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AVIS Veneto e Croce Rossa Slovena di Lubiana I° Meeting Internazionale - Bibione (VE) 12 ottobre 2002 ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ 1 Ivan Hvala Vice Presidente della Croce Rossa Slovena Associazione area di Lubiana LA DONAZIONE DEL SANGUE E IL RIFORNIMENTO DI SANGUE IN SLOVENIA La simbiosi dell’altruismo dei donatori del sangue e dell’attività professionale L’orgoglio personale è il fattore che accompagna la donazione di sangue di ogni persona, specialmente dei giovani; al contempo si prende coscienza della propria salute e forse anche del modo di vivere sicuro. Chi ha donato sangue una volta, quasi sicuramente, lo farà ancora. L’associazione dei donatori di sangue e quelli che hanno ricevuto il sangue si pongono continuamente domande sul sufficiente rifornimento, se il sangue è stato selezionato, esaminato e lavorato in modo idoneo e trasmesso al paziente nella giusta composizione e con i metodi giusti; dall’aspetto del destinatario, è importante che il sangue sia sicuro. Le associazioni dei donatori di sangue possono pertanto contattare solo individui, gruppi sociali e circoli che hanno coscientemente adottato il modo di vivere sano. È altrettanto importante per le associazioni ricevere dalla società, in senso ampio, e particolarmente dalla sanità e dallo Stato, sufficienti motivazioni per questo lavoro; non meno importante si rende lo sviluppo del settore professionale, il lavoro degli esperti e degli enti che sovrintendono la raccolta, la lavorazione e l’uso del sangue. La Regione Veneto e la Repubblica di Slovenia possono essere soddisfatte con il proprio rifornimento di sangue. La sfida per un esame delle esperienze da discutere non è per questo per niente minore, ma se mai più interessante. Dati essenziali In Slovenia, su due milioni di abitanti, il numero dei donatori di sangue registrati si è stabilizzato sui cento mila donatori, con circa 95.000 prelievi, sufficienti a coprire i fabbisogni della sanità slovena. Vengono raccolti circa 42.000 litri di sangue all’anno. I dati citati rappresentano una media statistica di circa 300 donatori ogni giorno nell’arco di tutto l’anno, ossia 400 donatori per ogni giorno, in cui vengono effettuati i prelievi. In altre parole, in Slovenia ogni 5 minuti un paziente ha bisogno di sangue. Con il 5% di donatori di sangue registrati all’anno su tutta la popolazione, la Slovenia si classifica nella media europea con un terzo di donatori - donne e due terzi di uomini. In Slovenia, il gruppo sanguigno più frequente è il gruppo A (40%), seguito dal gruppo sanguineo 0 (38%), si registra il 15% del gruppo sanguineo B, mentre il gruppo sanguineo AB è estremamente raro, presente solo nel 7% della popolazione. Questi sono i dati dell’Istituto della Repubblica di Slovenia per la Medicina trasfusionale del sangue a Lubiana, il quale, insieme a 10

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Ivan HvalaVice Presidente della Croce Rossa SlovenaAssociazione area di Lubiana

LA DONAZIONE DEL SANGUE EIL RIFORNIMENTO DI SANGUE IN SLOVENIA

La simbiosi dell’altruismo dei donatori del sangue e dell’attività professionale

L’orgoglio personale è il fattore che accompagna la donazione di sangue di ogni persona,

specialmente dei giovani; al contempo si prende coscienza della propria salute e forse anche del

modo di vivere sicuro. Chi ha donato sangue una volta, quasi sicuramente, lo farà ancora.

L’associazione dei donatori di sangue e quelli che hanno ricevuto il sangue si pongono

continuamente domande sul sufficiente rifornimento, se il sangue è stato selezionato, esaminato e

lavorato in modo idoneo e trasmesso al paziente nella giusta composizione e con i metodi giusti;

dall’aspetto del destinatario, è importante che il sangue sia sicuro. Le associazioni dei donatori di

sangue possono pertanto contattare solo individui, gruppi sociali e circoli che hanno

coscientemente adottato il modo di vivere sano. È altrettanto importante per le associazioni

ricevere dalla società, in senso ampio, e particolarmente dalla sanità e dallo Stato, sufficienti

motivazioni per questo lavoro; non meno importante si rende lo sviluppo del settore professionale,

il lavoro degli esperti e degli enti che sovrintendono la raccolta, la lavorazione e l’uso del sangue.

La Regione Veneto e la Repubblica di Slovenia possono essere soddisfatte con il proprio

rifornimento di sangue. La sfida per un esame delle esperienze da discutere non è per questo per

niente minore, ma se mai più interessante.

Dati essenziali

In Slovenia, su due milioni di abitanti, il numero dei donatori di sangue registrati si è stabilizzato

sui cento mila donatori, con circa 95.000 prelievi, sufficienti a coprire i fabbisogni della sanità

slovena. Vengono raccolti circa 42.000 litri di sangue all’anno.

I dati citati rappresentano una media statistica di circa 300 donatori ogni giorno nell’arco di tutto

l’anno, ossia 400 donatori per ogni giorno, in cui vengono effettuati i prelievi. In altre parole, in

Slovenia ogni 5 minuti un paziente ha bisogno di sangue. Con il 5% di donatori di sangue registrati

all’anno su tutta la popolazione, la Slovenia si classifica nella media europea con un terzo di

donatori - donne e due terzi di uomini.

In Slovenia, il gruppo sanguigno più frequente è il gruppo A (40%), seguito dal gruppo sanguineo

0 (38%), si registra il 15% del gruppo sanguineo B, mentre il gruppo sanguineo AB è

estremamente raro, presente solo nel 7% della popolazione. Questi sono i dati dell’Istituto della

Repubblica di Slovenia per la Medicina trasfusionale del sangue a Lubiana, il quale, insieme a 10

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reparti trasfusionali a livello regionale, presso tutti i maggiori ospedali sloveni, provvede al

prelievo, alla raccolta, alla lavorazione e al rifornimento del sangue e dei prodotti di sangue.

L’Istituto raccoglie sangue in tutta la Slovenia, rifornendo il Centro clinico di Lubiana e gli

ospedali dei dintorni, mentre i reparti di trasfusione raccolgono e lavorano il sangue per le

necessità dei propri ospedali.

Reclutamento dei donatori di sangue

Ai sensi della Legge sul rifornimento del sangue, la Croce rossa della Slovenia è il principale

organizzatore della raccolta del sangue dai donatori, resa possibile grazie all’aiuto dei sindacati,

dei media, dei centri di trasfusione e degli enti sanitari. Il concetto comune è il rifornimento

autosufficiente del sangue e dei suoi preparati nei seguenti settori: autosufficienza nel rifornimento

con le componenti cellulari derivate dal sangue e autosufficienza nel rifornimento dei farmaci,

prodotti con il plasma. Anche in questo settore, il programma e gli obiettivi previsti vengono

raggiunti ormai da molti anni. Vogliamo ricordare che la preparazione di farmaci dal plasma

richiede avanzate tecnologie, difficilmente a portata delle piccole nazioni. Per questo motivo il

plasma viene inviato per la lavorazione all’azienda Octapharma a Vienna.

Normativa

Il programma nazionale del rifornimento del sangue è basato sulla legge, e questa a sua volta nel

settore professionale, cioè in quello della trasfusione. Il rifornimento del sangue è stato da sempre

regolato dal legislatore in Slovenia. Le attuali basi normative derivano dalla legislazione, adottata

dopo la proclamazione di indipendenza nel 1991; queste basi sono contenute nella Legge sulla

tutela sanitaria e nella Legge sull’assicurazione sanitaria, nella Legge sull’attività sanitaria e nella

Legge sui medicinali. Nello stesso periodo è stata approvata anche la Legge sulla Croce rossa che

autorizza l’Organizzazione a reclutare donatori di sangue e organizzare campagne di promozione,

gestire i dati e rilasciare tessere ai donatori di organi e tessuti. È in preparazione la politica

nazionale unitaria del rifornimento del sangue, e in questo ambito anche la Legge sul rifornimento

del sangue, la quale terrà in tutto conto delle raccomandazioni dell’Unione europea, del Consiglio

d’Europa e dell’Organizzazione mondiale della sanità. Božidar Voljč, dottore in medicina e

direttore dell’Istituto della Repubblica di Slovenia per la medicina trasfusionale del sangue

afferma che i materiali giuridici sono raccolti e pronti in considerazione di cinque obiettivi

cruciali: sistema di rifornimento del sangue integrale, efficace e sicuro, con la costituzione di

autorità legislative, amministrative, esecutive e di esperti del settore. La legge dovrebbe

implementare i seguenti principi approvati a livello internazionale: autosufficienza, professionalità,

efficacia, sicurezza, controllo, carattere confidenziale dei dati e possibilità di paragonarli a livello

internazionale. Quando la legge sarà approvata, la Slovenia avrà adempiuto uno dei criteri per

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accedere all’UE - accesso previsto per il 2004 - mantenendo alcune peculiarità in termini di

autorizzazioni alla Croce rossa nel campo delle donazioni del sangue. Tra le peculiarità, va

ricordata la disposizione della Legge sull’attività sanitaria, la quale vieta che il rifornimento del

sangue diventi soggetto a concessioni e che pertanto non può esser espletato da privati. La legge

definisce inoltre che quella trasfusionale non è un’attività di base, né specialistica da attuare in

ambulatori, e nemmeno ospedaliera, e che rientra piuttosto nell’area di altri servizi sanitari. La

legge prevede inoltre che la Repubblica di Slovenia garantisce i mezzi per la realizzazione di

campagne per la donazione del sangue; con questo si dimostra la particolare attenzione verso il

settore del rifornimento del sangue, poiché quasi tutte le altre spese della sanità vengono coperte

con i contributi degli assicurati. Alla Croce rossa della Slovenia vengono per ogni prelievo, ossia

per ogni donatore del sangue, stanziati circa € 5,50, utilizzati per l’organizzazione e per la

motivazione dei donatori.

L’accesso della Slovenia all’UE richiede anche l’entrata in vigore delle modifiche che in parte

eccedono le possibilità della Croce rossa, dei media e degli enti di trasfusione. L’attività della

donazione del sangue dovrà essere integrata con maggiore intensità con i motivi personali e con

l’indirizzo operativo delle varie associazioni. Sulla falsariga della maggioranza dei paesi UE, la

donazione del sangue viene intesa come volontaria e gratuita, se il donatore dona il sangue, il

plasma o le componenti cellulari volontariamente, senza ricevere per questo contanti o altri

compensi. Viene in questo senso inteso come pagamento anche il tempo di lavoro pagato che

superi il tempo ragionevole, impiegato per la donazione del sangue, compreso il tempo impiegato

per la trasferta; il concetto non include tuttavia il pasto e la bibita rinfrescante, il rimborso delle

spese di viaggio dirette e l’omaggio simbolico - azioni conformi ai principi altruistici del lavoro

per la comunità, volontario non retribuito. In Slovenia è attualmente ancora in vigore la giornata

libera per il donatore del sangue, fruita, come dimostrano le esperienze, interamente dai dipendenti

dell’azienda, ma non anche dai produttori agricoli diretti, dagli artigiani e, naturalmente dai

disoccupati o dai numerosi dipendenti della Pubblica amministrazione, dell’esercito e della polizia

o dai lavoratori autonomi.

