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LA FELICITÀ nella società del rischio L’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza? 8. Lampedusa approdare all’inferno

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LA FELICITÀnella società del rischio

L’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza?

8. Lampedusaapprodare all’inferno

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Grafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazioneDisegni di copertina: Silvio BoselliStampa: Tipografia Camuna - Brescia

EditorialeMa dov’è finita Timbuctu? 1Brunetto Salvarani

questo numeroa cura di Federico Tagliaferri 2

lettere in redazionei 3

A scuola e oltre

genitori efficaciUna co-genenitorialità densa 4di significatiEugenio Scardaccione

bambine e bambiniSicurezza e felicità 6Rita Vittori

ragazzi e ragazzeL’elastico della democrazia 8Giuseppe Biassoni

generazione yL’ospitalità irricevibile 10Stefano Curci

in cerca di futuroMeticci o segregati? 12Davide Zoletto

che aria tira a scuolaDai CTP ai CPIA, ovvero 13l’educazione degli adultiPatrizia Zocchio

Buone pratiche di resilienzaEra una casa molto carina … 14Oriella Stamerra - Alessandra Ferrario

per chi suona la campanella?Mamme per la lentezza 16Gianfranco Zavalloni

Il «restodelmondo»

agenda interculturale«Ciao mamma, vado in Cina!» 33Alessio Surian

scor-dateIl più grande atleta di tutti i tempi 34a cura di Dibbì

saltafrontieraIntramontabile Giufà 35Lorenzo Luatti

Dudal JamDiario di viaggio 36al confine tra due anniC. Minelli, R. Roberto

pixelTeologia a cartoni animati 38Roberto Alessandrini

Ora delle religioni/1L’istruzione religiosa a scuola: 40l’eccezione francese (2a parte)Flavio Pajer

Ora delle religioni/2Per il CEM, un «esplosivo» 41terzo passoSavino Mombelli

nuovi suoni organizzatiAhmed Abdul Malik 42Luciano Bosi

omsizzarUn «black» italiano 43Daniele Barbieri

vai tra’Sport, scuola di vita 44Francesco Maura

spazio cemPresentazione del concorso 45«Il libro cuore del 2010»

Mediamondo 46

i paradossiBangladesh... non un mondo a 47parte, ma parte di questo mondoGiovanni Gargano

la pagina di... r. alvesSperanza ed allegria 48

Sommarion. 3 / marzo 2010

Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM)dei Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

E-mail: [email protected]

www.cem.coop

LA FELICITÀ NELLA SOCIETÀ DEL RISCHIO.L’EDUCAZIONE AL BIVIO. RASSEGNAZIONE O RESILIENZA?8. Lampedusa. Approdare all’inferno

Lampedusa. 17Approdare all’infernoOlliviero Forti

La pagina interreligiosaPer una teologia interreligiosa 20del pellegrinaggioMarco Dal Corso

CinemaWelcome 31Lino Ferracin

La sfida della cittadinanza 23come paradigma incompiutoottava puntata

a cura di Antonio Nanni e Antonella Fucecchi

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brunetto salvarani | direttore [email protected]

Ma dov’è finitaTimbuctu?

T ra le novità della cosiddetta Riforma Gel-mini, di cui ci siamo occupati a più ripresesu CEM Mondialità, uno degli aspetti me-

no comprensibili nella nuova scuola superiore è lariduzione del numero di ore riservate alla geogra-fia. La bozza in discussione prevedeva infattiun’ora alla settimana (contro le due odierne) nelbiennio liceale, e la cancellazione totale, o quasi,dai programmi degli istituti tecnici e professionali.Nonostante un recupero in zona Cesarini in segui-to alle numerose proteste sollevate, la sostanzanon cambia, e merita una riflessione: per la geo-grafia, da Cenerentola delle materie umanistiche aGrande Assente, il passo è breve. E molto triste, amio parere. Nella stagione della globalizzazione,penalizzare in tal modo un insegnamento del gene-

re, infatti, sarebbe alquantomiope. Perché, a dispettodella visione tradizionaleche ne abbiamo, come la sto-ria non si esaurisce nell’ap-prendimento delle date (an-che se le date, al netto delnozionismo oggi sparito, so-no utili se non fondamenta-

li), così la sua sorellina minore, la geografia ap-punto, non si limita a discutere di numeri: la su-perficie della Spagna, la lunghezza dei fiumi africa-ni, l’altezza dell’Everest, e così via. Nel quotidianodella prassi didattica, le ore di geografia rappre-sentano spesso l’unica occasione reale in cui i do-centi possono affrontare con gli alunni le comples-se dinamiche della società contemporanea; in par-ticolare, la geopolitica, così cruciale. Nella scuolaitaliana, dove come sappiamo manca uno studioserio e per tutti delle religioni (al plurale), non dirado la geografia serve da introduzione, meglio diniente, alla specificità delle diverse culture. Come ha messo in luce il sociologo Ilvo Diamantiin una delle sue preziose Mappe uscite su La Re-pubblica, il paradosso di questa scelta andrebbeconsiderato a più livelli. Mentre il nostro pianeta,Bauman docet, si liquefa, noi siamo orfani dei con-fini che, tuttavia, non riconosciamo (e non cono-sciamo) più. Come il territorio. Rimozione singola-

re, visto che mai come in quest’epoca le identitàruotano intorno ai riferimenti geografici. L’Orientee l’Occidente. Che, dopo lo sbriciolamento del mu-ro di Berlino, non sappiamo più come e dove deli-mitare. In Italia, il Nord e il Sud, la Lega Nord e ilPartito del Sud. Si rimuove la geografia, propriomentre la geografia si muove. Insieme ai confini.Centinaia di comuni vorrebbero cambiare provin-cia. Oppure regione. E molte province si spezzano;mentre, parallelamente, ne nascono di nuove. E seguardiamo oltre i nostri confini abbiamo bisognodi aggiornare le mappe, un anno dopo l’altro. Perde-finire i paesi (ri)sorti in seguito al crollo degliimperi geopolitici. Per nominare contesti senza no-me oppure ignoti, un attimo prima, il cui nome èrivendicato da popoli che ambiscono all’indipen-denza, da minoranze che vorrebbero venire ricono-sciute e da maggioranze che ne reprimono le pul-sioni. Così, scopriamo, all’improvviso, dell’esisten-za di Cecenia, Abkhazia, Ossezia, Timor Est. Men-tre Cekia e Slovacchia sono, da tempo, divise. Mamolti non lo sanno e continuano a nominare la Ce-coslovacchia. Inconsciamente, ci siamo convintiche la geografia sia stata superata, e resa inutile,dall’utilizzo del Gps o di Google Earth.La società del Tom Tom, ha ragione Diamanti, èpopolata di persone etero-dirette, che si muovonosenza un disegno, né un progetto. Non sappiamodove andare e neppure dove ci troviamo. Questasocietà, e questa scuola, sembra che dicano i re-sponsabili delle scelte di cui sopra, non hanno bi-sogno di geografia, né di geografi, né di mappe,bussole, atlanti, carte geografiche. Questa scuola,ma soprattutto questo paese: dove il tempo si èfermato e il territorio - pur continuamente evoca-to, per ragioni politiche e polemiche - è scompar-so. E le persone stanno ferme. Nello stesso puntoe nello stesso istante. In attesa che il satellitareparli. E ci indichi finalmente la strada, che abbia-mo smarrito. q

P.S. Timbuctu è un’antica città del Mali, ritenuta per secoli perla sua ricchezza e per la sua bellezza un luogo mitico e non rea-le. Destinata ora a scomparire definitivamente, almeno per i no-stri studenti…

La società del Gps,è popolata di persone

etero-dirette, che simuovono senza

un disegno, né un progetto

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Questo numeroa cura di Federico [email protected]

Questo numero di CEM Mondialità arricchisce con un nuovo elemento il concetto di «resilienza»,

argomento centrale di tutta l’annata 2009-2010, dedicata a «La felicità nella società del rischio.

L’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza?». Il «dossier» monografico, intitolato «Lampe-

dusa. Approdare all’inferno», curato da Oliviero Forti, ci offre uno «spaccato» sociale, politico e

giuridico di come è stata affrontata la questione dell’immigrazione irregolare in Italia. Scrive Forti nell’introduzio-

ne: «A partire dalla fine degli anni Novanta, Lampedusa è diventata una delle principali mete delle rotte dei mi-

granti africani nel Mediterraneo: la porta dell’Europa. I flussi che attraversano il Mediterraneo sono aumentati di

pari passo con la chiusura delle frontiere degli Sta-

ti europei attraverso l’instaurazione di un regime

di visti d’ingresso particolarmente restrittivo verso

i paesi esterni». «Quelle che si avventurano in ma-

re - scrive ancora l’autore - sono imbarcazioni di

fortuna dirette verso le coste spagnole, italiane e

greche. Per la sua posizione geografica, l’Italia

rappresenta uno dei punti d’ingresso in Europa

per la migrazione africana».

Ma come è stato affrontato il problema da parte

dell’Italia e degli Stati della riva sud del Mediterra-

neo? La risposta è contenuta nell’accurata panora-

mica che il «dossier» fornisce delle vicende che

hanno caratterizzato l’operato del legislatore italia-

no e della sua pratica applicazione da parte delle

autorità: una costante e crescente violazione dei

diritti umani degli immigrati e dei richiedenti asilo,

che ha più volte suscitato l’indignata protesta de-

gli organismi internazionali e di numerose Ong di

tutela. All’interno del «dossier», Marco Dal Corso

ci parla della «Teologia interreligiosa del pellegrinaggio», mettendo in evidenza i numerosi collegamenti esistenti

tra le tre grandi tradizioni religiose monoteistiche, ebraismo, cristianesimo e islam.

Nell’inserto centrale, dedicato a «Cittadinanza e Costituzione», Antonio Nanni e Antonella Fucecchi ci parlano de

«La sfida della cittadinanza come paradigma in-compiuto», delineando il necessario rinnovamento del termine

«cittadinanza» di fronte alle mutate esigenze d’inclusione sociale che emergono nel nostro paese.

Nella sezione «Resto del mondo» segnaliamo, per la rubrica «Pixel», l’articolo di Roberto Alessandrini sulla «Teo-

logia a cartoni animati», un’interessante analisi del fenomeno Simpsons sotto il profilo religioso.

Due pagine sono riservate all’iniziativa Dudal Jam, la campagna che si propone, in collaborazione con l’Ong LVIA,

di progettare e gestire una scuola di coeducazione alla pace in Burkina Faso. Sostenete la Campagna! È una parte

importante della mission di CEM! q

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Monica RossiLe illustrazioni che corredano questo numero sono state realizzate daMonica Rossi, che ringraziamo di cuore. Ecco un suo breve profilo:

«Il pallino dell’arte c’è, l’ho sempre avuto. Il desiderio di diventare unadisegnatrice mi ha sempre seguita fin da piccola. Nel 2005 mi sonoiscritta al corso di fumetto-illustrazione all’Accademia di BelleArti di Bologna, dove ho iniziato aconcepire questa grandepassione. Nel luglio scorsoho concluso il miopercorso didattico ed orasto iniziando quellopersonale, dove cerco didare un’entità ai miei lavori,arricchendoli di atmosfera esentimento. Oltre che“raccontare”, vorrei che le mieimmagini “prendessero” per mano illettore e lo coinvolgessero, facendoglivivere ciò che sono».

e-mail: [email protected]

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Mimma IannòCEM Mondialità(Reggio Calabria)

LE ALTRE RELIGIONI PERLE DI SAGGEZZADIVINA

Caro Brunetto,ti invio qualche mia riflessione dopoaver letto il comunicato stampa diCEM Mondialità dedicato a «L’oradel dialogo interreligioso» (numerodi novembre 2009, p. 45).Uno dei problemidell’incomunicabilità tra gli uomini èla diversa visione che ognuno ha delmistero di Dio: l’assolutizzazionedelle risposte diventa la fonte deiconflitti che scatenano odi e guerretra i popoli. Il fondamentalismo diuna parte dei fedeli sulla delicataquestione di Dio e sulla rispostasingolare che s’«impone», rivestitadalla pretesa dell’unicità, nei secolisi è trasformata in irreversibilecontrasto che ha consolidato lechiusure identitarie a discapito diuna visione universale che dovrebbeinvece unire tutti gli uomini.Partendo dalle false conoscenzedella cultura e delle religioni deglialtri si può ricostruire un pensierolibero e universale sul destinocomune. Urge perciò portareall’attenzione della società, e dellascuola in particolare, l’esigenza dicostruire percorsi di educazioneinterculturale, all’interno dei quali lereligioni abbiano spazi di confronto

e di dialogo, per formare menti ingrado di superare pregiudizi, aldilàdei propri credi religiosi, ed educarepersone capaci di scoprire il valore ela dignità di ogni essere umano checerchi il significato della sua vita. Chi di noi non continuerà achiedersi «Chi sono?», «Dovevado?», «Da dove vengo?». Perrispettare le risposte degli altri e noncristallizzarle in percorsi di unicaverità, ritenendoli dogmi intoccabilie come tali sorgenti di conflitti, ènecessario comprenderel’importanza dello studio dellereligioni. Per la divulgazione diquesta proposta, sostenuta daalcuni anni da CEM, bisognaeducare all’apertura e

all’accoglienza delle piste di ricercadel divino e del pensiero delleculture altre. Gli altri/altre, fin dalleorigini, hanno iniziato e continuanoa tracciare, sui sentieri sconosciutied entusiasmanti della ricerca deimisteri dell’esistenza, le loropreghiere, i loro riti, i loro libri disapienza, le loro perle di piccoleverità. A tutti questi tesori ognunodi noi può e deve aprire l’orecchio erivolgere lo sguardo per unarricchimento reciproco, senzapaura di contaminazioni, ma con laconsapevolezza di essere entrato inun recinto sacro dove chi parla èDio e non le nostre limitate verità…In questi tempi di profondetrasformazioni, uno spiraglio di lucesugli scenari foschi del mondo èrappresentato proprio da questainversione di rotta, necessaria perinsegnare alle nuove generazionicome agire nella gestione deiconflitti e nella soluzione delleproblematiche legate all’inevitabilemescolamento di popoli sul pianetaterra. Accettare questa nuova grandesfida educativa potrebbe aiutare ilmondo della scuola ad allargare isuoi confini culturali e a spingersinella mondialità, per sconfiggerel’ignoranza religiosa: è proprio daquesta piattaforma conoscitiva chesi può garantire il superamento divisioni individualistiche sui problemidel mondo, per assumere invecepunti di vista plurali e privi disuperiorità e intravedere così unfuturo di pace per l’umanità.

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Igenitori dell’epoca odier-na vivono in maniera

molto diversa la crescita e losviluppo dei figli rispetto allemadri e ai padri che hannosvolto la loro funzione neidecenni precedenti. Le com-plesse, articolate trasforma-zioni dei modelli educativifamiliari hanno notevolmen-te influenzato le reazioni e icomportamenti dei figli stes-si. Ci si convince sempre più,a partire dalle quotidianedifficoltà o soddisfazioni,che non esistono formulemagiche o ricette a buonmercato per educare ade-guatamente i figli, capacispesso di spiazzare e disar-mare i genitori, perché sonoimprevedibili ed esigenti, aseconda delle tante aspetta-tive che coltivano, in conte-sti talvolta disorientanti.Fortunatamente, la diversitàdiffusa di essere e diventaregenitori efficaci ed attrezzaticorrisponde alla varietà delleazioni, degli atteggiamenti edelle emozioni che abitano inostri figli. Anche se guidatida alcuni principi base, toc-

ca ad entrambi i genitoririmboccarsi le maniche edassumersi le dovute respon-sabilità.

Definire regole, limitie confini

I figli hanno necessità di sen-tirsi protetti, sicuri, amati,hanno bisogno della pre-

terpellano e vogliono essereaccompagnati per fare espe-rienze autonome, desidera-no vivere periodi fuori casa,intraprendere viaggi, stareinsieme ai loro pari, nonamano essere pressati ed os-sessionati continuamente.Talvolta ci chiedono di ri-schiare e, se sbagliano, nonsi aspettano di essere drasti-camente colpevolizzati o du-ramente rimproverati. Certo,a noi genitori spetta definireregole, limiti e confini e, aseconda dell’età, è opportu-no farlo con un ragionatoaccordo e conseguente con-divisione dei rischi e dei van-taggi. Tale compartecipazio-ne solitamente ottiene validirisultati; al contrario, le im-posizioni e gli assolutismi,derivanti dall’esercizio auto-ritario del ruolo genitoriale,non sortiscono benefici ef-fetti, ed avviene che regole elimiti rigidamente definiti,

senza un preventivo dialogoo un ragionato accordo ten-dono ad essere aggirati etrasgrediti. Poiché i figli e igenitori sono diversi e sonoportatori di esigenze varie,articolate a seconda di tantevariabili, ognuno deve met-tercela tutta, nel rispetto deiruoli, per trovare soluzionipraticabili, e non impanta-narsi in situazioni complica-te, dalle quali non si riescead uscire.

genitoriefficacieugenio [email protected]

Una co-genitorialitàdensadi significati

I figli, di fronte ad un atteggiamento consapevole di entrambi i genitori, si accorgono subito che il ruolo è svolto in modoconcorde: allora anche i loro gesti e le loro parole sono concilianti,credibili, fruttuosi, perché ne deriva una sorta di consonanza,senza stonature.

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Regole e limitirigidamente definiti,senza un preventivo

dialogo o un ragionatoaccordo con i figli,tendono ad essere

aggirati e trasgrediti

senza di entrambi i genitori,in termini di quantità e qua-lità. I tempi che i genitorimettono a loro disposizionedevono incontrarsi, senzafrenesia né patetici alibi, per-ché i figli chiedono in modopiù o meno insistente atten-zione e cura, unita a raffina-ta premura. I nostri figli c’in-

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Un atteggiamento di apprendimento reciproco

A me e a mia moglie Marga-ret, a partire dalla nostraesperienza di coppia, risultamolto proficuo praticare conconvinzione un atteggia-mento di apprendimento re-ciproco rispetto all’educa-zione dei figli, che riteniamouna questione delicata e de-gna della massima attenzio-ne. Cerchiamo di farlo senzafarci imbrigliare in una peri-colosa rete di recriminazionio di impianti: non serve, in-fatti, difendere a spada trat-ta ciascuno la propria posi-zione e rintanarsi in un’inac-cessibile torre d’avorio, pre-tendendo di avere ragionead ogni costo.Quando ognuno di noi,nell’esercizio del proprio do-

vere di genitori, anche difronte a decisioni non facilida prendere, ha oppostouna resistenza ad oltranza, irisultati sono stati deludentie scoraggianti. Ci siamo in-vece resi conto, dopo un’at-

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Un percorso formativo cheeduchi al divenire

È importante darsi da fare e predisporre unpercorso formativo in famiglia che educhi aldivenire, il quale, se ben orientato ed alimentatocon vari passaggi, può trasformarsi in ben-divenire, tale da rendere legittima lacompresenza di idee, pensieri, percezioni, azionidiverse, senza necessariamente creare scontri efrizioni devastanti. Allora, una co-genitorialitàricca di significati, perché dinamica edimpegnativa, con una manciata anche di gioiosapredisposizione, può essere in grado di attivareuna sana e giusta corresponsabilità da parte deifigli. L’allenamento continuo ad unapprendimento reciproco induce anche aconsiderare i figli, soggetti da educare bene, inmaniera tale che possano ricevere la lucenecessaria per crescere e vivere senza quel buioche impedisce di vedere bene la strada. Perché possano scegliere di percorrerla con lanecessaria consapevolezza, unita ad unasapiente serenità, che spinga a rialzarsi contenacia dopo una caduta, a non rassegnarsidopo una delusione, ad intravedere la meta, ariprendere il cammino con più vigore dopo lesoste necessarie, e ricominciare un’altraesperienza. Con gioia ed entusiasmo.

Una co-genitorialità riccadi significati, perchédinamica ed impegnativa, può attivare una sana e giustacorresponsabilità da parte dei figli

tenta e meticolosa riflessio-ne e un dialogico confronto,che è molto più produttivo esalutare esercitare la dimen-sione della co-genitorialitàresponsabile, in grado diprodurre effetti positivi.I figli, infatti, di fronte ad unatteggiamento consapevoledi entrambi i genitori, si ac-corgono subito che il ruolo èsvolto in modo concorde, edallora anche i loro gesti e leloro parole sono concilianti,credibili, fruttuosi, perché nederiva una sorta di conso-nanza, senza stonature fasti-diose e disarmoniche. Talemelodia familiare permettead ognuno di esprimersi, nel-la faticosa ma confortante ri-cerca di trovare appunto unaccordo a più voci. Si nota esi percepisce, pur con i limitie con le debolezze di ciascu-no, che l’accordo tra il padree la madre, genera un fecon-do apprendimento e si veico-lano caratteristiche della di-mensione femminile e ma-schile, che tutti possiedono,nell’attesa di essere valoriz-zate opportunamente. q

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Nei precedenti articoliabbiamo visto come

una «società liquida» impli-chi anche un alto grado ditolleranza dell’incertezza. Lecose mutano velocemente, ilcontesto sociale assomigliaad un grande supermercatodove vengono offerte molte-plici possibilità per l’indivi-duo, che si affanna ad affer-rarle il più possibile per sen-tire di avere una vita piena e

ricca. Ma un alto grado d’in-certezza si trasforma in unsenso d’insicurezza, creandole condizioni perché moltepersone vivano in uno statodi perenne ansia. La tesi se-condo la quale l’avvento del-la modernità avrebbe porta-to alla nascita di un ordinesociale più felice e sicuro èoggi messa in discussionedalla percezione di vivere inun mondo denso di pericoli.

Inoltre processi di trasforma-zione economici e sociali ge-nerano in tutti noi uno statodi continua e profonda insi-curezza ontologica e di pau-ra. Non a caso l’uso di psico-farmaci per contrastare an-sia e depressione ha avutonegli ultimi anni un grandeaumento, anche tra i giovanie i bambini. Molte ricerchehanno messo in evidenzacome i cittadini abbiano unapercezione distorta rispettoalla «sicurezza» dei contestiurbani: il timore di caderevittime di aggressioni o vio-

lenze è molto più alto rispet-to al numero effettivo deicasi che si verificano real-mente.

La crescita del sensodi paura

Quando l’incertezza diventasenso d’insicurezza rispettoalla propria incolumità fisicao al futuro è facile, affermaMelanie Klein, che si attivinonella psiche individuale unaserie di meccanismi di difesaappartenenti alle prime fasidi sviluppo psichico. In altreparole, in un contesto perce-pito fortemente pieno di«pericoli», la mente tende aregredire a stadi più infantili:l’età personale non è un ri-paro contro queste dinami-che. Una delle prime formedi difesa è la scissione trabuoni e cattivi. Immediata-mente si va alla ricerca di chi

bambinee bambinirita vittori

Sicurezzae felicità

I cittadini hanno una percezione distortarispetto alla «sicurezza» dei contesti urbani: il timore di cadere vittime di aggressioni o violenze è molto più alto rispetto al numeroeffettivo dei casi che si verificano realmente.

