La grande menzogna del protezionismo · possano continuare a vendere i propri prodotti sul mercato...

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La grande menzognadel protezionismo

Tutte quelle forze politiche che, da un po’ di tempo in qua, parlanodi ‘protezionismo’, ci stanno ampiamente prendendo ‘in giro’. Essevogliono, in realtà, solamente il nostro voto, al fine di supportareun’economia sovvenzionata e ‘liberticida’, in cui i Paesi più ricchipossano continuare a vendere i propri prodotti sul mercato globalesenza dover minimamente affrontare la concorrenza di quelli pove-ri. Ancora oggi, l'agricoltura è l'attività produttiva più diffusa nelmondo. E la cosiddetta ‘popolazione rurale’, quella che vive grazie aciò che essa stessa coltiva, ammonta a circa la metà degli abitantidel pianeta Terra. Tra i prodotti più coltivati spiccano, ovviamente,i cereali, i quali sono destinati all'alimentazione diretta, oppure aessere trasformati in farine o mangime per animali. Il frumento,innanzitutto, serve sia alla panificazione, sia alla produzione dipasta. Gli altri cereali più diffusi sono, nell’ordine: il mais, l’orzo,l’avena, la segale, il sorgo e il riso. Quest’ultimo, tra l’altro, è fontedi cibo per circa un terzo dell'umanità. Non stiamo parlando di cosesecondarie, bensì di fattori assolutamente fondamentali per lasopravvivenza del genere umano. Altri prodotti importanti sono ituberi: la patata e la manioca. Poi ci sono gli alberi da frutta, la vite,l'olivo, la soia, l'arachide e gli ortaggi. Infine, non dobbiamo dimen-ticare le colture estensive delle piantagioni delle zone tropicali esubtropicali, tra cui troviamo: il caffè, il tè, il tabacco, il cacao, lacanna da zucchero e le banane. Insomma, l'agricoltura moderna èstrettamente collegata con il sistema economico globale. Essa forni-sce la materia prima per l'industria agroalimentare, immettendo isuoi prodotti sul mercato mondiale in cui i prezzi subiscono frequen-ti oscillazioni, favorite da fattori politici, sociali, speculativi e,soprattutto, climatici, come la siccità o le calamità naturali (checchéne dica, o ne pensi, mister Donald Trump). Tutto ciò si ripercuotesulle economie dei Paesi poveri, provocando quella cosiddetta ‘emi-grazione economica’ che altro non è se non la diretta conseguen-za di un’agricoltura ancora oggi concentrata attorno a unnumero limitato di prodotti. Ecco per quale motivo in Africacentrale c’è la monocoltura del cacao, mentre in quella centro-occidentale (Senegal) vi è quella dell’arachide: sono produzio-

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Ingrediente principale:il buonsenso

Abbiamo pensato di parlare di cibo. E, come di consueto, abbiamo scel-to un percorso inconsueto. Magari dalla copertina molti si aspetteran-no di trovare le solite disquisizioni sul: mangiare carne sì o no? Cosamangiare con il caldo? E notizie del genere. Ma di queste cose si parlaovunque, all’infinito. La nostra redazione ha invece cercato di ‘fotogra-fare’ la questione alimentare da angolazioni inusuali. Nelle questionipiù scientifiche, naturalmente abbiamo incontrato e intervistato medi-ci. Perché, al di là delle mode, alcuni modi di rapportarsi al cibo (a tuttele età) possono sfociare in patologie gravi. L’intervista più ‘divertente’ha come protagonista il Dottor Lemme (vi ricordate Briatore e la suadieta?), che ci spiega il suo programma alimentare. Divertente noncerto perché l’argomento sia da ridere, bensì per la dialettica dell’inter-locutore, che è un ‘personaggio’ nel vero senso del termine. Poi, sullaquestione troppe proteine, possiamo discuterne per mesi o anni: tantoun accordo non si troverà mai. L’alimentazione, purtroppo, è una que-stione difficile. E non riguarda solo i chili che segnala la bilancia. Lodimostrano i pazienti ‘over-size’ delle trasmissioni di Real Time (parlia-mo di soggetti che raggiungono anche i 300 chili di peso corporeo). Perloro, il percorso di dimagrimento ‘passa’ per la ‘testa’, che deve contra-stare l’esigenza di mangiare compulsivamente. A questa tipologia dipazienti viene consigliato di eliminare dolci e carboidrati, ma primaancora della verdura, devono mangiare molte proteine (sorpresa), altri-menti non si saziano. È chiaro, quindi, che di assoluto non c’è proprioniente.

FRANCESCA BUFFO

storiadicopertina>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

ni agricole le quali, a causa della mancata diversificazione delle col-ture, imposta dai Paesi importatori, cioè quelli più ricchi, hannofinito col rovinare i terreni riducendone le capacità produttive, inmolti casi desertificandole. Tutti questi enormi problemi, che cistanno investendo direttamente, non si risolvono con il protezioni-smo. Anzi, le cose stanno esattamente all’incontrario: si tratta diquestioni gravissime, causate proprio dal protezionismo e da politi-che valutarie di cambio ‘ineguale’, attuate sin dai tempi dellaConferenza di Berlino del 1884/’85. La politica degli Stati più avan-zati è sempre stata funzionale a limitare, attraverso l’imposizionedei dazi doganali, ogni importazione dall'estero. Ovvero, ciò che oggicostringe molte popolazioni a migrare. La libera circolazione deiprodotti agricoli risolverebbe molti dei problemi legati alla malnu-trizione nei Paesi arretrati. E l'abbandono di ogni politica protezio-nista favorirebbe lo sviluppo dell'agricoltura anche nel TerzoMondo, la cui economia viene strangolata dalle oscillazioni dei prez-zi e dall'altissimo indebitamento degli Stati in via di sviluppo. A talfine, i vari negoziati internazionali di questi ultimi 25 anni si sonosempre e regolarmente ‘arenati’ proprio sul delicato punto dell'ab-bandono delle politiche protezionistiche e sui sussidi all'agricolturainterna. In pratica, i Paesi ricchi prendono tutti dei soldi, attraver-so appositi fondi, per mantenere ‘in piedi’ le loro economie interne.Con i soldi degli altri! L’abbattimento di ogni tariffa doganalenell’Unione europea ha consentito il ‘calmieramento’ dei prezzi dinumerosi prodotti, non soltanto di quelli agricoli, bensì anche diquelli tecnologici, aprendo quelle ‘barriere’ di mercato che stavanofavorendo un oligopolio di ‘strozzini’ e ‘rapinatori’. In pratica, alcu-ne potenti aziende avevano fatto ‘cartello’ per poterci ‘ricattare’sulle ricariche telefoniche, giusto per fare un esempio. Nell'ambitodella tanto vituperata Unione europea sono stati presi, negli ultimianni, tutta una serie di accordi per incrementare la produttivitàagricola attraverso lo sviluppo tecnologico, assicurare gli approvvi-gionamenti dei prodotti e mantenere sotto controllo i prezzi dellemerci. Ciò ha significato: 1) prezzi comuni e fissi; 2) l’armonizzazio-ne delle norme dei singoli Stati membri. Il protezionismo, invece: a)non impedisce affatto le oscillazioni di mercato; b) favorisce assaipoco la produzione interna, poiché ne riduce la domanda; c) limita,infine, le esportazioni verso i mercati esteri, perché se cominciamo amettere dei dazi in ‘entrata’, la risposta naturale di ogni singoloPaese sarà quella di imporli, a sua volta, contro il nostro export. Perriavviare una robusta produzione interna non serve imporre tributidoganali: servono sostegni economici, che rendano le aziende più com-petitive sui mercati. E servono investimenti: un’ipotesi che i nostri‘grandi manager’ e i nostri imprenditori non vogliono neanche sentirnominare, perché sperano di poter spendere i soldi degli ‘altri’: i nostri,in particolare. Tutto chiaro? È preferibile acquistare una banana abasso costo da un coltivatore somalo, oppure si vuole che il coltivatoredi banane venga a vivere qui da noi, con tutta la famiglia al seguito?Se un’intera famiglia somala è giunta in Italia sopra a un barcone, dichi è la colpa? Qui qualcuno mente, sapendo di mentire.

VITTORIO LUSSANA

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38 Australia ipercaloricaNel subcontinente allarme tasso obesità

44 Stress addio con yoga e dietaRecuperare il benessere psico-fisico

46 Luigi Vitiello“Lo Yoga è il più antico ‘manuale d’uso’ per l’uomo”

48 Il borgo sopra le nuvoleIl miracolo di Civita, nel viterbese

58 Per Bacco che vino!L’enogastronomia è diventata un ‘cluster’importante per la nostra economia

61 Giovanni Negri:“Non sappiamo raccontare nel mondo l’incredibile storia enologica d’Italia”

64 La bellezza sta cambiandoStop alla dittatura delle filiformi

67 Cinema estate

68 RoxasUna generazione in bilico

70 Musica NewsGuida all’ascolto

72 Arte NewsLe mostre del momento

74 Libri&LibriNovità in libreria

76 La posta dei lettori

Dimenticate gli ‘apericena’ dove lascelta è fra alcolico o non alcolico, per-ché l’Italia non è solo Spritz, ma unPaese di grande tradizione liquoristi-ca, con professionisti di successo chedanno lustro alla nostra miscelazioneanche all’estero.

E adessoil ‘buon’ bere

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Anno 6 - n. 30 Luglio-Agosto 2017

Direttore responsabile: Vittorio LussanaVicedirettore: Francesca Buffo

In redazione: Gaetano Massimo Macrì, Carla De Leo, Giuseppe Lorin, Michela Zanarella, Dario Cecconi,Annalisa Civitelli, Serena Di Giovanni, Ilaria Cordì ,Silvia Mattina, Giorgio Morino, Michele Di Muro, Chiara Scattone, Clelia Moscariello, Raffaella Ugolini

REDAZIONE CENTRALE: Via A. Pertile, 5 - 00168 Roma - Tel.06.92592703

Progetto grafico: Komunicare.org - Roma

Editore Compact edizioni divisione di Phoenix associa-zione culturale - Periodico italiano magazine è unatestata giornalistica registrata presso il RegistroStampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010

PROMOZIONE E SVILUPPO

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I disturbi del comportamentoalimentare possono manifestar-si precocemente, già nei bimbida 0 a 3 anni: una problematicache va affrontata con un sup-porto adeguato alla famiglia,perché a mangiar bene s’imparada piccoli

sommario Anno 6 I numero 30 I Luglio-Agosto 2017

3 Editoriale

5 Storia di copertina

8 Siamo ciò che mangiamoCosa spinge l’essere umano a sposare unafilosofia alimentare ‘non convenzionale’?

12 Cucinare che passioneTra moda e sane abitudini, il web promuove stili di vita

16 Il cibo del futuroCavallette nel piatto?

20 Integratori, no al fai-da-tePuò essere pericoloso

23 GastrofisicaNuova scienza del mangiare

26 Vittorio D’Oriano“Le emergenze climatiche richiedono un'educazione specifica della collettività”

26 Giuseppe Stefano Morino“I disturbi alimentari possono essere all’origine di patologie future”

30 Quando il cibo è disagioIn aumento le patologie caratterizzate da un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo

32 Essere in linea è un conceptIl cliente nel mondo del ‘diet food’

34 Spaghetti a colazioneIl programma del Dr. Lemme

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Se il bambinonon mangia

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ntare ‘non convenzionale’?>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

temi delicati quali la sicurezza, la tracciabilità, i controlli, l’affidabi-lità e le garanzie. La ricerca ha decretato la dieta mediterranea anco-ra la più adatta per l’essere umano, nonostante i ripetuti attacchi daparte delle mode alimentari estemporanee spesso non suffragate davalidità di carattere scientifico e nutrizionali.Tra ragioni religiose e discussioni da social media, la scelta alimen-tare può anche inserirsi nella volontà di appartenenza politica. Alcentro del dibattito politico, il cibo è un tema sempre più preponde-rante e si traduce spesso in posizioni dal forte imperativo etico: bloc-care lo sfruttamento degli animali. Nei programmi dei politici‘nostrani’ spiccano provvedimenti che vanno dal bandire certi ali-menti, come la carne di coniglio per l’Onorevole Brambilla di ForzaItalia, all’imporre i menù vegani e vegetariani in tutte le mense pub-bliche da parte di alcuni militanti del Movimento 5 stelle.In ultima istanza, non meno importante, l’adozione di determinatiregimi alimentari costituisce un’azione ambientalista. Per i fautori diuna svolta estremista, le cattive abitudini alimentari basate sul con-sumo eccessivo di carne e di pesce stanno causando l’impoverimentodelle risorse e provocando problemi sociali ed economici in quelleparti del mondo che si sostengono di allevamento e pesca.Tale consapevolezza si intreccia alla nuova esigenza di un consumosempre più differenziato nel tempo, attraverso il ricorso a scelte lega-te a criteri di consumo, spesso in opposizione tra loro. La velocità dicambiamento non permette di intercettare la reale domanda sul

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primopiano Cosa spinge l’essere umano a sposare una filosofia alime>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

primopiano

Storicamente, l’atto del mangiare è considerato un momentosacro e il cibo un dono divino. Tale legame coinvolge non solo

il corpo, ma anche lo spirito. E nelle pratiche rituali sono presentiforme di digiuno sulla via della purificazione e della salvezza. Dai‘paleo’ ai ‘vegani-crudisti’, ‘fruttariani’ passando per i ‘melariani’per arrivare ai ‘respiriani’, la filosofia di queste realtà è moltosimile alle regole espresse dalle religioni e ancor più analogo loscopo, ovvero la creazione di una forte identità di gruppo ben indi-viduabile e inevitabilmente elitaria. L’adozione di questi regimialimentari, così differenti tra loro, spoglia i dettami religiosi degliattributi sacrali e focalizza l’attenzione soltanto sull’aspetto dellarinuncia, condizione essenziale per depurare e disintossicare l’or-ganismo. Molto spesso, la scelta di questi individui nasce dal desi-derio di liberarsi dal fardello dei condizionamenti sociali che ten-dono ad imporre alcuni gusti dannosi per la salute e per l’ambien-te. L’aspetto più interessante è dunque la componente psicologicaprima ancora di quella etica, molte persone sentono l’esigenza diimporsi una regola da seguire per controllare la propria esistenza.Secondo la psicologia sociale del cibo gli estremismi a tavola, comeanche al di fuori, soddisfano il senso di paura e di smarrimentoprodotti dall’incertezza rispetto al futuro. La precarietà del nuovosecolo predispone l’individuo al controllo sul cibo che finisce persconfinare in un estremismo rigido, capace il più delle volte di sof-focare la ricchezza e varietà delle sensazioni e delle emozioni.

Come orientarsi tra le scelte alimentari diverseOggi più che in passato, le azioni di ogni persona girano attorno alcibo che ne influenza continuamente l’esistenza, la salute e l’umo-re. Secondo l’antropologo e sociologo Jean Pierre Poulain, la produ-zione della materia prima è sempre di più in mano a pochi e ciònon fa che generare ansie diffuse tra la popolazione, alla qualesfuggono i reali meccanismi della lavorazione. Tale sensazione dipreoccupazione aumenta e diventa fuori controllo nel momento incui si ricorre alla ricerca su google o si scorrono i forum di gruppi suisocial network, piattaforme dove ognuno avanza ipotesi ed esperien-ze atteggiandosi a ‘tuttologo’ della nutrizione. In un contesto di ‘buli-mia’ da informazione, il convegno dell’aprile scorso ‘Modelli alimen-tari che cambiano: continue sfide per il mondo agricolo’, organizzatonel Castello di San Giorgio di Fiumicino (Rm) dall’azienda agricolaMaccarese in collaborazione con la Coldiretti, ha affrontato alcuni

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Siamo ciòche mangiamo

Il termine ‘vegetariano’ e‘vegano’, tra molte critiche ediffidenze, ha cominciato adiffondersi all’inizio del seco-lo scorso. Oggi tali scelte sonodiventate abitudini quotidia-ne e oggetto di un marketingdiffuso su tutto il territorionazionale. Si tratta di approc-ci differenti al cibo, in cui lacomponente etica e psicologi-ca dell’individuo sembraancora essere l’ingredienteprincipale

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primopiano Le scelte alimentari ‘modificano’ i sentimentiprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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mercato e l’Unione europea si sta muovendo – Proposta di risoluzio-ne del 28.9.2016 a seguito dell’interrogazione B8-0717/2016 – sutemi relativi all’alimentazione e alla sicurezza alimentare, anche intermini di chiarezza nelle informazioni delle etichettature.

Gli scontri sulla scelta alimentare ‘Noi siamo quello che mangiamo’, questa celebre affermazione delfilosofo Feuerbach si può estendere a un influenza del cibo sullacoscienza, sul modo di pensare e sulla sfera emotiva.Il recente studio dei ricercatori dell’Unità di neuroimaging quan-titativo (Istituto di neurologia sperimentale) del San Raffaele diMilano, in collaborazione con la divisione di neuroradiologia dellostesso istituto e le università di Ginevra e Maastricht, ha dimo-strato la presenza di una maggiore risposta empatica alla soffe-renza umana e animale in soggetti vegetariani e vegani rispetto aindividui onnivori. Di conseguenza, la scelta di rinunciare allacarne e al pesce o a tutti prodotti di origine alimentare andrebbea sviluppare differenti livelli di attività di reti neurali encefalicheconnesse ai sentimenti.In generale al di là degli estremismi, la tendenza sembra essere un‘ritorno alle origini’ e gli individui preferiscono sempre di più sele-zionare un cibo semplice e privo di condimenti elaborati, evitandozuccheri raffinati. Insomma ogni scelta che l’individuo assumequotidianamente crea un processo di compensazione di segnoopposto, crudisti contro vegetariani o vegani contro carnivori, chenon promuove una reale condivisione di intenti verso un mondomigliore, ma genera ulteriori alibi all’immobilismo e alla rinunciadi una piena libertà alimentare.

SILVIA MATTINA

Il boom dei veganiIl numero di italiani che nel 2017dichiara di aver scelto di eliminare lacarne dai pasti è pari al 7,6% dellapopolazione: il 4,6% è vegetariano,mentre il restante 3% vegano. A trac-ciare il quadro un’indagine voluta daHolidu, sito di case vacanze, basata sudati Eurispes.Un’ulteriore conferma di come stianocambiando le abitudini degli italianiarriva anche dall’Istat: i consumigenerali sono tornati ai livelli pre-crisi, l’acquisto di carne crolla di unaltro 4,8%, pur rimanendo fortemen-te presente nelle abitudini alimenta-ri. A fronte della diminuzione dellaspesa per la carne, è aumentato ilconsumo di frutta e verdura (+3,1%)per un totale, per ogni nucleo familia-re, di 41,71 euro al mese per la frutta,e 60,62 euro per la verdura. Cresce,dunque, il consumo di alimenti fre-schi e di stagione, ma sono i prodottiittici a fare la parte del leone, con unaumento del 9,5%, per un totale dispesa che arriva fino a 39,83 euromensili.Insieme ai dati relativi ai consumi,l’Istat ha diffuso anche una serie diinformazioni sulle cattive abitudinidegli italiani, ovvero quelle legate alfumo, alla cattiva alimentazione chesfocia nell’obesità, a consumo di alcole sedentarietà. Nonostante le spesevertano sempre di più verso un consu-mo alimentare consapevole, il 35,5%della popolazione a partire dai 18anni è in sovrappeso, mentre il 10,4%dichiara di essere obeso. Non stupi-sce, dato che 23 milioni e 85mila per-sone dichiarano di non praticare maisport nel tempo libero.

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televisivi dedicano al temauna consistente porzione delproprio palinsesto.Limitandoci al caso italiano,sin dagli anni ‘50 le diversereti hanno prodotto program-mi legati al cibo.In Rai, con Mario Soldati e ilsuo Viaggio lungo la valle delPo alla ricerca dei cibi genui-ni, nasce nel 1956 il reportageenogastronomico. Come noncitare poi Linea contro lineadel regista Giulio Macchi e lapuntata andata in onda nel1967 avente come protagoni-sta Elena Fabrizi, per tuttiSora Lella, impegnata nellapreparazione del pollo allaromana per l’ospite GigiBallista, a partire dall’acqui-sto dei vari ingredienti pres-so il mercato di Campo de’Fiori a Roma.Da subito si ponevano in evi-denza l’intima connessione tracucina e territorio e la ricchez-za del prezioso patrimonio diinfinite varietà locali.Nei primi anni Settanta lacucina entra in modo stabilenella televisione con A tavolaalle 7 condotto da Ave Ninchi eLuigi Veronelli. Nel decenniosuccessivo prendono il viaLinea verde e Che fai mangi?mentre su Telemontecarloprosegue la messa in onda diSale, pepe e fantasia condottoda Wilma De Angelis fino al1995. Non sfuggono a questasintetica casistica i program-mi divulgativi, ne è un esem-pio le rubrica a tema all’inter-no di Superquark.L’evoluzione della tv culinariasegue il processo di mutamen-to culturale avvenuto nelBelpaese. La proposta si mol-tiplica esponenzialmente finoad arrivare ai giorni nostri in

cui tra tv, radio e pay-tv si èriusciti a raggiungere col ciboun pubblico estremamenteeterogeneo, di ogni età e gradoculturale.Si va dai canali tematici finoalle singoli trasmissioni tra-smesse da reti generaliste.Dai più tradizionalisti pro-grammi di ricette come Laprova del cuoco, Cotto e man-giato e I menù di Benedetta siè giunti ad adottare il formatdel reality in show comeMasterchef, Quattro ristoranti,

tente porzione del proprio palinsesto>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Hell’s Kitchen e Cucine daincubo. Di per sè molto diversitra loro questi ultimi hanno incomune un elemento fonda-mentale e cioè quello di averportato alla ribalta l’uomocomune, con la sua vita e lasua storia.Questo fattore è stato forse ilpreludio alla rivoluzione deinostri giorni avvenuta conl’avvento di internet e deisocial network. La democraziadel web consente ad ognuno diessere uno chef e permette di

A tavola alle 7 condotto da Ave Ninchi e Luigi Veronelli

I concorrenti in gara a Masterchef

media Da decenni, tutti i canali televisivi dedicano alla gastronomia una consist>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Siamo ormai abituati a condividere on line ogni frammentodelle nostre vite: non fa eccezione l’alimentazione, che è unadelle parole chiave più diffuse nel mondo di internet. Tra modae sane abitudini, il web promuove stili di vita che modificano ilmodo di stare a tavola

Cucinareche passione

Isocial network sono colmi diimmagini di vettovaglie di

ogni tipo. I cuochi stellati sonopersonaggi conosciuti unani-memente e proliferano sulle

diverse piattaforme influencerseguiti da milioni di utenti.Cambiano i gusti e nasconosempre nuove realtà impren-ditoriali che lanciano mode e

propongono una diversa con-cezione del cibo. Ma il rappor-to tra alimentazione e media,in realtà, ha radici lontane neltempo. Da decenni i canali

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petere sui social media.Prendiamo in esame la notaapplicazione fotografica Insta-gram. La parola chiave food(alla quale vanno aggiuntetutte le sotto-categorie: food-porn, foodblogger, foodsta-gram e così via) è tra i primis-simi risultati per numero dipost. Con più di circa 226milioni di foto pubbliche, talehashtag segue solamente leetichette fashion (391 milioni)e love (1 miliardo).L’elemento virale delle piatta-forme del web ha favoritol’emersione di veri e proprifenomeni della rete. Non sitratta necessariamente di pro-fessionisti del settore ma cer-tamente di personalità compe-tenti in fatto di marketing equindi in grado di sfruttare almeglio tutte le potenzialitàdella rete. Con centinaia dimigliaia di seguaci instagram-mer come Chiara Maci (@chia-rainpentola, 300 mila followersu instagram e 400 mila sufacebook), il fotografo MichaelGardenia (@lammaigal, 111mila seguaci e duemila insta-gram mi piace al profilo face-book) o Giorgia Polo (@giorget-

te_p, cinquantamila follower)hanno dalla loro un poteremediatico immenso e sono perquesto motivo definiti influen-cer. Nella maggior parte diquesti profili il cibo ha unruolo preminente ma nonesclusivo. Ai piatti si somma-no splendide foto legate aiviaggi o a esperienze di vita dasogno. Si tratta per lo più dipiatti salutari proposti dautenti che presentano unaforma fisica invidiabile. I mec-canismi psicologici possonoportare quindi l’utente versol’emulazione di tali sanimodelli di tendenza.

Nell’anno solare in corsoun’equipe dell’Università diWashington ha condotto unaricerca in tal senso incentrataproprio sullo studio di come lefoto del cibo aiutino gli utenti diInstagram a seguire una sanaalimentazione. I sedici intervi-stati sostengono di avere trova-to benefici, tramite questa pra-tica quotidiana, nel raggiungi-mento dei propri obiettivi infatto di dieta e stato di salute.Questo grazie al supporto eall’incitamento dei followers.Inoltre pare che il funziona-mento dell’applicazione con-duca l’utilizzatore a esserepiù onesto con se stesso e congli altri e quindi ad esserepiù costante. L’esperienza diuno può fungere pertanto daesempio per tutti gli altri eogni pasto diviene un eventospeciale.Bisognerebbe però teneresempre a mente che l’alimen-tazione è materia molto seria.Dietro la smania di condivisio-ne e il desiderio di approvazio-ne si nasconde la pericolositàdi una dieta fai da te e senzacontrolli.

