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GESTIONE DELLA CLASSE La fiducia in se stessi non assicura il successo, ma la mancanza di fiducia origina sicuramente il fallimento Albert Bandura “ Il senso di autoefficacia” (1995)

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GESTIONE DELLA CLASSE

La fiducia in se stessi non assicura il successo, ma la

mancanza di fiducia origina sicuramente il fallimento

Albert Bandura “ Il senso di autoefficacia” (1995)

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Sempre più spesso i docenti si trovano a dover svolgere il proprio ruolo in classi molto numerose, multietniche e multiproblematiche che, a volte, rendono difficile la gestione degli apprendimenti, delle regole e delle relazioni.

Tutto ciò comporta necessariamente delle ricadute sul clima della classe.

La classe si configura come un fondamentale spazio di crescita in cui lo studente sperimenta le proprie competenze e sviluppa la propria identità, in un continuo scambio con i pari e gli insegnanti, nel quale i processi emotivi e relazionali assumono un ruolo centrale.

Lo spazio classe è vissuto dagli studenti come luogo di appartenenza e di sperimentazione del sé nel rapporto con i pari e gli adulti;

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COS‟È LA GESTIONE DELLA CLASSE

Include tutte le strategie che l‟insegnante mette in

atto per promuovere l‟interesse e la partecipazione

dell‟allievo nei confronti delle attività di classe e per

stabilire un produttivo ambiente di lavoro

Per gestire correttamente la classe il docente

dovrebbe mirare alla conduzione dei rapporti

interpersonali e di gruppo volti a promuovere negli

alunni un atteggiamento positivo verso la proposta

educativa ed in generale verso l‟apprendimento

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NON SOLO..

Gestire la classe non significa solamente mantenere la disciplina

Riprendere il singolo allievo per i suoi atteggiamenti

inopportuni; ammonire il comportamento maleducato;

rimproverare i ragazzi che chiacchierano; richiamare chi

si muove in aula senza permesso; condannare l‟atto

irresponsabile; punire l‟alunno offensivo; richiamare

l‟intera classe per ristabilire l‟ordine; pregar gli allievi

perché abbiano una condotta civile; criticare gli

atteggiamenti demotivati;minacciare la convocazione dei

genitori o l‟intervento del Dirigente scolastico.

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MA…

Gestire la classe significa:

Effettuare scelte educative e didattiche ( ambiente,

contesto, materiali, modalità di comunicazione..)

Saper motivare gli alunni e promuoverne l‟interesse

Saper coinvolgere gli alunni all‟interno dell‟attività svolta

Saper riconoscere lo stile comunicativo e cognitivo

degli allievi ed adottare le strategie di insegnamento

più adeguate

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Conoscere gli elementi che influiscono sulla gestione della classe :

capacità attentive,

possibili significati dei comportamenti,

Multidimensionalità – prestare attenzione alle dimensioni comunicative e comportamentali

Simultaneità- cercare di tenere sott‟occhio

Immediatezza- intervenire nell‟immediato alla situazione

Imprevedibilità- data dalla variabilità delle situazioni

Dominio pubblico- quello che si dice in classe viene sentito da tutti

Storicità- storia della classe

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AREE DELL‟APPRENDIMENTO:

Cognitiva e metacognitiva

Relazionale

Motivazionale

Emotiva-affettiva

“Consapevolezza del proprio pensiero, monitoraggio e regolazione in rapporto agli obbiettivi”

(Flavell,1970)

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COGNITIVO/METACOGNITIVO

Livello cognitivo: conoscenza che il soggetto ha del

mondo, obiettivi e strategie d‟uso della conoscenza

in questione

Livello meta-cognitivo: contiene un modello

dinamico del livello cognitivo ed implica la

comprensione, il controllo, il monitoraggio della

conoscenza, degli obiettivi, delle strategie.

Dunque come “conoscenza e cognizione dei

fenomeni cognitivi, la cui caratteristica è quella di

essere potenzialmente “verbalizzabile”.Come esperienza riflessiva

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RELAZIONALE

Il proprio mondo interno può influire nell‟incontro

con l‟altro, e risente dell‟influenza delle interazioni

tra individuo e ambiente e variabili dello sviluppo

umano

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EMOTIVO AFFETTIVO

Ogni apprendimento fa parte di un sistema che

include bisogni, desideri,emozioni,affetti, pregiudizi,

ostacoli, risorse

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MOTIVAZIONE

Motivazione come stimolazione dell‟interesse degli alunni.

