La disciplina dei licenziamenti e delle dimissioni dopo la ... · ove il rapporto di lavoro...

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La disciplina dei licenziamenti e delle dimissioni dopo la Riforma del Lavoro A cura di Luca Caratti Consulente del Lavoro in Vercelli

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La disciplina dei licenziamenti e delle dimissioni dopo la Riforma

del Lavoro

A cura di Luca Caratti

Consulente del Lavoro in Vercelli

Il recesso

ll recesso può essere definito come la manifestazione di volontà con cui una delle parti produce lo scioglimento totale o parziale del rapporto giuridico di origine contrattuale.

dimissioni

Giusta causa “Giustificato

motivo”

Contrasto dimissioni in bianco

Dimissioni in bianco

• Viene esteso il periodo durante il quale le dimissioni o la risoluzione consensuale della lavoratrice o del lavoratore, in seguito a nascita di un figlio o accoglienza, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Min.Lav (da uno a tre anni)

Dimissioni in bianco

• Al di fuori dei casi previsti da art.55 c.4 dlgs 151/01, previste due modalità di convalida di dimissioni o risoluzione consensuale (la risoluzione è sospesa): • Convalida presso serv.isp.Min.Lav. • Sottoscrizione dichiarazione in calce alla

ricevuta telematica di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro che il datore è già tenuto ad inviare al Centro per l’Impiego

Decreto non regolamentare MLPS entro 30 giorni

Dimissioni in bianco

Nel caso in cui il datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l’invito entro il termine di trenta giorni dalla data di dimissioni e della risoluzione consensuale le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.

Dimissioni in bianco

•Nel caso in cui il lavoratore non proceda alla convalida e non aderisca all’invito del datore di lavoro di recarsi presso MLPS entro sette giorni le dimissioni si considerano efficaci a meno che lav.contesti efficacia nei medesimi 7 giorni.

•In mancanza di convalida o sottoscrizione dichiarazione: dimissioni prive di effetto

la comunicazione contenente l’invito, cui deve essere allegata copia della ricevuta di trasmissione dell’unilav, è recapitata al domicilio del lavoratore o consegnata a mano.

Dimissioni in bianco

•Nel caso in cui venisse accertato l’abuso delle c.d. dimissioni in bianco: sanzione amministrativa da 5000 a 30000€

Criticità: l’estensione a tutte le tipologie di dimissioni o risoluzione consensuale rischia di creare un elevato contenzioso in ordine alla certezza dell’interruzione del rapporto di lavoro

Problema…..

l lavoratore che si dimette durante il primo anno di vita del bambino e che non ha usufruito del congedo di paternità, non può invocare l’invalidità delle dimissioni stesse, adducendo che non vi era stata la convalida parte della competente DPL, a norma dell’art. 55, comma 4°, del d. Igs. 151/2001. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 11 luglio 2012, n. 11676. E’, per principio ermeneutico, applicabile anche post 18 luglio 2012????

I licenziamenti

Il licenziamento • individuale • collettivo

Il licenziamento individuale. Evoluzione storica dell'istituto.

• La disciplina del recesso riflette i profondi cambiamenti intervenuti nella considerazione sociale del lavoro e, più in generale, nei concetti di libertà e uguaglianza.

• In origine la materia era affrontata nel quadro di una filosofia puramente liberale : le parti del rapporto così come avevano piena liberà di costituire il rapporto, disponevano in piena autonomia della sua cessazione.

• IL principio della libera recedibilità (sancito dall'art. 1628 del c.c. del 1865)

considerato per molto tempo una conquista di civiltà giuridica; rappresentava l’emancipazione del lavoratore - considerato nella condizione astratta di libero contraente - dai vincoli feudali tendenzialmente perpetui.

Il recesso ad nutum

• art. 2118 c.c. – “ Ciascuno dei contraenti può recedere dal

contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti…”

• L’istituto del recesso ispirato alla ideologia del pari significato

giuridico dell'atto di dimissioni e del licenziamento. • Il recesso come strumento per estinguere il rapporto di durata

indefinita, in omaggio al principio della temporaneità dei rapporti obbligatori).

