La Fabbrica Di Santa Maria Dell’Anima e La Sua Facciata

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109 Renata Samperi La fabbrica di Santa Maria dell’Anima e la sua facciata Le premesse quattrocentesche La confraternita di Santa Maria dell’Anima trae origine dall’ospizio per pellegrini tedeschi che, insieme a una cappella, fu fondato sul luogo della chiesa attuale verso la fine del XIV secolo 1 . Oggetto di questo studio sono le iniziative edili- zie cinquecentesche nella chiesa; una breve sin- tesi delle vicende storiche e dell’attività dell’isti- tuzione nel corso del Quattrocento sarà utile a stabilirne le fondamentali premesse. Nei primi decenni del XV secolo, l’associazione si sviluppò costituendosi in confraternita e divenendo punto di riferimento per la comunità germanica roma- na 2 . Il forte flusso di immigrazione tedesca deter- minatosi con il pontificato di Martino V attrasse a Roma dalla Germania, oltre ai lavoratori laici, un gran numero di prelati, costituenti una parte cospicua del personale, in larga misura interna- zionale, della curia pontificia 3 . Contemporanea- mente crescevano, all’interno della stessa confra- ternita, la quota numerica e, soprattutto, l’im- portanza della componente curiale, divenuta via via pressoché esclusiva, rispetto a quella laica, dopo il ritorno di Eugenio IV in città 4 . La ric- chezza di Santa Maria dell’Anima intanto aumentava, grazie ai redditi di un patrimonio immobiliare in espansione e, in una certa misura, alle donazioni monetarie, oltre che ai proventi di benefici e indulgenze da parte della Germania 5 . È appunto durante il pontificato di Eugenio IV che vennero ricostruiti l’ospedale e la chiesa 6 . Non è facile risalire alla forma di quest’ultima, ma sulla base della documentazione d’archivio, in gran parte contemporanea allo svolgimento dei lavori iniziati nel 1431 7 , è possibile ipotizzare che essa fosse costituita da tre navate 8 disposte su tre campate. Il numero di queste ultime è dedu- cibile in base alla citazione di sei cappelle, tre per parte; cappelle che gli studiosi hanno sempre ritenuto essere semplici altari parietali. In alcune zone, non identificabili con chiarezza – probabil- mente il coro e le navate laterali –, è documenta- ta la presenza di volte. Il Lohninger, inoltre, con- siderando un documento riguardante la fabbrica cinquecentesca relativo a lavori “pro continua- tione” di quattro colonne della navata, ipotizza che ci si riferisca al rifacimento e alla riutilizza- zione di sostegni appartenenti alla chiesa preesi- stente 9 . La dizione del documento non è incon- trovertibile, ma se così fosse – come appare plau- 1. Roma, Santa Maria dell’Anima in una veduta intorno al 1890. È visibile il basamento originario della facciata (foto Alinari).

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Renata Samperi La fabbrica di Santa Maria dell’Anima e la sua facciata

Le premesse quattrocentescheLa confraternita di Santa Maria dell’Anima traeorigine dall’ospizio per pellegrini tedeschi che,insieme a una cappella, fu fondato sul luogo dellachiesa attuale verso la fine del XIV secolo1.Oggetto di questo studio sono le iniziative edili-zie cinquecentesche nella chiesa; una breve sin-tesi delle vicende storiche e dell’attività dell’isti-tuzione nel corso del Quattrocento sarà utile astabilirne le fondamentali premesse. Nei primidecenni del XV secolo, l’associazione si sviluppòcostituendosi in confraternita e divenendo puntodi riferimento per la comunità germanica roma-na2. Il forte flusso di immigrazione tedesca deter-minatosi con il pontificato di Martino V attrassea Roma dalla Germania, oltre ai lavoratori laici,un gran numero di prelati, costituenti una partecospicua del personale, in larga misura interna-zionale, della curia pontificia3. Contemporanea-mente crescevano, all’interno della stessa confra-ternita, la quota numerica e, soprattutto, l’im-portanza della componente curiale, divenuta viavia pressoché esclusiva, rispetto a quella laica,dopo il ritorno di Eugenio IV in città4. La ric-chezza di Santa Maria dell’Anima intantoaumentava, grazie ai redditi di un patrimonioimmobiliare in espansione e, in una certa misura,alle donazioni monetarie, oltre che ai proventi dibenefici e indulgenze da parte della Germania5.È appunto durante il pontificato di Eugenio IVche vennero ricostruiti l’ospedale e la chiesa6.Non è facile risalire alla forma di quest’ultima,ma sulla base della documentazione d’archivio,in gran parte contemporanea allo svolgimentodei lavori iniziati nel 14317, è possibile ipotizzareche essa fosse costituita da tre navate8 disposte sutre campate. Il numero di queste ultime è dedu-cibile in base alla citazione di sei cappelle, tre perparte; cappelle che gli studiosi hanno sempreritenuto essere semplici altari parietali. In alcunezone, non identificabili con chiarezza – probabil-mente il coro e le navate laterali –, è documenta-ta la presenza di volte. Il Lohninger, inoltre, con-siderando un documento riguardante la fabbricacinquecentesca relativo a lavori “pro continua-tione” di quattro colonne della navata, ipotizzache ci si riferisca al rifacimento e alla riutilizza-zione di sostegni appartenenti alla chiesa preesi-stente9. La dizione del documento non è incon-trovertibile, ma se così fosse – come appare plau-

1. Roma, Santa Maria dell’Anima in una veduta intorno al 1890. È visibile il basamento originario della facciata (foto Alinari).

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sibile anche in relazione alla consistenza delleopere realizzate nel Cinquecento – significhe-rebbe che la chiesa quattrocentesca aveva la lar-ghezza della navata centrale e il passo delle cam-pate analoghi a quelli della chiesa successiva,rispetto alla quale doveva essere di una campatapiù corta10. Si trattava, per l’epoca, di una costru-zione di notevole importanza, una delle pochis-sime eseguite exnovo, con volte, e per di più a trenavate, anziché secondo il più comune e sempli-ce impianto a navata unica. Dopo un’interruzio-ne dei lavori in concomitanza con la partenza diEugenio IV per Firenze, la confraternita, ormaimonopolizzata da un gruppo omogeneo di ricchiprelati, provvide al completamento dell’edificiotra il 1443 e il 144911. Durante la seconda metàdel secolo i curiali mantennero il controllo del-l’istituzione12 e l’importanza dell’Anima è testi-moniata anche dal notevole numero di consacra-zioni di vescovi tedeschi svoltesi in quegli anninella chiesa13. Tuttavia, la politica papale nonsempre risultò favorevole agli interessi della con-fraternita14, mentre, nell’ambito di una crescenteitalianizzazione dei livelli più alti della curia pon-tificia, si verificò una certa riduzione della pre-senza tedesca nella maggior parte delle sezionicuriali e soprattutto nelle posizioni più impor-tanti15. D’altra parte, in questo stesso periodo,aumentano i segni dei legami tra la confraternitae l’impero tedesco, sia per quanto concerne lecitate consacrazioni vescovili, le celebrazionilegate a eventi riguardanti la famiglia imperiale ole visite di importanti dignitari tedeschi, sia perl’accresciuta presenza, all’interno dell’ammini-strazione dell’Anima, di elementi provenienti daogni parte dell’impero16. A livello più generale, lanomina dei cardinali tedeschi era di fatto subor-dinata ai servizi resi all’impero, e in particolareagli Asburgo, ossia sostanzialmente al ruolo eser-citato nell’azione diplomatica17. In questo quadroè quindi verosimile che la posizione comunqueragguardevole raggiunta dalla confraternita del-l’Anima presso la curia pontificia possa averleconferito un importante ruolo di mediazione trail papato e l’impero18.

Il programma e il progetto inizialiIl 24 settembre 1499 i membri della confrater-nita si riuniscono per deliberare la costruzionedi una nuova chiesa, che non sfiguri al confron-to con le chiese già edificate a Roma, in formedecorose e moderne, da altre nazioni19. Tra i finidel programma architettonico vengono ricorda-ti l’onore della nazione germanica e il decorodella città di Roma. Si dichiara, inoltre, che l’o-pera sarebbe stata composta secondo il costumetedesco: a giudicare da tale indicazione, i motiviper la ricostruzione della chiesa esistente, com-pletata da appena cinquanta anni, non sembranorisiedere, in quel momento, nel desiderio di

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conferire al nuovo edificio aggiornate formerinascimentali, quanto, più in generale, nellavolontà di avere una chiesa più grande e digni-tosa della precedente, capace di rispondere arinnovate esigenze di carattere funzionale e rap-presentativo. In tale programma preliminare, iconfratelli ricordano, inoltre, l’antichità dell’o-spedale di Santa Maria dell’Anima, per sottoli-nearne il prestigio rispetto ad analoghi istitutisuccessivamente fondati a Roma da diversenazioni. La chiara affermazione del caratteretedesco dell’opera e l’esplicito confronto istitui-to con le altre nuove chiese nazionali, tra le qualidoveva spiccare quella degli spagnoli, mostra lavolontà di misurarsi proprio con le istituzionisimilari, in quanto a posizione politica, che ave-vano commissionato tali edifici20.

Il 25 settembre 1499, giorno successivo allaprima deliberazione, i confratelli si riunisconoancora e redigono una relazione che fornisceindicazioni dettagliate sul programma costrutti-vo e sul progetto architettonico della chiesa21.Tra i membri incaricati di seguire l’opera in ognisuo aspetto, ruolo preminente è rivestito dalcardinale Giovanni Burcardo, originario di Stra-sburgo, a Roma dal 1467, provisore della con-fraternita dal 1494, personaggio di spicco dellacomunità germanica romana e maestro di ceri-monia pontificio22. Da quanto dichiarato nellarelazione, il primo passo da compiere per la rea-lizzazione dell’opera sarebbe consistito nel-l’informare del programma il cardinale di SanGiorgio Raffaele Riario, camerlengo, e quindimassima autorità per le questioni finanziarieconcernenti anche l’edilizia. Questi avrebbedovuto fare in modo che per l’ampliamentodella chiesa venisse concessa una porzione disuolo pubblico che, secondo la non chiarissimadizione del documento, doveva essere compresaentro i cinque palmi e situata in corrispondenzadegli angoli anteriore e laterale della struttura. Iprimi lavori da eseguire sarebbero consistitinella demolizione dei muri laterali e della parteanteriore dell’antica chiesa, seguiti dalle operedi fondazione e di elevazione dei nuovi muri23; iltutto utilizzando maestranze lombarde pagatealla giornata. Almeno in prima istanza, era dun-que previsto uno smantellamento soltanto par-ziale dell’edificio quattrocentesco.

La relazione prosegue con la descrizione delprogetto, che prevedeva una chiesa costituita datre navate suddivise da dieci colonne, con uncoro e dodici cappelle laterali; si precisa inoltreche tutti gli spazi, coperti a volta, avrebberoavuto la medesima altezza. Nonostante il prece-dente riferimento all’utilizzazione di mano d’o-pera lombarda, si stabilisce poi che per le finitu-re lapidee di porte e cappelle si sarebbe impe-gnato un certo numero di scalpellini apposita-mente chiamati dalla Germania e che del loro

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fermazione di una specifica identità culturalenazionale, all’interno di un contesto straniero24.Inoltre, la citata dimestichezza del Burcardo conqualificate maestranze tedesche appare collegataalla recente realizzazione della casa romana delcardinale, con elementi di dettaglio marcata-mente gotici, tuttora visibili nelle superstiti partiquattrocentesche25. Il reclutamento di lapicididirettamente dalla Germania avrebbe dunquedovuto assicurare nella chiesa, come già nellacasa del Burcardo, la piena aderenza, fin nelladefinizione dei particolari, ai caratteri dell’ar-chitettura gotica tedesca. Il progetto descrittodoveva essere rappresentato in un disegno oggiscomparso, più volte citato nella relazione,riguardante, a quanto pare, anche la definizionedell’alzato. Prevedendo sei campate anzichéquattro, il disegno non sarebbe però stato corri-spondente con quanto effettivamente realizzato.

Lo scritto si riferisce poi all’auspicato inter-vento nell’impresa architettonica di un altroimportante prelato, il cardinale senese France-sco Todeschini-Piccolomini, nipote di Pio II efuturo papa Pio III, fortemente legato all’impe-ro e protettore della nazione germanica26, affin-ché intercedesse per ottenere il consenso dellostesso pontefice alla realizzazione dell’opera,anche in considerazione del timore che i vicinifrati di Santa Maria della Pace potessero inqualche modo ostacolare i lavori. Importanterilievo è dato infine alle modalità di finanzia-mento dell’impresa, attraverso i fondi, in granparte provenienti dagli Stati tedeschi, depositatipresso la filiale romana della banca dei Fugger27.