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Un alto gradod’incertezza si

trasforma in unsenso

d’insicurezza,creando lecondizioni

perché moltepersone vivanoin uno stato diperenne ansia

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è «pericoloso» per potersenedifendere e attribuire a que-sta figura la colpa di tutti isentimenti aggressivi provatia causa del senso di insicu-rezza. A livello sociale si co-minciano ad alimentare at-traverso i mass media alcuni«capri espiatori», utilizzatinormalmente dal potere vi-gente per deviare l’attenzio-ne dai veri problemi sociali. Imass media oggi fanno dacassa di risonanza della pau-ra diffusa legata alla possibi-le perdita del posto di lavo-ro, ma deviano il bersaglio ecreano figure sociali a cui siattribuisce tale colpa: oggisono i Rom, i lavoratori stra-nieri, gli omosessuali, i senzafissa dimora ad assurgere avittime sacrificali di una tra-sformazione economica chevuole operare indisturbata.Negli ultimi anni abbiamoassistito ad una serie di figu-re che hanno occupato lepagine di cronaca: i pedofili,le insegnanti accusate diabusi. Ovviamente in un mo-mento in cui si affacciavanole possibili collusioni tra ma-fia e politica, un uso ad per-sonam del potere politico èun modo antico ma sempreefficace per deviare l’atten-zione. Quindi, traendo le conse-guenze di questo processodi «scissione», i buoni siamoNoi Italiani, i cattivi Loro, iClandestini ormai criminaliz-zati. La storia si ripete, senzache la memoria collettivafaccia tesoro dei passati er-rori e mentre noi stiamo aguardare. Sono Loro i vericolpevoli della carenza deiposti di lavoro, è la Loro pre-senza ad alimentare la crimi-nalità nelle nostre città. A

scuola sono di nuovo Loro,gli alunni stranieri, a creareostacoli al buon andamentodella classe: non sanno lalingua italiana, fanno faticaa raggiungere gli stessi risul-tati degli altri.

Quali sono i fattoriin gioco?

Una delle fonti dell’insicu-rezza, emersa da alcuni stu-di, sembra essere la violazio-ne delle regole comunicativeche provoca un aumentodella sfiducia accordata alprossimo, in quanto non piùprevedibile nelle sue reazionie nei suoi comportamenti, e

quindi oggetto di sospetto.La presenza degli stranieriha indotto trasformazioninelle abitudini di vita delquartiere che, se non vengo-no gestite a livello comunita-rio e politico, danno origine

a disorientamento e paura,che vengono amplificate inmaniera esponenziale. Ilpasso verso la chiusura e ladifesa della propria identitàdiventa inevitabile. La richie-sta di sicurezza, che provie-ne dai singoli ma più spessoda gruppi più o meno con-solidati, diventa rivendica-zione del diritto esclusivo dicostruire lo spazio socialesulla base di criteri propri enon negoziabili e prendeforma scegliendo figure so-ciali deboli (il drogato, ilclandestino, l’immigratoecc.). Gran parte di questainsicurezza è creata attraver-so le notizie del telegiornaleche danno molto spazio aglieventi criminosi: l’amplifica-zione conseguente muta lapercezione del contesto incui si vive. Non si nega la re-altà degli eventi, ma essi col-piscono il mondo emotivodelle persone minando la fi-ducia negli altri, conosciuti esconosciuti, che comincianoa rientrare nella categoriadei «potenziali nemici» di cuioccorre non fidarsi. Il so-spetto circola nella mente ditutti coloro che cercano ditrovare una risposta al biso-gno di sentirsi sicuri nellapropria città, nel proprioquartiere, nella propria casa.Queste paure vengono tra-smesse anche ai figli attra-verso vari modi, verbali enon verbali. Recepite comeatmosfere, i bambini respira-no il sospetto verso l’altrocome una funzione normaledi autodifesa, manifestan-dosi poi come comporta-menti aggressivi o come unostato di perenne tensione.

(fine prima parte)

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L’uso dipsicofarmaci

per contrastareansia e

depressione haavuto negli

ultimi anni ungrande

aumento, anchetra i giovani e i

bambini

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L ampedusa, Rosarno,Centri d’accoglienza

(Cda, o Cpa, o Cspa): fino ache punto può arrivare lanostra capacità di «riciclare»il tema dei diritti umani? Èun confronto continuo quel-lo che mi trovo a vivere con imiei studenti, perché entra-no in campo due visioni pa-rallele della stessa realtà af-frontata da differenti puntidi partenza. Si vorrebbe farloro riflettere sul processo,su quanto si perde o si rica-va, sulla necessità di medita-re sul cambiamento e sulleconseguenze che derivanodal mettere in discussioneciò che fino a ieri era acquisi-to. Ma i miei studenti sonogià la società, sono già ilprocesso; ciò che per me èstoria, tragitto agito, per lo-ro è il punto di partenza.Con il surriscaldamento delpianeta assistiamo allo scio-gliersi dei ghiacciai, fa im-pressione vedere in televisio-ne le immagini di enormiiceberg andare alla deriva.L’immagine mi sembra ri-spondente e metaforica;

brandelli di buon senso, at-tenzione critica, valori chehanno regolato il civile con-vivere, che si staccano dalcorpo della società civilespersi nel mare della smarri-ta capacità d’indignarsi.Fin dove si può continuare atirare l’elastico della demo-crazia senza che questo sisfilacci perdendone pezzi ecoinvolgendoci in prima per-sona? Siamo davanti ad unasocietà d’ignavi?Gli ignavi furono collocati daDante sulle sponde del-l’Acheronte; sono coloroche in vita non vollero pren-dere posizione, rifiutati sia

dall’Inferno sia dal Paradiso.Neanche nell’aldilà si intra-vede un futuro, un percorso.L’indignazione davanti allacatastrofe o all’orrore, da-vanti al sopruso ed alla pre-varicazione risulta oggi es-sersi fermata presso i gradinidel sé. Non deve «compren-dermi», può sfiorarmi, manon deve chiamarmi in pri-ma persona a dividerne leconseguenze. In quel vuotofatto di nebbie e d’incogni-te, esiste ciò che abbiamocostruito; per chi è giovane èil punto di partenza.

Il gioco delle O e delle X

Siamo partiti da un’attivitàdi simulazione denominata«Gioco delle O e delle X».Provo ad esporvela, per chinon la conoscesse potrebberilevarsi un’interessante fon-te di ricerca.In una parte del mondo viveuna comunità di «O» (cfr. fig.1). Quasi tutti si conoscono,è difficile celare pregi e difet-ti, aspetti di carattere, i vizisono pubblici. Ogni piccoladiversità è guardata al micro-

ragazzie ragazzegiuseppe [email protected]

L’elasticodella democrazia

Fin dove si può continuare a tirare l’elastico dellademocrazia senza che questo si sfilacciperdendone pezzi e coinvolgendoci in primapersona? Siamo davanti ad una società d’ignavi?

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Ripartire dalle nuovegenerazioni

Il senso critico e la capacità di riflessione nonsono acquisizioni automaticamente reperibili;abbiamo avuto eminenti scienziati e intellettualiche ne hanno evidenziato a più riprese l’assenza.L’obbedienza non è una virtù tanto quanto lostudiare nozioni non è l’elemento portante dellaformazione dell’insieme del sé. Le nozioni sitrasformano da perle di saggezza in gabbiecristallizzate e sterili, i saperi anziché aprire anuovi orizzonti si richiudono in circoli viziosi.Con le classi terze dell’Istituto in cui insegno hocercato forme compensative rispetto al limite delnozionismo: ne è nata un’attività che, trattando iltema dell’intercultura e del pregiudizio, haprodotto riflessioni ed aspetti motivazionali.

Le nozioni si trasformano

da perle disaggezza in

gabbiecristallizzate esterili, i saperianziché aprire

a nuoviorizzonti si

richiudono incircoli viziosi

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scopio ed ognuno è identifi-cabile per caratteristiche chelo differenziano dall’altro.Un giorno una «X» viene adabitare in questa comunità(cfr. fig. 2). Davanti alla di-versità della «X» la comunitàsi sente più simile, le diffe-renze che prima sembrava-no importanti assumono uncarattere secondario; tuttiguardano alla «X» che attrael’attenzione e fa discutere.

Dopo questa introduzione,ho chiesto agli alunni di de-scrivere quando si sono sen-titi «O», provando ad indica-re situazioni, stati d’animo,sensazioni; quindi abbiamocondiviso le esperienze con-frontandole a gruppetti disei. La stessa cosa abbiamofatto per delineare quando cisi è sentiti delle «X». Abbia-mo rilevato che era moltopiù comune riconoscersi insituazione di «X» (colui o co-lei che devono mettersi in re-lazione con una realtà nuo-va), è stato più facile ragio-nare sulla fragilità che si puòprovare lasciando tradizionied abitudini alle proprie spal-le per immettersi in un nuo-vo tessuto sociale; inoltre èpiù difficile vedersi dall’inter-no della propria società datoche una serie di comporta-menti conclamati ci appaio-no naturali, da non metterein discussione. I fatti di cro-naca che avevano fatto dapremessa alla nostra ricerca

assumevano una dimensionepiù partecipata, analizzata,compresa; il pietismo e lacommiserazione lasciavanospazio all’immedesimazioneumana da cui ciascuno pote-va ricavare considerazioni epensieri autonomi. In una seconda lezione hoaffrontato l’altra parte dellasimulazione. La «X» cerca diessere compresa nel gruppoe per questo si «oicizza» (cfr.fig. 3). Abbiamo così indivi-duato una serie di tipologieche hanno consentito dicontinuare la nostra indagi-ne conoscitiva.

La «X» cerca di essere comele «O», tenta di imitarne la

parlata, di assimilarne i modidi fare, di essere come gli al-tri; ecco perché possiamoassistere a differenti formedi relazione tra autoctoni edemigrati e come il malcostu-me faccia da terreno fertiledi diseducazione in situazio-ni già compromesse dalpunto di vista della legalità.La «X» cerca di nascondersio appoggiarsi alle «O»; ilpensiero è andato subito alladifficoltà dei permessi disoggiorno, di regolarizzarsi,di avere uno stato giuridicoche sottragga al ricatto e tol-ga la costrizione di una vitain continuo rischio di preca-rietà. La solidarietà, espressaentro regole condivise, sa-rebbe un fertile terreno di in-tercultura.La «X» cerca la strada dellaseparazione ed abbiamo ri-levato come sia nel medio

periodo una forma di inade-guatezza sociale che coin-volge la società nel suo com-plesso; ne è esempio la co-munità cinese di Via PaoloSarpi a Milano, le Little Italyin numerosi quartieri negliUsa, la comunità turca diFrancoforte di cui avevamodocumentazione, ecc.La «X» cerca di diventareuna «super X» o anche sem-plicemente di costruirsi unapropria vita: guardando il fe-nomeno sotto questo profi-lo, ci siamo resi conto di co-me molti fatti di cronaca e divita comune dipendano daquesta semplice considera-zione. Ci tolgono il lavoro,oppure la percezione di es-sere invasi dai Kebab, evi-denziano la reazione d’intol-leranza verso chi ha diritto ditentare la propria stradasenza dover essere assog-gettato a discriminazioni divaria natura. Alcuni dei gestidi criminalità (soprattuttostupri) ci sono sembrati iltentativo di voler rivendicareuna «super X» con il solito si-stema della prevaricazione(guarda a caso sulle donne),come la tradizione di moltipopoli (compreso il nostro)evidenzia: la legge contro laviolenza sessuale ha visto untesto abbastanza articolatosolo nella Legge 15 febbraio1997, n. 66, «Norme controla violenza sessuale».Un confronto su quanto sianecessario trasmettere con-tenuti e quanto riattivare ilsenso critico e civico nell’as-similazione dei saperi stridecon la realtà scolastica in cuisiamo costretti. Mi viene dalanciare un monito: per noi eper il futuro del genere uma-no «su la testa»! q

marzo 2010 | cem mondialità | 9

Un confronto su quanto sianecessario trasmettere

contenuti e quantoriattivare il senso critico e

civico nell’assimilazionedei saperi stride con larealtà scolastica in cui

siamo costretti

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Sarebbe interessante ca-pire se i nostri ragazzi,

quando vedono in televisionei disperati stipati nelle carret-te del mare che rischiano lavita per raggiungere l’Italia,hanno la stessa reazione deiloro coetanei americani aitempi della guerra del Viet-nam. All’epoca, infatti, la te-levisione ed i drammi che es-sa poteva rappresentare era-no «nuovi», mai visti in modocosì diretto, e le coscienzenon erano - come le nostre -assuefatte alla grande quan-tità di notizie ed immagini

Come diceva Jean Baudrillard(già anni fa!), assistiamo aduna dematerializzazione del-la realtà in cui l’attenzione èconcentrata sulla televisione,sul mondo della comunica-zione che è divenuta un valo-

re assoluto, un obiettivo insé. Distratti da strategie fatalie rassicuranti, non vediamopiù la violenza, la miseria,l’ignoranza della realtà quo-tidiana. Così anche la drammaticitàdel viaggio verso Lampedusa,o verso qualsiasi porta del-l’Occidente, per realizzare unsogno o un progetto migra-torio più mirato, sfugge ainostri ragazzi, è velato, ri-mosso, perso in mezzo ad al-tre informazioni spesso piùinsignificanti. Non credo chei nostri giovani si chiedanomai se lo straniero che incon-trano per strada abbia passa-to peripezie e rischiato la vitaper essere nelle nostre città.Come il capitano Wiesler,straordinario protagonista deLe vite degli altri, che mette la

generazione yefficacistefano curci

L’ospitalitàirricevibile

Oggi l’immagine (televisiva e digitale) è talmentepresente nella vita dei nostri ragazzi che la sua capacitàdi impatto emotivo si relativizza, diventa unasensazione rarefatta.

Derrida sischiera dalla

parte dello straniero

in nome della«legge

dell’ospitalità»,che suggerisceche l’ospitalità

assoluta rompecon la legge

dell’ospitalitàcome diritto o

dovere

tragiche. Così, per fare unesempio, la celebre immagi-ne della bambina vietnamitache scappa, nuda e piangen-te, in mezzo ad altri fuggitivi,era recepita dagli americanicon sdegno e repulsione perla «sporca guerra», e la rea-zione emotiva non restavatra le mura casalinghe, ma sitraduceva in pressione popo-lare perché il governo trovas-se quella che oggi si chiamal’exit strategy.

La banalizzazione delle immagini

Purtroppo oggi l’immagine(televisiva e digitale) è tal-mente presente nella vitadei nostri ragazzi che la sua

capacità di impatto emo-tivo si relativizza, diven-

ta una sensazione ra-refatta, e tutto vie-

ne metabolizza-to nelle coscien-ze sempre piùanestetizzate e

assuefatte a rac-cogliere immagini,

anche drammatiche.

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pubblicità nelle cassette po-stali delle case della Germa-nia post-unitaria, ma ha uninvisibile passato da eroe.

«Mai più stranieri né meteci»

Certo, per lo Stato-Nazionela proposta di Derrida è irri-cevibile: ma senza questopungolo ideale la politica siallontanerà sempre più dallagiustizia. Non a caso Derridaha anche parlato di un possi-bile ritorno alla tradizionedelle città-rifugio, così forti

nella tradizione ebraica edell’Europa medievale, cheospitavano i deportati, gliesiliati, gli apolidi, i profughi.Invece gli Stati europei van-no in direzione contraria: re-spingono sempre di più le ri-chieste di asilo, e se non lofanno ufficialmente, lascia-no che siano le varie poliziea farlo per loro. Ma - comenotava già alcuni decenni fa

un autore che meriterebbedi essere riscoperto, WalterBenjamin - la polizia in que-sti casi usa una violenza«senza forma», dunque sen-za responsabilità. Se le leggidei singoli Stati puniscononon solo gli immigrati sanspapiers, ma anche chi liospita come se fosse corre-sponsabile di un reato, Der-rida sostiene con forzaun’etica dell’ospitalità, chenon è un’etica fra le altre. Anche se la sua è la prospet-tiva di un laico, il «mai piùstranieri né meteci» di San

Paolo è per Derrida uno deipunti di riferimento per que-sto progetto di un nuovo cosmopolitismo nell’epocadella crisi degli Stati-nazio-ne. La sua provocazione po-trebbe essere un utile spun-to didattico per interrogarci,insieme ai nostri giovani,sull’esistenza di un diritto diospitalità e sui diritti e i do-veri collegati ad esso. q

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Le tesi provocatorie di Jacques Derrida

Un possibile terreno di confronto con i nostri studentipotrebbe essere la discussione delle tesi provocatoriee controcorrente espresse da Jacques Derrida, in untesto (insolitamente) semplice Sull’ospitalità, che hatutto per non piacere a chi ragiona in termini diconteggio dei flussi e di accessi condizionati1. Delresto Derrida è volutamente provocatorio: dice che sideve «lasciare un passaggio all’altro» senza prepararsi

alla sua venuta, senzaprevederla, come se l’altro cheviene da fuori avesse unaprecedenza ontologica. Derridasi schiera dalla parte dellostraniero (quello che viene «dafuori» e pone le domande chenoi non sappiamo farci) in nomedella «legge dell’ospitalità», chesuggerisce che l’ospitalitàassoluta rompe con la leggedell’ospitalità come diritto odovere. L’ospitalità assoluta esigeche io apra la mia dimora, la miapatria, e che la offra nonsoltanto allo straniero ma

all’altro assoluto, sconosciuto, anonimo, e che gli dialuogo senza chiedergli né reciprocità (l’entrata in unpatto) e neppure il suo nome!Lo straniero senza identità mette in crisi la tramaordinata in cui la politica lo vorrebbe incastrare, «ècome se lo straniero tenesse le chiavi», come se lostraniero potesse salvare il padrone di casa dal suopotere. Infatti, provoca ancora il filosofo franco-algerino, non è già una forma di violenza pretendereche l’altro sia come vogliamo noi a livello didocumenti? Non ha egli diritto ad un’ospitalitàassoluta, ad una singolarità inclassificabile?Ecco allora lo scarto tra il diritto positivo (che imponead ognuno di essere legato ad un documento diidentità) e la legge dell’ospitalità assoluta che va oltrela legge positiva. L’eterogeneità tra la legge e le leggidell’ospitalità, cioè tra l’ospitalità assoluta e leesigenze di diritto, politica ed etica è contraddizionema anche collaborazione: l’ospitalità senza condizioniincalza le leggi statali affinché si conformino ad essa.La radicalità della proposta di Derrida è sulla linea diquella di Lévinas: l’ospitalità non è un’etica tra lealtre, ma l’etica stessa, che implica una precedenzadell’altro, come se avessimo contratto un debito versocolui che deve arrivare, prima che potessimoassumere esplicitamente qualsiasi impegno.

1 J. Derrida, A. Dufourmantelle, Sull’ospitalità, Baldini & Castoldi,Milano 2000.

L’ospitalità assoluta esige che io apra lamia dimora, la mia patria, e che la offranon soltanto allo straniero ma all’altro

assoluto, sconosciuto, anonimo, e che glidia luogo senza chiedergli né reciprocità e

neppure il suo nome!

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Negli Stati Uniti, in Cana-da e nei paesi europei

che sono da molti anni metadei flussi migratori, si è or-mai consolidato un filone diricerche specifico che cercadi capire come si sviluppano ipercorsi di vita dei figli deimigranti nati nei paesi d’im-migrazione. Si fronteggianodue grandi linee di ricerca.Da un lato vi sono coloro chesottolineano come i figli e lefiglie dei migranti ci obbli-ghino a rivedere concettitroppo rigidi come quellid’identità, etnia, cultura: nelloro vivere contemporanea-mente una pluralità di appar-tenenze, i figli e le figlie deimigranti ci mostrerebberoinfatti un modo nuovo disperimentare sulla propriapelle forme di «meticciato» edi «mescolamento» di linguee di culture. Queste nuoveforme offrirebbero loro unaricchezza di riferimenti e diopportunità molto maggioreche in passato. Dall’altra parte vi sonoquanti c’invitano a evitare itoni ingenuamente ottimisti

per guardare invece alle dif-ficoltà che questi giovani in-contrano quotidianamente,a partire dalla barriera con-tro cui si scontrano già suibanchi di scuola: secondoquesto orientamento, infat-ti, accanto a quei figli di mi-granti che riescono a trarre ilmassimo «vantaggio» dallaloro condizione «meticcia»,ve ne sarebbero molti per iquali nelle nostre societànon vi sarebbe alcuna possi-bilità di mobilità sociale.Questi giovani sarebberoquindi condannati a scivola-re verso fasce sempre piùmarginali e stigmatizzatedella popolazione con con-seguente possibilità di ritor-ni identitari molto forti e dicontrapposizioni anche vio-lente fra gruppi «diversi».

Anche in Italia negli ultimianni ci sono state alcune in-teressanti ricerche sui figli ele figlie dei migranti nati nelnostro paese. Chi volessefarsi una prima idea di quel-lo che emerge da queste ri-cerche può cominciare leg-gendo il bel saggio di Mauri-zio Ambrosini Nuovi sogget-ti sociali: gli adolescenti di

origine immigrata in Italia1.L’articolo presenta in modosintetico e ragionato alcunericerche svolte soprattutto inalcune grandi città (Milano,Genova) e in altre aree sog-gette a flussi migratori parti-colarmente forti (Prato).Quello che emerge da que-ste ricerche è che nel nostropaese la situazione è abba-stanza fluida, soprattuttoperché, dal momento che inItalia l’immigrazione è tuttosommato un fenomeno re-cente, non si sono ancoracreate quelle situazioni diforte segregazione in cui sitrovano molte comunità dimigranti in altri paesi. In ge-nerale, le ricerche ci diconoche è opportuno declinaresempre il concetto di «se-conda generazione» al plu-rale, perché i figli dei mi-granti in Italia non possonoassolutamente essere acco-munati tutti alle medesimeproblematiche, e riflettonoinvece la pluralità delle situa-zione sociali e territoriali incui vivono. Inoltre appareabbastanza chiaro che i figlie le figlie dei migranti condi-vidono spesso con i loro coe-tanei «autoctoni» molte affi-nità, soprattutto per quantoriguarda le strategie di con-sumo, con particolare riferi-mento ai nuovi media.Un’affinità, questa, di cuipotremmo fare tesoro nelcostruire percorsi educativiche partano da quelle espe-rienze che sono oggi condi-vise da tutti i cittadini di do-mani, autoctoni e non. q

1 In G..G.. Valtolina, A. Marazzi, a curadi, Appartenenze multiple. L’esperien-za dell’immigrazione nelle nuove gene-razioni, Franco Angeli, Milano 2006,pp. 85-104.

in cercadi futurodavide [email protected]

Meticcio segregati?

Appare abbastanza chiaro che i figli e le figliedei migranti condividono spesso con i lorocoetanei «autoctoni» molte affinità, soprattuttoper quanto riguarda le strategie di consumo,con particolare riferimento ai nuovi media.