MICHELE DI MURO

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un pubblico potenzialmente globale il proprio stile di vita>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

avere un proprio pubblico ebacino d’utenza.Negli anni si sono moltiplicati iblog tematici che hanno dimolto modificato le modalitàcon cui si parla di cucina alpubblico, coinvolto interattiva-mente nelle discussioni deiforum. Possiamo citare tra i piùnoti Giallo zafferano, Il cavolet-to di Bruxelles e Sorelle in pen-tola. Per molti dei protagonistidi questi siti la passione di unavita si è trasformata in proficueoccasioni di business.La televisione e internethanno generato così una corsaalla ricetta più sensazionale,particolare ed esotica che hasostituito, non in toto, la cucinatradizionale della nonna.Questo ha determinato uncambiamento culturale notevo-le. Ingredienti sconosciuti allaclassica dieta mediterraneasono entrati a far parte delleabitudini quotidiane mutandoil gusto e le consuetudini nellostare a tavola, in manierarepentina e impensabile fino aqualche anno fa. D’altronde ilfamoso detto non recita mica“un avocado al giorno toglie ilmedico di torno”.Internet è il luogo predilettoove relazionarsi col cibo. Conpochi clic si possono scoprirenuovi piatti, inediti scenarialimentari e si può ordinare lacena a casa da moltepliciristoranti.Sui social network e da ognidove sul pianeta, si può diffon-dere in tempo reale l’esperien-za culinaria in atto.La condivisione seriale, chesia vista positivamente onegativamente, ha dato al ciboun nuovo significato.Pubblicare una foto a casa, inalbergo o al ristorante non

significa solo mostrare la peri-zia, propria e del cuoco, nellapreparazione di ottimi manica-retti ma vuol dire anchemostrare a un pubblico poten-zialmente globale il propriostile di vita: l’alimentazionecome strumento quindi di affer-mazione dello status symbol.Uno studio del 2016 commis-sionato dall’azienda danese diprodotti caseari Lupark (pos-seduta da Arla Foods) e con-

dotto in Inghilterra ha eviden-ziato come una persona su cin-que prepari un piatto dal-l’aspetto piacevole col soloobiettivo di postarlo suInstagram, Facebook o Pinte-rest. Una buona porzione delcampione di duemila adultipresa in esame dal sondaggiosi approprierebbe indebita-mente dei meriti della creazio-ne della pietanza stessa.Questo per la smania di com-

media Pubblicare una foto a casa, in albergo o al ristorante significa mostrare a u>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Secondo una stimadell’Onu nel 2040 nel pia-

neta ci saranno quasi 9 miliar-di di abitanti. Per far fronte aquesta crescita esponenziale ènecessario raddoppiare la pro-duzione di alimenti, sperimen-tando generi alternativi eriducendo al massimo gli spre-chi. Partendo da nuove tecno-logie e gestendo al meglio lerisorse della terra potrebbeessere possibile garantire unadegna alimentazione all’uma-nità. Se le terre da coltivaresono sempre meno, l’acquapulita è rara, i pesci continua-no ad estinguersi, è chiaro cheanche gli allevamenti tradizio-nali risultano non più sosteni-bili: troppo inquinamento econsumo di energie. Bisognapensare ad un tipo diverso diagricoltura con nuove tipolo-gie di cibo. Forse la manierapiù semplice e immediata èdiminuire l’utilizzo dellacarne, preferendo altre fonti diproteine vegetali come legumie derivati. Sono già molto dif-fuse le ‘carni’ a base di cerealio farine di legumi, ma neiprossimi anni troverannomaggior spazio gli alimentiOmg, geneticamente modifica-ti attraverso le biotecnologie,che consentiranno raccolti piùfrequenti con meno risorse.Qui l’argomento si fa comun-que complesso e pieno diaspetti contraddittori per gliipotetici danni che gli Omgprovocherebbero: dall’ecosiste-ma del suolo alla contamina-zione delle acque sotterranee,dal pericolo per gli insetti finoalla distruzione della barrieracorallina. Tra i cibi possibili infuturo si prospetta la ‘bisteccaartificiale’, creata in laborato-rio a partire dalle cellule sta-

minali ricavate dai muscolidegli animali. Il primo ham-burger ‘sintetico’ è stato giàideato e testato nel 2013 da ungruppo di ricercatori dell’uni-versità di Maastricht: un pro-totipo di fibre muscolari egrasso. La commercializzazio-ne del prodotto, se avvenisseentro i prossimi cinque anni,ridurrebbe del 50% l’energia,del 96% le emissioni di gasserra, del 99% il suolo per laproduzione di carne. Ma è unalimento ipotetico ancoratutto da migliorare. Alloraquale potrebbe essere a oggi lafonte più economica e conminor impatto ambientale? Aquanto pare la soluzione è tragli insetti commestibili. Inalcune aree del mondo comeSud-Est Asiatico, AfricaCentrale, Centro e SudAmerica questi animaletti ric-chi di sali minerali e proteinerientrano nella cultura ali-mentare della popolazione.Insomma, se per noi occiden-tali rappresentano qualcosa didisgustoso, per oltre duemilioni di persone sono la nor-malità e fanno parte delmenù: oltre un milione di spe-

egli chef e negli operatori dell’industria del settore>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

17 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

cie e con le stesse proprietànutritive di un qualsiasi ali-mento di origine animale.L’Unione Europea con la FAOsostengono gli stati membriattraverso dei finanziamentiper portarli proprio all’usodegli insetti in cucina comevalida alternativa. È difficileaccogliere l’idea di avere intavola cavallette, grilli, formi-che o larve di scarabeo, maquesta è una delle vie pernutrire il pianeta: una rispo-sta sostenibile per ridurre lafame nel mondo. Lo street foodmessicano o asiatico contem-pla già da tempo specialità abase di insetti. Un esempioeuropeo si trova aCopenaghen al Noma, risto-rante dove è possibile ordina-re paté di grilli da spalmaresu foglie di acetosella o cremadi yogurt con formiche rigoro-samente vive. L’entomofagia,ovvero il consumo di insetti daparte dell’uomo, sta suscitan-do sempre più curiosità neimedia, negli chef e negli ope-ratori dell’industria del setto-re, anche per i vantaggi allasalute: dei veri e propri inte-gratori proteici. Dal 1 gennaio

scienza L’entomofagia sta suscitando sempre più curiosità nei media, n>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Carne sintetica, farine di insetti, grilli e cavallette potrebbero essere larisposta alla domanda alimentare mondiale. Alimenti come questi sononuovi per il mondo occidentale, ma diffusi da tempo nell’est asiatico e inAmerica Latina. E non è detto che queste soluzioni incontrino il favoredel pubblico, almeno di quello non già sensibile all’argomento etico dievitare lo sfruttamento e la sofferenza degli animali

Il cibodel futuro

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30annidi educazione permanente

a ROMA

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1987-20172018 sarà possibile la liberacircolazione di alimenti a basedi insetti in Europa; ora rien-trano soltanto nel ‘novel food’soggetto a regolamenti specifi-ci, ma Francia, Belgio,Inghilterra e Paesi Bassi giàconsentono l’allevamento e laproduzione controllata. InItalia il consumo è vietato perrischi sanitari e ambientali, ilBelpaese mantiene quindi unapproccio conservativo,rischiando di arrivare in ritar-do rispetto all’Europa, aprendole porte ad un import poco chia-ro nell’etichettatura. “L’ostacoloè prevalentemente culturale”ha dichiarato la dottoressaCostanza Jucker del

Dipartimento di Scienze per gliAlimenti, la Nutrizione el’Ambiente dell’Universitàdegli Studi di Milano, ancheperché crostacei e lumache già

finiscono in padella e trovaresoluzioni alternative non puòessere un’utopia. Per i detrat-tori degli insetti e della carneelaborata in provetta, o meglioancora per i vegani, esistono lemicroalghe, tra le quali la spi-rulina, ricca di vitamine, protei-ne e antiossidanti. DagliAztechi era considerata il cibodegli Dei per le sue proprietàenergizzanti, in Africa è ampia-mente diffusa, poiché crescespontaneamente. Kombu,wakame, nori, hiziki, sono soloalcune tra le alghe arrivatesugli scaffali insieme al risointegrale: prodotti sicuramenteecologici e completi, facilmentereperibili anche nelle farmacieal reparto dietetico. Sbaglia chiconsidera le alghe un alimentoesotico, estraneo alla nostratradizione alimentare. In realtàqueste ‘verdure di mare’ hannoalle spalle una storia antichis-sima, in parte dimenticata.Bisognerà abituarsi all’idea dimangiare altro, se in qualchemodo si vuole evitare la scom-parsa di alcune specie e lo squi-librio della catena alimentare.Tentare non nuoce e magari cifa stare pure meglio.

MICHELA ZANARELLA

scienza Cavallette nel menu? Veri e propri integratori proteici>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Mangiare insetti: presto sarà una realtà anche in Italia

La legislazione italiana al momento non consente di allevare, trasformare e commer-cializzare insetti destinati alla nutrizione umana. In Francia e in Germania si possonovendere, mentre nei Paesi Bassi, dove ci sono meno restrizioni, ha sede Kreca, il princi-pale produttore del continente. Ma nel gennaio 2018 entrerà in vigore la normativaeuropea, che uniformerà questi aspetti nei diversi Paesi dell’Unione. In Italia, però,mancano leggi nazionali che definiscano i protocolli per l’allevamento e la trasforma-zione degli insetti. Quindi ,passerà un po’ di tempo prima di trovare questi prodotti neinostri supermercati. Intanto, in alcuni Stati dell’Unione europea vengono già commer-cializzati insetti per uso alimentare, a patto che rispettino le stesse norme sulla sicurez-za alimentare degli altri animali. In Belgio, per esempio, ci sono già dieci specie che sipossono consumare, mentre in Olanda si trovano alcuni prodotti in vendita. A livellomondiale sono oltre due miliardi le persone che mangiano insetti e 1900 le specie con-sumate. Prevalentemente si tratta di appartenenti agli ordini dei coleotteri (come imaggiolini), lepidotteri (farfalle), imenotteri (tipo vespe e api) e ortotteri (grilli ecavallette). Poi si possono trovare anche libellule o termiti. In giro per il mondo, leforme in cui si presentano sono le più varie, dalle formiche fritte in padella, alle larveche saltellano nel pecorino sardo, agli spiedini con larve di scarabei, crisalidi di farfal-le e cavallette diffusissimi in Cina. In Oriente si mangiano molte zuppe d’insetti, anchecon rincoti (la famiglia delle cimici) di notevoli dimensioni.Ma che sapore hanno questi cibi? Secondo Antonio Bozzaotra, allevatore di bachi daseta, insieme al fratello Giuseppe: «Il sapore dei grilli ricorda un po’ quello dei gambe-retti». Luigi Ruggeri, fondatore dell’azienda Microvita, con sede in provincia diBologna, che alleva insetti da 35 anni è ancora più diretto: «Noi li mangiamo e io litrovo molto gustosi. Organizziamo cene con gli amici e mia moglie sta scrivendo unricettario». Certo, per noi italiani, bisogna sicuramente superare una barriera cultura-le, un tabù, soprattutto se si parla di insetti ‘interi’.

Il primo hamburger prodotto in laboratorio nel 2013 dai ricercatori del-l’università di Maastricht

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nel corso di questi ultimi anni. Ma tutti i tipidi integratori possono far male? Le evidenze aoggi disponibili riguardano molte vitamine eminerali, che assunti in eccesso possonoaumentare il rischio di sviluppare malattiecardiache e tumore. I ricercatori, quindi, esor-tano ad assumere le vitamine necessarie tra-mite una sana dieta quotidiana, non affidan-dosi alle pillole. Questo non significa che lepersone debbano avere paura di assumerevitamine o minerali. Con il dosaggio corretto esotto la supervisione del medico di base gliintegratori multivitaminici possono fare bene,come ci spiega in questa intervista il dottorMarco Forgiane, biologo nutrizionista.

Dottor Forgione, una dieta sana e bilancia-ta basta all’organismo o bisogna aiutarsicon gli integratori alimentari?“Una dieta alimentare sana e bilanciata servesempre e comunque perché da essa si possonoassimilare sia macro che micronutrienti nellagiusta percentuale che serve al nostro organi-smo. Tuttavia ci sono delle eccezioni che possonoportare ad alcune persone ad utilizzare degli”aiutini” come integratori, ma questi non devonomai sostituire quello che io chiamo un regimealimentare corretto”.

In quale tipologia si distinguono i diversiintegratori alimentari?“Gli integratori alimentari più comuni sono:

Energetici, Vitaminici e di Sali minerali,Proteici o amminoacidici, Omega 3, Fibre”.

Quali sono gli integratori alimentari piùutilizzati e quelli più consigliati?“Quelli più utilizzati sono quelli di vitamine esali minerali poiché sono microelementi chehanno già una bassa biodisponibilità e vengonodifficilmente assorbiti dal nostro organismo. Isali minerali, inoltre, vengono espulsi attraver-so sudore, urina e feci e questo può portare ulte-riori abbassamenti dei loro quantitativi duran-te attività fisica con l’eccessiva sudorazione o inestate col caldo. In questo caso è consigliata l’in-tegrazione. Gli integratori di sali mineralivanno sempre accompagnati da quelli vitamini-ci, in quanto i sali minerali sono micronutrientidifficilmente assimilabili dal nostro organismo,la loro utilizzazione da parte di tessuti e organi

i rischi di malattie cardiache e tumorali>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Carenza di vitamina D per 6 bambini su 10Il 60-70 per cento dei bambini e degli adolescenti italiani è in unostato di ipovitaminosi D, che va dalla meno grave insufficienza aldeficit severo. La vitamina D è essenziale per la regolazione delmetabolismo del calcio: fissa nelle ossa il minerale assunto dall'am-biente, ma questo processo avviene soprattutto nelle prime duedecadi Nella sua forma di deficit più estremo questo tipo di carenzavitaminica è la condizione responsabile del rachitismo carenziale,una patologia pediatrica storica, oggi rara, che deforma le ossa finoa provocare disabilità. È intorno a 20 anni infatti che si raggiunge ilpicco di massa ossea: il valore massimo di mineralizzazione dell'os-so, quindi tanto maggiore è il picco tanto minore è la probabilità diandare incontro all'osteoporosi nelle età successive della vita. Lacarenza di vitamina D è davvero diffusissima per il fatto che nonpassiamo abbastanza tempo all’aria aperta come succedeva unavolta. I ricercatori stimano che il 50 per cento della popolazione èa rischio di carenza di vitamina D, con effetti pesanti sulla salute siafisica che emotiva. Eppure, per evitare il problema, basterebbestare di più all'aperto, esponendo gambe e braccia tre volte a setti-mana a mezz'ora di sole. Questo, abbinato a un assunzione adegua-ta di latte e latticini nell’infanzia e nell’adolescenza. Un grave fatto-re di rischio è anche l’obesità dato che la vitamina D è liposolubile eviene sequestrata nel tessuto adiposo, non riuscendo quindi a rag-giungere gli organi bersaglio. Ma quali sono i segnali che ne indica-no la carenza? Ve li indichiamo qui di seguito:- Pelle scura: il pigmento della pelle agisce come un filtro

naturale, in modo che più pigmento si ha, più tempo avraibisogno di passare sotto il sole per produrre una quantità ade-guata di vitamina D.

- Se ti senti spesso stanco, debole e depresso: la serotoni-na, l’ormone associato con umore positivo, aumenta conl’esposizione alla luce e regredisce quando l’esposizione alsole diminuisce.

- Se hai più di 50 anni: una persona di età superiore ai 70 pro-duce circa il 30% in meno di vitamina D di una persona più gio-vane con la stessa esposizione al sole.

- Se sei sovrappeso: La vitamina D è una vitamina liposolubi-le simile ad un ormone, per cui il grasso corporeo agisce comeun “pozzo”che attira tutta la vitamina D in circolo.

- Se lamenti dolori alle ossa e affaticamento: molti di questi sin-tomi sono classici segni di deficit di vitamina D osteomalaciache provoca un difetto nel mettere il calcio nella matrice di col-lagene dello scheletro.

- Se hai problemi intestinali: la vitamina D è una vitaminaliposolubile, il che significa che se si ha una disfunzionegastrointestinale probabilmente non si è in grado di assorbirebene i grassi, con un conseguente minore assorbimento divitamine liposolubili come la vitamina D. I disturbi gastrointe-stinali che danneggiano l’assorbimento dei grassi in particola-re sono il morbo di Crohn, celiachia, chi è sensibile al glutine echi ha l’intestino infiammato.

In&Out

fibre, acqua e altre vitamine e minerali in unacerta dose. In realtà, la nutrizione è la benzinadel nostro corpo, il primo aspetto di una sanaprevenzione. Ma anche sull’alimentazione che sideve seguire per evitare problemi futuri ci sonoalcuni luoghi comuni e false opinioni da correg-gere. Ad esempio, non è vero che bisogna berelitri e litri d’acqua per fare pulizia negli organi:l’acqua non depura i reni, ma si deve bere inbase al senso di sete.Per quanto concerne vitamine e sali minerali, ledosi giornaliere raccomandate (Rda,Recommended dietary allowances) sono stabili-te scientificamente secondo l’Upper safe level(Ul), che indica il dosaggio da non superaredurante la giornata. E anche se con l’alimenta-zione è molto difficile anche solo avvicinarsi allaquantità massima, l’integrazione indiscrimina-ta ci può esporre a un rischio per la salute.A confermarlo sono numerosi studi pubblicati

salute Vitamine e minerali in compresse, se assunti in eccesso, possono aumentare >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Integrare l’alimentazione con estratti fitoterapici: quando ènecessario farlo? Esistono effetti collaterali? Ne abbiamo parlatocon Marco Forgiane, biologo nutrizionista

IntegratoriNo al fai-da-te

Avolte, un regine alimentare corretto può nonbastare e ci viene consigliato di supportare

la nostra dieta alimentare con integratori. Altrevolte siamo proprio noi a cadere nella tentazionedi acquistarli e, in alcuni casi, abusarne. Maquanto sappiamo davvero a proposito degli inte-gratori alimentari? Esistono effetti collaterali?La questione non è di poco conto, perché mentre lalegge ci protegge dalla pubblicità ingannevole sulcibo, non lo fa per prodotti come gli integratori chesono spacciati come elisir di salute quando non èaffatto vero. Un mercato ricchissimo, circa 2miliardi di euro solo in Italia, secondo una ricercadell’istituto Nielsen Market Track Healthcare.Ma la verità è che dei meccanismi che regolano lanutrizione sappiamo molto poco, ma anche cheuna pillola e una mela sono due cose molto diver-se. Certo, sono la stessa cosa dal punto di vistabiofisico, ma quando mangiamo una mela nonmangiamo solo quella vitamina, mangiamo anche

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Non solo il gusto, ma anche il tatto, l’odora-to, l’olfatto e l’udito. Ovunque ci si trovi,tutti i cinque sensi sono coinvolti durante ildesco. Una conoscenza scientifica appro-fondita di tali meccanismi multi- sensorialipuò migliorare l’esperienza culinaria.Ristoranti, bar e finanche fast food possonocosì mettere a punto efficaci accorgimentiche, tramite un meccanismo inconscio,inducono il consumatore a spendere di più.Queste in sintesi le conclusioni alle quali ègiunto, dopo vent’anni di ricerche, il docen-te di psicologia applicata dell’Università diOxford Charles Spence. I risultati dei suoistudi sono confluiti in un libro di recentepubblicazione. Nel 2008 gli esperimentiper “la modifica elettronica del suono diuna patatina al fine di indurre nella perso-na che mangia la sensazione che questa siapiù fresca e croccante rispetto a quanto inrealtà non sia”, sono valsi al professore bri-tannico il premio Ig Nobel, l’annuale rico-noscimento assegnato per le ricerche piùstrane, divertenti e assurde (che fannoquindi dapprima ridere e poi pensare). Nel suo libro Spence teorizza come lamente sia l’attore principale durante ilpasto. Ancor prima che la forchetta arrivi a tocca-re il palato, il cervello ha già deciso se lapietanza verrà gradita. Al ristorante, come anche al fast food, la

bellezza del posto, la forma di tavoli e posa-te, la preparazione dei piatti e i colori dellepietanze attivano la vista. La musica coin-volge l’udito. La pesantezza e consistenzadelle posate interessa il tatto. Gli odori diambiente e cibo influenzano l’odorato ecreano nel cervello l’aspettativa del sapore. L’esattezza nella presentazione può quindiessere l’elemento fondamentale che decre-ta o meno il successo di un’ attività. DiceSpence che i piatti bianchi “creano” pietan-ze più saporite rispetto a quelli neri. Allostesso modo la plastica arancione ci faràsembrare la cioccolata più “cioccolatosa”. In aereo il rumore del motore, rivela ancorail professore, sopprime l’abilità di gustare ilsapore dolce mentre esalta l’umami, ilsesto sapore. E sarebbe per questo motivoche in aria si riscontra un’alta percentualedi ordinazione di succo di pomodoro. Un bella fotografia di un piatto ben prepa-rato condivisa sui social può stuzzicare ilnostro appetito, portandoci a commentarecon “buono!”anziché con “bello!”. Tali meccanismi possono essere applicatiad altri contesti. I malati di Alzheimer adesempio mangiano e bevono di più quan-do piatti e bicchieri presentano colori dalletine contrastate. Nella cura di codesta pato-logia la tecnologia ha un ruolo importante.In tale campo lo studioso sta mettendo apunto gadget che rilasciano l’odore del cibo

in modo da stimolare l’appetito del pazien-te il quale così sarà portato a mangiare piùregolarmente. Le strategie di marketing che possonoessere applicate sulla base di queste infor-mazione sono in numero molto elevato. Siva dalla consistenza della bustina di patati-ne, fino alle bottiglie di bevande persona-lizzate con i vari nomi propri. Per questo motivo, grazie alla Coca- cola,andremo tutti a Madrid l’anno prossimo?

MICHELE DI MURO

23 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

GastrofisicaNuova scienza del mangiare

Libri

GASTROPHYSICS: The New Science of Eatingdi Charles SpenceEditore Penguin Books LtdAnno 2017, Pagine 464 Testo in inglesedisponibile su Amazonversione kindle euro 11,99versione cartacea euro 14,99

è più facile grazie alle vitamine (per esempio lavitamina C aiuta ad assimilare il ferro)”.

Posseggono entrambi la stessa priorità?“Diciamo che ogni persona ha le sue esigenzefisiologiche, di natura medica (dovute a patolo-gie certificate), alcune correlate allo stile di vita(se si pratica, per esempio, molta attività fisica)o a condizioni fisiologiche dovute a cambiamen-ti di stagione. In ognuno di questi casi può esse-re raccomandato un diverso tipo di integratore.L’assunzione dipende sempre da eventualicarenze del paziente”.

A proposito degli integratori multavitami-nici, è meglio scegliere talvolta quelli conuna sola vitamina?“Gli integratori multivitaminici contengono piùvitamine, mentre gli altri contengono una solavitamina. Ci sono pareri discordanti riguardan-ti entrambe le tipologie. Quelli multivitaminicivengono consigliati per di più agli sportivi, quel-li vitaminici, chiaramente a chi ha determinatecarenze di quella specifica vitamina”.

Gli integratori proteici servono davvero opossiamo aiutarci solo con la dieta? “Gli integratori proteici vengono utilizzati peraggiungere massa muscolare quando si praticaattività fisica intensa come ad esempio il body-building. In questo caso non ci sono solo quelliproteici, ma pure gli integratori amminoacidiciche, essendo la componente organica basilare dicui sono composte le proteine, sono più facilmen-te digeribili e quindi rapidamente utilizzabilidal nostro organismo rispetto alle proteine.Comunque, è sempre consigliato un correttoregime alimentare. Bisogna però considerareche carne e legumi, pur apportadno un contenu-to elevato di proteine, implicano un’assimilazio-ne più lenta di amminoacidi da parte dell’orga-nismo. Ecco perché in queste particolari attivitàsportive viene preferito l’ utilizzo di integratoriamminoacidici”.

Quali integratori consiglierebbe alledonne in stato di gravidanza?“Quelli maggiormente consigliabili sono: acidofolico o vitamina B9, per la prevenzione di even-tuali malformazioni del tubo neurale del nasci-turo; ferro, importantissimo per l’ossigenazione

dei tessuti; calcio, per la costituzione delle ossadel feto; vitamina C per la formazione del colla-gene, utile alla pelle del feto e per le donnefumatrici per prevenire eventuali patologie pol-monari da parte del nascituro; vitamina E per laprevenzione dell’anemia da parte della parto-riente; vitamina B per la formazione dei globulirossi; omega 3, per sviluppo neurale del bambi-no e per il cuore sottoposto a sforzo durante ilparto della futura madre; vitamina A (presentein due forme: retinolo che serve per la vista, perle ossa e per le difese immunitarie; betacarote-ne, potente antiossidante, per la prevenzione delcancro). Devono comunque essere prescritti dalmedico sotto stesura di certificazione medica”.

Esistono effetti collaterali di integratorialimentari e quali?“Innanzitutto voglio sottolineare che ogni macroe micronutriente ha una biodisponibilità nell’or-ganismo, cioè la quantità in percentuale, gram-mi o milligrammi di cui abbiamo bisogno, al disopra di queste concentrazioni o al di sotto diesse ci sono delle conseguenze, così avvieneanche per gli integratori. Quindi è sempre con-sigliabile affidarsi al medico di famiglia o allospecialista per sapere in che dosaggio utilizzaretali prodotti. Gli effetti collaterali devono esse-re sempre specificati e sono vari, dipende dallatipologia dell’integratore, dal dosaggio e dallafisiologia che è individuale del paziente”.

CLELIA MOSCARIELLO

salute I clienti fai-da-te si credono espertissimi e comprano in internet>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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retto confondere le forme di anoressia infantile conquelle adolescenziali, di cui più abitualmente sidiscute. In questi casi, occorre subito ricorrere alparere di un esperto: un pediatra di fiducia chepossa consigliare la strada più corretta da percorre-re per evitare pericolosi ‘rimedi-fai-da-te’. Per aiuta-re i genitori a fronteggiare al meglio simili proble-matiche, l’ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ diRoma, già da qualche anno, ha avviato l’iniziativa‘Mio figlio non mangia’, di cui andiamo a discorrerepiù nel dettaglio.

Il progetto dell’ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ di RomaA partire dall’ottobre 2015, in occasione dellaGiornata Mondiale dell’Alimentazione, l’OspedalePediatrico ‘Bambino Gesù’ di Roma ha predispostouno sportello telematico (composto da casella e-mail e gruppo chiuso su Facebook) per aiutare lefamiglie con figli soggetti a disturbi del comporta-mento alimentare. L’iniziativa, denominata, ‘Miofiglio non mangia’, tutt’oggi in vigore, è volta a svi-luppare un percorso riabilitativo del paziente attra-verso un corretto e consapevole rapporto con il cibo.Lo sportello telematico attivato prevede una casel-la e-mail (account [email protected]) acui inviare la segnalazione del problema attraversoun diario alimentare del proprio figlio, che viene divolta in volta valutato dallo staff di nutrizionistidell’Ospedale romano. È stato anche previsto ungruppo chiuso su Facebook nel quale le famigliecondividono le proprie esperienze con il nutrizioni-sta. Mentre, sul profilo Facebook ufficialedell’Ospedale, è stato fissato un appuntamento acadenza quindicinale con gli specialisti, in modo daottenere le risposte in tempo reale.