Motivazione come disponibilità alla facilitazione dell‟apprendimento degli alunni.

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IN CLASSE..

La variabilità interna di una classe è molto alta, ma

ognuno di questi esempi non è una caratteristica

intrinseca del bambini/ragazzo ma una categoria

semantica convenzionale che non descrive

l‟alunno. Essere maleducato è la risposta ad uno

stile educativo appreso con poche regole e confini

normativi; “difficili” potrebbe celare una condizione

di disagio psicologico che si traduce in una difficoltà

dell‟alunno a stare in relazione in modo efficace ecc

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Di fondamentale importanza è il riconoscimento del

problema: l‟insegnante è in una posizione

privilegiata per l‟osservazione, dato che trascorre

molte ore con gli alunni e può confrontare

direttamente comportamenti e ritmi d‟apprendimento,

può rilevare gli scostamenti nel gruppo classe e ha

la capacità di non lasciarsi sviare da pregiudizi come

le categorie della svogliatezza –pigrizia etc.

Di fronte ad un bambino/ragazzo che non apprende

si potrebbe attribuire facilmente la causa ad una

serie di condizioni (fattori sociali e culturali, problemi

intercorrenti,immaturità) il cui ruolo eziologico non si

può mai né dimostrare né smentire. La pigrizia non

è una spiegazione del problema, ne è piuttosto un

sintomo.

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EVITAMENTO / RABBIA

L‟insuccesso nell‟apprendimento porta a vissuti di

sfiducia, calo dell‟autostima, convinzione di essere

poco intelligenti, incapaci, o pigri e svogliati.

In assenza di una diagnosi e di una corretta

spiegazione, questi bambini tendono ad accettare

queste interpretazioni,come riflesso

dell‟atteggiamento degli adulti. E‟ chiaro che

l‟ambiente scolastico(insegnanti e compagni) hanno

un ruolo fondamentale nel cristallizzare (o nel

contrastare) queste interpretazioni sbagliate.

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EVITAMENTO/RABBIA

Le manifestazioni psicologiche del disagio assumono

aspetti talora opposti: da un lato il bambino può

presentare un comportamento ritirato, chiuso in se stesso,con la tendenza a evitare il confronto (per es.

vuole stare nell‟ultimo banco), parla poco.

dall‟altro lato può presentare sentimenti di rabbia che

portano a comportamenti disturbanti, talora opposizione

e aggressività, diventando un problema nella classe.

Non è raro che lo stesso ragazzo possa presentare i

due diversi tipi di comportamento in momenti diversi.

Bisogna evitare che queste reazioni comportamentali

alimentino un circolo vizioso in cui le conseguenze

psicologiche del disturbo aggravano la posizione del

ragazzo nella classe,

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PER L‟INSEGNANTE…

Cerchiamo di distinguere le situazioni in cui è lo studente ad avere un problema

Facciamo caso ai meta messaggi che mandiamo

Cerchiamo di decodificare i messaggi che gli

studenti mandano, domandandoci: “qual è il

sentimento sottostante?”

Pratichiamo l‟ascolto attivo in classe e in altre

situazioni e osserviamo gli effetti che ha su di noi

e sull‟ interlocutore

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Thomas Gordon, uno psicologo statunitense che si è occupato di comunicazione in vari ambiti (insegnanti, genitori, operatori sociali, manager) suggerisce di migliorare la nostra capacità di ascolto attivo in 4 fasi:

1) Ascolto passivo: inizialmente è importante ascoltare l‟altro restando in silenzio e senza interromperlo. In questo modo stiamo comunicando attenzione nei suoi riguardi e disponibilità all‟ascolto. Prestiamo attenzione anche alla comunicazione non verbale, quindi “tendersi” verso l‟altro guardandolo negli occhi senza chiudersi (es. braccia conserte).

2) Messaggi di comprensione: restare in ascolto comunicando messaggi verbali e non verbali che evidenzino il nostro interesse e l‟atteggiamento di ascolto. Ad esempio: “Capisco…Ti ascolto… Sto cercando di capire…” e fare cenni con il capo, sorridere, mantenere lo sguardo.

3) Messaggi di incoraggiamento: sono dei messaggi che incoraggiano calorosamente l‟altro ad approfondire ciò che sta dicendo: “Continua pure… Dimmi… Spiegami pure…”.