Infine, alla stesura e descrizione del pro-gramma può forse essere collegata la testimo-nianza del Vasari, secondo cui, all’inizio del sog-giorno romano, Bramante “trovossi […] alladeliberazione di Santa Maria de Anima fattacondurre poi da uno architetto tedesco”28. Lapossibilità di una partecipazione di Bramante, daintendersi probabilmente come consulenza ointervento parziale29, potrebbe tuttavia riferirsianche a un diverso momento del processo pro-gettuale ed esecutivo30.

La concessione della licenzaDopo la relazione del 25 settembre, il successi-vo 29 ottobre Giovanni Burcardo riferisce diaver ottenuto dal pontefice la facoltà di demoli-zione e ricostruzione della chiesa31. Il 23novembre dello stesso anno, viene dunque ini-ziata, per mano dello stesso Burcardo, la regi-strazione delle spese “pro erectione et structuranove ecclesie”32.

È del 21 febbraio 1500 la lettera di concessio-ne della licenza a demolire e ricostruire la chiesae a occupare con la nuova struttura una certaparte di suolo pubblico33. Lo scritto stabilisce chetale parte dovesse essere delimitata dalla corda

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reperimento si sarebbe occupato Giovanni Bur-cardo, il quale, in proposito, aveva esperienza econoscenze. Tali indicazioni corrispondono evi-dentemente a una precisa dichiarazione diintenti. Ci riferiamo, innanzi tutto, alla prescri-zione di un impianto a Hallenkirche: l’adozionedel caratteristico sistema spaziale con alte nava-te luminose – che già Pio II, suggestionato daimodelli tedeschi, aveva importato nel duomo diPienza – appare in questo caso finalizzata all’af-

2. Roma, Santa Maria dell’Anima, pianta e sezione longitudinale (da P.M. Letarouilly, Edifices de Romemoderne, I-III, Liège 1849-66, I, tav. 68).

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tesa tra l’angolo dell’ospedale della confraternitaprospiciente la porta laterale della chiesa di SantaMaria della Pace e l’altro angolo in corrispon-denza della strada Millina, ossia dell’odierna viadi Santa Maria dell’Anima. Tale indicazione sicollega alla citata richiesta di suolo pubblico con-tenuta nella relazione del 25 settembre 1499 –relativa a una superficie compresa entro i cinquepalmi e posta in corrispondenza degli angolianteriore e laterale della chiesa34 – e ne chiarisceil senso: si trattava, evidentemente, di colmareun’irregolare rientranza della proprietà lungo ilfianco della chiesa verso il vicolo della Pace. Ilprovvedimento appare perfettamente in lineacon i nuovi criteri di razionalizzazione dello spa-zio urbano, tesi a ottenere viae rectae, in luogodegli irregolari percorsi di ascendenza medioeva-le35. Il pubblico decoro della città, elencato tra ifini della ricostruzione cinquecentesca di SantaMaria dell’Anima, avrebbe così coinciso con ilnuovo assetto previsto per la chiesa. Riguardoall’andamento irregolare del fianco verso la Pace,l’ipotesi più plausibile è che l’edificio dell’ospe-dale, posto dietro la chiesa, sporgesse di cinquepalmi rispetto al suo lato. In tal modo, il suolopubblico concesso sarebbe consistito in un trian-golo lungo e stretto, con il vertice verso via del-l’Anima e la base di cinque palmi verso l’ospeda-le, in corrispondenza dell’angolo di fronte aSanta Maria della Pace. Come vedremo, la zonacontigua all’ospedale, sempre appartenente allaconfraternita, sarebbe stata occupata dalla quartacampata corrispondente all’ampliamento cinque-

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centesco della chiesa, la cui parete esterna sisarebbe così potuta allineare con la parte rima-nente del fianco (ill. 3). A questo punto, conside-rando le dimensioni del suolo richiesto e le pro-porzioni della chiesa, appare plausibile che anchel’edificio quattrocentesco presentasse vere e pro-prie cappelle, anziché semplici altari parietalicome finora ipotizzato. Tali cappelle dovevanosvilupparsi, probabilmente, con andamentoparallelo ai sostegni tra le navate. L’inclinazionedel fianco avrebbe così determinato la profonditàvariabile delle cappelle attuali, ma avrebbe per-messo la regolarizzazione dell’esterno dell’edifi-cio e dello stesso spazio urbano. Una diversainterpretazione della licenza è stata data in passa-to dal Lohninger, secondo il quale la porzioneaccordata di suolo pubblico sarebbe risultata net-tamente inferiore a quanto richiesto dalla confra-ternita, tanto da imporre una radicale riduzionedimensionale del progetto iniziale36. In realtà,come si è visto, l’ampliamento concesso apparedel tutto concordante con la misura compresaentro i cinque palmi – poco più di un metro –richiesta dai confratelli. L’ipotesi di Lohningercollega inoltre la revisione del progetto all’inter-vento di Bramante, venendo a condizionare i suc-cessivi contributi sulla chiesa, che immancabil-mente riprendono l’idea37. È vero, come si èvisto, che il progetto descritto nella relazione del1499 non corrisponde nel numero delle campatecon quanto effettivamente realizzato; ciò tuttavianon sembra essere collegato a un problema didimensioni dell’area disponibile. Al momento,dunque, le ragioni e la datazione del cambiamen-to rimangono un problema aperto.

Accanto alla regolarizzazione del fianco,viene probabilmente prevista e in breve realizza-ta la simmetrica inclinazione del muro che deli-mita le cappelle dalla parte opposta, invadendolo spazio della casa vicina. Tale casa subisceinfatti gravi danni fin dall’inizio della costruzio-ne della chiesa, deve essere puntellata e riparatae rimane inabitabile fino alla ricostruzione,intrapresa da Giovanni Sander nel 150838.

L’esecuzioneAll’11 aprile 1500 risale la simbolica collocazio-ne della prima pietra da parte dell’ambasciatoredi Massimiliano I, Matthias Scheidt vescovo diSeckau, che conferiva in tal modo alla nuovafabbrica il sigillo imperiale39.

Lo svolgimento e le spese dei lavori conti-nuano a essere personalmente registrati dalBurcardo fino al settembre 150140. La docu-mentazione prosegue sullo stesso registro, permano dei diversi provisori responsabili dellafabbrica, testimoniando diverse e lunghe inter-ruzioni delle attività, fino al 151441. Essa è inte-grata da altri documenti in proposito prodottidalla confraternita. Dopo il 1514, oltre a un

3. Schema ricostruttivo sulla base della pianta regolarizzata di Letarouilly. In bianco: l’ingombro della chiesa vecchia.A tratteggio: l’area interessata dall’ampliamento cinquecentesco, comprendente la porzione di suolo pubblicoverso il vicolo della Pace concessa nel 1500,il simmetrico allargamento sull’area della casa vicina, il coro e la quarta campata con le due cappelle laterali (disegno di R.Samperi).

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resoconto di spese per la fabbrica tra il dicem-bre 1515 e il dicembre 151642, la principalefonte documentaria è costituita da tre stime deilavori di scalpello, eseguiti nel corso dell’interocantiere43. Finalizzeremo l’analisi di tali testi-monianze a una ricostruzione dello svolgimen-to dei lavori e a un confronto tra indicazioni delprogramma e del progetto iniziali ed esecuzio-ne dell’opera. Fondamentali a questo propositosaranno l’osservazione diretta dell’edificio e ilrilievo della facciata44.

1500-1504Come stabilito nel programma, le prime operedi costruzione riguardano, a partire dal 20 apri-le 1500, le pareti esterne dell’edificio, sulla stra-da e sul vicolo laterale45. Mentre l’interno dellachiesa quattrocentesca era ancora in piedi, sonoqueste parti a richiedere per prime una nuovaconfigurazione: per esse i nuovi tempi impone-vano qualità di decoro e rappresentatività,rispetto alle quali l’assetto quattrocentescodoveva evidentemente apparire inadeguato,riguardo sia all’alzato, sia, come si è visto per ilfianco, alla disposizione planimetrica. Comeprevisto dall’inizio, le pareti dovevano esserestate precedentemente demolite, sebbene taleoperazione non sia esplicitamente ricordatanelle registrazioni. Nei pagamenti alle mae-stranze e ai fornitori, il documento non specifi-ca sempre la parte della costruzione interessatadal lavoro prestato o dal materiale fornito; nontutti i lavori eseguiti sono quindi direttamentemenzionati. In ogni modo, il primo pagamentodopo la posa della prima pietra riguarda Barto-lomeo Lante da Fiesole, lapicida, per la realizza-zione del basamento da porre all’esterno46. Lascelta del maestro toscano non sembra in lineacon l’intenzione di impiegare scalpellini tede-schi espressa nel programma costruttivo. Taledivergenza è ribadita dopo pochi giorni dallanotizia del licenziamento di un lapicida tedescochiamato in precedenza dalla Germania47. Comerisulta dai documenti, i successivi lavori in pietrain tutto l’edificio vengono eseguiti, fino allaconclusione dell’opera più di due decenni dopo,

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4. Roma, Santa Maria dell’Anima,particolare della base delle paraste del primoordine della facciata e del proseguimentodelle modanature lungo la parete.

dallo stesso Bartolomeo Lante, coadiuvato all’i-nizio da un altro toscano, Andrea di Tommasoda Settignano48. Da ricordare che il Lante, atti-vo a Roma fino al 1545, è inoltre incaricato, nel-l’agosto dello stesso 1500, dei lavori di scalpellonella realizzazione del progetto bramantescoper il vicino chiostro di Santa Maria della Pace,forse affiancato anche in quel caso da Andrea diTommaso, citato come garante nell’atto cheregola lo svolgimento di quei lavori49. Anche inconsiderazione dell’aggiornato profilo del basa-mento (ill. 4) vi è quindi, già all’inizio del can-tiere, un cambiamento nelle scelte stilistiche, indirezione di una più moderna definizione for-male. Tale nuovo orientamento è confermatodalla scelta, documentata fin dall’inizio dellacostruzione, di un raffinato paramento in matto-ni da associare alle membrature in travertino.Nei mesi di giugno, luglio e agosto, è registratal’ingente fornitura di mattoni mediani da arrota-re, destinati alla parte esterna delle pareti ante-riore e laterale50. Contemporaneamente, vi sonoaltri pagamenti a Bartolomeo Lante e ad Andreada Settignano per il basamento e le paraste lapi-dee della facciata51. La costruzione dei muridoveva intanto procedere: in estate e in autunnovi sono generici riferimenti alla porta e alle fine-stre, da identificare forse con quelle verso ilvicolo52; nel gennaio 1501, compare un paga-mento per la serratura della porta del nuovomuro della chiesa53. In febbraio, un nuovo paga-mento ai due scalpellini riguarda ancora la fattu-ra delle paraste, che, secondo la non chiaraespressione del documento, sembra dovesseroessere scolpite fuori opera e successivamenteposte sulla parete54. Finiti così i riferimenti allafacciata, nei mesi che seguono, oltre ai citatilavori nella casa vicina, è da rilevare lo svolgi-mento delle opere di fondazione per la costru-zione del coro55. Le registrazioni per mano delBurcardo si concludono nel settembre 1501,indicando una prima interruzione dei lavori.

È del luglio 1502 la notizia secondo la qualel’altezza della nuova costruzione era di circa 30piedi, corrispondente, grosso modo, a quella delprimo ordine. Tale informazione sullo statodella fabbrica era stata richiesta ai provisori diSanta Maria dell’Anima dal procuratore che laconfraternita aveva a Magonza, fin dal secoloprecedente, per la riscossione del denaro ricava-to in Germania soprattutto con la vendita delleindulgenze56. La notizia è collegata alle difficoltàfinanziarie in cui doveva trovarsi allora la con-fraternita e alla conseguente impossibilità a por-tare avanti la costruzione della chiesa. Nono-stante i diversi capitoli di entrate di cui l’Animapoteva giovarsi fin dalla sua fondazione, vi sonoin questi anni, e per tutto il pontificato di Giu-lio II, diverse testimonianze relative all’insuffi-cienza dei fondi da destinare al cantiere57. Anco-

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ra nel febbraio 1504 la costruzione non eraripresa e il nuovo responsabile della fabbrica, ilprovisore Bernardo Sculteti, sostenendo lanecessità di continuare i lavori, afferma realisti-camente che ciò sarebbe stato possibile soloprovvedendo a un incremento delle entrate58.