Come viene vista la donazione del sangue

La donazione del sangue rappresenta un importante fenomeno sociologico che pone numerosi

quesiti sulla nostra sensibile esistenza nelle avanzate società industriali e urbanizzate, nonché sui

rapporti con le altre persone umane all’interno della comunità. Essa può essere paragonata ai nostri

rapporti con i figli, con la famiglia, con il lavoro di beneficenza, nell’ambito dell’espressione dei

sentimenti sociali di solidarietà e patriottismo, della lingua, ecc. In termini di opera umanitaria, la

donazione assume sicuramente maggiore importanza di qualsiasi altro contributo in termini di

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lavoro, denaro o assistenza varia a scopi caritatevoli. Si tratta di prendere coscienza della

dipendenza reciproca, nella comune cura per la salute che richiede aiuto immediato e insostituibile,

in casi, nei quali spesso si tratta di vita o di morte. La donazione del sangue rappresenta pertanto

un atto di profonda coscienza, difficilmente, o per nulla paragonabile al modo di vivere, vissuto

nella produzione, nello scambio e nei consumi, cioè sul mercato, nell’ambito di una produzione

forzata in forza delle leggi implementate dallo Stato.

Alcune caratteristiche sociologiche derivanti da sondaggi d’opinione pubblica (Facoltà di

umanistica, Opinione pubblica slovena, Dott. Niko Toš; Istituto della Repubblica di Slovenia

per la medicina trasfusionale del sangue, Dott. Leo Šešerko)

La più attiva tra i donatori di sangue è la fascia di età compresa tra i 30 e i 45 anni. Sono meno

coinvolti i gruppi di età tra i 18 e i 34 anni; ciò nonostante, il ben 60% della giovane generazione

si è dichiarato disposto a diventare donatori di sangue - fatto che testimonia del grosso potenziale

della donazione. L’alto grado di urbanizzazione dell’intera Slovenia è il motivo della struttura

relativamente omogenea dei donatori in base alle dimensioni del paese della loro residenza. E’ di

importanza decisiva, nel sistema della donazione del sangue, la prontezza che dipende dalla

professione o dallo status professionale. I lavoratori autonomi coinvolti nell’attività della

donazione del sangue registrano una quota superiore alla media, seguiti dai lavoratori dipendenti

nell’industria e dai produttori agricoli diretti, dai dipendenti del settore scolastico, della sanità,

della pubblica amministrazione e dai disoccupati. In considerazione dell’età è rilevante la quota

del 10% dei donatori di sangue tra i pensionati. È in calo il numero dei produttori agricoli diretti e

delle casalinghe, aumenta invece la quota di studenti e alunni. Due terzi degli studenti e alunni

hanno dichiarato di essere disposti a diventare donatori del sangue ed entrare a far parte del

sistema della donazione del sangue. In questo senso si delineano con chiarezza alcuni possibili

indirizzi per il reclutamento dei donatori anche per il futuro, particolarmente in considerazione

della forte aderenza a varie associazioni per vivere intensamente il tempo libero, nonché a vari

gruppi sociali. Dati statistici segnalano inoltre il continuo incremento del potenziale della

donazione di circa mezzo punto percentuale della popolazione adulta all’anno negli ultimi

trent’anni, con maggiori cambiamenti positivi dopo l’ottenimento dell’indipendenza della

Slovenia, in seguito alla nascita dei dibattiti sull’identità sociale, sul carattere sociale e sui valori

umanitari. È certamente essenziale che la donazione del sangue rafforzi le migliori componenti

della sanità pubblica.

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Avv. Maurizio BonottoPresidente AVIS ABVS Regionale Veneto

LE REALTA’ ASSOCIATIVE A CONFRONTO

L’AVIS (Associazione Volontari Italiani del Sangue) nasce a Milano nel 1927 per iniziativa del

Dr. Formentano che pubblica un’inserzione sul Corriere della Sera per raccogliere l’adesione di

donatori: da ciò nasce il primo gruppo organizzato che poi verrà ufficializzato nel 1929; altri

gruppi di donatori volontari di sangue, riconducibili ad Avis, risultano presenti, sempre nel 1927,

anche a Treviso e ad Ancona.

Obiettivi dell’associazione vengono da subito individuati nel soddisfacimento della crescente

necessità di sangue e nella lotta per eliminare la compravendita dello stesso.

Dopo il periodo della guerra mondiale, l’Avis viene formalmente riconosciuta dallo Stato italiano

con la legge n. 49 del 1950, che fornisce personalità giuridica alla stessa.

In forza di tale normativa, Avis deve considerarsi un Ente privato, senza scopo di lucro, con

personalità giuridica a finalità pubblica. In tal modo lo Stato riconosce all’associazione natura

privata e quest’ultima concorre ai fini del Servizio Sanitario nazionale in favore della collettività.

L’Avis ha attualmente oltre 900.000 donatori effettivi che forniscono il loro prezioso contributo in

tutte le regioni italiane (circa l’80% del complessivo nazionale).

Per quanto attiene la struttura, l’Avis si distingue in una Nazionale, 22 regionali (due sedi in

Trentino Alto Adige e una in Svizzera, quest’ultima fondata da emigranti italiani negli anni 60) 91

Provinciali e circa 2.800 Comunali. Tali livelli, che godono di autonomia patrimoniale, sono

governati da un Consiglio, al cui interno vengono nominati un Comitato Esecutivo, un Presidente,

uno o due vice-presidenti, un Segretario ed un Amministratore. Ogni struttura è inoltre dotata di un

collegio dei Revisori del Conti, per il controllo contabile, e di un collegio dei Probiviri, che viene

incaricato della soluzione di eventuali controversie interne all’associazione. Tali organismi

vengono rinnovati con cadenza triennale a mezzo di Assemblee dei soci, che godono, tutti, sia di

elettorato attivo che passivo.

L’Avis regionale del Veneto nasce nell’imminenza dell’avvio dell’Ente amministrativo Regione e

quindi a ridosso del 1970, precisamente nel 1968, anno in cui, il 18 febbraio, risulta formalmente

costituito il primo Consiglio.

Attualmente è diretta da un Consiglio di 25 componenti, rappresentanti delle Avis provinciali di

Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza e dell’Associazione Bellunese Volontari del

Sangue che, pur non aderendo al livello nazionale, fa parte dell’Avis regionale; vi sono poi poco

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più di 350 Avis comunali per un numero complessivo di 114.498 soci, che effettuano 180.512

donazioni di emocomponenti all’anno (dati riferiti all’anno 2001)

Per seguire al meglio alcuni ambiti della nostra attività, abbiamo creato alcune Commissioni

(Sangue, Giovani, Scuola, Formazione-Comunicazione e Stampa, Promozione e Propaganda,

Terzo Settore, Forze Armate e Sport), composte da consiglieri regionali e da altri soci indicati

dalle provinciali, che costituiscono momento di approfondimento delle singole tematiche e di

ideazione di diverse iniziative che poi vengono portate all’attenzione e all’approvazione del

Consiglio.

Come regionale pubblichiamo il periodico trimestrale “Dono & Vita”, inviato ai nostri soci, alle

altre Avis d’Italia e agli operatori del settore, che è seguito da un Comitato di Redazione di cui

fanno parte consiglieri regionali e altri soci rappresentanti le diverse realtà provinciali.

Oltre all’Avis, che attraverso i suoi soci fornisce poco più del 70% degli emocomponenti raccolti,

in Veneto esistono altre associazioni di volontari, tra le quali la Federazione Italiana Associazioni

Donatori di Sangue (FIDAS) che, con le sue federate, garantisce circa il 25% della raccolta, e che

è quindi l’altra grande associazione presente sul territorio. Con quest’ultima associazione, da anni

esiste una stretta collaborazione. In particolare, nel 1996 è stato attivato un fondo economico

comune che viene utilizzato da un Comitato di Gestione misto, per favorire e sostenere iniziative

atte a promuovere la cultura della solidarietà e del volontariato, con particolare riferimento alla

donazione del sangue.

La maggior parte dei nostri soci dona il proprio sangue recandosi nei centri trasfusionali pubblici

dislocati negli ospedali delle nostre 21 Unità Locali Socio Sanitarie che gestiscono la sanità nel

nostro territorio regionale. Esiste anche un’organizzazione di alcune nostre associazioni provinciali

(Padova, Treviso e Venezia) che provvede autonomamente alla raccolta del sangue (circa 31.000

sacche all’anno); tale raccolta avviene con l’autorizzazione ed il controllo delle Aziende Sanitarie

di riferimento e tutto il sangue raccolto viene consegnato a queste ultime.

Le attività associative sono regolate da uno Statuto e da un Regolamento associativo.

Nel corso degli anni lo Statuto è rimasto pressoché invariato ed in particolare fedele ai principi del

proprio fondatore.

Come precisato dagli articoli 1, 2 e 3, l’associazione è apartitica, aconfessionale, senza

discriminazioni di sesso, razza, lingua, nazionalità, religione, ed è costituita da persone che donano

il loro sangue volontariamente (è un atto di coscienza e di solidarietà verso chi soffre),

periodicamente (perché deve essere fornito con continuità il supporto ematico), gratuitamente

(perché il donare non è un dare per avere), anonimamente (perché non deve esserci esibizione

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nella donazione) e responsabilmente (perché il donatore deve essere attento alla qualità di ciò che

viene donato).

Con il passare degli anni poi è maturata una nuova cultura della donazione che ha sostituito agli

ideali di eroismo, sacrificio e generosità caritatevole, lo spirito di consapevolezza del bisogni, di

responsabilità, di coscienza civica e di partecipazione.

Oggi Avis è in Italia, e quindi a maggior ragione nel Veneto, garante del sangue perchè

rappresenta, insieme alle altre associazioni di volontariato, chi, ispirato a principi solidaristici,

mette a disposizione la materia indispensabile per il funzionamento e l’autosufficienza del sistema

trasfusionale.

Inoltre, riafferma la centralità e il ruolo attivo del donatore del sistema sangue e si fa promotore di

una nuova cultura della donazione e del volontariato e di una moderna ed efficiente gestione della

politica trasfusionale. Per questo ai vari livelli, dalle singole Aziende sanitarie locali agli organismi

regionali nel nostro caso, partecipa attivamente con i propri rappresentanti per assicurarsi del buon

utilizzo del dono e per un miglioramento del sistema, a tutela principalmente del malato, ma anche

del donatore. In particolare, per quel che riguarda la situazione veneta, Avis è presente con propri

rappresentanti, in tutte le Aziende Sanitarie territoriali, in appositi comitati, composti da volontari,

medici e responsabili amministrativi, con lo scopo di fornire indicazioni, suggerimenti e

valutazioni sull’andamento dei singoli Centri trasfusionali; è presente inoltre, con tre soci,

all’interno della Commissione Regionale Servizi Trasfusionali, che è deputata a vagliare, per conto

dell'Assessore, il sistema trasfusionale veneto.