Il decalogoI medici dell’Unità Operativa di EducazioneAlimentare del Bambino Gesù hanno anche realiz-zato un decalogo di regole per far assaggiare e sco-prire ai propri figli nuovi sapori a tavola:1) Tutta la famiglia deve cercare di avere lo stes-

so tipo di alimentazione. Il bambino èinfluenzato a livello sociale nella scelta deglialimenti e tende a mangiare per imitazione.In questo ambito la famiglia ricopre un ruolocruciale come modello.

2) Gli alimenti devono essere riproposti più volte. Ilconsumo ripetuto di un alimento aumenta ilgusto del bambino per l’alimento stesso. Èimportante non presentare lo stesso piatto inmaniera continuativa, ma farlo a distanza di

ol tempo, se non adeguatamente trattata, può trasformarsi in una vera e propria patologia>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

25 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

tempo per non generare noia. Sulla tavola devo-no essere proposti sempre tutti gli alimenti,compresi quelli non graditi dal piccolo, cucinatiin maniera differente.

3) Gli adulti non devono costringere il bambino adassaggiare un alimento con forza. L’assaggio for-zato può accrescere l'avversione del piccolo.Anche proporre un premio a seguito dell'azione(es: ‘mangia tutte le verdure nel piatto e poiavrai il gelato’) non porta il bambino a consuma-re volontariamente il cibo, piuttosto a sovrali-mentarsi solo per ottenere il premio.

4) L’orario del pasto deve essere rispettato. Il pastodeve essere un momento ben preciso della gior-nata: è opportuno che tutta la famiglia mangialla stessa ora e alla stessa tavola.

5) No giochi, no TV. Il pasto è un momento impor-tante, non sono concesse distrazioni. Occorreinvitare il piccolo a spegnere la televisione e adallontanare i giochi. Quindi lasciarlo libero disperimentare e conoscere gli alimenti presentisulla tavola.

6) Organizzare un percorso di familiarizzazione colcibo. Il rifiuto di alcuni alimenti si accompagnaspesso al rifiuto ad assaggiare; per portare iragazzi a provare il sapore di un cibo è necessa-rio stimolarne la curiosità attraverso i sensi:dalla conoscenza alla sperimentazione.

7) Portarlo a fare la spesa. Mamma e papà possonolasciarsi aiutare dal proprio figlio nella sceltadegli alimenti da acquistare. Rendere partecipeil bambino nel momento della spesa lo farà sen-tire padrone delle proprie scelte.

8) Coinvolgere il bambino mentre si cucina. Il bam-bino deve poter prendere confidenza con ciò cheha scelto al supermercato attraverso i 5 sensi inun percorso di ‘amicizia’ con il ‘nuovo’: lavare,sbucciare, tagliare e inventare ricette insieme amamma e papà per essere invogliato a gustarele proprie ‘creazioni’.

9) L’ultimo passo: assaggiare insieme. Dopo averpreparato insieme il piatto, mangiare qualcosache il bambino ha visto nascere e che ha cono-sciuto in tutte le fasi di preparazione, può rassi-curarlo e fargli vincere la neofobia. Se ciò nonaccade, non forzarlo nell'assaggio, ma riproporrenel tempo e più volte il cibo non amato, in moda-lità diverse.

10)La cucina diventa una festa. Prendere un cap-pellino da chef e rendere partecipe il bambino. Iltempo giocherà a favore di tutta la famiglia.

SERENA DI GIOVANNI

Lorenzo è uno splendido bambino di otto mesi,attivo, vivace e curioso. Da qualche settimana,

o meglio da quando ha iniziato lo svezzamento,Lorenzo comincia a manifestare una certa avversio-ne per il cibo: lo guarda, si agita, piange, è più inte-ressato all’ambiente che lo circonda che non a quel-lo che ha nel piatto. Inizialmente i suoi genitori nondanno importanza ai comportamenti del bimbo: perloro sono meri capricci. Ma poi iniziano a preoccu-parsi: Lorenzo, davanti al cibo, serra con forza lelabbra impedendo all’alimento di entrare, tiene labocca aperta lasciando cadere il contenuto, sputa ilcibo, gira la testa dall’altro lato per non guardarecosa c’è nel piatto. I suoi genitori provano a forzar-

medicina Il rifiuto del cibo si presenta nel neonato come una ‘difficoltà’che co>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

24 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Se il bambinonon mangia

lo, ad inventarsi qualche distrazione, a sgridarlo, asostituire la pappa con il latte. Ma nulla. Il bambi-no perde peso e la loro preoccupazione aumenta.La storia di Lorenzo accomuna molti bambini dellasua età, affetti, probabilmente, da un disturbo dellanutrizione, la cui insorgenza può avvenire già nellaprima infanzia. Inizialmente, il rifiuto del cibo sipresenta nel neonato o nel bambino come una ‘dif-ficoltà’, che col tempo, se non adeguatamente trat-tata, può trasformarsi in una vera e propria patolo-gia. Si tratta di problematiche su cui si fa ancoraparecchia confusione: non è detto che un bambinoinappetente sia necessariamente affetto da undisturbo della nutrizione, come è altrettanto scor-

I disturbi del comportamento alimentare possono manife-starsi precocemente, già nei bimbi da 0 a 3 anni: una proble-matica che va affrontata con un supporto adeguato allafamiglia, perché a mangiar bene s’impara da piccoli

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rca le mani”>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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di natura affettiva e relazionale. L’inizio del rappor-to tra il neonato ed il cibo avviene sempre dentrouna relazione con la madre, e attraverso l’allatta-mento al seno”.

Per l’allattamento artificiale, invece?“Per i bimbi alimentati artificialmente, con il bibe-ron, vale lo stesso discorso: il ruolo della madrerimane fondamentale, perché è quest’ultima cheinteragisce da subito con il neonato, creando unbuon legame di attaccamento. Molte mamme, adesempio, mentre allattano, non guardano negliocchi i loro bimbi, e questo atteggiamento interferi-sce nell’interazione madre-neonato, che può esserealla base di questi disturbi”.

Quindi, dottore, come si cura un neonato chenon vuole mangiare?“Innanzitutto bisogna avere un pediatra di riferi-mento di cui ci si fida e condividere con lui tutte lepreoccupazioni; compito del pediatra sarà informa-re i genitori sulle modalità più idonee dell’allatta-mento, sull’eventuale presenza di patologie come ilreflusso gastro esofageo o un’intolleranza, l’impor-tante è fornire una risposta alle difficoltà per nonfarle diventare disturbo dell’alimentazione Nonbisogna forzare il neonato a nutrirsi per forza, cre-ando così un’associazione negativa nel bambino. Ilmomento dell’allattamento deve costituire una‘diade madre–figlio positiva’, fondamentale per pre-venire determinate problematiche.

E a partire dallo svezzamento, invece?“Nello svezzamento il discorso è diverso: occorrespiegare al genitore che il bambino ha necessità dirapportarsi con la pappa. Spesso, alle mamme deibimbi che soffrono di questi disturbi mostriamo deivideo sul corretto modo di rapportarsi col bambinoal momento della somministrazione degli alimenti.Alcuni genitori tendono a girare lo sguardo verso ilpiatto e non verso il viso del bambino, porgendo ilcucchiaino dal basso verso l’alto senza il bambino loveda arrivare. Ed è sbagliato, perché il bimbo devepoter osservare il cucchiaio e capire che non costi-tuisce ‘una minaccia’ per lui. Altro aspetto fonda-mentale è l’interazione madre-figlio e lo sguardodella madre: deve esserci sempre un filo diretto.L’importante è non forzare mai il bimbo a mangia-re, né sostituire il pasto con il latte o inserire lapappa nel biberon. A 1-2 anni, quando avviene il‘passaggio alla tavola’ dei genitori, è invece impor-tante fornire al bambino un’esperienza positiva.Noi pediatri nutrizionisti, per esempio, lavoriamo

I disturbi della nutrizione nei bambini da 0 a 3 anni: cosa sono?

Per ‘Feeding Disorders’ o disturbi della nutrizione, che insorgono durante laprima infanzia, si intende una difficoltà del bambino a stabilire pattern regolaridi alimentazione con adeguata immissione di cibo (crescita irregolare non dovu-ta ad apparenti cause organiche). I sintomi più comuni sono: - crisi di pianto; - difficoltà di masticazione; - vomito; - difficoltà di deglutizione e trattenimento dei cibi in bocca.

La psichiatra del Children's National Medical Center di Washington, IreneChatoor, esperta mondiale nella diagnosi e nel trattamento delle difficoltà ali-mentari nella prima infanzia, ha proposto una classificazione che prevedeva, ini-zialmente, sei disturbi della Nutrizione (Zero-To-Three: National Center forInfants, Toddlers and Families, Washington DC USA, 2005), oggi così classificati:1. Disturbo alimentare dell’Omeostasi: diffuso in genere dai 0 ai 3

mesi di vita, si manifesta nel bambino con una difficoltà nello stabilireun’alimentazione regolare, calma ed equilibrata. Il bambino può appa-rire assonnato, eccitato o in uno stato di stress, e non manifestare chiarisegnali di fame e di sazietà.

2. Disturbo alimentare dell’attaccamento: si manifesta in genere trai due e gli otto mesi ed è caratterizzato da un deficit di crescita.Rappresenta una mancanza di sintonizzazione affettiva madre-bambi-no in un momento in cui, invece, gli scambi visivi, sociali e tattili dovreb-bero consolidare il legame. In molti casi la madre sviluppa questo tipo diinterazione disfunzionale a seguito di un disturbo della personalità, del-l’abuso di alcool o droghe o di una depressione acuta.

3. Disturbo alimentare di separazione (anoressia infantile): si manife-sta in genere tra i sei mesi e i tre anni, durante il passaggio all’alimentazioneautonoma. Ed è caratterizzato da un persistente rifiuto del cibo o un’estremaselettività, e da un intenso conflitto nella relazione con il caregiver.

4. Avversione Sensoriale per il Cibo: si manifesta quando si inizia a nutri-re il bambino con cibi solidi. Il bambino si rifiuta di mangiare particolari ali-menti che presentano peculiari caratteristiche come sapore, odore, colore,consistenza e, se viene forzato a farlo, entra in uno stato di stress. La reazio-ne avversiva può variare da semplici smorfie all’incapacità di masticare odeglutire, allo sputare il boccone fino ad arrivare anche a vomitare.

5. Disturbo alimentare Post-traumatico: si manifesta con un improv-viso rifiuto del cibo dopo un evento traumatico (episodi di vomito ripe-tuti, procedure mediche e manipolazioni invasive e altro). A volte, ilpasto è preceduto da una forte ansia e da reazioni fobiche che si espri-mono attraverso il pianto e le proteste.

6. Disturbo alimentare associato a condizioni mediche concomi-tanti. Se i cinque punti precedenti sono sovente collegati all’interazio-ne del bambino con la madre (o, meglio, con i ‘caregiver’, coloro che siprendono cura del bimbo) e al temperamento del bambino, in quest’ul-timo caso il disturbo è connesso alla presenza di una condizione medica,come un’allergia alimentare, il reflusso gastrico e altre patologie.

Molti sono i genitori che lamentano delle dif-ficoltà ad alimentare serenamente i loro

figli nei primi anni di vita del bambino: un datosul quale è difficile effettuare delle stime precise,ma che viene percepito dagli esperti in costantecrescita. Solo in alcuni casi, però, si può parlare diveri e propri ‘Disturbi della Nutrizione’ , i quali,in futuro, possono favorire lo sviluppo di patologiepiù serie, come l’obesità. Ne abbiamo parlato conGiuseppe Stefano Morino, Responsabile dell’unitàoperativa di Educazione Alimentare pressol’Ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ di Roma,presso cui è stata attivata l’iniziativa ‘Mio figlionon mangia’.

Dottor Morino, parliamo dei disturbi dellanutrizione nei bimbi da 0 a 3 anni: di cosa sitratta? “Per quanto riguarda l’alimentazione, esistono,nella vita del bambino, dei momenti molto delicati.Il primo si ha nel primo semestre di vita con l’allat-tamento artificiale (quando manca il latte materno)in cui le presenze di problemi fisici come il reflussogastroesofageo, possono condurre, in alcuni casi,all’inappetenza. Un’altra tappa fondamentale è losvezzamento, cioè quel periodo intorno ai 6 mesi incui la prima pappa non è accettata facilmente, enon si sa cosa fare. Un altro momento cruciale, perquanto concerne l’alimentazione, corrisponde almomento in cui i bambini cominciano a sedere allatavola con i loro genitori: alcuni bambini di 12-15mesi hanno difficoltà a toccare i cibi a pezzetti e/o diconsistenza diversa, soffrono quindi di ‘neofobia ali-mentare’, cioè hanno paura del cibo ‘nuovo’. Gli ali-menti che non vengono considerati sicuri, ovveroquelli non riconosciuti come familiari, perché nuovioppure perché presentati in una modalità non rico-nosciuta come nota, possono suscitare disgusto. Unulteriore momento difficile si ha a 2-4 anni, i bimbitendono a dire no a tutto, e quindi anche al cibo. Èin questa fase che possono venire a delinearsi deiveri e propri disturbi alimentari: il bimbo tenderà aselezionare gli alimenti e questo potrà condizionarele sue abitudini alimentari future. Si parla, in que-sto caso, di ‘alimentazione selettiva’, in cui molti

medicina “Il bambino deve poter interagire col cibo: non importa se si spor>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Giuseppe Stefano Morino“I disturbi alimentari possono essere

all’origine di patologie future”

bimbi si limitano ad assumere una gamma ristret-ta di cibi ‘preferiti’, rifiutandone altri, spesso piùsani. Un fenomeno che, come si diceva, potrebbecondurre, in futuro, allo sviluppo di altre patologie,come obesità, o a un rallentamento della crescitadovuto all’ introduzione insufficiente di cibo, tra cuila sindrome di Arfid”.

Esistono casi di ‘anoressia infantile’ ?“Per anoressia infantile intendiamo un disordinealimentare legato alla difficoltà del bimbo di intro-durre il cibo e di alimentarsi correttamente. Lapatologia è stata classificata dalla statunitenseChatoor insieme con altri disturbi della nutrizione,tra i quali l’alterazione della capacità omeostaticadel bambino (autoregolazione) e l’attaccamento.L’anoressia infantile colpisce i bimbi dai primissimimesi di vita (0-3 anni) e può essere legata a condi-zione fisiche del bimbo, al suo temperamento o acondizioni sociali negative: un ambiente famigliaredifficile, un rapporto contrastante con la madre,l’assenza di reciprocità sociale (contatto visivo, sor-risi, vocalizzazioni durante l’alimentazione). Peresempio, una mamma che abbia disturbi nervosi,come la depressione post-partum, può favorire unacerta difficoltà del bambino di attaccarsi al seno ealimentarsi correttamente. Tali difficoltà si trasfor-mano in vere e proprie patologie quando i genitori,nella fattispecie la madre, non si rendono conto delproblema, lo sottovalutano o agiscono senza consul-tare il pediatra. Nel caso dei neonati, il nutrirsi è ilrisultato di una molteplicità di fattori soprattutto

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LECTIONES MAGISTRALES

molto sulla multisensorialità di tipo tattile, uditivo,olfattivo e visivo: la tavola deve essere colorata, cosìanche i piatti e le posate. Il bambino deve poterinteragire col cibo: non importa se si sporca le mani.Bisogna indurre il bimbo a vincere le proprie paure,a superare la ‘fobia del nuovo’, di toccare il cibo equindi anche di portarlo alla bocca. Molto, poi,dipende dal suo temperamento, che in alcuni portaa rifiutare sempre più alimenti e dover ricorrere alricovero. In questi casi ‘estremi’, bisogna lavorarecon la famiglia passo dopo passo, partendo inizial-mente da un pasto al giorno, e senza forzare. Maanche senza confondere il bimbo sostituendo unpasto con un altro, la pappa con il latte”.

Come si ‘rieduca’ un bambino di 2-3 anni amangiare correttamente?“Anche per i bambini di 2-4 anni, tendiamo a lavo-rare con la multisensorialità. Loro manifestanosoprattutto il disturbo della ‘selettività’, difficoltàche, in futuro, potrebbe condurre a escludere un ali-mento dalla dieta anche per tutta la vita, con con-seguenze per la loro salute. Per rieducare un bam-bino ad un’alimentazione corretta, dunque, ci si sof-ferma molto sulla preparazione del piatto. Si puòcoinvolgere il bambino in cucina nell’ ‘impiattamen-to’ o nell’organizzazione del cibo e della tavola. Inogni caso, si cerca sempre la strada della ‘proposta’e mai dell’imposizione.Tuttavia, lo ribadisco, la pro-posta non deve essere mai modificata con la sosti-tuzione dei pasti: se si sceglie una strada è benemantenerla”.

Dottore, infine, qual è, in base alla sua espe-rienza, l'incidenza dei disturbi della nutrizio-ne in Italia?“Per quel che riguarda la mia esperienza alBambino Gesù, dove da anni sono impegnato nellacura di questi disturbi e dove ho fatto un percorsoche mi ha condotto, a ritroso, dallo studio dell’obesi-tà in età adolescenziale ai disturbi alimentari deipiù piccoli, ho potuto constare che tanti sono i geni-tori che lamentano la difficoltà dei loro bimbi dinutrirsi adeguatamente. La ‘percezione’ è che sitratti di un numero in costante aumento. Ed è perquesto che, con l’ospedale pediatrico ‘BambinoGesù’ di Roma, già da qualche anno è stata avviatal’iniziativa, dedicata alle problematiche nutriziona-li in età pediatrica e adolescenziale, ‘Mio figlio nonmangia’, cui hanno aderito molti genitori. Iniziativapresente anche sui social, dove abbiamo creato un‘gruppo chiuso’ per eventuali approfondimenti e persoddisfare le richieste dei genitori, ma anche perfornire loro delle ‘direttive’”.

È possibile effettuare una stima precisa?“Parlando di stime reali, sulle quali mi sono docu-mentato di recente per uno studio personale,posso dire che le percentuali sono molto variabilie legate, come ogni statistica, alle percezioni deigenitori. Vede, molto spesso i neonati e i bambinipossono presentare delle difficoltà nell’alimenta-zione, ma non tutti però presentano delle realipatologie. Molti genitori lamentano che i loro figlinon mangiano, o mangiano poco: siamo nell’ordi-ne del 30-40% dei genitori, se non 50 %. Ma non èdetto che poi quella difficoltà momentanea si tra-sformi in un vero e proprio disturbo psicologico oin una patologia”.

Infine, professore, esiste una correlazione tral’anoressia infantile (e più in generale idisturbi della nutrizione) e i disordini ali-mentari che colpiscono gli adolescenti?“Su questo voglio essere chiaro: l’anoressia infanti-le e l’anoressia nervosa sono due problematichediverse e non correlate. È vero, però, che la ‘seletti-vità degli alimenti’ può condurre a disturbi dellanutrizione, difetti di crescita o altre patologie adole-scenziali come l’obesità. Il bambino che escludedalla propria dieta degli alimenti sani, fondamenta-li per la sua crescita, tenderà per esempio a nutrir-si di cibi ricchi di grassi o carboidrati, con possibiliconseguenze nefaste per la sua salute”.

SERENA DI GIOVANNI

medicina Alcuni bimbi hanno paura del cibo ‘nuovo’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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fascia di età colpite, con la comparsa di casi moltogiovanili (9-10 anni) e di forme tardive; a ciò siaggiungono nuovi sottotipi, non ancora identificatinel Dsm IV, quali l’anoressia maschile, l’ortoressia,la bigoressia, legati a forme di condotte compulsive.Il disturbo da alimentazione incontrollata (Bed) col-lega i disturbi alimentari restrittivi ad un altragrave emergenza sanitaria : l’obesitàNei Paesi sviluppati l’obesità colpisce fino ad unterzo della popolazione adulta e rappresenta l’epi-demia di più vaste proporzioni del terzo millennio;con le sue conseguenze, l’obesità è la più comunepatologia cronica del mondo occidentale”.

Nelle sua esperienza di psicoterapeuta è pos-sibile prevenire queste patologie e come siaffrontano?“Il prioritario coinvolgimento del corpo ha allonta-nato per lungo tempo i Dca dalle competenze psico-logico-psichiatriche e, ancora oggi, molti pazienti sidisperdono in tentativi scoordinati e frammentariche rallentano il tempo della diagnosi e l’avvio dellecure necessarie. Ciò determina una riduzione dellepossibilità di successo e maggior rischio di croniciz-zazione. Non di rado la diagnosi viene formulata inoccasione di gravi complicanze somatiche cherichiedono il ricovero in ospedale in repartimedici, pediatrici o in rianimazione.Nell’approccio ai Dca è importante sottolineareche un ampio sottogruppo di pazienti (circa il50%) non risponde al trattamento ambulatoria-le e necessita di cure intensive e che il rischiodi esiti in altri disturbi psicopatologici è elevato(50%). Tutte queste considerazioni riconduconoalla necessità, sottolineata dalle linee guida Nice(2004), di approntare interventi terapeutici tempe-stivi, multidisciplinari e integrati, in grado di offri-re ai pazienti la continuità terapeutica necessariaa fronte di un decorso clinico lungo e rischioso.L’importanza di una rete ambulatoriale che operisecondo criteri di multidisciplinarietà e integrazio-ne dei modelli è sottolineata sia dalle Linee GuidaMinisteriali (2001) che dalle linee guida Nice.Considerazioni sulla cronicità e comorbilità di que-sti disturbi, sui costi elevati in termini di disabilitàe sul grave impatto complessivo sulla qualità dellavita, impongono di assumere anche una prospettivadi tipo riabilitativo (Cuzzolaro).L’esperienza dei Centri dedicati esclusivamentealla cura dei disturbi alimentari dimostra che itrattamenti intensivi e integrati psicologico/nutri-zionali danno risultati molto favorevoli a un annodal trattamento nel 60-65 per cento dei casi, limita-

abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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no il rischio di ricadute e la mortalità che dall’8-l0per cento, indicata fino dieci anni fa, si è ridotta auna percentuale attorno all’l-2 per cento”.

I disturbi del comportamento alimentareriguardano attualmente anche i giovaniuomini. Esiste una differenza, e se sì quale,nel disturbo dell’alimentazione negli uominie nelle donne?“I Disturbi del comportamento alimentare comedetto, colpisce di più il sesso femminile, soprattuttonel periodo adolescenziale quando il corpo inizia acambiare nelle forme, l'accentuarsi del seno, deifianchi e l'influenza dei media e altri fattori posso-no portare le giovani donne a sviluppare taledisturbo. Negli uomini, anche se in minore percen-tuale, in questi ultimi anni si stanno presentandotali disturbi, ma nella maggior parte dei casi ildisturbo del comportamento alimentare nascondeun problema legato all'identità di genere”.

Quale messaggio si sentirebbe di dare achi vede un proprio caro soffrire di un pro-blema di un disturbo del comportamentoalimentare?“L’invito che voglio fare a tutte le persone che cre-dono di avere un problema con il cibo è di chiedereaiuto in modo tempestivo a persone specializzateche possano capire il problema per poter intrapren-dere qualsiasi processo di cura idoneo”.

CLELIA MOSCARIELLO

Federica Molinari è psicologa Psicoterapeuta sistemico relazionale. Daanni lavora nel campo dei disturbi alimentari presso l'Ospedale SanCamillo a Roma e la Asl di Frosinone con percorsi psicoterapeutici rivolti adadolescenti, adulti e coppie, fornendo sostegno alla genitorialità e allefamiglie

Cosa sappiamo dei disturbi del comportamentoalimentare? Li conosciamo bene? Non

parliamo solo di anoressia e bulimia, maanche di obesità e di alimentazione incon-trollata.Senza dubbio, questi problemi sono sem-pre più diffusi nella società occidentale eriguardano fasce di età sempre più ampie.Inoltre a soffrirne non sono più solo donne,ma anche gli uomini.Abbiamo intervistato Federica Molinari, psicotera-peuta sistemico relazionale esperta dei disturbi delcomportamento alimentare, che ci parla in profon-dità di questo problema così grave, sottovalutato etroppo spesso confuso con altre patologie.

Dottoressa Molinari, quanto sono gravi idisturbi del comportamento alimentare?“Poche malattie inquietano come i disturbi del com-portamento alimentare (Dca), questi disordini glo-

psicologia In aumento le patologie caratterizzate da un’alterazione delle >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Quando il ciboè disagio

bali dell’essere che esprimono in forma macroscopi-camente somatica, l’alterazione di una funzionevitale di base: la nutrizione. Il cibo, primo tramitedelle relazioni con il mondo dopo la nascita, apparedesiderato e odiato, blandito e controllato, ma sem-pre, comunque, oggetto di interesse totalizzantenella vita dell’individuo colpito. E il corpo esprimein tutta la sua drammatica evidenza l’insulto alquale è esposto dai digiuni, dalle pratiche di svuo-tamento, dalle abbuffate senza ritegno”.

In quale tipologia si differenziano questi ulti-mi, quanto sono diffusi e che fascia di etàriguardano?“L’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturboda alimentazione incontrollata e i disturbi del com-portamento alimentare non altrimenti specificatisono malattie gravi, ad elevata mortalità e difficilida curare. Esse colpiscono prevalentemente giovanidonne e sono in progressivo aumento nei Paesi occi-dentali, anche se la loro comparsa nei Paesi in corsodi occidentalizzazione degli stili di vita e di globaliz-zazione dei modelli culturali autorizza l’ipotesi diuna loro determinante socio-culturale.Negli ultimi anni si assiste a un allargamento della

Conosciamo da vicino un proble-ma tanto complesso quanto igno-rato: parliamo dei disturbi delcomportamento alimentare

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Il cibo si ‘veste’ di optionalAnalizzando i consumatori e la loro propensionealla sensibilità verso le tematiche ambientali,molte aziende hanno sottolineato l’emergenzaetica di evitare gli sprechi e lo sperpero.Molte hanno anche pensato di puntare a un mixfra etica ed ecologia innovando il ‘packaging’ consensori integrati che segnalano la scadenza deiprodotti o, se un cibo, per esempio un vegetale oun frutto, è pronto per essere mangiato.C’è poi una sorta di ritorno al passato rivolta ai‘Millennials’, per aiutare a uscire dalla paura edal timore del futuro di una vita precaria, for-nendo esperienze ludiche di tipo adolescenziale.Un modo per ‘fermare il cervello’ e staccare la‘spina’ dal mondo adulto, partecipando a eventireali creati specificamente, abbandonando perun momento l’iphone e la routine del digitale.Tra i più particolari e in voga possiamo citare i‘summer camp’ per gli adul-ti, i bar per gustare un cor-diale o un aperitivo tramilioni di palline colorate, le‘luxury house’ sugli alberi,con letti a baldacchino sottoun cielo di stelle. Nel mondodei viaggi e del benessere, lamigliore alternativa alle oredi palestra e sedute nei cen-tri estetici per rigenerarecorpo e mente, è quella dipreferire i viaggi di avventu-ra per raggiungere il proprio benesserefisico e mentale. Si preferisce fare attivi-tà adrenaliniche con diete alimentaristudiate a tavolino, a discapito di quellepuramente meditative. Il desiderio daparte dei consumatori di fare percorsiesperienziali innovativi non riguardasolo il ‘foodstyle’, ma anche ‘l’hospitality’.In tal senso, molti ristoranti e caffé sisono ‘rifatti il look’, al fine di dare un altovalore estetico agli interni curando ogniminimo dettaglio in un’ottica glamour, puntan-do a uno stile di ispirazione retrò dei vecchibistrot parigini.

