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t t i i c c i i n n o o N° 29, luglio 2011 La farmacia della natura

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ttiicciinnooN° 29, luglio 2011

La farmacia della natura

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2 EDITORIALE

La farmaciadel Signore

IndiceDi uomini e piante 3Un tempo ci curavamo così 5Malva e arnica: preziose alleate 8Bruna Martinelli e l’elogio della curiosità 10Antichi saperi, ricerche moderne 12In breve 13Attività giovanili 15

ImpressumBollettino trimestrale della SezioneTicino di Pro Natura. Viene allegatoalla Rivista nazionale di Pro Natura.Editrice:Pro Natura TicinoSegreteria:Viale Stazione 10, c.p. 2317,6500 BellinzonaTel.: 091 835 57 67Fax: 091 835 57 66E-mail: [email protected]: 65-787107-0Internet: www.pronatura.ch/tiCommissione redazionale:Christian Bernasconi, Fiorenzo Dadò,Andrea Persico, Sara Rossi, Luca Vet-terli, Serena WiederkehrRedattrice responsabile:Serena WiederkehrProduzione e stampa:Schlaefli & Maurer AG, InterlakenTiratura:3000Immagini di copertina:Copertina: Arnica montana; ultima dicopertina: fiori maschili di Rhodiolarosea (foto: Andrea Persico).

Nicola Patocchi (foto: Pro Natura Ticino).

Intrigante!Il legame privilegiato tra questi due re-gni passa tramite il femminile, basti pen-sare all’attrazione spontanea che esistetra le donne e i fiori, svelandone le affi-nità ricettive e di aspirazione alla bel-lezza.Forse solo il racconto poetico può co-gliere questi aspetti sottili, ma anche icontributi di due etnobiologhe e le testi-monianze di una saggia contadina pos-sono aprire una finestra su questi aspettidel mondo.«Guarda! Ci sono fiori e benedizioni!C’è il sorriso dell’Amore divino! / Essoè senza preferenze e avversioni. / Scatu-risce per tutti in un generoso flusso / emai riprende a sé i suoi meravigliosidoni!»Mère (Mirra Alfassa), trad. di N. Man-cuso.

Nicola Patocchi

Forse grazie alle sue capacità di acqui-sire forza vitale direttamente dal sole, alregno vegetale sono attribuite proprietàparticolari a disposizione per il regnoumano.Molti grandi pensatori hanno segnalatoqueste caratteristiche, per esempio Sant’Agostino (La città di Dio):

«Il neoplatonico Plotino dimostra permezzo dei fiori e delle foglie che dal DioSupremo, la cui bellezza è invisibile eineffabile, la Provvidenza giunge finoalle cose della terra quaggiù. Egli faosservare che questi oggetti fragili emortali non potrebbero essere dotati diuna bellezza così immacolata e di cosìsquisita fattura se esse non promanas-sero dalla Divinità che senza fine per-vade tutte le cose con la sua invisibile eimmutabile bellezza.»

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3 CONOSCERE

Immagini di curanderos (tratte da Internet:

artemaya.com; indigoarts.com;

chiltepe54.blogspot.com).

Di uomini e pianteDalla notte dei tempi l’uomo si relaziona con il mondo vegetale che locirconda usufruendone nei più svariati modi per nutrirsi, costruire ecurarsi. Un ruolo speciale spetta alle piante medicinali, da sempre al-leate preziose per mantenere sano il fisico e lo spirito.

Ovunque, da tempo immemoreLa cura delle malattie con erbe e pianteha radici antichissime: piante medici-nali sono state rinvenute in Iraq in tombevecchie di 60 mila anni e anche in Indiail loro uso è certo da oltre 10 millenni.Le più antiche testimonianze scritte ri-salgono alle tavolette sumere (4000 a.C.con la menzione di centinaia di piante edel loro uso, ad esempio della bella-donna e dell’oppio) e anche i Veda, testisacri indiani, testimoniano dell’impiegodelle piante medicinali. Il primo verotesto di rimedi è costituito dai papiriEbers (1550 a.C.) che tratta 700 ricetteper differenti malattie, ma ancor più an-tico è l’Erbario cinese di Shên Nung(2700 a.C.) che elenca 365 specie conindicazioni medicamentose, una perogni giorno dell’anno. Dai Greci ab-biamo ereditato molti trattati di medicinatra cui quello di Discoride (De materiamedica, 65 d.C.) che, rifacendosi a Ip-pocrate, Teofrasto e altri medici, elenca650 sostanze medicamentose di originevegetale. Questo testo resterà un classicodella farmacologia fino al XVI secolo.

Rivelazioni e osservazioniIl bagaglio di conoscenze terapeutichesulle piante è stato acquisito nei più sva-riati modi con il concorso dell’intui-zione, della rivelazione dal mondo so-prannaturale (per il tramite di divinità,avi defunti o sogni) come pure con os-servazioni empiriche e anche col caso.Attirati da forme, colori e profumi, gliuomini hanno provato le piante, racco-gliendo successi e intossicazioni; essihanno inoltre minuziosamente osservatogli animali: è il caso, ad esempio, dellatribù dei Chippewa, i cui rimedi migliori(radici, ghiande, bacche e altro) corri-spondevano, stando alla leggenda, alladieta dell’orso in determinate circo-stanze.