Avis opera anche per la creazione e lo sviluppo di una rete di collaborazioni e programmi comuni

con le altre associazioni di Volontariato; la sfida di Avis è racchiusa nella consapevolezza che, in

collaborazione con le organizzazione del terzo settore, può svolgere un’azione di grande interesse

per tutta la cittadinanza facendo capo all’esempio donazionale, allo spirito altruistico, ai valori

della solidarietà e dell’aggregazione sociale.

Questo comporta necessariamente una ridefinizione del ruolo di donatore che, mantenendo come

mission la donazione del sangue, si deve rapportare con le altre forme del volontariato che opera

direttamente con la persona in difficoltà, a quello che agisce per la salvaguardia dell’ambiente, del

beni culturali e tradizionali, al volontariato che opera nella cooperazione sociale e

nell’associazionismo, in uno spirito di mutua collaborazione surrogando le Istituzioni nei casi di

loro carenza.

In chiusura di questa mia breve relazione, voglio ringraziare tutti gli ospiti per la loro presenza ed

in particolare i dirigenti della Croce Rossa slovena per aver offerto la loro disponibilità a creare

questo rapporto.

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Abbiamo iniziato cercando prima di tutto di conoscerci reciprocamente, e credo che questa

giornata porterà un notevole contributo in tal senso; auspico che questo sia l’inizio di uno scambio

permanente che, oltre a creare un sentimento di amicizia tra le due associazioni e tra i rispettivi

soci donatori, porti frutti concreti anche nel miglioramento dei nostri sistemi trasfusionali.

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Dr.ssa Marjeta PotočnikMedico trasfusionista

APPROVVIGIONAMENTO DEL SANGUE IN SLOVENIA

In Slovenia esiste una rete di centri trasfusionali composta dal Centro per la medicina trasfusionale

della Repubblica di Slovenia (CMT) e da dieci reparti trasfusionali presso i maggiori ospedali

sloveni. Il servizio trasfusionale è responsabile della raccolta e lavorazione del sangue e di tutte le

attività necessarie per provvedere all'assistenza sanitaria del sangue sicuro.

Il Centro nazionale per la medicina trasfusionale raccoglie il sangue nell'intero territorio dello

Stato e lo fornisce al Centro clinico di Ljubljana ed ospedali vicini. I reparti trasfusionali

ospedalieri invece, raccolgono e lavorano il sangue necessario agli stessi ospedali. Circa la metà

del sangue raccolto in Slovenia viene raccolta dal Centro nazionale ed il resto dai reparti

trasfusionali. Il Centro e i reparti sono collegati e possono aiutarsi con scambi e forniture del

sangue in caso di bisogno (Quadro 1).

Quadro 1: Organizzazione del servizio trasfusionale in Slovenia

Raccolta del sangue

L'organizzatore principale della donazione di sangue in Slovenia è la Croce Rossa Slovena, la

quale è responsabile dell'organizzazione diretta delle raccolte di sangue. In collaborazione con il

servizo trasfusionale prepara un piano annuale delle raccolte regolari in tutta la Slovenia secondo il

previsto bisogno del sangue della sanità.

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In Slovenia il sangue viene raccolto tramite raccolte regolari, supplementari e straordinarie.

Raccolte regolari sono quelle pianificate per tutto l'anno e per tutto il territorio nazionale sulla base

del previsto bisogno. Le raccolte regolari vengono eseguite in giorni feriali, preferibilmente la

mattina. Nei casi di un breve periodo di scarsa disponibilità di sangue a causa di presentazione

meno numerosa dei donatori alle raccolte regolari, oppure in seguito a maggiore consumo del

sangue, vengono organizzate raccolte supplementari per regolare le riserve del sangue.

Un'ulteriore misura adottata nelle circostanze di acuta insufficienza del sangue, sono le raccolte

straordinarie.

I donatori di sangue si presentano al prelievo del sangue anche fuori delle raccolte regolari. Per i

programmi supplementari, cioè per le aferesi del plasma o citoaferesi, oppure nel caso di ordini

speciali, i donatori di sangue vengono anche chiamati, sia fuori delle raccolte regolari, sia nei

giorni di raccolta, nel caso di bisogno di sangue di un certo gruppo sanguigno. L'organizzazione

delle raccolte straordinarie deve poi tenere conto degli intervalli minimi tra le chiamate stabiliti

nella normativa.

Per quanto riguarda il luogo dei prelievi del sangue, questi vengono effettuati presso i centri

trasfusionali oppure eseguiti fuori sede da una

squadra specialistica. I prelievi fuori sede vengono organizzati negli ambulatori, nelle scuole ed in

altri luoghi del genere, che però devono soddisfare alle richieste minime stabilite nella normativa.

Nel 2001 la Croce Rossa Slovena ha organizzato 229 raccolte del sangue regolari per il Centro

nazionale per la medicina trasfusionale, di cui 180 sono state eseguite fuori sede, con la

partecipazione media del 186 donatori di sangue al giorno. Il problema è, che la risposta dei

donatori di sangue varia causando oscillazione della riserva del sangue e difficoltà

nell'approvvigionamento normale degli ospedali. Anche gli organizzatori delle raccolte sono in

difficoltà perché devono ridistribuire i donatori.

Le raccolte del sangue fuori sede vengono eseguite anche dai reparti trasfusionali a Maribor e

Celje. Nel 2001 vi erano 85 raccolte fuori sede a Maribor e 50 a Celje.

L'esame della donazione del sangue in Slovenia dal 1991 dimostra un numero assai costante della

presenza dei donatori, cioè circa 100.000 donatori in un anno, il che significa il 5 % della

popolazione. Questo numero è sufficiente per provvedere al bisogno in modo che possiamo

adempire alla raccolta riguardante l'autosufficienza del paese nel provvedimento del sangue e degli

emocomponenti cellulari (Tabella 1).

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Tabella 1: Presentazione dei donatori di sangue in Slovenia – comparazione annuale – Centronazionale e reparti trasfusionali.

Istituzio-ne

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Reparti 47829 45432 43551 44189 45814 45098 46156 48172 48920 47605 47432

CMT 56557 54014 56178 56823 54034 55607 54689 55056 55060 53161 52789

Totale 104386 99446 99729 101012 99848 100705 100845 103228 103980 100766 100221

Indice acatena

100,0 95,3 95,5 96,8 95,6 96,5 96,6 98,9 99,6 96,5 96,0

Anche il rapporto tra il numero dei donatori di sangue che si presentano alle raccolte del Centro

per la medicina trasfusionale della Repubblica di Slovenia e quello dei reparti trasfusionali è

stabile (Diagramma 1).

Diagramma 1: Distribuzione della presentazione dei donatori di sangue nel 2001

Per quanto riguarda il motivo della presentazione, c'è una notevole differenza tra il Centro

nazionale ed i reparti trasfusionali. In questi la percentuale dei donatori che si presentano al

prelievo del sangue di propria iniziativa è di 32 % e il 59 % sono donatori che partecipano alle

raccolte di sangue regolari. Nel Centro nazionale invece la percentuale dei donatori che si

presentano alle raccolte di sangue regolari è di 81 % (Diagramma 2).

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Diagramma 2: Presentazione dei donatori di sangue secondo il motivo

Nel 2001 la percentuale dei donatori che si sono presentati e non sono stati accettati era di 8,1 %.

Nelle raccolte di sangue del Centro nazionale nel 2001 sono stati registrati circa il 10 % (5140) di

donatori del sangue nuovi, tra i quali un considerevole numero degli appartenenti alle forze armate

slovene, degli studenti di scuole medie e studenti universitari.

Preparazione e utilizzo dei componenti e medicinali derivati dal sangue

Nel 2001 abbiamo eseguito 94.461 prelievi del sangue. Sono state raccolte 89.558 unità del sangue

intero, di cui nel Centro nazionale per la medicina trasfusionale 46.109 e nei reparti trasfusionali

43.449 unità del sangue intero.

Sono state eseguite 543 citoaferesi e 1941 aferesi del plasma. Inoltre sono state effettuate 2283

autotrasfusioni, le quali pure fanno parte del servizio trasfusionale (Tabella 2).

Tabella 2: Specificazione annuale dei prelievi di sangue in Slovenia

AnnoSangueintero

Citoaferesi Plasma Speciali Altri Autotrans. Totale

1997 91900 414 1541 14 66 1036 94971

1998 94978 502 1797 16 49 1188 98530

1999 94389 598 1306 15 102 1649 98059

2000 91111 737 1007 12 35 1954 94856

2001 89553 543 1941 32 35 2283 94461

Dal sangue raccolto sono state preparate 81.921 unità di eritrociti concentrati, di cui 46.118 nel

Centro nazionale e 35.803 nei reparti trasfusionali, e 31.000 unità di trombociti concentrati; 8.207

nel Centro nazionale e 22.793 nei reparti trasfusionali.

Inoltre sono state preparate 83.362 unità del plasma fresco congelato; 44.862 nel Centro nazionale

e 38.480 nei reparti trasfusionali (Tabella 3).

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Tabella 3: Emocomponenti preparati in Slovenia nel 2001

Servizio trasfusionale Numero delle unitàeritrociti concentrati

Numero delle unitàtrombociticoncentrati

Numero delle unitàplasma frescocongelato

CMT Ljubljana 46.118 22.793 44.862Reparti trasfusionali 35.803 8.207 38.480

Slovenia 81.921 31.000 83.362

A causa della mancanza dello scambio di dati con gli ospedali non siamo in grado di presentare dei

dati sicuri relativi al consumo effettivo del sangue. La collezione dei dati è prevista con

l'introduzione dei principi della qualità nell'utilizzo del sangue e di un sistema informatico più

avanzato anche negli ospedali.

Sono invece sicuri i dati dell'approvvigionamento e per conseguenza anche del consumo dei

medicinali derivati dal sangue, perché le forniture vengono effettuate tramite il Centro nazionale

per la medicina trasfusionale. Nel 2001 in Slovenia abbiamo consumato 6.867.429 UI del Fattore

VIII, 890.290 UI del Fattore IX, 746.780 g di albumina e 28.637 g di immunoglobulina (Tab. 4).

Tabella 4: Medicinali derivati dal sangue rilasciati in Slovenia nel 2001

Emoderivati Quantità rilasciataFattore VIII (unità) 6.867.429Fattore IX (unità) 890.290Albumina ( g ) 746.780Immunoglobulina (g ) 28.637

Prospettive dello sviluppo

Nel futuro sarà accentuata sempre di più la selezione del donatore di sangue sicuro, la qualità nella

lavorazione del sangue e derivazione dei preparati puri e concentrati nonché gli esigenti esami di

laboratorio per il controllo del sangue. Perciò sarà necessario introdurre dei cambiamenti

nell'organizzazione del servizio trasfusionale. Nella strategia dello sviluppo di essa ci sono dei

compiti di particolare importanza che per maggior parte sono già in corso: la preparazione della

nuova legislatura per la sfera della medicina trasfusionale, la riorganizzazione del servizio

trasfusionale, l'assicurazione della qualità globale, l'autosufficienza del paese in relazione ai

preparati di sangue, la modernizzazione della raccolta e lavorazione del sangue, la collaborazione

nell'eseguire una buona prassi di clinica e anche la modernizzazione del sistema informatico

computerizzato.