Il ‘cibo spazzatura’diventa dietetico-esperenzialePer accostarsi a un target giovane, moltissimecatene di fast food stanno lanciando dei ‘packa-

ging smart’ e ‘digital’, puntando anche a una rivi-sitazione dei menù in una chiave ‘dietetico-inno-vativa’. I giovani tengono in gran parte, grazieanche all’utilizzo dei social, al loro aspetto. Curanol’alimentazione e ricercano sempre nuove tenden-ze, anche culinarie, per tenersi in forma. Amanopostare ‘selfies’ mentre mangiano in un nuovoristorante, o pubblicare le foto dell’ultima cena, acaccia di un ‘mi piace’ e del prossimo follower. Tuttoquesto riflette il modo in cui i brand attraggano ilconsumatore finale, fornendo formati hi-tech a pro-dotti come il cibo, in apparenza lontano da questomondo. ‘Pizza Hut’ ha lanciato, per esempio, la‘Blockbuster Box’: un contenitore per la pizza che sitrasforma in un proiettore per film collegato al pro-prio smartphone. Kfc, per parte sua, ha ideato un‘box takeaway’ che si trasforma in un caricatoreper il cellulare. ‘Watt a box’ ha una ripartizione peril cibo e un’altra in cui è allestito un ‘attacco usb’ e

una batteria al litio portatile.Tutte queste soluzioni rispon-dono a uno dei problemi più‘tediosi’ per tutti i nativi digi-tali: ricaricare i propri dispo-sitivi per essere connessi h24.Tutto questo mentre si man-gia. ‘McDonald’s’ ha persinopensato alla trasformazionedella scatola dell’Happy Mealin un visore VR, ossia dellarealtà virtuale. L’idea di base

è elementare: il sem-plice contenitorediventa un dispositivoportatile per la realtàvirtuale. In pratica, sitratta di occhiali rossinei quali è possibileinserire lo smartpho-ne e immergersi total-mente nella realtà vir-tuale mentre si man-gia.

Sia come sia, in vista della prova bikini, spunta-no come funghi nuove ‘diete lampo’, che promet-tono un dimagrimento facile e veloce in pocotempo. E tutto il popolo web si mette alla ricercadella dieta del momento, postando il risultatoattraverso la rete.

RAFFAELLA UGOLINI

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ta dei clienti rappresenta un notevole beneficio per chi opera nel mondo del ‘diet food’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

L’evoluzione dei ‘trend food’, anche grazie all’uti-lizzo delle applicazioni digitali, è sempre più

orientato verso un salutare modo di concepire ilmondo dell’estetica e il culto del corpo.Capire l’evoluzione dei diversi stili di vita rappre-senta un notevole beneficio per chi opera nelmondo del ‘diet food’, della bellezza e della salute inun’ottica globale. Tutti gli anni., agenzie come la‘Trend Hunter’ si occupano di rilevare i trend deglistili di vita più in voga in chiave del benesserefuturo, basandosi sulle aspettative e i desideridei consumatori. Così se il nuovo ‘mantra’ dellepersone è monitorare a tutti i costi il proprio sta-tus di salute a 360 gradi, a supportare questo‘lifestyle’ nascono come funghi sempre più appli-

cazioni e tecnologie ‘indossabili’ e non solo. Unagrande rivoluzione digitale che rende il consuma-tore più indipendente nel monitoraggio dei picco-li controlli di salute di routine, anche in chiavedietetica.Questo è ciò che promette, per esempio, l’app ‘Larivoluzione dimagrante’ del dottor Lemme. Quil’idea di perdere 10 kg in un mese è coniugatacon la certezza di imparare a curarsi con il cibo eraggiungere una piena salute.In un’ottica ‘total care’, incede, l’applicazione‘skin check’ elabora un’analisi approfondita dellapropria pelle in tempo reale. Mentre con il dispo-sitivo ‘withings go’ si può rilevare tutto il movi-mento svolto nell’arco della giornata.

Comunicazione Capire lo sviluppo dei diversi stili di vi>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Siamo in estate. E come ogni anno c’è la corsa alla dieta ‘last minute’ per la famigerata prova costume. In realtà, non si tratta solo di una questione di dimagrimento,bensì di vera e propria moda,che può tranquillamente seguire l’evoluzione dei social network

Essere in linea è un concept

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Il nostro corpo ha un vitale bi-sogno di ossigeno, acqua e ci-

bo. Ed è proprio il cibo a fare ladifferenza, che ci induce a starebene o a stare male. È necessa-rio comprendere le basi biochi-miche del nostro organismo inchiave molecolare e come ‘curar-si’ con il cibo. Ogni persona hainfatti la propria particolarità ei propri ritmi. La dieta Lemmecrea associazioni alimentari inuna chiave biochimica, che favo-riscono il dimagrimento di ben7-10 kg in un mese, migliorandoglobalmente il proprio stato dibenessere generale. Il concettofondante è che l’essere umanonon brucia calorie, poiché non èuna ‘stufa’, bensì metabolizza.La caloria, infatti, è l’unità dimisura dell’energia termica enon ha nulla a che vedere conl’alimentazione umana. È ne-cessario mutare, dunque, il con-cetto di dietologia, passandodalle calorie alle molecole con leinterazioni ormonali e la valu-tazione del metabolismo cellula-re. Il processo dietetico deve,dunque, distinguersi in due fasi:la prima, del dimagrimento, incui si raggiunge l’obiettivo scel-to. Questa fase nel libro ‘La Die-ta Lemme’, edito da Mondadori,è esplicitata, con tanto di sche-mi e di spiegazione delle diversericette; la seconda fase, invece, èquella ‘del mantenimento’ o del-l’educazione alimentare. In que-sta si apprendono i dettami del-la filosofia alimentare che po-tranno essere utilizzati in tuttol’arco della vita. Mangiando, marimanendo sempre in salute. Ladieta Lemme è altamente per-sonalizzabile e permette di in-trodurre, nella seconda fase,tutti gli alimenti preferiti dellapersona. La perdita di peso è ve-loce e localizzata. I menù vengo-no seguiti e monitorati dal dot-tore personalmente, o tramite

l’app ‘rivoluzione dimagrante’,con costanza: ogni 2 giorni, nel-la fase iniziale. Molti ritengonoche questa sia una dieta ‘iper-proteica’. In realtà non lo è af-fatto, perché inserisce già nellaprima fase gli spaghetti, ribal-tando lo schema di assunzionenella prima parte della giorna-ta, privilegiando il consumo ‘di-namico’ di grassi, proteine e ver-dure. Noi di ‘Periodico italianomagazine’ abbiamo dunque de-ciso di incontrare il dottor Albe-rico Lemme, per capire quali so-no le basi scientifiche della sua‘rivoluzione dimagrante’ e illu-minarci con il suo ‘modo’ di faredieta in chiave molecolare e bio-chimica, oltre a spiegarci un po’la sua personalità istrionica edarci qualche anticipazione.

Dottor Lemme, lei ha inven-tato un nuovo paradigma di-magrante in chiave biochi-mica: può spiegarci la sua fi-losofia alimentare e le sueteorie scientifiche?“I paradigmi, in verità, li ho az-zerati tutti: ho fatto piazza puli-ta degli ultimi cento anni di die-

tologia medica, cambiando il pa-radigma dalle ‘calorie’ agli ‘or-moni’. Non ho inventato nulla:ho solo utilizzato la mia capaci-tà elaborativa per cercare unaverità scientifica e risolvere, conl’uso del cibo come farmaco, ilproblema dell’obesità e non solo:diabete di tipo 2, ipertensione,bulimìa e altre malattie legateall’alimentazione”.

I suoi seguaci in tutto ilmondo, i cosiddetti 'cadetti’della 'filosofia alimentare',seguono modelli di vita ri-baltati rispetto al normale:ci spiega tecnicamente loschema dei famosi 'spaghet-ti a colazione'?“Spaghetti a colazione/questo èil nuovo tormentone/per te chesei ciccione è una gran rivoluzio-ne/yo yo ciccio! È il ritornellodella mia canzone, ‘Spaghetti acolazione’: potete trovare il vi-deoclip sul mio canale youtube.Ho utilizzato anche il mezzo mu-sicale pur di riuscire a trasmet-tere un messaggio in cui il conte-nuto fosse solo verità. Lì e neimiei due libri, usciti con Monda-

rganismo: una filosofia alimentare e un percorso di vita per perdere fino a 10 chili in un mese>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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attualità Il programma del Dr. Lemme si basa sui processi biochimici dell’or>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Spaghettia colazione

Attualmente è una delle diete più in voga in Italia grazie aldimagrimento di numerosi personaggi del mondo dellospettacolo. Una filosofia alimentare che si basa sul consu-mo esclusivo di carboidrati e proteine, bandendo frutta,verdura, dolci e sale. Suddivisa in due fasi, una di dimagri-mento e una di mantenimento, questo regime prevede ilconsumo dei pasti a orari precisi, da rispettare rigorosa-mente: cerchiamo di capirne di più in questa intervista alsuo inventore

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OGNI MARTEDÌH. 15-17

CULTURALMENTEinterviste, news sui concorsi

informazioni sui librie tanto altro

SUONA CIÒ CHE AMIPIÙ SUONA E PIÙ LA AMI

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TheGiornalistamartedì-giovedì h. 16-18

BOOKIEgiovedì h. 20-21

dori, ‘La Rivoluzione dimagran-te’ e ‘La dieta Lemme’, ho spie-gato tutto”.

Il suo metodo è efficace e di-mostrato, ma una parte deidietologi le viene contro,poiché ha praticamente ri-voluzionato il concetto di di-magrimento, ma nonostantei molteplici attacchi, l’Ordi-ne dei farmacisti le ha datoragione: la caloria, dunque, èuna bufala?“La caloria non è altro che l’uni-tà di misura dell’energia termi-ca. Il nostro corpo non è una stu-fa, non brucia, bensì metaboliz-za. L’attenzione va dunque spo-stata sull’energia chimica, mole-colare. Io sono l’unico che valutal’effetto biochimico del cibo nelnostro corpo. In altri termini,utilizzo il cibo come fosse un far-maco. Vi siete forse mai chiestiquante calorie hanno l’antibioti-co o il cortisone? Eppure, hannoprecisi effetti sull’organismo, an-che ingrassanti”.

Riuscire a fornire un metodoche fa perdere 10 kg in unmese, riequilibrando tutto ilsistema salute, è un dono

d’amore per chiunque abbiaproblemi di peso. Inoltre, leicura con il cibo anche altremalattie molto serie. Tutta-via, nel suo ultimo libro, 'Ladieta Lemme', lei scrive chenon ha obiettivi, mentre la‘testa di donna’, come lei de-finisce le donne per la loroemotività, vogliono dimagri-re: lei le ama o, come moltidicono, le odia? “Io non sono un comune mortale,

non amo, né odio: sono al di so-pra delle parti. Reputo i concettidi ‘bene’ e di ‘male’ non coerenti,perché relativi e non assoluti. Ledonne sono spesso false e bu-giarde, poiché utilizzano il pen-siero emotivo, governato dagliormoni. Dovete sapere che l’ali-mentazione influisce anche sulpensiero. Invece, pensate un po’,la donna che segue ‘Filosofia ali-mentare’ diventa magra, ma an-che sincera: questa sì che è unarivoluzione copernicana. Con ilmio metodo, si risolvono malat-tie come il diabete 2 e l’iperten-sione, che gravano sul bilanciodello Stato italiano per 22 mi-liardi di euro all’anno. Nell’altromio libro, ‘La Rivoluzione dima-grante’, lancio anche una sfidaal ministero della Salute e aquello della Pubblica istruzione,mettendo a disposizione gratui-tamente il mio sapere, frutto divent’anni di ricerche, non soloper curare, ma per risolvere de-finitivamente queste malattie esanare, nondimeno, le casse del-lo Stato”.

RAFFAELLA UGOLINI

attualità La caloria è solo l’unità di misura dell’energia termica>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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di una cucina particolarmente ‘ricca’ , che sta facendo salire il tasso di obesità nel Paese>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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con lieviti ai quali vengonoaggiunti gli estratti di moltivegetali, utilizzata principal-mente sui toast col burro. A noiitaliani tutto ciò suona come unrichiamo suggestivo, così comela descrizione di tutte le pietan-ze tipiche australiane di cui viparliamo in queste pagine. Maper l’Australia, la diffusione diuna dieta molto calorica e lapassione per i coloratissimicupcake (letteralmente, in lin-gua inglese, "torta in tazza"),che qui vengono chiamati pattycake, sta degenerando in allar-me sociale. Negli ultimi 33anni, infatti, gli australianisono diventati obesi a un tassoallarmante: complessivamenteil 63 per cento degli adulti è insoprappeso (dal 49 per cento nel1980). Cinque milioni, un terzodella popolazione adulta, sonoobesi. Un tasso di incrementoche ha dato l’avvio a numerosecampagne per il controllo del-l’alimentazione nel Paese.Naturalmente, per i turisti, lascoperta dei piatti tipici è unatappa fondamentale della sco-perta di un luogo. Per gli italia-ni, notoriamente buongustai,ogni vacanza è sinonimo di‘aumento di peso’, quindi tuttociò non apparirà particolar-mente ‘rilevante. Perché, infondo, lo si sa: ‘Paese che vai,calorie che trovi’.

La torta salata ‘nazionale’L'altro piatto universale è la‘meat pie’: una torta salataripiena di carne e salse varie,molto saporita e consumatacome ‘snack’. A testimoniarel'antico legame con l'Inghilterra,le uova col bacon sono ancora lacolazione preferita dagli austra-liani, mentre gli inglesi, d'altraparte, hanno sviluppato unapassione per i succhi, i frullati, i

frappè di frutta e verdura. InAustralia c’è anche una vera epropria cultura della carne, lacui produzione ha un ruoloimportante nell’economia inter-na: il barbecue (cottura alla gri-glia), è quasi un rito e le tipolo-gie di carne più consumate sonoquelle bovine e ovine, accanto aquelle di canguro e di coccodril-lo. Vengono preparate numerosepietanze a base di pesce e picco-li crostacei, specialmente nellezone che si affacciano sul mare.Vanno inoltre ricordate le diver-se specie di ‘bug’: crostacei dallaforma piatta, privi di chele e dalcolore fulvo, insieme ai ‘barra-munda’, entrambi pescati nelleacque australiane e poco notialtrove. Anche molta della frut-ta fresca consumata in

Australia è originaria del luogoe, spesso, sconosciuta altrove.Ne sono un esempio il ‘fingerlime’ (pesca nativa) e il ‘riberry’:una bacca dal colore rosa bril-lante e dal sapore delicato. Ilpane esclusivo e specialeaustraliano è a dir poco miraco-loso e si chiama ‘Damper’, men-tre tra i dolci tradizionali, quellimaggiormente apprezzabilisono i ‘lamingtons’: piccoli pezzidi pan di spagna, ricoperti dauna glassa al cioccolato e dacocco in ‘scaglie’, sia dure chemorbide.

Il Damper:un pane miracolosoIl più tradizionale e storico ciboaustraliano è il Damper, il panedei mandriani e degli aborigeni:un prodotto completamenteignoto al di fuori dell’Australia edella Nuova Zelanda. Si tratta,sostanzialmente, di un panepreparato non con un lievito, macol bicarbonato di sodio comeagente lievitante e cotto sulleceneri di un falò. Diffuso dasecoli tra gli aborigeni austra-liani, è stato riscoperto verso lafine del XIX secolo soprattuttodai mandriani, dagli allevatori eda altre persone che, per lavoro,erano costrette a viaggiare a

Melbourne

La meat pie

nelmondo Il mix di influenze anglosassoni e aborigene è alla base d>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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L’Australia, circondata dal-l’oceano Indiano e dal

Pacifico, è il Paese più grandedel continente oceanico. È costi-tuita dal Mainland, l’isola prin-cipale, dalla Tasmania e da altreisole minori, come quella diNorfolk o l’isola del Natale. Lacucina di questo enorme Stato èla combinazione tra le influenzeaborigene locali e quelle delle

popolazioni che, nel corso deisecoli, hanno colonizzato il ter-ritorio, prima tra tutte la tradi-zione anglosassone. Come risul-tato di questa composizionemultiforme, amplificata anchedalla forte globalizzazione degliultimi decenni, è possibile tro-vare sia catene di fast food (fishand chips all’inglese), sia piattiche, richiamandosi alla frugale

Australia ipercalorica

Un subcontinente immenso, abitato da una popolazione dalla costi-tuzione fisica particolarmente robusta, sta emergendo sui mercatidella produzione alimentare, soprattutto in quella vinicola, anche sealcuni problemi sociali di accentuata obesità giovanile stanno sorgen-do con piena evidenza

dieta degli aborigeni, vengonopreparati con ingredienti autoc-toni, chiamati: “Il cibo deiboschi”. A questo proposito, unodei prodotti che si può trovarein ogni casa è senz'altro il ‘vege-mite’, tanto sconosciuto nelresto del mondo, quanto diffusoe adorato in Australia. Si trattadi una crema spalmabile, dicolore marrone-scuro, prodotta

I patty cakes

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Il vino è in fase espansiva,ma il problema sono i dolciIn Australia, non di minoreimportanza è il settore vinicolo,particolarmente florido, connumerose aziende concentratesoprattutto nell’area meridiona-le, nella zona di Victoria e nelNuovo Galles del sud, in cuivengono prodotti vini come:Chardonnay; Semillion;Savignon Blanc; Shiraz.Quest’ultimo, è sicuramente ilpiù amato. Il vino australiano,in questi ultimi tempi sta ini-ziando a riscuotere un certointeresse, con riconoscimentiprestigiosi anche di livello inter-nazionale. Tuttavia, il vero pro-blema sta sorgendo sul frontedolciario, che sembra essereparticolarmente carico di zuc-cheri. È recente la notizia di uncolosso australiano che, peranni, ha distribuito in tutto ilsub-continente un succo di frut-ta e verdure centrifugate assie-me, risultato carico di saccarosioper oltre il 60% dei suoi compo-nenti. Ciò in quanto alcuni casidi obesità giovanile hannocominciato a destare l’allarmeda parte dell’Obesity PolicyCoalition, l’osservatorio austra-liano di controllo dell’alimenta-zione, soprattutto nei confrontidei succhi concentrati. In realtà,il problema è di carattere pret-tamente scientifico ed è statocausato dalla convinzione, risa-lente agli anni ’70 del secoloscorso, che cibi carichi di protei-ne aiutassero la resa fisica quo-tidiana del corpo. Il passaggioda un presupposto dieteticobasato sulle proteine, a unavera e propria scienza dell’ali-mentazione assai più attentaalle ‘calorie’ ha ribaltato moltigiudizi, evidenziando il danno diun’alimentazione mal dosata,imperniata su dolci ipercaloricio di difficile digestione, che non

sono di facile assorbimento perl’organismo. Gli zuccheri, inparticolare, si depositano neitessuti grassi e finiscono conl’abituare la circolazione san-guigna a una dose di saccarosioeccessiva. Di recente, la con-traddizione australiana nei con-fronti dei dolci ha cominciato harisultare sempre più evidente.In particolare, nei confronti dei‘cupcakes’, dolci a forma di tazzada tea, tradizionalmente diffusiin tutto il Paese. Da un lato, lapopolazione non intende rinun-

ciare a un dolce tipico; dall’altro,ci si rende sempre più conto dicome si tratti di una specialitàipercalorica, di non semplicedigeribilità e smaltimento.Sulla questione, la terra dei can-guri si è spaccata di due: laparte più tradizionale dellasocietà accusa la comunitàscientifica di non aver incluso,nella propria analisi, una socie-tà sempre più tecnologica, chesta riducendo il campo dei lavo-ri manuali e fisici, in favore diuna sedentarietà che produce

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dei coloni adattate per sfruttare al meglio i prodotti offerti da un territorio smisurato>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Il Deserto dei Pinnacoli

I famosi '12 Apostoli', magnificenti cataste di rocce che si innal-zano maestosamente dall’Oceano Australe sulla splendida lineacostiera di Victoria

lungo. Persone che dormivanofuori, al freddo. E che, per pre-pararlo, avevano bisogno solo diun po’ di farina, acqua e, appun-to, bicarbonato. La procedura èabbastanza semplice: le ceneri ele braci del falò appena spentovanno appiattite e il primoimpasto viene posato sopra peruna decina di minuti.Dopodiché, l’impasto stessoviene ricoperto dalle braci elasciato a cuocere per quasiun’altra mezz’ora, fino a quantola crosta, se battuta, non emetteun suono sordo.

Tradizionalmente, il ‘Damper’veniva consumato assieme acarne secca o cotta, o con lamelassa. Oggi, questo tipo dipane viene ancora preparatodurante i campeggi, spessoinforcato in spiedi che permetto-no di non dover maneggiare lacenere e le braci calde. In ognicaso, lo si riesce a trovare anchenei panifici.

I Lamingtons: dolci delizieDolcetti squisiti e molto sempli-ci da preparare, devono il loronome a Lord Lamington, gover-natore del Queensland dal 1896al 1901. I Lamingtons sonocubetti, con una consistenzasimile al pan di spagna, farciticon la marmellata e ricoperti dicioccolato fondente e ‘scagliette’di cocco. Si possono trovare indiverse varianti, con la cremaoppure senza lo strato interno,semplicemente glassati con cioc-colato e ricoperti dalle scaglie dicocco. I Lamingtons sono un'ot-tima idea per un dolce sfizioso,magari da consumare ‘in piùpuntate’, perché si conservano

molto bene per diversi giorni. Laleggenda vuole che la primavolta in cui son stati serviti que-sti dolcetti, fosse un giorno incui il governatore decise di por-tare il suo staff in una casa divilleggiatura, per evitare ilcaldo eccessivo di Brisbane. Ilcuoco, preso in contropiede per-ché non aspettava ospiti eavvertito solo all’ultimo momen-to, decise di tagliare un pan dispagna del giorno prima in pic-coli quadrati, tuffarli nel ciocco-lato fuso e poi passarli nelle sca-glie di cocco, che aveva a dispo-sizione. Il dolce piacque a talpunto che gli ospiti di LordLamington ne chiesero addirit-tura la ricetta.

nelmondo La cucina australiana è l’unione delle abitudini culinarie >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Sydney

Il Damper

I Lamingtons

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OGNI MARTEDÌH. 15-17

CULTURALMENTEinterviste, news sui concorsi

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‘pigrizia sociale’; la parte piùprogressista, invece, pone l’ac-cento sulle cattive abitudinidegli australiani stessi, chesembrano quasi giunti sull’orlodella ‘dipendenza da zuccheri’.Probabilmente, ambedue le teo-rie hanno un fondamento diverità, soprattutto se si tieneconto che l’altro dolce nazionaleaustraliano è la torta ‘Pavlova’,dedicata alla celebre ballerinarussa: un dessert a base dimeringa, panna e frutta fresca.

ConclusioniLa cucina australiana, insom-ma, è l’unione delle abitudiniculinarie dei coloni, in maggiorparte di origine inglese, adatta-te per sfruttare al meglio i pro-dotti offerti da un territorio smi-surato, per non dire immenso.Sicuramente, la carne è l’ali-mento che la fa da padrone, conle bistecche cotte alla brace enumerose specie di selvagginatipica. Le carni che gli australia-ni prediligono sono quelle deibovini e degli ovini, ma vengonoapprezzate anche le carni deicanguri, tenera e magra, degli

emù e dei bisonti, dal sapore piùdelicato. Poi, c’è anche chiapprezza il coccodrillo, che asso-miglia al maiale ed è ottimo allagriglia, delicato e povero di gras-si. La carne australiana è pococostosa e di ottima qualità. Ingenere, viene accompagnatadalle verdure e dalla frutta col-tivate nelle campagne tropicali.Anche il pesce è molto diffuso,grazie alla pescosità dei mari,che offrono pesci e crostacei nonpresenti nel Mediterraneo. Sulterritorio australiano sono colti-vati sia frutti mediterranei, siatropicali. Un esempio particola-re è l'anones, una mela con unaroma di cannella. Il formaggio,infine, non è molto diffuso: fino apochi anni fa, l’unico prodottocaseario era il ‘cheddar’. Oggi,invece, vengono prodotti ancheformaggi di mucca, pecora ecapra in stile francese e italiano.Per i vegetariani, i ‘Veggie Cafè’offrono molte alternative alladiffusissima carne. E, in effetti, iristoranti vegetariani stannoriscuotendo un ottimo successo.Altri piatti tipici della cucinaaustraliana sono: 1) il

‘Kangaroo pie’: pasta sfogliaripiena di merluzzo con cipolle ecetriolini, servita con una salsaal ‘cheddar’. Il suo nome derivadal marsupio del canguro; 2) la‘Oysters soup’: zuppa di ostrichebollite, servite con una vellutatadi pesce, condita con succo dilimone e una purea di acciughe;3) la ‘Pumpkin and macadamiasoup’: zuppa di zucca a base dicipolla e olio di macadamia,zucca e mele, condita con yogurte noci di macadamia; 4) la‘Shrimps and mango salad’:un’insalata di gamberetti emango conditi con lime e maio-nese e serviti insieme a una‘citronette’ fatta con frutti dellapassione, limone e olio; 5) la‘Braised oxtail’: coda di manzoin umido, cotta con pomodoro ebirra; 6) il ‘Kangaroo withmushrooms’ (canguro ai fun-ghi): carne di canguro alla gri-glia servita con funghi cotti inpadella; 7) la ‘Surprise papaya’:papaia tagliata a metà, riempi-ta di una macedonia di papaia efrutta mista e gelatina di Porto.