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Per saperne di più

Bosisio R., Colombo E., Leo-nini L., Rebughini P., Stra-nieri & italiani Una ricercatra gli adolescenti figli di im-migrati nelle scuole superio-ri, Donzelli, Roma 2005

Frisina A., Giovani musul-mani d’Italia, Carocci, Ro-ma 2007

Queirolo Palmas L., Prove diseconde generazioni. Gio-vani di origine immigrata trascuole e spazi urbani, Fran-co Angeli, Milano 2006

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La costituzione dei CPIA(Centri Provinciali per

l’Istruzione degli Adulti) ve-drà l’avvio nell’anno scola-stico 2010-2011 con la con-fluenza in questi nuovi orga-nismi degli attuali CTP (Cen-tri Territoriali Permanenti) edei corsi serali. Saranno isti-tuti di secondo grado,avranno piena autonomiadidattica e amministrativa,saranno costituiti in rete esaranno a livello provinciale.A conclusione della riformasi dovrebbe creare un nume-ro massimo di 150 CPIA sututto il territorio nazionale.Per il nuovo anno scolastico,sulla base della programma-zione delle Regioni, sarannoattivati 49 CPIA: 5 in Cala-bria, 2 in Emilia Romagna,16 in Lazio, 6 in Liguria, 7 in

Lombardia, 12 in Piemonte,1 in Toscana. I CTP sono stati una presenzaimportante sul territorio, finoad ora offrivano la possibilitàdi conseguire la licenza di ter-za media a chi non l’aveva;negli ultimi anni sono diven-tati, oltre che per i cittadiniitaliani, un luogo istituziona-le importante per gli immi-grati di prima alfabetizzazio-ne. Con l’istituzione dei CPIAsi crea una frattura perché illoro assetto didattico è fina-

lizzato esclusivamente al per-seguimento del titolo di stu-dio di scuola secondaria diprimo e secondo grado oall’acquisizione delle certifi-cazioni relative alle compe-tenze previste per la conclu-sione dell’obbligo scolastico.Si potranno iscrivere ai CPIAgli adulti, anche immigrati,che non hanno assolto l’ob-bligo scolastico o che non so-no in possesso di titoli studiodi scuola secondaria superio-re, oppure coloro che hannocompiuto il sedicesimo annodi età e che non sono in pos-sesso di titolo di studio con-clusivo del primo ciclod’istruzione o che non hannoassolto all’obbligo scolastico. Questo passaggio da un si-stema di formazione degliadulti ad un altro è come alsolito fortemente condizio-nato dalla politica dei tagli al-l’istruzione, che si traduce inuna limitata offerta formati-va, impoverendo un settoregià debole e non favorendol’innalzamento dei livellid’apprendimento della po-polazione adulta. Con la co-stituzione dei CPIA a livelloprovinciale non si avrà più

una presenza capillare sulterritorio di un istituto di for-mazione e si renderà più dif-ficile l’accesso ad una fasciadi popolazione già debole eche difficilmente verrà infor-mata in modo adeguato.Non si favorirà l’inclusionesociale soprattutto per gliadulti immigrati, che nonavranno più la possibilità difrequentare i corsi per l’ac-quisizione delle capacità lin-guistiche fondamentali pervedere riconosciuti i diritti dicittadinanza. Non si potenzial’attività di recupero dei gio-vani che non hanno assoltoall’obbligo di istruzione. Sel’intenzione è quella d’indivi-duare un sistema che riescaad intercettare la richiesta diformazione, ci si rende contodi come questo sia debole; lesole attività di accoglienza edorientamento previste nonsono sufficienti per promuo-vere l’apprendimento degliadulti nel nostro paese. Nel regolamento dei CPIAnon si fa espresso riferimen-to ai corsi per la conoscenzadella lingua italiana destina-ta agli immigrati, fenomenoalquanto diffuso nel nostropaese, che richiederebbeuna maggiore attenzione inquesta fase di definizione diun sistema d’istruzione chesi prefigge l’inclusione dellapopolazione immigrata. A questo punto è assoluta-mente necessaria la defini-zione anche nel nostro pae-se di un sistema nazionale diapprendimento permanen-te, che risponda alle esigen-ze formative degli adulti chead oggi non trovano nessu-na risposta in questa nuovadefinizione d’istruzione pergli adulti né in altri sistemid’apprendimento. q

che aria tiraa scuolapatrizia [email protected]

Dai CTP ai CPIAovvero l’educazionedegli adulti

I CTP sono stati una presenza importantesul territorio, fino ad ora offrivanola possibilità di conseguire la licenza di terza media a chi non l’aveva.

marzo 2010 | cem mondialità | 13

È assolutamentenecessaria la definizione

anche nel nostro paese diun sistema nazionale di

apprendimentopermanente che risponda

alle esigenze formativedegli adulti

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«Era una casa molto carina,senza soffitto, senza cucina,non si poteva entrarci dentro,perché non c’era ilpavimento…ma era bella, bella davvero…»Sergio Endrigo

«Idocenti hanno il com-pito di educare, di in-

segnare ad apprendere, diaiutare ad aiutarsi, di pro-muovere la crescita delgruppo e del singolo, ricer-cando mediatori che per-mettano a ciascuno di rico-noscersi e imparare. Taleprospettiva riconduce a unnodo centrale: come costrui-re una comunità definendoregole di comportamento estili di apprendimento capa-ci di muoversi dal singolo algruppo e dal gruppo al sin-golo? Gli studi sulla resilien-za mettono in luce l’impor-tanza fondamentale del so-stegno del gruppo e di comela salute e l’apprendimentosi determinino in funzionedelle caratteristiche indivi-duali, della cultura e del-l’ambiente circostante e vi-ceversa»1 (Elena Malaguti).

Hanno tenuto presenti taliimpegnativi compiti le inse-gnanti delle classi quartedella scuola primaria di Ron-co Briantino, in provincia diMilano, quando, nell’annoscolastico 2008-2009 hannoelaborato, grazie anche al-l’aiuto di esperti esterni, ilprogetto «Tra ieri e oggi, tral’abitare e il comunicare»,

che prevedeva come focuscentrali della ricerca interdi-sciplinare l’abitare e il comu-nicare ieri ed oggi. Le attivitàprogrammate si proponeva-no di collegare in modo pro-ficuo l’indagine storico-an-tropologico-geografica conesperienze artistico-creative,ma soprattutto volevano of-frire agli alunni nuove chiavid’indagine e di riflessione. Ilprogetto rappresentava unasorta di viaggio nel tempo enello spazio alla scopertacomparativa di varie formedi scrittura e diverse tipolo-gie di abitazioni, mentre l’in-tervento degli esperti si con-figurava come approfondi-mento e sviluppo creativodelle tematiche affrontatenei diversi ambiti disciplinari.

Il percorso educativo avevanel learning by doing («im-parare facendo») la modalitàdi lavoro privilegiata: glialunni stessi, attraverso il fa-re, sarebbero così diventatisoggetti attivi nella costru-zione della loro conoscenza.

Quale valore ha l’abitare?

Costruire case e progettarecittà: quali significati hannoassunto nel corso dell’uma-nità le diverse forme del vi-vere privato e collettivo?Quale valore ha l’abitare?Cosa serve perché una casarappresenti qualcosa di piùdi una semplice «dimora incui proteggersi da eventi at-mosferici»? Quali gli ele-menti fondamentali per ren-derla e percepirla tale? E an-cora, cosa serve per fare diun luogo qualsiasi una cittàdove praticare il vivere col-lettivo? E cosa occorre per-ché una città sia vissuta co-me una «bella città»? Infine,quale comportamento at-tuare nei confronti di un luo-go in cui si abita e vive, ri-spetto ad un luogo in cuinon si abita?Per provare a rispondere aqueste domande, le maestrehanno proposto agli alunniun suggestivo percorso ludi-co-animativo e creativo, per-ché potessero approfondirecosa davvero definisce unluogo «casa», uno spaziopubblico «paese o città», ungruppo «comunità».L’esperienza che hanno volu-to far vivere ai ragazzi è stataforte: abitare in modo nuovola scuola stessa. Luogo topi-co della riflessione sull’abita-re è stato proprio l’edificioscolastico. Le docenti voleva-

Era una casamolto carina...

Il percorso educativo aveva nel «learning bydoing» («imparare facendo») la modalità di lavoro privilegiata: gli alunni stessi, attraverso il fare, sarebbero diventati soggetti attivi nellacostruzione della loro conoscenza.

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buone pratichedi resilienzaoriella stamerra - alessandra [email protected] - [email protected]

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no offrire ai loro allievi l’op-portunità di vivere la scuola,oltre che come contestodell’apprendere, anche comevero e proprio villaggio edu-cativo, tutto da esplorare,scoprire e godere anche oltrei tempi prefissati, le ore cano-niche di lezione, i momentiscolastici vissuti tra i banchi.Facendo così, esse hanno re-so la scuola, almeno per ungiorno e per una notte, unasorta di grande casa doveprovare a consumare insiemetutti i riti dell’abitare, com-presi il preparare da mangia-re, il lavarsi e il dormire (insie-me in palestra).Quelle due giornate specialidi maggio sono iniziate conla proiezione d’immagini dicase da tutto il mondo e so-no proseguite con le rifles-sioni sull’utilità di una casa esul suo rapporto con il luogoin cui è stata costruita. Suc-

cessivamente gli alunni, divi-si in piccoli gruppi, hannorealizzato, con materiali di-versi, le loro case. Nel giardi-no della scuola ogni gruppoha potuto scegliere l’occor-rente, ha steso un progetto,ha alzato i muri, ha realizza-to porte e finestre… Poihanno pensato all’arredo. Si

sono aperte discussioni ri-spetto a cosa è opportunoche ci sia o meno in una ca-sa. Le realizzazioni dei ra-gazzi hanno mostrato qualifossero per loro gli elementie gli spazi necessari: divani,letti, televisione, giardini, so-no risultati i luoghi preferiti,fotografie delle loro realtà;piscine e maxi schermi...quelli desiderati per realizza-re le fantasie più accese! Lacasa costruita è divenutaluogo desiderato, voluto e diconseguenza vissuto comeproprio e personale.Durante il pomeriggio ognigruppo ha organizzato inautonomia la vita all’internodella sua casa e ne ha apertole porte agli altri, affinchéamici e curiosi potessero visi-tarla. Al calar della sera, gui-dati dalle parole, dai gesti edalle proposte ludiche del-l’esperto, i bambini hannopotuto abitare il cielo sotto

le stelle attraverso racconti,mitologie e letture «astrono-miche»; abitare il buio attra-verso giochi e cacce al tesorodei sentimenti; abitare ilsuono attraverso la prepara-zione al sonno con musiche,canti e ninne nanne. Alcunigruppi, che erano riusciti arealizzare case sufficiente-mente grandi, le hanno uti-lizzate per dormirci, abitan-dole in modo completo.

Il villaggio educativo

Il giorno successivo, all’aper-to, è stato allestito il villag-gio educativo, che ha indot-to gli alunni a uscire dal con-cetto di casa come luogomeramente privato, per avvi-cinarsi all’idea di un luogopiù ampio in cui le case pos-sono entrare in relazione traloro. Gli abitanti di ciascunadimora hanno scelto i lorovicini di casa e hanno creatomodalità con le quali poterinterloquire tra loro: strade,passaggi, attraversamentipedonali. Si è passati così daun vivere privato che consi-dera la casa solo come luogointimo, in cui l’io è il centrodella dinamica e dei rappor-ti, ad un vivere la casa comeluogo collettivo, dentro cui,dovendo condividere spazi eambienti, risulta fondamen-tale darsi regole che sotten-dano la vita di tutti coloroche lo abitano.Così, nella scuola di RoncoBriantino si sono avute casemolto carine, senza soffitto esenza cucine, ma belle, belledavvero, perché tutti hannopotuto entrarci, case non più«mie» ma «nostre»! q

1 B. Cyrulnik, E. Malaguti, Costruire laresilienza, Erickson, Trento 2005.

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Le diverse forme del vivere privato e collettivo

Nella seconda parte dell’anno scolasticol’attenzione è stata rivolta a comprenderecome l’intervento antropico sul territorioabbia modificato l’ambiente naturale eabbia determinato diverse forme diabitare nel passato e nel presente. Glialunni, dopo aver realizzato ricerche sulleabitazioni nelle diverse epoche storiche,sono passati a riflettere su come sindall’antichità tutti i popoli sianointervenuti sulle strutture abitative conelementi di abbellimento non solo confunzione estetica, ma come veri e propristrumenti di comunicazione per narrare lapropria storia: dalle prime incisioni

rupestri agli affreschi delle piramidiegizie, dai mosaici romani e bizantini allevetrate gotiche…Verso la fine dell’anno si è indagato ilconcetto stesso di abitare, perché lariflessione ha riguardato proprio le case:«Domus e polis, ovvero l’abitaredall’antichità ad oggi». La casa è unluogo personale e intimo: d’incontro,scambio, gioco ed affetto; anche quando,malauguratamente, si presenta comeluogo di sofferenza, di tristezza,addirittura di fuga, la casa restacomunque un luogo privilegiato per lacrescita e la vita di ciascuno. Unbambino, però, generalmente non puòmodificare la sua casa, né tanto menopuò costruirsela; nello stesso tempo,tuttavia, il gioco spontaneo del «facciamola casetta» ha caratterizzato e continua acaratterizzare il percorso di crescita dimolti bambini.

Le maestrehanno proposto

agli alunni unsuggestivo

percorso ludico-animativo e

creativo, perchépotessero

approfondirecosa davverodefinisce un

luogo «casa», unospazio pubblico«paese o città»,

un gruppo«comunità»

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Segnali da tutto il mondoci indicano la crescita del

movimento di maestre emamme per una pedagogiaslow («lenta»). Sono più chesicuro: nell’arco di qualcheanno nascerà un movimentointernazionale di mammeche chiederanno a gran voceper i loro figli una «scuola piùlenta», un’educazione che ri-spetti i tempi dell’infanzia.Ricevo settimanalmente maildi maestre e mamme cheraccontano le loro esperien-ze, le loro preoccupazioni, laloro gioia nell’inseguire i rit-mi della lumaca.

Mamme preoccupate

Mi scrive «una mamma pre-occupata»: «La sua maestradi matematica mi dice co-sì...: “suo figlio è lento, èuna lentezza mentale...”.Non so come affrontarequesto problema, ho porta-to mio figlio dallo psicologoe mi ha detto che il bimbo ènormale. Scusatemi per losfogo, ma leggendo su inter-net l’elogio della lentezza ho

lasciato questo messaggio.Se potete indicarmi il modoper aiutarlo… è un bimbointelligente, ama la natura egli animali, non interagiscemolto con gli altri in classeperché spesso è distratto oforse vaga con la mente. Seripreso con durezza fa le co-se bene, però fa fatica per-ché si perde nelle sue fanta-sie. Non so come spiegarlo,vorrei solo che avesse mododi esprimersi anche nellostudio» . Prosegue la mam-ma: «Che cosa mi può direriguardo al metodo con cuimio figlio viene istruito? Hochiesto alla maestra perchéal bambino è stata tolta laverifica senza averla potutaterminare e lei mi ha detto

che era finito il tempo di 20minuti. Mio figlio fa la se-conda elementare ed è an-che anticipatario. Le ho chie-sto se può evitare di mortifi-care il bambino sottoponen-dolo a verifiche che prevedo-no un tempo a scadenza...».

«A pedagogia dos caracois»

Voglio conoscere Rubem Al-ves, con cui condivido lascrittura sulle pagine di CEMMondialità e che mai avevoincontrato. Mi reco a casasua, a circa cento chilometrida San Paolo del Brasile. Gliporto un po’ di mie pubbli-cazione e lui mi fa dono del-

le sue. Scopriamo in quelmomento che anche lui haappena pubblicato (fresco dipoche settimane) un libro,ovviamente in portoghese,con lo stesso titolo del mio:A pedagoia dos caracois. Siera ispirato al titolo dell’arti-colo uscito su CEM nel 2003con cui, per la prima volta,ho affrontato il problema.Intanto, in Spagna, Joan Do-mènech Francesc (che invecedevo ancora conoscere) hapubblicato un libro dal titoloElogio de la educación lenta.Le idee, le sensibilità viag-giano al di là delle distanze:è un lento movimento peruna scuola e un’educazionelenta. q

per chi suonala campanella?gianfranco [email protected]

Mammeper la lentezza

Sono più che sicuro: nell’arco di qualche annonascerà un movimento internazionale di mammeche chiederanno a gran voce per i loro figli una«scuola più lenta», un’educazione che rispetti i tempi dell’infanzia.

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Mamme «slow»

Un’altra mamma mi scrive e parla del miolibro La pedagogia della lumaca: «Ne hoacquistate quattro copie, una per me, le altrele ho regalate a tre mamme con cui mi piaceconfrontarmi... Ieri ho letto il capitolosull’uso/abuso di fotocopie... diciamo che misto proprio gustando questa passeggiata. Illibro è arrivato al momento giusto. Per certiversi trovo riscontri a bisogni che sentivo, peraltri versi mi sto ripensando. Pensocomunque, e questo mio pensiero èl’oggetto del “contendere” con le altremamme, che per “cambiare il mondo”bisogna prima di tutto tendere noi al“diverso”, alla bellezza, al riappropriarci dellanostra essenzialità. Altrimenti finiamo pervivere una vita non nostra, con ritmi nonnostri, inseguendo miraggi abilmenteprecostituiti da altri. Le altre mamme se daun lato riconoscono la bellezza di una vita dalumaca, dall’altro ritengono fondamentale“adeguarsi” alle richieste della nostra societàper non finire come “a-sociali” e dunqueemarginati. Ho due bambini, di 10 e 7 anni,insieme a loro ho scoperto e sto scoprendo ilsenso di una vita che mi scivolava addosso eche adesso invece vivo. Lentamente».

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La felicità nella società del rischio L’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza?

8GIUGNO-LUGLIO 2009

PERCHÉ

LARESILIENZA?

AGOSTO SETTEMBRE 2009

NONOGNI

COSA È COME I CESARO

NI

OTTOBRE 2009

ASCUO

LADI INTEGRAZIONE

NOVEMBRE 2009

LACIT

TÀ METICCIA

DICEMBRE 2010

LE«BANLIEU

S»,LA PERIFERIA

ALCEN

TRO

febbraio 2010

GOM

ORRA,

VIVERE NELLAMETASTASI

FEBBRAIO 2010

ESSERE

FELICI A KOROGOCHO

MARZO 2010

LA

MPEDUSA, APPRO

DARE ALL’INFERNO

APRILE 2010

SO

WETO,NELLA

VE

RITÀ SENZA LA VENDETTA

MAGGIO 2010

BARBIANA, E

DUCARE ALLA RESILIEN

ZA

LAMPEDUSAAPPRODARE

ALL’INFERNO

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Iflussi che attraversano il Mediterraneo sono au-mentati di pari passo con la chiusura delle fron-tiere degli Stati europei attraverso l’instaurazio-

ne di un regime di visti d’ingresso particolarmenterestrittivo verso i paesi esterni. Quelle che si avven-turano in mare sono imbarcazioni di fortuna, spes-so vecchi pescherecci, barche in vetroresina o gom-moni di tipo Zodiac, dirette verso le coste spagnole,italiane e greche. Si tratta, mediamente in un anno,di non più di 60 mila persone coinvolte e, secondol’Unhcr1, i flussi sono misti, composti cioè di mi-granti economici e di rifugiati politici.Per la sua posizione geografica, l’Italia rappresentadunque uno dei punti d’ingresso in Europa per lamigrazione africana. In particolare, le coste trapa-nesi e lampedusane hanno conosciuto prima glisbarchi di tunisini, e poi di cittadini del Nord Africae di tutta l’Africa sub-sahariana che raggiungevanola Tunisia per partire alla volta di Lampedusa. Aquesti si sono uniti anche cittadini dell’Asia che fa-cendo scalo aereo a Malta s’imbarcavano clandesti-

namente su vecchi natanti che li accompagnavanosulle coste della Sicilia orientale. La situazione ècambiata a partire dal 1998: il 6 agosto viene firma-to uno Scambio di note tra l’Italia e la Tunisia con-cernente l’ingresso e la riammissione delle personein posizione irregolare. Alla Tunisia vengono invia-

La felicità nella società del rischioL’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza?

18 | cem mondialità | marzo 2010

LAMPEDUSAAPPRODARE

ALL’INFERNO

L’isola di Lampedusa è la più estesadell’arcipelago delle Pelagie nel marMediterraneo e rappresenta il puntopiù meridionale dello Stato italiano.Geologicamente appartenenteall’Africa, è, come Pantelleria, piùvicina alle coste tunisine che a quelledell’Italia: dista infatti solamente 113

km dalle prime contro i 205 km dallaSicilia (Porto Empedocle). A partire dalla fine degli anni Novanta,Lampedusa è diventata una delleprincipali mete delle rotte dei migrantiafricani nel Mediterraneo: la portadell’Europa.

di Oliviero Forti

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mato il 29 dicembre 2007 dal governo Prodi, preve-deva l’avvio di pattugliamenti italo-libici da effet-tuarsi in acque libiche; mentre l’ultimo patto, su cuitorneremo più avanti, è stato firmato il 30 agostodel 2008, a Bengasi, tra Berlusconi e Gheddafi econsiste in un «Trattato di amicizia, di partenariatoe cooperazione» tra i due paesi, che prevede la «col-laborazione nella lotta al terrorismo, alla criminali-tà organizzata, al traffico di stupefacenti, all’immi-grazione clandestina». Questo accordo è stato quel-lo che ha determinato un cambiamento netto del-l’Italia nei confronti della politica del soccorso del-l’accoglimento e delle persone giunte via mare, conriflessi molto gravi anche riguardo la protezionedei potenziali richiedenti asilo.

I CENTRI PER IMMIGRATI TRA ACCOGLIENZAE TRATTENIMENTO COATTO2

Il centro attivo a Lampedusa, negli anni e fino adoggi, ha cambiato molte volte la sua destinazione.La sua attivazione risale al 1998, all’indomani del-l’approvazione della legge n. 40/98 (c.d. legge Tur-co-Napolitano), che rappresenta il primo interventoorganico in materia d’immigrazione.Nel luglio del 1998, dunque, viene istituito nell’iso-la un Centro di permanenza temporanea ed assi-stenza (CPTA), con l’ulteriore funzione di «centro diprimo soccorso e smistamento» dei migranti chesbarcavano sull’isola. Il trattenimento presso lastruttura aveva quindi l’obiettivo di combinare leesigenze di ordine pubblico con quelle di caratterepiù strettamente umanitario, nel senso di garantirel’assistenza sanitaria provvedendo, al contempo,all’identificazione dei migranti prima del trasferi-mento in altre strutture del territorio nazionale. Inquesto senso si può affermare che la destinazioneoriginaria del centro di Lampedusa si collocasse ametà strada tra i «Centri di accoglienza» (CDA) e i«Centri di permanenza temporanea ed assistenza»(CPTA), mutuando la sua disciplina da quella previ-sta per entrambi.Per chiarire meglio la natura giuridica di entrambele tipologie, ricordiamo che i «Centri di accoglien-za» sono stati introdotti nel nostro ordinamento pergestire l’emergenza degli sbarchi in Puglia da partedei cittadini albanesi, nei primi anni Novanta. Undecreto legge, poi convertito nella l. n. 563/95, au-torizzava a tal fine «l’istituzione, a cura del Ministe-ro dell’Interno, […] di tre centri dislocati lungo lafrontiera marittima delle coste pugliesi per le esi-genze di prima assistenza» in favore degli stranieriprivi di qualsiasi mezzo di sostentamento e in atte-sa d’identificazione o espulsione. La loro finalità era

lampedusa. approdare all’inferno 8

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Le stragi sulle rotte dell’immigrazione

Decine di migliaia di migranti e rifugiati politici hanno persola vita tentando di raggiungere clandestinamente l’Unioneeuropea negli ultimi vent’anni, vittime soprattutto deinaufragi nel Mediterraneo e dei viaggi nel deserto del Sahara.Secondo i dati elaborati dall’osservatorio Fortress Europe, ebasati sulle notizie documentate dalla stampa internazionaledal 1988 ad oggi, le vittime sulle rotte dell’immigrazioneverso l’Ue sarebbero 14.921 e i dispersi 6.469. In particolare,secondo la stessa fonte, nel Mar Mediterraneo e nell’OceanoAtlantico verso le Canarie sarebbero annegate 8.830 persone,le cui salme sono state recuperate solo nella metà dei casi(4.648). Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l’Egitto, la Tunisia,Malta e l’Italia le vittime sarebbero 2.887, tra cui 1.830dispersi. Si tratta peraltro di dati approssimati per difetto, inquanto non tutti i naufragi sono riportati sulla stampa,specialmente

Per la sua posizione geografica, l’Italiarappresenta uno dei punti d’ingresso in Europaper la migrazione africana.Le coste trapanesi e

lampedusane hanno conosciuto prima gli sbarchidi tunisini, e poi di cittadini del Nord Africa e di

tutta l’Africa sub-sahariana che raggiungevano laTunisia per partire alla volta di Lampedusa

ti supporti tecnici ed operativi e un fondo di 15 mi-liardi di lire per tre anni; inoltre 500 milioni di liresono dedicati alla realizzazione in Tunisia di centridi permanenza. Ma il giro di vite anti-emigrazione applicato dal go-verno tunisino non fa che spostare più a sud le par-tenze: l’ultimo paese di transito per arrivare in Ita-lia diviene la Libia, da cui hanno cominciato a con-centrarsi le partenze, lungo le coste tra Zuwarah eTripoli.Il governo italiano negli anni successivi ha dunquecercato di siglare diversi accordi con la Libia. Il pri-mo nel 2003, firmato dal governo Berlusconi, pre-vedeva l’invio in Libia di mezzi per il pattugliamen-to e fondi per la costruzione di due campi di deten-zione a Kufrah e Gharyan. Un secondo accordo, fir-

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Per unateologiainterreligiosadelpellegrinaggio

di Marco Dal Corso

IL CAMMINARE EBRAICO

Fin dalle prime pagine dellaGenesi, nell’episodio della

cacciata dal giardino dell’Eden,l’essere umano appare in ricerca,emigrante e immigrato, pellegrinoinquieto di un luogo sulla terradove vivere. Il cammino di Adamoed Eva è segnato dalla domandaposta da Dio: «Dove sei?», «Dovevuoi andare?». Le stesse domandedei padri riflettono, secondo unalettura rabbinica, diversi modid’interpretare il cammino: Abramocammina, Isacco siede e Giacobbeindica il cammino ai propri figli.Rimane fondamentale, in ognicaso, recuperare il percorso delprotagonista delle pagine dellaGenesi: l’intera storia di Abramo,infatti, è contrassegnata da unabbandono e da un approdo. Enon si abbandona solo Ur perapprodare a Canaan, ma anche leproprie certezze in vista di unsignificato sempre oltre esse:«Prendi il tuo figlio, il tuo unicofiglio che ami e va nel territorio diMòria e offrilo in olocausto» (Gen.22, 2). Il cammino apre sempre anuovi significati. Altro protagonistadelle vicende ebraiche è Mosè,

invitato da Dio, come racconta illibro dell’Esodo: «Vieni dal faraone»(Es. 10,1). Quello intrapreso daMosè è un cammino di liberazioneverso la terra della libertà. La libertàè una conquista, sempre in bilicocome testimoniano le paure degliebrei nel deserto, che si offre aicamminatori. Chi si ferma nontrova.