1504-1510Nel maggio 1504 viene stipulato il contratto condue muratori di Caravaggio per la realizzazionedel coro e della sacrestia59. Giovanni Burcardo,divenuto nel frattempo vescovo di Orte, noncompare più come diretto responsabile dellacostruzione60, ma coordina comunque l’iniziati-va, come dimostrano anche le annotazioni di suopugno sul contratto. In questo, i muratori siimpegnano a condurre il lavoro secondo le diret-tive dei confratelli, seguendo fedelmente le fon-dazioni già realizzate, come si è visto, alcuni anniprima. Contemporaneamente, il 7 maggio,riprende la registrazione delle spese di costruzio-ne, limitatamente alla struttura del coro, a operadello Sculteti61. Nei mesi successivi, il Burcardo,assente da Roma, continua a guidare la realizza-zione dell’opera: si conserva infatti una letteradel 21 agosto, inviatagli dallo Sculteti, per avereindicazioni riguardanti, tra l’altro, le volte delcoro e della sacrestia62. Risposte e chiarimentivengono annotati dal Burcardo sullo stessofoglio, in attesa di intervenire personalmente alsuo ritorno, previsto per il successivo 1° novem-bre: si tratta di prescrizioni molto precise, che

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entrano direttamente nel merito del progettoesecutivo, attente ai rapporti altimetrici tra ilcoro e la restante parte dell’edificio e corredateda misure. È così documentato il ruolo attivo edecisionale ricoperto dal Burcardo in ambitoprogettuale ed è quindi giustificata l’ipotesi, giàavanzata da altri – anche in relazione alla testi-monianza vasariana sulla conduzione dell’operada parte di un tedesco –, che il cerimoniere abbiasvolto funzioni assai vicine a quelle di architetto,almeno per alcuni aspetti della costruzione63.

Nei mesi successivi i lavori per il coro prose-guono, con numerosi riferimenti, nel registrodelle spese, alla fattura delle volte64. Un compu-to di contenuto non precisato, relativo allacostruzione di una volta e di un tetto, è affidatoa un certo maestro Andrea fiorentino, muratoreed esperto, per il compenso di un ducato d’oro65.L’ipotesi che si tratti del Sansovino è stata esami-nata dalla Weil-Garris, la quale lascia la questio-ne aperta, rilevando la difficoltà, ma non l’asso-luta impossibilità, che in quel periodo Andrea sitrovasse a Roma66. La costruzione prosegue pertutto il 1505 con opere di finitura, tra le qualinumerosi lavori in pietra eseguiti da BartolomeoLante67. Il 25 febbraio 1506 la fabbrica del nuovocoro viene dichiarata ufficialmente conclusa68 (ill.5). Intanto, nel luglio 1505, era iniziato lo scavodelle fondazioni di pilastri della navata centrale,definiti come d’uso all’epoca indifferentementeanche colonne69; non è chiaro, tuttavia, a quali equanti pilastri si faccia riferimento. Poi, dopo ilmarzo 1506, i lavori subiscono un’altra interru-zione, riprendendo solo nel novembre 1507, conun nuovo elenco delle spese “pro continuationefabrice ecclesie”, a opera del provisore C.Wirrt70. Le opere documentate sono scarse e siinterrompono del tutto tra il luglio 1508 e ilmarzo 1509. Alla ripresa, vi sono ancora paga-menti a Bartolomeo Lante e, a partire dal giugno1509, si lavora alla fabbrica delle due cappelleverso il coro e a opere di pittura e rifinitura diquesto71. La citazione di lavori per le fondazionidi un primo e di un secondo pilastro potrebbeessere riferita ai due pilastri che delimitano lacampata di fronte al coro, dalla parte oppostarispetto ad esso; qualche incertezza nell’identifi-cazione è data però dal fatto che tra i pagamenti,nello stesso periodo, sono ricordate anche le fon-dazioni di due pilastri dell’ospedale72. A ognimodo, il 23 novembre 1510, vi è la consacrazio-ne dell’altare maggiore, del coro e della campataad esso prospiciente, con una delle cappelle73.Tale parte, compresa l’altra cappella non ancoraconsacrata, veniva presumibilmente ad accostar-si al corpo dell’antica chiesa, il quale, a quantorisulta, fino a quell’epoca, non doveva esserestato demolito, se non in minima parte (ill. 3). Aquesto proposito, il registro delle spese cita,accanto alle porte della chiesa nuova, un non

5. Roma, Santa Maria dell’Anima, veduta dell’interno verso il coro.

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meglio identificato cancello rustico vicino allachiesa antica74. Un mese prima della consacrazio-ne è inoltre ricordato il trasporto di materialeproveniente dalle macerie della chiesa vecchia75;ciò potrebbe essere interpretato come la provache questa sia stata allora completamente demo-lita76, ma in realtà non è possibile accertare l’en-tità della demolizione, che potrebbe più verosi-milmente essersi limitata solo a una parte77. Nelcorso dei lavori descritti, è testimoniato, nel gen-naio 1510, un nuovo pagamento (2 ducati e 6carlini) a un maestro Andrea fiorentino, definitostavolta scalpellino e architetto, “pro suis consi-liis in fabrica datis ac assistentia facta in dictafabrica”; sempre la Weil Garris ritiene in questocaso possibile che si tratti di Andrea Sansovino78.

1511-1516Dopo la consacrazione della nuova zona presbi-teriale, i pagamenti registrati non consentonouna precisa interpretazione delle corrispondenti

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6. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare del primo ordine della facciatain una foto della seconda metà dell’Ottocento:è visibile il basamento originario (Roma, Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali, Istituto Centrale per il Catalogoe la Documentazione).

prestazioni. Nel luglio 1511, il pagamento a unignoto pittore per un modello del frontespiziopotrebbe essere riferito alla facciata o a unaparte di essa, ma l’indicazione è troppo genericaper poterne trarre conclusioni significative79. Viè poi il già citato lavoro “pro continuatione” diquattro colonne della navata, riportato neldicembre successivo80 e interpretabile, come si èvisto, in riferimento ai preesistenti sostegniquattrocenteschi. Piuttosto generiche e scarsa-mente significative appaiono inoltre le registra-zioni tra il 1511 e il 1514, riferite in gran partea opere del lapicida Bartolomeo Lante81. Nelgiugno 1514, infine, compare la notizia delcompletamento dell’iscrizione nel fregio dellatrabeazione inferiore della facciata, nella quale,peraltro, è indicato lo stesso anno82. Le registra-zioni relative ai lavori riprendono, tra il dicem-bre 1515 e il dicembre 1516, a cura dell’alloraresponsabile della fabbrica, il cardinale olandeseWillem van Enckenvoirt83. Le opere sono chia-ramente riferite al corpo delle navate e riguar-dano le cappelle e i pilastri; la genericità delleindicazioni non consente però di precisare l’en-tità dei lavori. Dell’ottobre 1516 è poi un chiarocenno alla realizzazione delle finestre sopra l’in-gresso della chiesa84.

Le stime dei lavori di scalpelloConcluse le registrazioni contemporanee allosvolgimento dei lavori, la documentazione sullafabbrica contiene tre stime dei lavori di scalpelloeseguiti da Bartolomeo Lante all’interno dellachiesa, in facciata, nel fianco verso la Pace e nelcampanile. La prima, non datata, è un computofornito dallo stesso lapicida85; le altre due, dataterispettivamente al 152686 e al 152787, sono redat-te dallo scalpellino Menicantonio de Chiarellis,già sovrintendente della fabbrica di San Pietro88.Si tratta di documenti molto successivi alla con-clusione della costruzione, che, in base alla pre-senza dello stemma di Adriano VI nell’ordinesuperiore della facciata, viene concordementecollocata non oltre il breve pontificato di que-st’ultimo, tra il 1522 e il 1523; a parte i tre por-tali, realizzati come è noto successivamente89.L’indeterminatezza cronologica delle operedescritte nelle stime può farne ipotizzare soltan-to una datazione relativa. Inoltre le stesse opere,soprattutto riguardo agli ordini della facciata,non sono sempre facilmente identificabili; l’in-terpretazione che segue è dunque basata sul con-fronto fra le tre stime e sugli altri dati emersi daidocumenti. La prima stima, composta da Lante,comprende i lavori all’interno della chiesa e, perquanto riguarda la facciata, si limita, a quantopare, per il primo ordine, ai capitelli e alla tra-beazione e, per il secondo, alla parte inferioredelle paraste e alle tre finestre90; viene inoltrericordato il pilastro angolare a conclusione della

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parete laterale, di fronte a Santa Maria dellaPace. Le stesse opere sono riportate nella terzastima, con la differenza che in questa vengonointegralmente citati gli elementi del primo e delsecondo ordine della facciata91. La seconda stimariguarda chiaramente il terzo ordine della faccia-ta, la trabeazione sul fianco verso la Pace con ilsottostante capitello del pilastro angolare, il cam-panile, il piano della scala davanti alla chiesa ealcune rifiniture dell’interno92. Le due stime ese-guite da Menicantonio de Chiarellis sono dun-que complementari e sembrano riguardare tutti ilavori in pietra eseguiti da Bartolomeo Lante findall’inizio della costruzione. Il computo redattoda Lante sembra invece riferito a un periodo piùcircoscritto, non comprendendo né basamento eparaste del primo ordine della facciata, eseguiti,come si è visto, tra il 1500 e il 1501, né il com-pletamento del secondo ordine, né infine leopere considerate a parte da Menicantonio nellaseconda stima. Le opere citate da Lante potreb-bero quindi essere collocate tra il 1504 – annodella ripresa dei lavori con la fabbrica del coro,durante la quale compaiono pagamenti allo scal-pellino – e un momento non sappiamo quantoposteriore al 1516, anno in cui sono documenta-ti lavori alle finestre del secondo ordine della fac-ciata e all’interno della chiesa; non è possibile, almomento, giungere a una definizione più preci-sa. Differita di qualche tempo rispetto a taliopere sembra essere l’esecuzione di capitelli etrabeazione del secondo ordine della facciata,seguita dalla realizzazione del terzo ordine, dellatrabeazione sul fianco e del campanile93.

Riepilogo (1500-1523)Sulla base dei dati finora esposti, è possibile trar-re alcune conclusioni sull’andamento della fabbri-ca ed evidenziare i punti ancora problematici. Leopere con le quali si dà inizio al cantiere appaio-no come radicale ristrutturazione e ampliamentodella chiesa preesistente, senza interessare, tutta-via, il nucleo principale del corpo longitudinale:da una parte, la necessaria riconfigurazione dell’e-sterno, avviata tra contrastanti scelte linguistichee lentamente portata avanti nel corso degli anni;dall’altra, il prolungamento del corpo longitudi-nale e la realizzazione di un coro totalmentenuovo. L’impianto di quest’ultimo, estremamenteallungato e privo sui lati di cappelle orientate,appare collegato alla difficoltà di inserimento nelristretto spazio disponibile ed è stato accostato aesempi bramanteschi94. Oltre a ciò, ne va segnala-ta l’evidente analogia, anche in rapporto alladisposizione del corpo longitudinale, con soluzio-ni planimetriche presenti in diverse Hallenkirchenaustriache95. In relazione a questo, il diretto inte-ressamento del Burcardo al progetto e alla realiz-zazione del coro e l’impegno degli esecutori aseguire le direttive dei confratelli sembrano con-

fermare per l’opera una matrice tedesca. Riguar-do al corpo della chiesa vecchia, esso rimane inpiedi a lungo e non è detto che venga demolitocompletamente. L’ipotesi della riutilizzazione diquattro sostegni dell’edificio quattrocentescoappare ragionevole, anche in considerazione delfatto che i due pilastri costruiti ex novo vanno coe-rentemente riferiti alla campata aggiunta96. Ilcambiamento del progetto iniziale, proprio inrelazione al numero delle campate, potrebbe allo-ra essere dovuto alla scelta, economicamente van-taggiosa, di riutilizzare fondazioni e sostegni dellachiesa preesistente. Come si è visto, le testimo-nianze sui lavori nella zona corrispondente allachiesa vecchia, svolti prevalentemente a partiredal 1511 e soprattutto nel corso del 1516, sonopiuttosto laconiche. Pilastri e cappelle sono citatiesplicitamente, ma la mancanza di riferimenti allarealizzazione delle volte potrebbe addirittura farpensare alla possibilità, anche in questo caso, diuna riutilizzazione di strutture quattrocentesche.Ciò tuttavia, nello stato attuale delle conoscenze,può essere escluso per una serie di motivi: le testi-monianze relative al completamento dei quattrosostegni sembrano riguardare un loro aumento inaltezza; la stessa notevole altezza delle volte attua-li appare eccessiva rispetto alle possibili propor-zioni di una chiesa romana della prima metà delQuattrocento; infine, nel programma iniziale, ladescrizione dei grandi spazi voltati disposti su unamedesima altezza sembra riferita a una prescrizio-ne progettuale, difficilmente compatibile con lapossibilità che le volte fossero già esistenti. Quin-di, la costruzione delle volte sulle tre campatedella chiesa preesistente dovette avvenire proba-bilmente intorno al 1516 o anche successivamen-te, dopo l’interruzione delle registrazioni deilavori. L’altezza di tali volte, tuttavia, deve esserestata stabilita fin dalle fasi iniziali, in quanto,come previsto nel progetto, analoga a quella delcoro fondato nel 1501 e terminato nel 1506. Larealizzazione della facciata, il cui primo ordine èconcluso nel 1514, procede probabilmente, per ilsecondo ordine, in concomitanza con l’esecuzio-ne delle parti interne – pilastri e volte – poste allamedesima altezza. Come si è visto, sulla base delleopere elencate nelle diverse stime, il completa-mento del secondo ordine potrebbe appartenere aun periodo successivo rispetto all’esecuzione delleparti inferiori; una nuova interruzione sembraprecedere la realizzazione del terzo ordine. Lacostruzione, a quanto pare ancora gravementeincompiuta intorno al 1519-2097, dovette essereconclusa entro il 1523. Come si vedrà, proprionella conformazione della facciata sembrano con-densarsi le diverse scelte e intenzioni che segnanoil processo progettuale ed esecutivo. L’analisi diessa può quindi contribuire a rendere più chiara lasuccessione di tali scelte, coinvolgenti più ingenerale l’intero edificio.

