La donna della vendetta
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Ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti è
da ritenersi puramente casuale.
©Giovanna S. – 2015
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
( http://write.streetlib.com)
un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Indice
GIOCA IL GIALLO 1
GIOVANNA ESSE 3
CAPITOLO PRIMO 4
CAPITOLO SECONDO 8
CAPITOLO TERZO 12
CAPITOLO QUARTO 16
CAPITOLO QUINTO 20
CAPITOLO SESTO 24
CAPITOLO SETTIMO 28
LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI 32
CAPITOLO OTTAVO 34
CAPITOLO NONO 38
LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI 43
CAPITOLO DECIMO 46
GIOCA IL GIALLO
Novità: Leggi e Gioca
Benvenuto!
Per prima cosa, ci auguriamo che quello che stai per leggere ti
piacerà. Poi, vogliamo comunicarti una interessante novità, questo
libro può essere letto in due modi:
- puoi godertelo come un normale libro giallo,
- oppure puoi metterti in gioco, da solo o con i tuoi amici,
immedesimandoti nel detective Yours e anticipare la sua saggia
consulente, Lara Kovalski. Un’anziana scrittrice e scienziata che
collabora alle indagini dell’ispettore.
Come divertirsi con GIOCA IL GIALLO.
Durante lo svolgimento della trama, l’ispettore YOURS, si trova tra
le mani degli speciali indizi, suggerimenti misteriosi che l’assassino
lascia apposta per inviare delle indicazioni sulle sue prossime mosse.
Gli INDIZI sono identificabili come hastag (parole chiave,
aggregatori web) e sono contraddistinte dal classico simbolo, detto
cancelletto, #.
Nei capitoli che leggi ne troverai alcuni, tutti utilissimi alla
soluzione dell’enigma proposto dal killer. Poi arriverai alle parti del
racconto contrassegnate dalla dicitura:
“LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI”
Questo significa che hai “in mano” gli stessi indizi della scrittrice...
ora, grazie agli #hastag, tu e i tuoi amici avrete potuto effettuare le
vostre ricerche e, prima di leggere le pagine successive, dibattere tra di
voi per poi controllare chi ha avuto più acume nell’intuire la soluzione
degli enigmi.
Buon divertimento, con Gioca il Giallo.
Nota: Questa è un’iniziativa sperimentale, saremmo lieti di
conoscere il tuo parere. Se vuoi darci una mano scrivici:
CAPITOLO PRIMO
L'insegnantescomparsa
Marzo, 2004.
Il trambusto si era appena sopito nella Wellington Scool di
Watford.
Il preside Hogan era finalmente riuscito a ritirarsi nel suo
ufficio. Liberatosi dagli investigatori, aveva invitato miss.
Gordon, la segretaria, ad approntare la documentazione
necessaria, prima delle 15,30. Non visto, si concesse una
corposa sorsata di Scotch (ne aveva una fiaschetta in un
sottocassetto segreto) lontano dagli occhi curiosi degli
inservienti; a prova persino di quelle iene inarrestabili delle
alunne. Il preside non si sentì assolutamente in colpa, per quella
bevutina fuori orario: teneva il liquore per i momenti di
emergenza, “E Dio mi fulmini se questa non è un’emergenza!”
pensò il flemmatico signore, rammaricandosi di essere
incappato in quello scandalo, a poco più di un anno dalla
pensione.
Hogan era alto e smilzo, la faccia liscia e curata gli nascondeva
qualche anno, ma non era mai stato un bell’uomo e un’epa,
solitaria e rotondetta, lo marchiava, a un occhio allenato, come
un tipo cui, ogni tanto, piaceva alzare il gomito. Cercando di
recuperare le forze e, con esse, una parvenza di lucidità, si avviò
verso la sua poltrona per riposare. L’arrivo degli ispettori
scolastici, da Londra, era previsto subito dopo l’ora di colazione,
certo miss. Gordon sarebbe stata pronta per distribuire l’avviso
nelle classi. Per fortuna era giovedì: prevedeva che, chiudendo
la scuola il giorno successivo, gli investigatori e gli ispettori,
avrebbero avuto ben due giorni per proseguire le indagini, e,
nel caso, pure la domenica,. Quel pensiero lo fece rabbrividire:
tale incresciosa eventualità, l’avrebbe costretto a disertare la
partita al Golf Club, perdendo irrimediabilmente il vantaggio
già acquisito nel Torneo d’Autunno.
Ora c’era silenzio intorno, nessuna classe era senza
professore; da nessuna parte arrivava neppure un brusio. Forse
tanto riserbo era dovuto anche alla presenza dei due poliziotti,
fermi e attenti, in piedi nel cortile dove affacciavano tutte le
aule. Le alte vetrate erano state realizzate relativamente da
poco, la costruzione era stata un antico castello, basso, adatto a
una guarnigione. Nessuna apertura, sull’esterno, per il primo
piano, a causa delle mura spesse un metro. Il secondo piano
invece, realizzato nel cinquanta, aveva piccole finestre per le
camere, quando la scuola era un convitto.
Bussarono sul vetro rumoroso della porta e Hogan sussultò…
“che giornata inaccettabile!”
«L’abbiamo trovata, signore!» disse Colber, il bidello tuttofare
della Wellington. Sembrava infelice invece che soddisfatto.
Hogan lo poteva comprendere; in passato non gli era sfuggito lo
sguardo di ammirazione del bidello per i fianchi prosperosi
della Bridge. Come avrebbe potuto biasimarlo? Anzi, lo aveva
invidiato: dopotutto lui e la piacente maestra erano coetanei,
mentre il preside aveva quasi il doppio della loro età.
«Qui?» disse il preside sbigottito «E dove?»
«Nel capanno degli attrezzi… in fondo al giardino!»
«Ma… ma com’è possibile? Aveva la chiave?»
«Non credo… signore, ci sono due chiavi del catenaccio; sono
insieme, nello stesso anello e sono sempre appese in
Segreteria… io chiudo a chiave solo nel week end… il catenaccio
blocca il paletto, da fuori, ma da dentro è impossibile aprire… »
«Io non ci capisco niente… insomma, queste chiavi, dove
sono?» invocò il vecchio in cerca di certezze.
«Sono al loro posto… appese nella bacheca. Ecco: dopo il caos
di stamattina, stavo cercando di iniziare a fare qualcosa, ho
saputo che domani saremo chiusi. Così sono andato in fondo al
giardino per recuperare il secchio. Allora ho sentito chiamare
aiuto, una voce flebile, ho pensato subito al capanno. Infatti, ho
accostato l’orecchio… ancora la voce di donna che invocava
aiuto. Ho gridato “Pamela? E’ lei, là dentro?” e lei ha detto di sì;
ha chiesto di farla uscire, per carità!» Si vedeva che l’uomo era
molto provato e impaziente. «Io non ho aperto, signore… non
sapevo cosa fare, e sono corso da lei!»
«Hai fatto benissimo, andiamo… per fortuna ci sono ancora i
poliziotti!»
Poco dopo, il piccolo corteo, raggiungeva il capanno, il più
discretamente possibile.
Finalmente il bidello liberò il paletto e tirò l’uscio verso
l’esterno. Accovacciata per terra, in uno stato pietoso, c’era una
donna. Era scarmigliata, spossata, sanguinava dalle unghie, per
il lungo graffiare sulle assi di legno della porta.
Quando l’insegnante Pamela Bridge, scomparsa da due notti,
e ricercata dal mattino, per atti osceni e violenza su minori,
invece di vedersi confortare, si sentì trascinare fuori, sull’erba
fredda, e ammanettare, cedette a una crisi nervosa e iniziò a
strillare come un’ossessa.
Sporca, vestita alla meglio, senza calze e senza slip, poco dopo
venne caricata su un ambulanza e sedata con una potente dose
CAPITOLO SECONDO
Viaggi paralleli
Ottobre, 2015
«Sono felice che ti sia liberata… » disse Emma, raggiante,
mentre caricava il voluminoso trolley nel bagagliaio
dell’imponente Evoque di Geimy Sovrano. Erano lontani i
tempi in cui la prendevano in giro per l’ostentazione
dell’opulenza di famiglia… Per chi conosceva la donna e i suoi
parenti era acclarato: la famiglia Sovrano (probabilmente grazie
a misteriosi traffici con il paese d’origine) viveva, da sempre,
nella ricchezza, ostentata senza troppo self-control. Dopotutto
erano solo chiacchiere, si sapeva che erano commercianti e che
nessuno di loro, nonostante le dicerie, era incorso in problemi
particolari con la giustizia.