IL CAMMINO CRISTIANO

Gesù, quello raccontatoparticolarmente nel Vangelo diMarco, è un camminatore, descritto,anche dalla critica biblica moderna,come un predicatore itinerante. E setale è il maestro, il ruolo deidiscepoli è quello di seguire. Lasequela è lo stile della fede delleprime comunità. Le quali sanno chefede non è tanto comprendere,quanto camminare, seguire.

Soprattutto perché nella vita di fedenon si arriva mai, si è sempre incammino. In realtà il senso ultimodella vita è proprio quello delcammino. Come lo deve essere lamissione cristiana: non un camminodi conquista, di accaparramento, diproselitismo, come spesso è statointerpretato nella storia, quanto unandare agli uomini superando ledistanze e creando un incontro afaccia a faccia. La missione è andareverso. E pronunciare la parola che facamminare: «Alzati e cammina» (Mc2,11) e talità kum Mc 5, 41-42).

IL CAMMINO ISLAMICO

Come sappiamo, il pellegrinaggio ohajj (letteralmente: muoversi versoun obiettivo) è uno dei pilastridell’islam e, nella teologia islamica,esso vuole riassumere in manierarituale e simbolica i significati dellavita del credente di «passaggio» suquesta terra. Il primo dei significatiche il pellegrinaggio alla Meccavuole richiamare è la centralità diDio. Egli, infatti, chiama i pellegrinie tutto ruota attorno a Lui (questoil rimando simbolico del ritoconosciuto come tawwaf, cheprevede sette giri in sensoantiorario attorno alla Ka’ba). Ilpellegrinaggio, poi, ricorda alfedele la provvisorietà della vitaterrena e dei suoi beni. Si partelasciando tutto ciò che sostiene lavita quotidiana: casa, affetti, lavoroe si deve mostrare, in modalitàdiversa gli uomini dalle donne, ildistacco dal corpo. Infine, il lanciodelle pietra alle steli che si compieall’interno del pellegrinaggioricorda al pellegrino la necessitàdella lotta contro il male, comefece Agar, che abbandonata neldeserto, lottò fino a trovare l’acquache Dio, come racconta latradizione islamica, fece sgorgareda una fonte.

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dunque quella di garantire un primo soccorso aicittadini stranieri che arrivano irregolarmente sulterritorio italiano, per il periodo di tempo necessa-rio all’adozione di un provvedimento di autorizza-zione alla permanenza sul territorio ovvero di allon-tanamento (non era tuttavia previsto alcun limitetemporale per l’emanazione di tali atti, né un inter-vento di convalida da parte dell’autorità giudiziariaper quella che si sostanzia, comunque, come unamisura limitativa della libertà personale).I «Centri di permanenza temporanea ed assistenza»(CPTA) sono stati invece istituiti dall’art. 12 dellapredetta legge n. 40/98 e successivamente modifi-cati nella loro denominazione dalla l. 125/08, percui ora sono divenuti «Centri di identificazione ed

espulsione» (CIE). In queste strutture sono tratte-nuti i migranti e i richiedenti asilo destinatari di unprovvedimento di respingimento alla frontiera o diespulsione non immediatamente eseguibile per unaserie di ragioni (per procedere al soccorso dellostraniero, per la necessità di compiere accertamentisupplementari in ordine alla sua identità o naziona-lità, ovvero all’acquisizione di documenti per ilviaggio o per l’indisponibilità di vettore o altro mez-zo di trasporto idoneo). La durata del trattenimentoè stata oggetto di diversi interventi normativi, l’ul-timo dei quali (l. 94/09) l’ha elevato fino ad un mas-simo di 180 giorni, previa convalida da parte del-l’autorità giudiziaria. Vi sono poi i «Centri di accoglienza per richiedentiasilo» (CARA), un’ulteriore tipologia di centro rivol-to unicamente all’ospitalità degli immigrati che ab-biano fatto istanza per ottenere la protezione inter-nazionale, in attesa che venga esaminata la loroistanza dalla competente commissione territorialeper il riconoscimento dello status richiesto. Si trattadi centri istituiti a seguito della riforma del dirittodi asilo, realizzata attraverso i cosiddetti decreti«qualifiche» (n. 251/07) e «procedure» (d.lgs. n.25/08). I CARA hanno quindi sostituito i centrid’identificazione (CID), creati dalla legge Bossi-Fini

(l. n. 189/2002) per trattenere i richiedenti asiloquando si riteneva necessario verificare la loro iden-tità o nazionalità. Con la successiva riforma operatadal d. lsg. n. 159/08, tuttavia, sono stati esclusidall’accoglienza nei CARA e invece destinati ai CIE irichiedenti asilo che abbiano eluso i controlli difrontiera, o siano stati fermati in condizioni di sog-giorno irregolare, o abbiano presentato la domandadi asilo dopo l’espulsione o il respingimento. Nonostante le differenti tipologie, i centri per immi-grati sono accomunati da alcuni tratti caratterizzan-ti: il fatto che siano allestiti all’interno di struttureeterogenee, spesso riadattando allo scopo edificipre-esistenti ma con destinazione diversa da quelladell’accoglienza prolungata di persone; la circostan-

za che la loro individuazione e istituzione sia avve-nuta spesso con ordinanze d’emergenza, in derogaad una serie di disposizioni tra cui alcune in materiadi appalti di lavori e servizi pubblici; la stratificazio-ne delle fonti normative, spesso frammentarie e di-sorganiche, che tratteggiano la loro disciplina. Verso la fine del 2006, il ministro dell’interno Ama-to istituì una commissione, affidata all’ambasciato-re De Mistura, con l’incarico di «procedere anche at-traverso appositi sopralluoghi, ad un’indagine co-noscitiva sulle condizioni di sicurezza e di situazio-ne della vivibilità di tutte le strutture destinate altrattenimento temporaneo ed all’assistenza degliimmigrati irregolari, nonché all’ospitalità dei ri-chiedenti asilo, tenute ad assicurare la tutela delladignità della persona e il rispetto dei diritti fonda-mentali». La prima tornata di visite riguardò pro-prio il Centro di Accoglienza di Lampedusa ed iCentri di Identificazione e di Permanenza Tempora-nea di Crotone, vista la loro caratteristica di fron-tiere di primo impatto per gli immigrati.Gli esiti dell’indagine, basati sulle visite in 14CPTA, 4 CID e 4 CPA furono divulgati all’inizio del2007 e suggerivano che i CPTA gradualmente sisvuotassero delle seguenti categorie di persone: exdetenuti (da identificare ed espellere direttamente

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I «Centri diaccoglienza» sonostati introdotti nel

nostro ordinamentoper gestire

l’emergenza deglisbarchi in Puglia da

parte dei cittadinialbanesi, nei primi

anni Novanta

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dal carcere), potenziali vittime di tratta e di gravesfruttamento nel lavoro che dovrebbero essereorientati verso la protezione sociale con rilascio diun permesso di soggiorno temporaneo, cittadininon comunitari irregolari «di ritorno» (c.d. oversta-yers), ai quali eventualmente rilasciare un permes-so di soggiorno per ricerca di lavoro, o qualora que-sto non sia possibile, proporre un programma dirimpatrio concordato ed assistito; cittadini non co-munitari, entrati irregolarmente nel territorio, checollaborano per la loro identificazione e aderisconoal programma di rimpatrio concordato. Inoltre, con riferimento alle altre tipologie di centrigovernativi, la commissione ha suggerito il raffor-zamento dei CPA per l’accoglienza e il soccorso

d’immigrati che entrano irregolarmente nel territo-rio prevedendo una permanenza breve e stretta-mente limitata alla definizione delle posizioni giuri-diche individuali. I CPA, a questo scopo, dovrebberoessere muniti di sufficiente personale, anche non-istituzionale, per l’informazione capillare e l’orien-tamento individuale delle persone accolte.La commissione ha consigliato il superamento diun approccio prevalentemente repressivo e puniti-vo nella gestione dei Centri, caldeggiando l’indivi-duazione di un sistema in grado di conciliare il le-gittimo interesse dello Stato a controllare le propriefrontiere, a far rispettare la legge e difendere la si-curezza e l’ordine pubblico, con le aspirazioni dellapersona straniera a realizzare un proprio possibileprogetto di vita nell’ambito del rispetto delle leggi.I suggerimenti contenuti nel rapporto della com-missione hanno scontato, nella fase della loro imple-mentazione, il cambiamento di compagine governa-tiva realizzatosi nel 2008, che ha invece determina-to, come vedremo, una stretta significativa nei con-fronti della gestione del fenomeno migratorio, conriflessi negativi anche nei confronti di chi affrontala traversata in mare per raggiungere l’Italia.Da un punto di vista più strettamente gestionale, vatuttavia segnalato come i nuovi capitolati per la ge-stione delle diverse tipologie di centri predispostidal ministero dell’interno e approvati nel 2008, ab-biano tentato una razionalizzazione delle risorse euna maggiore attenzione al raggiungimento di piùelevati standard qualitativi nei servizi offerti, ponen-do maggiore attenzione a quelli rivolti alla persona.

La felicità nella società del rischioL’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza?

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Oliviero FortiOliviero Forti, responsabile

dell’Ufficio immigrazione dellaCaritas Italiana, è attivo sui temi

della mobilità umana da oltre undecennio in qualità di ricercatore,

collaborando con diverseuniversità e centri di ricerca. A

livello europeo ha diretto alcuniprogetti inerenti il tema

dell’immigrazione. Al suo attivoha decine di articoli e ha curato

alcune pubblicazioni tra cui ilDossier Statistico Immigrazione.

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La sfida della cittadinanza rappresenta

un’opportunità di cambiamento, trasformazione

e protagonismo affinché le nuove generazioni

possano diventare artefici del proprio destino.

Bambini e giovani potranno imparare che la vera

trasformazione inizia sempre da se stessi, poiché

soltanto chi è già «nuovo» nella mente e nel

cuore sarà capace di innovare anche le

istituzioni.

1. PER UN EXCURSUS STORICO SULLA CITTADINANZA

A scuola non si deve mai dare per scontato chesulla cittadinanza sia già stato detto tutto. Biso-gna guidare gli studenti a problematizzare il defi-cit strutturale della cittadinanza perché essa pos-sa essere portata a compimento. Non astratta-mente, ma sollecitando una nuova legge sulla cit-tadinanza nel nostro paese.Come è infatti ampiamente dimostrato dalla sto-ria, la cittadinanza è per definizione accesso alla

sfera dei diritti e dei doveri, fattore di integrazio-ne, promozione sociale e partecipazione attiva al-la vita della polis. Ripercorrendo la trama della cit-tadinanza - non solo in Grecia, a Roma e nel Me-dioevo, ma sopratutto nell’epoca moderna - èpossibile coglierne i molteplici intrecci con la na-scita degli Stati nazionali, della democrazia e delwelfare. È compito degli insegnanti far scoprire ai

CITTADINANZA E COSTITUZIONE 2009-2010

1. Giugno-Luglio 2009Cittadinanza e Costituzione: una vita italiana per l’intercultura2. Agosto-Settembre 2009Il rilancio di una proposta che viene da lontano3. Ottobre 2009Competenze-chiave di cittadinanza4. Novembre 2009Scuola dell’infanzia: nuclei tematici e obiettivi di apprendimento5. Dicembre 2009Scuola primaria: nuclei tematici e obiettivi di apprendimento6. gennaio 2010Scuola secondaria di I grado: nuclei tematici e obiettivi di apprendimento7. febbraio 2010Scuola secondaria di II grado: nuclei tematici e obiettivi di apprendimento8. Marzo 2010La sfida della cittadinanza come paradigma incompiuto9. Aprile 2010Educare alla cittadinanza secondo Costituzione in contesti multiculturali10. Maggio 2010Dalla valutazione della condotta alla valutazione del comportamento

a cura di ANTONIO NANNI - ANTONELLA FUCECCHI

8. LA SFIDA DELLA CITTADINANZACOME PARADIGMA INCOMPIUTO

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ragazzi come la concezione della cittadinanza e lacultura dei diritti umani abbiano conosciuto unalunga e non disgiunta evoluzione. Dapprima i dirit-ti civili, poi i diritti politici, infine i diritti sociali. Ne-gli ultimi decenni del Novecento si è inoltre inizia-to a parlare dei diritti di quarta generazione riguar-danti l’ambiente, la pace, lo sviluppo e i beni co-muni.Oggi siamo in grado d’identificare con precisionei principali elementi di criticità che hanno impedi-to, e ancora impediscono, il coerente compimen-to della cittadinanza secondo una dinamica di in-clusione e di universalità. Questi fattori di criticitàsi chiamano: territorio, ethnos, differenza di gene-re e di generazione, pluralità dei simboli culturali ereligiosi.Per ridefinire e allargare la cittadinanza occorredunque aprire il suo perimetro a più ampi orizzontipost-nazionali, globali e inter-culturali, nella con-sapevolezza che il suo compimento viene a coin-cidere con le finalità stesse di una democraziacompiuta e di un welfare universale e personaliz-zato. La nuova cittadinanza glocale deve esserelegata non più al sangue o al territorio, ma allapersona in quanto tale e ai suoi diritti inalienabili.

2. DALLA FRATTURA TRA «ETHNOS» E «DEMOS» ALLA NUOVA CITTADINANZA

Oggi gli immigrati che vivono nel nostro paesesono oltre 4 milioni e mezzo, il 7,2% della popola-zione. Percentuale destinata a crescere ancoranei prossimi anni. Essi parlano un centinaio di lin-gue diverse e appartengono a 190 etnie. Ebbene,fino a quando la nostra democrazia potrà permet-tersi di escludere dai processi decisionali che ri-guardano tutti, italiani e non, questa parte consi-stente di popolazione residente sul territorio na-zionale senza compromettere la coesione socialee la tenuta democratica del paese? Sta qui il nu-cleo centrale della nuova cittadinanza.Il legame tra demos ed ethnos, che fino a ieri ap-pariva indissolubile, oggi, nel tempo della globa-lizzazione, della mobilità umana e della società inrete, non si configura più come in passato. Il citta-dino di un determinato paese vuole sentirsi legit-timamente un libero cittadino del mondo e lo stra-

niero che da lontano è venuto a vivere da noi chie-de a buon diritto un adeguato status di cittadinan-za. Il problema è diventato allora il seguente: co-me universalizzare la cittadinanza del demossganciandola dal più angusto spazio nazionaledell’ethnos, proiettandola in avanti verso uno sce-nario globale, transnazionale e cosmopolita?Quando diciamo che il popolo italiano si è datouna Costituzione democratica e repubblicana, ri-

conosciamo che il significato di «popolo» non siriduce più all’ethnos ma si è aperto all’universali-smo del demos e in questo senso ha posto le pre-messe di una più estesa cittadinanza italiana cheoggi può diventare finalmente realtà.È noto che, anche grazie alla spinta delle Acli e,soprattutto, del Presidente della Camera, Gian-franco Fini, si discuterà prossimamente in Parla-mento una proposta di legge bipartisan sulla citta-dinanza di cui primi firmatari sono Andrea Sarubbidel Pd e Paolo Granata del Pdl. Poi ne è stata pre-sentata ancora un’altra che assorbe la prima, maciò che più conta sarà l’esito del dibattito parla-mentare.Può risultare d’aiuto al nostro paese guardare aquanto è stato fatto in ambito europeo in meritoalla nuova cittadinanza. Scelte coraggiose sianogià state compiute da vari paesi europei (Dani-marca, Svezia, Finlandia e Olanda) che hanno de-ciso di estendere agli stranieri il diritto di voto inoccasione delle elezioni amministrative. Nellastessa logica culturale si è mossa anche la Ger-

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mania - la cui precedente normativa era molto si-mile a quella italiana - che nel 1999 ha cambiato lasua legge sulla cittadinanza, rendendola accessi-bile agli immigrati di seconda generazione. Anchein Italia si avverte da tempo la necessità di rivede-re la legge n. 91 sulla cittadinanza che risale al 5febbraio 1992. L’obiettivo da raggiungere è che il minore nato inItalia da una famiglia immigrata stabile acquisiscagli stessi diritti dei coetanei. Si tratta di passaredall’attuale principio dello jus sanguinis (diritto delsangue) al principio dello jus soli (diritto del terri-torio) e dello jus domicilii (diritto di residenza).Si aprono qui le condizioni per svolgere un compi-to quanto mai attuale, incentrato sul patto di citta-dinanza nazionale come luogo da cui partire perrendere la cittadinanza più globale.È importante che i ragazzi si convincano che unacittadinanza incompiuta e inefficace finisce percorrodere la coesione sociale. Nasce di qui l’ur-genza di «rifondare la cittadinanza» perché ognipersona sia in grado di affrontare i fermenti di no-

vità che toccano la sua vita, la sua famiglia, la suacomunità.

3. IL DIRITTO AL SIMBOLO E LA CITTADINANZA SIMBOLICA

Nel nostro tempo accade piuttosto spesso chesegni e immagini, simboli e icone, producano in-quietudine, disagio e conflittualità. Il simbolo èuna presenza scomoda che non lascia indifferentii cittadini e sollecita reazioni. Appartengono tuttavia alla sfera simbolica nonsoltanto i simboli delle religioni ma anche quellisquisitamente laici dell’alimentazione (si pensi allacucina halal e alla cucina kasher o anche ai locali diKebab nelle città italiane), dell’abbigliamento (veli,turbanti, kippà. kefià, sari, tuniche...), del calenda-rio (feste e ricorrenze) e delle usanze familiari.Nell’odierna società dei flussi migratori e dellamobilità umana il simbolo viene dunque a rappre-sentare un importante vestito antropologico chefa sentire a casa chi si trova a vivere da migrantein terra straniera.Ne consegue che è certamente essenziale assi-curare diritti sociali come il lavoro, la casa, l’istru-zione, la sanità e perfino il voto politico, ma nonmeno importante è riconoscere i simboli culturalie religiosi garantendo a tutti i cittadini la libertà dimangiare, vestire, pregare, fare festa secondo leproprie usanze e tradizioni. Alcuni segnali in questa direzione sono stati giàdati anche nel nostro paese. Ad esempio il 23aprile 2007 è stata resa pubblica dall’allora mini-stro dell’interno, Giuliano Amato, una «Carta deivalori, della cittadinanza e dell’integrazione» dovetra l’altro si dichiara: «È pienamente garantita la li-bertà di culto, e ciascuno può adempiere alle pre-scrizioni religiose purché non contrastino con lenorme penali e con i diritti degli altri (n. 23). Muo-vendo dalla propria tradizione religiosa e cultura-le, l’Italia rispetta i simboli, e i segni, di tutte le re-ligioni. Nessuno può ritenersi offeso dai segni edai simboli di religioni diverse dalla sua: comestabilito dalle Carte internazionali, è giusto educa-re i giovani a rispettare le convinzioni religiose de-gli altri, senza vedere in esse fattori di divisionedegli essere umani (n. 25). In Italia non si pongono

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restrizioni all’abbigliamento della persona, purchéliberamente scelto, e non lesivo della sua dignità.Non sono accettabili forme di vestiario che copro-no il volto perché ciò impedisce il riconoscimentodella persona e la ostacola nell’entrare in rapportocon gli altri (n. 26)».

Ma sarebbe piuttosto sterile il principio della citta-dinanza simbolica se non servisse ad aprire lastrada alla com-presenza dei simboli e all’integra-zione interculturale.

4. VERSO UNA CITTADINANZA INTERCULTURALE E GLOCALE

Viviamo oggi in società «glocali» sempre più plura-li ed eterogenee in cui coabitano diverse identità,culture e religioni. La diversità culturale è una ric-chezza ma allo stesso tempo una sfida educativa,sociale e politica, e riguarda il modello d’integra-zione e di coesione sociale che si vuole costruire.Solo una cittadinanza interculturale può essere pie-namente democratica dal momento che l’orizzontedel demos non è più riconducibile al più circoscrit-to l’orizzonte dell’ethnos, come emerge ad esem-pio nelle opere di Ulrich Beck e di Benjamin Barber,

di Jürgen Habermas e di Seyla Benhabib. Bisognaperò riconoscere che la cittadinanza glocale e in-terculturale non esiste, è un’espressione che staad indicare un’esigenza e una prospettiva che ri-chiede inclusione e multidimensionalità. È una cit-tadinanza all’altezza del mondo globale e delle sfi-de planetarie di oggi ed esprime una posizione cri-tica verso quelle concezioni che mettono al primoposto il principio dello Stato nazionale, la visione«westfaliana» della politica internazionale, gli inte-ressi dell’individuo come avviene nel liberalismo.Come si evince dall’espressione stessa, la cittadi-nanza interculturale e glocale propone di coniuga-re insieme le ragioni del cittadino e le ragioni del-l’interculturalità, in contrasto con ogni visione ri-duttivamente etnocentrica.

