del Castelletto, mentre il Re e il gen. Cadorna assistono dalle Cinque Torri; 150 austriaci muoiono nello scoppio.

    6 – 9 Agosto

    Conquista del Sabotino e presa di Gorizia.

    27 Agosto La Romania entra in guerra a fianco degli Alleati.

    28 Agosto

    Dichiarazione di guerra dell'Italia alla Ger-mania

    Settembre Invasione della Romania

    ANNO 1917

    IN EUROPA E NEL MONDO IN ITALIA SUL FRONTE DOLOMITICO

    Gennaio Tentativi dell'Imperatore d'Austria Carlo per una pace separala.

    Febbraio Inizio della Rivoluzione russa. Abdicazione dello Zar Nicola II.

    Aprile

    Convegno franco-anglo-italiano di San Giovanni di Mariana.

    6 Aprile

    Gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania per l'intensificarsi della guerra sottomarina

    Giugno La Grecia dichiara guerra alla Germania. La battaglia della Bainsizza

    Agosto Vano tentativo di mediazione fra i contendenti del pontefice Benedetto XV.

    26 Agosto

    La Brigata Torino si sposta al fronte del basso Isonzo.

    24 Ottobre Disfatta di Caporetto. Le linee italiane 'arretrano sul fronte del Piave. Ministero di unione nazionale presieduto da V. E. Orlando.

    28 Ottobre Gli italiani lasciano Cortina.

    9 Novembre Battaglia del Grappa

    17 novembre (ottobre nel calendario russo)

    «Rivoluzione di ottobre» ed instaurazione del regime bolscevico in Russia

    ANNO 1918 IN EUROPA E NEL MONDO IN ITALIA SUL FRONTE DOLOMITICO

  • 3 Marzo Trattato di Brest-Litovsk tra i Russi e i Tedeschi.

    Marzo-maggio Sfondamento delle linee inglesi e francesi ad Arras e in Fiandra e ultime grandi offensive tedesche

    13 – 24 Giugno

    Battaglia del Piave.

    7 Luglio Patto di Corfù tra Serbi, Croati e Sloveni per la costituzione dello Stato Jugoslavo.

    Settembre Resa della Bulgaria.

    24 Ottobre Battaglia di Vittorio Veneto: l'esercito austriaco viene definitivamente annientato.

    25 Ottobre In Ampezzo inizia la ritirata austriaca; segue il caos di migliaia di militari in fuga, laceri ed affamati.

    31 ottobre Resa della Turchia.

    4 Novembre Armistizio di Villa Giusti tra l'Italia e l'Austria.

    11 Novembre Capitolazione della Germania

    1 Dicembre Costituzione dello stato autonomo jugoslavo.

    10 sett 1919 Trattato di St. Germain Dolomiti del Tirolo occidentale entrano nel Regno d'Italia.

  • LA GRANDE GUERRA NELLE DOLOMITI

    Disegno del Serg. Armando Pomi del Fronte dell'Alto Cordevole (dall'Album)

    Nel 1511 l’imperatore Massimiliano aveva inglobato la tutela del Tirolo. Su entrambi i versanti di una possente catena montuosa, le Alpi, vigilava da secoli un popolo di montagna che, oltre a tutto, parlava tre lingue diverse. Il regno asburgico si era formato più per fortunata coincidenza, tramite matrimoni ed eredità, ovvero grazie a circostanze felici malgrado tante guerre sfortunate e perse. E per questo non dava mai origine ad una comunità unitaria. Nel frattempo la Lombardia (1859) e il Veneto (1866) vengono persi dal regno asburgico a favore dell’Italia, a quel tempo in sempre più rapida espansione, anche se vaste aree come Trieste, Gorizia e anche il Trentino restano sotto il dominio austriaco. Nel 1882, tuttavia, l’Italia si allea militarmente con Austria e Germania, dando vita alla Triplice Alleanza, contro le altre potenze, Francia, Russia e Gran Bretagna. Eppure c’è fermento, clero e uomini influenti si battono schierandosi a fianco dei ribelli. Pressappoco nello stesso periodo, in Trentino vedono la luce due personalità carismatiche destinate ad influenzare in maniera decisiva il futuro destino non solo della regione, bensì di tutta l’Europa: Cesare Battisti (1875-1916) e Alcide De Gasperi (1881-1954). Entrambi studiano in Austria, parlano perfettamente il tedesco, lottano affinché l’imperatore Francesco Giuseppe I accolga l’istanza di un’università in lingua italiana, divengono editori di testate giornalistiche ed entrambi si candidano come deputati al Parlamento di Vienna. Poi scoppia la Prima Guerra Mondiale. Battisti combatte in prima linea a fianco dell’Italia, De Gasperi si dichiara neutrale. Battisti viene fatto prigioniero e liquidato in maniera umiliante, Alcide De Gasperi, invece, viene imprigionato sotto Mussolini, sorge nuovamente come una cometa dopo la Seconda Guerra, viene eletto Presidente del Consiglio italiano e, più tardi, sarà uno dei grandi promotori dell’Europa unita. La guerra era scoppiata perché voluta da tutte le parti e per le più svariate ragioni, e per tutti non doveva durare più di una settimana, al massimo fino al Natale 1914. Il 28 giugno 1914, il nazionalista serbo Gavrilo Princip assassina il successore al trono austriaco Francesco Ferdinando e la consorte. Seguirà un ultimatum inadempibile che segnerà l’inizio di quella che sarebbe risultata, sino a quel momento, la più grande guerra territoriale mai vista al mondo. In un primo momento l’Italia si tiene fuori dal conflitto, anche se non aspettava altro che poter riscattare secoli di umiliazioni. Poi infine, nel maggio del 1915, fu concepito qualcosa destinato a entrare nella storia bellica: la guerra di montagna. Obiettivo dell’Italia in effetti era quello di valicare rapidamente i passi alpini, per avanzare poi in direzione di Vienna lungo le vallate. Le cose però andarono in modo del tutto diverso da come chiunque si sarebbe aspettato. Divenne una guerra in solitudine, e fu un “fronte tra rocce e ghiacci”. Il confine italo-austriaco correva per 370 chilometri lungo l’arco alpino. Le sue montagne costituivano un baluardo naturale nel quale, accanto alle due parti belligeranti fece presto la sua comparsa un comune nemico, infido e implacabile: la natura. Una fatale esitazione da parte dell’Italia, dovuta forse al fatto di essere entrata in guerra in modo affrettato e avventato nel maggio del 1915, fece subito sfumare l’occasione di travolgere, contando sul fattore sorpresa, le truppe austriache non ancora organizzate e sfondarne le linee attraverso una valle o uno dei valichi meno elevati. Un tattica questa messa in pratica con successo dagli austriaci a Caporetto nell’autunno del 1917, quando travolsero le difese italiane ormai allo stremo nella valle dell’Isonzo. Questo diede tempo agli Standschützen tirolesi di organizzarsi, iniziando a occupare, grazie alla loro ottima conoscenza del territorio, le cime e le linee strategicamente più favorevoli e, dall’oggi al domani gli Austriaci disposero di 50.000 uomini in armi. Lungo tutta la linea del fronte, si trovava una nutrita serie di roccaforti e fortini, in parte obsoleti, che dovevano servire a bloccare eventuali attacchi da parte italiana.