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4) Ascolto attivo: in questa fase è opportuno riflettere il contenuto del messaggio dell‟altro restituendoglielo con parole diverse. Questo consente a chi ascolta di verificare se il messaggio è stato compreso e all‟altro di sentirsi ascoltato con attenzione. Per fare ciò possiamo utilizzare 3 strategie:

Parafrasare: consiste nel riformulare i concetti dell‟altro

utilizzando parole diverse. Ad esempio: “Quindi mi stai dicendo che… Dal tuo punto di vista… Mi pare di capire che…”.

Riflettere i sentimenti dell’altro: “Deve essere stato brutto… Ti sarai sentito male… “. Questo consente all‟altro di sentirsi compreso e ascoltato in modo empatico, con partecipazione emotiva.

Riepilogare: riassumere ogni tanto ciò che il nostro interlocutore ci sta dicendo.

L‟ascolto attivo è una forma di comunicazione completa, che ci rende disponibili nei confronti dell‟altro e che coinvolge aspetti comunicativi verbali e non verbali associati all‟attenzione e alla comprensione, quasi ad avvolgere in modo accogliente l‟altro, senza invadere, per facilitare la costruzione di una buona relazione.

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GORDON

3 le tecniche fondamentali che il metodo di Gordon propone per modificare i comportamenti inadeguati:

1.l‟ascolto attivo;

2.il messaggio in prima persona;

3.la risoluzione dei conflitti con il metodo del problem solving.

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IN CHE MODO SI ATTUA L‟ASCOLTO ATTIVO

Espressioni facilitanti + Cenni di attenzione: “Vorresti dirmi qualcosa di più su questo problema?”, “Che ne diresti di parlarne?”, “C‟è qualcosa che non va?”, “Mi interessa, continua”

Rispecchiamento verbale/Feedback: restituire verbalmente all‟allievo i contenuti e i sentimenti che ha espresso e attendere una conferma o una rettifica

(opzionale) Domande aperte e „neutre‟ di ascolto e comprensione

es.“Come ti fa sentire?” “Cosa te lo fa pensare?”

Ascoltare con l‟unica intenzione di comprendere, ascoltando non solo ciò che viene detto, ma anche il „non detto‟ (i sentimenti inespressi), con totale sospensione del giudizio

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IL MESSAGGIO-IO

Quando l‟insegnante si trova di fronte ad un ragazzo che con il suo comportamento indisciplinato gli crea un problema, gli rende difficile o impossibile svolgere tranquillamente il proprio lavoro, può ricorrere al messaggio-Io.

Con tale tecnica, chiamata di “confronto”, l‟insegnante mette a confronto i propri sentimenti e bisogni con i comportamenti disturbanti del ragazzo. E‟ attraverso la corretta espressione di ciò che l‟adulto prova, quando il ragazzo agisce un comportamento inaccettabile, che l‟allievo si rende conto delle conseguenze del proprio agire e delle reazioni che ciò determina negli altri.

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COMUNICAZIONE POSITIVA

Es :

A. ascoltami un attimo: nelle ultime settimane a volte sei stato attento alle lezioni, ma oggi stai

chiacchierando troppo

A. ascoltami un attimo: nelle ultime settimane sei

stato attento alle lezioni, lo ho molto apprezzato e

sono convinto che dopo queste mie parole tornerai a

comportarti in maniera corretta

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OSSERVANDO E APPREZZANDO LE QUALITÀ DEGLI STUDENTI LE FACCIAMO CRESCERE

Notare le qualità negli studenti ed esprimere

apprezzamento per i loro comportamenti virtuosi

(piuttosto che criticare i comportamenti

disfunzionali)

Esprimere i messaggi in positivo, senza utilizzare

„non‟e „ma‟.

Quando qualcosa ci infastidisce osservare la propria reazione e cosa la innesca

Se il comportamento di uno studente causa qualche problema esprimere un messaggio in

„prima persona‟ se/quando tu.….effetto tangibile …….mio sentimento…

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COMUNICAZIONE POSITIVA

1. Nel comunicare regole e principi è molto meglio

dire „cosa va fatto‟ piuttosto che „cosa non va fatto‟.