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L’architettura della facciataI dati acquisiti sulla cronologia della fabbricaverranno quindi messi in relazione con l’archi-tettura della facciata, procedendo, in primoluogo, a una sua diretta osservazione. Riguardoall’impostazione generale, è stato già sottolinea-to il carattere aggiornato della scelta di associa-re pietra e mattoni, documentata in Santa Mariadell’Anima già nel 1500. Tale accostamento,impiegato a Roma fin dall’ultimo periodo delpontificato di Sisto IV, è adottato nell’ultimodecennio del Quattrocento nei fianchi del palaz-zo della Cancelleria e, nello stesso 1500 o pocoprima, nel palazzetto Turci98. Come in tali casi,anche in Santa Maria dell’Anima i mattoni,tagliati e arrotati, hanno una trama isodoma,ossia con disposizione di taglio e giunti in corri-spondenza delle mezzerie dei filari vicini; inol-tre, come in alcune campate del palazzettoTurci, la distanza tra gli elementi lapidei è calco-lata sulla dimensione dei mattoni. Rispetto agliesempi quattrocenteschi, in Santa Maria dell’A-nima il modulo di cinque corsi di mattoni ènotevolmente più basso, attestandosi intorno ai

17 cm99 e presentando quindi giunti sottili e, alposto dei mattoni ordinari, ridotte mezzanelle,denominate nei documenti mattoni mediani. Lafinezza dell’apparecchio murario, confrontabilecon quella di palazzetto Turci e con quantoappare alcuni anni più tardi nel cortile inferioredel Belvedere100, risulta dunque piuttosto preco-ce. Va inoltre sottolineato il ruolo di preminen-za assunto qui dalla cortina laterizia rispetto aicasi precedenti, attraverso l’impiego nel fronteprincipale di una chiesa101. L’innovativa associa-zione di pietra e laterizio e la stessa accuratezzadel paramento contrastano con l’elementareintelaiatura che gli ordini disegnano sulla parete.Il piano rettangolare, ma assai vicino al quadra-to, è scandito, fin da terra, dalla sovrapposizionedi tre ordini tutti corinzi, con paraste di arcaicheproporzioni allungate, rinforzate dal doppiopartito soltanto ai margini della facciata (ill. 7). Iritmi, i rapporti e la definizione delle partiappaiono sostanzialmente uniformi e non sem-brano suggerire la volontà di stabilire una gerar-chia tra le diverse componenti. L’elementarearticolazione degli ordini sul piano della parete

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7. Roma, Santa Maria dell’Anima, prospetto verso via di Santa Maria dell’Anima (rilievo di R. Samperi).

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tro”103. In Santa Maria dell’Anima, un analogodisegno di rilievo che unisce prospetto e sezionetrasversale ne evidenzia invece la mancanza direlazioni, rivelando un’impostazione del tuttodiversa (ill. 8).

A questo punto, un’osservazione ravvicinatadegli elementi della facciata, sempre unita aidati di collocazione cronologica, può fornireindicazioni utili all’individuazione delle scelteche sottendono ai descritti esiti formali. Perquanto riguarda il primo ordine, la diversa data-zione del basamento rispetto ai capitelli e allatrabeazione corinzi, emersa dai documenti,trova riscontro nelle caratteristiche di tali partie nella scarsa concordanza tra di esse (ill. 6, 10).Ciò che i documenti definiscono basamentopuò essere riferito all’insieme costituito dallebasi delle paraste e dalla ripresa delle modana-ture di queste in posizione arretrata lungo laparete della facciata e del fianco verso la Pace(ill. 4). Il profilo di tale elemento si distingue dauna canonica base attica, per l’introduzione diuna gola rovescia tra il toro inferiore e la scozia.Esso può essere accostato a simili esempi anti-chi e rinascimentali, caratterizzati appunto dallapresenza della gola e generalmente differenziatitra loro per l’inserimento o meno di uno dei duetori o della scozia. Nell’antichità il tipo compa-re per lo più come basamento del piedistallo inarchi trionfali o, in forma semplificata, comebase nell’ordine tuscanico. Proprio negli anniintorno al 1500, la soluzione trova un ampioriscontro nell’opera bramantesca, sia in piedi-stalli che in paraste tuscaniche. Usata probabil-mente, in alcuni casi, anche da Giuliano e daAntonio da Sangallo il Vecchio, essa mostraun’esatta corrispondenza, nella successionedelle modanature, con i profili bramanteschi delbasamento esterno del palazzo Castellesi e dellabase dei piedistalli del cortile superiore del Bel-vedere104. Come osserva Bruschi, si tratta di unasoluzione poco consueta, significativa di ungusto raffinato e originale105; inoltre, rispettoagli esempi citati, l’impiego in Santa Maria del-l’Anima si colloca in un momento abbastanzaprecoce, tale da far escludere che si possa tratta-re della pedissequa ripresa di un modello noto egià sperimentato. Benché all’epoca non fosseancora stabilmente definita per ciascun ordinel’assegnazione di specifici elementi e caratteri-stiche, appare comunque improbabile, alla lucedegli esempi esistenti, il collegamento di unsimile profilo con il corinzio. Ciò è ribaditodalla realizzazione differita dei capitelli e dellatrabeazione in un momento di poco precedenteil 1514. Questa datazione è inoltre coerente coni caratteri più tardi di tali elementi: ancora lega-ti all’opera bramantesca, essi dipendono chiara-mente dalla specifica definizione dell’ordinecorinzio, realizzata nei modelli approntati per

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si riflette nella totale assenza di coordinamentotra gli stessi ordini e la disposizione strutturaledell’interno. L’altezza costante delle tre navate,stabilita dagli alti pilastri corinzi, con trabeazio-ne e piedistallo, che sostengono le volte, è mec-canicamente suddivisa all’esterno tra i due ordi-ni inferiori di altezza pressoché identica. Questi,più che con la logica tettonica dell’interno, sem-brano stabilire una relazione unicamente con laposizione delle aperture di porte e finestre.Anche l’ordine superiore, anteposto per granparte in falso agli spioventi del tetto, si sviluppaautonomamente rispetto alla conformazionedell’edificio, presentando una terminazionesuperiore rettilinea del tutto inusuale. Il disegnod’insieme non trova riscontro nella contempo-ranea ricerca sul tema della facciata di chiesa enella prevalente tendenza, pur nella complessavarietà delle soluzioni proposte, a stabilire unacorrispondenza più o meno completa tra gliordini della facciata e l’impianto dell’edificio,attraverso nessi sia realmente strutturali sia sem-plicemente visuali102; e, generalmente, con l’in-troduzione di una gerarchia tra le parti della fac-ciata, in relazione all’interno. Le stesse teoria epratica del disegno architettonico, messe apunto nei primi decenni del Cinquecento, pro-pongono un tipo di elaborato che, associando inproiezione ortogonale prospetto e sezione,risulta evidentemente finalizzato a confrontarele posizioni altimetriche dei diversi elementicomponenti “parete di fuori” e “parete di den-

8. Roma, Santa Maria dell’Anima, prospetto verso via di Santa Maria dell’Anima e sezione trasversale, associatiper evidenziare il rapporto interno-esterno (rilievo di R. Samperi).

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San Pietro a partire dal 1507 e successivamenteripresi dallo stesso Bramante, con alcunevarianti, in altre opere106 (ill. 8-10). I capitelli,ispirati come è noto a quelli del Pantheon, pre-sentano in Santa Maria dell’Anima un più stret-to legame con quelli dell’ala nord del cortilesuperiore del Belvedere a destra dell’emiciclo,soprattutto per l’analoga disposizione di voluteed elici alla medesima altezza, anziché su altez-ze differenti come in San Pietro e nelPantheon107. Anche la trabeazione, con dentellie mensole, riprende il tipo anticheggiantemesso a punto per San Pietro e replicato nellachiesa di San Biagio108.

Sulla base delle considerazioni fatte, è dun-que presumibile che il basamento realizzato nel1500 presupponesse una diversa definizionedelle altre parti dell’ordine. L’ipotesi più sempli-ce è che esso fosse stato predisposto per parastedi ordine tuscanico. Ma, data la conformazionedel profilo, va considerata anche la possibilitàche fosse stato pensato in origine come base diun piedistallo. Osservando l’attacco del basa-mento al piano della parete in mattoni, in corri-spondenza delle interruzioni per l’inserimentodelle porte, esso sembra infatti suggerire, nellistello superiore con piccolo guscio sovrappo-sto, la necessità di un completamento in altez-za109 (ill. 9). È singolare, inoltre, che i quattroblocchi del basamento separati dalle porteabbiano una larghezza pressoché identica: è pos-sibile che essi dovessero costituire le basi dialtrettanti piedistalli? Se così fosse, un basamen-to in tal modo predisposto a sostenere un piedi-stallo avrebbe dovuto essere maggiormentedistaccato dalla parete e non avrebbe presentatol’attuale sporgenza in corrispondenza della basedella parasta. Ma se un eventuale cambiamentodi progetto fosse intervenuto all’inizio dei lavo-ri, le modifiche necessarie per adattarlo allasituazione attuale non sarebbero state difficili,considerando che l’elemento fu probabilmentescolpito fuori opera, come anche i documentilasciano pensare. Tagli e modifiche più consi-stenti sarebbero invece stati necessari se nellasoluzione iniziale fosse stata prevista una spor-genza del piedistallo in corrispondenza dellesingole paraste. È oggi purtroppo impossibilerinvenire tracce di modifiche, in quanto l’attua-le basamento risulta essere frutto di un’integra-le sostituzione avvenuta probabilmente neiprimi decenni del secolo scorso, come denunciala lavorazione a bocciarda, il taglio meccanicodei bordi e l’evidente manomissione dei primitre corsi di mattoni, per l’inserimento del nuovoblocco del basamento (ill. 4). Fotografie di fineOttocento anteriori a tale intervento documen-tano tuttavia l’aderenza dell’odierno profilo aquello originario, oltre a mostrare la presenza di

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tagli, che, ovviamente, potrebbero semplice-mente dipendere da esigenze costruttive (ill. 1,6). La prosecuzione del basamento, in assenza diordini architettonici, lungo l’intera parete sulvicolo della Pace, si conserva in questo caso nelsuo stato originario e permette di verificare,almeno, la rispondenza del disegno delle dueparti (ill. 12).

La supposta presenza di un piedistallo cam-bierebbe decisamente le proporzioni e l’impo-stazione generale dell’ordine; nel profilo delbasamento potrebbe allora essere vista la tracciadi un iniziale progetto di facciata notevolmentediverso, rimasto irrealizzato. Tale eventualitàverrebbe allora a sostanziare l’improvvisoripensamento documentato nella fase inizialedella fabbrica. Come si è visto, proprio per larealizzazione del basamento, l’adozione di unprofilo all’antica scolpito da lapicidi italianilegati alla cerchia bramantesca segna infatti unchiaro mutamento di intenti rispetto al pro-gramma iniziale di adottare modi tedeschianche nella definizione dei dettagli. Si potrebbedunque immaginare che il carattere raffinato e

9. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare dell’attacco del basamento della facciata al piano della parete, in corrispondenza dell’interruzione per l’inserimento del portale.

10. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare del primo ordine della facciata (rilievo di R. Samperi).

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aggiornato del basamento, come della stessaassociazione pietra-mattoni, dovessero esserelegati a una composizione generale della faccia-ta altrettanto aggiornata. L’introduzione di unpiedistallo ben si adatterebbe a un disegnoall’antica che potrebbe avere un diverso e piùcoerente sviluppo in alzato, rispetto all’attuale,meccanica sovrapposizione di ordini; ciò, evi-dentemente, anche in relazione alla possibilitàdi stabilire una corrispondenza tra interno edesterno. Gli elementi in nostro possesso nonconsentono, naturalmente, una ricostruzione diun tale ipotetico progetto; tuttavia si puòimmaginare che esso avrebbe potuto risponde-re ai suddetti requisiti, attraverso determinatecaratteristiche. Di seguito, verranno propostealcune riflessioni sulla possibile organizzazionedi un disegno del genere.