Lo sviluppo dell'uso clinico del sangue non si sta dirigendo verso un maggior consumo, bensí

verso un utilizzo mirato, verso preparati concentrati e l'alta qualità di essi, il che pone dei nuovi

impegni e presenta una sollecitazione per il servizio trasfusionale.

Il donatore del sangue però rimane sempre al primo posto.

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Dr.ssa Giorgina Maria VaselliDelegata SIMTI Veneto

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Dr.ssa Irena KramarMedico trasfusionista

L'attività della trasfusione di sangue, Ospedale di IzolaSnežana Levičnik-Stezinar, dr. med., spec. trasf; Centro per l'accertamento degli anticorpi specialie raccolta del plasma iperimmunitario, Centro per la medicina trasfusionale della Repubblica diSlovenia

LA SICUREZZA TRASFUSIONALE

La trasfusione del sangue e dei singoli emocomponenti è un potente trattamento presente

dappertutto nella gran parte della moderna prassi medica (16) / Transfusion is a ubiquitous and

potent treatment underlying much of modern practice /. Con la trasfusione del sangue e dei

prodotti di esso possiamo salvare le vite, prolungare l'aspettativa di vita e migliorare la qualità

della vita (6) / Lives can be saved and lifeexpectancy can be normalised by administering blood

components and plasma derivates including blood coagulation factor concentrates /. Trattamento

con il sangue ed i prodotti di esso tuttavia presenta anche certi limiti. Come nell'utilizzo di ogni

farmaco anche qui si presentano effetti non desiderati. Più si è attenti a questi, più accuratamente

essi vengono registrati, meglio possono essere studiati e più facilmente si possono trovare dei

modi di prevenirli. Mai potremo assicurare una trasfusione assolutamente sicura. Possiamo però

assicurare che con ogni cognizione nuova, con ogni test nuovo ed ogni procedura nuova la

sicurezza sta diventando maggiore.

Alla sicurezza trasfusionale devono provvedere il settore trasfusionale ed il governo di ogni paese.

Le istruzioni, esigenze, condizioni, la sorveglianza e controllo dell'esecuzione in conformità alle

rispettive raccomandazioni (FDA, WHO, Consiglio d'Europa, la Legge della Repubblica di

Slovenia sull'approvvigionamento del sangue) (1, 2, 3, 4, 5, 7) devono essere regolati dalla legge.

Se vogliamo raggiungere la trasfusione di sangue sicura, prima dobbiamo conoscere bene gli

effetti non desiderati. Rispetto al tempo della formazione distinguiamo effetti immediati e quelli

ritardati, rispetto all'agente reazioni infettive e non infettive, rispetto al modo di formazione

reazioni immunocondizionali e quelle non immunocondizionali.

I più frequenti effetti non desiderati sono disposti in Tabella 1.

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Tabella 1: Classificazione degli effetti laterali della trasfusione:

Tempo di formazione Modo di formazione Reazione infettiva Reazione non infettivaImmediata Immunocondizionale / - Reazione trasfusionale

emolitica acuta- TRALI (transfusion

realted acute lung injury)- Reazione trasfusionale

non emolitica febbrile- Reazione allergica

AnafilassiNon immunocondizionale Contaminazione batterica - Emolisi non immunitaria

(p. es. emoglobinuria)- Ipervolemia

/circulatory overload/- Disturbo metabolico (p.

es. hiperkaliemija?/eccessivo aumento dellaquantità di potassio)

- Embolia- Raffreddamento

Tarda Immunocondizionale / - Reazione rimandata- Reazione del trapianto

contro il convitante/transfusion associatedgraft-versus-host disease/

- Porpora postrasfusionaleNon immunocondizionale Infezioni trasmesse con

trasfusione (virus, batteri,parassiti, prioni)

- Hemokromatoza?/ipercromia?/(sovraccarico di ferro)

La sicurezza ed efficacia della trasfusione dipendono da una serie di processi correlati (9) che sono

legati al prodotto (sicurezza del sangue):

- reclutamento e selezione del donatore di sangue /recruit, donor screen/

- screening del sangue /blood screening/

- prelievo del sangue e preparazione dei componenti

ed all'intero processo (sicurezza della trasfusione)

- prove pretrasfusionali

- determinazione mirata delle indicazioni per la trasfusione

- esecuzione della trasfusione

- tracciabilità ed appositi interventi

Reclutamento e selezione del donatore di sangue

La trasfusione di sangue sicura comincia con un donatore di sangue sicuro. Solo il donatore

consapevole della insostituibilità ed allo stesso tempo anche della rischiosità del sangue donato,

perché esiste la possibilità di trasmettere malattie, è un donatore di sangue sicuro. Alla donazione

lo deve portare la voglia di aiutare l'ammalato e non quella di essere retribuito o in qualche modo

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ricompensato. Perciò la donazione di sangue è volontaria, non retribuita ed anonima per

definizione.

Il reclutamento, motivazione ed educazione del donatore di sangue sono la pietra fondamentale

della sicurezza trasfusionale.

Prima della stessa donazione di sangue, l'idoneità del donatore viene accertata sulla base del

modulo compilato, di certi esami di laboratorio e di una parziale visita medica. Nel processo di

selezione vengono considerate le ultime Raccomandazioni riguardanti la preparazione, l'utilizzo e

l'assicurazione della qualità degli emocomponenti, rilasciate da Consiglio d'Europa, le quali

stabiliscono i criteri tecnici di selezione dei donatori sanitariamente idonei (4). I criteri di idoneità

alla donazione di sangue cambiano di anno in anno, perché individuando sempre nuovi agenti di

malattie infettive veniamo a nuove conoscenze dei rischi di trasmettere infezione tramite il sangue

ed i componenti di esso. I criteri di selezione del donatore di sangue sono severi e se esiste anche

la minima possibilità del rischio che il sangue non sia sicuro per l'ammalato, il donatore viene

respinto temporaneamente o definitivamente.

Screening del sangue

Tramite il sangue e i prodotti di esso si possono trasmettere malattie infettive. Possibili agenti

patogeni sono del gruppo dei virus, batteri, parassiti. Anche se la trasmissione dei prioni (gli agenti

della nuova forma della malattia di Creutzfeldt-Jakob, cioè di mucche pazze) con la trasfusione di

sangue finora non è stata accertata, questa possibilità non è esclusa, per cui si stanno introducendo

delle misure che potrebbero prevenire tale trasmissione (deleucocitazione, non accettazione del

donatore dopo una prolungata permanenza in un paese in cui la malattia è presente ...) (21).

Con lo sviluppo dello screening e dei test di accertamento sta migliorando la possibilità di scoprire

agenti patologici, la finestra (window period) diagnostica diventa sempre più breve e sta

aumentando la sicurezza trasfusionale. Oggi nello screening viene usato il metodo enzimatico

immunitario, mentre i test vengono effettuati secondo diversi metodi di accertamento.

Nel determinare il rischio di trasmettere infezioni vengono usati sempre di più anche i metodi

NAT (nucleic acid test) per provare direttamente la presenza degli agenti patogeni.

Ogni giorno insorgono malattie nuove ed agenti patologici nuovi e sono nella fase di esame le

possibilità di trasmissione tramite la trasfusione di sangue come anche l'introduzione di possibili

misure ragionevoli per prevenire queste infezioni.

Il rilascio di ogni singola unità del sangue viene eseguito secondo rigorose istruzioni e limitazioni

(1, 2, 3, 4, 5, 6).

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In Slovenia ogni anno individuano tra i donatori di sangue da 30 – 50 persone (0,03 – 0,05 % delle

unità prelevate di sangue), nei quali è stata accertata la presenza dei marker delle infezioni che

possono essere trasmesse tramite il sangue.

Con l'introduzione dello screening del sangue obbligatorio negli ultimi anni il rischio di

trasmettere l'infezione con il virus dell'AIDS e con quelli delle epatiti è stato diminuito per 10.000

volte (9) ed è solo questione di tempo, quando si potrà fare una simile constatazione per gli altri

agenti patologici.

Prelievo del sangue e preparazione dei componenti

Anche in questo campo vengono rispettate le istruzioni delle ultime Raccomandazioni riguardanti

la preparazione, l'utilizzo e l'assicurazione della qualità di emocomponenti (4):

I luoghi in cui vengono eseguiti prelievi e lavorazione del sangue devono essere adatti e puliti, si

possono usare solamente mezzi e materiali standardizzati e registrati. Il personale adeguatamente

istruito deve rispettare le istruzioni accettate ed i principi della buona prassi di produzione. Ogni

procedimento deve essere registrato, ogni unità adeguatamente segnata. Prima dell'inizio della

puntura il luogo di prelievo deve essere sottoposto alla pulizia fatta in un modo che sia il più

sicuro. Le condizioni di conservazione delle unità devono essere tali da consentire mantenimento

dell'efficacia di emocomponenti e prevenire lo sviluppo di organismi patogeni.

Con il progresso della conoscenza di agenti patogeni abbiamo a disposizione sempre più

procedimenti che conservando relativamente bene le sostanze distruggono agenti patogeni (12, 14,

17, 23). Tali procedimenti sono la deleucocitazione e l'eliminazione e inattivazione dei virus con

vari metodi fisico-chimici.

Un sistema computerizzato di marcatura e registrazione degli esami eseguiti rende impossibile il

rilascio di unità non esaminate e nello stesso tempo assicura un'adeguata traccia di ogni unità e dei

procedimenti di lavorazione.

Prove pretrasfusionali

Con le prove pretrasfusionali si cerca per il paziente il sangue che sia corrispondente negli antigeni

di eritrociti quanto più possibile. Nel laboratorio immunoematologico viene determinato con

l'apposito esame eseguito secondo un adeguato metodo il gruppo sanguigno del paziente ed

eventuale presenza di anticorpi non aspettati. I metodi basati su gel test, che oggi vengono usati

più frequentemente, sono sicuri, ripetibili e veloci.

Con un esame effettuato accuratamente si può prevenire la reazione emolitica immediata durante

la trasfusione e diminuire il numero di reazioni emolitiche rimandate.

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Determinazione mirata delle indicazioni per la trasfusione

Quando parliamo della sicurezza del trattamento con il sangue dobbiamo essere coscienti del

rischio di uso eccessivo, insufficiente o inadeguato di questo farmaco (6, 7).

Inoltre il clinico deve rispettare la politica nazionale riguardante il settore trasfusionale e le

direttive riguardanti razionale terapia trasfusionale.

Nei casi in cui è possibile, il medico curante prima fa uso di substituti di sangue e determina con

perizia la necessità della trasfusione. Se il tempo glielo permette, cerca di migliorare l'anemia

somministrando altri farmaci (preparati di ferro, eritropoetina), mentre in un intervento chirurgico

ricorrendo alle misure supplementari può evitare un'eccessiva perdita di sangue. Sotto certe

condizioni può scegliere anche le varie forme di autotrasfusione.