5. CYBERSPAZIO, CYBERCULTURA, CYBERDEMOCRAZIA. È TEMPO DEL CYBER-CITTADINO?

Pensando al futuro dobbiamo chiederci anche do-ve stiano andando la società e la democrazia. Oggisi discute di cyberspazio, cybercultura, cyberde-mocrazia nel contesto dell’attuale società in rete.Scrive a tal proposito Derrick De Kerkhove: «In findei conti, la cyberdemocrazia, allo stesso mododella vecchia democrazia alfabetica dei Greci, deiRomani o degli Stati-nazione europei, si basa sullapartizione delle responsabilità tra Stato e cittadini.Eppure il cybercittadino non è più definito solotramite l’appartenenza fissa a uno specifico Stato,ma è diventato globale per definizione. La logicainvita a considerare la nozione di governo globale,che è spesso rievocata non solo in cyberdemo-crazia di Lévy, ma altresì in molte riflessioni sul fu-turo dei poteri e della responsabilità dello Stato.Tale nozione appare contraria allo spirito stessodelle reti.Talvolta le battaglie contemporanee delmovimento no global sono mal orientate (vale adire contro gli interessi reali di molte comunità lo-cali), ma al tempo stesso certificano la vitalità del-la cyberdemocrazia in quanto traggono il loro po-tere di organizzazione dalle reti [...]. Il quesito chesi presenta alla filosofia politica è ancora una voltaquello che si propose a Platone: qual è la respon-sabilità del cittadino nella cyber-repubblica?».

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gli appelli del presidente della Commissione euro-pea, l’Italia acconsentì che la Pinar attraccasse aPorto Empedocle. Le cose sono però peggiorate neisuccessivi, simili, episodi.Il 30 aprile le autorità italiane hanno negato allaguardia costiera maltese lo sbarco di 66 migranti,recuperati da un’imbarcazione tunisina che avevaprestato loro soccorso, sull’isola di Lampedusa. An-che in tal caso, l’Italia sosteneva che, stando alleconvenzioni internazionali in materia, Malta avreb-be dovuto far sbarcare i migranti nel suo territorio,avendo recuperato un’imbarcazione in difficoltànella zona Sar di sua competenza. Così in effetti losbarco avvenne a Malta. Da allora in poi, il rifiuto diammettere sulle coste italiane migranti in evidentenecessità di soccorso si è ripetuto in più occasionied ha determinato il rinvio forzato in Libia delle im-barcazioni intercettate, pratica ancora più preoccu-pante e rischiosa soprattutto per i diritti dei mi-granti potenziali richiedenti asilo. Il 6 maggio del 2009 l’Italia ha infatti ha dato ordi-ne alle proprie imbarcazioni e alla guardia costiera

lampedusa. approdare all’inferno 8

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Le trasformazionidel Centrodi Lampedusadalla sua istituzionead oggi3

1998 CPTA - Il Centro di Lampedusa, originariamentelocalizzato nei pressi dell’aeroporto e con una capienzamassima di 186 posti, è stato istituito nel luglio 1998 qualeCentro di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA),anche con funzioni di Centro di «primo soccorso esmistamento» dei migranti, (sia richiedenti asilo, sia irregolari)che vi transitavano per poche ore in attesa di essere trasferiti,dopo un primo accertamento sanitario e dell’identità, presso

altre strutture della Sicilia o del continente. Ben presto ilCentro è risultato inadeguato per fronteggiare efficacementeil numero sempre più rilevante di extracomunitari chesbarcavano sull’isola. Basti pensare alla progressione degliarrivi registrata negli ultimi 5 anni (8.800 persone nel 2003,10.477 nel 2004, 15.527 nel 2005, 18.047 nel 2006, 11.749nel 2007 e 19.764 fino al settembre 2008) per capire il sensodell’impegno sostenuto dalle istituzioni e dalla popolazionelocale. Così è nata l’esigenza di ridefinire la natura e ladestinazione originaria del Centro, non più deputato altrattenimento ed all’identificazione, bensì destinato alle soleattività di soccorso e prima accoglienza. In questo arco ditempo, le autorità competenti intervengono nella primissimafase operativa, per poi indirizzare le persone nelle altrestrutture presenti sul territorio nazionale (rispettivamentepresso i CPT - se ci sono gli estremi per l’espulsione - negli altricasi presso i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo CARA),consentendo così una permanenza breve sull’isola aglistranieri, di norma non superiore alle 48 ore.

2006 CSPA - Le esigenze di cambiamento nel senso sopraindicato sono state ufficializzate nel febbraio 2006, quando ilCentro da CPT è stato ridefinito Centro di Soccorso e PrimaAccoglienza (CSPA). La struttura rinnovata, collaudata e resaoperativa dal 1° agosto 2007, è stata ampliata con una nuovae più dimensionata struttura dotata di 381 posti, estensibili,all’occorrenza, a 804. Sotto il profilo dell’assistenza sanitaria,

I RESPINGIMENTI IN MARE VERSO LA LIBIA

A partire da maggio 2009, il ruolo e il coinvolgi-mento di Lampedusa negli episodi di sbarco e acco-glienza dei migranti è cambiato completamente. Una prima importante avvisaglia del possibile mu-tamento si era già avuta ad aprile, con l’episodiodella nave turca Pinar che, dopo aver recuperato inmare circa 140 persone a bordo di un’imbarcazioneche rischiava di affondare, si era vista rifiutare l’au-torizzazione allo sbarco sia dalle autorità italianesia da quelle maltesi. In particolare, l’Italia sostene-va che i migranti, essendo stati intercettati nella zo-na di ricerca e soccorso (Sar, Search and rescue)amministrata da Malta, sarebbero dovuti sbarcaresul territorio maltese e negava alla nave il permessodi entrare nelle acque italiane. Dal canto suo Maltasosteneva che per il diritto internazionale i migran-ti dovessero sbarcare nel porto più vicino, ovvero aLampedusa. Dopo un confronto di quattro giorni e

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di intercettare e rinviare in alto mare barconi di mi-granti, senza valutare preliminarmente, almeno invia sommaria, se qualcuno dei passeggeri avesse bi-sogno di protezione o fosse particolarmente vulne-rabile. I passeggeri, esausti, sono stati condotti nelporto di Tripoli, dove le autorità libiche li hanno poiristretti nei centri di detenzione. A quest’episodio ne sono seguiti altri: il 1° luglio, 82migranti sono stati consegnati dalla nave militareitaliana Orione ad imbarcazioni militari libiche af-finché li conducessero in Libia e lì sono stati poitrattenuti in alcuni centri di detenzione. Stando alleloro nazionalità, l’Unhcr ha verificato che si tratta-va di 76 cittadini eritrei, fra cui 4 donne e 3 bambi-ni. 33 di loro erano stati già posti sotto protezionedalle Nazioni Unite; mentre tutti gli altri erano statirinchiusi in centri libici e chiedevano all’Unhcr diessere riconosciuti rifugiati.Alla data del 1° settembre 2009, un’organizzazioneitaliana (CIR5) stimava che fossero stati 1.300 i mi-granti intercettati in mare nel tentativo di attraver-sare il Mediterraneo e rimandati verso la Libia.

La felicità nella società del rischioL’educazione al bivio, rassegnazione o resilienza?

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attraverso un’apposita convenzione è stato garantito unprimo ed immediato triage sanitario al momento dello sbarco,con l’ausilio di medici, infermieri e mediatori culturali, ingrado di valutare e adottare gli interventi più opportuni (qualila somministrazione di farmaci di primo soccorso in casi digrave urgenza ovvero l’invio immediato al poliambulatoriodell’isola). Successivamente, nel mese di aprile 2008, unaseconda convenzione ha assicurato il soccorso sanitario degliimmigrati già dal momento del loro trasbordo sulle unitànavali della Capitaneria di porto. Accanto alle misure disoccorso, già dal 2006, è stata sottoscritta una convenzionecon Oim4, Unhcr e Cri per l’attivazione di un presidio fissoall’interno del Centro per attività di supporto informativo-legale ai migranti nell’ambito delle rispettive finalitàistituzionali. In base a questa iniziativa, è stato prestato agliimmigrati, oltre che un primo orientamento legale, unospecifico supporto informativo sulla legislazione italiana intema di immigrazione irregolare, di tratta di esseri umani eriduzione in schiavitù nonché sulle procedure di ingressoregolare in Italia. Sono state inoltre illustrate le possibilità delritorno volontario o concordato e, nello stesso tempo, sonostati individuati i gruppi vulnerabili ai fini dell’adozione diopportune iniziative di tutela.

2009 CIE - Il 23 gennaio 2009, il ministro dell’interno Maroniha svolto un’ampia relazione sull’immigrazione al Consiglio

dei ministri, che «ha approvato la linea di rigore» e ladecisione di espellere gli immigrati irregolari direttamentedall’isola di Lampedusa, dando il via libera all’attivazione di un«Centro di identificazione ed espulsione a Lampedusa cheaffiancherà il centro di accoglienza». «Il Centro operativo sitrova in una vecchia base militare all’estremità occidentaledell’isola, lontano dai centri abitati, e vi sono già stati trasferitii primi cittadini extracomunitari per l’identificazione».Invertendo completamente rotta rispetto a quanto avvenivasin dal febbraio 2006, dunque, il ministro dell’interno hadeciso di sospendere ogni trasferimento dei cittadini stranieridal Centro di primo soccorso e accoglienza (CSPA) diLampedusa verso altre strutture situate nel territorionazionale. Lo stesso ministro dell’interno ha altresì disposto,con proprio decreto del 14 gennaio 2008, di procedere conimmediatezza, in via d’emergenza, al trasferimento dellaCommissione territoriale per il riconoscimento del dirittod’asilo di Trapani (competente territorialmente) sull’isola, inmodo che tutte le domande di asilo presentate a Lampedusavenissero esaminate con sollecitudine dalla stessaCommissione di Trapani, mantenendo nel frattempo irichiedenti nel Centro di prima accoglienza e soccorso. Talesoluzione è stata abbandonata dopo qualche settimana acausa della non praticabilità di tale scelta, che rendeva difficilile convalide da parte dell’autorità giudiziaria dei trattenimentidegli espellendi, ovvero la tutela dei propri diritti da parte deitrattenuti in un’isola che non ha uffici giudiziari né legali.

Il cambiamento nella politica italiana nei confrontidegli immigranti che arrivano via mare è coincisocon il consolidamento delle relazioni fra l’Italia e laLibia, ufficializzato con la firma del «Trattato diamicizia, partenariato e cooperazione tra la Repub-blica Italiana e la Grande Giamahiria Araba LibicaPopolare Socialista» (il «Patto d’amicizia»), sotto-scritto il 30 agosto 2008.Il Patto d’amicizia sollecita un’«intensificazione»della cooperazione nella «lotta al terrorismo, allacriminalità organizzata, al traffico di stupefacenti eall’immigrazione clandestina». In cambio della col-laborazione nel fermare l’immigrazione irregolare,la Libia riceve un risarcimento di 5 miliardi di dol-lari di riparazione per i danni inflitti alla Libia daparte dell’Italia durante il periodo coloniale (dal1911 al 1943). Il risarcimento è reso dall’Italia sottoforma di investimenti, nell’arco di 25 anni, in pro-getti infrastrutturali, per un importo annuale di200 milioni di dollari. Le due parti si accordano perrafforzare il sistema di controllo di frontiera per iconfini di terra libici (Il 50% finanziato dall’Italia, il

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restante 50% da richiedere all’Unione Europea), edi avvalersi di società italiane a questo scopo. Stando al rapporto «Scacciati e schiacciati» di HumanRights Watch (2009) e ai dati in esso contenuti, sial’Italia sia la Libia, nell’attuale frangente storico-poli-tico, sono incentivate ad arginare il flusso di migra-zione irregolare. Sembra che attualmente in Libia icittadini stranieri rappresentino il 10,5% della popo-lazione (pari a circa 58 milioni)6 e che nonostante permolti anni Gheddafi abbia accolto in Libia gli abitantidell’Africa subsahariana in nome della solidarietàpan-africana, al giorno d’oggi le autorità libiche per-cepiscano l’afflusso proveniente da sud più come unaminaccia, difficilmente arginabile considerati i«4.000 km “incontrollabili” di frontiera al sud»7.

Per quanto riguarda l’Italia, e in particolare la fron-tiera marittima, il numero di migranti giunto sullecoste italiane dal Nord Africa è passato da 19.900nel 2007 a 36.000 nel 2008 (+89,4% rispetto all’an-no precedente); le richieste di asilo/protezione inter-nazionale sono state, sempre nel 2008 circa 31.000(+122% dal 2007), cifra che ha collocato l’Italia co-me quarto paese ospitante con il più alto numero dirichiedenti asilo nel mondo industrializzato, prece-duta solo da Stati Uniti, Canada e Francia. Peraltro,non secondariamente, va rilevato che - a livello na-zionale - il tasso di riconoscimento di una qualcheforma di protezione (ovvero l’attribuzione dello sta-tus di rifugiato, di protetto sussidiario o umanita-rio) è stato pari a circa il 49% delle domande presen-tate, percentuale che ha raggiunto il 78% nel casodelle istanze esaminate dalla Commissione territo-riale di Trapani. A Malta non è andata diversamen-te, visto che la percentuale di accoglimento delle

istanze è stata nell’ordine del 52,5% del totale. Pur non partendo dunque dall’assunto secondo cuitutti o la maggioranza dei migranti che sono in Li-bia, o di coloro che tentano di entrare nell’UnioneEuropea attraverso l’Italia o Malta, possano consi-derarsi rifugiati, è interessante riflettere sul datosecondo cui una parte non irrilevante di essi provie-ne da contesti in cui sono scarsamente rispettati idiritti umani, o comunque presentano un elevato li-vello di violenza generalizzata, ovvero da situazioniche di fatto attribuiscono loro un credibile dirittoalla protezione internazionale.Con l’inizio degli episodi di intercettamento e rin-vio in Libia delle navi cariche di migranti, gli episo-di di attraversamento del mare sono drasticamentediminuiti. I centri per migranti di Lampedusa han-no raffigurato con nettezza questo calo: nel gennaio2009 erano sovraffollati, con oltre duemila persone,e i migranti dormivano sul pavimento, mentre al-l’inizio di giugno non c’erano più, finché nei mesisuccessivi le autorità italiane ne hanno decretato lachiusura. Le statistiche ufficiali del ministero del-l’interno riportano chiaramente che con l’inizio deirespingimenti in Libia si sono avute appena 9.573persone sbarcate, ovvero 27.378 in meno del 2008 ela stessa drastica diminuzione si è registrata, ovvia-mente, sulle istanze di protezione internazionale ri-cevute dalle commissioni territoriali nel corso del2009, pari a –58% dall’anno precedente (12.900unità circa, fino al settembre 2009).Sicuramente il nuovo cordone navale italo-libico èstato un forte deterrente per le partenze dei barco-ni, viste le ormai scarse probabilità di successo del-le traversate, e dunque è riuscito a limitare la pre-senza di immigrati giunti nel paese nell’arco del-l’anno, come auspicava il governo italiano, ma, d’al-tro canto ha rappresentato una pericolosa violazio-ne del principio legale internazionale del non refou-lement (non-respingimento).

IL DIVIETO DI «REFOULEMENT»

Il divieto di refoulement impone agli Stati di non ri-mandare persone in paesi dove la loro vita o libertàè minacciata o dove andrebbero incontro a rischiodi tortura; si tratta di un obbligo vincolante nel di-ritto internazionale dei diritti umani e nel dirittointernazionale dei rifugiati, così come nel dirittoeuropeo ed in quello italiano, in forza del quale l’Ita-lia è tenuta a non respingere individui in luoghi do-ve potrebbero ricevere trattamento inumano e de-gradante. Va invece considerato che la Libia non ha aderito al-la convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, né

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tanto meno ha una legge che tuteli il diritto d’asiloo la protezione internazionale; ha ratificato nel1989 la «Convenzione contro la tortura e gli altritrattamenti o pene crudeli, inumane e degradanti»,ma non ha riconosciuto la competenza del Comitatoda essa istituito a ricevere ed esaminare ricorsi in-dividuali ai sensi dell’art. 22 della Convenzionestessa. Neppure l’accordo con l’Italia risulta con-templare una clausola di salvaguardia dei dirittiumani (come obiettato nel corso del - pur breve - di-battito parlamentare cui ha fatto seguito la ratificadel patto di amicizia). Il paese africano dovrebbe quindi intraprendere,anche con l’aiuto dell’Unhcr e dell’Ufficio dell’AltoCommissariato per i Diritti Umani, un percorso perriconoscere e definire una procedura d’asilo che at-tribuisca una giusta e legittima protezione a livellointernazionale a rifugiati, richiedenti asilo ed altrisoggetti interessati in territorio libico. Questo processo di ratifica e raggiungimento deglistandard internazionali di tutela dei migranti do-vrebbe essere accompagnato non solo dall’Italia, maanche dall’Unione Europea, compresi Frontex8 edaltri singoli Stati membri, ponendolo come requisi-to per i parteneriati di controllo sulla migrazione.Dal canto suo, l’Italia dovrebbe reindirizzare la coo-perazione bilaterale con la Libia verso sforzi multi-laterali per assicurare che gli standard dei dirittiumani fondamentali siano osservati, interrompen-do contemporaneamente i rinvii dei migranti versoil paese africano e adottando un approccio di assi-stenza allo sviluppo che tenda al miglioramento del-la dignità e dei diritti umani degli immigrati e deirichiedenti asilo. Tutti i migranti infatti godono didiritti umani e dovrebbero essere trattati dignitosa-mente, anche chi non ha diritto di entrare o rimane-re in Italia, Malta o Libia. q

1 Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.2 Il paragrafo è basato, nella prima parte e fino alla descrizione deiCPTA, sul Rapporto di Save The Children Italia Accoglienza e tute-la dei diritti dei minori nel Centro di Lampedusa. Rapporto di mo-nitoraggio del Centro di soccorso e prima accoglienza di Lampe-dusa. Praesidium III, dicembre 2009, pp. 4-6. 3 Le fonti utilizzate nella stesura del paragrafo sono i siti www.in-terno.it e www.meltingpot.org.4 Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.5 Consiglio Italiano per i Rifugiati onlus.6 Secondo Omran Abdusalam Sofrani e Hussein Saleh Jwan, chenell’International Migration to Libya presentato a Tripoli citano lestatistiche della Direzione Generale dei Passaporti e della Cittadi-nanza, nel 2004 vi erano 468 mila residenti che vivevano illegal-mente in Libia su un totale di 536.324 cittadini stranieri. OmranAbdulsalam Sofrani e Hussein Saleh Jwan, International Migra-tion to Libya, 2009. Archivio di Human Rights Watch.7 Come dichiarato dal Segretario degli Affari Esteri, Moussa Kusa,stando al Rapporto HRW, cit., 2009, par. V, Amicizia italo-libica e ilrinvio di barconi di migranti in Libia. 8 Frontex è l’agenzia specializzata dell’Unione Europea, con sede aVarsavia, per la tutela della sicurezza della frontiere.

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La voce delle OrganizzazioniumanitarieDi fronte alle operazioni cosiddette di respingimento in mare, diverse, ma unanimi nella condanna dell’operato italia-no, sono state le voci delle organizzazioni umanitarie. Di seguito,in sintesi, se ne riportano alcune.

UNHCR: «Rivolgo un appello alle autorità italiane e maltesi affinché continuino adassicurare alle persone salvate in mare e bisognose di protezione internazionalepieno accesso al territorio e alla procedura di asilo nell’Unione Europea» - hadichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati António Guterres.«Finora abbiamo lavorato in stretta collaborazione con le autorità italiane aLampedusa e in tutto il paese per garantire che le persone in fuga da guerre epersecuzioni ricevano protezione in linea con la Convenzione di Ginevra del 1951.È di fondamentale importanza che il principio internazionale di non-respingimentocontinui ad essere integralmente rispettato» ha sottolineato Laurens Jolles,Rappresentante dell’UNHCR in Italia. Va inoltre ricordato che la Libia non haaderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un sistemanazionale d’asilo efficiente. L’UNHCR esorta le autorità italiane a riconsiderare laloro decisione e a far sì che questa prassi non si ripeta. (UNHCR -Ginevra,comunicato stampa del 7 maggio 2009).

SAVE THE CHILDREN: «[...] Tali operazioni di rinvii si svolgono - come dichiaratodallo stesso governo [italiano] - senza procedere ad alcun tipo di valutazione sullostatus delle persone che si trovano a bordo delle imbarcazioni, con la conseguentepossibilità, confermata dai fatti, che vengano rinviati in Libia anche bambini eadolescenti [...]. I rinvii costituiscono una grave violazione dei diritti umanifondamentali dei migranti, e dei minori in particolare, e contravvengano quantoprevisto dalla normativa nazionale, comunitaria ed internazionale in materia dicontrasto all’immigrazione clandestina, divieto di refoulement, tutela dellecategorie vulnerabili e obbligo di identificazione. Inoltre la Libia è un paese chenon garantisce in alcun modo la protezione dei migranti sul suo territorio, anchein considerazione del fatto che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra»(comunicato stampa del 19 gennaio 2010, in seguito all’audizionedell’organizzazione dinanzi al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazionedell’Accordo di Schengen).

AMNESTY INTERNATIONAL: «Le dispute sulla giurisdizione e sulle responsabilitànon dovrebbero mai impedire o ritardare il soccorso e l’assistenza a persone chesono a rischio di annegamento. Gli Stati devono assicurare che gli accordi dicooperazione internazionale e assistenza reciproca, tra cui quelli riguardanti ilcontrollo delle frontiere e le politiche di immigrazione, non determinino violazionidei diritti umani» (Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asiacentrale di Amnesty International, comunicato stampa del 7 maggio 2009). E ancora: «I rifugiati rischiano le loro vite per cercare sicurezza ma quandoarrivano l’Europa volta loro le spalle [...]. I governi devono cessare di mettere arepentaglio delle vite e, piuttosto, iniziare a rispettare i loro obblighi internazionalidi protezione nei confronti di queste persone vulnerabili [...]. I paesi che si trovanoai confini dell’Europa stanno mostrando un palese disprezzo per i loro obblighiinternazionali nei confronti dei rifugiati: l’Italia intercetta i rifugiati in acqueinternazionali e li trasporta fisicamente, senza prenderne in considerazioneeventuali bisogni di protezione internazionale, in Libia, dove i migranti, irichiedenti asilo e i rifugiati sono a rischio di maltrattamenti e di rimpatrio forzatoverso paesi in cui potrebbero subire gravi violazioni dei diritti umani [...]»(comunicato stampa del 20 giugno 2009, in occasione della Giornata mondialedel rifugiato).