L’indennità di recesso (il 2° comma dell’art. 2118 cc)

• La ratio dell’istituto: rendere morbida, se non indolore, l’interruzione del rapporto.

• La prassi e poi la legge hanno introdotto l'uso di corrispondere una indennità sostitutiva del preavviso lavorato; tale indennità può essere considerata l'equivalente monetario che ogni datore di lavoro paga per ottenere l'estinzione del rapporto di lavoro senza dover attendere il decorso del periodo di preavviso.

• una sorta di arrotondamento economico delle spettanze del lavoratore allorché il rapporto si estingue

• In sintesi: il recesso ad nutum concede al datore di lavoro il potere di porre in esser un atto

negoziale che pone fine al rapporto di lavoro, senza che il recedente debba dar conto dei motivi della decisione che pertanto rimangono e insindacabili.

La tendenza comune però…….

l'evoluzione della disciplina del licenziamento è andata nel senso della riduzione della libera recedibilità da rango di principio generale pervasivo, ad eccezione limitata ad numero infimo e poco rilevante di rapporti di lavoro.

L’ ordinamento italiano:

• La legge 604 del 66 (modificata dalla L.n.108/90) e poi l'art. 18 dello statuto modificano la disciplina costitutiva del licenziamento fissando i requisiti di liceità e/o di validità allo scopo: – di selezionare le ipotesi di estinzione legittima del

rapporto per iniziativa del datore

– sottoporre il giudizio di legittimità al controllo

della giurisdizione ordinaria.

Conseguenze della “correzione” del principio del recesso ad nutum

• Il licenziamento entra a far parte della categoria del recesso vincolato: la legge del 1966 generalizza il principio già contenuto nell'art. 2119 c.c. della giustificatezza e quindi dell'obbligo di motivazione, previsto in quella norma non per tutelare l'interesse del lavoratore alla conservazione del rapporto di

lavoro, bensì al godimento del preavviso.

La disciplina del licenziamento oggi: due tipologie di normative

I LIMITI SOSTANZIALI

(quando si può legittimamente licenziare?)

Giusta causa e giustificato

motivo I RIMEDI (quali sono le conseguenze

del licenziamento illegittimo?)

Risarcimento o reintegra nel posto di lavoro

Obbligo motivazionale

L’inizio del percorso del licenziamento individuale parte inevitabilmente da: Comunicazione del licenziamento già comprensiva dei motivi. Art. 1 L.n. 604/1966

Obiettivo:

Le ragioni poste a base del provvedimento

La Riforma del Lavoro (L. n. 92/2012) pone particolare attenzione alle originarie e reali motivazioni del licenziamento per cui impone di prevedere nella comunicazione del licenziamento anche la motivazione anche al fine di rendere più tempestiva e celere l’eventuale azione del lavoratore. Sullo stesso piano si pone l’accorciamento dei termini di decadenza per dare inizio al processo o al giudizio arbitrale da 270 a 180.

Quando si può legittimamente licenziare?

Ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, della legge 604/1966[1] e salvi i pochi casi di libera recedibilità il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore se non in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo o di giustificatezza (nel caso di dirigente). Quindi il licenziamento è possibile in caso di 1) giusta causa 2) giustificato motivo 2.1. soggettivo 2.2. oggettivo 4) libera recedibilità (laddove permessa), ovvero “giustificatezza”, per i dirigenti [1] L’art. 1 della legge n. 604/1966 statuisce che “nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercorrente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilità non sia assicurata da norma di legge, di regolamento o di contratto collettivo o individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può che avvenire per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. o per giustificato motivo"

Il principio della causalità del recesso

• Giusta causa – gravissimo inadempimento delle obbligazioni

contrattuali oppure comportamenti che fanno venir meno il rapporto fiduciario : non consente la continuazione neppure provvisoria del rapporto

• Giustificato motivo – Soggettivo (notevole inadempimento degli obblighi contrattuali: preavviso o

indennità sostitutiva) differenza quantitativa con la giusta causa – Oggettivo (ragioni attinenti alla attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al

regolare funzionamento di essa)

PREAVVISO focus!