  • Senza immaginare ciò a cui andavano incontro, i belligeranti presero ad affrontarsi in infruttuosi e logoranti combattimenti di portata locale. Chi attaccava erano gli italiani, con l’obiettivo di travolgere gli austriaci. Un compito ingrato, che costituiva uno svantaggio per le truppe italiane, per lo più composte da soldati reclutati alla rinfusa tra braccianti e servi agricoli. Non che alpini o bersaglieri fossero degli avversari di poco conto, anzi. Essi cercarono di compensare la scarsa conoscenza del territorio sia con l’ardimento sia gettando nella mischia un maggior numero di soldati, il che ebbe come conseguenza che le vittime da parte italiana furono molto più numerose di quelle della parte avversa. Cortina d’Ampezzo, la capitale“ delle Dolomiti, in una vallata considerata indifendibile, fu dagli austriaci lasciata senza colpo ferire agli italiani. Un regalo che scatenò un’incontenibile euforia nelle truppe italiane entrate in città, rendendole ancora più certe della vittoria. Purtroppo l’atroce disillusione non tardò ad arrivare e la guerra di movimento si trasformò in logorante guerra di posizione. Questa guerra tra i monti viene ricordata per le molte ardite imprese che vi furono compiute e per le molte mine di galleria fatte brillare come quella sul Col di Lana, il 17 aprile del 1916, quando la sua sommità fu fatta saltare in aria dallo scoppio di due mine, poste sotto la vetta in una galleria scavata dalle truppe italiane. E naturalmente anche per l’inverno del 1915-1916, in cui le valanghe fecero migliaia di vittime tra i soldati. La Marmolada divenne famosa. Dopo aspri combattimenti con molte perdite l’ingegnere e alpinista austriaco Leo Handl ebbe la geniale idea di realizzare nel ghiaccio un sistema di gallerie. Ma in nessun caso gli italiani riuscirono a sfondare il fronte nemico. Dagli altopiani dei Sette Comuni, che ha come capoluogo Asiago, partì, nella primavera del 1916, la cosiddetta “Strafexpedition” (spedizione punitiva) che aveva lo scopo era di sfondare il fronte in Valsugana per penetrare da lì in profondità nel territorio italiano. Era la rappresaglia austriaca contro l’«alleato traditore». La spedizione punitiva si concluse senza clamore nel giugno del 1916 perché le truppe austriache servivano più urgentemente altrove. Il 10 giugno del 1917 gli italiani con 1.500 pezzi d’artiglieria attaccarono l’Ortigara, sull’altopiano dei Sette Comuni, senza però riuscire a sfondare le linee avversarie. Il Monte Corno invece, nella zona di Rovereto, raggiunse una triste notorietà nel luglio del 1916 perché vi fu fatto prigioniero, Cesare Battisti, figura simbolo dell’irredentismo trentino. Dopo la cattura fu processato e condannato a morte per alto tradimento dagli austriaci e il 13 luglio del 1916 fu impiccato nel Castello del Buon Consiglio. Gli italiani ne fecero subito un martire, per gli austriaci invece era un sabotatore. Una cima del Pasubio, da dove si poteva si poteva dominare la valle dell’Adige da Trento sino a Verona, fu fatta saltare in aria nel 1917 da una mina austriaca, nella più sconvolgente esplosione di tutta la guerra di montagna, in cui trovarono la morte 2000 soldati. Già agli inizi di novembre del 1917 contingenti di battaglieri alpini e bersaglieri, in ritirata dal fronte dolomitico, presero posizione sul Monte Grappa e, nonostante i ripetuti assalti delle truppe austriache gli italiani risposero con inaspettati attacchi a sorpresa. se stessi. La disfatta di Caporetto mise in ginocchio l’Italia, le sue truppe si ritirarono alla cieca, lasciando sul terreno enormi quantità di materiale bellico. Il Capo di Stato Maggiore, generale Luigi Cadorna, in preda a dubbi e timori esitò troppo a ordinare l’avanzata e venne sostituito dal più determinato generale Armando Diaz, l’8 novembre del 1917. Le tremende, ostili vette erano ormai lontane e la guerra continuò su un terreno pianeggiante, più congegnale agli italiani. Nell’ottobre del 1918 l’Italia, grazie alla collaborazione e al sostegno inglese e francese, si prepara allo scontro decisivo. L’esercito austriaco è con le spalle al muro, allo stremo delle forze e l’Austria chiede un armistizio. L’Italia si dichiara disposta ad accettare un armistizio che entrerà in vigore a partire dalle 15.00 del 4 novembre. Migliaia di soldati austriaci in ritirata vengono fatti prigionieri. L’Impero asburgico va in pezzi, nasce un nuovo ordine mondiale, che lascerà insoluti molti problemi, portando in sé già il germe della II Guerra Mondiale. Col Trattato di Pace di St. Germain del 1919, le Dolomiti del Tirolo occidentale entrano a far parte dello Stato Italiano. Tratto da“Uomini in guerra” di Michael Wachtler, “La Grande Guerra” di Michael Wachtler e – GüntherObwegs,