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Il regista sul film. «Non voglio generalizzare - ha di-chiarato il regista presentando a Roma il suo film -ma c’è davvero un populismo dilagante che mi inte-ressava indagare. Un film non deve avere una funzio-ne specifica, né mandare dei messaggi; per quelli esi-ste la posta. Nelle proiezioni cui sono stato presente,tutti condividevano gli argomenti di cui parlavo, maalmeno la metà avevano probabilmente votato que-sto governo, altrimenti non si spiegherebbe la suavittoria alle elezioni. La verità è che abbiamo tuttiistinti bassi e oscuri, ma al giorno d’oggi i mediasembrano mirare a tirare fuori proprio quel peggioche è in ognuno di noi. Fanno venire fuori la nostraparte più populista, ecco perché il mio film non è unatto di ribellione, ma un atto civile e di coscienza».La trama. Simon, ex campione nazionale di nuoto,diventato istruttore in una piscina di Calais, si affe-ziona a Bilal, un adole-scente diciassettennedel Kurdistan irachenoche ha attraversato apiedi il continente edora vuole arrivare aLondra per ritrovare ilsuo amore. Dopo averfallito per colpa sua iltentativo di passare inInghilterra nascosto inun camion, Bilal decidedi attraversare la Mani-ca a nuoto e per impa-rare a nuotare in modoefficace si rivolge allapiscina di Simon per

avere lezioni. Intuito il progetto del ragazzo, Simoncerca inutilmente di dissuaderlo ma, di fronte allasua ostinazione, si convince ad aiutarlo. In una re-altà come quella di Calais, dove qualsiasi gesto diaiuto ad un clandestino è perseguito dalla legge, Si-mon si mette nei guai ma non recede. Spinto dallecircostanze Bilal affronta il Canale… Spunti di riflessione. Le strade di Calais, la spiaggiadi Blériot, la Manica continuamente solcata dai tra-ghetti, il porto gigantesco con i suoi recessi o la co-siddetta «giungla», cioè i boschi nei dintorni dove incondizioni tutte precarie vivono i migranti irregola-ri che cercano di passare in Inghilterra: non ci sonopaesaggi, panorami o vedute di città. Lo sguardo èobbligato dai problemi, dai sogni, dai dolori non ri-marginati dei protagonisti. Questi gli spazi reali do-ve si muove la cinepresa di Lioret. Il suo lavoro èuna fiction che si materializza nel concreto della re-altà. Tra i giovani clandestini in preoccupata attesa,in coda per il cibo distribuito dai volontari o nei ri-pari della giungla si ride a denti stretti dell’ingenui-tà dei nuovi arrivati, si litiga per il rispetto della co-da o per il troppo tempo di attesa all’unico telefonopubblico, si cercano compagni per il passaggio clan-

lampedusa. approdare all’inferno 8

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Regia: Philippe Lioret

Interpreti: Vincent Lindon (Simon), FiratAyverdi (Bilal), Audrey Dana (Marion),Derya Ayverdi (Mina).

Francia, 2009, 110min, Teodora Film.

WELCOMEdi Lino [email protected]

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destino sui camion, ci si scontra per i debiti non pa-gati. Tra questi il giovane Bilal, l’ultimo arrivato,con nel cuore il suo sogno d’amore e nel corpo itraumi di torture subite in patria: non conosce le re-gole, i trucchi, i prezzi ma vuole ostinatamente an-dare a Londra. Il film è la storia di un giovane fuori-legge che vuole raggiungere il suo sogno. Dall’altraparte, quella legale, Simon, un uomo solo, sconten-to, deluso dalla sua incapacità di trattenere la donnache ama e da lei strapazzato per la sua vi-gliaccheria di fronte alle continue ingiusti-zie e discriminazioni della gente e della leg-ge, decide di aiutare Bilal, che ha conosciutoin piscina. Il film è anche la storia di un in-differente che, per motivi non chiarissimianche per lui, decide di mettersi in gioco e disfidare una legge inumana, ascoltando, ospi-tando, consigliando un clandestino. Tuttoquesto a Calais, dove il clandestino rende il-legale ogni gesto compiuto e infetta d’illega-lità chiunque non lo rifiuti. Con un paralleloforte, che ha suscitato le reazioni durissimedel ministro francese dell’immigrazione edell’identità nazionale, il regista ha dichiara-to che gli era sembrato di raccontare la sto-ria di uno che nella Francia occupata na-scondeva un ebreo in cantina.Welcome è un film dove il razzismo affioranella quotidianità delle strade e dei palazzi:c’è il vicino che denuncia Simon perché ospita clan-destini, c’è l’uomo della sicurezza del grande magaz-zino che li respinge, c’è la retata della polizia nellanotte e intuisci manganellate o corpi strascinati sulcemento dei marciapiedi, c’è il poliziotto che minac-cia l’applicazione rigida della legge. E c’è a contra-sto l’inquadratura di un tappetino ai piedi di unaporta con un bel WELCOME. E la scritta ha il saporeacido della falsità dei crocifissi impugnati come spa-de in difesa di valori cristiani sconosciuti ai più.Questo è uno di quei film che dà un nome alle massedi disperati: raccontando la storia di un ragazzo,descrivendo le sue emozioni, evocando i suoi senti-menti ha costruito dentro di noi il volto di Bilal, co-sì come Winterbottom, nel suo Cose di questo mon-do del 2002, ci aveva fatto quelli di Jamal e Enayatanch’essi in fuga verso l’Inghilterra.

DALLA FINZIONE ALLA REALTÀ

1. «Come era stato preannunciato a più riprese dalministro francese dell’immigrazione e dell’identitànazionale, sono cominciate oggi le operazioni disgombero ed “evacuazione” della cosiddetta “giun-gla” di Calais. La “jungle” è stata dapprima accer-chiata dalle forze dell’ordine verso le 6 del mattino e

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Film recenti sulle migrazioni

Cose di questo mondo di M. Winterbottom (2002), Daquando Otar è partito di J. Bertuccelli (2003), Saimir di F.Munzi (2004), Quando sei nato non puoi più nasconderti diM.T. Giordana (2005), In questo mondo libero di K. Loach(2007), Machan di U. Pasolini (2008), Frozen river di C.Hunt (2009), Verso l’Eden di C. Costa-Gavras (2009).

sono poi iniziate le operazioni di distruzione delle“abitazioni” dei migranti, lo sgombero e la loro “eva-cuazione”. Qualche scontro tra forze dell’ordine e idimostranti delle organizzazioni antirazziste cheerano giunte a protestare contro l’operazione. Alla fi-ne della giornata sono stati 276 i migranti “evacuati”e smistati in vari centri di detenzione, tra cui 135 mi-nori, in prevalenza di origine afghana. La “jungle”,infatti, era già stata abbandonata da molti dei suoi

abitanti nei giorni precedenti, dopo gli annunci diEric Besson, il ministro dell’immigrazione che avevaannunciato l’operazione come un intervento neces-sario per smantellare le filiere dei passeur». Notiziasul sito di Storie migranti (www.storiemigranti.org);il reportage è su Le Monde del 22 settembre 2009.2. Mercoledì 25 novembre 2009 il Parlamento euro-peo ha assegnato il premio Lux al film Welcome.All’attenzione del premio sono l’universalità dei va-lori europei, la diversità culturale e l’integrazione.Al vincitore viene conferito un aiuto economico perl’inserimento di sottotitoli in tutte le 23 lingue uffi-ciali dell’Ue, inoltre il film viene adattato alle neces-sità delle persone con disabilità.3. L’articolo L622-1 del codice penale francese pre-vede: «Toute personne qui aura, par aide directe ouindirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée, lacirculation ou le séjour irréguliers, d’un étrangeren France sera punie d’un emprisonnement de cinqans et d’une amende de 30.000 euros». q

Il regista

Nato a Parigi nel 1955, Lioret entra nel mondo delcinema come ingegnere del suono e in questoruolo lavora per una quindicina di anni; nel 1993passa dietro l’obiettivo e realizza la commediasatirica Tombés du Ciel. Il successo di critica loaiuta a proseguire e si riconferma nel 1997 conTenue correcte exigée, del 2001 è Mademoiselle,dolce storia di un ricordo d’amore, unico suo filmdistribuito in Italia. Nel 2004 in L’équipier affrontauna storia cupa e angosciante. Il successo arriva nel 2006 con Je vais bien, net’en fais pas. Nel 2009 la risposta del pubblico alladenuncia di Welcome.

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«Ciao mamma,vado in Cina!»Alessio [email protected]

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Marianella Sclavi lo ha fatto ancora. Qualche anno fasi era trasformata nell’ombra di una studentessa

italiana che frequentava una scuola superiore a New York.Per il suo nuovo libro1 ha tallonato Federico, studente ita-liano per un anno a Pechino, seguendolo a scuola, a casa,in città e dando vita con la sua supervisione e con i disegnidi Daniel Albertelli ad un libro breve, intenso, unico nelsuo genere: «un po’ fumetto, un po’ racconto polifonico,un po’ graphic novel, un po’ antropologia a fumetti». Nellibro, però, Federico èsolo uno dei protago-nisti: perché l’autriceha avuto modo di in-contrare circa un cen-tinaio di studenti ita-liani in Cina per unanno ed anche stu-denti cinesi ospitatida famiglie italiane.Oltre a Federico, Scla-vi e Albertelli dise-gnano quindi altriquattro profili, tre ita-liani in Cina ed un ci-nese a Milano. Le lorostorie all’estero sonoraccolte nella primaparte del libro, «Dabaco a farfalla», chericostruisce i momen-ti salienti di questaesperienza: l’emozio-ne dell’essere selezio-nati per frequentareun anno la scuolaall’estero; le reazioni

agenda interculturale

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della famiglia, degli amici, degliinsegnanti; l’incontro con la di-versità ed i momenti di riflessionee illuminazione; la prima canzone; iwang ba, gli internet point, che all’occor-renza diventano alberghetti di fortuna per gli amici-ospiti;studiare in classi di cinquanta studenti, l’alzabandiera e ilrapporto con il partito, le premiazioni. Forse non è un casoche i programmi televisivi preferiti di Robin, studente cine-se a Milano, siano Striscia la notizia e Le iene («Queste cri-tiche ai politici mi piacciono un sacco!»). Dopo dodici me-si i cinque protagonisti, da bachi, sentono di essere diven-tati farfalle, capaci di vivere tra due mondi, ma soprattuttodi non lasciarsi sfuggire le differenze ogni volta che si re-cano in un posto nuovo. È da una loro intuizione cheprende il titolo la seconda parte del libro, Chinese skate-board, una rassegna di riflessioni sulle loro esperienze:«comunicare con persone di altre culture è come andaresu uno skateboard dove l’unico equilibrio possibile è uncontinuo squilibrio e ri-equilibrio». Il capitolo presentaesercizi sull’arte dello «spiazzamento e ri-equilibrio» inter-culturale. Due testi utili per contestualizzare questo lavoro aprono ecompletano il libro: in apertura l’autrice narra la sua ini-ziale «invidia» per questi giovani che vivono «un’esperien-za da antropologi con l’entusiasmo, la fragilità, l’ardire, lafreschezza e l’incoscienza dei sedici anni», mentre la post-fazione è curata dal segretario generale di Intercultura Ro-berto Ruffino con una riflessione su dieci anni di scambiindividuali di studenti liceali con il ministero dell’educazio-ne della Repubblica Popolare Cinese e sulla ricerca realiz-zata nel 2006 da Tomorrow SWG sugli atteggiamenti deigiovani italiani verso la Cina: dati che mettono in luce co-me rimanga molto da fare per «acquisire la consapevolez-za che nel mondo ci sono diversi sistemi di valori che ge-nerano comportamenti diversi e che è fondamentale ac-quisire non solo la capacità di parlare altre lingue, ma diimmedesimarsi in sistemi di valori diversi, moltiplicando ipunti di osservazione». q

1 Marianella Sclavi , Ciao mamma, vado in Cina!, IPOC, Vimodrone (Mi) 2009,cfr. www.ipocpress.com

ilrestodelmondo

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Questa rubrica intende richiamare allamemoria eventi importanti ma scomodi chesi muovono fra diritti e delitti

Ex schiavi contro schiavi. In Giamaicamolti fuggiaschi si raggruppano in duebande, chiamate Maroon (dallo spa-gnolo Cimarrones), e resistono agli in-glesi. Dopo dieci anni di guerriglia, il 1°marzo 1739 un trattato concede loro600 ettari di terreno, in cambio devonodare la caccia agli schiavi in fuga e aiu-tare gli inglesi a sedare le ribellioni.Sono le 13: alla sede de Il giornale, invia Negri a Milano, muore Paulin Zojza,è il 3 marzo 2004. È uno dei purtroppotanti omicidi bianchi che Paolo Berizziracconta in Morte a 3 euro, uscito dueanni fa da Baldini Castoldi. Ancor piùtragico, quello che accade esattamentecinque anni dopo a Molfetta, in una ci-sterna. Un massacro quotidiano.È lungo 270 chilometri il reticolato vo-luto in Libia da Graziani: i lavori inizianoil 5 marzo 1931. In quei lager moriran-no circa 70 mila persone.«Bloody Sunday». I neri furono picchia-ti, arrestati (3400, fra cui Martin LutherKing), alcuni uccisi. A Selma, in Alaba-ma, la polizia impiegò un’arma nuova,il pungolo elettrico. Ma quel giorno, il 7marzo 1965, la storia cominciò a cam-biare e poco dopo il presidente Johnsonriconobbe ai neri il diritto di voto.Mohandas Karamchand Gandhi lanciail boicottaggio contro il colonialismo eper l’indipendenza: è la «marcia del sa-le», partita il 12 marzo 1930. Gli inglesireagiscono con 60 mila arresti.

Gli ultimi catari circondati a Montségursalgono volontariamente sui roghi pernon abiurare, le vittime furono almeno240: è il 16 marzo 1244. Una storiaraccontata da Domenico Dante in Iltempo interrotto (Palomar 2009). Unaltro 16 marzo, ma del 1968, i soldatistatunitensi uccidono 507 persone(perlopiù donne, vecchi e bambini) aMy Lai in Vietnam.

Dorothy Day fu suffragetta, femminista,socialista, poi cristiana e impegnata peri senza tetto: era nata il 18 marzo 1897,la sua storia è una di quelle narrate in Lavita a passi di donna (Emi, 2009).Il Senato Usa approva un articolo sup-plementare della Costituzione sui paridiritti uomo-donna: è il 22 marzo 1972(confermo, avete letto bene: 1972!).Haywood Patterson è colpevole di averstuprato due donne: i giudici deciserocosì il 25 marzo 1931. «Scontò 16 anniper un reato che non era neppure avve-nuto», racconta Joanna Bourke in Stu-pro (Laterza 2009). La sua vera colpa?Era nero.

La fabbrica Triangle brucia a New York:muoiono 146 operaie, in maggioranzadi origine italiana o ebree dell’Est euro-peo. Ma il 25 marzo 1911 non è ricor-dato nei libri di storia.Isabella di Castiglia e Ferdinando IId’Aragona firmano il decreto che espel-le tutti gli ebrei dalla Spagna, eccezionfatta per chi si converta al cattolicesi-mo: è il 30 marzo 1492.Emma Giacobini, 4 anni, è la prima vit-tima (poi ve ne furono altre cinque) del«mostro di Roma»: il 31 marzo 1924inizia una vicenda senza conclusione.Infatti quello che tutti indicano comecolpevole, Gino Girolimoni, è innocentee sarà scarcerato. Nessun responsabilefu individuato, ma forse l’assassino erail fratello di un gerarca fascista che lofece internare all’estero. q

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Il più grande atletadi tutti i tempia cura di Dibbì

Chi era Jim ThorpeIl più grande atleta di tutti itempi è probabilmente WaTho Huch (noto come JimThorpe). Morì il 23 marzo1952: con l’inganno gliavevano tolto le medaglieolimpiche. La sua veracolpa? Era un pellerossa!

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saltafrontiera

IntramontabileGiufàdi Lorenzo Luatti

Chi non conosce Giufà, quel vaga-bondo briccone dai tanti travesti-

menti, ora furbo, ora sciocco, e persinosaggio che ritroviamo nelle culture delbacino del Mediterraneo (e in giro per ilmondo), «personaggio-ponte» per ec-cellenza, pluricitato negli studi e neipercorsi di educazione interculturale? Aforza di girare il mondo si ritrova adavere tanti nomi strani - Giufà in sicilia-no, Giucca in toscano, Guhâ in arabo,Nasredin Hodja o Hoca in turco… -, edè noto da Buchara a Samarcanda, daMombasa a Singapore. Vissuto moltisecoli fa in Turchia, dove è diventatouna specie di icona popolare - parec-chie città turche si contendono l’onoredi avergli dato i natali -, le sue gesta esoprattutto le sue sentenze e storielle,solo apparentemente senza senso, han-no lasciato traccia ovunque si sia diffu-sa la cultura islamica. Quelle storie brevi e buffe si raccontanoanche oggi in Iraq, in India e in tanti al-

Vissuto molti secoli fa inTurchia, Giufà è

diventato una specie diicona popolare: le suegesta e soprattutto le

sue sentenze e storielle,solo apparentemente

senza senso, hannolasciato traccia ovunquesi sia diffusa la cultura

islamica

tri paesi d’oriente e d’occidente con no-mi e dettagli cambiati, ma con spiritoaffine. Nessuno sa come siano nate, mala cosa in verità non ha molta impor-tanza. Ciò che le ha fatte sopravviverenei secoli è la tradizione orale, ossia ilfatto che sono state tramandate a vocedi generazione in generazione e così leradici sono le stesse per tutti i racconti,anche se le varianti sono infinite.A Giufà sono stati dedicati molti libri,tra cui desidero ricordare (partendo dalGiufà siciliano delle Fiabe italiane rac-colte da Italo Calvino) quelli di France-sca Corrao (Giufà, il furbo, lo sciocco, ilsaggio, Sellerio, 2001), di Arturo Ghi-nelli e Adriana Querzé (I viaggi di Djua-ha, Comune di Modena, 1994) e il bel-lissimo, anche se ormai di non facile re-

peribilità, Giufà, tante storie (EdizioniC’era una volta, 1993). A questi testi sisono aggiunti recentemente albi illu-strati da alcune tra le più brave e origi-nali disegnatrici in circolazione. Libridestinati a colpire la fantasia dei piccolie a catturare l’occhio dei grandi; storieche si prestano ad essere lette, raccon-tate, usate da grandi e piccoli, a diversilivelli di lettura e comprensione.Chiara Carrer interpreta con tratto es-senziale sei storie, raccontate da Fran-cesca Corrao, nel testo Giufà (Sinnos,2009), tra cui quella di un Giufà che neldeserto cerca l’ombra di una nuvola odel Nasredin turco, considerato quasiun saggio. Alla fine del libro sarà lamamma di Giufà a raccontarcelo e afarcelo conoscere un po’ meglio. Le sto-rie sono tutte con testo a fronte nellalingua d’origine: siciliano, arabo, turcoe perfino genovese! La storia di Giufà e re Salomone (Don-zelli, 2009) è raccontata da Ascanio Ce-lestina, con freschezza e forza narrati-va, in un albo di grande formato illu-strato con grazia da Maja Celija, dise-gnatrice di origine slovena che vive inItalia da molti anni. La scrittrice belga Odile Weulersse e laraffinata disegnatrice francese RébeccaDautremer firmano Nasredin (Donzelli,2008), una fiaba che aiuta a fronteg-giare il giudizio degli altri. Dell’impavi-do briccone questa volta, a parte il no-me, non vi è traccia. Il protagonista,Nasredin, è un bambino fragile, pienodi insicurezze che lo rendono timido elo espongono alla derisione e alla catti-veria del mondo. Ha un compito: devearrivare al mercato con i suoi animali.Ma ogni volta che ci prova incontraqualcuno che lo prende in giro, e nonsa se dar retta ai vecchi del villaggio, algran Visir, alle lavandaie o agli altri ra-gazzini. Alla fine deciderà di ascoltare iconsigli del vecchio padre che, con lasua saggezza, riuscirà a donargli la for-za per superare la paura di essere derisoe di arrivare al mercato insieme ai suoianimali. Che sia un nuovo travestimen-to del fantomatico briccone? q

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Un luogo della menteche permette di sperimentare il «dialogue de vie»

Clelia Minelli

Spesso tra i pensieri fa capolino unaserie di volti ben delineati, che a lo-

ro volta rimandano a situazioni, eventi,racconti, progetti… La finalità dellamissione natalizia 2009 in Burkina Fasovoleva essere una sorta di riordino delleidee, un tentativo di identificare i pros-simi passi, le azioni future della Campa-gna Dudal Jam. Ebbene, l’incontro conquesti volti ci ha dato grandi risposte e,soprattutto, un’enorme fiducia ed ener-

gia nella volontà di proseguire con ilprogetto.Il primo impatto è stato con il volto se-rio, preoccupato e malato di François,convertitosi poi nel sorriso luminoso enella risata coinvolgente che conoscia-mo. Con tanto di documentazione, an-che fotografica, e con l’aiuto di tutti glialtri amici, ci ha illustrato le iniziative in-traprese nell’ambito del progetto DudalJam nel corso dell’anno: un lavoro note-vole, svolto con naturalezza, che hacoinvolto le autorità burkinabè, oltre,ovviamente, tutti i ragazzi vicini all’Ufced al centro Dudal Jam. Approfittandodella sua disponibilità, gli poniamo do-mande sul lavoro dell’Ufc, sulla vitaquotidiana delle varie etnie presenti nelSahel, sulla corrispondenza con le scuo-le e gli alunni italiani… Sempre pieno

d’impegni, monsignor Joachim Oué-draogo ci ha fatto compagnia per bendue serate nella capitale. La sua vogliadi scherzare, la sua risata contagiosa ac-compagnano i progetti lungimiranti cheegli elabora in continuazione: il Centro,ma non solo, la scuola femminile a Doricon l’impegno di aprire una nuovascuola in ogni regione del Sahel e la pre-visione di istituire almeno due borse distudio per ogni villaggio, in modo dagarantire ai ragazzi più disagiati la pos-sibilità di accedere all’istruzione e diusufruire del convitto, e di conseguenzaessere d’aiuto per le famiglie. Le suore della scuola femminile, sortaproprio di fronte alla sede del Centroper volere di monsignor Ouédraogo, ciriservano un’accoglienza straordinaria econ allegria ci hanno fatto visitare lascuola, raccontando del loro lavoro,svolto con priorità a favore delle ragaz-ze, spesso escluse dal percorso formati-vo. Alla questione femminile dedica il

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Diario di viaggio al confine tra due annidi Clelia Minelli e Rita Roberto

In questo numero pubblichiamo letestimonianze di Clelia Minelli e di RitaRoberto, due componenti del gruppo CEMche ha compiuto una visita in Burkina tradicembre 2009 e gennaio 2010. Scopo delviaggio, svoltosi nell’ambito dellaCampagna Dudal Jam, erano laconoscenza reciproca tra italiani eburkinabè, l’avvio di progetti dicollaborazione, l’attivazione di laboratori,il consolidamento dell’amicizia con ipartner locali.

campagna dudal jam

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proprio tempo anche Boubakar, di GoromGorom, impegnato in un’associazione chepromuove iniziative di sensibilizzazione, in-formazione e sostegno alle donne. Alain,responsabile dell’Ufc a Gorom Gorom, hauna capacità di coinvolgimento ed una na-turale simpatia che ogni volta ci sorprende,coinvolge tutti quanti, ragazzi e bambini,le suore dell’orfanotrofio, le donne dei vil-laggi e, all’occasione, si trasforma in piffe-raio magico del deserto, regalandoci mo-menti di gioco sulle dune insieme ad unamiriade di bambini sbucati come dal nulla.Con Fatimata, Damien e Gérard, gli altrinostri compagni «d’avventure», pare nonessersi mai lasciati dal convegno CEM 2008:la prima con una riservatezza che, al trascor-rere delle ore, si scioglie in complicità fem-minile; Damien, insegnante di storia, incon-tra alunni in ogni angolo di Gorom Gorome ci dimostra la sua dedizione all’insegna-mento ed ai ragazzi, ci racconta di comeutilizza l’ambiente circostante per situare lesue lezioni, per far «vivere» agli studenti lastoria in prima persona; Gérard, il farmaci-sta rivelatosi direttore della corale la notte diCapodanno, utilizza i giorni di ferie per de-dicarsi al progetto Dudal Jam e si presta co-me animatore per i giovani di Dori.Così come non posso dimenticare i volti diChiara, Rita e Patrizia, mescolati alla con-fusione delle strade di Ouagadougou perle quali ci avventuriamo tentando di carpi-re i segreti della città, così contraddittoriae piena di sorprese, piacevoli e non solo,ad ogni angolo. Sono volti che non mi fan-no sentire sola, nei quali leggo le stesseemozioni che mi colgono mentre ascoltia-mo il Grande Imam che ci ringrazia perl’attenzione al popolo del Sahel, lo stessodivertimento alle battute travolgenti diAlain, la stessa passione per questo pro-getto, del quale ci siamo innamorate. Tutti questi volti delineano per me il profilodi Dudal Jam, questo luogo reale, concre-to che abbiamo visto e fotografato, maanche luogo della mente, che permette disperimentare il dialogue de vie che sto ten-tando di imparare da questi nostri amici.Luogo e volti che danno un senso alla resi-lienza di tanti che osano sperare controogni ovvietà. q

Il mandala-labirintocome luogodella pedagogia del gesto Rita Roberto

Il mandala-labirinto della Pace èdifficilmente descrivibile a parole,

la potenza sta nel costruirloinsieme e percorrerlo ognuno con ilproprio passo, tempo e livello diconsapevolezza. Nessunointerviene a spiegare, interpretare,valutare il cammino, siamo tutti lìdinanzi alla scelta se entrare omeno in quel mandala e, una voltaentrati, decidere se abbandonarcial sentiero fiduciosi che arriveremoal centro. La valenza pedagogicasta proprio nel farlo insieme senzadistinzione di ruolo, età, sesso,razza e cultura con il solo intentodi creare uno spazio «sacro» dovela relazione è guidata dall’empatia,dal non giudizio, dal fare per fare edal divertimento. Il mandala -labirinto come luogo della nonvalutazione, dove i partecipantipossono sperimentare lapedagogia del gesto più che dellaparola. Gesto rassicurante cheabbraccia , accoglie, guida econtiene l’umanità nella suadiversità. Nella mente, nel cuore e

nel corpo dei partecipanti resta unatraccia luminosa da seguire, il filodella speranza che ci insegna che èpossibile camminare insieme senzasopraffazione, senza pregiudizi.Certo, il cammino è lungo etortuoso ma il labirinto mandalac’insegna che è sempre possibilearrivare al centro e uscire se sisegue la via dell’etica, del rispetto,della non violenza. È con questa premessa cheabbiamo iniziato il laboratorio sullabirinto a Gorom Gorom insiemeagli amici burkinabè. È stato bellovedere tutti impegnati nellacostruzione del labirinto in unasaletta che la direttricedell’orfanotrofio «Casa Matteo» ciha messo a disposizione.Nonostante il caldo, lo spazioristretto e un pollo che si aggiravacurioso, siamo riusciti a riprodurre ildisegno sul pavimento con loscotch-carta e a percorrerloindividualmente, in coppia e poi ingruppo. Via via che procedevamocon gli esercizi del mandalaindividuale, di coppia e di gruppo,tutte le perplessità iniziali si sonosciolte grazie anche ai «giochi» chePatrizia e Chiara vi hanno abbinato,alle danze in cerchio proposte daClelia che hanno rafforzato lacomprensione e la valenzapedagogica di pace che il labirintounicursale di Lucca porta con sé.Tutto quello che facciamo in cerchioè mandala e questo modello indicasoprattutto un modo di pensare edi camminare la vita. Utilizzando ilmandala labirinto come modellointegrativo delle differenze tuttipossono visualizzare e accogliere, inuna significativa esposizione diauto-espressione, la bellezza el’unicità del loro mandala personalee quello dei loro compagni diviaggio collegati in modo daformare un’opera d’arte collettivache raffiguri la varietà e la bellezzadell’umanità che, pur con tutte ledifferenze, percorre lo stessocammino tortuoso della vita, mache è collocata in un unico«disegno» che ciascuno percorrecon i propri passi.