DARIO CECCONI

nelmondo Un sub-continente ‘fissato’ per i dolci>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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La piattaforma dei bagnini sulla ‘Costa d’oro’

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Milano, presso il centro‘MiriPiri’ dove si tengono resi-denziali e corsi rivolti allo yogae non solo. Si tratta di un corsodi yoga e alimentazione(http://www.lascimmiayoga.com) che insegna a comprendereil nostro stato nutrizionale ecalcolare il fabbisogno energe-tico. Non si tratta semplice-mente di capire le basi teorichedella nutrizione, bensì di sco-prire quanto lo yoga aiuti acreare uno stile di vita sano,quanto gli ‘asana’ migliorino lanostra digestione e quanto leemozioni modellino il nostrocorpo. Un modo anche per rico-noscere e prevenire la famenervosa. Oltre a questo tipo dicorsi rivolti al cibo, i pacchetti‘vacanze-yoga’ comprendonoprogrammi giornalieri benstrutturati: ci si sveglia al mat-tino e si medita; prima di cola-zione, si pratica lo yoga ‘dolce’,per risvegliarsi; escursioni,pranzo e laboratori teorico-espe-rienziali sono altri momentirilassanti; in serata, si svolgonoesercizi di yoga e di rilassamen-to; la recita dei ‘mantra’ e lelezioni spirituali, invece, si svol-gono al mattino e alla sera.Per chi predilige le gite cultu-rali immerse nella natura, tralaghi e borghi, a Centeno (VT)lungo la via Francigena (traLazio e Toscana), l’associazio-ne Santosha Yoga (www.santo-sha.it) organizza delle vacanzedal 5 al 12 agosto e e dal 13 al 20agosto dove oltre alla praticayoga vengono organizzateescursioni alle terme, trekkingnella riserva del Monte Rufenoe sulla via Francigena e passeg-giate a Bolsena e in alcuni sitidella Tuscia. La formula ‘tuttoincluso’ (alloggio, pensione com-pleta con cucina vegetariana,lezioni yoga e laboratori) costadai 590 ai 780 euro a persona

per 1 settimana.Spostandoci in Toscana allafattoria ‘il Lischeto’, nellazona del Volterrano (www.a-grilischeto.com/vacanze-detox)troviamo il programma di detos-sificazione ‘Pura Forma’ cherelaziona yoga, movimento fisi-co, pranayama e alimentazionevegane. Il Detox Camp, dura daitre ai sette giorni. I costi varia-no a seconda delle stagioni e sesi desidera pernottare al B&B(mezza pensione 63-73euro) oaffittare un appartamento (da 2a un massimo di 5/6 persone450- 1.500 euro).Insomma, la connessione tracibo, mente e corpo, nello yoga èmolto stretto. Il corpo vieneinfatti chiamato, ‘annamayakos’a’ (parola sanscrita) chesignifica ‘fatto di cibo’. Il corpo èconsiderato il primo livello dellamente, il più materiale e stru-mento attraverso il quale essainteragisce con il mondo ester-no. Il nutrimento, nell’ambitodello yoga, si classifica in base atre forze cosmiche, dando cosìorigine alla creazione: Sattva,Raja e Tama. Nel primo (o sen-ziente) prevale la forza ‘sattvi-ca’, quella progressiva, che aiutal’evoluzione fisica, mentale espirituale; il cibo ‘Rajasico’incentra, invece, la sua forza inquella rajasica, dell’attività edel cambiamento, sempre inmovimento e in agitazione.Infine, il ‘Tamasico’ o ‘statico’,

risalta la forza tamasica ‘inerte’come àncora psicologica, checosente uno sviluppo mentale espirituale più equilibrato.Rivolto a una conoscenza pro-fonda dell’Io, il turismo ‘yogico’incentra quindi lo sguardo sullasalute, sull’alimentazione esulla filosofia, dalle quali si puòtrarre ispirazione e formarsiidee personali. Varie, pertanto,le sessioni dedicate sia allemeditazioni guidate, sia al rilas-samento, sia alla consapevolez-za del respiro: esperienze chepermettono di calmare la menteed essere più forti e lucidi, alfine di affinanare le propriecapacità per affrontare i rappor-ti interpersonali e sostenerequello che può accadere tutti igiorni. Proprio per questo,un’accorta attenzione vienerivolta al benessere psicofisico,soprattutto in questi tempi cosìfrenetici. Le ‘vacanze yoga’ oltrea ricaricare corpo, mente eanima, grazie a una nuova ener-gia, donano una prospettivareale e ottimistica sulla vita,puntando al raggiungimentodella pace interiore. Rilassarsiattraverso meditazione, lezionidi yoga (anche all’aperto, tempopermettendo), lunghe cammina-te ammirando la bellezza circo-stante anche stando in silenzio,può davvero avvicinarci a unadimensione più spirituale.

ANNALISA CIVITELLI

turismo Recuperare il benessere psico-fisico attraverso un percorso spirituale>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Le vacanze yoga e la lorocorrelazione con una sana

alimentazione sono un connu-bio perfetto per una vacanzaalla ricerca di una ‘nuovadimensione’. Ecco una ‘mappa’per individuare quei centriyoga che coniugano meditazio-ne, ginnastica e relax con unapiù corretta alimentazione: ilnostro star bene, infatti, sem-pre più spesso è collegato al

‘mangiar sano’, poiché stress enervosismo spesso derivanoproprio da un modo disordina-to e non corretto di nutrire ilnostro corpo. La nostra ricercaci ha portato in varie partid’Italia e del mondo ove,immersi nella natura, trovia-mo luoghi suggestivi e davverolontani dal caos cittadino, iquali coadiuvano il propriorecupero interiore: agrituri-

Stress addio con yoga e dieta

Desiderate un periodo di vacanza distensivo, che risvegli corpo eanima? Ebbene, perché non provare a smaltire le tensioni quotidia-ne scoprendo le discipline orientali e cercando di dare una nuovasvolta alla consuete abitudini?

smi, monasteri, eremi, centritibetani, case di ritiro, scuole diyoga e Spa, sono la scusa perevadere, praticare yoga e fre-quentare corsi e seminaririvolti a chi intende coniugarela disciplina a un approcciodiverso verso il cibo.Un’iniziativa che segue questiprincìpi e assai peculiare sisvolge nelle colline del piacen-tino, a un’ora di macchina da

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antico ‘manuale d’uso’ per l’uo-mo. La parola sanscrita yoga hala stessa radice del latino‘yugum’, giogo, ciò che unisce. Inparticolare, qui si intende unavisione dell’uomo come unionedelle tre dimensioni: fisica, psi-chica ed energetica. Ciò com-prende anche il suo comporta-mento alimentare, consapevoledell’importanza di questo aspet-to della vita”.

Che tipo di scelta adottatenel vostro centro per sensi-bilizzare i clienti verso ilmangiare sano?“Avvicinarsi allo Yoga significavolersi occupare di sé. La nostravita attuale è spesso basata suritmi spersonalizzanti, che ciallontanano dai nostri bisogniprofondi. Nel vivere quotidiano,noi prendiamo progressivamen-te abitudini e posture che nonsono delle vere scelte, ma rea-zioni a situazioni esterne.‘Vacanze Yoga’ si propone dioffrire una pausa di riflessionesu se stessi: un’occasione perprendersi cura di sé in mododiverso, seguendo un sistemache ha mostrato, nel corso circatremila anni, di dare profondibenefici a chi lo pratica”.

Di cosa si compone il vostromenù?“In un’epoca come quella attua-le, dove nascono continuamen-te nuove teorie alimentari,spesso basate su pregiudiziideologici più che sull’osserva-zione dell’uomo, noi proponia-mo, durante il nostro corso,un’alimentazione semplice etradizionale. L’uomo, per suanatura, è onnivoro. La suastessa dentatura mostra chetende a un’alimentazione basa-ta su cereali, verdure e frutta,con una minore percentuale diprodotti di origine animale. In

sintesi, quella che potremmodefinire ‘la dieta della nonna’,cioè come si mangiava nelnostro Paese fino agli anni ’50,prima della comparsa del ciboindustriale. Noi cerchiamo diattenerci a questi principi,usando prevalentemente pro-dotti del territorio e della sta-gione. Naturalmente, chi lodesidera, può richiedere un’ali-mentazione vegana o senzaglutine”.

Quali sono i benefici cheriscontrate sulle persone?“A breve termine, cioè durante ilcorso, è facile avere dai parteci-panti riscontri su una sensazio-ne di maggiore leggerezza e dibenessere rapidamente percepi-to. Chi torna dopo un anno,spesso ci riferisce che questaesperienza ha contribuito a

cambiare positivamente il suostile di vita”.

Perché scegliere le vacanzeyoga?“Perché lo Yoga fa bene a tuttele età; perché avvicinarsi allameditazione è un’occasione perconoscere meglio se stessi; per-ché Merigar è un posto bellissi-mo, inserito in un territoriotutto da scoprire; perché le‘Vacanze Yoga’ sono un regaloche possiamo farci per recupera-re le parti di noi che rischiamodi dimenticare nei ritmi dellavita quotidiana”.

ANNALISA CIVITELLI

Ass. Culturale Comunita’Dzogchen - MerigarLoc. Merigar, 58031 Arcidosso (GR) ItalyTel. / fax: +39 0564 966837Email: [email protected]

mente abitudini e posture che non sono delle vere scelte, ma reazioni a situazioni esterne”>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Lo Zhikhang, l'edificio che ospita la Sala del Mandala dove si pratica laDanza del Vajra, la biblioteca con un’importante collezione di testi in tibeta-no, inglese e italiano e gli uffici dell’Istituto Internazionale Shang Shung.Nella pagina a fianco: il tempio della grande contemplazione, ideato daChögyal Namkhai Norbu è costruito interamente con materiali naturali, pre-senta numerosi dipinti e decorazioni. Dal suo centro, rappresentato da unfiore di loto, si dipartono raggi corrispondenti alle otto direzioni del manda-la. Negli otto lati del tempio sono raffigurati i principali maestri di tutte letradizioni spirituali tibetane e divinità dall’aspetto pacifico, feroce e gioioso.Merigar è il centro principa-

le della ComunitàDzogchen in Europa. Merigarsignifica letteralmente “residen-za della montagna di fuoco”,simbolicamente “dimora del-l’energia”; è un luogo immersonella natura, circondato daboschi di faggi e castagni.Situato nel comune di Arcidossoin provincia di Grosseto, sorgedove le pendici del monteAmiata incontrano quelle delmonte Labbro e la sua riservanaturale. Qui dal 1981 intornoal Maestro tibetano ChögyalNamkhai Norbu si riuniscono lepersone interessate allo studio ealla pratica dello Dzogchen, unodegli insegnamenti più antichidella tradizione spirituale tibe-tana. Moltissime le strutturealberghiere in questa località,dove si possono trascorre dellevacanze all’insegna del relax eal contempo riequilibrarsi, solle-vandosi da stress e vita freneti-ca. “Avvicinarsi allo Yoga signifi-

ca volersi occupare di sé”: ci rac-conta Luigi Vitiello: medico, psi-coterapeuta, insegnante diYantra Yoga e meditazione.Chi, infatti, si avvicina a que-sto tipo di filosofia e di esercizi,oltre che ottenere buoni risul-tati riesce a modificare positi-vamente il proprio sistema divita. Ma andiamo a scoprirenel dettaglio questo ‘mondo’.

Professor Vitiello, qualerelazione c’è tra benesserefisico e alimentazione?“Il rapporto è strettissimo. Èintuitivo comprendere che ilnostro corpo si forma e si rige-nera sulla base dei costituentiche introduciamo con l’alimen-tazione. Secondo la medicinatibetana, la terapia è basata suquattro pilastri: dieta; compor-tamento; farmaci; interventiesterni (moxibustione, salassi,massaggi e altro...). Il cibo,quindi, è considerato un primoe fondamentale strumento di

benessere. Anche la medicinaoccidentale ha recentementerivalutato l’importanza del-l’alimentazione nella preven-zione e nella cura di moltepatologie, comprese alcunedelle più gravi, come il cancro”.

Nel corso del tempo, come siè venuto a creare il legametra yoga e buona nutrizio-ne? Qual è il fattore che uni-sce le due realtà?“Lo Yoga è probabilmente il più

l ’ intervista “Nel vivere quotidiano, noi prendiamo progressivam>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Luigi Vitiello“Lo Yoga è il più antico

‘manuale d’uso’ per l’uomo”

Luigi Vitiello

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mato: un mondo insolito, fantastico, quasi irreale>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Un miracolo di architettura urbanaCivita è un fragilissimo ‘bicchie-re di Murano’ in bilico su untavolo d’argilla frastagliata alamelle seghettate. Solo quandosi è innanzi all’arco semigoticod’ingresso al borgo, con graffititemplari, la medioevale Porta diSanta Maria, con i due leoni inpietra basaltica, il peperino, chetengono teste umane tra lezampe e la loggetta triforata conal centro, ben visibili, le duecolonne, voltandoci a osservareil percorso appena fatto perarrivare lì, ci si rende conto che,in caso di crollo di quest’unicoponte, la nostra vita resterà inattesa dei soccorsi, che potrannovenire unicamente dal cielo. Èin quel momento che ci viene ladomanda del perché, proprioqui, si sia voluto costruire que-sto agglomerato abitativo. Laragione è che questa alturatufacea di ‘avvistamento’ sorge-va vicino a una delle più antichevie di comunicazione d’Italia:quella che collegava il lago diBolsena con il fiume Tevere. Egli Etruschi abitarono la spondadestra del fiume.

La posizione geograficaCivita è situata nell’area comu-nale di Bagnoregio, nella giuri-sdizione di Viterbo, ma non vaconfusa con questo paese, cometroppo spesso accade: Civita, èun gioiello a sé. L’antico popoloche abitava il borgo scendeva avalle percorrendo cunicoli sot-terranei scavati nel tufo, a gra-dini, verso le tre vie di uscitadall’antica città ‘alta’, cheimmettevano separatamentenel ‘Bucaione’: una grande galle-ria scavata per collegare ilpaese direttamente con la vallesottostante dove si poteva racco-gliere l’acqua. Le mura che cin-gono la città sono di origine

ciclopica, etrusca, medioevale erinascimentale. Solo ultima-mente si stanno riscoprendoqueste vie di fuga, poiché leabitazioni successive allecostruzioni etrusche hannocoperto, ostruito e inglobatotra le loro mura abitative gliantichi passaggi.

Una Storia millenariaComunque, sembra che a Civitail tempo si sia fermato agli etru-schi, per poi sentire gli echi diun impero romano di passaggionel 265 a. C. e lentamente riaf-fiorare nella ‘vita’ di epocamedioevale, riemergere quindinel 1300 con il dolce stil novo,per poi combattere, nelle foschiebrumose, quei Monaldeschiorvietani, colpevoli di gravi eva-sioni in campo amministrativo efiscale, che nel XV secolo aveva-no danneggiato l’intera comuni-tà, la quale, liberatasi dall’infa-me famiglia, instaurò il ‘LiberoComune’ del 1160 circa. Civitaha in seguito respirato la nuovaaria delle scoperte del nuovomondo e il genio architettonicodel rinascimento, le bizzarrìebarocche, le fatue passeggiatedel ‘700 ed ecco: il visitatore delgrand tour e gli attuali turistimoderni. I pregi del borgo sisono sempre svelati da soli, len-tamente, alle inevitabili curiosi-tà. Le acque del Rio Chiaro e delRio Torbido, ancora oggi abbrac-ciano il picco di tufo situato a520 metri sul livello del mare. E,per secoli, hanno fornito l’umilecomodità dell’elemento liquidoagli antichi abitanti del borgo.Solo nel 1604, l’architettoMichele Sammicheli alleviòdalla fatica del salire e scenderei mille gradini etruschi verso il‘Bucaione’, gli abitanti delborgo, ideando il pozzo centrale,che fu costruito da IppolitoScalza. Oltre a ciò che rimane

della tomba etrusca, ritenutal’eremo, la casa di SanBonaventura, che custodì ilprimo convento francescanodella zona, distrutto in seguitodal terremoto, è la Cattedrale diSan Nicola, dove è racchiusanella teca d’argento la reliquiadi San Bonaventura: il bracciobenedicente, oltre a una Bibbiain pergamena miniata del XIIsecolo. San Bonaventura, il car-dinale filosofo, citato da Dantenel canto XII del Paradiso: “Ioson la vita di Bonaventura daBagnoregio, che ne’ grandi officisempre pospuosi la sinistracura”, viene considerato, sin dal

turismo Il miracolo di Civita, nel viterbese, dove sembra che il tempo si sia ferm>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Il ponte antico a sella d’asi-no, rimaneggiato dagli etru-

schi come quello che si ammi-ra a Vulci, ad arco, a strapiom-bo sulla valle sottostante, giàcrollato per il terremoto del1450, nel 1695 ebbe la stessaidentica sorte. Così come nel1738, nel 1764 e ancora nel1794, quando venne ricostrui-to, per poi saltare nella secon-da guerra mondiale tramine lemine posizionate alla base dei

pilastri dai tedeschi. Infine,nuovamente ricostruito nel1964, crollò in seguito a smot-tamenti improvvisi dell’arena-ria. Venne di nuovo riedificatocon tecniche nuove. Ed eccol’attuale passaggio pedonale dicirca 300 metri, che collega laterra ‘ferma’ al borgo del ‘mira-colo’. Perché è proprio un mira-colo ciò che sorregge sullo spe-rone tufaceo Civita, nellaTuscia, costruita dagli

Il borgo sopra le nuvole

Un luogo in cui si respira l’aurea del tempo, un miracolo architettoni-co da preservare, un gioiello che ha attraversato la Storia d’Italiadagli Etruschi giungendo, quasi intatto, fino a noi con una propriaidentità gastronomica

Etruschi più di 2 mila 500 annifa su rovine ciclopiche. Le con-tinue erosioni dei calanchi diarenaria dovute alle piogge, aiventi e agli sbalzi repentinidelle temperature, hanno fattosì che la tecnologia architetto-nica intervenisse nel consoli-damento del tufo, che è la basesulla quale l’antico popolocostruì la meraviglia che anco-ra oggi ammiriamo. La sapre-mo conservare ancora a lungo?

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1274, il secondo fondatoredell’Ordine francescano e unodei padri della Chiesa.

Palazzetto di Giustizia e chiesa dell’AnnunziataPoco distante vi è il mulino delXVI secolo e il Palazzetto diGiustizia, con le sue prigioni.Per gli amanti dell’esoterismo siammira il gioiello gotico sugge-rito dai Templari: la chiesadell’Annunziata, rimaneggia-ta in epoca romanica, ricca diopere pittoriche, affiancata dalcampanile ricostruito nel 1735.La Chiesa, affiancata dal cam-panile del XII secolo a torre, allacui base sono inglobati due sar-cofagi etruschi in pietra basalti-na, è di gran pregio e risale al Vsecolo, costruita su un tempiopagano di epoca imperiale inonore di San Donato, in purostile romanico, dove è conserva-to il ‘Cristo ligneo’ del XIV seco-lo. Esso viene ritenuto miracolo-so: si racconta che durante lapeste del 1499, il crocifisso parlòa una donna rassicurandola sul-l’imminente fine della pestilen-za. Il Cristo è opera di DonatoNiccolò di Betto de' Bardi, figlio

di un cardatore di lana diFirenze detto il Donatello, oltreall’affresco di Pietro Vannuccidetto il Perugino, massimo espo-nente della pittura umbra delXV secolo nato fra il 1448 ed il1450 a Città della Pieve, sotto ildominio di Perugia. Sotto glialtari laterali della Chiesa diSan Domenico sono conservati icorpi di Santa Vittoria e diSant’Ildebrando. I Colesanti, iBocca e gli Alemanni hannolasciato in questo borgo i loropalazzetti rinascimentali, con lescalette esterne: i profferli, chepermettono di raggiungere ilpiano nobile. Nel palazzettonobile degli Alemanni, famigliadel cardinal Giovanni GirolamoAlbani, Governatore diBagnoregio, oggi ospita ilMuseo geologico e dellefrane.

La cucina localeNel caso si arrivasse al di fuoridel flusso turistico, in mesi eorari non contemplati dalle ‘visi-te’, ciò che colpisce è il ‘silenzio’e l’eco del proprio respiro. È unasensazione surreale, in cui sirespira l’aurea del tempo. Il pro-

fumo del pane, emanato dal-l’unico forno a legna, ci guidaalla ricerca di trattorie e risto-rantini ben mimetizzati traarchetti bui e fiori e cespugli.Individuati, è consigliabileassaggiare i piatti tipici delborgo: fettuccine ai fegatini;bruschette al patè di rigagli dipollo; focacce; capretto al forno;polletti alla diavola; spaghetti‘leccabaffi’; maccheroni al sugodi capretto; lepre alla cacciato-ra; pappardelle al cinghiale;vino bianco fresco di grotta dellacasa; vino rosso civitese a tem-peratura ambiente; crostate divisciole; bombolotti alla cremad’albicocca; pesche al vino; caffèall’antica tradizione; tisane alleerbe; fiori della zona. Abbiamocosì varcato la soglia di unmondo insolito, fantastico, quasiirreale. Sarà un caso che il regi-sta giapponese Hayao Miyazakiabbia scelto come ‘location’ pro-prio questo magico borgo per ilsuo film ‘Laputa, il castello nelcielo’ e per il capolavoro di ani-mazione: ‘Le avventure delgatto NineNineNine’? Noi pen-siamo proprio di no.

GIUSEPPE LORIN

turismo È consigliabile assaggiare i piatti tipici del borgo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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L’International Forum di RomaDai Best Restaurants ai Best Bars:

quale ruolo per l’Italia sullo scacchiere che conta?

A margine dell’evento Roma Cocktail Week, dedicato alla promozione del buon bere(cugino della week omonima di Firenze ormai ben consolidata) si è svolto un convegnointernazionale per discutere con gli esperti di classifiche del bar e di quali tendenze oggisi seguano nei cocktail bar tra tre continenti: Europa, Asia e America. La giornata ha offer-to l’occasione per conoscere William Drew, a capo della famosa classifica sui miglioriristoranti del mondo (ha incoronato l’italiano Bottura) e adesso anche di quella sui cock-tail bar, che non aveva mai messo piede a Roma. Tra gli altri partecipanti DamianoCoren Bar manager del Tarallucci e Vino di New York; Diego Ferrari Bar managerRotonda Bistro di Milano; Brandon Khoo Bar manager 28 Hong Kong Street diSingapore; Alex Kratena ex capo barman dell'Artesian Bar del Langham Hotel diLondra che per ben quattro volte ha guadagnato la prima posizione nel World's 50 BestBar; Giuseppe Gallo Founder di Italspirits e Italicus - Rosolio di bergamotto. Dalladiscussione è emerso quale sia il ruolo del bar oggi, quale il peso della bar industry, del-l’importanza di fare rete per fare emergere un territorio e farlo conoscere al resto delmondo. L’Italia per esempio, in questo vive un piccolo paradosso: ha tutti i numeri, daibar, ai suoi mixologist, a storici prodotti, però sembra in parte tagliata fuori dal circuitoche conta. Secondo Gallo ciò è dovuto in parte al fatto che le stesse rotte di viaggio laescludono dagli spostamenti dei viaggiatori (compresi i votanti per le classifiche). InItalia bisogna venirci appositamente, non si capita neanche per caso. E questo è un limi-te oggettivo. L’altro problema, più soggettivo, è la sua capacità di fare rete. Dall’analisidegli esperti è emerso proprio questa necessità: per avere una maggiore presenza nellefamose classifiche, per ‘pesare’, bisogna imparare a supportarsi a vicenda e fare rete. E sein questo non siamo i primi della classe, stiamo recuperando posizioni. Il Forum stesso èstato l’esempio di come il verso sia cambiato. Per la prima volta, infatti, si sono tirate lefila per lo stato dell’arte del settore. Per la prima volta lo si è fatto con alcuni grossinomi, tra cui quel Drew che mai era stato a Roma e che per l’occasione ha potuto cono-scere un pezzo del mondo del bar italiano (rimanendone molto soddisfatto, comeabbiamo appurato). Roma, e di conseguenza l’Italia, avanza la sua candidatura perqualcosa di importante. Un chiaro segnale a tutti quei brand e sponsor interessati.In questo senso l’operazione organizzata da Massimo D’Addezio (direttore artisticodella manifestazione) e da Blueblazer (col supporto di NuFactory) è stata un suc-cesso che lascia ben sperare come l’industria del bar possa puntare sull’Italia per gran-di eventi di settore.

ilPUNTOPuglia e la Sicilia, solitamente abituate adinseguire, in questo settore cominciano a muo-versi in parallelo con altre grandi realtà. Ingenerale, tolte poche eccezioni geografiche, ilSud rimane un territorio dove quella culturadeve insediarsi maggiormente, ma dove il suostesso bisogno è percepito con più forza. BeneNapoli e bene l’Emilia, nel modenese piuttostoche nel solo capoluogo di Bologna. Firenze stamostrando un grande risveglio. Come Torino.Il Veneto si difende bene, a parte Venezia, regi-na degli hotel-bar. Qualche chicca sulle Alpi c’èpure. Non ci facciamo mancare nulla, da Aostaa Taormina non c’è regione che non sia interes-sata con un bar di un certo livello. I tempi,dunque, sono davvero cambiati. Non si entrapiù in un locale per chiedere il solito mojito. Ilcliente possiede una minima infarinatura sulcocktail e sugli spirits, si è fatto giustamentepretenzioso e di fronte a sé ha un barman chesi è trasformato in un vero esperto che qualcu-no definisce col nome di ‘mixologist’, comefosse un gradino più in là rispetto al barman.Procediamo con ordine e cerchiamo di capirecosa è cambiato negli ultimi anni. L’occasioneè quella di stilare un piccolo vademecum perchi ancora deve aggiornarsi e vuole orientarsinel sempre più vasto e interessante mondodella miscelazione alcolica, allontanandocidallo stereotipo per cui cocktail = ubriachezza.Anzi, diffondere la cultura del buon bere equi-vale, al contrario, a limitarne l’eccesso.