    “Guerra, morte e dolore” di Michael Wachtler, Paolo Giacomel eGüntherObwegs

  • STORIA DELL'81° REGGIMENTO BRIGATA TORINO NELLA GRANDE GUERRA (8 MAGGIO 1915 - 4 NOVEMBRE 1918)

    La Brigata Torino, parte da Roma (sede della Brigata), l'8 maggio 1915 al comando del Generale Giuseppe Ferrari. Arriva a Conegliano per dirigersi sul Fronte dell'Alto Cordevole

  • IL FRONTE VERTICALE All'inizio delle ostilità gli austriaci adottarono la strategia di arretrare sulle vette più alte, lasciando le valli antistanti. Così, gli italiani passarono indisturbati il confine a Selva di Cadore ed entrarono facilmente a Cortina, considerata indifendibile dagli austriaci che invece avevano attestato le loro difese lungo i crinali delle vette. Per la prima volta i contendenti si trovarono a dover affrontare una guerra ad alta quota, con insidie, ostacoli naturali e temperature rigide di cui gli austriaci erano senza dubbio più esperti. I comandi italiani, accampati "in basso", erano “visti ma non vedevano”. Si rese così indispensabile avere la rappresentazione verticale del fronte costituito dalle alte pareti dolomitiche che si dovevano affrontare. Il compito di queste raffigurazioni era affidato a reparti di osservatori di cui facevano parte anche fotografi e disegnatori (in molti casi erano la stessa persona). I primi fotografavano il territorio da ogni posizione e angolazione. Sviluppavano i negativi presso il posto organizzato nelle retrovie e, in fase di stampa erano anche abili a comporre delle panoramiche, attaccando più foto in modo da riprodurre il paesaggio con un'angolazione molto ampia. I disegnatori, "copiando" da queste immagini, realizzavano la grafica secondo le esigenze dei comandi. I soldati italiani, fino al loro ritiro dal fronte, non videro mai “cosa c’era dall’altra parte”. Il numero incredibile di foto scattate di quelle vette dimostra l’ossessione che si era creata. a ricostruzione fotografica attuale dello scenario del Fronte di Valparola, rende l'idea di come l'orografia delle stesse montagne dolomitiche fosse "nemica" per gli italiani e "alleata" per gli austriaci. Una guerra assurda. Un fronte che per gli italiani si estendeva in altezza, non in lunghezza. Davanti ai soldati, accampati a quota 1700 metri nel bosco del Castello di Buchenstein, la maggior parte dei quali non aveva mai visto quel tipo di asperità, si ergeva, solo a pochi chilometri di distanza, una "grande muraglia" alta fino a 2400 metri. Vette e passi che non avrebbero mai superato tanto più se le immaginiamo, come lo sono e lo erano d'inverno, con metri e metri di ghiaccio. Per questo la guerra dolomitica fu chiamata “Guerra Bianca”. (AM)

  • LA MINA DEL COL DI LANA Nel fronte dell'Alto Cordevole, dove ha operato il sottotenente Arturo De Sanctis, la tenuta del Col di Lana era al centro delle attenzioni strategiche dei contendenti. La sua sommità era ritenuto una straordinaria postazione per l'artiglieria da dove si potevano controllare gli spostamenti italiani lungo la valle Cordevole e la strada delle Dolomiti fino ad Alleghe. Le battaglie per la conquista della cima iniziarono già dal luglio 1915 quando la fanteria italiana si impadronì di alcune trincee austriache. Le successive offensive con vari capovolgimenti di fronte e, purtroppo tantissimi morti, si susseguirono freneticamente fino al vano attacco italiano del 16 dicembre. Da parte italiana si rinunciò ad altri assalti per non esporre le truppe ad un inutile massacro. Così si pensò di agire con una mina da far esplodere in fondo ad una galleria che doveva arrivare fin sotto le trincee austriache. Lo scavo iniziò a fine dicembre 2016 e raggiunse i 90 metri.