«Volevo salutare tua madre… »
«Lascia perdere, non c’è nessuno… ti ho parlato della villa in
Sardegna?» disse Geimy, mentre metteva in moto, «Sono
rimasti tutti là, dovrebbero rientrare a Londra martedì.» poi,
imboccando il vialetto «Ci sono passata solo per due giorni;
arrivammo con la barca di Greg… ma lo sai, mio padre non lo
vede di buon occhio. Non credo sia per lui ma è un
tradizionalista: non avrebbe voluto che divorziassi da Carmelo,
che palle!»
«Hai ragione,» disse l’amica «da un lato vivere in famiglia è
bello ma dall’altro, tutti si sentono in dovere di sindacare sulla
tua vita! Credo che per l’anno prossimo ritornerò a vivere da
sola…» Emma Grey non si era mai sposata. Dopo la laurea,
aveva passato molti anni negli Stati Uniti, facendo esperienza e
cambiando un sacco di lavori… Geimy, era al corrente delle voci
che correvano riguardo alle strane tendenze sessuali di Emma;
nonostante fossero rimaste in contatto non erano tanto amiche
da scambiarsi certe confidenze. Da ragazzine ne avevano fatte
di fesserie ma ora erano donne, donne fatte, con una vita
abbastanza stabile e si preoccupavano molto della propria
rispettabilità. Il passato era morto e sepolto, e non ne avrebbero
mai più parlato.
«Com’è che non lo trovi strano?» se ne uscì la Sovrano,
cambiando argomento «Un’intervista sulle vecchie Scuole
tradizionali… e ti mandano un invito proprio per noi due, come
facevano a sapere che eravamo ancora in contatto?»
«Uff… ancora con questa storia? Tu sei una cazzo di
superficiale ma appena senti parlare del College tiri fuori le
unghie, diventi matta!» disse ridendo Emma. «Te l’ho già
spiegato: quando presentarono il saggio su L’Istruzione, tra
passato e futuro, riempii un questionario per la casa Editrice… e,
alla fine, chiedevano: Sareste interessate a partecipare a un
week end – seminario?» controllò che l’amica, finalmente,
prestasse attenzione a ciò che diceva «E visto che si potevano
inserire due nominativi, ho pensato a te! Tutto quì… siamo state
fortunate.»
Emma aveva sempre amato i libri e, grazie all’influenza di
uno zio titolato, era riuscita ad ottenere un posto di prestigio
nella British Museum Reading Room.
Ormai avevano imboccato la comoda statale, entro le 17
sarebbero arrivate a Folkestone, magari giusto in tempo per
prendere il te.
Un’altra prestigiosa vettura, intanto, percorreva la statale in
direzione di Dover: un’Alfa Romeo G.T.V. Sfrecciava solitaria
alcuni chilometri davanti a loro… la mente di Yours, invece,
apprezzato detective di Scotland Yard, percorreva col pensiero
ben altre strade.
Lei lo aveva fatto ancora, era sparita nel nulla da tre giorni e
lui si rodeva l’anima. Soffriva per l’accordo scellerato che aveva
stretto con quella donna, affascinante e misteriosa. Ogni cosa in
lei era ammantata di mistero, strana, controversa. “Se vuoi
continuare questa storia,” aveva detto lei “devi accettare due
condizioni. La prima (e lui era trasalito, perché le aveva
confidato solo il nome di battesimo e non le aveva mai parlato
del suo lavoro, durante quel primo, passionale, rapporto) è che
non devi mai cercare informazioni su di me; la seconda è che,
quando avrò bisogno di andar via, tu non mi fermerai… Non
temere, se mi vorrai è probabile che ritornerò ma non cercare
di bloccarmi. Mi conosco… Lo prometti?»
Cinque giorni di crociera sul Nilo, una pausa speciale, forse
entrambi stavano fuggendo da qualcosa, però non se lo dissero
mai. Forse nemmeno parlarono del passato; come se avessero
bisogno l’uno dell’altra, si scelsero e si tennero stretti, durante
quell’incantevole viaggio lontano dal mondo.
Quando giunse il momento di salutarsi, lei lo mise di fronte a
quella scelta. Nonostante avesse cercato di non farlo trapelare,
aveva capito che era un poliziotto e aveva cercato ogni appiglio
per troncare, sul nascere, quella loro breve storia ma Yours non
voleva rassegnarsi, fece di tutto per convincerla e, quando lei gli
dettò le sue condizioni, alla fine promise. Iniziò così la sua
storia con Eva Pool.
La donna viveva in periferia, unica pensionante di una
vecchia signora assai discreta. Una volta tornati in città, però, i
loro incontri non furono frequenti come Yours si sarebbe
CAPITOLO TERZO
I l cadavere sullaspiaggia
Dopo un paio di settimane nella City, per Yours l’atmosfera
fiabesca delle Piramidi aveva lasciato il posto alla dura routine
del lavoro: gli orari sballati ridivennero la norma e
l’impossibilità di tener fede a un appuntamento su cinque, una
questione di ordinaria amministrazione. La visione “libera” del
rapporto, secondo Eva, si rivelò una regola saggia; i due si
amavano ma senza impegnarsi e questo li rendeva felici,
durante le poche ore che si potevano permettere di passare
insieme. Una vita ideale per un segugio come lui… quel suo
difficile mestiere, la causa principale che aveva fatto fallire il
suo matrimonio. Invece, adesso… Eva e Yours non litigavano
mai! Poi lui fece un passo falso… e quella fu la prima volta in cui
Eva Pool sparì nel nulla. Erano passati alcuni mesi; la curiosità
ebbe la meglio sulle promesse: servendosi della sua autorità e
dei suoi “canali” cercò di scoprire chi fosse, veramente, Eva
Pool ma si trovò di fronte a un mistero. La donna che dormiva
spesso al suo fianco, aveva un curriculum blindato: Top Secret.
Meglio se, semplicemente, Eva non fosse risultata in nessun
archivio; invece no, esisteva ma il suo profilo era inarrivabile,
solo un pezzo grosso avrebbe potuto presentare le credenziali
per accedere ai suoi dati. Un paio di giorni dopo, trovò solo un
biglietto: “Sono molto addolorata per ciò che hai fatto ma ti
capisco e so che la colpa è mia. Perdonami e dimenticami.”
Yours credeva d’impazzire… non pensava che lei gli sarebbe
mancata tanto. Non fece nulla per cercarla, però ogni sera si
recava personalmente a casa sua e consegnava alla vecchia
signora una rosa per lei. Non smise mai. Trenta giorni dopo il
suo cellulare squillò: Eva era tornata da lui.
***
“BUSSARE IL CAMPANELLO, GRAZIE”
Il foglietto, con l’avviso stilato rapidamente a mano, spiccava
sul marmo verde cupo del bancone. A fianco, alcuni depliant
del Touring Club, una piccola pila di cartoline della Pensione e
un vecchio campanello in ottone, di quelli a pressione.
L’albergo era carino e pulito, ma dava la netta sensazione di
essere troppo “intimo” per ospitare un Congresso. Anche la
strada da percorre per arrivarci era stretta e tortuosa, fatta
apposta per quella che era la vera natura di quel posticino: una
pensione vicino al mare, tipicamente turistica e sicuramente
più ospitale d’estate.
Geimy Sovrano batté ripetutamente sul campanello, anche
per manifestare, da subito, il suo disappunto, mentre la Grey,
più pacata e riflessiva, si impadronì subito di una cartolina
pubblicitaria, per documentarsi sui “piaceri” che quella vacanza
gratuita le poteva regalare.
“Ho già provato io… devi aspettare un po’, impaziente
signora!” la voce inattesa che veniva dalle loro spalle, fece
sobbalzare le due amiche; la donna che aveva richiamato la loro
attenzione doveva già essere nella Hall prima di loro,
probabilmente era seduta a una delle comode poltrone e si
stava godendo il magnifico panorama del giardino, che
terminava con una ringhiera, subito dopo: il blu del mare mai
quieto, della Manica.
La prima a riconoscerla fu Emma e d’istinto ne gioì:
«Ma… no… non è possibile: Polly, Polly Horse. E che cavolo ci
fai tu, qui?»