Partiamo dall’aperitivoLo avrete notato, forse, che sono pressochéspariti i faraonici buffet. Scordatevi i “10 eurotutto compreso” e i vari “aperi…” qualcosa.Questo perché il settore – almeno quello‘buono’ - vuole dare centralità al drink. E difronte a un cocktail che si rispetti, ci vuoleanche un’offerta adeguata nel cibo, che sia,cioè, di livello. Allora niente più abbuffate. Seavete fame, andate a cena. L’aperitivo è il giu-sto accompagno per ‘aperire’ lo stomaco.Questo sforzo, nel tempo, sta ripagando il lavo-ro. Il cliente ormai ‘sa’, si è abituato all’idea dibere (non di mangiare, spesso male) ed è luistesso addirittura a dare indicazioni precise:ha preferenze per un vermouth piuttosto cheper un altro per il ‘suo’ Negroni (di cui, a pro-posito, a breve si festeggerà il secolo di vita,con ricorrenze non solo in quel di Firenze, dove

mojito>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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è nato); distingue tra un bourbon e un rye whi-skey; si avventura nella combinazione di ungin & tonic, giocando con le etichette chehanno invaso il mercato, sulla scorta dellamoda proveniente dalla Spagna. E se la cono-scenza al di qua del bancone è in crescita, figu-riamoci dall’altra parte, dove stiamo assisten-do a una vera e propria rivoluzione. Ogni bar-man che si rispetti si prende cura del cliente,segue la filosofia del ‘tailor made’, cucendogli

cultura I tempi sono cambiati: non si entra più in un locale per chiedere il solito m>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Dimenticate gli ‘apericena’ dove la scelta è fra alcolico o non alcolico,perché l’Italia non è solo Spritz, ma un Paese di grande tradizioneliquoristica, con professionisti di successo che danno lustro alla nostramiscelazione anche all’estero. Qui è nato il ‘futurismo’, con le polibibitee il vermouth con l’aperitivo. Oggi più che mai, la cultura bartender si èevoluta, da Milano a Messina: provare per credere

E adessoil ‘buon’ bere

Oggi la tendenza prevede di essere ‘beventicon gusto e consapevolezza’. Sono tanti i

segnali che ci consentono di affermare comefinalmente anche in Italia la ‘cocktail culture’è divenuta un riferimento per centinaia di

migliaia di ragazze e ragazzi. Non sono solo leprincipali città di tendenza, come Roma eMilano a essere interessate e che comunquesvolgono la parte del leone. Ormai il fenomenosi è allargato a macchia d’olio. Regioni come la

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caso abbiamo citato Comini e il suo locale, pio-niere della miscelazione molecolare. Almenouna volta nella vita tutti vogliono fareun’esperienza particolare al Nottingham. Enon c’è santo che tenga: si fa rigorosamente lafila, regola che vale anche per i volti più notidel jet set internazionale. Il ‘maestro’ Cominisolo pochi giorni fa aveva pubblicato un postsu Facebook in cui spiegava che l’autista diuna Limousine gli chiedeva che “il signorBruno Mars vorrebbe bere qualcosa”. Moraledella favola: a entrare non è entrato. Con gran-de cortesia alla fine è uscito lo stesso Comini apreparargli qualcosa in auto.

Il cocktail imbottigliatoNon si tratta a dire il vero di una novità.Questa pratica era diffusa già nell’Ottocento(per capirci la prima definizione di ‘cocktail’che conosciamo è di un giornale americano, ilBalance, del 1806). Oggi però questa abitudineè stata ripresa e uno che sta investendo inquesta direzione tempo ed energie è EmanueleBroccatelli con i suoi ‘Cocktail d’autore’. Oltreche offrire la possibilità di una ottima bevutaa casa, si possono trasformare anche in unregalo originale.Se a tutto questo si aggiungono le numeroselezioni (qui le chiamano indistintamentemasterclass), gratuite e non, che le aziende o ibarmen più importanti svolgono in giro perl’Italia, possiamo avere una vaga idea di quan-to il settore della mixability italiana sia cre-sciuto nel tempo. Ultima novità è la grappa: ilbarman bellunese Muro ‘Dandy’ Uva stagirando col suo workshop ‘Graspology’ alla sco-perta della grappa e non solo nella miscelazio-ne. Una volta all’anno, poi, di questo periodo,ci si riunisce tutti in Romagna, da JimmyBertazzoli dell’’Aguardiente’ (Marina diRavenna) per un ciclo di seminari della serie‘Mi casa es tu casa – Summer ItalianBarshow’, molto apprezzati. Formazione tecni-ca e cultura del bere sono la base per chiunquevoglia farsi strada in questo settore. La lezio-ne è chiara a tutti. Inevitabilmente, questosapere si è un po’ diffuso anche al cliente. Edecco perché oggi siamo tutti più (in)formati.Non si dimentichino poi i vari ‘gin day’ o ‘whi-sky day’ milanesi come altre giornate simili aRoma, mete obbligatorie per chiunque (tra

barman e bevitore curioso) voglia essere infor-mato sulle ultime novità.E pensare che tutto questo movimento nelnostro Paese è nato ad opera di un gruppo digiovani e intraprendenti ragazzi che in tempinon sospetti decisero di aprire a vicolo Cellinia Roma uno speakeasy, un locale che nelleintenzioni voleva ricordare le atmosfere delproibizionismo americano, quando, per viadella legge che vietava la vendita e il consumodi super alcolici tra gli anni ’20 e ’30, si diffu-sero a macchia d’olio piccoli bar clandestini, ilcui accesso era consentito pronunciando abassa voce una parola d’ordine. Era nato ilJerry Thomas Project, primo speakeasyd’Italia (oggi, insieme al Notthingham Forestnella classifica dei migliori 50 best bar almondo). Ritrovo di molti barmen capitolini e

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e realizzano persino delle ‘ice-ball’per mantenere bassa la temperatura riducendo la diluizione>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

La nostra top five del momentoMiglior Martini Cocktail:Massimo D’Addezio (Chorus Café, via della Conciliazione 4, Roma)

Miglior Sidecar: Matteo Siena (The Barber Shop, via Iside 6, Roma)

Miglior Mint Julep: Mirko Barranca (Pimm’s Good, via di Santa Dorotea 8, Roma)

Miglior Old Fashioned:Marco Russo (1930, Milano)

Miglior Rob Roy: Paolo Sanna (Banana Republic, via Bettolo 3, Roma)

addosso il drink su misura. Inoltre, autoprodu-ce i suoi sciroppi. Li chiamano ‘home made’,espressione che non riguarda solamente sci-roppi (dalla camomilla al timo, dal sambuco allampone, per fare qualche esempio), ma ricom-prende anche i cosiddetti ‘shrub’, ossia queicomposti aciduli con base alcolica come cognaco rum (ma anche altro), zucchero e agrumi.Hanno origini orientali, sono giunti per laprima volta in Europa a Venezia, ma è inAmerica che hanno avuto grande diffusione,dove ogni rispettabile famiglia produceva ilproprio shrub da offrire a feste e ricevimenti.Ne andava matto George Washington, primaancora di divenire presidente, e il suo collegaJefferson. Altra mania home made sono i bit-ters, liquori amaricanti utilizzati in gocce perprofumare il drink. E vogliamo parlare delghiaccio? E’ ormai chiaro che così come lo chefcucina col fuoco, il barman ‘cucina’ il cocktailgrazie al ghiaccio. Se perfetto e cristallino,oltre che bello a vedersi, costituisce almeno il50 o 60% della riuscita finale del drink.Pertanto è ormai desueta la frase: “mettimimeno ghiaccio, perché altrimenti si annacqua”.In Giappone, dove la cultura del cocktail assu-me contorni molto raffinati, non è inusuale

vedere sul banco lastroni di ghiaccio segati amano con strumenti simili a quelli di un fale-gname o di uno scultore, per ottenere cubi divarie dimensioni (ogni drink ha il suo ghiaccioperfetto). Il ‘Japan style’ ha fatto breccia ancheda noi. Per i più pigri ci sono speciali macchi-ne che realizzano persino delle ice-ball, sfereche sembrano di cristallo, in grado di mante-nere bassa la temperatura, riducendo al mini-mo la diluizione. E senza entrare in dettaglitecnici, si sono compiuti persino studi scienti-fici sulla shakerata, la ‘firma’ di ogni barman,per capire quanto e quale ghiaccio usare, imovimenti da compiere e il tempo di shakera-ta per garantire il risultato perfetto. Come siintuisce la scienza, dopo la cucina, si sta affac-ciando al bar. Da anni, ormai, si parla di cock-tail molecolari (tra arie, velluti e sfere) e sem-pre più sono i macchinari rubati dai barmenagli chef che a loro volta li avevano presi inprestito dalla chimica: tanto per fare un esem-pio il rotavapor per distillare a basse tempera-ture o il mixer a ultrasuoni utilizzato daDario Comini al Nottingham Forest di Milano,capace di estrarre nell’immediato oli essenzia-li e aromi da qualunque cosa, ovviamente nelrispetto delle norme igienico-sanitarie. Non a

cultura Il ‘Japan style’ha fatto breccia anche da noi: ci sono speciali macchine che>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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rio essere un barman per iscriversi, anche sepuò essere consigliabile. Qui il mondo dellamiscelazione è diviso in ere, si parla di misce-lazione cubana, di pre e post proibizionismo, cisono focus su ricette che hanno fatto la storia.L’esame finale, da quel che dicono, è uno sco-glio duro. Ma questo la dice lunga sull’altogrado di cultura cui siamo giunti.Tornando al vermouth, recentemente alcunibrand piccoli e grandi si sono riuniti in un con-sorzio a tutela del prodotto “Vermouth diTorino”. Se siete appassionati o volete sapernedi più sulla storia di questo vino aromatizzato,visitate il museo di Martini & Rossi a Pessione(To), oppure registratevi a ‘Esperienza ver-mouth’ di Fulvio Piccinino, uno dei massimiesperti mondiali sull’argomento. In entrambi icasi, ovviamente, dovete recarvi in Piemonte.E dove altrimenti?Lo stesso Piccinino, poi, oltre che essere a suavolta un barman e un grande studioso del ver-mouth, è l’autore di un bellissimo saggio sullamiscelazione futurista. Leggetelo e scopriretequanto il movimento di Marinetti è connessoal mondo del bar e soprattutto provate i cock-tail ‘futuristici’, le “polibibite” come loro usava-no chiamarli. Giusto per incuriosire, citiamoalcuni nomi, come ‘Avanvera’ o ‘Brucio inbocca’. Un barman appassionato all’argomentoè il campano Enzo Tana, di Aversa. Cercatelosu Facebook e seguitelo nelle sue serate.Per rimanere in tema cocktail e cultura, illiquore Strega, quasi in concomitanza col pre-mio letterario, organizza un premio di miscela-zione. Quest’anno si è svolto nello storicoPalazzo Caracciolo di Napoli ed ha incoronatoMattero Rebuffo, giovane barman con studi daingegnere biomedico, in forza al The Mad Dogdi Torino. E forse non sapete che esiste ancheuna casa editrice dedicata al settore, laReadrink di Gian Paolo Di Pierro che insiemeal socio Gianluca Enria pubblica in italiano ilmeglio dell’editoria internazionale sul cocktaile dintorni. L’ultimo libro in ordine di tempo èdedicato allo Sherry (www.readrink.it).Readrink ha già coperto il gin, il vermut, ilmezcal, e con ‘Intelligenza liquida’ si è spintanei meandri della chimica al bar. Se voleteconoscere meglio il progetto, oltre che visitareil sito potete recarvi al Club Derriere di Roma,altro locale di livello, dove troverete ad acco-

gliervi proprio l’editore Di Pierro.E chiudiamo con un tocco di italianità nel set-tore. In questo momento i migliori esperti dimiscelazione all’estero stanno esaltando lanostra liquoristica: dai vermouth agli amari,infatti, l’Italia ha una lunga e consolidata tra-dizione e non c’è evento che non costituiscal’occasione per ricordarlo. I miscelatori italianiall’estero sono i migliori ambasciatori di que-sta tradizione. Londra, capitale del cocktail,vede proprio numerosi barmen italiani al cen-tro dell’attenzione. Va citato sicuramente fratutti Simone Caporale, che per diversi anni difila si è classificato al vertice nella famosaclassifica prima citata (The World’s 50 BestBars), insieme al collega Alex Kratena, quan-do entrambi lavoravano all’Artesian Bar delLangham Hotel. Attualmente Simone è impe-gnato all’estero in un lavoro di supporto pro-prio della nostra liquoristica. Un altro italia-no, esperto di spirits, è Giuseppe Gallo, cheporta avanti il suo progetto di un rosolio albergamotto, Italicus, riscontrando amplio suc-cesso. Lo stesso Luca Picchi di Firenze, massi-mo esperto della storia del conte Negroni e delcocktail omonimo, di cui narra le vicende inmaniera approfondita nel libro ‘Negroni cock-tail. Una leggenda italiana’ (Giunti, 2015) puòessere considerato un altro ambasciatore del-l’italianità nel settore del bar.Insomma l’Italia è presente, viva e vegeta e silascia bere. Gode dell’attenzione del mondodella miscelazione, possiede tra i migliori bar-men sul mercato, storici liquori e vermouth eper questo potrebbe ambire a posizioni di mag-gior rilievo internazionale. I grandi brand, igrandi organizzatori, hanno gli occhi puntatisul Bel Paese, pronti ad investire capitali (vedibox di approfondimento) se ce ne fossero leoccasioni.Per i più curiosi, esiste da due anni una guidaai migliori cocktail bar d’Italia, scaricabilesulle principali piattaforme per app gratuita-mente. Si chiama Blueblazer. Usatela e geolo-calizzatevi. Troverete oltre cento locali, tra cuiquelli finora citati.In conclusione, quando si dice che chi beve lofa per dimenticare, qui ha sbagliato strada (eforse locale). Oggi chi beve lo fa soprattuttoper ricordare. Siate responsabili.

GAETANO MASSIMO MACRÌ

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porre un prodotto ‘alla maniera di’o come si faceva una volta>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

non solo, che lì terminavano le loro nottate deldopo lavoro, il Jerry col tempo si è trasformatoin una fucina di idee e informazioni e oggi èmeta turistica per tutti i viziosi bevitori delmondo. Tutto quello che non si sapeva sul bar,da prima a dopo il proibizionismo, passandoper la cultura ‘Tiki’ (immaginatevi laPolinesia, un po’ di effetti alla paradiso tropi-cale, tanto rum in miscelazione, drink coloratie succosi, magliette hawaiane, appetizer cinesie cultura pop anni ’50 americana tutto insiemein un bar), è transitato da e attraverso il JerryThomas. Da lì l’esplosione dell’interesse ditutto il settore per quello che il bar stesso erastato realmente in passato. Lo studio dei pro-dotti, delle ricette e dei vari ‘coctkail book’,autentici manuali (alcuni, introvabili, hannoraggiunto prezzi ragguardevoli) che ne è deri-vato, ha generato un effetto a cascata che hadeterminato la nascita da un lato di altri loca-li che su quel modello di qualità si sono ispi-rati, dall’altro di barmen sempre più sofistica-ti e menù sempre più strutturati. Visto l’inte-resse e la forza del movimento, le stesse azien-de, a volte in accordo con alcuni barmen,hanno rimesso in circolazione etichette dimen-ticate o ne hanno create di nuove sulla base distudi meticolosi, per riproporre un prodotto‘alla maniera di’ come si faceva una volta.Questi barmen-studiosi spesso sono un curiosointreccio tra un filologo e uno storico. InAmerica si parla di ‘mixographer’.Non mancano casi in cui la stessa cucina stel-lata si è avvicinata al bar. Vedi ‘Carlo eCamilla in segheria’ a Milano. Qui, barman di

eccezionale estro che lavora come pochi fruttie spezie miscelandoli con liquori e distillati èFilippo Sisti. Dietro al concept del ristorantelui, il super chef Carlo Cracco che tra l’altro haletteralmente firmato una nuova bottiglia digin, il ‘Portobello Dry Gin Local Heroes’. Allabase del classico gin della Portobello Road,Cracco ha aggiunto shiso, aneto, bergamotto,pepe di timut e mango. Un’occasione in più pervisitare il bar che, ve lo assicuriamo, vi stupi-rà per gli arredi e l’atmosfera.

Parliamo del vermouthLo citiamo alla fine, ma per dargli la giustaimportanza. Parliamo del vermouth o vermutche dir si voglia. Nato proprio in Italia nellaTorino della seconda metà del ‘700 ad opera diAntonio Benedetto Carpano, oggi è uno deiprodotti principe della moderna miscelazione,è la base dei grandi classici. L’interesse e lostudio per il vermouth negli ultimi anni haportato alla nascita o rinascita di numeroseetichette di piccoli produttori. Esempio fulgen-te è il ‘Vermouth del Professore’ ideato dai pro-prietari del Jerry Thomas e ormai divenuto unmust per ogni bar di livello nazionale e inter-nazionale. Il piccolo locale romano ha, di fron-te, uno shop dove trovate, oltre al suddettovermouth, anche i loro gin e altre chicche chefanno impazzire i più nerd. Non è finita qui: apoche centinaia di metri sorge la loro scuola,una sorta di accademia del bartending in cuiAntonio Parlapiano (uno dei soci) distilla il suosapere, dando lezioni piene zeppe di dati stori-ci oltre che di dettagli tecnici. Non è necessa-

cultura Le aziende hanno rimesso in circolazione etichette dimenticate per riprop>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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diventata un ‘cluster’ di cui la nostra economia non può più fare a meno>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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quanto lo Stato ha bisogno della sfera enoga-stronomica e quanto la sfera enogastronomicaha bisogno di una buona politica statale? Ci siamo posti questa domanda, perché vor-remmo andare più a fondo in una questionecosì centrale, ma spesso mantenuta parados-salmente a margine della nostra informazione.L’Expo di Milano 2015, il cui scopo primarioera quello di trovare il modo per migliorare lecondizioni mondiali sul fronte dell’alimenta-zione, ha dimostrato ampiamente come il set-tore agricolo sia alla base del successivo svi-luppo industriale di ogni Paese.E che le parole ‘coltura’ - vinicola o più generi-camente alimentare – e cultura possiedano,etimologicamente, la medesima ‘radice’, poichéla prima rappresenta il fondamento struttura-le della seconda. Inoltre, per l’Italia è statauna grande occasione di crescita, al fine didare maggior peso specifico alla nostra culturaenogastronomica, di cui siamo fieramente pro-tagonisti nel mondo. Un aspetto che ci rendemeta enogastronomica, regalando un’ottimapercezione del nostro Paese a livello turistico,rendendo così il ‘Made in Italy’ una fra lemigliori strategie di medio-lungo, periodo ingrado di promuovere la produzione ‘nostrana’.Nonostante i problemi dei nostri enti locali,l’enogastronomia è diventata un ‘cluster’ di cuila nostra economia, ma anche la nostra politica,non può più fare a meno. Per questo è nato, loscorso anno, il piano triennale 2016/2018 di Enit- Ente nazionale italiano per il turismo, nelquale si mira a valorizzare le nostre ricchezze,affinchè un sempre maggior numero di appas-sionati e/o compratori legati al settore scelganol’Italia come ideale prototipico di formazioneimprenditoriale, vinicola e gastronomica.Secondo il nostro ente turistico, infatti, il‘Belpaese’ rimane stabilmente fra le mete pre-ferite dal turista enogastronimico. Ciò risultaconfermato dai dati forniti dalla Bancad’Italia: nel 2015, sono stati ben 920 mila iviaggiatori stranieri che hanno scelto l’Italiaper una vacanza di questo tipo, contribuendo auna crescita del settore pari a un +5,9% rispet-to l’anno precedente e +11,6% rispetto al 2011.A confermare i numeri positivi di questa sferadella nostra economia agricola, la spesa fattadai turisti stranieri, che in quello stesso annosi è aggirata attorno ai 192 milioni di euro,

segnalando un incremento del +54,9% rispettoal 2012: dati che si sommano alla spesa turi-stica complessiva. Ma al netto dell’analisiquantitativa, quel che più conta è l’innovazio-ne qualitativa, che in questi ultimi anni hacambiato il modo di valorizzare la gestioneaziendale di quello che è sempre stato uno deisettori primarii dell’export italiano.Se dopo il boom economico degli anni ’60 delsecolo scorso e il proliferare incontrollato diaziende vinicole su tutto il territorio, la con-versione industriale compiuta in questi ultimianni, finalizzata a reagire alla lunga crisideflattiva che ha colpito l’Italia sin dal 2008,ha portato a una rivalutazione di tutti queicomparti che, precedentemente, erano visticome un settore ‘di mezzo’ tra tradizione agri-cola e cultura imprenditoriale.Ed ecco giustificata la nascita di un’industriaenogastronomica, che oggi vanta fatturati ‘stel-lari’ e spesso risulta guidata da personaggi dilivello internazionale, portando il buon nomeitaliano nel firmamento di una moda che esaltai sapori, gli odori e i lavori della terra. Sono sem-

Conosciamo molto bene le attuali difficilicondizioni dell’Italia sotto molti punti di

vista: quello finanziario, quello sociale, quellopolitico, quello economico e occupazionale. C’è

mercato Nonostante i problemi dei nostri enti locali, l’enogastronomia è d>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Sin dall’epoca dei Romani, il ‘nettare degli dei’ è stato il nostroprodotto agricolo di maggior successo, ma anche nell’epocadell’Italia liberale, i nostri maggiori politici, soprattutto quellipiemontesi, erano, al contempo, eccellenti leader e grandi pro-duttori vinicoli, a cominciare da Camillo Cavour: una tradi-zione costante, che ha sempre mantenuto in asse un collega-mento preciso tra coltura vinicola e sana cultura contadina

Per Baccoche vino!

un settore, tuttavia, che da sempre innalza fie-ramente la nostra bandiera, collaborando mol-tissimo a mantenere in equilibrio il sistemaproduttivo del Paese. Perciò, ci siamo chiesti:

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Ciò che un tempo era considerato un lavoromanuale è diventato, in questi ultimi

anni, un’istituzione d’impresa, che vanta unprofitto che non conosce conti in rosso. È l’in-dustria enogastronica, che oltre a essere lode evanto per il nostro Paese, è motivo crescente diuna sempre più alta presenza di turisti inter-nazionali. Ma politica ed enogastronomia pos-sono creare insieme un’economia che portil’Italia fuori da questo baratro? Lo abbiamochiesto al politico piemontese Giovanni Negri,già segretario nazionale del Partito radicale edex parlamentare europeo, che nei primi anniduemila, dopo aver rilevato l’azienda di fami-glia, ha fondato l’azienda agricola Serradenarinelle langhe piemontesi in provincia di Cuneoin cui produce vini raffinatissimi, segnalando-si come capofila di quelle aziende che hannosaputo trasformarsi in vere e proprie industrievinicole ed enogastronomiche.

Onorevole Negri, in un’Italia che ha attra-versato una lunga fase di crisi economica,l’enoturismo si è confermato una risorsaeconomica e culturale con ampi margini dicrescita, permettendo ai nostri territori dicombattere la lunga fase deflattiva: secon-do lei, in quale maniera la politica italianapotrebbe aiutare a crescere ancor di piùquesto settore?“L'Italia politica è inconsapevole della storiadel vino italiano, del ruolo enologico giocatodalla nostra penisola attraverso non solo isecoli, ma i millenni. Lo Stato è sostanzial-mente assente nel promuovere, diffondere efar crescere l'immagine del Paese come unadelle grandi culle del vino e, anzi, con Romaantica, come lo strumento attraverso il qualela vite si diffuse in ogni angolo d'Europa. Delresto, ciò non riguarda solo il vino: è l'immen-so patrimonio artistico, culturale, naturale,storico a essere del tutto sottoutilizzato”.

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grado di mantenere alti i livelli del nostro ‘export’, anche nei ‘cicli’economici più difficili>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Lei ha un passato politico importante: èstato un ottimo segretario nazionale delPartito radicale, nonché parlamentareeuropeo: perché, a un certo punto del suopercorso politico e in tempi non ‘sospet-ti’, ha deciso di dedicarsi all’azienda difamiglia?“Perchè la politica mi è apparsa una lotta vana.E perché non sono stato io ad abbandonare lapolitica, quanto la politica ad avere abbandona-to un intero Paese. I risultati di questa catastro-fe, purtroppo, li raccogliamo oggi”.

Ma com’è stato l’approccio dei primitempi: alquanto difficile, oppure ha potu-to avvalersi della tradizione imprendito-riale di famiglia?“Dalla mia parte ho avuto un'innegabile fortu-na: la proprietà dei terreni, dovuta alla fami-glia. Il resto l'ho fatto da solo, partendo, difatto, solo dai terreni, allora lasciati incolti”.

Il 29 maggio scorso, a Lecce, durante unaconferenza stampa, è stata presentato undisegno di legge del senatore DarioStefàno, alla presenza del viceministroalle Politiche agricole, Andrea Olivero. Ilprogetto prevede una nuova ‘Disciplinadell'attività dell'enoturismo’ visto come

Giovanni Negri:“Non sappiamo raccontare nel mondol’incredibile storia enologica d’Italia”

pre di più gli italiani che compiono questa scel-ta e che, attualmente, possono vantare di averrilanciato un patrimonio enogastronomico senzaeguali al mondo, dando la possibilità di istituirenuove regole a uno stile di vita alimentare sano,da cui sono discese, a loro volta, diverse ‘bran-che’: dalla nascita di corsi universitari, aun’espressione estetica del ‘viver sano’.Come possiamo vedere nel caso del politicopiemontese Giovanni Negri, la qualità produt-tiva è divenuta, inesorabilmente, sinonimo digenuinità, garantendo sicurezza e basi solideper la difesa di un ‘Made in Italy’ che vantaimitazioni a livello planetario. Sulla base ditutti questi punti di lode, la politica italianaha dovuto riconoscere la forza di un settoreprimario, che è sempre stato in grado di domi-nare i mercati in tutto il mondo, assicurandola validità della ‘Denominazione di OrigineControllata’. Essa fu istituita con il decreto-legge del 12 luglio 1963 n. 930, con il quale ilministero dell’Agricoltura disciplinò la regola-mentazione della produzione vinicola.Un esempio di questi tipo di cultura è la legi-slazione data dall’Organizzazione comune dimercato del vino, nata nel 1969, con la quale siregolamenta il diritto di impianto e reimpian-

to, la riconversione colturale, importanti pro-grammi di ristrutturazione e di riorganizza-zione, le distillazioni obbligatorie e volontarie.L’ultima normativa, a livello politico e finan-ziario, è il Decreto Mipaaf del marzo scorso,con il quale si è deciso di regolamentare ilsostegno per l’assicurazione del raccolto, checontribuisce alla salvaguardia dei redditi deiproduttori colpiti da calamità naturali, avver-sità atmosferiche, fitopatie o infestazioniparassitarie.Sono stati inoltre introdotti dal Governo deifondi di mutualizzazione, finalizzati a offrireassistenza ai produttori che desiderano assi-curarsi contro i rischi derivanti dalle fluttua-zioni di mercato. E la ‘Vendemmia verde’, cheelimina le eccedenze contingenti di prodottoper ripristinare l’equilibrio tra domanda eofferta, al fine di prevenire le crisi di mercato.Tutto ciò testimonia l’importanza della produ-zione enogastronomica nel nostro Paese, sia alivello politico, sia economico. Un comparto cheè sempre stato in grado di mantenere alti ilivelli del nostro ‘export’ in tutte le condizioni,anche nei ‘cicli’ economici più difficili.