    Alle 23,35 del 17 aprile 1916, l'esplosione di 3.500 kg di carica squarciò la cima del Col di Lana. Fu uno degli episodi salienti che costò più vittime di tutto il fronte dolomitico. Si parla di più di 6.000 italiani e almeno 2.000 austriaci morti, a cui vanno aggiunti i moltissimi dispersi e le migliaia di feriti, spesso mutilati in modo crudele. Se si pensa che tutto questo avvenne per la conquista di poche centinaia di metri di creste rocciose si comprende in pieno la tragica assurdità di questa guerra. In effetti, la funzione strategica del Col di Lana fu sopravvalutato in alternativa al

    suo aggiramento dalle vaste praterie circostanti e l'accanimento per la sua conquista richiese un impegno di uomini e mezzi sconosciuti in altri settori del fronte dolomitico. Così Arturo De Sanctis descrive in una lettera al fratello Italo, allora sindaco di Spoltore, pubblicata dal Corriere Abruzzese del 7 maggio 1916: «... Sorgeva la luna nuova quando il telefono portatile squilla: metto il microfono all'orecchio. E' il Comando che ordina: - Fanteria avanza nascostamente. A mezzanotte il cocuzzolo di Col di Lana, minato dai nostri, salterà. Dopo rapido bombardamento le fanterie correranno all'assalto per la conquista della cima e del retrostante monte Sief. All'erta! Impedire aggiramento nemico: fare le segnalazioni del caso all'artiglieria! Dò le ultime disposizioni: il momento è critico: sono solo nella posizione più avanzata con cinquanta uomini. Coraggio!... Mancano pochi minuti a mezzanotte: coll'orologio in una mano, la pistola Verry per le segnalazioni luminose nell'altra; gli occhi fissi sul cocuzzolo, tranquillo, di Col di Lana. Ecco: il terremoto! un vulcano sulla cima fatale: una vampata che sale alle stelle: una nuvola nera di terra e di fumo: scoppi di depositi dei munizioni; gallerie e trincee in aria; urla formidabili dei feriti

  • terrorizzati... Una scena dantescamente infernale!... Ma viene peggio: come gragnuola, una tempesta fitta, lacerante, insistente di proiettili di ogni calibro si abbatte sul monte: è inutile ogni scampo: chi può fuggire corre verso di noi implorando: ma un'intiera ecatombe è sacrificata sul picco elevato al mostro della guerra! Dio mio che visione! Che tragico spettacolo! Non posso chiudere gli occhi perché rivedo sempre tanto orrore. Fu tale la sorpresa e lo spavento nemico che non fecero, non tentarono nulla: rimasero tutti impietriti: quella non era guerra, era finimondo! Sul sepolcreto della vetta non fu piantato il tricolore, poiché la moderna guerra è priva dell’antica poesia che concedeva così potente fascino al brano di stoffa sventolante ai venti ma ora sulla cima incontestabilmente conquistata vigilano le estreme avanzate vedette italiche. Il giorno dopo i nemici si riscossero, ma furono facilmente ricacciati: ora si effettuerà tutta una serie di operazioni per la sistemazione del nuova fronte. Avremo successi brillanti.... » Buchenstein Maggio 1916. A distanza di dieci giorni Arturo scrive ancora: «Il capitano volle affidarmi un incarico di fiducia: mi mandò a rinforzare un posto avanzato, che doveva essere un forte punto d'appoggio per l'obbiettivo propostosi dall' ... (81°)* fanteria e mi ordinò di assumere il comando del posto stesso benché vi fosse sul luogo un ufficiale più anziano... Quando al mattino venne l'ordine di ritirata per le truppe operanti, io con i miei uomini rimasi al posto avanzato per proteggere la ritirata d'un battaglione del suddetto reggimento. Seguì una notte tempestosa! L'azione era costata qualche perdita. Venuto il cambio, invece di tornare subito indietro, credetti mio dovere andare in traccia dei feriti: sventuratamente non trovai... che cadaveri, che raccolsi. La sera il capitano, informato per telefono dei fatti, mi fece trovare la seguente proposta di ricompensa al valore, così redatta: «... Medaglia d'argento - Sottotenente De Sanctis Arturo - Dando prova di alto sentimento di cameratismo e di coraggio, approfittando di un momento di nebbia, di pieno giorno, usciva dalla linea dei nostri e si spingeva con altri tre militari fino a pochi passi dei

    reticolati nemici, che conosceva fortemente protetti da due mitragliatrici per far raccogliere e trasportare ai nostri avamposti i cadaveri di due militari caduti la sera innanzi nonché fucili ed altro materiale.»

  • IL FRONTE Il paesaggio

    Quando alla fine di maggio del 1915 gli italiani arrivarono in prossimità delle linee di confine, gli austriaci li lasciarono entrare nelle vallate portando la loro linea difensiva sui picchi dolomitici del Col di Lana, Sief, Settsas, Sasso di Stria, Averau. Luigi Barzini, famoso giornalista, percorreva i fronti della guerra per il Corriere della Sera e così descriveva quei luoghi: "A mano a mano che, isolatamente, salivamo le ultime rampe del passo dell'Averau, scoprivamo alla nostra sinistra l'angusta e vicina valle di Andraz, al di la della quale il famoso Col di Lana pareva salire con noi, oltre il costone dell'Averau, mostrandoci prima la sua cima nuda, poi le sue falde boscose, poi i suoi declivi più bassi immersi nell'ombra. Sul Col di Lana il combattimento è continuo e se ne può capire la ragione. Esso fronteggia la valle e la domina. Appena il viaggiatore arriva a quel delizioso laghetto che il Cordevole forma vicino al villaggio di Alleghe, nello sfondo, simmetricamente fra le due verdi pareti laterali della valle, si vede profilarsi il cono quasi regolare di un monte che ha l'aria di chiudere il passo. È il Col di Lana che sorge alla confluenza del Cordevole e dell'Andraz dove, quasi rasentando la frontiera, passa la famosa strada delle Dolomiti, un'opera gigantesca costata all'Austria delle somme colossali. Il Col di Lana, dominando tutta la valle superiore del Cordevole, è anche un posto di osservazione eccellente che piomba il suo sguardo nelle nostre retrovie". Gli accampamenti

    Gli italiani piazzarono i loro accampamenti di retrovia lungo la stretta vallata del fiume, Cordevole dove passava anche la Strada delle Dolomiti. Le postazioni di prima linea erano invece situate nei pressi di Andraz, nel bosco del Castello di Buchenstein, proprio sotto le vette dolomitiche dove gli austriaci avevano sistemato le loro postazioni.