«Beh, non te la prendere, mia cara ma è la stessa domanda
che mi sono fatta io, quando vi ho viste entrare.» Rise
apertamente. «Nonostante gli anni, sempre insieme… : la gatta e
la volpe, come vi chiamavamo allora…»
Le tre si salutarono con un abbraccio più di cortesia che di
felicità. La faccia di Geimy, da sempre insofferente e
abbastanza viziata da non preoccuparsi dell’etichetta,
manifestava con chiarezza che avrebbe preferito non
incontrare la vecchia amica del College.
Polly spiegò loro che era stata molti anni negli States e che era
diventata una scrittrice, ma non di romanzi; si era specializzata
nella produzione di libri scolastici, nell’ambito della
puericultura. Anche lei aveva ricevuto un invito…
Intanto non arrivava ancora nessuno e le tre ne
approfittarono per chiacchierare e guardarsi intorno; finché,
dietro la gabbia del piccolo ascensore, scoprirono una porta,
con attaccato sopra un cartoncino abbastanza grottesco. in
verità. Sopra c’era scritto in stampatello: “SIMPOSIO, LA
SCUOLA DEL PASSATO PUÒ INFLUENZARE IL FUTURO?”
Ma quando la Sovrano tentò la maniglia, la porta si rivelò
chiusa a chiave…
***
«Ecco, detective,» disse l’agente, lo aspettava sulla spiaggia,
riparato alla meglio, sotto uno spogliatoio del Lido che ancora
non era stato smontato, «l’ho abbiamo coperto con l’incerata!»
«Chi l’ha trovato?» chiese Yours, mentre la sua mente si
metteva in moto e si guardava intorno in cerca di indizi.
«Stamattina, verso le otto, gli operai che smontano le
strutture del Lido, l’hanno trovato qui… in questo punto preciso!
Sono scappati via… uno spettacolo orrendo!»
Il cadavere dell’uomo giaceva di lato, in posizione fetale. Non
aveva più la faccia: tutta la pelle del volto gli era stata strappata,
come fosse stato divorato da uno o più animali feroci, o da
pesci…
CAPITOLO QUARTO
La fede all ' indice
“Purtroppo i proprietari hanno avuto un incidente ma
dovrebbero rientrare questa notte. Le vostre chiavi. La cena
sarà servita alle 19,30.” Le tre donne si scambiarono un’occhiata
sorpresa, dietro al bancone era comparso un personaggio a dir
poco strano: occhiali spessi, sopracciglia folte e un posticcio di
capelli neri d’infima qualità, anche i baffi erano neri e
sicuramente tinti. Infine, il tipo, cercava di nascondere un’altra,
fin troppo evidente incongruenza: era effeminato. Un gay
attempato che cercava di nascondere la sua tendenza. Aveva
stampato sul viso un sorriso stereotipato, di mestiere, e faceva
del suo meglio per attirare la loro attenzione sul foglietto che
doveva essersi preparato da solo.
“Speriamo che il vostro soggiorno sia piacevole e ci scusiamo
per l’inconveniente.
Sono Pier, sono il cameriere e il factotum, e purtroppo non
posso parlare.” Infatti Pier, continuava a gesticolare gaio, per
attirare la loro attenzione sulla sua bocca e sul suo mutismo.
«Quindi, siamo le prime ospiti per la Conferenza; che sarebbe
domani, giusto?» la Sovrano, sempre un po’ diffidente iniziò
subito a interrogare l’impiegato, che le rispose asserendo con la
testa e giustificandosi con le mani. «E i proprietari hanno avuto
un incidente… ma d’auto?» La risposta, un po’impacciata, fu
un’asserzione. «Un incidente grave?» Stavolta Pier sgranò gli
occhi dietro le spesse lenti e, sempre con la mimica, fece capire
che non ne sapeva di più. Si chinò sul bancone per stilare una
frase su un foglio: “Non vi preoccupate per i bagagli, provvedo
subito.”
«Ma no, dai.» Intervenne Polly Horse, pratica. «Funziona
l’ascensore? Ci aiuti solo a caricare i Trolley che poi ci pensiamo
noi… va bene così!» Sorrise, mentre Geimy le lanciava
un’occhiataccia. Pier, entusiasta, si precipitò verso le valige
posate nell’atrio e, con andatura insicura, se le trascinò verso il
piccolo ascensore a vetri. Donne e valige insieme ci entravano a
malapena ma, alla fine riuscirono a partire… dopotutto
dovevano percorrere un solo piano.
Visto che erano sole nell’Hotel, fecero un po’ il comodo loro:
visitarono le reciproche stanze; criticarono i tendaggi e le
passamanerie; controllarono i bagni, che risultarono puliti e
confortevoli, e poi si godettero il panorama dai piccoli
balconcini romantici e pieni di fiori, proprio come il giardino,
splendidamente curato, che affacciava sul mare.
«Ehi, ragazze,» sbottò Emma, mentre il clima euforico le
portava a lasciarsi andare sempre di più e a sentirsi delle
adolescenti in gita scolastica, «questa non possiamo proprio
perdonargliela, che ne dite?» esibiva un sorriso malizioso e
avido stampato sul volto, in mano un biglietto con un
messaggio di cortesia:
“Benvenuti, il Frigo Bar è a vostra disposizione. With
Compliments, la Direzione.” Lo stesso foglietto era distribuito
in tutte le camere e le donne se la spassarono per un’oretta,
organizzando una specie di Party di “Benvenuto”, nella camera
di Polly.
«Peccato non poter invitare qualche amico,» disse Emma
dopo la seconda Vodka e Lime, poi aggiunse ammiccante,
«purtroppo non credo che possiamo contare su Pier… come
“uomo di fatica”!» e rise.
«Già!» Aggiunse Geimy, senza pensare «Proprio come ai
vecchi tempi…» la battuta non fece ridere e ci fu un attimo di
gelo, ma nessuna commentò.
***
Da Folkestone, Yours dovette spostarsi a Dover, all’East Kent
Hospital, un’edificio nuovissimo e assai efficiente. La polizia
locale aveva ottenuto di inserire nella struttura un piccolo
ufficio, con tanto di Foresteria. All’occorrenza, poteva essere
adoperata come cella provvisoria ma non era mai stata usata.
Il detective aveva fretta: fretta di capire cosa nascondesse il
misterioso cadavere; fretta di risolvere almeno le formalità di
rito, e impellenza di tornare a Londra per scoprire se, la sua
donna, avesse lasciato notizie.
L’ambulanza aveva deposto il corpo sfigurato in una saletta
riservata, del laboratorio di Patologia. Per fortuna, un chirurgo
aveva anche l’incarico di Coroner ed era ancora in Ospedale,
ma di procedere all’autopsia subito non se ne parlava.
Confermò solo ciò che un occhio esperto, come quello di
Yours, aveva già catturato: l’uomo era morto da poco; era stato
sfigurato malamente, anche i polpastrelli erano stati mutilati…
ora il corpo giaceva nudo e grigio sul carrello d’acciaio,
indossava solo la #fede d’oro e, stranamente, la portava
all’indice; le dita del cadavere erano gonfie e rigide, e Yours,
completamente bloccato! Allora il medico eseguì un’azione che
lasciò scosso lo stesso poliziotto. Compresa l’impellenza
dell’ispettore di ottenere un indizio, e impaziente di tornarsene
ai suoi impegni: prese una grossa tronchese e, producendo uno
scatto secco, tagliò l’indice del morto, liberò l’anello e lo
consegnò nelle mani del detective.
«Non si scandalizzi, ero medico militare… Siamo persone
pratiche, no?» Infatti, dopo un attimo di sgomento, l’ispettore si
impadronì avido del reperto, per studiarlo. Come sperava, c’era
una scritta incisa:
St. #Brun – #B4 – I on MM
CAPITOLO QUINTO
L'ultima cena
La sala da pranzo era molto carina, piena di colore ma fine e
ben arredata; non era grande, come tutto il resto dell’Hotel, una
decina di tavoli, su di ognuno non mancava un vasetto di fiori
freschi; i coperti erano impeccabili ma solo sul tavolo, loro
riservato, c’erano sottopiatti in ceramica e un secchiello, già
pieno di ghiaccio, per ospitare il vino.
La cena era “al Buffet”: le donne, tutte di famiglia borghese,
erano perfettamente in grado di apprezzare l’esposizione di
raffinate pietanze e la scelta del nutrito menù, corposo ma a
base di ingredienti leggeri, perfettamente adatti ad un pasto
serale.
Le tre amiche erano sole, a parte la presenza discreta e
spassosa del caro Pier: con la sua andatura indecifrabile e il
figurino da “checca”, faceva di tutto per rendersi utile e non far
mancare niente alle ospiti.