Meglio utilizzare un vocabolario positivo,con affermazioni positive

Il cervello non distingue le negazioni (parola „non‟)

Le parole hanno una notevole influenza sul nostro inconscio e sul nostro comportamento

2. Elogiare è molto più efficace che rimproverare:

in una classe è molto meglio osservare,

apprezzare e rinforzare i comportamenti „virtuosi‟

piuttosto che criticare e rimproverare i

comportamenti disfunzionali

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INSEGNANTE

Non gestisce solo la relazione con l‟alunno, ma si inserisce in un contesto organizzato di relazioni significative dove la relazione insegnante alunno si pone in una complessità relazionale, che deve tenere conto di altri fattori che a diverso titolo partecipano al funzionamento dell‟organizzazione scolastica

Nel contesto scolastico la relazione educativa è connessa all‟apprendimento, l‟insegnante gestisce delle relazioni che si fondano su relazioni asimmetriche o per ruolo o per conoscenza. La mente dell‟insegnate è lo strumento psicologico di lavoro, intesa non solo in termini cognitivi ma emotivo-affettivi

In una relazione noi possiamo pensare solo quando siamo i n contatto con le nostre emozioni

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INTELLIGENZA EMOTIVA

E‟ ciò che permette di comprendere il messaggio

dell‟altro nella sua integrità di contenuto cognitivo e

relazionale

Preserva l‟unità del messaggio e ci aiuta ad

individuare l‟essenza dell‟argomento che l‟altro

vuole comunicarci

Si esercita con l‟ascolto attivo : richiede la

riformulazione dei messaggi offre la garanzia di una

ricezione corretta dei messaggi

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IL PROBLEM SOLVING

Le sei fasi sono:

1.Esporre in modo chiaro i termini del problema.

2.Proporre le possibili soluzioni.

3.Considerare le varie soluzioni (aspetti negativi e positivi di ogni proposta).

4.Eliminare le soluzioni valutate non appropriate ed individuare le più adatte a risolvere la situazione).

5.Definire le modalità per attuare la soluzione prescelta.

6.Verificare che la soluzione individuata abbia effettivamente risolto il problema.

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Caratteristica di tale metodo è che il conflitto viene

stimato come un problema da risolvere, pertanto se

ne ricercano attivamente le soluzioni.

I conflitti sono perciò considerati come normali

avvenimenti, non pericolosi o distruttivi, bensì

naturali e positivi. Il conflitto e la sua risoluzione

concorrono ad un consolidamento e rafforzamento

del rapporto tra docente e discenti.

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IL COOPERATIVE LEARNING

E‟ un metodo per migliorare l‟acquisizione di abilita‟

cognitive negli studenti e la gestione e conflittualita‟

del gruppo classe

Si basa su 5 principi:

Positiva interdipendenza (i membri del gruppo

devono fare affidamento gli uni sugli altri per

raggiungere lo scopo – se uno non fa la propria

parte anche il gruppo ne subisce le conseguenze);

Responsabilita‟ individuale (tutti devono partecipare

e rendere conto di quanto appreso – nessuno può

delegare il proprio lavoro agli altri);

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IL COOPERATIVE LEARNING

o Interazione faccia a faccia (i membri devono

lavorare in modo interattivo; gli studenti si

insegnano e si verificano a vicenda);

o Apprendimento delle abilita‟ sociali (i membri

acquisiscono abilita‟ sociali utili poi nella vita e nel

mondo del lavoro);

o Valutazione del proprio lavoro (i membri imparano ad autovalutarsi).

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IL COOPERATIVE LEARNING NELLA

GESTIONE DEI CONFLITTI

Il cooperative learning prepara alla capacità di risolvere positivamente i conflitti educando alla capacità di negoziare il conflitto. Educa alla pace nel contesto scolastico.

La negoziazione è la strategia più efficace di risoluzione dei problemi. Essa richiede:

- un clima di cooperazione (e non di competizione);

- la comprensione reciproca (e non una soluzione individualistica ed egoistica);

- la capacità di manifestare i propri bisogni profondi , di rispettarsi a vicenda, senza etichettarsi o giudicarsi;

- la capacità di cogliere i sentimenti dell‟altro.

.

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IL COOPERATIVE LEARNING E

L‟APPRENDIMENTO DELLE ABILITA‟ SOCIALI

Il cooperative learning educa all‟interazione e alla vita di società e fa apprendere abilità sociali quali:

La capacità di negoziare, di risolvere i conflitti nel rispetto dell‟altro;

La capacità di prendere decisioni, proporre le proprie idee e di difenderle;

La capacità di comunicare in pubblico e sviluppare la fiducia nelle proprie potenzialità;

(Per Dewey la scuola è una comunità sociale dove si può fare esperienza di democrazia e cooperazione, dove si impara a vivere in relazione con gli altri, per migliorare la società)