Guaritori e cure popolariLe conoscenze terapeutiche sulle piante,chi le detiene, e come vengono tra-smesse, dipende specificamente dal con-testo culturale. Su molte malattie cor-renti, le conoscenze erano ancorate inmodo diffuso nella popolazione e veni-vano trasmesse di generazione in gene-

L’etnobotanicaDisciplina che si situa tra le scienze naturali e quelle umane, l’etnobotanica stu-dia, nel loro sviluppo storico, le relazioni tra società umane e mondo vegetale. Alsuo interno le piante medicinali e il loro uso nelle pratiche di guarigione assumonoun ruolo fondamentale.Dalla pratica antichissima, l’etnobotanica in quanto disciplina, si sviluppa prepo-tentemente a partire dal Rinascimento quando le conoscenze dei botanici esconodai monasteri ed iniziano a giungere le novità della «scoperta» delle Americhe: par-tono allora le grandi spedizioni a caccia di nuove piante e saperi. Le conoscenzecosì acquisite dagli etnobotanici, in particolare nei paesi del Sud, diventeranno unavera miniera d’oro per la industrie farmaceutiche (vedi riquadro sulla biopirate-ria a pag. 4).Grazie ai mutamenti della percezione, l’etnobotanica considera oggi in modo ap-profondito il sistema di rappresentazioni delle società studiate e affronta pertantoanche la percezione del corpo, della salute e della malattia, concentrandosi sul-l’urgenza di salvare i saperi popolari che stanno scomparendo ad un ritmo im-pressionante.

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CONOSCERE 4

razione tramite canti, poemi o scritti;per malattie più complesse ci si rifacevaspesso allo sciamano, al curandero o astreghe e stregoni, persone con cono-scenze e poteri straordinari che traman-davano il loro sapere per via iniziatica.In molte parti del mondo le svariateforme di medicina si accostano e si com-pletano a vicenda in un miscuglio tuttonuovo comprendente aspirine, antibio-tici, medicine alternative e perfino riti didepossessione.

Ciascuno a modo suoIn moltissime culture mondo vegetale espirituale erano, e in parte sono ancora,strettamente connessi. Se Aristotele at-tribuiva una «psyché» a ogni pianta, nu-merose sono le culture che vi attribui-scono un’anima o in cui le erbe vengonoassociate a delle divinità o rivestono po-teri magici. In molte etnie amazzonicheo nordamericane e sibiriche, l’uso delleerbe medicinali è strettamente connessoa esperienze spirituali e sciamaniche cheriguardano i sogni, le visioni, il respiro,il canto, la preghiera, il digiuno. La ma-lattia è percepita come fisica o spiri-tuale e lo sciamano ha il compito di cer-care nei suoi viaggi lo spirito dellepiante, ovvero la loro energia, e ap-prende direttamente da loro come me-glio debbano essere usate per trarne be-neficio dalle loro proprietà curative, siaper il corpo che per la mente.La miriade di usi delle piante non fa al-tro che riflettere la moltitudine di modi

di percepire il corpo, la malattia, la sa-lute e la morte, per le quali definizioni epercezioni sono tutt’altro che universali.

Un sapere minacciatoDelle 270 mila piante oggi inventariate,si stima che circa 20 mila siano utilizzatenella farmacopea umana. La conoscenzadei loro poteri curativi e delle rispettivesostanze (come la digitossina, l’atro-pina, la morfina e la chinina) ci è datadalle culture tradizionali ma tende oggia perdersi sotto i colpi della medicinamoderna (anche se l’80% della popola-zione mondiale dipende ancora dallamedicina popolare). Dopo anni di de-clino, in cui veniva considerata come lamedicina dei poveri, in Occidente la fi-tomedicina sta però rifiorendo perchél’efficacia della medicina moderna con-tro molte malattie appare scarsa pur pro-vocando effetti collaterali indesiderati.

Pericolo sottovalutatoSpesso si cade nell’equivoco che tuttociò che è «naturale» non fa male, non haeffetti collaterali o è un rimedio blando.I principi attivi di molte piante sono peròquelli poi ripresi anche dalla farmacopeamoderna e possono essere assai perico-losi: è quindi sempre consigliabile evi-tare di assumere erbe o decotti senza ilconsiglio di un professionista, che sia unmedico, un naturopata, un farmacista oun erborista.

Serena Wiederkehr

BiopirateriaBiopirateria è lo sfruttamento com-merciale delle conoscenze medichetradizionali dei popoli indigeni senzaritorno a loro favore. Essa genera ine-quità tra i paesi in via di sviluppo, ric-chi in biodiversità, e le nazioni con leindustrie farmaceutiche. L’accordoABS (Access and Benefit Sharing) fir-mato a Nagoya (Giappone) alla finedel 2010 ha gettato le basi per condi-videre i vantaggi dell’uso di questericchezze.Un caso emblematico è quello dellacasa farmaceutica Eli Lilly che fecebrevettare un procedimento per sfrut-tare il principio attivo della vincri-stina (un antileucemico), sottraendocosì ogni diritto legale alle popola-zioni malgasce che avevano indivi-duato le proprietà benefiche dellapervinca, la pianta da cui vieneestratto.

Schiacciati tra le dita, i fiori di iperico liberano

oli essenziali e pigmenti rossi (foto: Andrea Per-

sico).