    Si dovevano costruire baraccamenti di legno, aprire camminamenti, stendere chilometri di cavo telefonico, collocare matasse di filo spinato sui cavalli di frisia, rinforzare con pietre e sacchetti di sabbia le trincee. Le postazioni erano spesso arrampicate sulla roccia, costruite a volta su pareti strapiombanti e raggiungibili solo attraverso esili scalette di legno o di ferro esposte nel vuoto. Spesso le postazioni crescevano fino a diventare piccoli villaggi.

  • Quello costruito dagli Alpini su una cengia, a metà della parete sud del Piccolo Lagazuoi, era completo con cucine e lavatoi e servito da una teleferica. Sopra, sulla sommità, c’erano le postazioni austriache che invano cercarono di scacciare gli italiani. I soldati necessitavano ogni giorno di viveri, di materiali per la costruzione di baracche e di ricoveri, di combustibile per scaldarsi e illuminare, di munizioni. Capitò in molti casi, d’inverno, che qualche avamposto in quota fosse irraggiungibile per settimane.

    Vita in trincea

    Vivere sotto la terra era l'unica possibilità di sopravvivenza per i soldati al fronte. Con la loro paletta, scavavano un fossato nel suolo per proteggersi dal fuoco del nemico. Sulla linea del fronte, le trincee erano costruite a zig-zag, con i vari camminamenti che erano trincee comunicanti. Il soldato ci viveva per un lungo periodo, in condizioni disumane. Erano strette, esposte al vento , al gelo e alla pioggia che s'infiltrava dappertutto. Le gallerie erano fredde ma più riparate. Durante la stagione delle piogge, i soldati affondavano nel fango che penetrava nei loro vestiti irrigiditi dallo sporcizia e poi, la fame, il gelo, le valanghe, l’umidità, la dissenteria. Non potevano lavarsi, radersi, vivevano con i pidocchi e coabitavano con i ratti., attratti dall'alimentazione, dai rifiuti e spesso dai cadaveri. Sovente regnava un odore terribile. Le scarse notizie sulle operazioni non possono dare un’idea degli attacchi all’arma bianca, delle notti di vedetta solitaria a quasi 3000 m d’inverno a 30 gradi sotto zero nella tormenta, dell’angoscia fra la pioggia delle granate durante un bombardamento, della insostenibile attesa prima dello scoppio delle mine sotto la propria caverna. I soldati erano a pezzi. Ad ogni offensiva, si partiva all'assalto con la speranza che fosse l'ultimo. Si accorgevano di essere condotti verso dei cruenti massacri, con rare possibilità di ritorno. Gli ufficiali spesso, erano coscienti a mandare ad un inutile massacro le loro truppe e per chi si rifiutava di obbedire al comando veniva fucilato. Per gli Stati Maggiori, era un segno di diserzione. In realtà, i soldati si rifiutavano di essere considerati come carne da macello per i loro ufficiali. Per questo ci furono anche molti casi di suicidio fra gli ufficiali.

    Nelle retrovie Il rancio era un assillo per i soldati e ne scrivevano in continuazione sui loro diari e nelle lettere a casa. Si lamentavano perchè era scarso e di pessima qualità e perchè arrivava avariato. Generalmente erano zuppe di verdure o di riso accompagnati da fagioli, pastasciutta, patate, raramente carne. La zuppa era un piatto unico e sempre la stessa. La preparazione avveniva nelle cucine da campo situate alle spalle delle linee arretrate.

  • Non sempre calda, la zuppa era portata dagli uomini di corvée, che percorrevano le trincee incurvati sotto il peso delle marmitte. Quando l'approvvigionamento caldo non era possibile, il soldato aveva dei viveri di riserva che portava sempre con sé: sardine in scatola, biscotti quadrati duri come la pietra, sacchetti di zucchero, pacchetti di potage condensati e tavolette di caffé. Per accompagnare la zuppa, il soldato aveva del pane e del vino con il quale riempiva la sua boraccia. Fortunatamente, ogni tanto, arrivavano i pacchi dal paese, spesso con salsiccia, prosciutto, formaggio, marmellata che subito si suddividevano fra tutti i compagni. L’unico momento in cui nelle trincee si poteva mangiare in modo decente, era in occasione di festività e, purtroppo, prima di un’offensiva, quando era necessario produrre uno sforzo superiore e si rischiava davvero la vita. Vino, grappa e “cordiale”, erano in abbondanza. L’alcool serviva a stordire e

    spingere i soldati all’assalto con l’incoscienza che da lucidi non avrebbero avuto. Non solo guerra