In primo luogo, come già ipotizzato, si devepresupporre che fin dall’inizio il progetto aHallenkirche, predisposto per l’interno, corri-spondesse nell’alzato a quanto realizzato nelcorso del tempo, a partire dalla zona presbite-riale. Per quanto riguarda le contemporaneesoluzioni di facciate per grandi chiese, esseattengono per lo più a edifici a sezione basilica-le. Nei più rari esempi di impianto a Hallenkir-che, la presenza di una qualche relazione conl’interno si ritrova comunque, anche nel caso incui vi sia l’adozione di un tipo di facciata pro-prio dello schema basilicale. Ciò si verificanella coeva e vicina facciata su piazza Navonadi San Giacomo degli Spagnoli, la qualeriprende il ricorrente tema albertiano dellasovrapposizione di due ordini di diversaampiezza, rappresentato a Roma in SantaMaria del Popolo e Sant’Agostino110. In SanGiacomo, la corrispondenza con l’interno si

11. Progetto per la facciata della chiesa di Loreto attribuito a Giuliano da Sangallo,in un disegno di Aristotile da Sangallo(München, Graphische Sammlung, inv. 33257; da Studi bramanteschi,Roma 1974, tav. CXLIV, fig. 15).

12. Roma, Santa Maria dell’Anima, il basamento della parete verso il vicolodella Pace, ancora nello stato originario.

verifica soltanto nell’ordine inferiore di altezzapari a quella delle tre navate, mentre il piùstretto ordine superiore, modificato nell’Otto-cento, si accostava con difficoltà agli spioventidel tetto. La maggiore altezza dell’interno diSanta Maria dell’Anima non avrebbe consenti-to di coprire con un solo ordine l’intera eleva-zione delle navate, se non con l’introduzione digrandi paraste su alti piedistalli, come avviene,ad esempio, nella cattedrale di Pienza. A parteil carattere ormai arcaico di quest’ultima solu-zione, le minute dimensioni del basamento sisarebbero difficilmente adattate a un elevatodel genere. Più produttiva potrebbe essere laconsiderazione di un’interessante variante alconsueto schema basilicale, introdotta forse giàin occasione del concorso bandito nel 1490 daLorenzo il Magnifico per la facciata di SantaMaria del Fiore e successivamente più volteripresa, fino ai progetti presentati al concorsoper la facciata di San Lorenzo a Firenze (1515-16)111. Tra le varie caratteristiche di tale solu-zione, vi è l’inserimento di un attico – peraltrogià accennato in esempi precedenti, come ilduomo di Pavia o la stessa Santa Maria Novel-la –, il quale viene collocato in corrispondenzadegli archi tra le navate e consente di ridurre leproporzioni dell’ordine inferiore112. È statosupposto che nell’anno 1500 una facciata diquesto tipo sia stata proposta da Giuliano daSangallo per la chiesa di Loreto113. Il relativoprogetto sarebbe rappresentato in un disegnoattribuito ad Aristotile da Sangallo e, con alcu-ne varianti, in altri disegni cinquecenteschi114:uno schema di facciata basilicale, con atticointermedio tra i due ordini, è applicato ancorauna volta a un impianto a Hallenkirche; ai latidell’ordine superiore, due semitimpani ripren-dono gli spioventi del tetto (ill. 11). Come neglialtri esempi della serie, il progetto presenta unordine binato, privo in questo caso del piedi-stallo generalmente ricorrente. Il tentativo diapplicare un disegno del genere, rivisto con l’in-troduzione di doppie paraste su piedistalli, alledimensioni di Santa Maria dell’Anima, produceun risultato plausibile: l’ordine inferiore, su pie-distalli di larghezza pari a quella degli esistentiblocchi del basamento, corrisponderebbe inaltezza a quello dei pilastri interni, anch’essi supiedistalli, mentre l’attico riprenderebbe ledimensioni degli archi (ill. 13). Inoltre, unaproiezione di tali livelli sul fianco non interferi-rebbe con la posizione delle finestre delle cap-pelle, anche se è presumibile che qui la partitu-ra sarebbe stata ripresa in maniera semplificata.Non si tratta – è il caso di ribadirlo – di un’ipo-tesi ricostruttiva, ma soltanto di un’esemplifica-zione di quella che, nella gamma delle possibilisoluzioni per un architetto dell’epoca, appare, achi scrive, come la più suggestiva.

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Se l’esemplificazione grafica ora proposta èsemplicemente dimostrativa, appare possibileche un progetto con analoghe caratteristichesia effettivamente esistito. A una scelta di que-sto tipo possono infatti ricondursi i documen-tati segni di una volontà di rinnovamento cul-turale che metteva in discussione l’iniziale,deciso radicamento dell’iniziativa edilizia nellatradizione gotica tedesca. Non vi sono purtrop-po dirette dichiarazioni programmatiche chespieghino le ragioni di un simile cambiamentodi intenti. Ma si può osservare, a questo propo-sito, che le forme del gotico tedesco non eranocerto le più adatte a rispondere a quelle esigen-ze di relazione con il decoro dello spazio urba-no, che a Roma si andavano sempre più impo-nendo e alle quali gli stessi committenti diSanta Maria dell’Anima si erano mostrati gene-ricamente sensibili nello stesso programmacostruttivo. La confraternita, strettamentelegata all’impero tedesco per interessi econo-mici e politici, aveva anche, tradizionalmente,un rapporto privilegiato con la curia pontificia,confermato, come si è visto, dal diretto inter-vento di prelati di altissimo rango a favore dellafabbrica cinquecentesca. Si può quindi immagi-nare che l’influenza culturalmente aggiornatadell’ambiente curiale abbia contribuito a orien-tare diversamente le iniziali scelte programma-tiche. Una soluzione tra tali contrastanti ten-

denze poteva venire allora dalla realizzazione diuna sintesi, che, in analogia con un tipo di edi-ficio già proposto nel primo Rinascimento ita-liano, mantenesse all’interno una spazialità dimatrice gotica, proponendo in facciata uninnovativo linguaggio all’antica115. Anche den-tro la chiesa, del resto, le scelte si orientano benpresto verso l’introduzione di anticheggianticaratteri stilistici, affidando la connotazionetedesca alla sola forza dell’impianto spaziale116.È plausibile, sulla base delle considerazionifatte, che la stessa definizione dell’interno fossecompresa in uno stesso progetto, insieme aldisegno della facciata.

Quanto all’attribuzione dell’ipotetico pro-getto è ragionevole lasciare aperta la possibilitàche esso potesse rientrare in ambito bramante-sco o sangallesco, come tradizionalmente pro-posto per l’intero edificio.

La ricostruzione delle vicende della fabbricae la stessa osservazione della facciata fanno pre-sumere, però, che un coerente disegno, che siritiene possa essere esistito, abbia incontrato tragli stessi confratelli forti e immediate resisten-ze. Di fatto, l’oscillazione tra tendenze e lin-guaggi differenti non sembra potesse trovareuna stabile soluzione nella sintesi ipotizzata, né,più in generale, in un organico e dettagliatoprogetto che prefigurasse dall’inizio le opere darealizzare. Nell’esecuzione della facciata, undisegno del genere sarebbe perciò stato prestoabbandonato. E non è difficile, a questo punto,risalire alle ragioni di un nuovo ripensamento:in una coerente partitura all’antica non visarebbe infatti stato posto per le grandi finestreaperte nel secondo ordine della facciata. Ladisposizione di tali finestre appare chiaramentefinalizzata ad aumentare la luminosità dellospazio interno, ottenendo la massima aperturadella parete al di sotto delle volte (ill. 16).Un’impostazione, questa, di matrice pretta-mente gotica e precisamente riconducibile alsistema a Hallenkirche di ascendenza austriaca.Chiarificatore, in questo senso, è un confrontocon la Georgskirche, eretta da Federico IIInella città residenza imperiale di Wiener Neu-stadt tra il 1449 e il 1460117 (ill. 14-15): analogaappare la disposizione delle tre finestre, in rela-zione all’interno e alla facciata, come pure laloro differenziazione dimensionale; inoltre,anche per le finestre di Santa Maria dell’Anima,è documentata la presenza di colonnine, occhi earchi118, e la stessa, inusuale strombaturapotrebbe risalire alla matrice gotica (ill. 1).Fondamentali esigenze di illuminazione, stret-tamente legate al sistema spaziale adottato,devono quindi aver avuto il sopravvento neldisegno del prospetto, imponendo per le fine-stre una soluzione nata per facciate prive diordini architettonici e fondata su differenti, più

13. Esemplificazione dell’ipotetico progetto all’antica per la facciata di Santa Maria dell’Anima: non si tratta di un’ipotesi ricostruttiva, ma della trasposizione grafica di una soluzione che, nella gamma di quellepossibili, è apparsa a chi scrive come la piùsuggestiva. I portali corrispondono a quelliesistenti (disegno di R. Samperi).

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funzionali criteri di relazione con l’interno. Lascelta, da attribuirsi presumibilmente agli stessiconfratelli avrebbe comportato il conseguenteadattamento di paraste e trabeazioni. In questo,non sembra fosse necessario l’intervento di unarchitetto: abbandonata l’idea di un’organicadisposizione, la pur necessaria caratterizzazioneall’antica della facciata poteva risolversi, ormai,nella semplice sovrapposizione di due ordini enell’introduzione di singoli elementi di detta-glio qualificanti. Come si è visto, inoltre, lacompleta realizzazione del primo ordine avvie-ne nel corso di ben quattordici anni, passandoper una lunghissima interruzione tra la defini-zione della parte bassa e l’esecuzione di capitel-li e trabeazione. Il basamento e almeno la parteinferiore delle paraste, seppure probabilmentescolpiti fuori opera, devono essere stati postisulla parete contemporaneamente ai mattoni, lacui dimensione, si è osservato, è conforme alladistanza tra le paraste. Considerando l’avvenutafornitura dei mattoni nel corso del 1500, èragionevole pensare che anche l’applicazionedella cortina e delle parti lapidee debba essereavvenuta nella fase iniziale della fabbrica. Neconsegue che alla stessa fase, e non al periodointercorso prima del completamento del primoordine, debba essere fatto risalire il cambia-mento dell’ipotetico progetto iniziale. Ritenen-do fondamentale, come si è detto, la disposizio-ne delle tre finestre di facciata per l’organizza-zione a ordini sovrapposti, si deve allora con-cludere che anche le finestre fossero già previ-ste in un progetto di massima per i due ordini,

che sarebbe stato approntato dopo l’abbandonodel precedente disegno all’antica. Certamente,l’ipotesi che quest’ultimo sia esistito poggiasolo su indizi, ma contribuisce a spiegare la pre-senza di punti e segnali contrastanti, sia neirisultati formali, sia nelle documentate scelte

14. Wiener Neustadt, Georgskirche, veduta della facciata (da G. Brucher,Gotische Baukunst in Österreich, Salzburg-Wien 1990).

15. Wiener Neustadt, Georgskirche, veduta dell’interno verso la controfacciata(da Brucher, Gotische Baukunst…, cit.).

16. Roma, Santa Maria dell’Anima, veduta dell’interno verso la controfacciata.

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operative. Non si esclude tuttavia un’ipotesi diminima, secondo la quale la stessa disposizionedelle finestre possa aver subito determinato –una volta intrapresa la strada di una qualchecaratterizzazione all’antica – la soluzione dicompromesso a ordini sovrapposti119. A distanzadi tempo, una volta stabilito tale sommario pro-getto, la qualificazione delle parti superiori delprimo ordine risulta dipendere, come si è visto,da nuove importanti soluzioni, messe a puntonegli anni immediatamente precedenti. Chiarasembra essere dunque l’origine degli individua-ti caratteri bramanteschi di capitelli e trabeazio-ne: modelli noti, prestigiosi e già sperimentati,da riprendere a opera di esperti lapicidi (ill. 10,19). Per l’iscrizione nel fregio, il modello diriferimento è indicato esplicitamente nei docu-menti: l’insigne residenza del cardinale di SanGiorgio, ovvero il palazzo di Raffaele Riario,poi della Cancelleria120.

Una volta realizzato il primo ordine, quellosuperiore poteva esserne una replica piuttostofedele, ma con l’introduzione di semplici basiattiche in luogo del problematico basamentoiniziale (ill. 18-21). Non è facile, come si èvisto, datare la realizzazione del secondo ordi-ne, probabilmente in corso nel 1516, e quelladel terzo, concluso entro il 1523. È presumibi-le, come lasciano pensare le diverse stime deilavori di scalpello, che i due ordini siano statieseguiti in momenti diversi, separati tra loro daun certo periodo di tempo: prima la parte infe-riore del secondo ordine, poi i capitelli e la tra-beazione e infine il terzo ordine. Si può alloraritenere, come già ipotizzato da altri, che sipensasse di concludere la facciata con un gran-de timpano al di sopra del secondo ordine, incorrispondenza degli spioventi del tetto121. Lacostruzione del terzo ordine potrebbe dunquedipendere da un’ulteriore revisione del proget-to di massima per la facciata. Nella trabeazionedel secondo ordine, tuttavia, non vi sono tracceche possano far pensare alla predisposizione diun simile timpano; il cambiamento di ideadovrebbe allora collocarsi nella supposta inter-ruzione, precedente il completamento superio-re dello stesso ordine.