Esecuzione della trasfusione

Lo stesso processo della trasfusione, dall'ordinazione, consegna del materiale ordinato

all'introduzione del sangue e sorveglianza degli effetti di trasfusione, deve essere accuratamente

registrato. Inoltre deve essere assicurata la tracciabilità dei procedimenti eseguiti sia sul paziente

che sull'unità trasfusa. Solo in questa maniera possiamo ridurre l'incidenza dei non desiderati

effetti collaterali non infettivi della trasfusione. Da quando è cominciato il controllo sistematico e

la comunicazione di informazioni sugli effetti non desiderati di trasfusione (SHOT: Serious

Hazards of Transfusion), si è constatato che i casi mortali causati dalla reazione emolitica acuta

sono due volte più frequenti di quelli causati da tutti i rischi di infezione tramite il sangue (9, 17).

Comitati trasfusionali

In Comitati trasfusionali sono uniti e rappresentati da tutti quelli che nel loro lavoro sono in

contatto con il sangue e prodotti di esso in una struttura clinica (medici curanti e trasfusionisti,

un'infermiera, i responsabili dalla direzione dell'ospedale ...).

Questi comitati prendono decisioni sulla politica dell'utilizzo di sangue allo scopo terapeutico,

considerano l'esecuzione della pratica trasfusionale, analizzano effetti non desiderati di trasfusione,

ricercandone le cause, determinano le apposite misure preventive.

La conoscenza dei rischi della trasfusione di sangue è ampia. Sappiamo, siamo in grado di

prevenire ed infatti preveniamo molti effetti di trasfusione non desiderati. Ma non potremmo mai

raggiungere una trasfusione di sangue assolutamente sicura. Più parliamo del rischio di sangue, più

ne sappiamo, più il sangue come farmaco è sicuro. Mai deve il rischio di trasfusione, quando

questa è necessaria, predominare sui rischi di accantonamento della terapia trasfusionale, perché il

sangue come farmaco non è mai stato così sicuro come oggi. E rimane sempre insostituibile.

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Dr. Alberto ArgentoniDirettore Sanitario AVIS ABVS Veneto

LA SICUREZZA TRASFUSIONALE

L’utilizzo del sangue nella pratica quotidiana della medicina trasfusionale non è mai, purtroppo,

privo di rischi.

I rischi sono naturalmente molteplici e coinvolgono sia la possibilità di trasmettere malattie tramite

il sangue, sia di causarne direttamente od indirettamente al donatore.

C’è, quindi, la necessità di garantire, per quanto possibile, la massima sicurezza trasfusionale.

La sicurezza trasfusionale è un obiettivo primario, che viene perseguito continuamente, con

attenzione al coinvolgimento di tutti gli attori del sistema trasfusionale.

Il sangue può, a tutti gli effetti, essere considerato un farmaco ed allora dobbiamo parlare di

qualità di questo farmaco.

Parlare di qualità del sangue significa parlare di selezione del donatore, delle modalità di raccolta,

degli esami di controllo effettuati sul sangue, della sua corretta conservazione.

Si tratta di attività che implicano una strategia di qualità globale.

I pericoli più frequenti derivano dall’errore umano o da quello tecnico, dalla disinformazione o

dallo zelo inappropriato del donatore, dalla superficialità nella selezione, dalla mancanza di rigore

scientifico e procedurale nella raccolta e lavorazione del sangue, dai ritardi negli adeguamenti

normativi e scientifici.

Le problematiche del rischio trasfusionale sono, naturalmente, ben note a tutti: agli operatori

sanitari, ai donatori di sangue ed anche agli ammalati.

Il donatore di sangue ha la consapevolezza di non poter essere considerato una semplice fonte di

approvvigionamento del sangue.

Il donatore volontario è un anello ovvero, più correttamente, il primo anello della catena

procedurale per la qualità del “farmaco” sangue.

La sua responsabilità e la sua capacità di mantenere un sano stile di vita sono essenziali per il

raggiungimento della sicurezza trasfusionale.

Le Associazioni, che raccolgono ed organizzano i donatori di sangue volontari, sanno che

aumentare la sicurezza trasfusionale significa soprattutto aumentare l’informazione e la

consapevolezza del donatore , oltre che rendere più accurate le visite di idoneità, migliorare la

qualità e la specificità delle analisi sul sangue, attivare efficaci processi di lavorazione e

conservazione del sangue, raggiungere l’obiettivo di un uso mirato ed oculato del sangue.

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L’importanza e la centralità del ruolo del donatore volontario di sangue sono riconosciute dallo

Stato Italiano, che ha previsto con la Legge 107/1990, il soddisfacimento delle esigenze sanitarie

in sangue ed emoderivati attraverso l’utilizzo di sangue raccolto soltanto da donatore volontario.

Il primo fondamentale passo per la sicurezza trasfusionale è il risultato di questa scelta, quella del

donatore di sangue volontario, periodico, informato, non retribuito, associato ovvero nel rifiuto e

nel superamento del datore di sangue a pagamento e del donatore occasionale.

Non si è trattato di una scelta scontata e non la si può considerare definitivamente acquisita, sia

nell’ambito medico- scientifico che in quello legislativo.

La Legge 107/90 è, allo stesso tempo, il risultato ed il motivo di una crescita culturale della nostra

società, della presenza di un forte movimento di opinione pubblica sviluppato dalle associazioni

dei donatori volontari di sangue e degli ammalati, di una trasformazione nella prassi medica, ,

dell’adeguamento costante di norme legislative e procedurali ai progressi della ricerca scientifica

in campo trasfusionale.

Le Associazioni dei donatori di sangue partecipano al raggiungimento dell’obiettivo della

sicurezza trasfusionale, attraverso molteplici loro azioni.

La prima è quella di sensibilizzazione e proselitismo al dono del sangue presso la popolazione.

Senza le Associazioni non si raggiunge e mantiene l’autosufficienza di sangue e ci si espone al

pericolo dei rapporti commerciali con le industrie multinazionali ed al rischio di un indiretto

sfruttamento di persone meno fortunate e responsabilizzate.

Poi ci sono le altre attività associative: quelle della fidelizzazione del donatore che diventa così

periodico, dell’informazione e dell’aggiornamento continuo degli associati che sono così più

responsabili ed, infine, quello della promozione o dell’adesione a campagne di screening e di

medicina preventiva sui donatori o sulla popolazione in generale.

Si tratta, quindi, di un ruolo attivo: di un impegno etico e di una medicina di iniziativa.

Le Associazioni possono lavorare in maniera molto efficace sul piano delle motivazioni, della

corretta informazione e dell’educazione dei cittadini e dei donatori di sangue.

Difficilmente il medesimo ruolo ed i medesimi risultati possono essere raggiunti dall’iniziativa del

singolo donatore di sangue, dalle agenzie educative o dall’attività degli operatori sanitari. Questi

ultimi sono essenziali dal punto di vista della collaborazione e del supporto tecnico, ma

l’Associazione può vantare una maggiore capillarità di presenza nel territorio e la possibilità di un

coinvolgimento più diretto delle persone e delle comunità locali.

I nostri dirigenti associativi, a tutti i livelli, devono essere consapevoli dell’importanza del loro

ruolo, capaci di comprendere ed interpretare le esigenze sanitarie, abili nel trasmettere messaggi

adeguati ai donatori.

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La loro collaborazione è necessaria per rendere più efficace ogni attività sanitaria.

Nel Veneto, un ruolo importante ha assunto negli anni, anche il giornale associativo “Dono e

Vita”, che raggiunge capillarmente e periodicamente gli oltre 100.000 donatori avisini.

Si tratta di uno strumento di comunicazione utilissimo, che viene usato anche per mandare

messaggi ed informazioni sanitarie.

Nel cercare di meglio raggiungere l’obiettivo della sicurezza trasfusionale, grande rilievo hanno

due momenti specifici della procedura per la donazione, che coinvolgono in maniera prevalente il

fattore umano.

Quello della compilazione del modulo del consenso informato e quello del colloquio con il

medico.

Si tratta di momenti strategici per garantire la qualità del sangue.

Sono fondamentali la semplicità ed intuitività della terminologia utilizzata nel modulo, la

completezza delle domande poste, la responsabilità del donatore nella compilazione ed il suo

aggiornamento sulle motivazioni delle procedure messe in atto per stabilire i criteri di idoneità alla

donazione.

Solo così si può arrivare da parte del donatore ad una scelta di auto sospensione o alla richiesta di

un approfondimento diagnostico con il medico.

Per quanto riguarda il colloquio con il medico trasfusionista, sono necessarie la consuetudine con

la procedura di selezione, la famigliarità ed il rapporto fiduciario con il medico selezionatore, la

disponibilità di tempo per un colloquio efficace.

Le Associazioni devono lavorare per creare i presupposti culturali e motivazionali nel donatore e

devono stimolare le istituzioni e gli operatori sanitari perché siano garantite adeguate risorse

umane, strutturali ed anche spesso temporali.

Con questa breve nota, senza la pretesa di aver trattato in maniera completa l’argomento, si spera

di aver delineato il fondamentale ruolo del donatore volontario di sangue e delle sue Associazioni

nel processo per la sicurezza trasfusionale.

Il donatore di sangue può essere considerato, a tutti gli effetti, un cittadino solidale ed un operatore

sanitario responsabile.

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Dr. Bernardino SpalivieroCoordinatore Commissione Sangue AVIS ABVS Veneto

IL RUOLO DEL VOLONTARIATO

Il Volontariato è una scelta di vita. Quando una persona decide di fare volontariato fa una scelta

di campo, fondamentalmente etica, una scelta di solidarietà, per una società più giusta e solidale,

attenta al bene comune.

Prima di essere volontariato, il volontario compie una scelta fondamentale: essere solidale. Questo

significa farsi carico gratuitamente di un problema altrui che crea sofferenza; il Volontario

partecipa della sofferenza di altre persone che “sente” anche sua e per questo si impegna per

rimuoverla, ricercando la radice del problema.

Volontariato non significa associazionismo. Il Volontariato è un’aggregazione di cittadini che non

pensano direttamente a loro, ai loro interessi culturali, ricreativi, ecc., ma che sentono di doversi

riunire per creare all’esterno dei servizi per la comunità o semplicemente per le persone in stato

di sofferenza, di fragilità.

Volontariato non significa assistenza e beneficenza. Queste ultime hanno come scopo il

contenimento del dolore; il Volontariato ha una progettualità di cambiamento delle strutture

sociali per rimuovere le cause della sofferenza; fa quindi politica: trasversale, sociale, ma infine

politica.

Ecco dunque che il Volontariato ha due caratteristiche specifiche: la testimonianza diretta sul

territorio e la dimensione “politica, ma non partitica” per la rimozione delle cause della sofferenza.

Se questo è il Volontariato, qual è il suo ruolo?