ILARIA CORDÌ

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mercato La produzione enogastronomica nel nostro Paese è sempre stata in>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Emergency è nata 20 anni fa per offrire cure gratuite e di elevata qualità alle vittime della guerra e della povertà.Da allora abbiamo assistito oltre 6 milioni di persone grazie al contributo di decine di migliaia di sostenitori che hanno deciso di fare la propria parte per garantire un diritto fondamentale - il diritto alla cura - in alcuni dei Paesi più disastrati al mondo.Aiutaci con l’attivazione di una donazione periodica (RID): tu scegli che cifra destinare a Emergency e con quale frequenza e noi potremo pianificare al meglio il nostro lavoro e mantenere la nostra indipendenza.

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opportunità turistica legittima: secondo lei,è la ‘carta’ giusta per il comparto della pro-duzione vinicola? E perché?“Se l'obiettivo è quello di equiparare ogni forma dienoturismo al regime fiscale agrituristico, mi par-rebbe un progetto positivo. Se, invece, si mira anormare, regolare, precisare, spero non se ne fac-cia nulla. Di leggi, in Italia, ce ne sono già troppe.E molte di queste, del tutto disattese”.

La ‘ratio’ del ddl Stefàno è forse quella diaffiancare la nostra forte tendenza all’ex-port attirando direttamente qui da noi gliacquirenti esteri? Oppure si tratta di qual-cosa di diverso?“Appartengo a un territorio vinicolo, le Langhepiemontesi, letteralmente preso d'assalto dacentinaia di migliaia di visitatori e appassio-nati stranieri. Nessuna legge li avrebbe fattiarrivare, senza una promozione nei loro Paesidi questi vini e senza un racconto della lorostoria. Il problema dello Stato italiano non èquello di moltiplicare le leggi: è quello di saperraccontare nel mondo l'incredibile storia eno-logica d'Italia, la sua varietà, la sua unicità.Fatto questo, i turisti arrivano. Né più e némeno che a Capri, o a Taormina”.

Negli anni ’70 del secolo scorso vi fu unaguerra – la cosiddetta ‘Guerra del vino’ -dovuta alla sovrapproduzione enofila e alrecepimento di alcune regole di produzioneche garantissero quantità e qualità: quantoè competitivo, oggi, il settore vinicolo italia-no e come può riuscire a fronteggiare la con-correnza di prodotti a basso costo che stan-no emergendo sui mercati esteri?“I grandi numeri del mondo del vino sono quellidei bastimenti carichi di liquido destinato altetrapack, o le bottiglie che costano circa 1 eurofra vino e packaging (vetro, etichetta, capsula,tappo, cartone). Se dobbiamo competere su questoterreno abbiamo già perso. Se, finalmente, sapre-mo raccontarci come Paese delle ‘cento nicchie’ dialtrettanti vini di straordinaria qualità, vincere-mo sul mercato”.

Nel 2013, tramite il Regolamento n. 1308approvato dal parlamento europeo, sonostati stabiliti dei programmi di sostegno peril settore vitivinicolo: non si corre il rischio

di subire la concorrenza sui mercati daparte dei vini spagnoli, portoghesi oungheresi? Oppure, si tratta di criteri chepotrebbero tornare comodo anche allaproduzione italiana?“Non sono un nazionalista e non amo i toni‘patriottardi’, ma quando è vero, bisogna dirlo.Un'Italia consapevole di sé, della propriaStoria e della propria forza enologica non devetemere la concorrenza di nessuno. Neppure daivini di Francia, altro che quelli spagnoli oungheresi. E nonostante una Ue che producepiù danni che aiuti: ultimo, quello di aver sot-tratto l'impiego della denominazione Tocai aivini friulani”.

Il Decreto Mipaaf 1715 del 20 marzo 2017 hainoltre stabilito una dotazione finanziariaper la campagna 2017/2018 negli Stati mem-bri dell’Unione europea, al fine di “informa-re i consumatori sul consumo responsabiledel vino, i sistemi delle denominazioni diorigine e le indicazioni geografiche”: cosane pensa, al riguardo?“Penso che il senso del ridicolo dovrebbe esserepiù diffuso. A Roma, o nelle ‘happy hours’ di tuttaItalia, un minorenne può bere impunemente trevodke ghiacciate. Alle 4 del mattino, migliaia digiovani escono ubriachi e anfetaminizzati dallediscoteche. E lo Stato stanzia soldi per “informarei consumatori sul consumo responsabile del vino”.Diciamo la verità: da qualche anno, nella Ue, è inatto una sorta di criminalizzazione del vino. C'èchi, non producendo vino o producendone pochis-simo, vuole spingere per un più ampio consumo dibirra o di superalcolici”.

Per concludere, ci dica sinceramente: secon-do lei, molti giovani italiani, magari laurea-ti, ma poco qualificati, che non trovano lavo-ro dovrebbero tornare alla terra e dedicarsiad attività come quella da lei intrapresa?“Sì, e in parte sta accadendo. Un po' per scelta,un po' per disperazione. Molto perché la scuolaitaliana è un pianeta a sé stante, disancoratodalla vita reale e dal mondo del lavoro. Sicché, iragazzi si pongono, ohibò solo dopo, la domandache avrebbero dovuto porsi prima: ma di questalaurea cosa me ne faccio”?

ILARIA CORDÌ

mercato Nella Ue è in atto una sorta di criminalizzazione del vino>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Attualmente si parla spes-so di ‘curvy revolution’:sui red carpet, nelle rivi-ste e nel cinema sonotante le donne ‘curvy’ chesi mostrano e affermanoesplicitamente: "Io mipiaccio e mi sento bellacosì": lei cosa ne pensa?“Quello della ‘curvy revolu-tion’ è un concetto giusto esano. Prima o poi, doveva purrimbombare nel mondo deimass madia, dando ampiosupporto alle donne che stan-no cercando la serenità con il

proprio corpo. Penso che labellezza non sia una semplicequestione di misure o di‘taglie’: quando ti senti bella,anche gli altri ti vedono bella.Sono fermamente convinta diquesta cosa: noi trasmettia-mo agli altri la nostra imma-gine, sia quella esteriore, siaquella interiore. Se non tisenti bella o non ti senti sicu-ra, gli altri lo percepiscono”.

A questo proposito, secon-do lei una donna che vuolestar bene con il proprio

ate in scena, per ricordarci che non serve essere magre per amarsi ed essere amate

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fisico tonico e stare attente aseguire un’alimentazionesana, mangiando frutta e ver-dura, prediligendo la carne alposto dei carboidrati, evitan-do grassi ma concedendosi,ogni tanto, qualche peccato digola, per gratificare anima ecorpo. Per parlare di tuttoquesto abbiamo voluto incon-trare Claudia Fattorini,modella ‘curvy’, ma soprattut-to una ragazza che rappre-senta tutte quelle giovanidonne che non ricercano, purlavorando nel mondo dellamoda, la magrezza a tutti icosti. In particolare, abbiamovoluto sapere da lei cosasignifichi essere una modella‘curvy’, quanto sia complicatocercare di ‘rispondere’ adeterminati ‘modelli imposti’e quale sia il suo rapporto conl’alimentazione.

Claudia Fattorini, cosasignifica essere ‘curvy’?“Essere ‘curvy’ significa rap-presentare una fisicità armo-niosa, oltre a un vero e pro-prio modo di essere. ‘Curvy’,per me, significa anche farparte di una categoria conorgoglio e disinvoltura”.

E cosa significa, invece,essere una ‘modellacurvy’?“Essere una modella ‘curvy’significa essere un’indossatri-ce di ‘taglie forti’, una ‘man-nequien’ che fa delle suecurve un grande punto diforza, indispensabile permisurarsi con più grinta conil concetto di moda comune-mente inteso. Per tali motivi,una modella ‘curvy’ deveavere, prima di tutto, perso-nalità”.

società Belle, sensuali ed eleganti, le ‘modelle curvy’ sono finalmente entr

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Le ragazze ‘formo-se’ conquistano lecopertine delle piùimportanti rivistedi moda e non solo.A confermarcelo èClaudia Fattorini,che afferma fiera-mente: “Stop alladittatura delle fili-formi”

D opo decenni di ‘dittaturaestetica’, di una taglia

38 che rende i corpi anonimi etrasparenti, la bellezza sem-bra aver cambiato direzione.Sotto i riflettori, adesso, cisono soprattutto le donne‘curvy’, con forme prosperosee sinuose. Linee morbide erassicuranti, un fascino irre-sistibile per fotografi edesperti di ‘new mode’. Lamoda ‘curvy’, infatti, è in con-tinuo divenire, così come losono i canoni proposti, chedettano le regole della bellez-za, del buon gusto e dellostile. Parametri entro i qualiè necessario creare un pro-prio spazio di esistenza, peressere ritenuti ‘giusti’. Ledonne sono le prime a subire

l’influenza di dettami stilisti-ci, che comprendono non solol’abbigliamento e che, fino aieri, si sono trovate a fare iconti con le immagini ‘filifor-mi’, con una magrezza ecces-siva, rappresentata da model-le che promuovono costumida mare distese su un lettinoo su una spiaggia caraibica,esibendo la loro più totale‘longilineità’. Da oggi, non èpiù così. Belle, sensuali edeleganti, le ‘modelle curvy’sono finalmente entrate inscena, per ricordarci che nonserve essere magre per amar-si ed essere amate. Sul web, iblog dedicati all’argomentostanno proliferando a vistad’occhio. Il più famoso,‘Beautiful curvy’, da qualche

anno ha ideato uno specialecalendario: scatti sensuali emai banali, che hanno lancia-to Catherine Poulain e AlicePasti nell’olimpo della moda eche, in un solo anno, ha tota-lizzato circa 60 mila downlo-ad. Il messaggio è sempre lostesso: cercare di accettarsiper quel che si è, apprezzandoogni singolo centimetro delproprio corpo e valorizzando-si con ‘outfit’ studiati ad hocper fisici prorompenti, anzi-ché indossare abiti ‘a sacco’per nascondere le ‘forme’.Oggi, la moda offre un’ampiagamma di possibilità pertutte le donne. Oltre ad avereun guardaroba studiato, ènecessario fare sempre attivi-tà fisica per mantenere un

La bellezza sta cambiando

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cinema estateLa bella stagione è arrivata, con il suo carico di sole, caldo afoso e risse per accappararsi il postomigliore in spiaggia. Luglio e agosto, però, è anche il momento in cui le sale cinematografichevengono letteralmente sommerse da un’ondata di nuove pellicole, pronte ad offrire un po’ di refri-gerio nella torrida afa, per non parlare poi di quel meraviglioso rituale estivo del cinema all’aper-to. Ma quali film scegliere? Eccoci quindi pronti, per aiutarvi nella scelta, per una carrellata deimigliori film in uscita in questi mesi. A cura di Giorgio Morino

Transformers: l’ultimo cavaliereAd inaugurare le danze è il classico blockbuster made inU.S.A., per la regia del “maestro” delle esplosioni e del“divertimento senza cervello” Michael Bay. I robottoni tra-sformabili della Hasbro tornano in sala per la quinta volta,pronti alla distruzione e al massacro su vasta scala, cercan-do di risolvere questa volta uno dei più grandi misteri dellastoria del cinema: perché questi alieni meccanici vengonosempre sulla terra a riempirsi di mazzate? Bisogna ricono-scere che la saga dei Transformers è andata via via sceman-do nel corso degli anni, nonostante gli incassi abbianosempre giustificato l’investimento da parte dellaParamount. Se avete voglia di spegnere il cervello e nonpensare troppo a quello che scorre sullo schermo, questo èil film giusto per voi.

Casa CasinòVolando invece verso i lidi della commedia Casa Casinò (inoriginale The House) è la classica storia che potrebbe fareal caso vostro. Scritto dagli sceneggiatori di Cattivi Vicini, inquesta commedia Will Ferrell interpreta un uomo che,insieme alla moglie consuma il fondo per il college dellafiglia. Disperati, i due si uniscono ai vicini per aprire uncasinò illegale nel quartiere. Una commedia leggera e rin-frescante, che si annuncia estremamente “scorretta”.

Shin GozillaUna breve realese per il film uscito in Giappone l’anno scor-so che ha riportato sul grande schermo dopo 12 anni l’origi-nale mostro nipponico. Un reboot che rilancia l’originale ver-sione del mito di Godzilla, con una trama ormai classica mache questa volta nasce con l’idea di ammonire il popolo delSol Levante sui pericoli dei disastri nucleari (vedasi disastrodi Fukushima). Per appassionati e intenditori.

Spider-Man HomecomingEccoci arrivati al cinefumetto estivo, e in questo caso siparla di un grande ritorno. L’amichevole tessiragnatele diNew York promette di cancellare il ricordo, per i fan sgrade-vole, dell’ultima incarnazione cinematografica dell’eroe

firmata Andrew Garfield. Ambientato pochi mesi dopoCaptain America: Civil War, il film seguirà il protagonistache impara cosa vuol dire essere un supereroe, sotto l’oc-chio vigile di Iron Man (Robert Downey Jr.) dovendosi allostesso tempo scontrare contro il feroce Avvoltoio (MichaelKeaton). Questo film è stato realizzato grazie ad uno stori-co accordo tra la Sony e i Marvel Studios, risolvendo inparte il problema dei diritti legati allo sfruttamento delpersonaggio di Spidey. Che possa essere il film “definitivo”sull’eroe arrampicamuri?

The WarIl Pianeta delle ScimmieIniziata nel 1968, la saga de “Il Pianeta delle Scimmie”con-tinua ad riscuotere successo, sia di critica che di pubblico,specialmente con il nuovo corso iniziato nel 2011 conL’Alba del Pianeta delle Scimmie e con il seguito ApesRevolution. Il racconto della nascita di una nuova specie discimmie e lo scontro con gli esseri umani prosegue in que-sta nuova pellicola diretta ancora da Matt Reeves lo scon-tro ideologico sfocia in un conflitto senza esclusione dicolpi, in cui Cesare, il leader delle scimmie dovrà far frontead una nuova minaccia. Con una tagline che recita “Cesaredeve morire” le premesse sono decisamente interessanti.

La Torre NeraDopo anni di speculazioni, produzioni iniziate e poi cadutenel dimenticatoio, finalmente arriva nelle sale italiane LaTorre Nera, basato sull’omonima serie di 8 libri di StephenKing. A New York, un ragazzo di nome Jake è tormentatoda strani incubi che lo costringono a rivolgersi a chiedereaiuto ad uno psichiatra. Da quel momento una serie dieventi lo porterà ad essere catapultato in un mondo paral-lelo al nostro, il Medio-Mondo, dove sotto la guida delgunslinger Roland Deschain (Idris Elba) cercherà di impe-dire al malvagio Walter Padick (Matthew McConaughey) diraggiungere la Torre Nera e dominare il Medio-Mondo.Fantasy, azione, interpreti di alto livello e una saga lettera-ria tra le più remunerative della storia dell’editoria, il suc-cesso sembra essere dietro l’angolo.

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corpo, a prescindere dallesue forme, su cosa dovreb-be concentrarsi? E qualiinteressi dovrebbe colti-vare?“Secondo me, una donna aproprio agio con se stessa èsolare e disinvolta. Credo cheniente aiuti ad affrontare lavita come riescono a farlo l'ot-timismo e l'autoironia. E ladisinvoltura, da coltivare esviluppare nei modi piùautentici e spontanei aiuta,ovviamente, a trovare il pro-prio spazio e a viverlo senzasentire il peso delle aspettati-ve e dei giudizi di chi ti staintorno”.

Se dovesse lanciare unmessaggio a un’adolescen-te sull'accettazione delproprio corpo, qualesarebbe?“Le direi di trovare quegliaspetti che la rendono unica,di sviluppare la propria per-sonalità e di ricercare il giu-sto equilibrio interiore, per-ché questi saranno i suoipunti forti per sempre: le suevere carte vincenti”.

Parlando di abbigliamen-to, cosa non deve mancarenel guardaroba di unamodella ‘curvy’?“Io credo che, nel guardaroba diogni donna, ‘curvy’ o meno, nonpossano mancare quei capi chevalorizzano la sua fisicità e lasua femminilità. Gli abiti tidevono appartenere. Io ho, ingrande percentuale, molti abitiche si sposano con la mia fisici-tà, vestiti che mettono in risal-to le mie curve. Bisogna investi-

società Una donna a proprio agio con se stessa è solare e disinvolta>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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re su una parte del corpo davalorizzare. Se si ha una bel‘décolletté’, perché coprirlo”?

Quale rapporto ha con ilcibo, una donna ‘curvy’?“Credo che il cibo vada conside-rato come qualcosa di positivo.Spesso, non si ha un buon rap-porto con esso a causa di unanon accettazione di noi stessi(tutte ci siamo passate). È unrapporto fatto di alti e bassima, a prescindere da tutto, èimportante raggiungere unequilibrio legato ai sani piaceridella vita”.

Infine Le chiediamo: checos’è, per lei, il cibo?“Il cibo è cultura, conoscenzadella tavola e di tutto ciò che aessa è legato. L’aspetto cultura-le dell'alimentazione si esprimeanche attraverso i riti, le tradi-zioni, i piaceri e i divieti che lacircondano. Personalmente,amo la cucina locale e quellagiapponese, non disdegnandomolti piatti stranieri che nonrifiuto mai di assaggiare”.

DARIO CECCONI

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intesa, dal punto di vista sia artistico cheumano. Abbiamo poi avuto la fortuna di incon-trare Alessandro, che ci sembra di conoscere dauna vita. Insomma: tre teste pensanti, tre per-sonalità differenti, che apportano il propriobagaglio personale di emozioni e ispirazioni allamusica che componiamo”.

Dai primi pezzi in inglese siete passati all’ita-liano, cambiando pelle. Una scelta necessaria? “Una scelta più che necessaria, direi: naturale.L’esigenza di esprimere concetti ed emozioni conla nostra lingua madre è maturata col tempo, èavvenuto tutto in modo graduale e naturale. Nonè stato facile approcciarci ad una lingua che dalpunto di vista di metrica e suono è molto diversada ciò a cui eravamo abituati. Ma il cambiamentoci sta ripagando con molte soddisfazioni”.

Nel complesso panorama musicale di oggivi sentite una rock band alternativa? Cosavi distingue dagli altri?“In generale non ci piace etichettarci. Trovo chenel panorama musicale di oggi, specie in Italia,si faccia sempre più fatica a definire il generealternative, e questo non è necessariamente unmale. Per quanto ci riguarda, mi piace pensareche ciò che ci distingue, sia la volontà di volermettere sempre la musica davanti a tutto senzacompromessi. Scriviamo per noi stessi, per unbisogno personale, con la speranza di riuscire acomunicare ad altre persone tutto quello cheabbiamo dentro”.

‘Nonostante tutto’ segna il vostro esordiodiscografico, com’è nato questo progetto?“Il progetto è nato banalmente da demo compo-sti a casa con una chitarra acustica. Le ideesono piaciute ad Alka Record Label che ci haproposto di realizzarne un disco”.

Raccontare i sentimenti, l’amore tormen-tato in musica, può ancora essere conside-rato qualcosa di originale?“Nel momento in cui un artista si approccia alsongwritng, il rischio di cadere nel cliché è sem-pre dietro l’angolo. Ma ognuno di noi è un esse-re unico al mondo. L’originalità va cercata den-tro di sé. Anche dal concetto più abusato puònascere qualcosa di unico e inimitabile”.

Nei quattro brani dell’EP lasciate intuirela necessità di affrontare il dolore, il disa-gio, attraverso il cambiamento, è così? “Esatto, l’idea che vorremmo trasmettereall’ascoltatore è proprio questa. Per noi il cam-biamento rappresenta l’essenza della vita stes-sa. Chi rinnega il cambiamento di fatto rinunciaa vivere appieno la propria vita. Non esistenulla di più spaventoso che avere un futurocerto e chiuso al cambiamento”.

Qual è il vostro concetto di salvezza?“Nel singolo ‘Nonostante tutto’ ci riferiamo aduna salvezza interiore, nel contesto di una sto-ria sentimentale, che può essere tranquillamen-te equiparata al concetto di libertà. Libertàrispetto ad un legame che non ci dà più stimoli,che in qualche modo non ci fa più sentire vivi”.

MICHELA ZANARELLA

mentato, il malessere esistenziale e i tanti contrasti della vita>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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‘Nonostante tutto” è il primo album deiRoxas distribuito e promosso da Alka

record label. Sono solo quattro brani, ma dal con-tenuto importante. Già il titolo dice molto: creder-ci nonostante le difficoltà, esserci nonostantetutto, insomma reagire e resistere. Dentro a que-sto Ep sono contenute tutte le emozioni e i senti-menti di una generazione che vive in bilico, nellacostante incertezza, ma non solo: chiunque puòriconoscersi in determinate esperienze e situazio-ni. I tre ragazzi di Milano cantano l’amore tor-mentato, il malessere esistenziale, i tanti contra-sti della vita e lo fanno dopo aver cambiato pellediverse volte per formazione e stile. Partono can-tando in inglese, poi si rendono conto che forse lalingua madre ha qualcosa in più e l’italianodiventa l’occasione per scrivere testi profondi,completamente lontani dal sound precedente. Ilsingolo che dà il titolo all’intero disco ha quell’at-

musica Il gruppo milanese esordisce con un primo album che canta l’amore torm>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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RoxasUna generazione in bilico

mosfera malinconica che rievoca la sofferenza peruna storia d’amore complessa, ma quel “ci salve-remo lo stesso” rivela che dietro al buio, se si hala volontà, è possibile trovare la luce giusta perandare avanti. Chitarra e batteria danno il ritmoadatto a descrivere l’effetto di inquietudine,lasciando appena uno stacco di ripresa. ‘Morirònel fiume’ esprime il dolore per una realtà social-mente difficile tra abissi ed inganni, mentre‘Tempesta gelida’ parla di sentimenti in opposi-zione. ‘Facile guerra’ tocca una tragedia persona-le mantenendo una sonorità altalenante, chiara-mente sospesa. Il disordine fa paura, le sceltefanno paura, ma ciò che preme al gruppo è darel’input per prendere di petto le cose, fino a mette-re fine a troppe tensioni. Michele Fucci ha unavoce che funziona, Alessandro Eredia alla batte-ria ci sa fare, Luca Arrais al basso è convincente,insomma il trio nel suo insieme, per essere allaprima esperienza discografica, ha realizzato undiscreto lavoro. Certo, forse le tematiche non sonoproprio una novità, ma si apprezza comunque ilfatto che la band stia cercando di tracciare unproprio percorso, senza troppe contaminazioni.

Michele Fucci, chitarra e voce dei Roxas,perché questo nome per il vostro gruppo?“Il nome di un personaggio di un videogioco cheandava di moda tra di noi qualche anno fa.L’abbiamo adottato così, senza pensarci troppo.Nel corso degli anni poi abbiamo pensato piùvolte di cambiarlo, ma ormai ci siamo affezionati”.