PREAVVISO

Il datore di lavoro all'atto del licenziamento per giustificato motivo ha l'obbligo - a norma dell'art. 2118, cod. civ. - di dare un periodo di preavviso, mentre ciò non è previsto per i casi di licenziamento per giusta causa .

RINUNCIA AL PREAVVISO• La prevalente giurisprudenza ha ritenuto legittime le norme collettive che

consentono alla parte non recedente (lavoratore in caso di licenziamento, datore di lavoro in caso di dimissioni) di rinunciare allo svolgimento del periodo di preavviso senza, con ciò, essere tenuta a corrispondere alla controparte la relativa indennità sostitutiva[1].

• Rispetto invece alla potestà a favore di chi recede di scegliere unilateralmente la monetizzazione del mancato preavviso attraverso la prevista indennità sostitutiva esiste un fronte di giurisprudenza teso a negare tale potere esigendo l’accettazione della parte non recedente (c.d. efficacia reale del preavviso)

[1] Va da sé, in ogni caso, che il lavoratore e il datore di lavoro possono sempre, stipulando apposito accordo individuale, derogare alle disposizioni collettive e stabilire che la parte non recedente che rinuncia allo svolgimento del periodo di preavviso debba corrispondere alla parte recedente la relativa indennità sostitutiva.

Cass. sent. 19/12/2013, n. 28429

La facoltà di recedere con effetto immediato da un contratto a tempo indeterminato, comporta la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso.

Efficacia obbligatoria e non reale del preavviso!!

SOSPENSIONE DEL PREAVVISO

La decorrenza del periodo di preavviso è sospesa qualora intervenga, durante il periodo stesso, una causa di sospensione del rapporto di lavoro, come ad esempio malattia e infortunio.

MOMENTO ESTINTIVO

Il rapporto di lavoro si estingue allo spirare del termine del preavviso.

Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito,

ove il rapporto di lavoro prosegua oltre la scadenza del periodo di preavviso, l'atto di recesso diviene inefficace.

Ne discende che ai fini dell'estinzione del rapporto di

lavoro occorre un nuovo atto di recesso - intimabile ovviamente semprechè permangano i presupposti legittimanti ed il decorso di un nuovo periodo di preavviso.

Il licenziamento • disciplinare • economico

Il licenziamento disciplinare

Premessa: Ferma restando l’applicabilità, per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’art. 7 della Legge 300/1970

LA GIUSTA CAUSA

Licenziamento per giusta causa Ai sensi di quanto previsto dall’art. 2119, cod. civ., il datore di lavoro può recedere dal contratto di lavoro senza preavviso nel momento in cui si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto.

Nozione di giusta causa Secondo la nozione elaborata dalla giurisprudenza costituisce giusta causa di licenziamento ogni fatto o comportamento - anche diverso dall'inadempimento contrattuale - obiettivamente idoneo a far venir meno il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore che costituisce il presupposto essenziale della collaborazione e, quindi, della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato.

Analisi del caso concreto per accertare la giusta causa

• Ai fini dell'accertamento della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, la giurisprudenza ha escluso la possibilità di un giudizio in astratto circa l'idoneità del fatto contestato al lavoratore ad incidere sul vincolo fiduciario del rapporto di lavoro.

• La Cassazione ha infatti stabilito che occorre valutare, caso per caso, la

qualità del rapporto intercorso tra le parti (a seconda dell'inquadramento e delle mansioni affidate al lavoratore) e lo specifico comportamento posto in essere dal dipendente (a seconda della sua gravità e della sussistenza dell'elemento doloso o colposo dell'agente).

• In effetti un fatto può incidere irreparabilmente sul vincolo fiduciario se

imputabile ad un impiegato con funzioni direttive, può risultare meno grave se commesso da un addetto alle pulizie, per il quale tale vincolo non è di regola altrettanto intenso.