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RELAZIONE EDUCATIVA E LA GESTIONE DEI CONFLITTI

Azioni che possono trasformare il conflitto in una soluzione arricchita del problema:

Accettare positivamente le divergenze entro il gruppo (il conflitto è una componente fisiologica della comunicazione; senza conflitto non vi è relazione o cambiamento);

Praticare l‟ascolto empatico e non quello critico (ascoltare con comprensione invece di valutare e giudicare);

Chiarire la natura del conflitto (i conflitti possono essere sui fatti, sui metodi, sugli obiettivi: in questi casi è sempre possibile negoziare; se la divergenza è sui valori è difficile trovare un accordo: bisogna descriverli in termini operativi e di obiettivi);

Riconoscere ed accettare i sentimenti degli individui coinvolti (saper esprimere le proprie emozioni e poterle gestire e comprendere le emozioni ed i bisogni degli altri);

Rivolgere sempre l‟attenzione al mantenimento dei rapporti fra le parti discordi.

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LA RELAZIONE

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EMPATIA

possibilità di fornire supporto sia cognitivo che emotivo all‟altro.

comprendere, capire e assumere responsabilità all‟interno della relazione.

sentire e essere presenti nella relazione, ricevere, accogliere e contenere, nel saper entrare in contatto con

l‟altro, comprenderne le richieste e i bisogni.

Si tratta di gestire la complessità interpersonale che coinvolge il rapporto tra insegnante e alunno, tra insegnanti e genitori, tra operatori e utenti, rapporti che possono favorire o ostacolare il processo di crescita e di apprendimento.

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Il gruppo classe deve essere inteso come gruppo di apprendimento in cui gli aspetti relazionali vanno adeguatamente gestiti, in quanto la

relazione è essa stessa elemento fondamentale, che veicola e stimola gli apprendimenti.

Un mancato riconoscimento delle relazioni e dei bisogni che gli alunni manifestano

può portare a un‟integrazione problematica del gruppo classe, incidendo, di conseguenza, anche sul successo negli apprendimenti.

la classe presenta una storia unica e singolare, è un sistema aperto con caratteristiche sue proprie non riconducibili a quelle dei suoi membri presi isolatamente: ha regole implicite valide solo al proprio interno e cresce nutrendosi delle interazioni e relazioni tra i suoi membri (ciascuno influenza ed è influenzato dai comportamenti, verbali e no, degli altri).

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La qualità del contesto classe, quindi, risulta essere condizionata dalle caratteristiche individuali di studenti e insegnanti, dalle loro percezioni.

il clima classe è il risultato della creazione di una rete relazionale, all‟interno della quale ritroviamo aspetti affettivi, motivazionali e di co-costruzione di obiettivi cognitivi.

la percezione collettiva che alunni e insegnanti hanno del loro stare dentro la classe, può influenzare la loro motivazione e il loro impegno nonché l‟insieme degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle relazioni che si instaurano in quel peculiare contesto.

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INSEGNANTI E GENITORI

L’unione fa la forza

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LA COMUNICAZIONE COMPETENTE:

l‟insegnante nella relazione con il genitore condivide una lettura del percorso scolastico in funzione di obiettivi di apprendimento e di relazione, utilizzando strumenti tecnici ed empatici.

attraverso la comprensione emotiva e la competenza didattica, aiuta il genitore nella promozione delle potenzialità del figlio, al fine di rendere la relazione educativa il più funzionale possibile al raggiungimento di obiettivi condivisi.

Il genitore può essere una risorsa e un problema. La dimensione dovrebbe essere collaborativa in quanto il genitore può essere un aiuto nelle questioni educative, ma bisogna rispettarne l‟autonomia decisionale che rientra nella competenza genitoriale.

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GENITORI

Alcuni genitori possono fare fatica a riconoscere l‟autorità dell‟insegnante.

Vissuti di scarsa autostima, svalutazione e ansia possono caratterizzare questi genitori, che attribuiscono alle comunicazioni degli insegnanti un disvalore o un attacco.

L‟obbiettivo dev‟essere non raccogliere la sfida e tentare la proposta di una dimensione relazionale accogliente della sofferenza di questi genitori. Una strategia può consistere nel sottolineare le risorse dell‟ alunno

Spesso questi genitori hanno avuto una storia scolastica simile a quella del figlio problematico e ritengono di non avere avuto quasi nulla dall‟esperienza nella scuola. Molte volte la scuola del figlio rappresenta un luogo di riscatto e di possibile affermazione e di conferma delle proprie capacità attraverso l‟eventuale successo del figlio.

