La Gattina Biancaneve Testo

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LA GATT INA BIANCANEVE In una gelida sera d’inverno, una povera vedova uscì di casa per andare a fare legna e procurarsi così dei rami secchi per accendere la stufa. La donna era molto povera e tutto il peso del lavoro in c asa gravava sulle sue spalle. Faceva molto freddo, quella sera: la terra, ricoperta da una lastra di gelo, scricchiolava sotto i suoi piedi e la neve, adagiata come un velo su prati e boschi, scintillava di migliaia di piccoli cristalli lucenti. Ma la donna non avev a tempo di ammirare quel magnifico spettacolo della natura! La fascina di legna, che portava sulla schiena, si era fatta pesante. La donna camminava a fatica sotto quel grosso peso, trascinando i piedi. A forza di raccogliere legna, aveva ormai le punte delle dita rattrappite dal f reddo. Cercò perciò di riscaldarsi soffiandoci sopra un po’ del suo fiato e fregandosi le mani sotto il grembiule. In quel momento sentì un debole miagolio e lungo il bordo della strada scorse una piccola gattina, un bianco batuffolo, che giaceva sul ceppo di un albero. La gattina sollevò la sua zampina color grigio argento, poi fece la gobba, si stiracchiò e incominciò a fare tante di quelle moine, che la donna, mossa a compassione, la accarezzò e le disse: «Vieni con me, povera gattina, tu stai gelando e mi sembri malata! Anche se siamo poveri, a casa ci sarà ancora qualcosa per te! ». Così raccolse il piccolo animaletto miagolante, se lo avvolse nel grembiule e lo portò con cura fino a casa, nonostante il peso che le gravava sulle spalle. A casa le corsero incontro i suoi due figlioletti. Il più piccolino, sollevandosi sulla punta dei piedi, ficcò il nasino nel grembiule della mamma, per curiosare. – «Mammina» – disse pieno di fame – « hai un po’ di pane?». La povera donna, con un nodo in gola, accarezzò il piccolino sui capelli e disse tristemente: «Ho solo un tozzo di pane e tanta miseria, e vi porto ancora qualcun altro che è ancor più misero di noi!». Ma quando dal grembiule blu sgusciò fuori la piccola micetta, candida come un fiocco di neve, i bambini si misero a saltare d alla gioia. Presero in braccio la gattina malata, le prepararono una cuccetta al caldo vicino alla stufa e divisero con lei il loro misero pasto. L’animaletto pian piano si riprese e guarì. Ogni mattina giocava con i bambini ed essi le si affezionarono un mondo. Le avevano dato il nome “Biancaneve”, per ricordare il suo bel pelo e l’i ncontro con lei, quella sera d’inverno. Giocavano insieme ogni giorno, le facevano le coccole, la accarezzavano a lungo e lei rispondeva facendo le fusa e tenendo loro tanta compagnia. Biancaneve amava molto rotolarsi nella cenere della stufa e da bianca che era diventava grigia come la nebbia. Poi scappava via, veloce come il vento facendosi rincorrere dai suoi due piccoli amici. Così passarono le lunghe giornate invernali. Quando arrivò la primavera, ed il fuoco nella stufa si spense del tutto, un mattino al loro risveglio i bambini non trovarono più la micetta ad aspettarli. La loro compagna di giochi era sparita e, per quanto la cercassero dappertutto, non riuscirono a trovarla.

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8/3/2019 La Gattina Biancaneve Testo

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LA GATT INA BIANCANEVE

In una gelida sera d’inverno, una povera vedova uscì di casa per andare a farelegna e procurarsi così dei rami secchi per accendere la stufa. La donna era moltopovera e tutto il peso del lavoro in casa gravava sulle sue spalle.

Faceva molto freddo, quella sera: la terra, ricoperta da una lastra di gelo,scricchiolava sotto i suoi piedi e la neve, adagiata come un velo su prati e boschi,scintillava di migliaia di piccoli cristalli lucenti. Ma la donna non aveva tempo diammirare quel magnifico spettacolo della natura!La fascina di legna, che portava sulla schiena, si era fatta pesante. La donnacamminava a fatica sotto quel grosso peso, trascinando i piedi. A forza diraccogliere legna, aveva ormai le punte delle dita rattrappite dal freddo. Cercòperciò di riscaldarsi soffiandoci sopra un po’ del suo fiato e fregandosi le manisotto il grembiule.