Rilevanza di fatti estranei all'attività lavorativa

• Sempre secondo la giurisprudenza i comportamenti del lavoratore estranei all'attività lavorativa possono costituire giusta causa di licenziamento solo se - per la loro natura e gravità - evidenziano obiettivamente l'inaffidabilità professionale del lavoratore a svolgere le specifiche mansioni alle quali è stato assegnato. (Cass. 27/12/1999, n. 14567; Cass. 22/05/1995, n. 5742; Cass. 22/03/1994, n. 2715).

• In altri termini, può riscontrarsi una giusta causa di licenziamento anche in un evento extra – lavorativo, laddove quest’ultimo – in relazione alla natura e alla qualità del rapporto, al livello di affidamento che esso richiede e al tipo di mansioni – sia in grado di riflettersi negativamente sulle attitudini professionali del lavoratore (Cass. 27/01/2004 n. 1475; Cass. 10/12/2002, n. 17562; Cass. 27/08/2002, n. 12577; Cass. 26/05/2001, n. 7192).

Esempio• Nella fattispecie, un assistente di volo è stato trovato, al ritorno da un

volo internazionale, in possesso di modica quantità di stupefacente, e i giudici di merito avevano ritenuto non sussistere una giusta causa di risoluzione del rapporto. La Corte ha cassato la sentenza di merito poiché non aveva tenuto conto: della delicatezza delle funzioni affidate al soggetto; dei profili di grave pericolo per la incolumità dei passeggeri; dell'esigenza di continua attenzione da prestarsi nell'esercizio delle mansioni; della responsabilità aggravata dell'azienda per eventuali accadimenti negativi conseguenti a tale situazione; della immanente lesività dell'immagine della società e anche del danno in concreto alla stessa cagionato dal dipendente, posto che a costui, in conseguenza del fatto, fu ritirato il tesserino di accesso ai locali doganali ed aeroportuali; della strumentalizzazione del rapporto di dipendenza e del servizio per l'approvvigionamento della droga

• Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 1998, n. 3270

GIUSTA CAUSA (2119 c.c.)

…se, con riferimento alla specifica prestazione, sono in grado di alterare il vincolo fiduciario…

…senza considerare l’entità del danno patrimoniale…

…e a prescindere da ogni rilievo del parallelo giudizio penale

Rilievo di fatti estranei al rapporto…

Sulla tenuità o meno del danno provocato dal lavoratore

• Ai fini della concreta individuazione delle fattispecie che possono dar

luogo a giusta causa di licenziamento, stante l’assenza di una elencazione specifica e tipologica contenuta nell’art.2119 cod.civ., ha sopperito la contrattazione collettiva la quale ha proceduto ad una tipizzazione di tali ipotesi.

• Resta il dubbio però se il giudice, qualora chiamato a valutare la legittimità del licenziamento, debba limitarsi a recepire le disposizioni del CCNL oppure se possa verificare la corrispondenza tra le ipotesi tipizzate contrattualmente e la definizione legale di giusta causa.

…il giudice….tiene conto!

IL PRINCIPIO

Nel caso di licenziamento per giusta causa, viene in considerazione non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale (rilevanti in sede penale), ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscett ibi le di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento - in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti

Non si considera giusta causa:

1)Imperizia tecnica

2)Incapacità del lavoratore

3)Fallimento dell’imprenditore

Si considera giusta causa:1) Simulazione di malattia

2) Minacce rivolte dal lavoratore ai superiori o datore di lavoro

3) Impedire ad un dirigente uscita dallo stabilimento

4) Abbandono del posto di lavoro da cui possa derivare pregiudizio

all’incolumità delle persone/sicurezza impianti

5) Sottrazione di documenti aziendali riservati

Onere della prova

Ovviamente, l’'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro. (art. 5, Legge n. 604/1966).

La valutazione “in concreto” • Nel caso di giusta causa o giustificato motivo soggettivo di

licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, ed in particolare dell'elemento della fiducia, che deve continuamente sussistere tra le parti; la valutazione relativa alla sussistenza del conseguente impedimento della prosecuzione del rapporto deve essere operata con riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del suo verificarsi, e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto che su di esso possa incidere negativamente.