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Altri genitori entrano in una relazione di dipendenza

dalla figura dell‟autorità. Però questa sottomissione

può essere l‟espressione di un passività delegante

al docente la responsabilità educativa dell‟alunno,

“non mostrando di avere” risorse a cui appellarsi.

L‟insegnante non dovrebbe accettare nessun tipo

di delega ma dovrebbe lavorare per promuovere le

competenze genitoriali, cercando di attivare la

risorse possibili. Le insicurezze di questi genitori

concorrono a cercare nella scuola un luogo di

accudimento, inteso come delega del ruolo

educativo agli insegnanti.

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Altri genitori non si vedono quasi mai a scuola. Spesso

sono proprio i genitori degli alunni che presentano

difficoltà nell‟apprendimento e nel comportamento di notevole rilievo.

I motivi di queste assenze risiedono in vari fattori:

livello socio-culturale,

sofferenza psichica e/o fisica,

difficoltà economiche.

In alcuni casi i motivi sono di tipo pratico, in altri casi

possono risiedere in fattori psicologici legati

all‟attribuzione di valore che questi genitori fanno

dell‟esperienza scolastica in generale.

Manca la condivisione di un obiettivo con gli insegnanti.

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Se i genitori comunicano disinteresse profondo nei

confronti dell‟istituzione scuola. La vita nella scuola

di questi bambini e ragazzi non trova uno spazio

nella mente dei loro genitori, che per vari motivi non

se ne interessano.

Questo è fondamentale considerarlo nella lettura dei comportamenti del ragazzo

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La maggior parte sono genitori che si pongono con

modalità collaborative, attente e interessate alla

scuola, al lavoro dell‟insegnante e ai progressi del

alunno, costituisce un modello auspicabile.

Questi genitori sono persone che mostrano una

discreta sicurezza e ritengono di potersi confrontare

con gli insegnanti anche su questioni di

apprendimento, riconoscendo i propri

limiti e ponendosi in una dimensione di ascolto.

Non temono il giudizio e la valutazione e sono in

grado di affrontare i momenti delicati con

equilibrio e rispetto della professionalità.

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Questi genitori possono anche trovarsi a

fronteggiare situazioni problematiche per l'alunno e

vivere momenti di incertezza, di difficoltà e di crisi,

ma difficilmente entrano in un rapporto di sfida con

gli insegnanti, piuttosto ne cercano l‟aiuto.

La scuola è vista come un luogo di crescita per il

proprio figlio. Questi genitori possono essere una

risorsa per la scuola stessa come motori per la

realizzazione di reti di sostegno e di aiuto anche

per i genitori portatori di maggiori difficoltà.

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SPUNTI NEL RAPPORTO CON LA FAMIGLIA

DECISION MAKING cioè includere nelle decisioni scolastiche i genitori rendendoli corresponsabili

PARENTING cioè aiutare i genitori ad incrementare

se non addirittura a creare una autonomia nei figli

COMMUNICATING cioè trovare e definire dei

canali e dei modi per comunicare tra scuola e

famiglia e viceversa riguardo i programmi, i

progressi ,il comportamento e l‟atteggiamento

scolastico dei figli

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LEARNING AT HOME cioè fornire informazioni e

fare proposte alle famiglie su come supportare gli

studenti a casa con i compiti o con altre attività

COLLABORATING WITH THE COMMUNITY

cioè reperire servizi e risorse per rinforzare la

programmazione scolastica,l‟apprendimento degli

studenti ma soprattutto le pratiche della famiglia.

VOLUNTEERING cioè trovare un aiuto per i genitori ed organizzarlo

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STRATEGIE OPERATIVE

Suggerimenti e spunti di riflessione

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STRATEGIE RELAZIONALI

NELLA GESTIONE DELLA CLASSE

PRESENZA EFFICACE

CONTROLLO PROSSIMALE E CONTATTO OCULARE

EFFETTO ONDA

COMUNICAZIONE NON VERBALE

VOCE

USO INCENTIVO E PREMIO, POTENZIARE GLI ALUNNI

Tutti questi spunti possono essere utili ai fini della gestione della classe solo se calibrati.