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Le piante medicinali nella farma-copea popolareL’uso delle piante medicinali nel nostrocantone a inizio Novecento riflette lemalattie e i disturbi legati alla situazionesocioeconomica e igienico-sanitariadella popolazione. Studiandolo, riu-sciamo a capire in che condizioni vive-vano e lavoravano le persone a queitempi: troviamo infatti molte patologiedi natura respiratorio-infettiva facenticapo ai cosiddetti «colpi di freddo»(tosse, bronchite, mal di gola, catarro,febbre) particolarmente frequenti in in-verno e curati quasi sempre con tisane eimpiastri.La farmacopea vegetale in Ticino erainoltre diffusa nella cura degli incidentipiù comuni fra le mura di casa, sui

campi, durante i lavori forestali o all’al-peggio, specialmente nel corso della fie-nagione: ferite, morsicature e punturedi animali velenosi, bruciature, contu-sioni, distorsioni, fratture ecc. Se tra-scurati, questi incidenti potevano avereun decorso nefasto. I rimedi usati perbloccare e lenire tali traumi erano quindinumerosi. La pelle rappresenta di fatto ilmaggiore campo d’applicazione dellafarmacopea popolare ticinese: più dellametà delle piante recensite nell’inventa-rio concernono questa categoria tera-peutica.Numerose anche le citazioni che sotto-lineano il ruolo delle tisane e di altre pre-parazioni nel facilitare la digestione dicibi spesso carichi di calorie e di grassi,importanti per fare fronte a lavori pe-

CONOSCERE 5

Per tre anni ho percorso il nostro cantone, intervistando persone an-ziane e passando al vaglio documenti d’archivio e materiali del Centrodi dialettologia e di etnografia; obiettivo: ricostruire l’inventario dei ve-getali usati nella medicina popolare ticinese.

Fiori di calendula e borragine (foto: Corinne

Broquet).

Un tempo ci curavamo così

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santi, specie durante i mesi più freddi.Questa tendenza, tipica di una culturacontadina, è ben radicata nella memoriadella maggior parte degli informatori ti-cinesi. Molti di questi rimedi trovanoancora oggi un uso frequente fra gli an-ziani intervistati, poiché capaci di leniretutti quei problemi legati alla digestioneche si acuiscono con l’età.

Tisana e grappa:i rimedi più usatiLa principale forma di preparazione deirimedi era la tisana, dove i principi attivisono portati in soluzione tramite mace-razione in acqua bollente (infusione) obollendo le parti vegetali per un certotempo (decotto). Nelle parlate dialettali,si usa spesso il sostantivo aqua seguitodal nome del vegetale per definire de-cotti e infusioni. Semplice e rapida dapreparare, la tisana esplica una tripliceazione reputata benefica dalla medicinapopolare: veicola il calore all’internodel corpo, facilita la traspirazione e sti-mola la diuresi.Oltre alle tisane, sono i distillati, quasisempre sotto forma di grappa, a esseremaggiormente citati come rimedio orale,spesso con l’aggiunta di un’erba medi-cinale. Questi preparati figurano fra iprincipali rimedi preposti ad agevolarela digestione.

Il sole e l’altitudineLa farmacopea popolare tende a crearedelle gerarchie di efficienza terapeutica,frutto di una pratica atavica basata sul-l’esperienza, sull’osservazione e su unabuona dose di spirito critico. Ad esem-pio, maggiori virtù sono attribuite alleerbe colte nei siti più soleggiati. Oltre amotivi pratici (le parti umide della piantatendono a fermentare, ed è quindi scon-sigliabile coglierle il mattino presto, inserata o subito dopo la pioggia), si pensache per il tramite dei raggi solari i prin-cipi attivi siano potenziati.La migliore qualità, il profumo e la pu-rezza delle erbe colte lontano dai centriabitati, preferibilmente in alta quota,concorrono a giustificare l’efficacia te-rapeutica attribuita dal sapere popolarea questa tipologia di piante: ciò spiegaad esempio come il timo serpillo (Thy-mus serpyllum L. agg.) sia reputato più

attivo rispetto al timo coltivato (Thymusvulgaris L.) e la ventaglina alpina (Al-chemilla alpina agg.) sia preferita allaventaglina comune (Alchemilla vulgarisL. agg.).

Spiritualità e magia La medicina popolare possiede anchetutta una serie di rimedi basati su riti,formule e pratiche che ruotano attornoalle figure dei santi. San Giovanni Bat-tista, festeggiato il 24 giugno, condensapiù di ogni altro riti propiziatori, profi-lattici e apotropaici (che allontanano gliinflussi maligni) comuni a molte regionid’Europa: «Adesso le dico, oggi è SanGiovanni … la sera, qui da noi, quandoeravamo bambini portavamo una cami-cia nel prato vicino [...] C’era la ru-giada che era medicinale, per San Gio-vanni … e mettevamo anche un catino,così, per lavarsi alla mattina … la ca-micia la mettevamo su, dopo … e seavevi qualche male da qualche parte, lotoglieva!» (testimonianza di un’infor-matrice di Vogorno).Un altro rituale consisteva nel racco-gliere in mazzi, allo spuntare del sole del24 giugno, le erbe campestri ancora ba-gnate di rugiada, la quale conferiva al ri-medio speciali virtù curative. I fiori delmazzo, consacrati in chiesa, erano usaticome rimedio contro i malanni dellagente e del bestiame: «[In Valle di Ble-nio] il mattino della festa di San Gio-vanni, all’alba del 24 giugno, si coglieval’iperico, si andava poi in chiesa perbenedirlo … si preparava allora un in-fuso che si dava da bere alle mucche,prima che partissero per l’alpeggio ... sipensava che questa bevanda le proteg-gesse durante l’estate» (testimonianza diun’informatrice di Locarno).

La donna:al centro della cura dei malatiAll’interno delle comunità valligiane, iproblemi legati al benessere, all’igiene ealla salute del nucleo familiare eranogestiti e risolti dalle donne che, occu-pandosi dei figli e degli anziani, dove-vano essere pronte a curare i malati.«A quell’epoca, c’erano solo i rimedinaturali … c’era certo il medico di con-dotta, ma veniva unicamente quando siera gravemente malati» (testimonianza

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Raccolta di semi di carota (foto: Corinne Bro-

quet).