    Nell'attesa del combattimento, i soldati si distraevano col bricolage, incidevano i metalli, scolpivano il legno, disegnavano. Il momento migliore era la distribuzione della posta. La lettera era l'unico legame con la vita

    normale. Il soldato reclamava alla sua famiglia quello che gli mancava, per non morire di freddo e di fame. L’arrivo di pacchi-dono, le serate di allegria trascorse in trincea con la fisarmonica, il violino o la tromba per suonare e cantare in compagnia allontanavano i pensieri più tristi. Dal 1916, con la costruzione delle teleferiche, i ricoveri in baracca ed in caverna divennero migliori, i rifornimenti regolari e più abbondanti; gli attacchi meno frequenti e sulle Dolomiti si stava meglio che non nell’inferno del Carso o su altri fronti. C’era la Messa al campo e il Cappellano militare

    trasmetteva il suo messaggio religioso. Si stringevano nuove amicizie e i feriti e i prigionieri furono trattati con umanità, anche se nemici. Durante i lunghi periodi di relativa calma avvennero, e nemmeno tanto raramente, episodi di pace separata ad insaputa degli alti ufficiali, fra le trincee spesso vicinissime. I nemici, che talvolta si conoscevano da prima della guerra, padri di famiglia, consci di essere entrambi vittime di una tragedia più grande di loro, non si odiavano e si mettevano d’accordo di non sparasi a vicenda; facevano conversazione, si scambiavano pane contro tabacco, caffè contro grappa e facevano persino legna in comune per potersi scaldare d’inverno oppure giocavano a carte passando da una baracca all’altra come buoni vicini di casa.

  • Da un Fronte all'Altro L'81° Reggimento della Brigata Torino, di cui faceva parte Arturo De Sanctis era compresa nella IV Armata (Armata del Cadore) assieme ad altre truppe presenti nella zona del Castello di Buchenstein, con le quali alternavano periodi di permanenza in prima linea a brevi periodi di riposo nelle retrovie accampate tra Selva di Cadore e Caprile, in territorio italiano. Erano quindi frequenti i trasferimenti, gli spostamenti tra i vari fronti e i rifornimenti tra le retrovie e le prime linee. All'inizio della guerra i rifornimenti erano affidati agli animali e soldati anziani e persino alle donne. Gli austriaci impiegarono prigionieri di guerra ma d'inverno diventò quasi impossibile portare armi uomini e mezzi in quota a causa del maltempo e della neve. Per questo si cominciò a costruire impianti a fune come le teleferiche. Nel periodo di guerra solo gli austriaci ne realizzarono per 700 km. In quota c’erano anche i cannoni da piazzare. Furono portati a mano a prezzo di fatiche indicibili e, talvolta, di perdita di vite umane. Le armi

    La Grande Guerra rappresentò l primo conflitto moderno dell’era contemporanea. Per la prima volta furono usate le tute mimetiche, gli elmetti d’acciaio, sempre più necessari per ripararsi dal fuoco nemico. Fecero la loro comparsa mitragliatrici, cannoni a lungo calibro, gas asfissianti, lanciafiamme.

    Il progresso tecnico si vide chiaramente nelle mitragliatrici che avevano una capacità di fuoco di 400-600 proiettili al minuto, contro i 2 colpi al minuto sparati dai vecchi fucili. E con le mitragliatrici e i cannoni apparvero, già nei primi mesi di conflitto, aerei e dirigibili, lanciafiamme e, purtroppo gas asfissianti e bombe chimiche. Il terribile Ypres fu sperimentato per la prima volta dai tedeschi sul fronte del Carso. La nube tossica non era abbastanza letale da uccidere subito. Provocava ustioni ed emorragie respiratorie e i soldati agonizzanti

    venivano finiti dal nemico a colpi di mazza ferrata. Disumano! L’impossibilità reciproca, per gli opposti schieramenti, di fronteggiare tali devastanti nuovi armamenti stabilizzò i fronti, dopo le prime offensive, introducendo la logorante guerra di posizione.

  • I bombardamenti

    Dopo i pochi scontri delle prime settimane di guerra, la valle del Cordevole si trovò ad essere divisa dalla linea del fronte, imperniata sul Col di Lana. Alcuni villaggi erano stati rasi al suolo o incendiati dagli austriaci perchè gli italiani non potessero usare gli edifici, specialmente i campanili. Il fattore tempo giocava a favore degli austriaci che ebbero il tempo di organizzare le difese. Gli italiani iniziarono ad attaccare il 7 di luglio ma i primi assalti alle postazioni del Col di Lana rivelarono quanto fossero avvantaggiati gli austriaci dalla conformazione del terreno e quale prezzo di perdite umane si dovesse pagare per avanzare solo di qualche metro. Così i ripetuti attacchi e le conseguenti perdite, contro gli sbarramenti inespugnabili, avevano già provocato un fiume di sangue.. Per questo, il monte prese il nome di "Col del Sangue". I caduti

    Aldilà della trincee, il paesaggio era sconvolto dalle granate. I corpi che non erano stati soccorsi, erano stesi al suolo, spesso assai lontani dai posti di medicazione, talvolta abbandonati al loro destino per impossibilità di raggiungerli o perché non visti. Non pochi soffrirono pene inimmaginabili anche per giorni interi prima di morire, come risulta da racconti raccapriccianti. Gli orrori delle mutilazioni subite dai propri soldati, dalla carneficina inutile per l’assalto fallito, il senso di colpa dopo decimazioni di ammutinati, seppur eseguite per ordini superiori, provocarono specie fra gli ufficiali italiani, più sensibili, parecchi suicidi. Molto numerosi furono i casi di pazzia fra i soldati più labili, dopo un corpo a corpo o un massacrante martellamento d’artiglieria, o per il lungo isolamento. Lo testimoniano pagine drammatiche di ex combattenti. La maggior parte non perì in combattimento, ma per le ferite riportate, per congelamenti, per valanghe, per malattie contratte nelle trincee e caverne, per gli stenti. L'inverno tra il 1916 e il 1917, fu tra i più freddi e nevosi del secolo e la neve raggiunse nelle alte quote anche gli 8-10 metri. Circa 60mila uomini, tra italiani ed austriaci furono uccisi da valanghe e frane e 40mila morirono per assideramento, spossatezza e malattie dovute al freddo. Molte salme furono recuperate solo in primavera, col disgelo. I morti per combattimento furono 50mila. (AM)