Essere sole nel locale, dapprima creò un certo disappunto
nelle signore ma quando venne stappata la seconda bottiglia di
uno champagne delizioso, perfettamente abbinato ai pasti da
Pier, non poterono che apprezzare la fortuna di avere un
ristorante tutto per loro. Essere libere di non sottostare troppo
all’etichetta, dapprima era sembrato sconveniente: adesso era
una gioia, e loro se la goderono, lasciandosi andare e
dimenticando persino il cameriere che, discretamente, come
fosse una missione, faceva di tutto per farle sentire a proprio
agio.
Finirono tardi, verso le 23, tra risate e schiamazzi, con le
scarpe in mano, si decisero a lasciare la sala. Il Buffet era stato
onorato, tutto era stato assaggiato. Chissà da quando, al centro
del grosso tavolo, un elemento strideva col resto
dell’esposizione dei piatti di portata, che giacevano intorno,
tutti scomposti e assaltati. Era un calice, un largo calice di
vetro… probabilmente antico e di fattura italiana; era pieno per
metà di un vino rosso e denso, sembrava sangue. Appoggiato su
di un lato del bicchiere, un pezzo di pane semplice che, a furia
di assorbire il liquido, vi si cominciava a spappolare dentro… Ma
nessuna delle tre ci fece particolarmente attenzione:
probabilmente, in quel caso, l’impeccabile Pier aveva “toppato”.
Mentre si avviavano, fermamente decise a servirsi
dell’ascensore (avevano tutte e tre le gambe molli e la testa che
girava un po’), si trovarono davanti Pier, sorridente e compito,
che con un gesto teatrale le indirizzava verso la Sala delle
Conferenze; la porta adesso era aperta e la luce che ne
proveniva era abbagliante.
“Perché no?” pensò Polly… poi ad alta voce:
« Ehi, ragazze, non siete curiose? Andiamo! Andiamo a
sbirciare in anteprima, dai… c’è anche il detto no? Come faceva,
Geimy? “la curiosità… la curiosità…» e intanto imboccavano
insieme l’ingresso della sala, andando incontro alla luce
accecante di mille faretti…
«La curiosità uccise il gatto… faceva così!» una voce stridula e
alterata terminò il pensiero confuso di Polly Horse.
“Ma chi aveva parlato? Era stato Pier… Pier?… ma non era
muto, Pier?” Ormai era troppo tardi per provare a pensare. La
porta si chiuse, le luci si spensero e loro tentarono di gridare…
ma caddero, intontite e assonnate: caddero lungo una breve
scala. Le loro grida divennero lamenti e poi, silenzio.
***
Erano passate le due di notte, stava entrando in casa quando il
cellulare squillò, era lei!
«Yours!» disse, per abitudine, poi «Amore mio… quanto mi sei
mancata: stavo impazzendo! Adesso mi dici cosa ho fatto
stavolta… ok? E non permetterti di riagganciare…»
«Perdonami, tesoro mio… Tu? Tu non hai fatto niente,
assolutamente… tu sei il mio unico amore.» la voce di lei era
concitata, come avesse fretta.
«Dove sei? Dimmi dove… vengo subito da te!» Yours la
interruppe ma lei non lo ascoltò…
«Sono fuori, gioia, mi spiace… è successo tutto
all’improvviso… è un affare, amore, un affare a cui stavo dietro
da tempo: ora si avvera, è un’occasione che non posso perdere.
Cerca di capire…»
«Capire…» la incalzò l’ispettore « Capire cosa? Ho bisogno di
te… anche se; beh, veramente adesso ho un caso, un rompicapo
fuori città ma io… io lascio perdere tutto, per te lascio tutto…
vadano in malora loro e i loro criminali del cazzo! Io, io
voglio…»
«Lo vedi?» disse Eva, più pacata, con maggiore tenerezza. «È
una fortuna, hai da fare pure tu. Pazientiamo qualche giorno, ti
prego, se va in porto il mio affare mi sistemo per sempre,
vedrai. Ti amo tanto… il mio detective!» poi aggiunse, quasi
ridendo, «E vedrai, ho anche una sorpresa per te; vedrai, niente
più sotterfugi, saprai tutto della tua Eva… così la smetti di
scervellarti, amore mio… ricordalo sempre: Tu sei l’unico
amore mio… sempre… qualsiasi cosa accada!» Ora la voce di Eva
sembrava velata di tristezza.
«Ma cosa vuoi che accada? non dire sciocchezze…» disse lui
quasi rabbioso.
«Fai bene il tuo lavoro mio dolce detective… ci vedremo
presto… lo giuro!»
Eva posò e Yours si ritrovò solo nella stanza. Mise la mano in
tasca, automaticamente, e tirò fuori la bustina trasparente con
dentro la Fede del morto.
CAPITOLO SESTO
La consulente
«Oh, oh… detective Yours» la vecchia signora sorrise e girò le
spalle alla porta, si avviò verso il soggiorno e, rivolgendosi ai
gatti, «Qualcosa mi dice che il “governo” ha deciso di versarci
un po’ di Salmone del Volga… e per me, un sorso di Vodka
speciale!» Lara era una che prendeva la vita con filosofia; la
persona ideale dopo una notte insonne.
«Non hai una buona cera, Yours… sarà la tua fidanzata a
tenerti sulle spine? L’incertezza d’amore, è uno degli ingredienti
per conservare una grande passione.»
Lui era preparato, sapeva che Lara Kovalski riusciva sempre a
mettere il dito sulla piaga. Voleva attribuire tutto il “malessere”
al caso del cadavere senza volto, ma il vero chiodo fisso era Eva.
L’anziana psicologa era anche appassionata di misteri e, a
tempo perso, si era laureata in matematica e scienze. Così,
qualche volta, faceva consulenze per Scotland Yard; ma ormai il
suo vero lavoro era scrivere. Yours era uno dei pochi “clienti”
ammessi nel suo salotto. Ospiti fissi erano gli amati gatti; per
fortuna, il soggiorno della donna era adatto alle esigenze dei
mici… una delle pareti era fatta di vetri. Nella parte bassa
c’erano molte aperture che davano sul grande giardino.
Il poliziotto accettò il caffè. Non erano ancora le nove ma la
giornata della Kovalski era già avviata. L’uomo espose quello
che sapeva e poi richiamò la sua attenzione sull’anello… per lui
quella “fede” era un segnale, non a caso era infilata al dito
indice. Yours temeva di trovarsi di fronte un Serial Killer;
sapere che degli innocenti potevano venire uccisi senza
un motivo apparente, lo mandava fuori di testa.
Dopo il caffè, Lara divenne più attenta e venne subito al sodo.
Fece al detective una serie di domande; volle vedere le prime
foto del corpo e così le scaricarono direttamente sul suo PC.
Contrariamente al salotto, lo studio era asettico e tranquillo,
tenuto con ordine maniacale. Mentre lei esaminava la fede al
microscopio, Yours chiamò il patologo dell’East Kent: per
fortuna era a buon punto. Mise il telefono in viva voce: “…un
colpo d’arma da fuoco, sparato alla nuca. Il decesso risale a non
più di 3 giorni fa. Il sangue si è coagulato rapidamente nel
corpo, probabilmente per congelamento. La pallottola era
ancora all’interno del cranio, quasi certamente una pistola. Il
calibro è raro: 25 mm!” Yours e Lara non si perdevano una
parola, intanto la donna faceva volare le dita sul PC: la caccia
era aperta e lei aveva accettato di essere della partita!
“Ah… una cosa: niente pesci né animali strani, le mutilazioni
del viso e dei polpastrelli sono state praticate con un bisturi. Un
lavoro non preciso ma efficace; direi che l’assassino non è un
chirurgo… e neppure un macellaio …ehm!”
***
Le donne si ripresero lentamente. Erano doloranti e intontite;
la caduta per le scale aveva avuto le sue conseguenze… Geimy
Sovrano doveva pure essersi rotta un mignolo; quando si toccò
il dito che le doleva, era gonfio e caldo al tatto. Tutte si erano
procurate dei lividi abbastanza vistosi. L’ambiente era freddo e
puzzava di umido; poi si accese un neon,da qualche parte. Si
resero conto di trovarsi nel deposito dell’Hotel. L’edificio era
nato per quello scopo, quindi, nel seminterrato, c’erano solo
pilastri, per lasciar spazio al deposito. Di fronte alle scale, su una
parete, spiccava la porta di una cella frigo.