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di un’informatrice di Medeglia). La far-macia di casa, quasi interamente gra-tuita, si affidava dunque soprattutto alleerbe medicinali, come lo testimoniano iproverbi dialettali aqua e praa al spezieel’è bell e faa e tücc i erb ca varda in sü,i g’ha la so virtü. Ogni famiglia o co-munità ha quindi imparato a conosceree sfruttare al meglio alcune delle risorsevegetali attraverso una «farmacia do-mestica» a base di qualche erba medici-nale. Essendo di facile insegnamento ealla portata di tutti, le conoscenze me-diche popolari erano di dominio pub-blico e trasmesse da una generazioneall’altra attraverso la pratica e la parola.Parenti e conoscenti scambiavano e dif-fondevano consigli e ricette, di cui èspesso difficile accertare la provenienza:«Sono stata iniziata da ragazzina, sul-l’alpe e sui monti, ai poteri delle erbe,da mia zia Angelica [...] Ma anche miamadre sapeva molte cose, anche se dasposata non è più andata in montagna»(testimonianza di un’informatrice diBiasca).

Saperi che si perdono,conoscenze che rinasconoL’uso sistematico e diffuso delle piantemedicinali pare interrompersi con le ge-nerazioni tra la fine dell’Ottocento e laprima metà del Novecento a seguito deiprogressi strutturali, istituzionali e me-dici conseguiti dal Cantone. Sembraquindi che la mancanza di necessità ab-bia influito in maniera importante sul-l’erosione di molte conoscenze familiariconcernenti la flora medicinale e i ri-medi vegetali: questo aspetto è partico-larmente evidente per le pratiche di ve-terinaria, soppiantate dai cambiamentitecnologici del mondo agro-pastorale edalle norme d’igiene, prevenzione e vac-cinazione. Il mutamento dello stile divita e della composizione dei nuclei fa-migliari ha inoltre ridotto la condivi-sione degli spazi e delle attività tra le ge-nerazioni, riducendo la solidarietà legataalla cura dei malati, dei bambini e deglianziani. Così le conoscenze su molti ri-medi, ancora in voga durante l’infanziadegli informatori, non sono stati tra-smessi alle giovani generazioni.

È vero però che l’uso delle piante medi-cinali scaturisce anche dalla passione,dall’interesse e dalla sensibilità di ognisingolo individuo, indipendentementedal vissuto, dal sesso e dall’età. Così,sebbene ai giorni nostri non tutte lepiante medicinali siano facilmente ac-cessibili, alcuni informatori continuanoa servirsi dei rimedi offerti dalla natura,ben coscienti dell’importanza del vege-tale come alternativa al medicamento disintesi. Aggiungendo alle pratiche ap-prese dalla tradizione orale e dall’espe-rienza l’apporto di nuove conoscenze,queste persone hanno costruito un sa-pere-mosaico in continua trasforma-zione: resta ancora da approfondire ilruolo delle giovani generazioni, anchecircoscritte a determinate categorie pro-fessionali (erboristi, fitoterapisti, ecc.)nell’applicare e nel diffondere le cono-scenze di stampo tradizionale.

Giulia Poretti Lozano

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Descrizione scientifica della malvaIn Ticino si usano tradizionalmente la malva selvatica e lapiccola malva o malva domestica, originarie dell’Europameridionale e dell’Asia. Prediligono i terreni fertili: s’in-contrano nei luoghi incolti, vicino ai detriti, lungo le siepie i sentieri, dal piano alla montagna. Crescono anche confacilità nei giardini. La malva selvatica (Malva sylvestrisL., nell’illustrazione) è una pianta erbacea biannuale o pe-renne. I fusti eretti, spesso robusti, possono superare ilmetro di altezza. Le foglie sono alterne: quelle superiori sidividono in 3–7 lobi dentati, più o meno profondi, acuti oarrotondati. I fiori hanno color porpora chiaro, con vena-ture scure. La malva domestica (Malva neglecta Wallr.) èpianta annuale, talora perenne. Raggiunge al massimo 40 cm di altezza: possiede fusti prostrati o appena ascen-denti, ramificati e ispidi. Le foglie sono più tondeggiantidella malva selvatica, lievemente palmato-lobate. I petalihanno colore bianco-rosa pallido.

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Malva e arnica:preziose alleateDue esempi di preziose erbe usate nella farmacopea europea: lamalva, famosa per «guarire tutti i mali» e l’arnica, che non si ingeriscema si applica su ematomi, ferite e punture d’insetti.

La malvaLa malva era già nota agli antichi Grecicon il nome di malaché (da malakòs, chesignifica molle) e presso i Romani: il suonome deriva dal verbo mollire, con rife-rimento sia alla morbidezza delle fogliesia alle proprietà emollienti. Nel XVI se-colo quest’erba fu anche battezzata om-nimorbia, perché si riteneva efficace con-tro tutte le malattie.Oltre a essere uno dei rimedi vegetali dibase della farmacopea popolare europea,in modo speciale nel Sud dell’Europa, lamalva riunisce in Ticino la quasi totalitàdelle indicazioni che le si attribuisconotradizionalmente tanto in medicinaumana che in medicina veterinaria. Lasua efficacia curativa è scandita da dueproverbi diffusi un po’ ovunque sul terri-torio cantonale, La malva, tücc i maa lacalma e malva: mal va (il male va, passa).