M

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Negli uffici postali americani sono indistribuzione dal maggio scorso i

francobolli che ritraggono i personaggidei Simpson. L’occasione è il ventennaledi una serie di cartoni animati con milio-ni di spettatori in 70 paesi del mondo,migliaia di siti web, 23 Emmy Awards,omaggi di Time, pubblici apprezza-menti dall’arcivescovo di CanterburyRowan Williams, dal vescovo irlandeseDonald Murray e dal teologo-catechetaanglicano Owen Smith, che si è persinoproposto di utilizzarli per affrontare letematiche cruciali della fede cristiana. Èla prima volta che i personaggi di unaserie in corso vengono premiati dalleposte americane con un’emissione difrancobolli, ma il successo dei «musigialli», vero e proprio marchio di fabbri-ca, e l’intendimento d’incoraggiare ilcollezionismo filatelico tra i giovani han-no spinto in questa direzione.

Una famiglia politicamentescorretta

I cartoni animati dei Simpson - storiequotidiane di una famiglia sgangheratae politicamente scorretta della workingclass, ritratta dall’osservatorio di unavariegata e interreligiosa città mediadella provincia americana, Springfield -richiama da un po’ di tempo anche l’at-tenzione dei teologi.

L’incursione teologica nel mondo deicartoon prende in esame una famigliache si presta a descrizioni impietose: ilpadre Homer, 35 anni «portati tragica-mente», obeso, pigro, ignorante, irasci-bile, mangiatore di ciambelle e bevitoredi birra, è ispettore di sicurezza nella lo-cale centrale nucleare, mentre la madreMarge è una casalinga perbenista e unpo’ frustrata con un paio di sorelle sin-gle e gran fumatrici. I tre figli, cresciutiin una sostanziale anarchia educativa,sono il furbo e impenitente Bart, la sa-putella, ecologista e anticonformista Li-sa e la piccola Maggie. Completano ilquadro una serie di originali personag-gi, tra cui il vicino di casa Ned Flanders,cristiano evangelico integralista, crea-

zionista antidarwiniano nonviolen-to, convinto che il sole giri intornoalla terra e perennemente assilla-to da dilemmi etici; il reverendoTimothy Lovejoy, pastore di una

non meglio precisata chiesa evan-gelica cittadina; il clown Krusty, emble-ma dello show-business, ripudiato dalpadre rabbino per aver scelto il mondodello spettacolo, l’induista Apu. Homer, dal canto suo, coltiva una fedescarsa e opportunista e quando la mo-

glie tenta di convincerlo ad andare inchiesa la domenica («Il Signore chiedesoltanto un’ora alla settimana») lui re-plica: «In questo caso avrebbe dovutoallungare di un’ora la settimana». Infondo, aggiunge Homer, «lavoro sodo eamo i miei figli. Perciò, perché dovreitrascorrere metà della mia domenicaascoltando come finirò all’inferno?».

I Simpson in tv

L’esordio televisivo dei Simpson negliStati Uniti risale al 1987, ma la primaserie vera e propria è del 1989 con unamedia di 13 milioni di spettatori, men-

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Teologiaa cartoni animatidi Roberto Alessandrini

Le strisce dei Simpson - storiequotidiane di una famiglia

sgangherata e politicamentescorretta ritratta

dall’osservatorio di una cittàmedia della provincia

americana - richiamanol’attenzione dei teologi, così

come era accaduto negli anniSessanta con i fumetti di

Charles Schulz. Intanto arrivadalla Spagna un cartoon su

papa Wojtyla e la catechesitraduce i santi in figure manga

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tre il film per il grande schermo (TheSimpsons - The Movie) approda in Italianel 2007. Un successo accompagnatoanche dalle dure critiche dei gruppifondamentalisti cristiani e del presiden-te George Bush senior durante le presi-denziali del 1992. In effetti, l’ideatoredei «musi gialli», Matt Groening, natoda famiglia mennonita e cresciuto tra imetodisti, ricorre a cartoon e fumettiper ragionare d’altro, con una partico-lare attenzione alla multiforme dimen-sione del sacro e senza dimenticare lalezione del teologo e pastore prote-stante Karl Barth, secondo il quale «ri-dere ci avvicina alla grazia di Dio».

Moltissime sono nei cartoni animati deiSimpson le citazioni da Genesi, Esodo,Libri dei Re, Qohelet, Vangeli, Apocalis-se e molte le vicende religiose dei prota-gonisti, dalla sincera conversione di Lisaal buddhismo alla «svolta cattolica» diHomer e Bart, dalle critiche al miracoli-smo alle allusioni apocalittiche. Senzatralasciare la denuncia dei rapporti nonsempre idilliaci tra le confessioni cristia-ne, la satira dei luoghi comuni del cat-tolicesimo e il dissacratorio tentativodel piccolo Bart di vendere la propriaanima per cinque dol-lari. Sarcastici an-che i riferimentialla ipercommer-cializzazione del-la nuova chiesacittadina, con tantodi cartelloni pubblici-tari e luci al neon, e allefantasie su un parco di-vertimenti di impronta cri-stiana - Osannalandia - cheprevede anche un tunneldella paura in cui unenorme re David costrin-ge i bambini a ascoltare

la recita di tutti i 150 salmi. Sullo sfon-do, il panorama variegato dei movi-menti della Next Age, dove si concorreal supermarket del sacro e si competecon altri messaggi di salvezza a colpi diworkshop e manuali del benessere.Lontani da ogni logica disneyana, i per-sonaggi simpsoniani si ammalano, sideprimono, tentano il suicidio e talvoltamuoiono. Conservando un discretoscetticismo nei confronti dell’azione di-vina, ma anche rivolgendosi, all’occor-renza, in presa diretta a Dio soprattuttonei momenti di più intenso scoramento.

Molte le vicendereligiose

dei protagonisti,dalla sincera

conversione di Lisa al buddhismo

alla «svolta cattolica»di Homer e Bart,

dalle critiche al miracolismo

alle allusioniapocalittiche

Cartoni animati e religione

Su un altro fronte, sono sempre i carto-ni animati a raccontare - dopo i film, lefiction e libri - la vita di Giovanni PaoloII, primo Papa mediatico della storia,pontefice per oltre un quarto di secolo(1978-2005). Il cartoon di Josè Luis Lo-pez-Guardia, doppiato in sette lingue,s’intitola Giovanni Paolo II, l’amico ditutta l’umanità, è stato prodotto dallaCavin Cooper Productions di Barcellonacon la collaborazione del Centro Televi-sivo Vaticano e le musiche di monsi-gnor Marco Frisina, direttore del Coro edell’Orchestra della diocesi di Roma. Ilcartone racconta la giovinezza e la vitadi Karol Wojtyla fino all’elezione del 16ottobre 1978, il suo lato umano, i fattie gli aneddoti sconosciuti. Ma se il car-tone animato dedicato al Papa utilizzaancora un linguaggio grafico conven-zionale, c’è chi non rinuncia ad esplora-re nuovi confini. Il Museo diocesano diBrescia, per esempio, ha proposto nel2008 un’esposizione di 42 santi dise-gnati secondo lo stile dei giapponesimanga, quindi con un linguaggio mol-to familiare ai bambini: colori flou, oc-chi grandi ed espressivi, boccucce acuore. Il progetto è finalizzato alla cate-chesi e - hanno spiegato gli organizza-tori - nasce dall’esigenza di creare unponte tra i più giovani e il linguaggio di-dattico dell’arte religiosa. Michelange-lo, Raffaello e quasi due millenni di cul-tura visiva non riescono evidentementepiù a comunicare con il mondo con-temporaneo. Ma questo, oltre ad esse-re l’esito di un’oggettiva difficoltà di re-lazione tra cattolicesimo e arte moder-na, è anche uno dei limiti della nostraepoca o, più semplicemente, una resadella catechesi, della scuola e di chi ha ilcompito di trasmettere il sapere. q

Per saperne di più

Brunetto Salvarani, Da Bart a Barth. Per una teologiaall’altezza dei Simpson, Claudiana, Torino 2008,pp.160, euro 12.50. Introduzione di Gioele Dix, po-stfazione di Paolo Naso.

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Nel numero di novembre 2009 di «CEMMondialità» è stato pubblicato ilcomunicato «L’ora del dialogointerreligioso» (p. 45), che riassume laposizione di CEM circa la propostad’introduzione dell’ora di islam nelle scuole.Dopo l’intervento del sociologo Adel Jabbar(dicembre 2009, p. 45), proseguiamo ildibattito su tale argomento, pubblicando laseconda parte dell’intervento di Flavio Pajer.

Una vera libertà di scelta

Oltre alle due «uscite di sicurezza»già descritte, il sistema francese

garantisce comunque una reale libertàdi scuola. Fin dalla legge Debré (1959),lo Stato ha esteso alla scuola privata tut-ti i diritti-doveri della scuola pubblica,per cui la fitta rete di scuole confessio-nali - che raccoglie ancor oggi quasi il20% della popolazione scolastica nazio-nale - è integrata nel sistema pubblico.Ciò significa che molte delle famiglie in-teressate a un’educazione religiosa go-dono dell’effettiva libertà di scelta trascuola laica pubblica e scuola confessio-nale altrettanto pubblica. Nell’offertaeducativa delle scuole confessionali,poi, non è tanto un’ora isolata d’inse-gnamento religioso che conta, quantola qualità dell’educazione complessivaimpartita. Una garanzia che compensalargamente l’assenza dell’ora di religio-ne (per la quale invece - e quasi solo peressa! - tanto ci si batte in Italia…).

Come combattere l’ignoranzareligiosa?

Ma torniamo al sistema nazionale del-l’istruzione pubblica, per cogliere un

fenomeno singolare e assai sorpren-dente negli ultimi due decenni. Moltiinsegnanti di diverse materie, specienelle secondarie, hanno cominciato ariscontrare negli alunni una tale igno-ranza delle nozioni religiose più ele-mentari da non riuscire a svolgere inmodo decente i loro programmi (distoria, di lettere, di arte, ecc.). Nel1989 un rapporto ufficiale steso da un

alto esponente del ministero dell’istru-zione, Philippe Joutard, stigmatizzal’«incultura religiosa» come una gravee intollerabile lacuna dell’istruzione na-zionale: lacuna degli studenti ma an-che di molti professori! Era urgenteporvi rimedio. Si escluse l’introduzionedi corsi confessionali, ma nemmenol’idea di un corso autonomo di culturareligiosa (tipo storia delle religioni) ac-colse adesioni sufficienti nell’opinionepubblica e tra i partiti politici. La sceltapiù condivisa cadde invece su quelloche a molti parve l’uovo di Colombo:senza creare una nuova materia, biso-gnava introdurre nei programmi dellediverse discipline esistenti degli ele-menti base di cultura religiosa, in mo-do da arricchire culturalmente le mate-rie e nel contempo arginare i guastidell’analfabetismo religioso. Fu cosìche, sul finire degli anni Novanta, i pro-grammi di storia-geografia delle mediee poi anche i programmi di arte, filoso-fia, diritto delle superiori vennero rim-polpati con unità didattiche costruitesu dati selettivi di storia biblica, di sto-ria del cristianesimo, di scienze religio-se, di etica.

Corsi di cultura religiosa nella formazione iniziale degliinsegnanti

Nel contempo si rivelò necessario forma-re gli insegnanti a saper trattare corret-tamente - cioè laicamente, - tale dimen-sione religiosa della cultura. Corsi acca-demici di cultura religiosa vennero cosìinclusi nei curricoli universitari di forma-zione iniziale e continua degli insegnan-ti. Nel 2002 l’intellettuale Régis Debrayformalizzò le ragioni dell’approccio al«fatto religioso» nella scuola. Motivòl’urgenza di passare «da una laicità d’in-competenza (il fatto religioso non ci ri-guarda) a una laicità d’intelligenza (ènostro dovere studiarlo e capirlo)». q

1 Flavio Pajer, saggista, specialista del dialogo interre-ligioso, è docente invitato alla facoltà di Scienze del-l’educazione della Pontificia Università Salesiana diRoma.

ora delle religioni / 1

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L’istruzione religiosa a scuolaL’eccezione francesedi Flavio Pajer1 | SECONDA PARTE

Nell’offerta educativadelle scuole

confessionali non ètanto un’ora isolata

d’insegnamentoreligioso che conta,

quanto la qualitàdell’educazione

complessivaimpartita

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Mi sono emozionato nel leggerel’articolo sull’ora delle religioni2.

Oltre ad essere pienamente d’accordocon la proposta, a me sembra che lateoria costituisca un terzo passo miliareche il CEM sta compiendo in vista di unmondo differente o in vista di un mon-do che diventa Regno di Dio. Il primosalto del CEM fu offrire al progetto edu-cativo il tema della missione. Il secondosalto, offrire al progetto educativo il te-ma della mondialità. Il terzo salto, offri-re al progetto educativo il tema delle re-ligioni viste paritariamente come cam-mini verso Dio e verso un mondo nuovo. Quest’ultimo terzo passo è ancora piùrivoluzionario del primo e del secondo,perché contiene una bomba che fascoppiare la missione proposta nel pri-mo e manda in fumo la pretesa supe-riorità oggettiva del cristianesimo difronte alle altre religioni. Piuttosto cheattaccare e svalorizzare le altre religioni,il cristianesimo e la missione le devonoriconoscere come valide, originali e irri-nunciabili in modo da unirsi a tutte loroaffinché, camminando fianco a fianco,in maniere differenti e fraterne (cioè indialogo) ci si orienti insieme e semprepiù chiaramente verso la meta unica delRegno di Dio in questo mondo. È la lo-gica lampante di ogni Natale: Dio che siincarna nell’uomo è Dio che si incarnain tutti i valori umani (religioni, culture,diritti, scienze, tecnologie, filosofie,professioni, arti, sport, politica, econo-mia...) al fine di recuperarli e renderlistrumenti atti a realizzare il suo proget-to in questo mondo. Questo terzo pas-so darà un grande fastidio ai missionari,perché li obbligherà a cambiare la mis-

sione/propaganda/battesimo in qualco-sa di molto differente e non del tuttoimmaginabile, per adesso.Con l’internazionalizzazione delle loromissioni, i missionari hanno imboccatoun cammino giusto e senza ritorno, masono ancora molto lontani dal conside-rarlo un cammino che va in direzioneopposta a quella della missione tradi-zionale. Per i missionari, l’internaziona-lizzazione è un rafforzamento dellamissione tradizionale e non un cambia-mento di rotta a 360 gradi. Congrega-zioni che nascono nel terzo mondohanno già idee molto differenti. Detto questo vorrei fare un accenno alquarto salto che il CEM potrebbe intra-vedere: il salto che indicherà la meta delRegno di Dio senza dipendere necessa-

ora delle religioni / 2

Per il CEM, un «esplosivo»terzo passodi Savino Mombelli1

Quest’ultimo terzopasso è ancora piùrivoluzionario del

primo e del secondo,perché contiene una

bomba che fascoppiare la missioneproposta nel primo e

manda in fumo lapretesa superiorità

oggettiva delcristianesimo difronte alle altre

religioni

riamente dalle religioni o dalle Chiese. Siparla già di un Dio senza religione, di unDio veramente universale con il qualeogni persona umana, a partire dall’in-carnazione del Logos, può trattare diret-tamente e senza la mediazione di castespecializzate. Se tutto viene da Dio - ivalori umani sopra elencati - tutto puòcondurre a Lui, compresa la religione.Certo la religione è una luce che illuminatutti gli altri valori, tutti gli altri sentieriche conducono a Dio e, a prima vista, lasi giudica come mezzo indispensabile.Ma sarà proprio così? In paradiso trove-remo milioni di persone che non hannopraticato nessuna religione. Sono gliuomini di buona volontà, gli uomini chehanno avuto una condotta onesta, indi-pendentemente dalle religioni. q

1 Missionario saveriano in Brasile, già direttore di CEMMondialità.2 Cfr. L’ora del dialogo interreligioso, «CEM Mondiali-tà», novembre 2009, p. 45.

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«È giunta l’epoca di costruire pontianziché innalzare muri».Giovanni Paolo II

Ben ritrovate e ben ritrovati. Che il1958 sia stato un anno importante,

almeno per me, con la mia venuta almondo, è un fatto di cui sono profon-damente certo. Questo forse non risul-terà significativo per la stragrande mag-gioranza degli abitanti del nostro pia-neta, ma che sia stato anche l’anno del-la realizzazione, in epoca moderna, diuna delle prime e più significative espe-rienze d’incontro e d’interazione tradue aree culturali e stili musicali appa-rentemente antitetici, beh, questo sìche ci deve stupire! O almeno in partefarci riflettere sul fatto che le culture,come le identità, sono e sono semprestate mobili, e che la pratica degli scon-finamenti sonori, e non solo, è attiva dasempre: da tutte le volte che nella storiadell’umanità si sono incontrate popola-zioni e narrazioni diverse. L’idea di mu-sica mondiale, coniata nella metà deglianni ’80 con la nota definizione diworld music, era davvero di là da veni-re, quando a New York, nell’ottobre del1958, Ahmed Abdul Malik realizzò unaserie di quattro brani dove metteva inrelazione le sonorità jazz del sax tenoredi Johnny Griffin, della batteria di AlHare Wood e del suo contrabbasso conle timbriche strumentali del suo ensem-ble di musica tradizionale mediorienta-le, costituito dall’oud (liuto) suonato dalui stesso, dal violino di Naim Karacand,dal qanun (salterio a pizzico) di Jack

Ghanaim, dal darabuka (tamburo a ca-lice) di Mike Hamway e dal duf (tambu-ro a cornice con cimbali) di Bilal Abdur-rahman. Risultato: un lavoro musicalestraordinario, originale e senza tempo.Abdul Malik era sicuramente abilitato acostruire un ponte tra due mondi: natoa Brooklyn nel 1927 da una famiglia su-danese, all’età di 7 anni iniziò a studia-re e suonare musica araba e orientale.Dal violino, suo primo strumento, passòallo studio del pianoforte, della tuba einfine del contrabbasso, strumento con

il quale operò per molti anni nell’ambi-to del jazz, suonando con musicisti im-portanti ed in particolare per un lungoperiodo con Thelonius Monk. Continuòanche a praticare la musica mediorien-tale, fondando il gruppo denominatoAhmed Abdul Malik’s Middle-EasternMusic, protagonista del disco Jazz Saha-ra. Il materiale musicale che lo caratte-rizza è attinto dalle tradizioni di diversipaesi: Egitto, Sudan, Siria, Giordania, èsapientemente miscelato con la dimen-sione sonora jazzistica, grazie anche allaportentosa musicalità del sax tenore diJohnny Griffin. Ma l’aspetto musicale eculturale più rilevante di questo lavorosta, a mio avviso, nel fatto che apre aljazz la strada alla pratica dell’improvvi-sazione basata sulla linea melodica, co-me avviene ad esempio nella tradizionearaba ed indiana, ridimensionando oescludendo il riferimento agli accordi,cioè alla struttura armonica dei brani, ti-pica della tradizione musicale accademi-ca dell’occidente. Di lì a poco John Col-trane, con le sue melodie senza fine, incontinua variazione, sublimò questonuovo modo di generare l’improvvisa-zione nell’ambito del jazz. Buon ascoltoa tutte e a tutti. q

nuovi suoni organizzati

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Ahmed Abdul Malikun ponte del 1958tra il Medio Oriente e l’Americadi Luciano Bosi

Jazz SaharaAhmed Abdul MalikRiverside Records1993

Abdul Malik erasicuramente abilitato acostruire un ponte tra

due mondi: nato aBrooklyn nel 1927 da unafamiglia sudanese, all’etàdi 7 anni iniziò a studiaree suonare musica araba e

orientale

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marzo 2010 | cem mondialità | 43

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Qui, ieri. «Ho visto Miracolo a S. Annadi Spike Lee, ambientato nel 1944. Miha colpito la battuta di un soldato: “quiin Italia non fanno caso al colore dellanostra pelle, non come da noi in Ameri-ca”». Così mi ha scritto un amico.Qui, oggi. «Sono italiano e ho la pellenera. Un black italiano, come mi sonosentito dire al controllo dei passaportidell’aeroporto di Boston da africaneamericane addette alla sicurezza. Mavoi avete idea di cosa significa essereitaliano e avere la pelle nera proprionell’Italia del 2009?». Così comincial’articolo di Pap Khouma, pubblicato inprima pagina su Repubblica il 12 di-cembre 2009. Scandalo. Ma natural-mente c’è anche chi finge di indignarsie magari gongola.