1. Anticipazione

Il primo ruolo storicamente riconosciuto al Volontariato è quello dell’anticipazione; nella storia di

tutti i paesi esso anticipa di un decennio, se non più, l’intervento dello Stato. Quando una società

civile viene aggredita da un morbo sviluppa subito delle antitossine, i gruppi di volontariato;

l’importante è che fatta una adeguata sperimentazione essi sappiano trasferire la ricchezza

culturale, organizzativa e metodologica allo Stato perché le soluzioni più innovative e migliorative

attraverso le leggi e gli strumenti dello Stato possano essere messi a disposizione di tutta la

Comunità.

2. Sperimentazione

Non basta la progettualità e l’anticipazione; è sul territorio che bisogna misurarsi, senza parlarsi

addosso; in pratica si sperimenta sul territorio se le innovazioni sono corrette, migliorabili o

sbagliate. Solo dopo ci si può presentare alle Istituzioni con delle proposte che possono essere

ascoltate.

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3. Integrazione

Ovvero la “fusione dei compiti”. Il volontario non deve essere un falso professionista, ma può

moltiplicare il lavoro del professionista integrandolo, facendo quello che il professionista da solo

non può fare. Il Volontariato può fare il suo lavoro originale, irripetibile, laddove lo Stato

funziona; è errato pensare che il Volontariato debba sostituirsi allo Stato che non funziona, al

contrario si integra svolgendo funzioni e compiti laddove lo Stato non può arrivare, in particolare

nel servizio alle persone, considerando le persone nella loro globalità di esseri umani. Ma il

Volontariato da solo non risolverà mai nessun problema. E’ necessaria dunque un’alleanza

strategica fra il Volontariato e lo Stato con le sue articolazioni istituzionali e organizzative.

4. Stimolo e controllo

Stimolo e controllo verso le istituzioni: spesso gli Enti pubblici tendono a ripiegarsi su se stessi;

molto spesso gli interessi dei dipendenti diventano più forti degli interessi per i quali i dipendenti

sono stati assunti. Ed è un fatto che il Volontariato sia di stimolo e di controllo.

5. Denuncia

Denuncia. Alla fine se le cose proprio non vanno. La denuncia deve essere documentata, precisa

con tutti i mezzi: media e magistratura compresi.

Il nuovo Piano Sangue e Plasma Regionale

Il Volontariato del Sangue, organizzato in Associazioni e Federazioni democraticamente

strutturate, rappresenta un patrimonio etico e sanitario imprescindibile per assicurare agli ammalati

l’autosufficienza in sangue–emocomponenti-emoderivati.

La sicurezza della continuità delle donazioni e della loro salubrità per gli ammalati è infatti

massimamente garantita da donatori periodici, volontari, non remunerati, responsabili e organizzati

in Associazioni di Volontariato, che sono promotrici di stili di vita e modelli di comportamento

basati sui valori dell’altruismo e sulla cultura della solidarietà, tali da favorire la salute ed il

benessere dell’ammalato ricevente.

L’attività trasfusionale è basata su un rilevante fattore fiduciario presente a più livelli: fra

Donatori, Associazioni di Donatori, Medici trasfusionisti, Amministrazioni di Aziende Sanitarie,

Istituzioni pubbliche, Ammalati. Nell’ambito del rapporto fiduciario uno dei compiti istituzionali

delle Associazioni di Volontariato del Sangue è la tutela del Dono e del Donatore; le Associazioni

devono poter rassicurare i propri Soci Donatori, attraverso opportune verifiche condotte

sull’attività trasfusionale:

1. sulla trasparenza e ottimale utilizzo del sangue donato e sulla sua congruità o meno rispetto

alle esigenze degli ammalati;

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2. sul rispetto delle normative riguardanti la tutela della salute dei Donatori. Infatti la

sorveglianza epidemiologica e sanitaria dei donatori, e il conferimento dell'idoneità alla

donazione devono essere identificati come servizio al donatore.

Il ruolo delle Associazioni del Volontariato del Sangue è dunque insopprimibile e necessario per:

1. la promozione alla donazione del sangue e dei suoi componenti presso la popolazione;

2. la fidelizzazione dei donatori di sangue affinché donino regolarmente e rimangano

donatori attivi il più a lungo possibile ;

3. l’opera di educazione e di cultura in materia trasfusionale dei donatori al fine di ottenere

una donazione informata e responsabile, prima garanzia per la sicurezza degli ammalati.

Inoltre le Associazioni di Volontariato partecipano alla gestione della raccolta di sangue ed

emocomponenti nell’ambito del Sistema Trasfusionale:

1. direttamente gestendo Unità di Raccolta, sotto il controllo tecnico ed organizzativo delle

Strutture trasfusionali pubbliche territorialmente competenti; negli anni dal 1996 al 2001

come risulta dai Registri Sangue del Veneto il contributo della raccolta diretta gestita in

convenzione dall’AVIS è stato di circa 31.000 unità pari al 15,5% del totale della raccolta

di sangue intero;

2. indirettamente attraverso la costituzione di Uffici di Chiamata per coordinare l’affluenza

dei Donatori alle sale prelievo, secondo la programmazione concordata con la Struttura

trasfusionale.

La Regione Veneto promuove e sostiene iniziative volte ad incrementare nei cittadini valori di

solidarietà disinteressata e di divulgazione delle possibilità di prevenzione, diagnosi e cura delle

principali malattie del sangue. Essa è orientata a stimolare lo sviluppo associativo e a sostenerne le

iniziative tutelandone l’autonomia, favorendo l’apporto originale delle Associazioni sia nella fase

di programmazione, che in quella di gestione per il conseguimento delle finalità del Piano Sangue

e Plasma Regionale.

Azioni:

a. E’ garantita l’adeguata partecipazione delle Associazioni di Volontariato alla programmazione

dell’attività di raccolta, anche nelle fasi di confronto sul tavolo negoziale per l’assegnazione

alla Struttura Trasfusionale degli obiettivi a livello regionale e aziendale, assumendosi di

conseguenza la responsabilità di competenza per assicurare il raggiungimento degli obiettivi

concordati.

b. Le Associazioni e Federazioni del Volontariato si impegnano a organizzare campagne di

promozione al fine di aumentare il numero dei Donatori periodici, in particolare nelle aree più

in difficoltà a garantire l’autosufficienza dipartimentale. Il CRAT, il CRCC, le Aziende

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sanitarie e le Strutture trasfusionali concorderanno le modalità di sostegno alle campagne

promozionali, per renderle più efficaci. Il CRAT e il CRCC daranno disposizioni concordate in

seno alla CRST affinché le Strutture trasfusionali facilitino le procedure per ottenere

l’iscrizione alle Associazioni di Volontariato dei nuovi donatori e di eventuali donatori

periodici non ancora associati.

c. La Regione, sempre attraverso il CRAT ed il CRCC darà istruzione alle Aziende Sanitarie

affinché in nessun caso il personale sanitario solleciti gli ammalati, i loro congiunti o

conoscenti per ottenere unità di sangue da donatore occasionale o dedicato.

d. Le Associazioni svilupperanno opportune campagne informative presso i propri associati, per

aumentare il livello di comprensione culturale delle problematiche trasfusionali, con

particolare riferimento alle necessità donazionali e alle questioni relative alla sicurezza; anche

in questo ambito valgono le collaborazioni espresse nel comma 2 del precedente punto b).

e. Va estesa e generalizzata la costituzione degli Uffici di Chiamata, ubicati per quanto possibile

nell’area delle Strutture trasfusionali, collegati per via telematica al sistema gestionale delle

strutture trasfusionali medesime.

f. Per poter continuare la gestione diretta di Unità di Raccolta le Associazioni dovranno

confermare l’autorizzazione nel rispetto dei requisiti minimi e successivamente procedere nei

tempi di legge alla Certificazione onde ottenere l’Accreditamento. Il CRAT, avvalendosi anche

del Comitato tecnico-scientifico e del CRCC, collaborerà con le Associazioni e Federazioni per

facilitare l’espletamento delle procedure necessarie.

g. Alle Associazioni sarà assicurato adeguato finanziamento aggiornando il sistema tariffario in

vigore, invariato dal 1996. I rimborsi alle Associazioni per le attività di promozione, chiamata

e/o di raccolta, vanno considerati debiti privilegiati e, come tali, da liquidare entro 30 giorni

dalla data della rendicontazione alle singole aziende titolari di strutture trasfusionali.

La questione plasma e plasmaderivati

Il Volontariato del Sangue veneto affrontò la questione dei plasmaderivati alla metà degli anni ’80.

Lo fece a causa dell’esperienza tragica degli emoderivati commerciali d’importazione che negli

anni ’70 e fino alla metà degli anni ’80 causarono numerosi casi di epatite virale e di AIDS negli

ammalati del Veneto; ruolo determinante lo ebbe la sollecitazione di alcuni medici che per primi

avevano intuito quel che stava accadendo, non accettando supini le tranquillizzanti e soporifere

rassicurazioni degli ambienti industriali internazionali e per questo subendo campagne

denigratorie. All’epoca si era arrivati anche a proporre la vendita del plasma dei donatori veneti ad

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aziende commerciali che dopo aver lavorato il plasma avrebbero rivenduto i prodotti finiti al

prezzo di mercato.

Fu allora che il Volontariato del Sangue veneto, ed in particolare l’AVIS, si oppose con grande

determinazione, chiedendo che il plasma non fosse venduto, ma solo consegnato all’industria per

la derivazione in ciclo separato, senza cioè mischiarlo con plasma di altra origine, ancorché

italiano ma di altre regioni. I prodotti finiti sarebbero rimasti di proprietà della Regione Veneto ed

utilizzati per i nostri ammalati. In tal modo si sarebbero ottenuti minori rischi infettivi ed

immunitari per gli ammalati, avremmo valorizzato il lavoro del sistema trasfusionale regionale

(amministrazioni, professionisti e volontariato) ed avremmo risparmiato denaro uscendo dal

mercato speculativo internazionale.

Fortissime furono all’epoca le tensioni e le polemiche, anche da parte delle altre regioni italiane e

all’interno del Volontariato del Sangue italiano. Il tempo ci ha dato ampiamente ragione; abbiamo

resistito alle pressioni politiche e soprattutto alle manovre lecite ed illecite del mercato

speculativo. Il Volontariato del Sangue veneto è stato l’elemento principale di tenuta del sistema,

intervenendo con decisione nei momenti di maggior difficoltà, sorvegliando, suggerendo,

criticando, garantendo l’adeguato incremento delle donazioni di sangue e plasma, sulla base di

consumi crescenti. Fondamentale è stato il ruolo di informazione e rassicurazione nei confronti dei

decisori politici che hanno conosciuto un Volontariato preparato e competente in un campo

divenuto sempre più complesso e difficile.

Dall’iniziale raccolta di circa 10.000 litri/anno 1988 siamo ora a quasi 60.000 litri; nel 1999 è nato

l’Accordo Interregionale amministrato dal Gruppo di Coordinamento nel quale sono presenti

rappresentanti del volontariato nella misura del 50% degli Enti aderenti; in tal modo siamo a circa

220.000 litri previsti per la fine del 2002, con scambi all’interno dell’area territoriale ove risiedono

circa 18 milioni di italiani, estranei alle logiche speculative commerciali.