La malva godeva di ampio uso soprat-tutto per le sue proprietà antinfiamma-torie ed emollienti: «La malva è controle infiammazioni … anche per fare ba-gni, per ascessi, così … è buona pertutto … si può bere anche il tè, o fare im-pacchi, a seconda del male che si ha …magari quando si ha un ascesso, così,per farlo maturare» (testimonianza diun’informatrice di Bedretto); «La malvaera antinfiammatoria, se si vuole direcosì ... [...] per mal di denti o infiam-mazioni alle gengive, la malva erabuona» (testimonianza di un’informa-trice di Airolo). L’azione lenitiva sullemucose bronchiali la rende efficace nelfavorire l’espettorazione e nel calmare latosse. È anche un regolatore intestinaleper anziani e bambini e da sempre vieneutilizzata come blando lassativo.

Malva selvatica (© Missouri Botanical Garden,www.illustratedgarden.org).

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L’arnicaI ricordi sugli usi medicinali dell’arnica,cui è legato un profondo senso di ap-partenenza, sono ancorati al sapere po-polare della regione alpina. Sono nume-rosi i ticinesi che vanno a coglierla ancoroggi, mentre in passato, a causa di unaraccolta inconsulta, se ne temeva la di-minuzione: «Alcuni anni fa, sopra a Al-l’Acqua … all’alpe di StabielloGrande … dei pastori avevano cercatol’arnica da mettere nei fiaschi …l’hanno messa su, sul tetto della ca-scina, sono passate le guardie di confinee hanno dovuto pagare la multa!» (te-stimonianza di un informatore di Be-dretto). Oggi l’arnica è a rischio estin-zione nel Giura e nell’Altipiano.Le testimonianze raccolte attestano lagrande popolarità medicinale dell’ar-nica, specialmente per la cura di contu-sioni e distorsioni causate da traumi fi-sici (cadute e colpi), contro i dolori(soprattutto di tipo reumatico), come disinfettante, antinfiammatorio e cica-trizzante in caso di lesioni, foruncoli,scottature e punture d’insetti. Questeproprietà terapeutiche si prestavano an-che alla cura del bestiame: «Avevamosempre una scorta, l’adoperavamo an-che per le bestie [...] Si usava in estate,quando c’erano tanti tafani, si usavaper frizionarli, faceva così bene, poverebestie!» (testimonianza di un’informa-trice di Mergoscia).Le infiorescenze sono messe a mace-rare in acquavite o in olio, e il conteni-

tore è esposto all’azione del sole per al-cuni giorni prima di essere usato. Nellefamiglie più povere, specie nei villaggid’alta montagna, l’olio vegetale e lagrappa potevano essere sostituiti con unsemplice decotto per l’applicazioned’impacchi. La somministrazione oraledell’arnica nella medicina famigliare èsconsigliata per la sua tossicità: «Peruna botta, per una slogatura … si face-vano gli impacchi … ma solo esterna,l’arnica, perché interna no … penso chesia velenosa … si faceva un decotto e simetteva su l’impacco dov’era slogata lagamba» (testimonianza di un’informa-trice di Airolo).Secondo alcuni studiosi il nome arnica,diffuso nel linguaggio popolare di alteregioni europee, deriverebbe dall’alte-razione del termine greco ptarmike, ov-vero starnutire. La proprietà starnutato-ria delle foglie di arnica è registrata in unnome dialettale ticinese, starnüdèra, do-cumentato nel Gambarogno (v. il Lessicodialettale della Svizzera italiana). Lefoglie venivano anche essiccate e fu-mate in sostituzione del tabacco dallepopolazioni montane, come testimo-niano i nomi dialettali tabacón e le lorovarianti registrate in Ticino.

Giulia Poretti Lozano

Descrizione scientifica dell’arnicaL’arnica è una pianta erbacea perenne appartenente allafamiglia delle Asteraceae, come la camomilla, l’assenzio, ilmillefoglio, la calendula, ecc. Si riconosce facilmente dallefoglie basali in rosetta, ovali a lanceolate, intere e sessili.Il fusto, alto dai 20 ai 60 cm, è generalmente provvisto di1–2 paia di foglie opposte e sessili. L’infiorescenza, a ca-polino solitario, possiede fiori ligulati e fiori tubulosi dicolor giallo-arancione. L’arnica è originaria dell’Europa;cresce in tutto il territorio della Svizzera italiana, fino a2700 m di altezza, di preferenza nei luoghi soleggiati, qualii boschi radi delle zone montane, le praterie e i pascoli sub-alpini e alpini a suolo acido di origine silicea.

Arnica (© Missouri Botanical Garden,www.illustratedgarden.org).

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10 A QUATTR’OCCHI CON

che era considerata ‘speciale’ in paese esi ricordava più tradizioni degli altri.C’erano però moltissime cure che tuttele donne conoscevano. Era un ambitoprevalentemente femminile, anche senon esclusivo. Poi, già prima dellaguerra, con l’arrivo di alcune medicinee della modernità, parte di questo sapere

Si usciva deboli dall’inverno,e nei primi prati verdi di marzo

si coglievano rimedi d’oroper rimettersi in salute.

si era già assopito. Ai tempi di miamamma, chi andava a prendere in mon-tagna le erbe per la minestra era consi-derato un poveraccio che non aveva isoldi per comprarsi la cena: invece se-

Bruna Martinelli el’elogio della curiositàHa un’esperienza da raccontare, un sapere da tramandare e per for-tuna ama scrivere e parlare. Per questo la invitano spesso a confe-renze e Armando Dadò le ha pubblicato un volume di memorie: «nonsemplici testimonianze del passato», dice la prefazione, «ma insegna-menti per il futuro».

Bruna nel suo atelier (foto: Pro Natura Ticino,

Sara Rossi).