Il licenziamento disciplinare

• Oggi il licenziamento per g.c. viene considerato dalla giurisprudenza ontologicamente disciplinare:

Vengono pertanto applicate le garanzie procedurali ex art. 7 L. n. 300/1970

Il problema del licenziamento disciplinare

• L’art. 7 dello Statuto

•Le norme disciplinari relative alle infrazioni e alle relative sanzioni devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti

•Il datore non può irrogare sanzioni senza aver preventivamente contestato l’addebito al lavoratore e averlo sentito a sua difesa

•Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale

Queste disposizioni si applicano al licenziamento Disciplinare

ovvero Il licenziamento

è una sanzione disciplinare

Esempi:

• L'aperta contestazione di direttive aziendali - specialmente se accompagnata da modalità comportamentali dirette a contestare pubblicamente il potere direttivo del datore di lavoro - configura una violazione del disposto dell'art. 2104, secondo comma, cod. civ. suscettibile di legittimare il licenziamento del lavoratore.

• Cass. n. 1752/2000

Esempi:• Eccesso di critica. Cass. n. 10511/98 Le opinioni espresse dal lavoratore

dipendente, anche se vivacemente critiche nei confronti del proprio datore di lavoro, specie nell'esercizio dei diritti sindacali, non possono costituire giusta causa di licenziamento, in quanto espressione di diritti costituzionalmente garantiti o, quanto meno, di una libertà di critica. Peraltro, qualora il comportamento si traduca in un atto illecito, quale l'ingiuria o la diffamazione, o comunque in una condotta manifestamente riprovevole può riscontrarsi, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo, quella gravità necessaria e sufficiente a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario, così da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (nel caso di specie la S.C. ha ritenuto incensurabile la decisione del giudice di merito in ordine alla sussistenza della giusta causa di licenziamento, con riferimento alla diffusione ad organi di stampa di notizie lesive dell'onore e della reputazione del datore di lavoro risultate prive di fondamento).

Esempi:Cassazione ha stabilito (n. 29008/08) che : L'esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro, con modalità tali che, superando i limiti del rispetto della verità oggettiva, si traducono in una condotta lesiva del decoro dell'impresa datoriale, suscettibile di provocare con la caduta della sua immagine anche un danno economico in termini di perdita di commesse e di occasioni di lavoro, è comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, integrando la violazione del dovere scaturente dall'art. 2105 cod. civ., e può costituire giusta causa di licenziamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la legittimità del licenziamento irrogato ad un proprio dipendente da una impresa che svolgeva servizio di smaltimento rifiuti, per aver costui reso affermazioni - come privato cittadino in tre distinte assemblee pubbliche, con successiva ampia eco sulla stampa locale - ritenute gravemente lesive dell'immagine e del prestigio dell'azienda datrice di lavoro, in quanto si assumeva che questa non aveva inviato del materiale derivante dalla raccolta differenziata al recupero, al riciclaggio e allo smaltimento differenziato, ma l'aveva destinato all'inceneritore).

Esempi:• In una sentenza il Tribunale di Roma (sentenza del 14.6.2007) ha

ritenuto legittimo il licenziamento irrogato ad un lavoratore per aver inviato al dirigente della società datrice di lavoro una lettera anonima contenente minacce del tipo ““adesso so dove abiti, visto che ti piace rovinare le persone per i tuoi interessi…non avendo più niente da perdere, sappi che la prossima è per te”. Alla lettera era allegata una pallottola calibro 12. Nel caso di specie il Tribunale ha analizzato anche la problematica della possibilità o meno per l’imprenditore di effettuare indagini e perizie grafologiche prima di elevare la contestazione e senza incorrere nella violazione del diritto di difesa.

…segue….:

• Sul punto il Tribunale ha sottolineato come la Suprema Corte (v. sent. n. 12027/03), in materia di licenziamenti disciplinari, abbia costantemente affermato la legittimità delle indagini preliminari del datore di lavoro - volte ad acquisire elementi di giudizio necessari per verificare la configurabilità (o meno) di un illecito disciplinare e per identificarne il responsabile - purché all'esito delle stesse il datore proceda (ai sensi dell'art. 7, secondo e terzo comma, della legge n. 300 del 1970) alla rituale contestazione dell'addebito, con possibilità per il lavoratore di difendersi.