  • Soldati

    Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie

    Giuseppe Ungaretti

    Veglia

    Un'intera nottata buttato vicino ad un compagno massacrato con la bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d'amore. non sono mai stato tanto attaccato alla vita

    Giuseppe Ungaretti

    Fratelli

    Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti Che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca E' il mio cuore il paese più straziato

    Giuseppe Ungaretti

  • INCONTRARSI DOPO 100 ANNI Il 25 dicembre del 1916 gli ufficiali dell'81° della Bridata Torino si riunirono per un saluto di Natale. Il Cappellano celebrò la messa e, al termine, il Sottotenente Arturo De Sanctis, al quale non mancava mai in queste occasioni un foglio di carta da disegno per aggiungere un avvenimento da ricordare per il suo Album, chiese a tutti firmare. Firmò anche Giuseppe Vantini (foto a destra), un Sottotenente che in quell'anno aveva compiuto i 20 anni, più giovane di Arturo che ne aveva 27. I due avevano avuto sicuramente occasioni di frequentarsi in quanto ambedue avevano un ruolo nel Comando della Brigata. Dopo quel Natale, Arturo racconta con le immagini nel suo Album i durissimi mesi dell' inverno seguente: cadaveri di uomini ed animali seppelliti da valanghe e tunnel scavati nella neve ma non manca qualche immagine sorridente sui campi di neve. Giuseppe, più descrittivo nei suoi ricordi, racconta di gelo, ghiaccio, tormente, della pagnotta durissima, di scatolette di carne gelate degli indumenti. Per gli uomini della Brigata Torino tutto trascorse nella relativa calma fino ad agosto del '17 quando i comandi centrali diedero disposizioni di abbandonare l'Alto Cordevole per il Fronte del Carso. Dopo un periodo di addestramento, il 17 ottobre, la Brigata prende posizione lungo la linea Vipacco-Volkovnjak. Questi percorsi e questa località finale sono ricordati sia da Arturo che da Giuseppe nelle loro testimonianze, quindi ambedue vissero i momenti tragici di Caporetto di una settimana dopo, il 24 ottobre.Tre giorni dopo la guerra di Arturo si concluse. Svolgeva il compito di ufficiale osservatore nei pressi del Vallone del Grillo a Volkovnjak, il punto più avanzato dello schieramento italiano, quando, colpito da proiettili shrapnel riportò la frattura del braccio sinistro e fu portato all'ospedale militare di Mestre. La guerra di Giuseppe invece continua ancora per 1 anno. Nei suoi documenti, conservati fino ad oggi dai familiari, ci sono dettagliati rapporti, diari e resoconti che descrivono gli avvenimenti. Vivrà l'umiliante ritirata fino alla linea del Piave e poi il crescendo del riscatto italiano, dalla battaglia del solstizio

    del giugno-luglio 1918 fino alla conclusione che lo vedrà, negli ultimi 2 mesi sulle Alpi Giudicarie dove rimane fino al 6 novembre 1918. Arturo De Sanctis e Giuseppe Vantini, per una miracolosa coincidenza di ricordi, si sono dati appuntamento qui, ormai a 100 anni da quel Natale del '16 perche hanno ancora la loro storia da raccontare e la raccontano ancora oggi con 2 fotografie ritrovate nei loro Album dei ricordi. Perfettamente identiche: sovrapponibili. Sullo sfondo la muraglia dolomitica del Settsas che il loro 81° non riuscì mai a superare. Un ricordo in comune. Una stampa uguale che proviene dallo stesso negativo di una macchina fotografica che non sappiamo di chi. Forse di una terza persona, di un fotografo militare ma, in ogni caso, legata a questa immagine, come alla firma del Natale del '16 e ancora, un'altra immagine nell'Album di Arturo con i 2 in una foto ricordo di gruppo. Segno di una conoscenza e una frequentazione non certo occasionali. Le storie di Arturo e Giuseppe, messe assieme, come gli

    elementi di un puzzle, si incastrano e completano la storia di 3 anni di guerra "raccontati da chi la vissuta e subita", come quella di tanti altri della loro generazione. Una storia che ci siamo lasciati alle spalle troppo presto e che Arturo e Giuseppe, icontratisi di nuovo dopo 100 anni, vogliono ancora raccontare. (AM)

  • ARMANDO POMI, IL DISEGNATORE DELL'ALBUM Armando Pomi, il principale esecutore dei disegni e delle decorazioni dell'Album di Arturo De Sanctis, nasce nel 1895 a Filottrano, vicino Jesi, in provincia di Ancona. A 14 anni, rimasto orfano della madre, dopo un breve soggiorno a Roma, si trasferisce a Milano dove frequenta la Scuola Superiore di'Arte applicata all'Industria. All'entrata in guerra dell'Italia, a maggio 1915, viene arruolato all'81° Reggimento della Brigata Torino con destinazione nell'Alto Cordevole, fronte dolomitico. Col grado di Sergente ha il compito di disegnare la cartografia militare dei territori del fronte. Al fronte conosce Arturo De Sanctis col quale intreccia un rapporto amichevole e inizia a produrre per il suo Album i primi disegni. Questa amicizia, probabilmente, nasce per la passione alla pittura di Arturo De Sanctis originata dal fatto che, il fratello Italo, era un noto pittore abruzzese, allievo di Francesco Paolo Michetti.