In quel momento sentì un debole miagolio e lungo il bordo della strada scorse unapiccola gattina, un bianco batuffolo, che giaceva sul ceppo di un albero.La gattina sollevò la sua zampina color grigio argento, poi fece la gobba, sistiracchiò e incominciò a fare tante di quelle moine, che la donna, mossa acompassione, la accarezzò e le disse: « Vieni con me, povera gattina, tu stai gelandoe mi sembri malata! Anche se siamo poveri, a casa ci sarà ancora qualcosa per te! ».Così raccolse il piccolo animaletto miagolante, se lo avvolse nel grembiule e loportò con cura fino a casa, nonostante il peso che le gravava sulle spalle.

A casa le corsero incontro i suoi due figlioletti. Il più piccolino, sollevandosi sullapunta dei piedi, ficcò il nasino nel grembiule della mamma, per curiosare. –

«Mammina » – disse pieno di fame – « hai un po’ di pane? ».La povera donna, con un nodo in gola, accarezzò il piccolino sui capelli e dissetristemente: « Ho solo un tozzo di pane e tanta miseria, e vi porto ancora qualcunaltro che è ancor più misero di noi! ».Ma quando dal grembiule blu sgusciò fuori la piccola micetta, candida come unfiocco di neve, i bambini si misero a saltare dalla gioia. Presero in braccio lagattina malata, le prepararono una cuccetta al caldo vicino alla stufa e diviserocon lei il loro misero pasto.

L’animaletto pian piano si riprese e guarì. Ogni mattina giocava con i bambini edessi le si affezionarono un mondo. Le avevano dato il nome “Biancaneve”, perricordare il suo bel pelo e l’incontro con lei, quella sera d’inverno.Giocavano insieme ogni giorno, le facevano le coccole, la accarezzavano a lungo elei rispondeva facendo le fusa e tenendo loro tanta compagnia.Biancaneve amava molto rotolarsi nella cenere della stufa e da bianca che eradiventava grigia come la nebbia. Poi scappava via, veloce come il vento facendosirincorrere dai suoi due piccoli amici.Così passarono le lunghe giornate invernali.

Quando arrivò la primavera, ed il fuoco nella stufa si spense del tutto, un mattinoal loro risveglio i bambini non trovarono più la micetta ad aspettarli.

La loro compagna di giochi era sparita e, per quanto la cercassero dappertutto,non riuscirono a trovarla.

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Il mattino dopo la loro madre dovette andare di nuovo a fare legna nel bosco. Equando passò nel luogo in cui aveva trovato la gattina, quale fu la sua sorpresa,quando vide, proprio nello stesso punto, una figura alta di donna tutta vestita dibianco, che la salutava con un lembo del velo, che sembrava tessuto di aria. Ladonna teneva un bellissimo bambino tra le braccia.

Poi la bianca signora gettò nel grembiule della povera donna una palla bianca edisse: « Questo è per la gattina bianca! ».Accortasi che si trattava di un gomitolo di lana, la donna alzò la testa perringraziare, ma la bianca apparizione era già scomparsa.

Arrivata a casa, la donna mise il regalo della donna bianca sul tavolo della cucinae rimase sbigottita quando il mattino dopo, accanto al gomitolo, trovò un bel paiodi calze bianche e morbide, già belle pronte e confezionate! E nel gomitolo vi eranoinfilati dei ferri da calza: erano dei ferri prodigiosi, e pure il gomitolo era ungomitolo prodigioso, perché non si esauriva mai.

Ed ogni notte mani invisibili confezionavano delle nuove calze, prima per ibambini, poi per la madre.

Alla fine in quella casa c’era una tale abbondanza di calze e calzini, che poteronoanche venderne al mercato e con il ricavato riuscirono a comprare pane, carne evestiti caldi.Così finalmente le preoccupazioni della povera madre svanirono per sempre edella comprese che la donna bianca altri non era che la Madonna della Neve, cheaveva voluto ricompensarla per il bene fatto alla gattina Biancaneve.

Liberamente tratta e rielaborata da Il gattino con il gomitolo magico di Maria PaolaAsson