Esempi• Con sentenza del 26.6.2008 il Tribunale di Aosta ha respinto il ricorso

presentato da un lavoratore avverso il licenziamento per GC irrogatogli per aver “offeso gravemente un collega di lavoro, indirizzandogli epiteti discriminatori e razzisti”. Invero, era risultato pacifico che il ricorrente al termine del turno di lavoro notturno, compilando il consueto rapporto sulla produzione, aveva apposto – nello spazio riservato ai nominativi dei lavoratori presenti nel turno – oltre all’abbreviazione del proprio nome (“MIC”), il termine “NEGER” (successivamente cancellato con tratti di penna, ma tuttora leggibile) ad indicare il collega di nazionalità marocchina.

• Ritenuta sussistente l’evidente offensività del termine usato - appartenente ad un linguaggio discriminatorio e razzista-, il Giudice ha confermato la legittimità del licenziamento per GC.

IL GIUSTIFICATO MOTIVO

LEGGE 15 LUGLIO 1966 N. 604 ART. 3

•Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO

SOGGETTIVO

CONDIZIONI

• INADEMPIMENTO COSTITUITO DA FATTI ATTINENTI IL RAPPORTO CONTRATTUALE.

• INDADEMPIMENTO NOTEVOLE.

• I N A D E M P I M E N T O D O V U T O A C O L P A D E L LAVORATORE.

•La condotta del lavoratore deve essere valutata nel suo contenuto obbiettivo, con specifico riferimento alla natura e alla qualita’ del rapporto, al particolare vincolo di fiducia , al grado di affidamento richiesto per le mansioni ricoperte, nonchè alla sua pretesa soggettiva in relazione alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi che l’hanno determinato

E all’intensita’ dell’elemento volitivo, che deve essere riferito anche nell’ambito della relazione lavorativa E non ai soli profili meramente interiori.

(Corte di cassazione 12 aprile 2010 n. 8641)

•La previsione da parte delle contrattazione collettiva della recidiva in successive mancanze disciplinari come ipotesi di giustificato motivo di licenziamento non esclude il potere del giudice di valutare la gravità in concreto dei singoli fatti addebitati, ancorché connotati dal la recidiva, ai f ini del l 'accertamento del la proporzionalità della sanzione espulsiva. • (Corte di Cassazione 2 luglio 1992 n. 8098)

IPOTESI DI LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO

LICENZIAMENTO PER MOTIVI ATTINENTI LE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLA

PRESTAZIONE

Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, la dipendenza da alcol non è di per sé motivo sufficiente a far venir meno la fiducia del datore di lavoro, essendo necessario accertare di volta in volta la condotta del dipendente, nella concretezza dello svolgimento del

rapporto. (Corte di Cassazione 17 giugno 2010 n. 36)

SCARSO RENDIMENTO DEL LAVORATORE

•Nel licenziamento per scarso rendimento del lavoratore, rientrante nel tipo del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro-cui spetta l’onere della prova- non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità, ma deve anche provare che la causa di esso derivi da colpevole negligente inadempimento degli obbl ighi contrattual i da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale posizione.

(Corte di Cassazione 17 settembre 2009 n. 20050)

La Cassazione, nel pronunciarsi in ordine al licenziamento intimato per scarso rendimento, ha ripetutamente affermato che lo stesso deve ritenersi legittimo quando risulti provato, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, “una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, ed a lui imputabile, in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferito ad una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente da una soglia minima di produzione” (v. Cass., 22.2.2006 n. 3876)

•E’ illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia risultato provato, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente - ed a lui imputabile - in conseguenza all’enorme sproporzione tra gli obbiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardi al confronto dei risultati globali tra i vari lavoratori ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione. • (Corte di Cassazione 22 gennaio 2009 n. 1632)

•Anche nel caso di inserimento nel contratto, di una clausola di rendimento minimo, il datore ha l’onere di dimostrare oltre all’effettivo rendimento inferiore anche che lo stesso derivi da comportamento negligente del lavoratore stesso. • (Corte di Cassazione 27 marzo 1987)