La gravità della situazione divenne chiara rapidamente: non
sapevano da quanto fossero lì sotto, avevano freddo, si
sentivano male ed erano completamente nude. Tutte erano
legate come cani, tramite un paio di manette modificate e
agganciate a una catena lunga, fissata a ganci sui pilastri.
La porta della cantina si aprì e qualcuno scese per le scale.
Dopo un attimo di smarrimento le tre riconobbero la figura
appena arrivata… ecco chi era l’improbabile Pier! Ecco spiegato
lo strano modo di incedere e il finto mutismo.
Come un fantasma, la figura femminile si muoveva
lentamente, sembrava interessata esclusivamente alle catene
che le tenevano prigioniere.
«Ascolta, vecchia troia,» la Soprano dimenticò persino il
dolore e, schiumante di rabbia, aggiunse «la mia famiglia non
perdona: ti faranno a pezzi per questa pagliacciata!»
L’altra alzò lo sguardo e abbozzò un sorriso amaro:
«La tua famiglia… non ti rivedrà mai più viva, miss Sovrano!»
Polly Horse fu la prima a rendersi conto che per loro era
finita sul serio… e vomitò, mentre si accasciava sul pavimento.
***
Era mattina presto, quando Yours arrivò nel vecchio
magazzeno in disuso. Stavolta il cadavere era in perfetto stato;
era stata una bella donna, sembrava dormisse se non fosse stato
per il piccolo foro nella nuca. Sul pavimento polveroso il suo
“abbigliamento” sexy, strideva vistosamente; sembrava una
bambola in “burlesque”.
Il cellulare squillo, era Lara: “La fede, ispettore, la scritta… non
è una data ma un indirizzo…”
«Lo so,» disse Yours, senza forze «cerco di tornare presto a
Londra…»
“No, se puoi, aspettami lì, credo sia meglio.” disse Lara,
avvilita.
CAPITOLO SETTIMO
L'indirizzo nascosto
L’ispettore Yours preferì liberarsi dagli agenti della polizia
locale. Nonostante piovigginasse, si era fatto lasciare a pochi
passi dalla stazione di Priory. La dottoressa Kovalski sarebbe
arrivata col treno delle 15, mancavano una ventina di minuti.
Aveva una camera prenotata con vista sul mare: chi arriva da
Londra non disdegna mai di lanciare uno sguardo al
continente. Gli isolani sono fatti così.
Yours ordinò un caffè e sedette nella veranda di un Bar. I suoi
pensieri erano divisi tra il suo amore che, per il momento, lo
teneva sulle spine e l’indagine sui delitti incomprensibili del
maledetto killer: ne era certo, l’assassino era lo stesso. Entrambe
le vittime erano state uccise con un colpo alla nuca.
Un’esecuzione precisa con una strana pistola: piccola, rara ma
ugualmente implacabile.
Poi arrivò Lara, per fortuna con una valigia piccola, da donna
“pratica”. La pioggia sottile rendeva confortevole il posto, così,
tornarono a sedersi allo stesso Bar, e Yours riprese a pensare,
ma stavolta ad alta voce. La signora ordinò un “Aperitif” al
Pernod.
«Non credo ci siano dubbi, si tratta della stessa mano, ma le
vittime non potrebbero essere più eterogenee; anche il
trattamento loro riservato è strano, discordante.» raccontò
Yours, per informare Lara delle sue deduzioni. «La donna
trovata stanotte, era vestita con abiti da burlesque, coloratissimi,
e truccata pesantemente, come gli attori… ma a che scopo? Non
è stata riscontrata nessuna traccia biologica; qualcuno le ha
infilato calze e indumenti, quand’era già morta.»
«Si sa chi è la vittima?» Chiese Lara, mentre seguiva
attentamente le elucubrazioni del detective.
«Credo lo sapremo presto; il viso era intatto, anche le
impronte. Doveva essere una donna ricca, il suo corpo era
molto curato.»
«Quindi, una signora bene; ne avranno denunciato la
scomparsa?»
«Probabilmente sì, stanno controllando tramite Internet» fece
lui « Invece l’altra vittima doveva essere un uomo di fatica,
robusto. Ah, dimenticavo, era uno che alzava il gomito, è
risultato dalle analisi.»
«Diverso pure» disse lei «il “modus operandi” del killer, no?
Mi hai detto che era mutilato; il viso sfigurato.»
«Proprio così!» confermò l’ispettore.
«Sai, mio caro, ho riflettuto molto sull’accaduto, per questo
ho deciso di venire. » finì la sua bibita, soddisfatta mentre le
guance le si colorivano «Però devo vedere i luoghi; potrebbe
essere sfuggito qualcosa, invece sono convinta che, l’assassino,
lasci deliberatamente dei “segnali”!»
«In che senso?» chiese Yours.
«Ma come, non lo vedi? Quante cose che non quadrano;
simbolismi dappertutto, indizi che sembrano occultati e invece:
sono evidenti.»
«Ah, a proposito, cosa avevi scoperto della scritta nell’anello,
come sapevi che era un indirizzo?»
***
Tranne che per le manette, le ragazze erano libere di alzarsi e
potevano spostarsi di un metro o poco più. Cercare di
strattonare era peggio: Polly Horse ci aveva provato ed era stato
necessario l’intervento di Pamela, per sistemarle: il sangue non
circolava più nelle mani. Pur avendola vicino, Polly era
terrorizzata e non tentò niente contro di lei; poche ore prima
aveva visto con quanta freddezza aveva giustiziato la Sovrano.
Senza pietà.
«Su, signorina Sovrano, alzati in piedi!» Le aveva ordinato
standole davanti, il viso disteso non mostrava alcun segno di
tensione: fredda e distaccata, com’era stata un tempo; ancora
bella!
«Fottiti, stronza,» ribatté Geimy che l’aveva sempre odiata
«Farai la fine che ti meriti, tornerai in galera e stavolta non
uscirai più!»
Pamela teneva in mano una bacchetta; la fissò, e poi sorrise
freddamente. «Ti ringrazio, Sovrano, mi rendi le cose più
facili.» Si spostò verso il muro e prese una bocchetta
dell’antincendio.
«Per prima cosa facciamo pulizia,» disse, indirizzandole
addosso il getto sotto pressione «visto che ti sei cagata addosso e
hai un odore nauseabondo.» La Sovrano si avvilì e finì per
arrendersi: piangendo e strillando, obbedì e si alzò.
«Bene, adesso voltati!» la Bridge continuava a non mostrare
animosità ma solo il desiderio di essere obbedita. Le altre
amiche restarono per terra, terrorizzate. Tutta la scena aveva
un che di incredibile, di grottesco.
«Chìnati!» gridò l’insegnante e la colpì sulle natiche con forza.
La Sovrano gridò, accovacciandosi sulle ginocchia per il dolore.
«Chìnati, ho detto!», la ragazza eseguì e Pamela la colpì ancora,
forte, facendo sibilare la canna nel silenzio del garage. La
fustigò poche volte, controllando i segni sul culo chiaro. Geimy
era addolorata, mortificata e piangeva di rabbia. Poi, Polly ed
Emma videro la scena che fece perder loro ogni speranza:
Pamela Bridge, estrasse un piccolo oggetto dalla tasca del Jeans
e, con freddezza, esplose un colpo nella nuca di Geimy. La
ragazza stramazzò per terra senza vita. Dopo, senza esitare, la
donna liberò il cadavere ancora caldo e, meticolosamente lo
vestì, con lingerie coloratissima, da puttana. Infine alzò il corpo
con un carrello e lo caricò, come un pacco, su un furgone.
LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI
Primo gioco: la scrittanella vera
La scienziata guardò Yours con aria furbetta:
«Non era tutto così misterioso come credi… sai? bastava riflettere,
era scritto tutto lì, anzi, l’assassino ci aveva detto anche troppo… se solo
ci fermassimo a riflettere, a volte… La fede si porta all’anulare,
giusto?» Yours annuì, gasato dalla piega che aveva preso la
conversazione «Infilata nell’indice di un morto cosa vuol dire se non
“Ehi… attenti, sono un indizio!” E dentro? Una scritta freschissima
sull’oro, vecchio di anni… quindi? Quindi, un indizio preciso; persino
di un qualcosa che, voi uomini, non scoprireste mai!»
«Cosa?» scattò Yours, veramente sorpreso da quell’affermazione…
«Quello è l’anello nuziale di un matrimonio senz’amore! La fede era
usata, lisa, ma dentro non c’era mai stato scritto niente… solo due che si
sposano senza amore, non incidono nemmeno la data sull’anello.