Ancora un corinzio, dalle forme adeguata-mente semplificate in considerazione dellaposizione elevata, è disposto nel terzo ordinesecondo una partitura analoga a quella degliordini sottostanti, ma in questo caso ardita-mente in falso rispetto all’ingombro del tetto(ill. 21, 24). I capitelli a foglie lisce, modellatisull’esempio dell’ultimo ordine del Colosseo,possono essere genericamente riferiti a esempidi ambito sangallesco122 (ill. 17). La terminazio-ne superiore, come nei due ordini più bassi, èrisolta con una semplice trabeazione, ma questarispetto ad essi presenta, a ben vedere, una

17. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare di un capitello del terzo ordinedella facciata.

18. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare di un capitello del secondo ordine della facciata.

19. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare della trabeazione e dei capitellidel primo ordine della facciata.

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significativa differenza, apparsa evidente nel-l’osservazione ravvicinata dal ponteggio. Incorrispondenza della campata centrale, il lieveaggetto al di sopra delle paraste risulta comple-to soltanto verso le due campate laterali, men-tre, verso il centro, è limitato ad architrave, fre-gio e sottocornice, lasciando che si sviluppinoin continuità il gocciolatoio e la sima; inoltrequest’ultima, solo nella campata centrale, è inlaterizio, anziché in travertino (ill. 23). La spie-gazione di tali singolarità porta a concludereche la campata centrale della facciata dovesseessere conclusa da un timpano. A sostegno visi-vo di questo, il gocciolatoio sarebbe infattirisultato coerentemente ininterrotto, mentre lasima, canonicamente, non si sarebbe sviluppatain orizzontale, ma soltanto in posizione inclina-ta, a coronamento del timpano (ill. 20). È quin-di evidente che la parte in laterizio sia stataaggiunta, una volta rinunciato, per ragioni chenon conosciamo, alla realizzazione del timpa-no. Il presente profilo in laterizio proseguesignificativamente per un breve tratto ancheoltre l’aggetto della trabeazione rispetto alledue campate laterali, proprio per lasciar postoalla necessaria sporgenza della sima inclinata,rispetto al gocciolatoio123. L’idea di un tale com-pletamento restituisce un senso all’anomala edenigmatica terminazione orizzontale, cheormai costituisce un carattere peculiare dell’in-

20. Ipotesi ricostruttiva della facciata di Santa Maria dell’Anima, con l’introduzione del timpano previsto e non realizzato (disegno di R. Samperi).

21. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare del terzo ordine della facciata(rilievo di R. Samperi).

22. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare del secondo ordine della facciata(rilievo di R. Samperi).

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tera facciata. È ora possibile individuare possi-bili riferimenti della soluzione così configurata.Il sistema con timpano centrale affiancato dadue parti trabeate, derivante dagli antichi archidi trionfo e dall’interpretazione che ne vienedata nei disegni rinascimentali, compare nelprogetto michelangiolesco per la facciata diSan Lorenzo a Firenze, rappresentato nelmodello ligneo inviato a Roma alla fine del1517124. La soluzione, più volte ripresa nelcorso del Cinquecento, appare negli anni Ventinella facciata sangallesca di Santa Maria inPorta Paradisi, interamente impostata sulloschema dell’arco trionfale125. Generalmente,come nei casi citati, una simile disposizione deltimpano è collegata a un’idea di facciata, intesacome tendenzialmente autonoma rispetto alcorpo dell’edificio e spesso strutturata comeelemento anteriore contenente una sorta dinartece. In San Lorenzo, una tale facciatasemindipendente è inoltre funzionale ad acco-gliere la decorazione scultorea. Non è datoconoscere ragioni e modalità della scelta com-piuta in Santa Maria dell’Anima; e se l’originepuò essere individuata nell’ambito suddetto, lasoluzione, applicata in questo caso a una pree-sistente parete bidimensionale, non sembracontenere, a differenza degli esempi indicati,altre implicazioni o giustificazioni, limitandosia essere la semplice riproposizione di unaforma. Lo schema adottato e la definizione deidettagli non escludono la possibilità di unintervento di Antonio da Sangallo il Giovane,ma potrebbe trattarsi, ancora una volta, di unasoluzione determinata, o almeno indicata, daglistessi confratelli. In ogni caso, la collocazionetemporale degli esempi confrontabili con la

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23. Roma, Santa Maria dell’Anima, particolare della trabeazione del terzo ordine della facciata, tra la campata centrale e quella laterale di sinistra: si notino, verso la campata centrale, l’aggetto limitato ad architrave, fregio e sottocornice e, in corrispondenza della stessa campata centrale, la sima realizzata in laterizio.

24. Roma, Santa Maria dell’Anima, parte posteriore della parete libera al disopra del livello del tetto, in corrispondenza del terzo ordine della facciata: è visibilel’intervento di consolidamento realizzatonei lavori del 1998-99.

disposizione prevista per il terzo ordine sugge-risce che, oltre alla realizzazione, anche la stes-sa ideazione vada posta intorno all’inizio deglianni Venti; è dunque confermata l’ipotesi che visia stata una notevole revisione del precedenteprogetto di massima.

Nel processo di formazione della facciata, lecontrastanti intenzioni iniziali sembrano risol-versi dunque, dopo l’ipotizzato fallimento diun coerente disegno d’insieme, in una prassi dicarattere empirico; prassi adottata e controlla-ta dagli stessi confratelli, secondo una menta-lità ancora tardo medioevale, ma, a quantopare, anche dettata da un certo desiderio diapparire aggiornati. Nella confraternita, delresto, non dovevano mancare personaggi prov-visti di qualche competenza nel campo dell’ar-chitettura, come Giovanni Burcardo che, si èvisto, seguiva personalmente l’esecuzione delcoro, con ruolo decisionale anche a livello pro-gettuale. Per aspetti più complessi, inoltre,poteva essere richiesta l’opera di consulenti,come per la collaborazione prestata dal mae-stro Andrea fiorentino, forse identificabile nelSansovino, o per la partecipazione, ancora pro-blematica, dello stesso Bramante. Preziosoinoltre, per l’esecuzione, va in ogni caso rite-nuto il contributo dell’esperto lapicida Barto-lomeo Lante, collaboratore di Bramante. Nonè dunque possibile, a questo punto, porre per lafacciata un tradizionale problema di attribuzio-ne; gli eterogenei e problematici esiti formalinon derivano, evidentemente, da un’unicavolontà progettuale, ma dal lungo e disconti-nuo processo che, con osservazioni, riflessionie ipotesi, si è tentato di ricostruire, o almenocomprendere, nei suoi tratti essenziali.

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Il presente contributo è il risultato di unaricerca post dottorato svolta presso ilDipartimento di Storia dell’Architettura,Restauro e Conservazione dei BeniArchitettonici dell’Università degli Studidi Roma “La Sapienza”. Desidero rin-graziare quanti mi hanno aiutato conconsigli e interesse: Francesco PaoloFiore, che ha direttamente seguito laricerca, Arnaldo Bruschi, con il quale hopotuto costantemente discutere i risulta-ti parziali, Paola Zampa, Pier NicolaPagliara, Christoph Luitpold Frommel ePatrizia Barucco. Ringrazio inoltre ilcollegio di Santa Maria dell’Anima peraver consentito le operazioni di rilievo ela consultazione dell’archivio.

1. C.W. Maas, The German Community inRenaissance Rome 1378-1572, in “Römi-sche Quartalschrift für christliche Alter-tumskunde und für Kirchengeschichte”,supp. 39, 1981, pp. 68-69; J. Schmidlin,Geschichte der deutschen Nationalkirche inRom S. Maria dell’Anima, Freiburg-Wien1906, pp. 9-76; J. Lohninger, S. Mariadell’Anima, die deutsche Nationalkirche inRom, Roma 1909, pp. 1-18.

2. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 70-76; M. Vaes, Les fon-dations hospitalières flamandes à Rome duXVe au XVIIIe siècle, in “Bulletin de l’Insti-tut belge de Rome”, I, 1919, pp. 212 ss.

3. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 79-81; Vaes, Les fondationshospitalières…, cit. [cfr. nota 2], pp. 214-218; C. Schuchard, I tedeschi alla curia pon-tificia nella seconda metà del Quattrocento, inS. Gensini (a cura di), Roma capitale (1447-1527), atti del convegno (San Miniato1992), Roma 1994, pp. 53-54; sullo stessoargomento vedi anche Ead., Die Deutschenan der päpstlichen Kurie im späten Mittelal-ter (1378-1447), Tübingen 1987, e Ead.,Deutsche an der päpstlichen Kurie im 15. undfrühen 16. Jahrhundert, in “RömischeQuartalschrift für christliche Altertum-skunde und Kirchengeschichte”, LXXX-VI, 1991, pp. 78-97.

4. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 86-88; Vaes, Les fondationshospitalières…, cit. [cfr. nota 2], p. 218.

5. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 80-81, 109-110.

6. Ivi, pp. 81-89; Schmidlin, Geschichteder deutschen Nationalkirche…, cit. [cfr.nota 1], pp. 158-164; Lohninger, S.Maria dell’Anima…, cit. [cfr. nota 1], pp.19-37; G. Urban, Die Kirchenbaukunst desQuattrocento in Rom, in “Römisches Jahr-buch für Kunstgeschichte”, IX-X, 1961-62, pp. 263-264.

7. Archivio di Santa Maria dell’Anima(d’ora in poi ASMA), E I, to. 7, Expensae1426-1485, c. 23r ss.

8. Liber Confraternitatis Beatae Mariae deAnima Teutonicorum de Urbe, ed. a cura diC. Jaenig, Romae 1875, p. 263; Schmid-lin, Geschichte der deutschen Nationalkir-che…, cit. [cfr. nota 1], p. 158; Lohnin-ger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr. nota1], p. 21.

9. ASMA, A V, to. 10, c. 133v; Lohnin-ger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr. nota1], p. 69.

10. Cfr. ivi, p. 44, fig. 16.

11. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 87-89. Il prestigio dell’i-stituzione e l’influenza della confraterni-ta presso la curia portarono la chiesaall’attenzione della corte papale e nel1447, con Nicolò V, l’Anima ebbe il suoprimo protettore (ibid.).

12. Ivi, p. 94.

13. Ivi, pp. 91-92.

14. Ivi, pp. 95-97.

15. Vaes, Les fondations hospitalières…, cit.[cfr. nota 2], pp. 218-220. Schuchard, Itedeschi alla curia pontificia…, cit. [cfr.nota 3], pp. 56 ss. Uniche eccezioni allariduzione della presenza tedesca nellaCuria sono costituite dal pontificato deltedescofilo Pio II e dall’ancora conside-revole numero di tedeschi tra i notaidella Rota fino al XVI secolo (ibid.).

16. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 91-94; Vaes, Les fonda-tions hospitalières…, cit. [cfr. nota 2], pp.220-221.

17. Schuchard, I tedeschi alla curia pontifi-cia…, cit. [cfr. nota 3], pp. 61-62.

18. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], p. 91.

19. ASMA, A V, to. 10, c. 4r; F. Nagl,Urkundliches zur Geschichte der Anima inRom, Roma 1899, pp. 20, 65-67; Schmid-lin, Geschichte der deutschen Nationalkir-che…, cit. [cfr. nota 1], pp. 206-207; Loh-ninger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr.nota 1], pp. 39-41; Maas, The GermanCommunity…, cit. [cfr. nota 1], p. 101.

20. Cfr. Vaes, Les fondations hospitaliè-res…, cit. [cfr. nota 2], p. 221.

21. ASMA, A V, to. 10, cc. 5r-8r; Nagl,Urkundliches…, cit. [cfr. nota 19], pp. 20,67-69; Schmidlin, Geschichte der deutschenNationalkirche…, cit. [cfr. nota 1], pp.207-208; Lohninger, S. Maria dell’Ani-ma…, cit. [cfr. nota 1], pp. 41-42.

22. Sulla figura del Burcardo vedi, ancheper ulteriori indicazioni bibliografiche,Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 100-113.

23. Nella relazione vengono elencate unaserie di operazioni da compiere primadell’inizio dei lavori: approvvigionamen-to dei materiali edili e predisposizione diuno spazio per lo stoccaggio, svuotamen-to della sacrestia e di altri ambienti chesarebbero stati occupati dalla nuovastruttura.

24. Cfr. W. Kronig, Hallenkirchen in Mit-teitalien, in “Kunstgeschichtliches Jahr-buch der Bibliotheca Hertziana”, 2,1938, pp. 137-139.