All’orizzonte si profilano ulteriori sfide inedite sia sul versante della sicurezza che su quello della

complessità del sistema trasfusionale, l’obiettivo è la costruzione del “Sistema Paese”. Il

Volontariato del Sangue si è attestato; ha compreso la rilevanza della questione e se ne è fatto

carico. Sempre alla sua maniera: partendo dal letto dell’ammalato ed infine ritornando a quel letto

di sofferenza per capire se è stato all’altezza, se ha effettivamente rimosso una delle cause più

drammatiche dell’angoscia degli ammalati e dei loro familiari.

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Dr. Giusepe ApriliPresidente Nazionale SIMTI

IL PLASMA E I PLASMADERIVATI

L’autosufficienza regionale/nazionale nel settore degli emoderivati sicuramente rappresenta una

meta molto difficile da raggiungere anche in realtà sanitarie avanzate.

Per certi versi può sembrare addirittura eccessivo definire indispensabile il raggiungimento di tale

obiettivo nella pratica sanitaria corrente, in considerazione della disponibilità sempre crescente di

prodotti ottenibili con processi industriali.

Questa consapevolezza, peraltro, non può e non deve giustificare alcuna indecisione da parte di un

attento sistema trasfusionale nel compiere il massimo sforzo per poter disporre della massima

quantità di emoderivati ottenibili dagli emocomponenti raccolti. Il plasma umano ed i

plasmaderivati di origine umana, infatti, anche nell’attuale realtà scientifica non possono in nessun

modo essere considerati un by-product accessorio e collaterale della attività trasfusionale : la

disponibilità di plasma ed emoderivati fa parte delle imperative necessità terapeutiche in un vasto

ambito di patologie, congenite ed acquisite in ambito coagulativo, immunologico e rianimatorio,

senza le quali è preclusa la spettanza di vita a molti pazienti.

Con questo spirito nasce e si sviluppa negli anni ’80 in Italia ed in particolare modo in Veneto la

volontà di perseguire con decisione il raggiungimento della massima disponibilità possibile di

emoderivati nei singoli sistemi trasfusionali regionali.

Con questo spirito i Responsabili politici ed amministrativi di molte Regioni Italiane in

collaborazione con le Associazioni dei Donatori ed i medici trasfusionisti, sono andati

perfezionando nel tempo un modello di produzione e gestione del plasma e degli emoderivati,

ricercandone la maggior efficienza e la miglior efficacia.

La capacità di produzione, in questi anni, si è ampiamente perfezionata in termini di resa, di

qualità processo industriale e di garanzia di sicurezza, anche se il riferimento storico è sempre

puntato sulla procedura di Cohn e sulle tecnologie di inattivazione di patogeni contaminanti, che

risalgono a moltissimi anni fa.

Nuove opportunità tecnologiche si stanno aprendo, ora, sulle modalità di inattivazione, almeno per

patogeni con acido nucleico, in una fase storica in cui la preoccupazione per la presenza di fattori

che modificano proteine dei mammiferi induce una ulteriore non marginale preoccupazione

sanitaria.

Dai primi anni ’80, le esperienze di molte regioni con l’unica azienda di frazionamento disponibile

nel panorama industriale italiano hanno maturato la spinta ad un modello organizzativo

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interregionale che migliorasse sia gli aspetti produttivi e la fase gestionale delle disponibilità, sia

una più adeguata visione dell’appropriatezza terapeutica.

Sul finire degli anni ’90 alcune regioni, fra cui il Veneto, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia

Giulia, con il supporto dell’AVIS, hanno avviato l’ipotesi di un “consorzio” per

plasmaderivazione, creando una fra le prime esperienze nazionali di federalismo efficace, con

obiettivi espliciti e attuabili nel breve e medio periodo.

L’esperienza maturata dal 1999 ad oggi mostra già i primi risultati in termini di efficacia e

collaborazione (diapo 1):

a) la dimensione dell’originario nucleo di 6 realtà regionali si è ampliata a 10 regioni con la

prospettiva di includere attività anche con le FFAA dal prossimo anno; la dimensione è

quantificabile in varie maniere (diapo 2) : basterà ricordare che il conferimento del plasma è

pari a 210.000 litri di plasma per anno (circa i 2/5 dell’intero apporto nazionale);

b) la qualità del plasma è stata stabilita quale requisito irrinunciabile di partecipazione al

consorzio: viene infatti utilizzato esclusivamente plasma derivante da donatori volontari

periodici; questo standard rappresenta una ottima garanzia in termini di sicurezza e

standardizzazione del prodotto finale;

c) i livelli di autosufficienza dei quattro emoderivati di più largo consumo nel Veneto nel 2001

(diapo 3) oscilla fra l’86 e l’88% del fabbisogno, laddove alcune regioni risultano anche

eccedentarie; resta evidente che un miglior controllo degli emoderivati, ma soprattutto la

miglior opportunità terapeutica con prodotti di sintesi rendono conto del modesto gap alla

totale autosufficienza produttiva;

d) la regolazione gestionale del modello dell’accordo, sul piano dell’impegno delle risorse di

funzionamento, ha attuato la soluzione più “leggera” sotto il profilo dell’impegno delle risorse

amministrative, creando una felice e infrequente condizione in cui i costi di gestione sono

trascurabili rispetto al costo di produzione e al “fatturato” prodotto (diapo4); una recente

verifica commissionata ad una importante facoltà universitaria di economia ha riconosciuto nel

modello la migliore delle soluzioni organizzative;

e) la possibilità di un confronto continuo fra un organismo tecnico e scientifico (Gruppo di

Coordinamento), l’Amministratore pubblico e la ditta produttrice ha realizzato un costante

equilibrio costruito su programmazione, verifiche e negoziazioni; l’introduzione di regole

gestionali per la creazione del magazzino e per operare le compensazioni (diapo 5) ha favorito

un ulteriore sviluppo dell’accordo che fornirà vantaggi anche in termini di regolazione delle

improvvise carenze del mercato commerciale e di possibilità di interventi di solidarietà in

condizioni di calamità;

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f) l’esistenza di un circuito “pubblico” rispetto al mercato commerciale ha contribuito a dare un

miglior assetto produttivo complessivo, garantendo soprattutto una maggior uniformità di

costi: su questa materia particolarmente delicata, è di recente introduzione la decisione

dell’accordo interregionale di operare sulle “tariffe” o valore di scambio degli emoderivati,

anche per raffreddare il costo della spesa sanitaria, inducendo un meccanismo virtuoso sotto il

profilo economico (diapo 6);

g) la capacità negoziale del gruppo delle regioni ha aperto con la ditta un flusso di disponibilità

con maggiori rese produttive (e di conseguenza maggiori volumi di prodotto) (diapo 7), una

costante trasparenza in termini di tempi di produzione e consegna e una possibilità di

“reinvestimento” di vantaggi economici per migliorare la qualità organizzativa e, nel prossimo

periodo, anche la qualità del prodotto source (utilizzo dell’1%).

Esistono comunque ambiti di miglioramento che sono in fase di sviluppo (diapo 8):

1) la qualità del plasma rappresenta un obbligo di miglioramento (qualità del congelamento,

logistica di stoccaggio); anche se le possibilità di realizzazione sono essenzialmente

riconducibili a nuovi modelli organizzativi dei sistemi trasfusionali regionali;

2) la visibilità delle disponibilità e la semplificazione del percorso amministrativo, la completa

tracciabilità bidirezionale dal donatore al ricevente, il reporting in termini di contabilità

analitica, sono azioni riconducibili al nuovo modello informatico recentemente attivato in

termini di progettazione e realizzazione; anche in questo caso devono emergere nuove

concezioni organizzative del servizio trasfusionale a livello delle singole regioni;

3) l’adozione di linee guida condivise con le società scientifiche dei medici utilizzatori soprattutto

per un impiego appropriato di farmaci emoderivati: è in fase di attivazione una valutazione dei

consumi in rapporto con i DRG;

4) l’estensione del ventaglio dell’attuale offerta in modo da rendere più vantaggioso l’intero

processo di trasformazione del plasma: è auspicabile la rapida disponibilità di antitrombina III;

5) la possibilità di aprire il confronto con aziende europee, uscendo da una ingiustificata

condizione di monopolio, che condiziona la possibilità di gare fra più imprese, anche per

utilizzare le innovazioni tecnologiche presenti sul mercato : in questo senso, è particolarmente

attesa la modifica legislativa della normativa che regola l’attività trasfusionale italiana.

Complessivamente il quadro che emerge da questa esperienza risulta da un lato significativo per

capacità di innovazione, arricchimento scientifico e miglioramento sanitario, dall’altro gratificante

per la capacità di visione di sistema sanitario in equilibrio fra le componenti che lo promuovono: i

cittadini attraverso le organizzazioni di volontariato, gli utenti, la componente professionale e il

decisore politico.

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Dr. Dragoslav DomanovičMedico Trasfusionista

SISTEMA INFORMATICO NELL'ATTIVITA' TRASFUSIONALE

Introduzione

L’informatica è uno dei settori caratterizzati da uno sviluppo straordinario. Dai primi programmi

informatici semplici che offrivano solo una migliore conservazione dei dati, sono stati creati

sistemi informatici sofisticati per la gestione dei dati, detti anche sistemi informativi a sostegno

computerizzato. Questi ultimi sono composti da software e hardware che permettono la

conservazione, la riproduzione e il collegamento causa-effetto dei dati, la comunicazione diretta

con impianti a gestione microprocessuale, nonché con altri sistemi informatici, con i quali formano

delle reti. Oggi possiamo affermare che i sistemi computerizzati sono ben radicati nell’attività

trasfusionale, aprendosi velocemente spazi anche in altri segmenti del rifornimento del sangue.

Dapprima sono stati introdotti nelle banche del sangue e nei laboratori di trasfusione, per essere

poi addottati anche dagli utenti del sangue e dei suoi preparati negli ospedali. I sistemi informatici

locali possono essere collegati in reti a sostegno del rifornimento del sangue a livello nazionale e

regionale.

Con l’introduzione dei sistemi informatici nell’attività trasfusionale, migliorano essenzialmente la

sicurezza, la qualità, l’efficacia e l’efficienza di tutti gli anelli della catena trasfusionale, dalla

motivazione dei donatori a donare sangue, alla trasfusione dei preparati di sangue, ai pazienti.

Numerosi paesi hanno per questo motivo precisamente definito il posto e il ruolo dei sistemi

informatici nel raggiungimento degli obiettivi prefissi nei propri programmi nazionali di

rifornimento del sangue.

In passato, alcuni centri di trasfusione elaboravano e usavano programmi informatici propri,

mentre oggi decidono perlopiù per l’acquisto di software commerciale, venduto da imprese

specializzate (1).