Infine, la scritta misteriosa, con l’errore finto, e lapalissiano. St. Brun…
il nostro uomo richiama l’attenzione su un gioco di parole: St. Brun
non è l’errata trascrizione di Saint Bruin ma vuol indicare Bruin
Street, scritto male… infatti invece di Bruin, l’incisore ha scritto:
Brun… ha sbagliato? O no, no che non ha sbagliato, siamo noi a
osservare le cose in maniera superficiale… Brun è la chiave per capire il
resto:
“Cercate nella strada Bruin” ci dice l’assassino “e, con questo finto
errore, vi dirò anche il numero civico… che è il 36!»
«Ma è… è esatto! E’ proprio così: il cadavere della donna è stato
trovato in una vecchia officina, al 36 di Saint Bruin Street!» Yours era
più arrabbiato che sorpreso, la successione, spiegata dalla scrittrice,
sembrava quasi lampante.
«Vedi, amico mio… #Brun è stato un matematico: era fissato con i
numeri Primi, ha scoperto una #Costante, chiamata #B-4, che
riguarda i numeri #Primi_Quadrupli… uno dei tanti misteri di queste
sequenze algebriche. Ora devi sapere che, i Primi Quadrupli sono
notevolmente rari, se ne contano solamente 7 sequenze nei primi 2000.
La prima su 2000 (come indica chiaramente la scritta: I su MM) è:
5, 7, 11, 13. Addizionando questi semplici numeri viene fuori il 36! E
oltre ad averci fornito l’indirizzo esatto. l’assassino ci informa anche
di un’altra cosa:
“Attenti, sono una persona colta!”»
Il detective la guardava a bocca aperta, poi disse: «Corriamo sul
luogo del delitto, non c’è tempo da perdere… c’è qualcosa che devi
vedere!»
CAPITOLO OTTAVO
Le ragazze del "Trio"
- Come puoi essere arrivata a tanto… – disse Polly Horse con
un fil di voce.
Lo sfinimento l’aveva annullata, quasi non provava paura.
Quella rovina era giunta senza preavviso. “È vero” aveva
pensato, sola e terrorizzata, legata come un cane, gelata dalla
notte. “Abbiamo fatto una porcata. Ma uccidere, a sangue
freddo, per un maledetto atto di bullismo.” Con la febbre, nel
delirio, Polly malediceva tutti e tremava. La sua amicizia con la
Sovrano, una scelta obbligata! Lei non era come loro: vanesia,
prepotente. Non era un’oca esibizionista e non viveva
esclusivamente per sentirsi al centro della “scena”, ma era
troppo intelligente per restarne fuori, tra le più “piccole”, le
sfigate.
Il “Trio”: le chiamavano così; e, per loro, quell’ultimo anno
doveva essere un trionfo.
Giovani, disinibite, apprezzate persino dalla maggioranza
degli insegnanti: Polly era il genio, Emma era scaltra e Geimy:
Geimy Sovrano aveva una famiglia alle spalle a cui era meglio
non dire di no.
Invece andò tutto storto!
Infrangendo ogni regola, Geimy, alla fine di giugno del
penultimo anno, era riuscita a strappare un bacio “alla francese”
al professor Hiden, l’affascinante insegnante di filosofia. Tutte
gli sbavavano dietro, e tanto era bastato alla Sovrano per
attaccare e poi, passare l’estate con la ferma convinzione di
essere innamorata. Era tornata vergine; ascoltava la Callas;
aveva gli occhi al collirio e le farfalle le avevano nidificato in
pancia.
Poi, a settembre, era arrivata Pamela Bridge: era bella, era già
donna ed era tragicamente fidanzata con Hiden. Aveva ottenuto
la cattedra di letteratura e si stabilì a casa del suo “innamorato”,
in attesa di un imminente matrimonio.
Se Pamela non fosse capitata nella loro classe probabilmente
non sarebbe mai successo nulla ma il destino si accanì! Polly era
sensibile, lo sentiva nell’aria: l’atmosfera diventava elettrica, in
aula.
Mentre Pamela accudiva, beata, alle sue incombenze di
insegnante innamorata, la Sovrano schiumava di rabbia. Tra le
due ci fu qualche scaramuccia che la donna seppe spegnere con
pacatezza, lasciando dietro sé una Geimy intossicata dall’odio.
Dopo Natale, all’incontro con i genitori, i Sovrano, certi delle
indiscusse virtù della figlia, nemmeno si presentarono.
Allora la Bridge, coscienziosa, li fece chiamare, visto che, per
lei, la strana ostilità di Geimy non aveva spiegazioni. La ragazza
non rendeva: probabilmente stava attraversando un momento
difficile… Se solo avesse saputo che era proprio lei la causa di
tutto!
Era troppo: la Sovrano decise che “il Trio” doveva agire:
bisognava dare una lezione a quella stronza. La santarella
perfettina che aveva osato, prima rubarle l’amore e poi
mortificarla così. Emma e Polly non erano d’accordo ma per
l’altra quella faccenda era diventata un chiodo fisso.
“Le faremo solo uno scherzo ma uno scherzo pesante, questo
sì!” e rideva pregustando la vendetta.
Geimy teneva per le palle Ted Colber, da 3 anni era il
factotum della scuola. Ted non brillava, ma era un bell’uomo di
35 anni; Geimy ci scopava spesso perchè lui era sempre
disponibile e i ragazzini troppo stupidi. Una volta, dopo una
festa, si era tirata dietro anche Emma Grey e da quello che le
raccontavano avevano inscenato parecchi giochetti “strani”.
Così, un venerdì, alla fine delle lezioni, Emma e Polly
attirarono la giovane professoressa nel capanno in fondo al
giardino, ma appena lei fu dentro, con l’aiuto di Geimy, la
legarono e la imbavagliarono. Pamela non credeva a quello che
le stava accadendo… pensava che le tre fossero impazzite. La
lasciarono li, da sola fino a tardi.
Le ragazze tornarono dopo mezzanotte, e c’era anche Colber,
che però si era incappucciato.
«Sei un idiota!» disse Sovrano, «Vedrai che alla fine della
giostra questa stronza dovrà solo leccarci il culo.» E diede inizio
alle danze, strappando la camicetta della maestra per denudarla.
Ancora legata, la tenne per il collo e la fece abbassare in una
posa oscena, intanto, Emma Gray liberò il pene del giardiniere
e con la bocca lo fece eccitare. L’atmosfera si fece
incandescente; Ted sembrava un toro pronto a montare la
giovenca. L’insegnante non poteva strillare ma si dibatteva
come un’ossessa; Geimy la schiaffeggiò prendendoci gusto, poi
le legò i piedi per non farla più scalciare. Quando, finalmente,
Ted la penetrò con forza, gli occhi di Pamela sembravano voler
uscire dalle orbite. Ted la infilò solo per pochi minuti e venne
in lei senza ritegno. Quando le uscì dal corpo, aveva il membro
sporco di sangue. Ci fu un attimo di gelo: “lei” era
ancora vergine. Ma questo particolare rinvigorì l’odio della
Sovrano e la certezza di aver colpito duramente la “futura
sposina”.
Pamela venne violentata più volte; poi passarono alle foto. La
donna fu costretta a bere; la vestirono con biancheria sexy e la
immortalarono in pose oscene.
Il sabato mattina, la Bridge fu abbandonata nella casupola.
Tom, intanto, se la svignava, mentre le tre ragazze, terrorizzate
e in lacrime, sporgevano denuncia contro la maestra.
CAPITOLO NONO
I l segreto dell'uovosodo
«Peccato!» disse Yours; chiamando, aveva scoperto che il
cadavere era stato già rimosso.
«Si fermi!» strillò Lara all’autista, poi, a Yours: «Dagli
l’indirizzo dell’obitorio, presto.» Il detective eseguì sbigottito,
ma le chiese come mai avesse cambiato idea. «Ascolta, amico
mio: io mi fido di te. Not be born yesterday: se tu mi dici che
hai notato “delle cose” sulla vittima, corriamo, prima che
facciano a pezzi quella povera donna…»
L’assistente del Coroner, una ragazza bassa e robusta, aveva
appena rimosso la lingerie pregiata trovata sulla morta. Non
c’era nessuno nei paraggi e aveva fatto prima possibile ad
infilare tutto in una busta. La “merce” era nuova, e se fosse stata
dimenticata, c’erano molte probabilità di farla sua. Adesso, con
latte detergente e cotone, si apprestava a cancellare i segni di
quel grottesco make up.