25. Sull’edificio vedi D. Gnoli, La torreArgentina in Roma, estratto da “NuovaAntologia”, Roma 1908; Maas, The Ger-man Community…, cit. [cfr. nota 1], p. 49.

26. Ivi, p. 91.

27. Ivi, pp. 104-105; sulla raccolta dei

fondi vedi anche Schmidlin, Geschichteder deutschen Nationalkirche…, cit. [cfr.nota 1], pp. 211 ss.

28. G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pit-tori, scultori e architettori scritte da GiorgioVasari con nuove annotazioni e commenti diG. Milanesi, Firenze 1878-85, IV, p. 155.

29. A. Bruschi, L’architettura a Roma altempo di Alessandro VI: Antonio da Sangal-lo il Vecchio, Bramante e l’antico. Autunno1499-Autunno 1503, in “Bollettino d’Ar-te”, 29, 1985, p. 70.

30. Su un possibile intervento di Braman-te, vedi A. Bruschi, Bramante architetto,Bari 1969, pp. 863-864; G. De Angelisd’Ossat, Preludio romano del Bramante, in“Palladio”, XVI, 1966, pp. 94-95.

31. ASMA, A V, to. 10, c. 10r; Nagl,Urkundliches…, cit. [cfr. nota 19], p. 21;Schmidlin, Geschichte der deutschen Natio-nalkirche…, cit. [cfr. nota 1], p. 209; Loh-ninger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr.nota 1], p. 42.

32. ASMA, A V, to. 10, c. 17r. I primilavori documentati riguardano lo scavodelle fondazioni, l’approvvigionamentodei materiali, la costruzione dei ponteggie le opere provvisionali sulle strutturepreesistenti, con il puntellamento deltetto della chiesa e di un arco della sacre-stia (ASMA, A V, to. 10, cc. 17r-23v).

33. Archivio Segreto Vaticano, Divers.Cam., Arm. 29, to. 53, cc. 67v-69r; Sch-midlin, Geschichte der deutschen Natio-nalkirche…, cit. [cfr. nota 1], pp. 209-210;Lohninger, S. Maria dell’Anima…, cit.[cfr. nota 1], p. 43.

34. Vedi nota 23.

35. Cfr. M. Tafuri, “Roma instaurata”.Strategie urbane e politiche pontificie nellaRoma del primo Cinquecento, in Ch.L.Frommel, S. Ray, M. Tafuri, Raffaelloarchitetto, Milano 1984, p. 70; per unasimile regolarizzazione stabilita con let-tera patente del 1513 lungo l’attuale viaPaganica, vedi S. Finocchi Vitale, R.Samperi, Nuovi contributi sull’insediamen-to dei Mattei nel rione S. Angelo e sullacostruzione del Palazzo Mattei Paganica, in“Storia architettura”, VIII, 1985, p. 20, eC. Varagnoli, I palazzi dei Mattei: il rap-porto con la città, in Palazzo Mattei diPaganica e l’Enciclopedia Italiana, Roma1996, pp. 140-142.

36. Lohninger, S. Maria dell’Anima…,cit. [cfr. nota 1], pp. 42-45.

37. Vedi, tra gli altri, Kronig, Hallenkir-chen…, cit. [cfr. nota 24], pp. 137-139, eMaas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], p. 101.

38. Cfr. Lohninger, S. Maria dell’Ani-ma…, cit. [cfr. nota 1], p. 64. Lavori allacasa sono documentati nel 1500 e nel1501 nel registro delle spese in ASMA, AV, to. 10.

39. ASMA, E I, to. 8, Recepta 1426-1512,c. 284r; Schmidlin, Geschichte der deut-schen Nationalkirche…, cit. [cfr. nota 1],pp. 222; Lohninger, S. Maria dell’Ani-ma…, cit. [cfr. nota 1], p. 64. È dimostra-to dal documento che l’ambasciatore

imperiale non va identificato conMatthäus Lang, come affermato in A.Kerschbaumer, Geschichte des deutschenNationalhospizes Anima in Rom, Wien1868, p. 22, e ripreso da altri.

40. ASMA, A V, to. 10, cc. 17r-85v; cfr.Schmidlin, Geschichte der deutschen Natio-nalkirche…, cit. [cfr. nota 1], p. 222-223.

41. ASMA, A V, to. 10, cc. 87r-140v; cfr.Schmidlin, Geschichte der deutschen Natio-nalkirche…, cit. [cfr. nota 1], pp. 223-227.

42. ASMA, E II, to. 15, cc. 186r-191v;cfr. Schmidlin, Geschichte der deutschenNationalkirche…, cit. [cfr. nota 1], p. 228,e Lohninger, S. Maria dell’Anima…, cit.[cfr. nota 1], p. 70.

43. ASMA, E II, to. 15, cc. 192r-197r;cfr. Schmidlin, Geschichte der deutschenNationalkirche…, cit. [cfr. nota 1], pp.228-230, e Lohninger, S. Maria dell’Ani-ma…, cit. [cfr. nota 1], p. 71.

44. L’analisi ravvicinata e il rilevamentodella facciata sono stati resi possibili dallapresenza dei ponteggi allestiti per i lavo-ri di restauro del 1998-99.

45. ASMA, A V, to. 10, cc. 24v ss.

46. Ivi, c. 24v.

47. Ivi, c. 27v.

48. Ivi, cc. 39v, 60v.

49. C. Ricci, Il chiostro della Pace, Docu-menti bramanteschi, in “Nuova Antolo-gia”, I, 1915, pp. 361-367; De Angelisd’Ossat, Preludio romano…, cit. [cfr. nota30], p. 86 e n. 28; Bruschi, Bramante…,cit. [cfr. nota 30], pp. 823-825; K. Weil-Garris Posner, Notes on S. Maria dell’Ani-ma, in “Storia dell’Arte”, 6, 1970, p. 129.Riguardo ad Andrea Tommaso da Setti-gnano, potrebbe trattarsi dello stessoscultore e architetto attivo a Roma findal 1470 (ivi, p. 125, n. 19; U. Thieme, F.Becker, Allgemeines Lexikon der bildendenKünstler, I, Leipzig 1907, pp. 454, 464)

50. ASMA, A V, to. 10, cc. 31v, 32v, 34v,35v, 36v.

51. Ivi, cc. 31v, 39v.

52. Rispetto a quelle in facciata, le fine-stre verso il vicolo si trovano più inbasso, quindi nella parte di muro realiz-zata per prima. Lavori alle finestre dellafacciata, che, a differenza delle altre, pre-sentano singolari strombature, sonoesplicitamente documentati soltanto nel1516 (ASMA, E II, to. 15, c. 189v).

53. Ivi, c. 56v.

54. ASMA, A V, to. 10, c. 60v; il paga-mento risulta “ad bonum computumlapidum pro pilastris ecclesie nostreincisorum (?) et muris exterioribus postdiem XXV Augusti proximus pareti (?)impositorum”.

55. Lavori per le fondazioni, esplicita-mente riferiti al coro soltanto in un caso,sono registrati in ASMA, A V, to. 10, cc.71v, 72v, 76v.

56. ASMA, A I, Urk. VIII, litt. C, fasc. 1,

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n. 6; Schmidlin, Geschichte der deutschenNationalkirche…, cit. [cfr. nota 1], p. 211;Lohninger, S. Maria dell’Anima…, cit.[cfr. nota 1], p. 65; Nagl, Urkundliches…,cit. [cfr. nota 19], p. 22.

57. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], pp. 105-109; Schmidlin,Geschichte der deutschen Nationalkirche…,cit. [cfr. nota 1], pp. 211 ss.

58. ASMA, E II, to. 15, c. 16r; cfr. Loh-ninger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr.nota 1], p. 65.

59. ASMA, A II, to. 2, cc. 34r-v; Nagl,Urkundliches…, cit. [cfr. nota 19], p. 23;Schmidlin, Geschichte der deutschen Natio-nalkirche…, cit. [cfr. nota 1], p. 223; Loh-ninger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr.nota 1], pp. 65-66.

60. Maas, The German Community…, cit.[cfr. nota 1], p. 102.

61. ASMA, A V, to. 10, c. 87r.

62. ASMA, E II, to. 15, cc. 15r-v; Schmid-lin, Geschichte der deutschen Nationalkir-che…, cit. [cfr. nota 1], pp. 223-224; Loh-ninger, S. Maria dell’Anima…, cit. [cfr.nota 1], p. 66; J. Garms, Les activités arti-stiques des confraternités germaniques, inLes fondations nationales dans la Rome pon-tificale, Roma 1981 (Collection de l’Éco-le Française de Rome; 52), p. 53.

63. Ibid.; Schmidlin, Geschichte der deut-schen Nationalkirche…, cit. [cfr. nota 1], p.221; Lohninger, S. Maria dell’Anima…,cit. [cfr. nota 1], pp. 45-46.

64. ASMA, A V, to. 10, cc. 91r-95r; inte-ressante la notazione relativa all’impiegodi ciottoli di fiume come riempimentodelle volte (c. 94v).

65. ASMA, A V, to. 10, c. 95r; Schmidlin,Geschichte der deutschen Nationalkirche…,cit. [cfr. nota 1], p. 221; Lohninger, S.Maria dell’Anima…, cit. [cfr. nota 1], p. 46.

66. Weil-Garris Posner, Notes on S. Mariadell’Anima, cit. [cfr. nota 49], p. 125.

67. ASMA, A V, to. 10, cc. 97v-111r.

68. Ivi, c. 111v.

69. Ivi, cc. 104r, 107v-108r.

70. Ivi, cc. 113r-116v.

71. Ivi, cc. 117r-129r.

72. Ivi, cc. 125r, 128v, 129r; alla c. 123vvi è un esplicito riferimento a due pilastridell’ospedale.

73. ASMA, E I, to. 8, c. 339v; Schmidlin,Geschichte der deutschen Nationalkirche…, cit.[cfr. nota 1], p. 225; Lohninger, S. Mariadell’Anima…, cit. [cfr. nota 1], pp. 67-69.

74. ASMA, A V, to. 10, cc. 127v, 128r.

75. Ivi, c. 129r.

76. Cfr. Lohninger, S. Maria dell’Ani-ma…, cit. [cfr. nota 1], pp. 67-68.

77. La presenza di strutture quattrocen-tesche sembra essere ancora documenta-

ta tra il 1519 e il 1520 (vedi nota 93).

78. ASMA, A V, to. 10, c. 124r; Weil-Garris Posner, Notes on S. Maria dell’Ani-ma, cit. [cfr. nota 49], p. 125.

79. ASMA, A V, to. 10, c. 132r; Schmid-lin, Geschichte der deutschen Nationalkir-che…, cit. [cfr. nota 1], p. 231; Weil-Gar-ris Posner, Notes on S. Maria dell’Anima,cit. [cfr. nota 49], p. 126. La dizione deldocumento è: “Item pictori pro modellofrontespitii…”; la confusione di item conil nome Juli, da parte di Schmidlin e poidella Weil-Garris Posner, poteva daradito a ipotesi sull’identità del pittore.

80. ASMA, A V, to. 10, c. 133v.

81. Ivi, cc. 130r-140v.

82. Ivi, c. 140r.

83. ASMA, E II, to. 15, cc. 186r-191v.

84. Ivi, c. 189v.

85. Ivi, cc. 192r-193r.

86. Ivi, cc. 194r-195r.

87. Ivi, cc. 196r-197r.

88. Cfr. Ch.L. Frommel, La chiesa di SanPietro sotto papa Giulio II alla luce di nuovidocumenti, in C. Tessari (a cura), San Pie-tro che non c’è, Milano 1996, p. 38.

89. Weil-Garris Posner, Notes on S. Mariadell’Anima, cit. [cfr. nota 49], p. 126.

90. Sulla base di un confronto tra lediverse stime e delle altre notizie esisten-ti, sembrano riferirsi al primo ordine i “7capitelli intaliati nella faciata denanzi” ele “12 canne de architrave fregio e corni-ce nella faciata dinanzi grossa palmi 5 1/2ogni cosa” e al secondo ordine, oltre allefinestre, le “15 canne de pilastri e basa-menti fatto al mercato” (ASMA, E II, to.15, c. 193r).

91. Gli elementi dei due ordini corri-spondono, oltre alle finestre, ai “14 pila-stri de tevertino in ditta faccia compu-tanno li cantoni colli capitelli intagliati”e alle “canne 24 de architrave e freso ecornice della faccia de fora colli model-letti sopra li pilastri” (ASMA, E II, to. 15,c. 196v).