Il sistema informatico nell’attività trasfusionale in Slovenia (2)

Nel 1983 è stato iniziato lo sviluppo di un sistema informatico proprio denominato DATEC,

applicato in prassi per la prima volta nel 1990 presso l’Istituto della Repubblica di Slovenia per la

trasfusione del sangue a Lubiana. Lo stesso anno, il collegio della Sezione trasfusionale della

Slovenia ha approvato la delibera di adottare il sistema informatico unitario DATEC in tutti i

reparti per la trasfusione del sangue in Slovenia. Negli anni 90, i sistemi informatici sono stati

introdotti praticamente in tutti i reparti di trasfusione, ad eccezione di un reparto di trasfusione

minore che non svolge tutte le attività di un reparto di trasfusione. Al contempo, DATEC è stato

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perfezionato e integrato con nuovi programmi. È stato prima elaborato il programma KAPLJA che

permetteva lo scambio informatico dei dati sui donatori di sangue con il sistema DATEC,

destinato agli organizzatori della Croce rossa come aiuto nell’espletamento delle attività inerenti

alla motivazione, al reclutamento, agli inviti e agli incentivi dei donatori di sangue. DATEC è stato

prodotto in versione avanzata con il programma per la prestazione di numerosi servizi di

laboratorio, dalle prove incrociate e ricerche di diagnostica prenatale ad altre ricerche sierologiche,

immunologico-molecolari e genetiche. Per ultimo abbiamo integrato DATEC per le necessità degli

esami di sangue centrali dei donatori per constatare la presenza del virus di Epatite C (HCV) con la

tecnica NAT (Nucleic Acid Testing), e questo programma sostiene completamente l’attuazione

delle prove NAT centrali, dalla logistica d’invio campioni alla comunicazione dei risultati.

Il sistema informatico DATEC è stato impostato sul server con la struttura PC nel sistema

operativo per la multiutenza SCO UNIX. I programmi sono stati formulati nella base dati

FoxBASE+ che rappresenta la versione avanzata della base Informix. Il sistema comprende le

unità operative, provviste di terminale video, stampante e lettore di codice a barre. Per i codici è

stato adottato il sistema Codabar, programmato specificamente per l’uso nella medicina

trasfusionale. Il sistema informatico presso ZTM è in sostanza raddoppiato per permettere una più

facile soluzione dei problemi in caso di collasso del computer. Il sistema è composto di terminali

operativi, collegati in rete e del PC che funge da terminale. I reparti di trasfusione hanno un ambito

di lavoro più ridotto e usano quindi la configurazione informatica senza raddoppiamento, con

conseguente minore numero di terminali. Il collegamento tra i sistemi informatici delle singole

unità di trasfusione avviene tramite la rete digitale ISDN. L’accesso non autorizzato ai dati è reso

impossibile dalle chiavi di identificazione a più livelli. Dal punto di vista tecnico, i dati sono

protetti con il sistema di campi disco (RAID), e inoltre con l’archiviazione cronologica dei dati in

un sistema informatico di riserva su cassetta. Il sistema è provvisto di alimentazione elettrica

automatica continua. In caso di black-out elettrico, il computer avvia la procedura per la

protezione dei dati e dei processi, prima dello spegnimento automatico.

Il sistema DATEC ha funzionato bene per più di 10 anni senza particolari complicazioni. Con

l’introduzione del sistema DATEC, la medicina trasfusionale slovena ha compiuto i primi passi

nell’introduzione di sistemi informatici nel settore della tutela sanitaria. Le esperienze acquisite, e

lo sviluppo del campo delle trasfusioni e della medicina in genere, dettano continui cambiamenti e

aggiustamenti in prassi; gli stessi hanno pertanto dimostrato che il sistema DATEC non riesce a

soddisfare tutte le necessità attuali e future. Per questo motivo abbiamo cercato di disegnare un

nuovo sistema proprio DATEKA, progetto in seguito abbandonato, perché abbiamo deciso di

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acquistare il sistema informatico commerciale MAK, prodotto dai francesi. Attualmente stiamo

introducendo il nuovo sistema in prassi.

L’introduzione di nuovi sistemi computerizzati nell’attività trasfusionale (3)

L’introduzione di nuovi sistemi computerizzati nell’attività trasfusionale comporta vari problemi

relativi all’installazione, all’uso e alla manutenzione del nuovo sistema. Per questo motivo alcune

associazioni di trasfusioni, come l’AABB, hanno impartito istruzioni sulle richieste per un

approccio razionale ai nuovi sistemi informatici computerizzati in prassi. L’approccio complesso

include alcune attività che vanno dalla definizione delle caratteristiche del sistema informatico,

dalla scelta del fornitore e per l’acquisto del sistema, all’impostazione dei parametri, alla gestione

e manutenzione delle modifiche del sistema e alla tutela dei dati.

La definizione delle caratteristiche del sistema informatico

Ogni ente di trasfusione deve definire da solo, quali caratteristiche funzionali del sistema

informatico corrispondono meglio alle sue necessità.

La scelta del fornitore e l’acquisto del sistema informatico

In base alle caratteristiche funzionali definite, scegliamo il programma informatico adatto.

Vengono coinvolti nel processo della scelta i dirigenti e i rappresentanti del personale che userà

direttamente il sistema informatico. La scelta del fornitore del sistema computerizzato è un’azione

estremamente importante, simile alla scelta di un partner d’affari a lungo termine per l’ente di

trasfusione, poiché il sistema informatico diventa parte integrante dell’intero processo operativo

dell’utente. Occorre un fornitore attivo e cooperativo del software, disposto a collaborare e

sostenere in modo attivo l’applicazione pratica del programma durante la fase introduttiva. Il

metodo migliore per identificare il fornitore è di parlare e consultare gli attuali clienti di un

determinato fornitore in merito alle loro esperienze con il programma, nonché con la

collaborazione del fornitore nella fase di introduzione del sistema. È bene indagare anche

sull’attività commerciale del potenziale fornitore per sceglierne uno che promette, in base alla

struttura finanziaria e generale dell’azienda, di offrire supporto al sistema almeno per alcuni anni.

Alla fine, bisogna verificare che il fornitore sia davvero un esperto nel settore in cui opera; questa

competenza si verifica meglio durante una visita del fornitore, anche ingaggiando un consulente

esperto nel settore informatico. Nell’acquisto del software si deve tenere conto dei consigli del

fornitore.

L’impostazione dei parametri del sistema

Impostare i parametri del sistema significa adattare i programmi informatici ai nostri bisogni, alla

dottrina professionale, alle richieste di qualità e alle disposizioni di legge, nonché alle peculiarità

locali come ad esempio le unità di misura. L’impostazione dei parametri viene effettuata dai

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cosiddetti super-utenti (super-users) autorizzati, i quali inseriscono nel computer tutti i dati

necessari e gli elenchi dei codici (dizionari), fissando inoltre i collegamenti causali tra i dati.

L’applicazione del sistema nel processo operativo

L’introduzione al funzionamento nel processo operativo avviene in modo ottimale lavorando sul

programma di prova con preparati di sangue e campioni di prova. In questo modo si conosce il

sistema ed è possibile fare una revisione e apportare eventuali modifiche delle nostre procedure e

della dottrina o chiedere al produttore di adattare il programma alle nostre condizioni di lavoro e

alla nostra normativa. Tutte le modifiche vengono documentate; ci prepariamo quindi

all’abilitazione del personale. Il programma di abilitazione deve includere un esame dell’intero

sistema, la spiegazione dei singoli programmi operativi, l’esame delle possibilità per gli utenti e

l’introduzione della documentazione referenziale sul funzionamento del sistema (configurazione e

caratteristiche tecniche dell’attrezzatura, descrizioni delle singole applicazioni informatiche e delle

opzioni impostate dall’utente, la segnalazione di errori, l’eliminazione degli stessi e inoltre la

descrizione del funzionamento e dell’organizzazione delle basi dati).

La convalida del sistema

Con la convalida si cerca di ottenere prove scritte dell’effettivo funzionamento del sistema

informatico secondo le previsioni. La convalida viene fatta con le prove del funzionamento del

sistema con l’applicazione di vari metodi e di varie condizioni. Sono vari gli approcci alla

convalida, rimane comunque essenziale provare l’intero sistema informatico dall’hardware e dal

software alle procedure. L’utente del sistema informatico sceglie da solo le modalità e l’ambito

della prova, definendo il piano della convalida. La convalida permette di verificare il

funzionamento del sistema informatico, sia per quanto attiene all’inserimento dei dati normali e

anormali, sia di quelli non validi. Bisogna dimostrare che il sistema elabora correttamente i dati

validi, ma anche che non elabora nel modo erroneo quelli non validi. Anche la convalida è più

facile, se viene effettuata sul programma di prova che permette di creare varie situazioni, dai

semplici scambi alla dimostrazione del collasso del sistema; l’enfasi maggiore viene posta sulla

valutazione dei programmi applicativi, dei processi e delle procedure operative, dei segnali

d’allarme, delle modalità di inserimento dati, dell’archiviazione e riproduzione dei dati nonché

della loro visualizzazione sui monitor e della stampa. Gli esiti delle prove di convalida devono

essere documentati dall'idoneità.

Monitoraggio del sistema

Simultaneamente all’introduzione del sistema informatico, il personale incaricato per

l’introduzione deve monitorare il funzionamento del sistema, annotando e comunicando al

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fornitore gli eventuali errori e imperfezioni (“bugs”). Le consultazioni e i consigli dell’addetto alla

manutenzione del sistema informatico locale si rendono insostituibili in questo processo.

Gestione e manutenzione delle modifiche del sistema

In caso di errori constatati o durante l’introduzione di particolari modifiche del sistema

informatico, occorre documentazione scritta sulle modifiche, apportate al sistema esistente,

comprendente i seguenti dati:

- chi ha esaminato e approvato la modifica;

- quale programma è stato modificato;

- effetti e conseguenze delle modifiche sul funzionamento del programma;

- risultati delle prove di convalida eseguite in seguito alla modifica.

Conservazione dei dati

Bisogna definire con precisione le procedure di archiviazione e di conservazione dei dati, le

procedure in caso di collasso duraturo del sistema (lavoro manuale) e la tutela dell’accesso ai dati

con il sistema delle chiavi di identificazione.

Prima di cominciare ad usare il sistema in prassi, occorre nominare il capo del sistema informatico

(4), il quale sarà incaricato per la manutenzione del sistema, per le procedure di sicurezza, per le

riconvalide periodiche e per l’elaborazione delle procedure operative standard (POS). Per

l’introduzione e l’ulteriore lavoro con sistemi informatici, dobbiamo elaborare il POS per

l’integrazione del sistema informatico, per le procedure operative collegate con il funzionamento

del sistema informatico, per l’esecuzione manuale delle procedure e per l’archiviazione dei dati,

per le azioni da adottare in caso di sinistri o errori e l’avvio e lo spegnimento del computer.

Conclusione

Il sistema informativo a supporto computerizzato rappresenta un fattore importante per garantire la

sicurezza e la qualità dei preparati di sangue, e per aumentare l’efficienza e l’efficacia nell’attività

trasfusionale. Attenersi alle istruzioni generiche per l’introduzione di questi sistemi nella prassi,

permette di evitare problemi e complicazioni che sovente accompagnano questo processo.