Bruna Martinelli è nata nel 1926 adAvegno e lì abita ancora. L’ha incon-trata nel suo orto Sara Rossi.Fino a poco tempo fa teneva le pecore,mentre ora consacra la maggior partedel suo tempo a coltivare piante, fruttae verdura in un magnifico orto pocolontano da casa sua. Di famiglia conta-dina, ha conosciuto l’amore e l’odio perla montagna: i profumi e il senso di li-bertà, ma anche tanta, tantissima fatica.Di bello, ha imparato che un prato sel-vatico è uno scrigno prezioso: per nu-trirsi, quando non c’è nulla altro neinegozi o nell’orto; per nutrirsi bene,anche quando i supermercati sonopieni; e in ogni caso, per curarsi.

«Molto l’ho appreso da mia zia Luigina,

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Dall’alto: uva orsina, borragine, felce «ma-

schio», grappa «rimedio universale» (foto: An-

drea Persico).

A QUATTR’OCCHI CON 11

condo me era più furbo di tanti altri.Durante il conflitto, però, quando c’erapoco da mangiare e nelle drogherie sitrovava solo olio di ricino, acqua ossi-genata e tintura di iodio, si riscoprivanoabitudini alimentari e rimedi ancestraliche erano già stati dimenticati.»

Per esempio?«Mia zia Luigina mi ha insegnato ausare l’uva orsina per la vescica e i reni;a mettere la felce maschio nei cuscinicontro l’artrosi e l’artrite; a ungersi ireumatismi con l’olio canforato; a co-gliere la piantaggine di due tipi, mag-giore e minore: una va bene contro latosse e l’altra in caso di infezione, sem-plicemente applicando la foglia sulleparti infette. Funziona benissimo. Mi hainsegnato l’ortica, il lichene, che è un disinfettante, l’arnica, che messa a ma-cerare nella grappa serve per frizionarei punti doloranti del corpo, l’olio rosso,ottenuto con i fiori di San Giovanni (ipe-rico), che è ottimo contro il mal

Ai tempi di mia mamma, chi andava a prendere in montagna

le erbe per la minestra era consi-derato un poveraccio che nonaveva i soldi per comprarsi la

cena: invece secondo me era piùfurbo di tanti altri.

d’orecchio, il timo per la tosse e perl’intestino, le gemme di pino o il gine-pro, sempre per la tosse e molti altri ...»

Si curavano anche gli animali?«Certo, mi ricordo per esempio i lavaggicon l’acqua di timo se una mucca avevaun’infezione.»

C’erano prodotti tutto l’anno da co-gliere?«Alcuni sì. Ma il periodo in cui servi-vano di più era la primavera, prima chel’orto ti potesse dare le sue vitamine. Siusciva deboli dall’inverno, e nei primiprati verdi di marzo si coglievano ri-medi d’oro per rimettersi in salute. Miricordo minestre, minestre e ancora mi-nestre con ortiche, borragine, insalata,spinaci selvatici, dente di leone, cimed’ortica, foglie di selene (quelle chefanno quei fiori bianchi che scoppiano),

la parietaria e la coda cavallina. Si puòfare il risotto con i germogli di luppolo,è buonissimo e sano».

In un certo senso erano rimedi preven-tivi.«Sì, una buona zuppa carica di vitaminee sali minerali serve a essere forte e anon ammalarsi. Un decotto con le prime

A volte, forse quando non restava altro da fare, c’erano le

preghiere e l’acqua santa.

foglioline di noce è utile per depurare ilsangue. Oppure mi ricordo che le parto-rienti, negli ultimi giorni di gravidanza,bevevano olio di lino perché si dicevache poi il parto sarebbe stato più facile.Insomma, si cercava di tirar fuori dallamontagna un piatto variato per supplirealla mancanza di vitamine e per non do-versi curare dopo. È incredibile: la na-tura ci dà tanta ricchezza che noi igno-riamo e spesso abbiamo il coraggio dipassarle accanto indifferenti, senza cu-rarcene...»

I rimedi consistevano unicamente inpiante selvatiche o c’era la possibilità dicoltivare le erbe di cui si aveva bisogno?«Si dice che ciò che cresce spontanea-mente è più efficace. Bisognava quindisapere dove andare a prendere questeerbe e riconoscerle. Mia zia mi ha in-culcato la curiosità, poi, già da sposata econ i figli piccoli, ho fatto dei corsi di fi-toterapia. Ho imparato nuove cose e neho ricordate molte altre. Per tornare alladomanda, comunque, certo, in un orto sipossono tenere molte erbe con cui faredecotti, infusi, applicazioni: camomilla,

Chi non ha curiositàmuore presto e muore ‘bambo’.

tiglio, sambuco, spinaci selvatici, timo,borragine. Poi, bisogna pensare che nonci sono solo le erbe. Si usava di tutto perguarire i mali: il bianco d’uovo per leslogature, le lumache da mangiare vivecontro il mal di stomaco, o le coppette.Si mette in un bicchiere un batuffolo diovatta imbevuta di grappa, si accende, esi applica il bicchiere «a coppetta» sulpetto o sulla schiena. La pelle si gonfia

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12 A QUATTR’OCCHI CON

L’orto di Bruna ad Avegno (foto: Pro Natura Ticino, Sara Rossi).

e quando si toglie, sembra che aiuti a li-berare i bronchi dal catarro. A volte,forse quando non restava altro da fare,c’erano le preghiere e l’acqua santa. Percerti versi gli sviluppi nella medicinasono meravigliosi, per altri versi ... sa-pevamo tante cose anche prima, anchese si trattava di conoscenze contadine ele ricette erano imprecise, personali, condosi incerte.»