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GESTIRE LE DINAMICHE DI CLASSE

Presenza Efficace: essere “dentro” le situazioni del gruppo e le situazioni personali degli alunni frena i comportamenti disturbanti perché gli alunni percepiscono che l‟insegnante sa esattamente ciò che sta succedendo nel gruppo ed è in grado di cogliere in tempo azioni inopportune

I‟insegnante riesce ad avere una fotografia mentale della sua classe e dei suoi singoli, ha dunque una visione sia globale che particolare

Ha “in mente” la propria classe e quindi da la sicurezza agli alunni di avere davanti una sponda relazionale attenta e responsiva

Per essere presente in modo efficace l‟insegnate deve tanto essere capace di identificare con precisione l‟allievo responsabile di un comportamento inadeguato quanto agire tempestivamente quando si manifesta ,mantenendo un atteggiamento disteso

2016

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Controllo Prossimale: avvicinarsi fisicamente ed intenzionalmente all‟allievo che sta disturbando la lezione è spesso sufficiente a contenere la situazione ed evitare che degeneri.

Può essere esercitato in 5 modi:

Orientare il proprio corpo verso l‟allievo

Camminare verso di lui

Mettergli una mano sul banco

Toccare o rimuovere l‟oggetto che ha causato distrazione

Toccare il ragazzo sulla spalla o sul braccio

Le tipologie di intervento vanno calibrate a seconda dell‟età e delle caratteristiche dell‟allievo e della situazione. Es Con un adolescente può essere d‟aiuto avvicinarsi a lui dando un segnale non verbale che inviti all‟ascolto attivo.

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Effetto onda: riprendere un allievo di fronte alla classe allo scopo di fornire un insegnamento alla classe.

Anche in questo caso bisogna fare attenzione a mantenere il controllo sul proprio stato emotivo ( per quanto si possa essere irritati) allo scopo di mandare un messaggio efficace ma non aggressivo. La comunicazione deve essere chiara, ferma e finalizzata a ridefinire ruoli e contesto in cui ci si trova.

Non è utile aggiungere valutazioni di merito sull‟alunno in quanto risulterebbero esclusivamente umilianti. Es. forse sei sordo ma ti ho detto che…/ proprio non capisci che…

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non è utile riprendere l‟alunno in modo eccessivo,

meglio sottolineare il comportamento poco

adeguato evidenziando come si stia violando una

regola della classe ( che devono essere chiare e

condivise a inizio anno)

In caso in cui l‟allievo continui ad agire tale comportamento

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Comunicazione didattica: comunicare in modo chiaro e preciso cosicché gli alunni non siano chiamati ad interpretazioni che potrebbero permettere loro di trovare margini di libertà e disimpegno.

Gradualmente segnalare all‟alunno la conseguenza dell‟inadeguatezza del comportamento, dapprima offrendo alternative funzionali, poi segnalare le conseguenze e solo dopo applicarle.

E‟ importante che eventuali misure disciplinari siano sempre proporzionate ai comportamenti, comunicandole eventualmente anche ai colleghi delle ore successive

Rimandare l‟idea di una coesione tra il corpo docenti evita che l‟alunno possa spostare la causa della misura disciplinare dal comportamento ad una particolare disposizione del docente nei suoi confronti.

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Dominanza: è importante che l‟insegnante si mostri sicuro, autorevole, determinato, affidabile, coerente con ciò che dice ed in grado di esercitare autorità nel sanzionare i comportamenti negativi dimostrandosi però sempre disponibile.

Comunicazione non verbale: si basa sull‟uso del corpo come mediatore di messaggi. Faccia , postura, sguardo e movimento rappresentano una fonte di info sull‟altro, sulle sue intenzioni e sulle sue emozioni. Comunicare efficacemente con il corpo darà forza al messaggio vocale, viceversa una non sincronia tra il verbale e il non verbale produrrà confusione con automatica prevalenza del non verbale sul verbale.

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Voce: essere chiari e verificare che gli alunni stiano ascoltando ed usare un tono di voce sicuro e fermo

Potenziale degli alunni: valorizzare i pregi e i comportamenti positivi di ogni alunno e sfruttare il sistema dei rinforzi positivi.

RISPONDERE AI COMPORTAMENTI ADEGUATI (elogio dei comportamenti positivi che fornisce indicazioni rispetto alle aspettative, rinforzi positivi rivolti al gruppo, premi-punteggi per i comportamenti ok.

„ RISPONDERE AI COMPORTAMENTI INADEGUATI (rimprovero pacato con descrizione del comportamento che andrebbe assunto, riflessione sull‟evoluzione dei comportamenti positivi, ignorare in modo programmato i comportamenti negativi, negando l‟attenzione cercata.