«Ferma così!» La voce imperiosa di Yours fece trasalire la
ragazza, che rimase con la mano a mezz’aria. Si presentarono.
Lara iniziò a studiare il cadavere, soffermandosi
naturalmente sul viso. Come l’altra era una bella donna,
sicuramente borghese. Il trucco che le copriva il viso come una
maschera era assurdo, eppure sembrava adatto a valorizzarne
certe peculiarità nei lineamenti.
«E’ un #coniglio, giusto?» disse la Kovalski, e l’ispettore
assentì, «Però l’estetica non c’entra niente, vedi com’è
grossolana la fattura? Di certo un altro simbolo, un altro
#indizio per “noi”, forse.» La scienziata si guardò intorno. «C’è
altro? Cosa indossava?»
L’assistente del Coroner tremò e vide naufragare i suoi
progetti, ma Yours intervenne:
«Una cosa molto… fuori tema, diciamo: un #uovo_sodo
probabilmente. » Poi si rivolse alla ragazza «Lo hanno portato
qui, signorina?»
«Oh, sì, detective,» rispose lei zelante «ho dovuto faticare per
levarglielo di mano senza romperlo.» Rendendosi utile, pregava
di “farla franca”! E porse l’uovo, che aveva coscienziosamente
riposto in una bustina.
Lara Kovalski lo osservò attentamente e poi sedette su una
panca. Intanto il Corner, che Yours conosceva già, fece il suo
ingresso. Il medico sembrava contento di trovare un po’ di
movimento invece della triste routine di una sala autoptica.
«Ascoltate,» disse Lara, rompendo le “effusioni” « non c’è un
minuto da perdere: dobbiamo aprire l’uovo! Credo di aver
capito dove si nasconde il prossimo indizio!»
«Ma, veramente, non so se… e poi, le impronte? Ci vorrebbe il
Procuratore…»
«Siete sicuri che sia sodo?» chiese il dottore, rivelandosi
risolutivo, come al solito e, senza aspettare risposta, segnò col
bisturi la scorza, poi, soffiandoci dentro, liberò completamente
l’albume, integro ma… marchiato.
Si guardarono l’un l’altro esterrefatti, e Lara si tratteneva dal
gongolare solo per rispetto alla salma:
«Lo sapevo!» disse trionfante. Sul bianco dell’ #uovo
comparve una #scritta, incerta e grossolana ma leggibile: Sea
Garden House.
***
«Come ho fatto, dici?» la fulminò con lo sguardo «E tu? E voi:
come avete fatto a rovinarmi? Con un gioco; uno “scherzetto”:
come diceva la tua amica puttana. Adesso te lo spiego io, come
ho fatto, signorina Horse, e poi ti mando a “giocare” con le tue
amiche: il “Trio” lo farete al cimitero! Per prima cosa sono stata
violentata, più volte, davanti a voi, “Trio di Troie”; poi tu stessa
mi hai fotografato, facendo credere che, non solo fossi lesbica
ma che avevo approfittato di voi minorenni. Mi sono beccata
una bronchite, perchè mi avete abbandonata nuda, senza
nemmeno un poco d’acqua, a cercare un sistema per
uccidermi.» Pamela sedette per terra di fronte a Polly, il suo
volto spietato era solcato di lacrime. «Finalmente, mi hanno
trovata, ma non per salvarmi, o no, per ammanettarmi.
Storpiata e mezza nuda, e, di nuovo fotografata: stavolta per la
gioia dei reporter!
Tre mesi in galera; la carriera rovinata, e mentre Leo Hiden si
batteva per me, facendo leva sul padre, magistrato, io mi
“guardavo il pancino”, perchè dentro c’era rimasto il seme di
quel porco, di Colber! Ero incinta, capisci puttana? La mia
rovina era appena iniziata.
Uscii dal carcere e, naturalmente, lasciai Hiden, che ne fu
sconvolto. E sai cosa fece la tua amichetta Geimy? Lo sai, vero?
Se lo scopò, fino al diploma, per “confortarlo”, e per continuare
a fottere me. Che ne dici, Polly?»
La donna si morse le labbra, era tutto vero, infatti per questo
lei si allontanò dalle altre.
«Allora costrinsi Colber a sposarmi perché col DNA lo avrei
incastrato, volevo uno straccio di padre per il mio bambino e
una mano per sistemare questa proprietà; non avevo più un
lavoro né un futuro. Ma il piccolo nacque morto e tutto cambiò;
fu allora che giurai che mi sarei vendicata di voi tre. Due sono
già all’inferno, ma tu potresti anche cavartela Polly, che cosa
rispondi?»
La donna si rianimò:
«Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ti prego!»
«Allora devi seguire esattamente le mie istruzioni. Devi fare la
tua parte senza errori… un tentennamento e ti faccio saltare le
cervella. Ci stai?»
«Ti prego sì, sì; per pietà!»
***
«Non c’è un minuto da perdere, ispettore mio, vedi,
quest’assassina, perché ormai sono convinta che si tratti di una
donna, sembra morire dalla voglia di farsi scoprire… però, non ti
offendere, ma credo sappia che le indagini non sono condotte
solo da un semplice poliziotto. Si comporta come se
indirizzasse i suoi indizi, i suoi messaggi di morte proprio a te e
(devo ammettere con un brivido) anche a me, o, comunque, a
qualcuno che ha una cultura umanistica, del tutto aliena dalla
normale mentalità strutturale di un poliziotto.»
«Guarda Lara, ti stimo troppo per prendermela… ma non
capisco cosa vuoi dire, insomma stai insinuando che sono un
ignorante?»
La donna rise, e continuò:
«Assolutamente no… anche se per alcuni poliziotti potrebbe
essere; io voglio dire un’altra cosa: un assassino seriale, per
prima cosa, non vuole essere beccato, neppure in certi casi
patologici, quando si tratta di un mitomane o di un eccezionale
psicopatico. Se si tradisce lo fa per eccesso di sicurezza, non so
se mi spiego; ma qui ci troviamo di fronte a qualcuno che lascia
dei veri e propri messaggi: una persona lucida, colta, che sa
precisamente dove vuole arrivare. Dovremo stare molto attenti
Yours, potrebbe trattarsi di una terribile trappola… metti caso
l’assassina voglia vendicarsi anche di noi.»
«Sinceramente Lara, per un vecchio segugio, come me, questa
possibilità non viene mai scartata…»
«Uhm, non so! C’è qualcosa di molto strano nella faccenda.» la
Kovalski continuava a lambiccarsi il cervello. «Insomma… se il
killer ha tanta voglia di inviare messaggi, perchè le sue tracce
sono indirizzate a una persona di cultura? Non sono tracce per
te… o comunque per un poliziotto.
Dovrai ammettere che, uno di voi, ci sarebbe arrivato,
probabilmente, ma come… e quando? Rivolgendosi ad un
esperto e magari aspettando qualche mese per ottenere una
interpretazione attendibile… No, vecchio mio, questa maledetta
ce l’ha proprio con noi. Attento ispettore… cerca di ricordare
con chi hai parlato di me!»
Le parole di Lara lasciarono il detective sconcertato;
rimuginò parecchio su quello che gli aveva detto. Intanto, con
le auto, sfrecciavano verso una piccola Pensione di Folkestone.
LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI
Secondo gioco: lafisiognomica e l 'uovosodo
«Comunque, adesso potresti dirmi come…» Yours era leggermente
seccato ma la dottoressa era troppo sveglia per permettergli di serbarle
il minimo rancore.
«Un attimo ancora…» disse mentre continuava a smanettare
sull’iPhone dell’ispettore, stava consultando internet:
«Ecco, ora potrò darti risposte precise.
Il volto dipinto non era la follia perversa di un trucco da depravati,
bensì, come hai notato tu stesso, un’alterazione voluta di tratti somatici
riconoscibili nel viso… “l’artista” ha esaltato le caratteristiche del volto
che ricordavano vagamente il musetto di un coniglio.
Vedi, in passato, molti studiosi hanno cercato di approfondire una
“scienza” del tutto inaffidabile ma che ha avuto, nel corso della storia
molti seguaci: la Fisiognomica… probabilmente, ne hai sentito parlare
se hai letto qualcosa di Cesare Lombroso, un medico e criminologo
italiano.»