Mi sembra che ci sia una parte di speri-mentazione nel modo di usare le risorsedella natura. È così?«Oh certo! Guardi lì, ho messo un sac-chetto di lavanda perché ho tante mo-

È incredibile: la natura ci dà tantaricchezza che noi ignoriamo espesso abbiamo il coraggio dipassarle accanto indifferenti,

senza curarcene ...

sche in casa. So che le tarme si combat-tono con la lavanda, allora ho pensato diprovare se funziona anche per scacciarele mosche. Vedremo: è un esperimento!

Sono nata in questo paese, ci sono cresciuta e ci abito tuttora.Ci sto bene.Le mie radici affondano profondamente in questa terra sassosae ne traggono l’essenza del mio essere.Conosco ogni angolo, ogni sentiero, quasi ogni albero di questo luogoe mi sento in sintonia perfetta con quanto mi circonda.

Tratto da Fra le pieghe del tempo, di Bruna Martinelli, ed. Dadò, 2009.

Chi non ha curiosità muore presto emuore ‘bambo’. Una giornata in cui nonimpari niente e non ti scervelli su niente,per me è una giornata un po’ povera.»

C’è qualcuno a cui tramanda i suoi sa-peri?«Vedo bene che si stanno perdendo acausa della medicina di oggi, che è piùimmediata e efficiente. E anche perchéi prati sono forse meno ricchi di tesori.Lo dico spesso alle ragazze di qui, che sevogliono imparare quello che so, sono

disposta a insegnarglielo. Tutte dicono disì, poi però vanno a fare la spesa, perchéè più comodo. Una delle mie figlie haimparato, è brava a cercare rimedi natu-rali. Magari l’effetto non è così subita-neo, ma non ci sono controindicazioni,non creano dipendenza e quando smettidi prenderli sei veramente guarito. C’èun filone della medicina che continuacon la conoscenza delle piante, e mi fapiacere. Però personalmente preferiscocoglierle fresche io stessa.»

Grazie per l’intervista!

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CON GLI ALTRI 13

Politecniche e le alte Scuole Universita-rie Professionali. A Olivone vengonoofferti dei pacchetti di formazione cheriguardano la conoscenza della natura edegli ecosistemi, delle scienze naturali edell’applicazione di queste conoscenzenel settore della medicina naturale (ocomplementare) attraverso l’organizza-zione del corso che prepara al diplomacantonale di fitoterapista. Sono stati cosìrilasciati i primi trenta (e per ora gliunici) Diplomi Cantonali di Fitoterapistadi tutta la Svizzera. Inoltre la FASV of-fre corsi anche ai più piccini, dallescuole elementari alle medie superiori.Dal 2005 sono stati anche organizzati trecorsi di formazione nel settore parame-dico, formando persone in grado di pro-porre delle terapie a base di rimedi na-turali.Recentemente, la Fondazione Alpina diOlivone si è fatta promotrice della Con-ferenza delle scuole superiori di medi-cina alternativa assieme ad altre 10scuole svizzere il cui obiettivo è di con-durre al riconoscimento da parte dellaConfederazione delle professioni diomeopata, terapista naturale, terapistache applica la medicina tradizionale ci-nese e fitoterapista.Per maggiori informazioni si può con-sultare il sito www.fasv.ch o scrivere [email protected].

Antichi saperi,ricerche moderneGrazie alla sua attività ed esperienza, la Fondazione alpina per le

scienze della vita di Blenio è diventata il Centro di competenza ri-

conosciuto dal Cantone Ticino per lo studio delle piante medici-

nali: attiva dal 2005 nella formazione e nella ricerca, la Fondazione

collabora strettamente con la Cooperativa COFIT, che produce in

particolare caramelle e tisane a base di erbe alpine, come pure con

l’Istituto alpino di chimica e tossicologia.

Mezzi moderni per una pratica ance-strale. La Fondazione Alpina per leScienze della Vita (FASV), diretta daldott. Ario Conti, la Cooperativa COFITe l’Istituto alpino di chimica e tossico-logia, tutti insediati a Olivone (Comunedi Blenio), svolgono da anni un’intensaricerca sui principi attivi delle piante eerbe medicinali alpine con applicazioninel campo farmaceutico, della cosmeticae dell’etnobotanica. La ricerca agroali-mentare fa capo alla Cooperativa COFITche produce tisane a base di erbe alpinequali melissa, salvia e verbena – tra cuile più note sono la Tisana Olivone e laTisana Nostrana – nonché caramelle abase di erbe officinali locali, tra le qualispicca quella con la genziana maggiore.Le ricerche partono dai saperi popolarisugli usi e i benefici della natura circo-stante, avvalendosi di preziosi informa-tori sul territorio. Proseguono poi con glistrumenti più tecnologici e le collabora-zioni con istituti universitari e politec-nici. La fondazione offre in questo modoposti di lavoro qualificato in una regioneperiferica e permette di mantenere invita una pratica tradizionale a rischio dioblio.In tal senso la Fondazione alpina, èmolto impegnata anche nel settore dellaformazione e proponendo corsi in col-laborazione con le Università, le Scuole

Sopra: la sede della FASV. Sotto: Michela Pe-

droli nel laboratorio (foto: FASV).

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14 IN BREVE

... e la VerzascaA nome proprio e di diverse associa-zioni per la protezione della natura e perla pesca, Pro Natura ha inoltrato un ri-corso al Tribunale amministrativo can-tonale contro la microcentrale di Brionesul fiume Verzasca. Per un pugno di mo-sche, il Cantone è disposto a sacrificareun paesaggio fluviale protetto di straor-dinario valore: la centrale produrrebbeannualmente 6,6 mio. kWh, un contri-buto irrisorio rispetto ai danni. Per co-prire l’aumento nazionale dei consumidi corrente del 2010 si dovrebbe metterein esercizio quotidianamente una cen-trale come quella di Brione: non si pos-sono però risolvere così gli assillantiproblemi energetici del dopo Fuku-shima. Mancherebbe l’acqua, anche avolerla sfruttare fino all’ultima goccia.C’è una sola via d’uscita sostenibile: ri-durre finalmente sprechi e consumi dicorrente elettrica! Già solo evitandol’inutile perdita dello stand-by dellemacchine da caffè (in Svizzera: 400 miokWh) si sostituiscono 60 centrali comequella di Brione!