„ PER UNA BUONA GESTIONE DELLA CLASSE I RIMPROVERI NON DEVONO SUPERARE I RINFORZI DEI COMPORTAMENTI POSITIVI!!!

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ALCUNE IDEE..

OTTIMIZZARE LO SPAZIO, scegliere la disposizione dei banchi nello spazio; incentivare la

“costruzione” della propria classe ( inserire nell‟aula i lavori di classe- superiori- o il materiale didattico-primaria- disegni ecc) come spazio psicologico e fisico unico.

PRESENTARE„ E CONDIVIDERE LE REGOLE in modo chiaro, scriverle è molto utile nei primi gradi di scuola, inoltre il rinforzo positivo per gli atteggiamenti conformi alle aspettative motiva, coinvolge e favorisce la partecipazione.

Con gli adolescenti il rinforzo verbale incentiva il comportamento positivo ed inoltre rimanda un forte senso di efficacia

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LA DISPOSIZIONE DELLA CLASSE

DISEGNO MOTIVAZIONI:

-maggiori condivisione e

confronto tra gli alunni;

-poter ruotare e usare

all‟occorrenza le zone centrali per momenti di recupero o rinforzo creando gruppi di livello.

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LE REGOLE

PRIMA„ PRESENTATE (enunciate ,condivise , motivate)

RAGIONEVOLI„ E NECESSARIE

CHIARE„ E FACILMENTE COMPRENSIBILI

Non si corre nei corridoi:nei corridoi cammino lentamente

Aspettare il proprio turno per intervenire prima di parlare: alzo la mano e aspetto che l’insegnante mi chiami

IN„ NUMERO NON ECCESSIVO

FUNZIONALI„ CON GLI OBIETTIVIDELL’INSEGNAMENTO

CALIBRATE„ ALLE ABILITA’ DEGLI STUDENTI

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BIBLIOGRAFIA

Albanese Ottavia, Doudin P.A. e Martin Daniel

(a cura di) “Metacognizione ed educazione” -

ediz. FrancoAngeli,

Gordon Thomas “Insegnanti efficaci” - edizioni Giunti,

Mariani Luciano “La motivazione a scuola” - ediz.Carocci Faber

Luigi D‟alonzo “ come fare per gestire la classe nella pratica didattica” Giunti scuola

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FILM CONSIGLIATI

La classe - Entre les murs, di Laurent Cantet con François Bégaudeau, Nassim Amrabt, Laura Baquela, Cherif Bounaïdja Rachedi, Juliette Demaille, 128’, Francia 2008, Mikado

Film Prezioso diario di viaggio, dal sapore documentaristico, attraverso un anno scolastico. L'esperienza di un giovane professore di francese in una difficile scuola di periferia, "complicata" dalla sua personale ricerca: quella di mantenere un atteggiamento "neutrale" ma fermo nei confronti dei ragazzi, cercando di istruirli senza addomesticarli e sforzandosi di portarli di fronte ai loro limiti per far loro prendere coscienza di essi e motivarli ad andare oltre.

Ti va di ballare?, (Take the lead), di Liz Friedlander con Antonio Banderas, Rob Brown, Dante Basco,

Alfre Woodard, Yaya DaCosta, 108’, USA 2006, Eagle Pictures Il titolo originale Take the lead, letteralmente "prendi la guida", "guidami", aveva sicuramente un impatto più immediato dell'italiano "ti va di ballare", perché la storia vera di Mr. Dulaine, insegnante di standards (i balli classici come il Waltzer, il Fox Trot, il Tango) impegnato a coinvolgere un gruppo di giovani avviatisi su una cattiva strada, è un vero esempio di leadership, al punto da poter essere utilizzato nelle scuole di management.

L'attimo fuggente, (Dead Poets Society), di Peter Weir con Robin Williams, Ethan Hawke,123’,USA 1989, Touchstone Home Video Anni '50, Stati Uniti. In un severissimo collegio maschile è chiamato un nuovo docente: John Keating. Questo professore inizia a sovvertire l'ordine di insegnamento tradizionale (nella sua prima lezione farà strappare delle pagine di un libro ritenute superflue) suscitando l'ovvio stupore degli studenti, fin troppo abituati ad un ambiente asfittico, e gli scetticismi degli insigni professori dell'accademia. Ma soprattutto Keating si fa portatore del celebre messaggio oraziano sintetizzato nella formula "carpe diem" ovvero saper cogliere l'attimo delle cose,non farci sfuggire niente nel continuo fluire delle contingenze.