•Clausola di rendimento minimo: Benché il lavoratore subordinato non sia tenuto a a garantire al datore di lavoro un determinato risultato, essendo invece obbligato ad effettuare la prestazione lavorativa usando la diligenza richiesta dalla natura dell’attività assegnatagli e osservando le disposizione impartitegli, tuttavia può assumere rilevanza anche il risultato della prestazione stessa mediante l’inserimento nel contratto di lavoro di tale clausola, la quale conferisce importanza alla valutazione in concreto della giusta causa ma, non è autonomo meccanismo di risoluzione del rapporto.

INCIDENZA DEI FATTI INERENTI ALLA VITA PRIVATA

In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza delle sanzioni all’illecito commesso-rimesso al giudice di merito- si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto.

L’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solo in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto.

(Corte di Cassazione 22 marzo 2010 n. 6848)

•E’ illegittimo, in quanto privo di motivazione, il licenziamento intimato per il timore che la presenza in organico di un lavoratore possa comportare, a causa di rapporti privati fuori dall’ambiente di lavoro, possa comportare un danno all’immagine della società presso la quale lo stesso svolge diligentemente la propria attività lavorativa. • (Tribunale di Locri 21 dicembre 2002)

•Qualora il comportamento posto in essere dal lavoratore integri un’ipotesi di reato, la valutazione della gravità di tale comportamento, ai fini della sussistenza della giusta causa che giustifica il licenziamento, ha carattere del tutto autonomo rispetto a quella concernente la gravità del reato, poiché la valutazione sulla sussistenza o meno della giusta causa va compiuta esclusivamente in base all’art. 2119 c.c. • (Corte di Cassazione 17 giugno 2010 n. 43)

Le conseguenze del licenziamento illegittimo

LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI

(Art. 18 c. 1) Sono discriminatori i licenziamenti: ▪ determinati da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza a un

sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali (art. 4, L. 604/66); ▪ diretti a fini di discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua, di

sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (art. 15, L. n. 300/70, come modificato dal D. Lgs. n. 216/2003).

Sono equiparati ai licenziamenti discriminatori – quanto al regime sanzionatorio – i licenziamenti: ▪ intimati dal momento della richiesta di pubblicazioni del matrimonio sino a un

anno dopo la celebrazione del medesimo (art. 35, D. Lgs. n. 198/2006); ▪ intimati dall’inizio della gravidanza della lavoratrice fino al compimento di un anno

di età del bambino, o causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore (art. 54, commi 1, 6, 9, D. Lgs. n. 151/2001);

▪ determinati da un motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 c.c.

LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI (Sanzioni - art. 18 c. 1 e 2)

NULLITÀ DEL LICENZIAMENTO Il Giudice condanna il datore di lavoro: ➢ alla reintegrazione del lavoratore (anche dirigente) nel posto di lavoro,

indipendentemente dalla motivazione adottata e dal numero di dipendenti occupati in azienda.

➢ al risarcimento del danno a favore del lavoratore pari a un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dalla data del licenziamento fino a quella di effettiva reintegra, dedotto l’aliunde perceptum. Tale indennità non potrà comunque essere inferiore alle 5 mensilità.

➢ al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo d’illegittima estromissione dall’azienda.

REINTEGRAZIONE “FORTE”

A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo che non abbia richiesto il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegra.

LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI

Art. 18 c. 1

INDENNITÀ pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto

in luogo della REINTEGRAZIONE

FERMO RESTANDO IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO

➢ L’ESERCIZIO DA PARTE DEL LAVORATORE DELL’OPZIONE DETERMINA LA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO;

➢ LA RICHIESTA DEVE ESSERE EFFETTUATA ENTRO 30 GIORNI DALLA COMUNICAZIONE DEL DEPOSITO DELLA SENTENZA O DALL’INVITO DEL DATORE DI LAVORO DI RIPRENDERE SERVIZIO SE ANTERIORE ALLA PREDETTA COMUNICAZIONE.