Yours fece cenno di sì, seguiva i ragionamenti della sua amica ma
intanto una parte della sua mente elaborava mille congetture e si
perdeva in mille ipotesi. Non era uomo da lasciarsi prendere da
emozioni irrazionali ma quella sera un presentimento doloroso e
inafferrabile gli attanagliava l’anima come una morsa. Gli sembrava
di sentire un alito, gelido e cattivo, pressargli sulla noce del collo.
«Ma osservando quella donna e il suo viso stranamente truccato, mi
sono ricordata di un altro italiano, scienziato, naturalista e alchimista:
Giambattista Della Porta.
Il Della Porta visse a Napoli, nella seconda metà del ‘500, ed era un
assertore convinto della fisiognomica; la considerava espressione di un
certo carattere della persona che prende spunto dalla sua somiglianza
con determinati animali… ricordo ancora i disegni sconcertanti
raffigurati nei suoi trattati.
Ma lo scienziato era anche un esperto di crittologia e di codici
segreti, insomma lavorava per il controspionaggio dell’epoca…»
«E inviava messaggi segreti nelle uova sode? Ma com’è possibile?
Come faceva a richiudere l’uovo?»
«E chi ti ha mai detto che le apriva, le uova?» Lara sorrise, era una
divulgatrice e amava condividere ciò che scopriva con la sua arguzia.
Nel profondo della sua mente, nonostante tutto, la scienziata
cominciava ad apprezzare la sottile sequenza con cui, l’assassina,
imbastiva quella teoria di indizi… Lara ne era sempre più convinta:
quella persona la conosceva e quella macabra storia la stava scrivendo
proprio perchè lei la “leggesse”.
A cosa avrebbe portato quella caccia? Quale destino li attendeva?
Non poteva nascondere a se stessa una certa paura: la killer era
furba e spietata, e se lei era una vittima nel suo mirino, non aveva
molta fiducia di uscirne viva. Si riscosse dai cupi pensieri e di nuovo si
rivolse al suo amico.
«Versando 30 grammi di Allume in mezzo litro di Aceto si ottiene
un inchiostro speciale, estremamente volatile: questo colorante, in circa
24 ore, attraversa la buccia dell’uovo, che è porosa, e deposita il
messaggio scritto sull’albume.
Semplice e ingegnoso, non trovi? Ah, l’Alchimia, che scienza
interessante…»
Sulla collina vicina, nel tramonto, si stagliava una villa elegante, un
cartello stradale laccato, recitava in bella grafia: Sea Garden, 800 mt.
CAPITOLO DECIMO
L'ultimo inganno
La Pensione era al buio e silenziosa. Nel parcheggio tre auto,
chiuse. I poliziotti avanzarono cauti verso l’ingresso, mentre un
gruppetto aggirava la palazzina, per controllare il retro.
Il primo gendarme a salire i pochi gradini del patio, fece un
salto all’indietro, sconvolto: sulla destra, gettato per terra come
spazzatura, il corpo nudo di una donna giaceva senza vita. Si
fecero ancora più guardinghi. Yours andò avanti ma chiese a
Lara di restare in macchina con una guardia.
La dottoressa ricusò il suo invito e volle seguire il piccolo
drappello, mentre si dirigeva verso l’unico barlume, all’interno
della villa.
La luce di un solo neon non illuminava granché ma
permetteva di vedere l’interno del garage: la vittima era in
ginocchio, completamente nuda, le mani legate dietro la
schiena e un cappuccio di stoffa sulla testa; alle sue spalle
s’intuiva un’altra figura, e si faceva scudo col corpo di Polly. La
mano, puntata sulla nuca, stringeva di certo una pistola.
«Fermi o sparo!» gridò una voce femminile, era tesa. Anche
l’assassina indossava un cappuccio: i volti erano irriconoscibili.
Il gruppetto sulle scale si bloccò, Lara sussurrò al detective:
«Riconosci questa voce, Yours?»
L’altro scosse la testa: «Assolutamente… mai sentita prima,
perchè?» la donna
sembrava perplessa.
«State zitti, non fate un solo passo, o lei muore!» Dovettero
obbedire. Un bisbiglio tra
vittima e carnefice, forse una minaccia.
«Ti conviene arrenderti» cominciò Yours con freddezza
«l’albergo è circondato, sappiamo chi…»
La donna premette l’arma sul collo della Horse: «Taci, capito?
Non c’è tempo. Lara, venga avanti, lei da sola.»
L’anziana per poco non svenne a sentirsi chiamare ma riuscì a
scendere gli scalini.
Ancora bisbiglii, poi la donna continuò a voce alta:
«Va bene, ferma! Complimenti, è stata brava, chi mi ha
parlato di lei mi aveva avvertito. Ora avrà capito tutto, potrà
spiegare come sono andate le cose.» Lara ascoltava terrorizzata
e confusa; eppure sì, aveva dei sospetti e adesso sembravano
concretizzarsi, ma tutta quella scena le suona va strana, come
fosse una recita.
«Lei lo capisce, Lara, non era possibile andare avanti così.
Perchè illudersi? Sa come sono diventata “importante”, una
donna a prova di indagini?» Yours sudava freddo, tutta quella
storia gli stava distruggendo la mente; doveva pensare eppure,
qualcosa dentro di lui, cercava violentemente di non capire.
«Mi sono fatta amici importanti, mia cara. Questa pensione era
il luogo ideale ed io non avevo più niente da perdere, lei mi
capisce. Non c’è futuro; solo una breve meravigliosa pausa in
“Paradiso”. Ci pensi lei; di lei mi fido. Addio, Lara Kovalski!»
L’assassina si alzò in piedi, Lara era fin troppo esposta ed
elaborava mille congetture; sudava e tremava, terrorizzata.
La donna in jeans si allontanò di tre, quattro passi, e prese
accuratamente la mira, sembrava pronta a giustiziare la vittima.
Era ben in vista, ma Yours non ebbe il coraggio di sparare, il
dito sul grilletto si sarebbe contratto e, probabilmente, ucciso
un innocente. Il poliziotto alle sue spalle, invece, perse il
controllo: una raffica rumorosa falciò il petto della donna
incappucciata che stramazzò al suolo senza un gemito.
***
Un’ambulanza si allontanava con Polly Horse a bordo:
provata, spossata ma viva.
Invece, il corpo di Pamela Bridge era ancora nel garage; era
morta sul colpo e, forse, aveva ottenuto ciò che voleva.
Yours guardava il mare buio, seduto a una panca di rattan,
nella veranda dell’Hotel. Lara lo aveva difeso dalle domande dei
primi cronisti, poi gli sedette vicino.
«Non ha sofferto, l’ha detto anche il dottore.» Disse piano,
controllando la reazione del detective. «Devi farti coraggio. Lei
ti ha amato molto; credo che il tempo passato con te sia stato il
periodo più felice, nella vita di “Eva Pool”! Ma il suo destino,
come Pamela Bridge, era segnato. Ha fatto parlare Polly al
posto suo perché tu non ne riconoscessi la voce.»
«La sua pistola era scarica…» disse Yours con un filo di voce.
«Lo so, amico mio… ma nessuno poteva immaginarlo.» La
dottoressa si fece coraggio e gli prese la mano. Yours si irrigidì
ma poi gliela strinse e, voltando la testa dall’altra parte,
cominciò a piangere silenziosamente.
«Le hanno rovinato la vita! Nonostante tutto, io non riesco a
condannarla. E’ stata una vendetta tragica, dove lei ha sofferto
per prima. Vivere accanto a quel Colber, la su prima vittima.
Tensioni, minacce, rancore… lei: una mente così brillante. Ora
lo devi accettare, Yours, Eva Pool era solo un fantasma: nessuno
deve sapere! Sono sicura: è stata questa la sua ultima volontà;
quando ha costretto Polly a parlare al posto suo… parlava a me,
ma il suo messaggio era per te. Non devi mollare, lei non
avrebbe voluto.»
Pamela Bridge , aveva già redatto un testamento, lasciando la
Sea Garden ad un Ente benefico che aiutava le giovani madri
vittime di stupro. Grazie ai suoi “amici” potenti e con una serie
di cavilli la proprietà rimase salda, nonostante gli attacchi legali
delle famiglie delle sue vittime.
Polly Horse fu dimessa dall’ospedale ma non si riprese mai
completamente dai sensi di colpa e dal trauma subito.
L’ispettore Yours, dopo un lungo periodo di aspettativa, tornò
al suo lavoro di sempre. A volte, si reca ancora dalla sua vecchia
amica Lara e le chiede anche qualche aiuto sulle indagini in
corso, ma tra di loro non hanno parlato mai più di una donna
chiamata Eva Pool.