92. Appartengono al terzo ordine “locornicione e architrave e freso della fac-cia denanzi longo palmi 110 scorniciataverso lo tetto ancora alta palmi 5”, “lerevolte de ditte cornice longo tutte a doipalmi 30”, “li doi pilastri con tre faccemasicci delli cantoni con basa e capitelloalto luno palmi 27 […] largo inuna facciapalmi 3 le doi facce palmi 2” e “li quattropilastri piani con base e capitelli nellafaccia denanti alto luno palmi 27”(ASMA, E II, to. 15, c. 194v). Sono inol-tre citati “lochio della chiesia de teverti-no” (c. 194v) e “le doi arme de marmoche sono nella faccia” (c. 195r).

93. Nell’analisi della documentazione innostro possesso, va ricordata la notizia,riportata da diversi studiosi, di un direttointervento di Leone X a sostegno dellafabbrica (Maas, The German Commu-nity…, cit. [cfr. nota 1], pp. 110-112;

Nagl, Urkundliches…, cit. [cfr. nota 19],pp. 27-28; Schmidlin, Geschichte der deut-schen Nationalkirche…, cit. [cfr. nota 1],pp. 218-219, 226, 260; Lohninger, S.Maria dell’Anima…, cit. [cfr. nota 1], p.59). A tale proposito, si fa generalmenteriferimento a una bolla del 1513 o del1514 che avrebbe concesso alla confra-ternita il diritto di vendere indulgenze inGermania per reperire fondi per il can-tiere. In realtà, come osserva Maas, nel-l’Archivio Vaticano non vi è traccia di unsimile documento e l’unico riscontrodiretto consiste in uno scritto non data-to, conservato nell’archivio dell’Animacome “copia indulgentiae Leonis X profacienda ecclesia de Anima” (ASMA, AII, to. 3, cc. 88r-89v; Nagl, Urkundli-ches…, cit. [cfr. nota 19], pp. 27-28). Inesso si manifesta l’attenzione del pontefi-ce alla costruzione della nuova chiesa el’apprezzamento per l’opera svolta fino aquel momento, ma si lamenta il gravestato di incompiutezza e si sostiene lanecessità di un rapido completamento,anche con la demolizione dell’antico edi-ficio; a tal fine venivano garantite specia-li condizioni, rispetto a quanto già acqui-sito, per il rilascio di indulgenze da partedell’Anima. Tutto ciò appare verosimile,ma, in assenza di altri riscontri, esiste, daun lato, il problema dell’autenticità ditale testimonianza, dall’altro, appare dif-ficile che essa possa essere stata confezio-nata dai confratelli senza alcun fonda-mento. Inoltre, come osserva Maas, laposizione dello scritto tra due documen-ti del 1519 e del 1520 ne fa supporre unacollocazione in tale lasso di tempo. Vadunque considerata la possibilità di unintervento di Leone X verso la fine delsuo pontificato; è poi degna di attenzio-ne la notizia che all’epoca le strutturequattrocentesche fossero ancora in piedi.

94. De Angelis d’Ossat, Preludio roma-no…, cit. [cfr. nota 30], p. 95; Bruschi,Bramante…, cit. [cfr. nota 30], p. 864.

95. Cfr. G. Brucher, Architektur von 1300bis 1430, in Geschichte der bildenden Kunstin Österreich, 2, München-London-NewYork 2000, pp. 293, 295 e passim, e R. K.Donin, Österreichische Baugedanken amDom von Pienza, Wien 1946 (Forschun-gen zür österreichischen Kunstgeschich-te; 5), pp. 30-33.

96. Oltre che nel citato registro, riferi-menti al completamento di quattro pilastriesistenti sono presenti, seppur anche inquesto caso in modo non chiarissimo,nella prima e nella terza stima dei lavori discalpello (ASMA, E II, to. 15, cc. 193r,197r).

97. Per lo stato della costruzione tra il1519 e il 1520 ci si riferisce al problema-tico documento relativo a un interventodi Leone X a sostegno della fabbrica(vedi nota 93).

98. P.N. Pagliara, Murature laterizie aRoma alla fine del Quattrocento, in “Ricer-che di Storia dell’arte”, 48, 1992, pp. 45-46; Id., Antico e Medioevo in alcune tecni-che costruttive del XV e XVI secolo, in par-ticolare a Roma, in “Annali di architettu-ra”, 10-11, 1998-99, pp. 242-244; A.Bruschi, L’architettura dei palazzi romanidella prima metà del Cinquecento, in Palaz-zo Mattei di Paganica…, cit. [cfr. nota35], pp. 3-6.

99. Cfr. P.N. Pagliara, Note su murature eintonaci a Roma, in “Ricerche di Storiadell’arte”, 11, 1980, nota 15.

100. Pagliara, Murature laterizie…, cit.[cfr. nota 98], p. 46.

101. Unico precedente, in tale posizione,è costituito, in area romana, dalla quat-trocentesca chiesa ostiense di Sant’Au-rea, direttamente legata all’ambienteurbinate, dal quale l’accostamento di pie-tra e laterizio, presente nel cortile delPalazzo Ducale, evidentemente proviene(ivi, p. 45). Lo stesso Vitruvio aveva rite-nuto il mattone non indegno degli stessitempli (cfr. Bruschi, L’architettura deipalazzi romani…, cit. [cfr. nota 98], p. 4).

102. Vedi, per una particolare lettura ditale tendenza, Ch.L. Frommel, Rinasci-mento come immagine. Il complesso di SantaMaria presso San Satiro di Bramante, in“Lotus International”, 71, 1992, pp. 6-22.

103. Ch. Thoenes, Vitruvio, Alberti, San-gallo. La teoria del disegno architettonico nelRinascimento (1989), in Id., Sostegno eadornamento. Saggi sull’architettura delRinascimento: disegni, ordini, magnificenza,introduzione di J.S. Ackerman, Milano1998, pp. 164-168.

104. Bruschi, L’architettura a Roma…, cit.[cfr. nota 29], pp. 80-82; C. Denker Nes-selrath, Die Saulenordnungen bei Braman-te, Worms 1990, p. 92 e n. 440.

105. Bruschi, L’architettura a Roma…, cit.[cfr. nota 29], p. 81.

106. Frommel, La chiesa di San Pietro…,cit. [cfr. nota 88], p. 28; C. Denker Nes-selrath, Bramante e l’ordine corinzio, inL’emploi des ordres dans l’architecture de laRenaissance, atti del convegno (Tours, 9-14 giugno 1986), a cura di J. Guillaume,Paris 1992, pp. 83-89.

107. Denker Nesselrath, Die Saulenord-nungen…, cit. [cfr. nota 104], pp. 91-92.

108. Denker Nesselrath, Bramante…, cit.[cfr. nota 106];

109. Una soluzione apparentemente simi-le dei punti di interruzione del basamentosi trova nelle facciate di Santa Maria delPopolo e di San Giacomo degli Spagnoli,ma in questi casi, oltre a non esservi sem-pre il listello superiore con guscio, siamocomunque in presenza del profilo dellabase di un piedistallo, ripreso lungo laparete ma completato in altezza da un’i-deale linea verticale che lo collega al cor-rispondente proseguimento sulla paretedella cornice dello stesso piedistallo. Lasoluzione di Santa Maria dell’Anima puòinvece essere avvicinata a quanto realizza-to nella più tarda facciata sangallesca diSan Biagio a Montepulciano, con analogasagomatura della ripresa sulla parete dellapiù semplice base attica delle paraste.

110. Cfr. P. Tomei, L’architettura a Romanel Quattrocento [Roma 1942], Roma1977, pp. 128-129.

111. A. Bruschi, Una tendenza linguistica‘medicea’ nell’architettura del Rinascimento,in Firenze e la Toscana dei Medici nell’Euro-pa del ’500, atti del convegno (Firenze1980), I-III, Firenze 1983, III, Relazioni

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artistiche. Il linguaggio architettonico, pp.1015-1016; Id., L’architettura religiosa delRinascimento in Italia da Brunelleschi aMichelangelo, in H. Millon, V. MagnagoLampugnani (a cura di), Rinascimento daBrunelleschi a Michelangelo. La rappresenta-zione dell’architettura, Milano 1997, pp.164-165.

112. Cfr. J.S. Ackerman, The Architectureof Michelangelo, London 1961, trad. it.L’architettura di Michelangelo, Torino1968, pp. 18-19.

113. K. Weil-Garris Posner, Alcuni proget-ti per piazze e facciate di Bramante e di Anto-nio da Sangallo il Giovane a Loreto, in Studibramanteschi, atti del congresso interna-zionale (Milano-Urbino-Roma, 1970),Roma 1974, pp. 326-327, 335-336.

114. Bruschi, Una tendenza linguistica‘medicea’…, cit. [cfr. nota 111], p. 1016;Id., L’architettura religiosa…, cit. [cfr.nota 111], p. 164. Il disegno di Aristotileè conservato a Monaco di Baviera,Graphische Sammlung, inv. 33257 (cfr.Weil-Garris Posner, Alcuni progetti…,cit. [cfr. nota 113], tav. CXLIV, fig. 15).

115. Per considerazioni su tale tipo diedificio, realizzato a Pienza da Rosselli-no, vedi F.P. Fiore, Siena e Urbino, in Id.(a cura di), Storia dell’architettura italiana.Il Quattrocento, Milano 1998, p. 278.

116. Cfr. Kronig, Hallenkirchen…, cit.[cfr. nota 24], pp. 137-139; De Angelisd’Ossat, Preludio romano…, cit. [cfr. nota30], p. 95; Bruschi, Bramante…, cit. [cfr.nota 30], p. 864.

117. R. Wagner Rieger, Die BautätigkeitKaiser Friedrichs III., in “Wiener Jahrbuchfür Kunstgeschichte”, XXV, 1972, pp.147-149; G. Brucher, Gotische Baukunstin Österreich, Salzburg-Wien 1990, pp.176-177. La chiesa di Wiener Neustadtè pure citata in B. Baumüller, SantaMaria dell’Anima in Rom. Ein Kirchenbauin politischen Spannungsfeld der Zeit um1500, Berlin 2000, pp. 64-65, senza tutta-via essere messa in relazione con l’archi-tettura di Santa Maria dell’Anima, se nonper il comune impianto a Hallenkirche.

118. Le finestre della facciata “con colo-nelle istipiti ochi e archi” sono descritteda Bartolomeo Lante nel computo deilavori di scalpello (ASMA, E II, to. 15, c.193r). Finestre con occhi, archi e colon-nine sono visibili nella facciata dellachiesa rappresentata in P.M. Felini, Trat-tato nuovo delle cose maravigliose dell’almacittà di Roma, Roma 1610, p. 111.

119. La supposta importanza delle fine-stre, fin dall’inizio della fabbrica cin-quecentesca, potrebbe anche far pensa-re che esse esistessero, almeno comeforma del vano, già nella facciata quat-trocentesca. Tuttavia, allo stato attualedelle conoscenze, lo stretto legameindividuato tra tali finestre e la posizio-ne delle volte fa ritenere che, come èstato ipotizzato per le stesse volte,anche la definizione delle finestre risal-ga alla fase cinquecentesca.

120. ASMA, A V, to. 10, c. 140r.

121. Cfr. Lohninger, S. Maria dell’Ani-ma…, cit. [cfr. nota 1], p. 71.

122. Cfr. P.N. Pagliara, Antonio da San-gallo il Giovane e gli ordini, in L’emploi desordres…, cit. [cfr. nota 106], p. 147. Ana-loghi capitelli sono presenti nel palazzoChiovenda, opera anonima con caratteribramanteschi e sangalleschi risalente pro-babilmente alla fine del secondo decen-nio del Cinquecento (I. Badran, Roma:Palazzo Chiovenda, in “Ricerche di Storiadell’arte”, 41-42, 1990, pp. 185-187).

123. Plausibilmente in relazione allasituazione descritta, nella stima dei lavo-ri di scalpello del 1526 la trabeazione èdetta “scorniciata verso lo tetto ancora”(ASMA, E II, to. 15, c. 194v).

124. Ackerman, L’architettura di Miche-langelo, cit. [cfr. nota 112], pp. 18-24,125-141; H.A. Millon, La facciata di S.Lorenzo, in H.A. Millon, C. H. Smyth,Michelangelo architetto. La facciata di S.Lorenzo e la cupola di S. Pietro, Milano1988, pp. 3-15; G.C. Argan, B. Contardi,Michelangelo architetto, Milano 1990, pp.81-86, 161-171. Il sistema con timpanoaffiancato da parti trabeate era stato giàintrodotto da Giuliano da Sangallo neiprogetti per la facciata di San Lorenzo,in particolare con il disegno degli UffiziU 279 A, forse originariamente destinatoa una fabbrica civile.

125. G. Giovannoni, Antonio da Sangalloil Giovane, I-II, Roma 1959, I, pp. 238-242; S. Placidi, S. Maria in Porta Paradi-si, forma, funzione e materiali della costru-zione cinquecentesca, in G. Spagnesi, Anto-nio da Sangallo il Giovane. La vita e l’ope-ra, atti del convegno (Roma 1986), I-II,Roma 1986, I, pp. 131-136.