    Agli inizi degli anni '20 la sua attività artistica si indirizza alla grafica ubblicitaria e all'illustrazione, un settore che offriva molte possibilità di lavoro con la rinascita dell'industria italiana dopo la crisi postbellica. A Milano, sede delle più importanti industrie nazionali e delle rappresentanze di quelle europee, lavora per la pubblicità della Sitmar (Società Italiana per i Servizi Marittimi), la Thermogene (prodotti chimici e farmaceutici) ed in particolare per la Bayer (Aspirina), Magnesia San Pellegrino, Persil , Liebig, Carlo Erba, e tante altre aziende importanti. Come illustratore lavora anche per alcune riviste come la famosa “Grandi firme” di Mondadori diretta da Pittigrilli. A Milano, Armando Pomi, incontra di nuovo il suo compagno d'arme Arturo De Sanctis con il quale stringe un profondo e lungo rapporto di amicizia. La loro frequentazione consentirà a Pomi di completare le decorazioni dell'Album dell'amico Arturo il quale gli commissionerà un grande quadro ad olio per un ritratto della moglie Gina. Pomi lo completerà nel 1936 e, oggi è conservato nella casa di Spoltore. Armando Pomi morirà prematuramente a 55 anni a gennaio 1950. (AM)

  • RESTAURO DIGITALE DELL'ALBUM

    L'Album è realizzato con copertina in pelle e fogli di cartoncino sui quali sono state incollate le foto. La rilegatura dell'album è molto robusta e, sebbene ben conservato nei suoi quasi 100 anni di vita, ha subito un logorio da invecchiamento. Polvere, umidità, escursioni termiche, hanno agito in particolare sulle foto che sono state attaccate dal retro dalla colla e dagli acidi della carta. Il restauro dell'album originale è risultato praticamente impossibile per foto e disegni (questi ultimi però ben conservati) ma si è potuta fare solo qualche reincollagio dei fogli. Si è deciso quindi un piano di riproduzione digitale dell'Album. Si è preferita la scansione rispetto alla riproduzione fotografica perchè era la modalità che consentiva una maggiore definizione dei particolari, soprattutto delle foto. Per questo tipo di operazione, la maneggevolezza dell'album sul piano dello scanner è stata molto difficoltosa a causa della pesantezza e per evitare danneggiamenti. Per ogni pagina sono stati eseguiti 3 tipi di scansione. La prima, sulla base dei cartoncini di vario colore su cui sono attaccate le foto. è stata campionata un'area libera di ogni tipo di pagina (colori e tramature) riproducendo poi la pagina a grandezza originale. Sono state quindi eseguite le scansioni sul disegno decorativo (2 scansioni per pagina) ricomponendo in postproduzione i 2 pezzi. Il file della pagina grafica ottenuta è stata poi restaurata e ricollocata sulla base di ogni tipo di cartoncino. Il terzo tipo di scansione, quello più importante, è stato dedicato alle fotografie. Si è operato con scansione singola di ogni foto in modo da poter controllare prima dell'acquisizione, la curva tipica della gamma tonale residua (fase 1 sotto). Quindi, già in fase di scansione si è potuta modificare la curva recuperando i toni neri e grigi intermedi mancanti (fase 2 sotto). La maggior delle foto aveva subito un viraggio chimico-fisico sul colore seppia (come è naturale dopo quasi 100 anni) per cui, nella maggior parte dei casi si riscontrava una notevole mancanza di neri con uno spostamento della gamma tonale verso i toni chiari (immagini poco decifrabili).

    Il file-foto cosi ottenuto è stato poi trattato in post-produzione solo per la riconversione in bianco e nero e per la definitiva messa a punto della gamma tonale, in particolare delle tonalità di grigio. Macchie, graffi e altri difetti di questo tipo non sono stati modificati allo scopo di lasciare il "segno del tempo" su ogni foto. Si è completata quindi la procedura ricollocando i 535 file-foto sulle 210 file-pagina rispettando esattamente la disposizione e le sequenze che De Sanctis aveva dato nell'Album. A fianco si possono confrontare immagini e grafici della condizione di partenza e del risultato. (AM)

  • RINGRAZIAMENTI

    La mostra Album dal Fronte ha ottenuto la concessione del Logo ufficiale della Presidenza del Consiglio per le celebrazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale. È stata organizzata dall’Associazione La Centenaria di Spoltore. Un ringraziamento va ad Arturo Lenarduzzi, propietario dell'Album, per la disponibilità dimostrata mettendo a disposizione l'Album, alla Fondazione Pescarabruzzo che con il suo contributo ha reso possibile la realizzazione della mostra, al Museo della III Armata e all'Associazione Balbino Del Nunzio per avere ospitato e organizzato la mostra a Padova e ai patrocinanti: Università di Padova, Regione Abruzzo, Provincia di Pescara, Comune di Spoltore, MiBact - Polo Museale dell’Abruzzo, Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi, Museo Grande Guerra “Tre Sassi” di Valparola (Cortina d’Ampezzo).

    Si ringraziano inoltre tutti coloro che in qualsiasi forma hanno contribuito alla realizzazione della mostra: Nicola Mattoscio, Mafalda Misticoni e collaboratori, Franz Pozzi Brunner, Paolo Muzi, Enzo Pace, Lisa Bregantin, Italo Vantini, Filippo Crispo, Francesco Mutignani, Giustino Pace.

    Andrea Morelli [email protected]

    329 8731714