Qui, domani? Fra le reazioni (di personeche conosco) all’articolo di Pap Khou-ma ne segnalo due che direi quasi agliestremi dello «spettro» democratico. Laprima di Anna, pelle bianca. «Purtrop-po la società italiana è così, fa meravi-

glia che i più ignoranti e razzisti sianonelle istituzioni pubbliche […]. ComePap Khouma, tantissimi si ritrovano do-po anni in Italia a subire queste umilia-zioni, speriamo che la maggior parte diloro abbia umorismo per controbatterea questi soprusi inaccettabili». La se-conda è di Xy, pelle nera. «Ha fatto ma-le Pap a scrivere quell’articolo. Sai per-ché? Tutto vero, a me capita lo stessoperò bisogna tacere: non serve denun-ciare, anzi fai felici i razzisti».Noi, ieri. Un salto indietro, al 1971. Al-fredo Zardin, veneto, 40 anni, è immi-grato a Zurigo, in cerca da lavoro, dadue settimane. Il 20 marzo entra in unbar a bere un caffé. Incontra GerhardSchwitzgebel, impiegato nella raccoltadi firme contro gli immigrati che lo in-sulta (Zardin non sa una parola di tede-sco), lo picchia e lo lascia moribondo sulmarciapiede. Nessuno interviene. I gior-nali svizzeri danno la notizia in ritardo,quasi solo per deplorare che alcuni lavo-ratori italiani abbiano scioperato perprotesta. «E siete zingari voialtri italiani /sentiva dirsi da gente straniera / sieterandagi in cerca di pane…» canterà an-ni dopo Franco Trincale per ricordarlo.Noi, oggi. «Lotta allo sputo straniero» èil titolo di una pagina (su Il fatto del 29novembre) dove si ricordano alcunedelle circa 800 delibere dissuasive, cioèrazziste, prese da amministratori leghi-sti - e non solo, purtroppo - contro gliimmigrati.Noi, domani? Suggerisco ai leghisti ecamerati annessi, a corto di idee dopo800 delibere, una «dissuasiva» che fino-ra è sfuggita alle menti migliori dellaPadania: il pianoforte non va, quell’ideadi tasti bianchi e neri insieme, suonatiin armonia, è pericolosa. Il rimedio èsemplicissimo. Il decreto 801 stabiliràche, quantomeno nel Nord Est, i tastisaranno bianchi e verdi. q

Ah, se il titolo di questa rubrica vi suonamisterioso provate a leggere Omsizzar al contrario…

omsizzar

Un «black» italianodi Daniele [email protected]

Humor neroForse non dovrei scherzaresu faccende così gravi ma viprego concedetemelo. Il decreto 802 potrebbedecidere che nel futuroprossimo l’unico humorconcesso è bianco...

«Purtroppo lasocietà italiana è

così, fa meravigliache i più ignoranti e

razzisti siano nelleistituzionipubbliche.

Come Pap Khouma,tantissimi si

ritrovano dopo anniin Italia a subire

umiliazioni,speriamo che la

maggior parte diloro abbia umorismo

per controbattere aquesti soprusiinaccettabili»

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A l liceo e nei primi anni di universitàmi allenavo a giocare a basket 1-2

volte al giorno, compresi i weekend.Una vita impegnativa, fatta di sforzi, sa-crifici e tante, veramente tante, rinun-ce. Ho vinto uno scudetto giovanile, hogiocato con giocatori che ora hannosfondato nell’Nba (National BasketballAssociation), mi sono allenato con unadelle squadre di serie A più forti d’Italiae con allenatori famosi. Grandi successidietro cui stavano grandi sacrifici. Gli al-lori sportivi conquistati non sono servitisolo alla gloria personale. La costanzanell’allenarsi con impegno tutti i giorni,nel fare le cose bene per migliorare erendere di più, nell’obbedire a un supe-riore, nel confrontarsi con i compagni,penso che siano componenti fonda-mentali nel mio cammino formativo. Senon si è capaci di organizzarsi la gior-nata, si finisce per fallire a scuola, nellosport o con gli amici. Era una vita dura,che però mi arricchiva, insegnandomi agestire il tempo e le forze. Lo sport, inparticolare quello agonistico di squa-dra, è, secondo me, un pilastro educati-vo fondamentale. Troppe volte è statosnobbato dai governi, dai genitori, dal-la cultura in generale e da alcuni intel-lettuali (che si vede lontano un miglioche non hanno mai fatto una vera com-petizione agonistica!). Lo sport occupail tempo di coloro che lo praticano, in-segna a gestirlo, mette di fronte aun’autorità ben più forte di quella del-l’insegnante, fa percepire il senso dellagerarchia, sviluppa la competizione, faconfrontare e condividere esperienzecon altri ragazzi in modo molto piùstringente di ciò che avviene in una

classe di liceo. È un mondo che in cam-po educativo dovrebbe essere valorizza-to al massimo. Oltre al benessere fisico(scientificamente dimostrato e oggifondamentale, considerato l’aumentoimpressionante dell’obesità giovanile),aiuta a formare il carattere. Non è ne-cessario fare il cammino che ho fatto io.Anche la squadra dell’oratorio può es-sere educativa. Il problema è che oggi,per una serie di ragioni, i ragazzi a 14-15 anni non fanno più sport. Al massi-mo si recano in palestra inseguendoscultorei modelli televisivi per il propriocorpo. Rispetto a molti anni fa si è ab-bassata l’età in cui i ragazzi abbando-

nano l’attività fisica seria. Un tempo ciòavveniva perché si andava all’universitào a lavorare; oggi al momento dell’ab-bandono non si hanno molte altre pos-sibilità e ci si ritrova con tanto tempo li-bero e molta noia. Una situazione chepuò spingere alla droga, alla sballo esoprattutto al dogma dei ragazzi di og-gi: divertimento a tutti i costi! Nonavendo nessuna attività extrascolasticadi rilievo, i ragazzi finiscono per esserepreda dei vortici consumistici e confor-misti della società.

vai tra’

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Sport, scuola di vitadi Francesco [email protected]

La costanza nell’allenarsi conimpegno tutti i giorni, nelfare le cose bene permigliorare e rendere di più,nell’obbedire a un superiore,nel confrontarsi con icompagni, penso che sianocomponenti fondamentali nelmio cammino formativo.Se non si è capaci diorganizzarsi la giornata, sifinisce per fallire a scuola,nello sport o con gli amici

Il paradosso è che un’attività che fa be-ne al fisico, alla mente e alla formazio-ne personale di un individuo è snobba-ta dalla scuola. Alcuni miei professoriignoravano che facessi vita sportiva,quelli che lo sapevano la consideravanopiù una perdita di tempo che un meri-to. Non ho mai preteso agevolazioni,mi sono sempre accontentato dell’«ele-mosina» rappresentata dal punto dicredito in più. Un punto che rendevauguale la mia fatica sportiva di tutto unanno a un corso di inglese estivo. Nonpretendo che si faccia come negli Usa,dove, se un ragazzo gioca bene a ba-sket, c’è la possibilità di frequentare ilcollege gratis, ma bisogna riflettere suquesta risorsa troppe volte ignorata,ma a mio parare fondamentale; è sem-plice, utile, molte volte gratificante, an-che se faticosa. q

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Non è un mistero per nessuno che lanostra scuola stia attraversando una dellefasi più difficili della sua storia. Ed èsoprattutto la scuola primaria (la vecchiascuola elementare) che sta soffrendo: ibambini e le bambine, le loro famiglie,ma in particolare le maestre e i maestri.Abbiamo discusso di questo, lo scorsoanno, in occasione dell’uscita del librocurato da Aluisi Tosolini Oltre la RiformaGelmini; e vorremmo continuare a farlo,stavolta servendoci di un espediente caroall’italianità. Un concorso… Certo, unconcorso speciale, con premi da poco,ma che ci potrebbe aiutare a riflettere suimotivi di questa crisi, e sulle vie peruscirne. C’è chi ha scritto, di recente, che«il maestro è come sparito dall’orizzontedell’educazione», e chi ha notato che«parlare bene l’italiano fa bene alla

democrazia». Dunque, «italiano corrotto,democrazia corrotta» (ha ragione GianAntonio Stella). La narrazione, la retorica, che hannoformato il cittadino italianodall’Ottocento ad almeno metà delNovecento hanno dato vita al libro Cuoredi Edmondo De Amicis.Scrive De Amicis: «Questo libro èparticolarmente dedicato ai ragazzi dellescuole elementari, i quali sono tra i novee i tredici anni, e si potrebbe intitolare:Storia d’un anno scolastico, scritta da unalunno di terza d’una scuola municipaled’Italia. Dicendo scritta da un alunno diterza, non voglio dire che l’abbia scrittapropriamente lui, tal qual è stampata.Egli notava man mano in un quaderno,come sapeva, quello che aveva visto,sentito, pensato, nella scuola e fuori; e

suo padre, in fin d’anno, scrisse questepagine su quelle note, studiandosi di nonalterare il pensiero, e di conservare,quanto fosse possibile, le parole delfigliuolo. Il quale poi, quattro anni dopo,essendo già nel Ginnasio, rilesse ilmanoscritto e v’aggiunse qualcosa disuo, valendosi della memoria ancorfresca delle persone e delle cose. Oraleggete questo libro, ragazzi: io speroche ne sarete contenti e che vi farà delbene».

Concorso CEM-Mondialità

CEM Mondialità, via Piamarta 9, 25121 Brescia - Tel. 030.3772780(3) - Fax 030.3772781 - [email protected]

Ecco allora il quesito del nostro concorso

Il libro Cuore di oggi qual è?Scriveteci, telefonateci, mandate e-mail… insomma, fate come vole-te. Non abbiate paura a esporvi! Aggiorneremo la classifica sul no-stro sito www.cem.coop e la premiazione si terrà a San Marino, du-rante il tradizionale Convegno CEM di fine estate (beninteso, tiran-do a sorte fra quanti si saranno pronunciati). Certo, oggi si potrebbericorrere ad altri linguaggi (film, canzoni, videoclip, e così via), manoi vi chiediamo dei libri! Libri leggibili da bambini e ragazzi… E ri-cordatevi di non riportare solo i titoli dei libri, ma anche un brevecommento che motivi la vostra scelta... Potete, se volete, compilarel’apposita scheda che trovate sul nostro sito.

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mediamondo

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Antonio Nanni e Antonella FucecchiRifare gli italiani. «Cittadinanza e Costituzione». Una risposta alla sfida educativaEMI, Bologna 2010, pp. 110, euro 9.00

Rifare gli italiani è ispirato al Documento di indirizzo del ministro Gelmini «Cittadinanza e Costitu-zione», volto, finalmente, a restituire dignità all’educazione civica nelle scuole trasformandola ineducazione alla cittadinanza consapevole e responsabile. Una cospicua parte del testo illustra epropone indicazioni operative per le scuole di ogni ordine e grado. Rifare gli italiani intende inoltrevalorizzare la componente progettuale implicita nel documento assumendola come urgente sfidaeducativa. Pur pensato per chi opera nel campo dell’educazione, il volume può essere letto ed usa-to anche dai cittadini attenti all’attualità perché contiene una sintetica ma efficace panoramica del-le principali questioni all’ordine del giorno. Oltre a recuperare il senso civico e il rispetto delle rego-le, il volume rilancia il ruolo della scuola come insostituibile palestra di democrazia. Lo studio atten-to della Costituzione, il «patto che ci lega», è la premessa civile e politica sulla quale costruire un’in-tesa solidale, cooperativa e democratica, aperta alle componenti più diverse della nostra società inrapida trasformazione. I nuovi italiani troveranno nella Costituzione e nella difesa dei suoi principilo strumento idoneo per affrontare le sfide che il nostro paese, segnato dal declino economico edal collasso morale, non può assolutamente perdere.

Luciano Corradini (a cura di)Cittadinanza e Costituzione. Disciplinarità e trasversalità alla prova della sperimentazione nazionaleTecnodid Editrice, Napoli 2009, euro 32.00

Il volume curato da Luciano Corradini, che si presenta come una guida teorico-pratica per i docenti,offre elementi di chiarificazione e di aiuto concreto per orizzontarsi in una materia caratterizzatada multidimensionalità e da trasversalità. Tre sono le aree concettuali ed operative esplorate al fine

di mettere in luce le caratteristi-che della nuova disciplina. Nellaprima, vengono trattati gliaspetti di legittimazione etica,pedagogica e giuridica di «Cit-tadinanza e Costituzione», inse-gnamento inteso sia comesfondo integratore, sia comedisciplina autonoma. La secon-da riguarda le valenze che lesingole discipline (anche lonta-ne dall’area storico-geografica)hanno in ordine ai valori civili e

sociali espressi nella Costituzione; mentre la terza area delinea i processi di programmazione e divalutazione che la scuola deve affrontare, sia nel caso dello sviluppo di una materia autonoma di«Cittadinanza e Costituzione», come viene auspicato dai curatori del volume, sia in ogni altra ipo-tesi che le scuole sceglieranno in autonomia. Un’ampia appendice è riservata ai testi normativi del-le legislazione italiana ed europea in merito al tema di «Cittadinanza e Costituzione».

I materiali segnalati (e non segnalati) possono essere richiesti allanostra Libreria dei Popoli che fa servizio di spedizione postale, consconti del 10% per gli abbonati e pagamento in CPP a materiale giàricevuto (nelle richieste specifica che sei un abbonato di CEM)www.saveriani.bs.it/libreria - [email protected]

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i paradossi giovanni gargano

Bangladesh... non un mondo a partema parte di questo mondo!

Quando si sente parlare del Bangladesh, ilpiù delle volte lo si immagina come unpaese perso nel nulla, dove tutto sembra

andare alla rovescia… diciamo che è un «mondo aparte»! Usando questa espressione, però, c’è il ri-schio di rimanere fuori da quel mondo… si restasulla soglia a guardare perché si ha paura di la-sciarsi coinvolgere, temendo la perdita della pro-pria identità. Allora cerchiamo di fare osservazio-ni legittime e veritiere. Il Bangladesh, come tuttigli altri paesi, è un ambiente da scoprire, da ri-

spettare e da valorizzare nella suacultura, nella sua storia, nella sualetteratura, nella sua musica, nel-la sua danza e nella sua popola-zione. Nonostante lo stile di vitacaotico che si può incontrare, ilpaese si muove in diverse direzio-

ni… possiamo dire eppur si muove! Anche qui lagente nasce, vive e muore, cioè cerca di vivere inpieno la propria vita nonostante le mille difficoltàda affrontare ogni giorno. La gente semplice col-tiva nel cuore un sogno da realizzare. Disporre diacqua potabile, lavarsi con acqua pulita, mangia-re ogni giorno, andare a scuola, avere una casa inmattoni con il tetto in lamiera, avere un buon la-voro, essere allacciati alla corrente elettrica, ecc.,sono i desideri di ogni persona… come in qualsia-si altra parte del mondo.Ovviamente, come ogni altro paese, anche il Ban-gladesh deve confrontarsi con meccanismi che nebloccano lo sviluppo, come la corruzione politica-partitica-familiare. Il più forte detiene il potere,chi ha più soldi può tutto, sfruttare e distruggere,pur di arricchirsi e aumentare il proprio potere. Èda mettere in luce l’impegno del paese nella difesadi diritti umani, è stata istituita anche una Com-missione governativa per la loro tutela. La sensi-bilità verso alcuni problemi aumenta e spinge lenuove generazioni a parlarne e ad affrontare larealtà con un atteggiamento diverso, lontano daquello del «padrone» di una nazione. Fanno parte di questo mondo le migliaia dibambini/e che per strada si arrangiano racco-gliendo cose vecchie da rivendere per collabora-

re alla vita familiare. Fa parte di questo mondoil senso di libertà che vedo nella gioia dei bam-bini quando giocano con l’aquilone. Fa parte diquesto mondo anche l’arte di riciclare ogni cosaper poi rivenderla e riutilizzarla per creare nuo-vi oggetti. Fanno parte di questo mondo i famo-si «spiedini» di sterco di mucca, che una voltaseccati servono a fare fuoco per cucinare, maanche le donne che per lo stesso motivo raccol-gono le foglie secche.In tutto questo, la lotta alla salute: il curarsi è pri-vilegio di poche persone, una semplice operazio-ne significa tanti soldie tanti sacrifici. Eccoche entrano a far partedi questo mondo leéquipe di medici italia-ni che durante l’anno sialternano al Bicitra Ho-spital di Khulna nel cu-rare le persone congravi malformazioni.È triste dirlo, ma faparte di questo mondoanche la diffusionedell’eroina, che mietevittime dappertutto,tanti giovani cadono inquesta trappola. Faparte di questo mondoanche lo sfruttamentodella donna, che non viene valorizzata nella suapersona ma vista solo come qualcosa da usare oda comandare; suo compito è solo obbedire e pre-occuparsi della famiglia e della crescita dei figli.Per fortuna, anche in questo campo molte cosestanno cambiando, alle ragazze è offerta la possi-bilità di studiare e di prendere coscienza dellapropria dignità di persona.Concludo prendendo a prestito il titolo di un filmdi Max Weber, Così vicini così lontani, allo stessomodo così definisco anch’io il Bangladesh: è cosìvicino ma così lontano dal nostro modo di essere,ma non per questo un «mondo a parte», il Bangla-desh è «parte di questo mondo»! Shanti! q

Giovanni Gargano è missionario saveriano

in Bangladesh Anche ilBangladesh deveconfrontarsi con meccanismiche ne bloccano lo sviluppo, come la corruzionepolitica-partitica-familiare. Il più forte detiene il potere,chi ha più soldipuò tutto

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la pagina di... rubem alves

Speranza e allegria

La speranza serve per dare allegria a coloroche sono tristi. Essa è una stella. Le stellenon appaiono durante il giorno. Brillano

solo di notte. Solamente coloro che camminano dinotte possono vederle. «Ma le stelle sono molto lontane, in cielo. Comefanno a rendere felici gli afflitti in terra?». È vero:le stelle sono molto lontane. Sono inarrivabili…ed è addirittura probabile che molte di questestelle non esistano più. Ma «che cosa sarebbe dinoi senza l’aiuto delle cose che non esistono?»(Paul Valery). Quello che non esiste ci può aiuta-re? I sogni… i sogni non esistono. Eppure è con isogni che coloro che hanno speranza si alimenta-no. Quelli che vedono le stelle a volte sono chia-mati poeti, altre profeti. È stato durante una not-te molto scura che un profeta ha visto queste stel-le inarrivabili: «Lupi e agnelli vivranno insieme ein pace, i leopardi si sdraieranno accanto ai ca-pretti. Vitelli e leoncelli mangeranno insieme, ba-sterà un bambino a guidarli. Mucche e orsi pasco-leranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno gliuni accanto agli altri, i leoni mangeranno fieno

come i buoi. I lattanti giocheranno presso nidi diserpenti e se un bambino metterà la mano nellatana di una vipera non correrà alcun pericolo...»(Is. 11, 5-8).La speranza vede quello che non esiste nel presen-te. Esiste solamente nel futuro, nell’immaginazio-ne. Quest’ultimo è il luogo dove le cose che nonesistono, invece esistono. Questo è il mistero del-l’animo umano: ci aiuta ciò che non esiste. Quandoabbiamo speranza, il futuro si impossessa del no-stro corpo. E danziamo. Il poeta che ha scritto que-sto poema era ubriaco di speranza. E chi è posse-duto dalla speranza è gravido di futuro…La cosa più sorprendente in tutto questo discorsoè che la stella inaccessibile ha un volto di bambi-no… Coloro che sanno ascoltare la melodia del fu-turo piantano alberi alla cui ombra non si siede-ranno mai. Ma non importa. Essi si rallegranopensando che i bambini legheranno altalene aisuoi rami… q

Traduzione di Marco Dal Corso

Se le stelle sono inarrivabili

Questo non è motivo per non volerle…Che tristi i sentieri

Se non fosse per la magica presenzadelle stelle… Mario Quintana

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49° Convegno NazionaleCEM MondialitàSan Marino, 26-30 agosto 2010Adesso!

Dalle paure al coraggio civile per una cittadinanza glocaleSede del ConvegnoHotel San Giuseppevia delle Felci 347893 ValdragoneRepubblica di San Marino

Per informazioni CEM Mondialità tel. 030.3772780 - fax [email protected]

relazionilaboratoriincontriserate

Oltre 50 nazioni rappresentate, 80 tra film e video proiettati

Un appuntamento storico per gli appassionati del cinema del Sud del mondo che intendepromuovere la conoscenza delle realtà e delle culture dei paesi dell’Africa, dell’Asia e

dell’America Latina, dando la parola alle persone che a tali culture e realtàappartengono. Il programma prevede due sezioni «competitive»: i concorsi

«Finestre sul mondo», aperto ai lungometraggi di fiction e aidocumentari di Africa, Asia e America Latina,e tre concorsi

riservati all’Africa: miglior film africano e migliori cortometraggi di fiction e documentari.

CEM Mondialità partecipa all’iniziativa promuovendoil Premio CEM – DUDAL JAM, destinato al

cortometraggio che una giuria di studenti dellescuole medie e superiori di Milano segnalerà come

l’opera più attinente ai temi del dialogo e dellaconoscenza tra le culture.

Festival Center Casello Porta VeneziaAuditorium San Fedele

Spazio Oberdan • Cinema GnomoCinema Rosetum

Centre culturel français de Milan

Segreteria Festival: tel. +39 02 6696258

www.festivalcinemaafricano.org

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profeti di una nuova umanita’

Brescia, sabato 8 maggioD

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Convegno Missione Oggi 2010

n MATTINATA

9.00 Accoglienza 9.15 Introduzione

p. Mario Menin Direttore di “Missione Oggi”

9.30 Stranieri e migranti Profezia di un mondo nuovoDon Arrigo ChieregattiTeologo e psicoterapeuta, Università di Bologna

10.15 Stranieri e migrantiPer un’ecologia delle paroleProf. Annamaria RiveraAntropologa ed etnologa, Università di Bari

11.00 Pausa caffé

11.30 Dialogo con i partecipantimoderatoreProf. Brunetto Salvarani Direttore di “CEM Mondialità”

discussant Dott. Lydia Keklikian Vincitrice Premio Speciale Slow Food Terra Madre 2009

12.30 Pausa pranzo

Chiesa di San Cristo | Via Piamarta 9 | Brescia | Tel. 030.3772780 | www.saverianibrescia.com/missione_oggi.php

Convegno promosso da CSAM - Missionari Saveriani

n POMERIGGIO

14.00 Stranieri e migranti in EuropaPer una nuova pastorale interculturalep. Livio PegoraroCoordinatore del Servizio della pastorale dei migranti della diocesi di Tournai (Belgio)

14.45 Stranieri e migrantiQuale cittadinanza?Tavola rotonda con:

On. Andrea SarubbiDeputato PD Promotore della legge sulla riforma della cittadinanza

On. Fabio GranataDeputato PDLPromotore della legge sulla riforma della cittadinanza

moderatoreDott. Franco ValentiPresidente della Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo

16.00 Pausa caffé

16.15 Dialogo con i partecipanti moderatore p. Marcello StorgatoDirettore di “Missionari Saveriani”

discussant Don Fabio Corazzina Parroco e membro di Pax Christi Italia

16.45 Conclusioni a due voci

Don Flavio Dalla Vecchia Biblista di Brescia

Dott. Franco Valenti

17.30 Saluto finalep. Mario Menin

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