La vostra formazione ha subito diversicambiamenti: oggi, c’è la giusta intesa?“Assolutamente. Io e Luca ci conosciamo da piùdi dieci anni, in un certo senso siamo cresciutiinsieme e con noi è cresciuta anche la nostra

Dai banchi di scuola parte un progetto musicale che si trasforma in uncurioso esordio discografico: la band milanese racconta i disagi e i tormen-ti della vita e ci invita ad affrontarli con determinazione

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come è evidente, ad esempio, inMearcstapa, che alle produzionistoriche. Una decostruzionedella forma canzone che impre-ziosisce il lavoro e lascia intattoil gusto per la melodia. Le ideevengono rese in maniera piùsfaccettata e stratificata.Il tutto però non va a intaccarela godibilità di un disco cheandrebbe recepito nella sua inte-rezza: un continuo flusso dicoscienza che carpisce l’ascolta-tore, senza mai stancare. E inquesto sì Crack-up ha il saporedi un’operazione d’altri tempi.Una visione quindi che potrebberivelarsi vincente pur nel suoessere in controtendenza rispet-to alle modalità di ricezione efruizione da parte dell’ascoltato-re medio moderno. Sotto que-st’aspetto i Fleet Foxes non sonotuttavia soli, ma si pongonoall’interno di un’ampia schieradi artisti che sembrano sfuggirealla logiche del mercato, puressendone parte integrante (sivedano i vari Bon Iver, TameImpala, Radiohead, Arcade Firee l’ex volpe Father John Misty).Si potrebbe certamente ribatte-re sottolineando come questigrandi nomi abbiano la possibi-lità di adagiarsi su una solidabase di pubblico e attenzione daparte di addetti ai lavori emedia. Inoltre poi il forte risal-to che hanno avuto negli ultimianni lavori di sì fatta comples-sità denotano come il pubblicosi sia evoluto e come sia possibi-le al giorno d’oggi creare hypeattorno a progetti sulla cartatutt’altro che di tendenza. Altempo stesso seguire un’otticadel genere denota una buonadose di onestà intellettuale ecoraggio. Tanto più si è in alto,tanto più dolorosa può essereinfatti la caduta. Epico

MICHELE DI MURO

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In primo pianoMAC DEMARCO • This old dogAlle volte l’attitudine è tutto. Lo dimostra l’ultimo lavoro del cantautore epolistrumentista canadese. Una precisa e chiara visione d’insieme su cuisi fonda l’intero disco, che è quindi opera di un artista giunto ad una suaprima maturazione. McBriare Samuel Lanyon DeMarco (ma nato VernonWinflied McBriare Smith IV) è un musicista classe 1990. Autore prolifico,ha inciso 2 dischi e due mini Lp nell’arco degli ultimi cinque anni. Col pro-getto Makeout Videotape aveva dato alle stampe nel 2010 l’album Ying

Yang. This old dog è stato pubblicato lo scorso maggio da Capture Tracks e Royal Mountain Records.Rispetto ai lavori precedenti il tono si fa più intimo e serioso e tutte le parti strumentali sono state ese-guite dallo stesso artista. Alla chitarra carica di riverbero e vibrato si preferisce un uso più massiccio diquella acustica. Viene fuori un suono generale dal sapore classico, asciutto e minimale, inframmezza-to da inserti di elettronica (My Old Man e Dreams from Yesterday) e sintetizzatori (For the first time eOn the Level). Ritroviamo quel gusto per il lo-fi e per l’armonia in detune, ma è questo un lavoro con-cepito con una maggiore cura per l’arrangiamento. Le canzoni sono frutto di genuina ispirazione e sonostrutturate in maniera tutt’altro che scontata. Il tutto contribuisce a rendere solo apparente l’impres-sione di semplicità. In brani come Baby you’re Out e One another fa capolino il tradizionale fare scan-zonato e ironico, ma sul piano generale la musica di Mac DeMarco si fa qui più introversa e meditata. Aben vedere un atteggiamento di romantica malinconia era già stato indagato nei precedenti dischi (sipensi ad esempio a Chamber of Reflection da Salad Days del 2014) ma qui sembra essere predominan-te. Mac DeMarco ha fatto sua la lezione del passato ad esempio di Bob Dylan (One another) e DonaldFagen e ha quindi ampliato il suo campo d’azione con digressioni nel jazz e nel soul, evidenti in parti-colare nella sezione ritmica. Tra gli episodi più riusciti possiamo citare la sorprendente intensità diDreams from Yesterday e Moonlight on the River. Ispirato

ANDREA LASZLO DE SIMONE • Uomo, donnaGià batterista dei Nadàr Solo ha debuttato nel 2012 con l’Lp autoprodot-to Ecce homo. Uno dei principali meriti di questo secondo suo disco pub-blicato da 42 records, va probabilmente ricercato nel suo essere frutto diuna scrittura priva di qualsiasi pretesa generazionale. Si attendeva da unpo’di tempo un disco in italiano che non fosse basato su di un’osservazio-ne delle dinamiche sociali (e social) e delle schizofrenie dei venti- tren-tenni di oggi. È per questo un album ambizioso, introspettivo e colto.

Le tredici canzoni che compongono Uomo, donna si poggiano su anni di ascolti meditati attorno allamusica del passato e presentano un carattere di forte eterogeneità. A brani più intimi, si alternano lun-ghe digressioni psichedeliche (Eterno riposo) e tracce di maggiore immediatezza e orecchiabilità (Laguerra dei baci la cui melodia nelle strofe ricorda da lontano Nessuno di Mina). Prevale l’influsso, eamore, per Lucio Battisti ma non mancano rimandi a Domenico Modugno (Sogno l’amore). Il linguag-gio musicale deve poi molto alla lezione del prog italiano ragionata, ad esempio, sulla lezione de LeOrme. Le suggestioni d’antan vengono evocate in maniera molto fedele, seppur con una buona dosedi personalità. Sull’esempio dei classici è forse intuibile l’intrinseco desiderio di creare un prodotto dalcarattere di forte atemporalità. Nonostante si tratti di un album volutamente classicheggiante, si per-cepisce chiaramente la volontà di aggiornamento degli influssi mediante l’adesione ad un linguag-gio più moderno e mediante il ricorso a soluzione vicine, ad esempio, alle produzioni dei TheFlaming Lips oppure agli ultimi Verdena (Solo un uomo). I pattern di batteria per suono e andamen-to sono accostabili ai Tame Impala. Questo risulta evidente in brani quali Sogno l’amore, Eterno ripo-so e Meglio. Gli uomini hanno fame è probabilmente la composizione ove in maniera più efficace simaterializza il processo di modernizzazione del background musicale. Negli undici e passa minutidi durata l’uso di strumenti legati al momento attuale (l’arpeggiatore continuo e ipnotico) si alter-na a suggestioni vintage che si palesano nel mood generale così come nelle specifiche sonorità.Una traccia esemplare del processo compositivo e di arrangiamento che permea l’intero lavoro che,sul piano generale, finisce per creare un ponte tra passato e presente. Un approccio che consente diassimilare Uomo, donna alla produzione di Iosonouncane però con una maggiore accentuazionedell’elemento tradizionale. Nostalgico

Letteralmente indica un crol-lo psicologico ma, nello spe-

cifico, Crack-up si ricollega a unsaggio di Francis Scott Fitz-gerald scritto nel 1936 perEsquire, e pubblicato postumonella raccolta di scritti omonima.Come dichiarato dal frontmandella band, il titolo del terzodisco ben rappresenta lo statod’animo in fase di scrittura non-ché l’approccio col quale sonostati strutturati gli undici branidell’opera, concepiti secondo“l’idea di qualcosa che si rompe,che viene presa a martellate, e poiviene rimessa insieme in manie-ra non necessariamente corret-ta”. Sono passati sei anni dall’ac-clamato Helplessness Blues, cheha consacrato definitivamente ilgruppo nel pantheon del moder-no cantautorato americano e, perestensione, mondiale.In questo lungo lasso di tempo idiversi membri hanno portatoavanti progetti paralleli, sonotornati sui banchi di scuola per

poi riprendere l’attività colletti-va secondo una formula sottomolti aspetti perfettamente con-solidata ma, al tempo stesso, deltutto nuova. Sin dalle prime notesi riconoscono intatti gli elemen-ti di base nella musica dei FleetFoxes: la predominanza dell’ele-mento acustico, le atmosferedistese, lo splendido timbro voca-le e la grande cura del suono edegli arrangiamenti.Ben presto fa capolino però l’im-pressione di essere di fronte a unlavoro ben più maturo rispettoalle precedenti uscite.Questo risulta evidente già nellatrittico di apertura I Am All ThatI Need / Arroyo Seco /Thumprint Scar. Una veradichiarazione d’intenti nell’al-ternarsi di pieni e vuoti, nellerepentine modulazioni e acce-canti esplosioni. A fare da col-lante al tutto troviamo le tramemelodiche che rendono l’artico-lata composizione estremamen-te coerente. Pur nel suo omoge-

neo impianto generale Crack-up è un album in cui l’ascoltato-re resta continuamente piace-volmente sorpreso. È notevolela maestria mostrata nel rende-re senza scarti gli improvvisipassaggi tra una composizionee l’altra o all’interno di unastessa canzone (Naiads,Cassadies). Ogni brano conflui-sce armoniosamente nel succes-sivo.Prevale un andamento elegante,grandioso e fortemente evocati-vo. Rispetto al passato, qui il piùclassico registro folk si arricchi-sce di suggestioni derivanti daljazz, dalla musica classica o dacamera (Fool’s Errand).I Fleet Foxes padroneggiano unproprio stile che attinge a tuttala tradizione rock- folk traSessanta e Settanta. Tanti inomi che possono essere presi apossibili influenze quali TheDoors, Eagles, Simon &Garfunkel, Nick Drake, CrosbyStills & Nash come anche iBeatles di St. Peppers. Ma non sitratta che di un bagaglio cultu-rale e sonoro, è il back- groundsul quale la band ha plasmato lapropria musica. L’intenzione infondo è molto moderna. Lacostruzione dei brani, con la suacomplessa evoluzione internacolorata di improvvisi e inaspet-tati cambi armonici e dinamici, èpiù vicina alla sperimentazionedei Radiohead, il cui influsso èstato apertamente dichiarato e

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musicanews Guida all’ascolto a cura di Michele Di Muro

Il quintetto rock-folk di Seattle torna con un nuovo lavoro che va oltre le più roseeaspettative. Pecknold e soci sono riusciti a superare se stessi, portando la propria cifrastilistica a un livello di maggiore complessità e grandiosità

Fleet FoxesRottura e ricostruzione

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a cura di Serena Di Giovanni>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Mastroianni. Organizzata per decadi la mostra introduce al pubblicola vita e la carriera del collezionista e storico del cinema John Kobal.L’esposizione include delle gallerie dedicate ai fotografi degli studi diHollywood, presentando anche un ritratto inatteso dei personaggiche hanno silenziosamente lavorato dietro le quinte, ma i cui scattiricchi di stile furono essenziali alla creazione dell’‘immagine iconica’dei divi, e alla promozione dei film.

Fino al 17/09/2017Via Nazionale, 194, 00184, Roma Da martedì a domenica ore 10.00-20.00Venerdì e sabato ore 10.00-22.30

Archeologico di Milano, passando per i Musei Vaticani (e nonsolo). In mostra, 16 pezzi originari di Palmira – alcuni dei qualiriuniti per la prima volta dopo la loro dispersione nelle collezionioccidentali – e 8 provenienti da Aquileia, a dimostrare, pur nelladistanza geografica, il medesimo sostrato culturale che accomu-na le due città. La mostra costituisce inoltre un’occasione perrestaurare i reperti concessi in prestito dalla Custodia di TerraSancta, con un intervento finanziato e coordinato dal Polomuseale del Friuli Venezia Giulia.

Dal 02/07 al 03/10/2017Via Roma 1, 33051, Aquileia (UD)Da martedì a domenica ore 8.30 -19.30

giunto nella collezione privata che lo concede in prestito. Si tratta diun’opera a lungo cercata, come prototipo originale e di eccezionalequalità, dal quale derivano una serie di varianti e repliche, sia auto-grafe sia di bottega. Nel dipinto è espresso un linguaggio figurativodi altissimo livello, che si è evoluto a contatto con le molte esperien-ze del viaggio in Italia di Van Dyck, compiuto tra il 1621 e 1627, chemostra riferimenti in cui si fondono echi di Tiziano e contatti con lagrande pittura bolognese coeva, dei Carracci e di Guido Reni.

Fino al 18/09/2017Piazza Giacomo Carrara 82/d, BergamoDa mercoledì a lunedì ore 10.00-19.00

secondo un nuovo eloquio figurativo che declina in chiave moderna ivalori dell’arte antica e rinascimentale. Esposte oltre cento opere dialcuni tra i più significativi protagonisti dell’arte italiana, tra i qualiCarrà, de Chirico, de Pisis, Savinio, Severini, Sironi, Martini, Marussig,Oppi e Wildt: maestri indiscussi dell’arte italiana che hanno guarda-to al passato e al canone classico come fonti di ispirazione per le loroopere, inventando al contempo nuovi ed inediti percorsi artistici.

Dal 02/07 al 05/11/2017Corso Angelo Bettini 43, Rovereto (TN)Da martedì a domenica ore 10.00-18.00Venerdì ore 10.00-21.00

artenews La segnalazione delle mostre più interessanti del momento >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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La manifestazione - cheabbraccia tutte le arti, dalteatro all’architettura, alcinema e alla danza, finoalla musica – include alcuniEventi Collaterali, propostida enti e istituzioni interna-zionali. 9 sono, invece, i‘trans-padiglioni’, sparsi tral’Arsenale e il Padiglionecentrale dei Giardini, volutidalla curatrice Christine Macel per connettereartisti diversi dal punto di vista tematico.Quest’anno, nella top list delle migliori opere si col-loca il lavoro dello statunitense Mark Bradford,con i suoi riferimenti alle problematiche politiche esociali che riguardano l’Occidente: l’installazionedella prima sala dell’edificio obbliga infatti lo spet-tatore a camminare in uno spazio angusto, metafo-ra della condizione politica ed economica di oggi.Ancora, di grande impatto visivo è l’installazione,nel cosiddetto ‘padiglione sciamano’, dell’artistabrasiliano Ernesto Neto. Il lavoro, dal titolo Umsagrado lugar, non è altro che un’enorme tenda aragnatela, legata alle colonne e alle travature delsoffitto della navata principale dell’Arsenale; un‘luogo spirituale’ che, facendo riferimento alla cul-tura rituale sciamanica degli amerindi, nella fore-sta amazzonica al confine con il Perù, in questocaso diviene simbolo di convivenza tra mondi diffe-renti. L’Italia ha inoltre dato un ottimo contributoalla manifestazione: tra le opere più significative,figura l’installazione di Roberto Cuoghi,‘Imitazione di Cristo’, ispirata a un Libro di pietàdel cristianesimo denominato ‘Imitatio Christi’,celebre fin dal basso Medioevo. È, sostanzialmente,un viaggio in un mistico tunnel infernale per cerca-re il ‘vero’ volto e corpo del Cristo dopo la morte. Unteatro orchestrato con un’officina tecnologica appo-sitamente allestita per realizzare corpi compostida una speciale sostanza gelatinosa che alla vistadel visitatore, avvia un processo di decomposizionesugli oggetti, come fossero reali corpi umani.

Fino al 26/11/2017Giardini e Arsenale, Ca' Giustinian, San Marco 1364/A, VeneziaDa martedì a domenica ore 10.00-18.00Sede Arsenale: il venerdì e il sabato fino al 30 settembre ore 10.00 -20.00

VENEZIA

Biennale Arte 2017VIVA ARTE VIVA

ROMA

Hollywood Icons Fotografie dalla Fondazione John KobalBen 161 ritratti dei più grandi nomi della storia cinematograficamondiale hanno invaso gli spazi di Palazzo delle Esposizioni, nellaCapitale. Iniziando con le leggende del muto come Charlie Chaplin eMary Pickford, continuando con gli eccezionali interpreti dei primifilm sonori come Marlene Dietrich, Joan Crawford, Clark Gable e CaryGrant e per concludere con i giganti del dopoguerra come MarlonBrando, Paul Newman, Marilyn Monroe, Sophia Loren e Marcello

AQUILEIA

Volti di Palmira ad AquileiaLa mostra si pone l’ambizioso obiettivo di far percepire ai visita-tori come le distruzioni che vengono oggi compiute nel vicino eMedio Oriente colpiscano gravemente non solo l’identità cultura-le, religiosa ed artistica dei popoli che abitano quei luoghi, maanche la storia dell’intera umanità. A cura di Marta Novello eCristiano Tiussi, la rassegna è stata resa possibile grazie ai presti-ti concessi da una collezione privata e da varie istituzioni musea-li – dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme, al Civico Museo

BERGAMO

Antoon van DyckUno dei più grandi maestri dell’arte seicentesca, arriva a Bergamograzie a un prestito straordinario: il suo 'Compianto su Cristo morto',databile tra il 1628 e 1632, inaugura una serie dedicata ai protagoni-sti della pittura europea, un percorso che Accademia Carrara vuoleintraprendere per favorire il confronto tra maestri italiani e interna-zionali. Il quadro ha un’antica provenienza: appartenuto alla famigliadei duchi Airoldi di Cruillas di Palermo, è poi riapparso a Roma fortu-nosamente in seguito alla seconda guerra mondiale e di recente è

ROVERETO

Un'eterna bellezzaIl Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto ospi-ta una mostra che ricostruisce il clima artistico europeo dopo la deva-stazione del primo conflitto mondiale. Quello del cosiddetto ‘ritornoall’ordine’, entro il quale si affermano ricerche e movimenti come laMetafisica, l’esperienza di ‘valori plastici’, il Novecento italiano e lapoetica del Realismo magico, che recuperano temi e soluzioni forma-li della passata tradizione artistica. I soggetti allegorici, il ritratto, lafigura, il paesaggio e la natura morta sono, quindi, interpretati

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Pantani alla fine non c’è stata e si è preferitoportare avanti la tesi del suicidio. L’ipotesicamorristica è arrivata con le rivelazioni diRenato Vallanzasca, noto criminale e autorenegli anni settanta di numerosi sequestri: lesue rivelazioni sono state confermate poi dallamagistratura, la fonte quindi è attendibile. Lescommesse clandestine sono un mondo chefrutta miliardi e Pantani non doveva finire ilgiro, doveva appunto morire. Il lavoro diapprofondimento sulla vicenda che compieSteffenoni è mirato. Il libro è diviso in treparti: la salita, la discesa, la caduta. Si parladel Giro d’Italia, di ciò che è avvenuto all’HotelTouring a Madonna di Campiglio, del sanguedi Marco e degli esami positivi al doping, dellaprecipitazione dell’atleta, del ritorno in sella,della nuova caduta e della sua solitudine, dellacrisi e della sua distruzione definitiva. Dabuon criminologo Steffenoni sa quanto siaessenziale la ricerca della verità, provando adallontanare le tante ombre che circondano ilcaso. L’autore allora ci prova e chiede l’inter-vento della Commissione parlamentare anti-mafia, forse l’unica strada per fare chiarezza.Il libro traccia non solo la vicenda umana esportiva, ma si sofferma sul Pantani campio-ne, l’eroe postmoderno anarchico, il ‘fantasistain bicicletta’ trascinato in un vortice oscuroche lo ha imprigionato in una morsa senzaritorno: un caso che non può essere chiuso eche merita giustizia. Se è vero che di libri suPantani ne sono usciti diversi, a partire da ‘Gliultimi giorni di Marco Pantani’ di PhilippeBrunel (BUR) fino a ‘Pantani. Un eroe tragico’di Pier Bergonzi, Ivan Zazzaroni e DavideCassani (Mondadori), bisogna anche ammette-re che Steffenoni mette il lettore al centro,pone domande, e spiega in modo comprensibi-le anche i concetti più lontani da chi non siintende o si interessa di ciclismo. �

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L’AUTORELuca Steffenoni è un criminologo che lavora come consulente perdiversi tribunali. Da anni segue i grandi gialli italiani unendo le suecompetenze professionali all’attività di scrittore e narratore. È statoredattore della rivista ‘Delitti & Misteri’ ed è autore di vari libri, tra iquali ricordiamo: ‘Presunto colpevole’ (Chiarelettere 2009) e ‘I 50delitti che hanno cambiato l’Italia’ (Newton Compton 2016). Comecriminologo è spesso ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche.

In primo piano

Editoria indipendente

La rivoluzione d’amoreAndrea Pilotta, GarzantiPagg. 170, euro 12,90Ogni notte Andrea si siede alla scrivania e scrivelettere al figlio per stargli ancora accanto. Daquelle parole nasce un romanzo che insegna adamare la vita attimo dopo attimo, anche neimomenti più difficili. Tra sorrisi e lacrime l’auto-re ci porta a riflettere sulla bellezza dell’esisten-za. Tratto da una storia vera. Toccante

La perfezione non è di questo mondo di Daniela Mattalia, FeltrinelliPagg. 176, euro 15,00Un professore ottantaduenne ha da poco perso lamoglie. È convinto di continuare a vederla tra leMolinette e il Valentino, a Torino, anche se sa chenon è possibile. Questo segreto al limite della fol-lia lo porterà a incontrare alcuni personaggi par-ticolari. Le loro vite si intrecceranno proprio dovesi aggira questa misteriosa presenza. Singolare

Dietro i suoi occhi di Sarah Pinborough, PiemmePagg. 360, euro 19,50Un thriller psicologico in corso di pubblicazionein oltre 25 paesi, un libro particolarmente inten-so che intreccia segreti e bugie. Quando unmatrimonio si regge sugli inganni e ci si trova avivere una relazione clandestina, le versionidella verità si fanno sempre deboli. Una storiad’amore e ossessione con un finale inaspettato.Coinvolgente

Dalla passione alla rabbiadi Daniele Contucci, Il Seme BiancoPagg. 68, euro 9,90L’assistente capo della Polizia di Stato raccontala propria esperienza sul campo, svelando tutti iretroscena sulla gestione del flusso dei migranti.Una vicenda scomoda che spiega come un’emer-genza possa diventare un business per i traffican-ti di esseri umani e non solo. L’assenza di filtrisanitari e della sicurezza in genere mostrano unquadro preoccupante. Diretto

libri&libri Novità in libreria a cura di Michela Zanarella>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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La morte del Pirata è, ad oggi, uno dei tantimisteri irrisolti del nostro paese. LucaSteffenoni, autore del volume edito daChiarelettere, prova a darci tutta una serie diindizi per farci capire meglio la fitta trama diquesta tragica vicenda. L’ultima pagina dellibro è stata scritta nel giorno della centesimaedizione del Giro d’Italia: una coincidenza par-ticolare. Ed è proprio sotto questo segno chenasce un percorso di scrittura dove il linguag-gio semplice e la chiarezza di espressione ren-dono questo progetto editoriale qualcosa dinecessariamente utile per chiunque vogliaconoscere davvero i fatti. In apertura l’autoresceglie una frase illuminante di GiovanniFalcone: “Prima ti delegittimano, poi ti isolanoe poi ti ammazzano”. Anche qui niente èlasciato al caso: Pantani dava fastidio, era sco-modo e in quanto tale doveva essere eliminato.Marco era un fuoriclasse, diceva sempre quel-lo che pensava, e la sua squa-lifica per doping fu una gran-de truffa, frutto di un giro discommesse clandestine gestitedalla criminalità organizzata.Se solo avesse parlato delleipocrisie del sistema antido-ping denunciando tutta unaserie di interessi economicilegati al mondo del ciclismoprofessionistico si sarebbeaperto uno scandalo senzafine. La ricostruzione delTribunale di Forlì però è vin-colata all’impossibilità didimostrare le connivenzecamorristiche per il troppotempo trascorso da allora. Ilgiallo che ruota intorno al

LETTO PER VOI

Il caso PantaniDoveva morireUn libro inchiesta su una delle storiepiù nere del ciclismo italiano che nonha ancora una verità

ciclista di Cesenatico in questi anni ha porta-to a moventi contrastanti che rivelano l’ineffi-cacia del percorso giudiziario tradizionale.Ancora non è chiaro se nella stanza D5 ci siastato un suicidio o un omicidio. I dati raccolti,quali posizione del corpo, modalità di assun-

zione di cocaina, rilievi autopti-ci e ambientali, mostrano unarealtà ben diversa dal suicidio,quindi c’è qualcosa che nontorna. Non è credibile l’ipotesiche Marco abbia deciso ditogliersi la vita. Possibile chel’indagine del 2004 sia statafatta male e chiusa così in fret-ta? Ad essere discutibili sono leconclusioni vincolate a pochielementi per un meccanismo di‘economia giudiziaria’.L’indagine sull’omicidio di

IL CASO PANTANI Doveva moriredi Luca Steffenoni, ChiareletterePagg. 160, 12 euro

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Concorso nazionale di poesiaDedicato al tema della città e dei luoghi del vivere

I vincitori verranno premiati con contratto editoriale che prevede la pubblicazione di una silloge

Sono previste due sezioni:

A) POESIA INEDITASi può partecipare con un massimo di tre poesie. Perpoesia inedita s'intende mai pubblicata in qualsiasisupporto fisico e nel web, fino alla pubblicazionedella classifica finale.

B) POESIA EDITA SINGOLASi può partecipare con un massimo di tre poesie. Perpoesia edita s'intende pubblicata in qualsiasi sup-porto fisico e nel web.

SCADENZA BANDO 10 settembre 2017

La Giuria selezionerà per entrambe le sezioni:12 finalisti vincitori tra cui primo, secondo e terzo classificato.

Gli elaborati dei finalisti verranno raccolti in un'antologia del premio che verrà stampata senza oneri per i poeti e che sarà distribuita gratuitamente

Bando completo su: www.compactedizioni.com/bando.html

Promosso da in collaborazione con

Bello lo sfogliabile A quando la rivista stampata? Caro direttore,seguo la vostra rivista numero dopo numero. Laformula del pdf sfogliabile mi consente di leggerelaanche dal telefonino in modo agile e, a volte, dicondividerla con qualche amica. Ma perché nonstamparla in versione cartacea adesso che gode di unbuon numero di lettori? Capisco che stampa edistribuzione in edicola possono risultare troppoonerosi, ma creare una formula di abbonamento einvio direttamente al lettore, forse, potrebbe essereuna soluzione. Fateci un pensierino.

Elena Camera (La Spezia)

Gentilissima Elena,la ringrazio per il suggerimento. In realtà la formula del pdffruibile on-line è direttamente collegata alla gratuità delprodotto che, proprio per questo, può essere ‘scaricato’,condiviso e distribuito liberamente da tutti coloro che lodesiderano. Tuttavia, la scelta di renderlo fruibile dallapiattaforma Issuu risponde proprio al suo tipo di richiesta,poiché questo tipo di fornitore offre al lettore la possibilità diordinare la rivista stampata con la modalità on-demande,esattamente come sta facendo amazon con alcuni libri.L’evoluzione di internet ha cambiato tante cose (e continuerà afarlo), solo che ogni nuovo servizio non viene immediatamente‘colto’ dai navigatori. Lo stesso pdf sfogliabile (che noipubblichiamo dal 2010) per molti ancora è ‘un oggettomisterioso’. Ma noi perseveriamo nel credere che bisognasaper guardare avanti e puntare a tutt le nuove opportunitàche la tecnologia ci offre, per ottimizzare la qualità e ladiffusione del lavoro svolto dalla nostra redazione.

Vittorio Lussana

Errata corrigeCon riferimento all’articolo, a firma Serena Di Giovanni, inti-tolato 'La cultura no-profit', apparso sul n° 29 di giugno 2017di Periodico Italiano Magazine e contenente un’ampia intervi-sta al prof. avv. Emmanuele F. M. Emanuele e presidente dellaFondazione Roma e della Fondazione Terzo Pilastro – Italia eMediterraneo, giova rettificare alcune imprecisioni a beneficiodella correttezza di quanto esposto:1) La Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo è un

ente strumentale della Fondazione Roma, e, pur essendouna fondazione di diritto privato, ha pur sempre originebancaria in quanto derivante dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Roma, poi Fondazione Roma di cui – comedetto – è un ente strumentale;

2) Il Prof. Emanuele non è presidente della FondazioneSanità e Ricerca, la quale tuttavia è anch’essa emanazionedella Fondazione Roma, operando nel settore dell’assisten-za socio-sanitaria e di ricerca (box a piè di pag. 20);

3) Palazzo Sciarra, a Roma, è la sede della Fondazione Roma,mentre la Fondazione Terzo Pilastro – Italia eMediterraneo ha i suoi uffici nell’antistante PalazzoCipolla, su via del Corso (didascalia foto pag. 20).

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