Salviamo Brè …Un gruppo di cittadini riuniti nell’Asso-ciazione Salviamo Brè (300 membri) halanciato una petizione per preservareBrè da un’edificazione che sconvolge-rebbe l’integrità dell’abitato e porte-rebbe traffico e rumori in un’area privi-legiata per lo svago del luganese. Lecostruzioni – una ventina di edifici pre-visti da una nuova variante di piano re-golatore – occuperebbero il ripiano so-pra l’abitato di Brè dal qualel’imprendibile vista spazia dalle Alpigrigionesi a quelle vallesane. La peti-zione chiede al Municipio di Lugano ditener libera l’area da ogni costruzione.Scaricate dal nostro sito e firmate la pe-tizione: www.pronatura.ch/ti

… e la Val d’AmbraContinua la prova di forza tra chi vuolesommergere la Val d’Ambra e chi lavuol salvare a futura memoria (vedasi ri-vista 17: www.pronatura.ch/ti/rivista).Per un solo voto di scarto il Gran Con-siglio ha per ora rinunciato a confer-mare il progetto di una seconda diga,mentre in un’interrogazione del giugnoscorso il deputato Fiorenzo Dadò ha pro-posto un’alternativa ecologica: un ba-cino multifunzionale a Pollegio per mi-tigare le ondate di piena nel Ticino efornire l’acqua da ripompare nel bacinoesistente in Val d’Ambra. Esso verrebbeoltretutto finanziato da swissgrid, la So-cietà svizzera di rete, e non peserebbequindi sul bilancio dell’AET.

Presentato ilgruppo GeasiIl 20 aprile scorso al laghetto di Origliosi è tenuta la presentazione del Gruppodi educazione ambientale della SvizzeraItaliana (Geasi). La neonata associa-zione riunisce i principali attori del set-tore e ha come obiettivo la promozionedelle attività di educazione ambientale.www.geasi.ch

Escursione sulleerbe medicinaliIl Centro Pro Natura Lucomagno orga-nizza il 22 luglio un’escursione alla sco-perta delle erbe alpine e della geologiadel Lucomagno. A guidarla sarà Anto-nella Borsari, fitoterapista.Per iscrizioni o informazioni:078 929 82 82 o 079 255 53 45www.pronatura-lucomagno.ch

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Attività giovanili

Osservazione degli insetti all’uscita sui giardini

naturali (foto: Andrea Persico). Pagina accanto:

attività di educazione ambientale durante la

presentazione del Geasi (foto: Pro Natura Ti-

cino, Andrea Persico).

La vita dello stagnoQuesta prima attività destinata ai piccolipermetterà loro di scoprire la vita ac-quatica divertendosi. Costruiremo in-sieme un piccolo acquascopio per os-servare cosa sta sotto la superficiedell’acqua: larve di libellula, girini emolto altro ancora!

Data: sabato 1° ottobre 2011.Luogo: stagno di Camorino.Partecipanti: da 4 (compiuti) a 6 anni,massimo 20 partecipanti.Equipaggiamento: buone scarpe, abiticaldi, K-way e un buon picnic.Prezzo: 10.–.

Come partecipare alle uscite?Visitate il nostro sito: www.prona-tura.ch/ti/giovani dove potete iscri-vervi online, oppure spedite unacartolina postale firmata dai genitoriindicando nome, indirizzo, telefono, e-mail, data di nascita e allergie a: ProNatura Giovani, CP. 2317, 6501 Bel-linzona, possibilmente tre settimaneprima dell’attività.Attenzione: l’assicurazione è a caricodei partecipanti. Posti limitati.Agli iscritti sarà data conferma e ver-ranno fornite indicazioni sui luoghi,gli orari e il materiale da prendere.

ZERO SEDICI 15

Un pomeriggio da pipistrelloNei dintorni di Arbedo-Castione «in-dosserete» i panni di un pipistrello. Tra giochi, mille peripezie e tanto di-vertimento sarà possibile scoprire il mondo dei mitici chirotteri. Un’av-ventura per tutta la famiglia!In collaborazione con il Consiglio deigenitori di Arbedo-Castione.

Data: sabato 11 settembre 2011.Luogo: Arbedo.Orario: dalle 14.00. È possibile iniziareil percorso fino alle 15.30.Partecipanti: per tutta la famiglia.Programma alternativo al coperto incaso di brutto tempo.Prezzo: attività gratuita.

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Aderire o offrire un’adesione a Pro NaturaPotete iscrivervi dal nostro sito internet:www.pronatura.ch/ti/iscrizione � Desidero offrire questa adesione,oppure tramite questo talloncino: ecco i dati della persona che offre:

� Socio individuale: quota annua Fr. 60.–� Famiglia: quota annua Fr. 80.–� Pensionati AVS o beneficiari AI: quota annua Fr. 50.–� Giovani sotto i 18 anni o in formazione fino a 25 anni: quota annua Fr. 25.–� Membri a vita: quota Fr. 1800.–� Collettività – Aziende: quota annua Fr. 300.–

Per la documentazione non disponibile in italiano preferisco: � tedesco � francese

Ritornare il tagliando a: Pro Natura, CP 2317, 6501 Bellinzona

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