➢ SULL’INDENNITÀ IL DATORE DI LAVORO NON DEVE VERSARE I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI.

LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI (art. 18 c. 3)

FACOLTÀ DI OPZIONE DEL LAVORATORE

Licenziamento intimato oralmente è inefficace

LICENZIAMENTO ORALE (art. 18, c. 1)

Si applica il regime sanzionatorio previsto per i licenziamenti discriminatori

REINTEGRAZIONE “FORTE”

Licenziamento comminato per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE (art. 18, c. 4)

IN CASO DI SUA ILLEGITTIMITA’ DUE REGIMI SANZIONATORI DIFFERENTI

reintegrazione e

indennità REINTEGRAZIONE

“ATTENUATA”

Solo indennità

A B

b. 1 in caso di vizio sostanziale del licenziamento

b. 2 in caso di vizio formale

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Regime sanzionatorio A - art. 18, c. 4

Reintegra “attenuata”

Se, in corso di giudizio, il Giudice del Lavoro accerta che: ➢ il fatto contestato non sussiste; ➢ il fatto contestato al lavoratore si è verificato ma rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili, annulla il licenziamento e applica il regime sanzionatorio che, per comodità, sarà di seguito definito di reintegrazione “attenuata” e consiste

▪ nella reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro; ▪ nel pagamento, a favore del dipendente, di un’indennità risarcitoria commisurata

all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello di effettiva reintegra, dedotto: (i) l’aliunde perceptum, (ii) nonché – secondo l’apprezzamento del giudice – quanto avrebbe potuto percepire il lavoratore dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. L’indennità non potrà comunque eccedere le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (per questo parliamo di reintegra “attenuata”).

▪ nel versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro illegittimamente risolto e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Regime sanzionatorio A – art. 18, c. 4

Reintegra “attenuata”

A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Regime sanzionatorio A - art. 18, c. 4

IL LAVORATORE POTRÀ SEMPRE SCEGLIERE, IN LUOGO ALLA REINTEGRAZIONE, LA CORRESPONSIONE DI UN’INDENNITÀ PARI A 15 MENSILITÀ DELL’ULTIMA RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO, FERMO RESTANDO IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO.

➢ L’ESERCIZIO DA PARTE DEL LAVORATORE DELL’OPZIONE DETERMINA LA

RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO; ➢ SULL’INDENNITÀ IL DATORE DI LAVORO NON DEVE VERSARE I CONTRIBUTI

PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Regime sanzionatorio A - art. 18, c. 4

Opzione in luogo della reintegra

Nelle altre ipotesi in cui si accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa

addotti dal datore di lavoro

il Giudice 1. dichiara RISOLTO il rapporto di lavoro con effetto dalla data del

licenziamento; 2. condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria

omnicomprensiva compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Regime sanzionatorio B.1 – art. 18 c. 5

Sola indennità

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Vizi procedurali nell’irrogazione del licenziamento

Regime sanzionatorio B.2 – art. 18, c. 6Sola indennità

Licenziamento dichiarato inefficace per violazione dei requisiti di motivazione di cui all’art. 2, c. 2, della L. n. 604/66 o della procedura disciplinare di cui all’art. 7 L. n. 300/70, il giudice: ➢ dichiara risolto il rapporto alla data del licenziamento; ➢ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria

omnicomprensiva compresa tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, a meno che il Giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica le tutele di cui ai regimi sanzionatori A (reintegrazione “attenuata”) o B.1 (sola indennità).

➢ la quantificazione dell’indennità risarcitoria è determinata dal Giudice tenendo conto della gravità della condotta del lavoratore ed alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO

OGGETTIVO

CONDIZIONI

• LEGATO A RAGIONI INERENTI L’ATTIV ITA’ PRODUTTIVA, L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E IL REGOLARE FUNZIONAMENTO DI ESSA.

• LIBERA SCELTA DEL DATORE FINALIZZATA AD UN NUOVO E DIVERSO ASSETTO DELL’ORGANIZZAZIONE O DEL PROCESSO PRODUTTIVO.

Licenziamento per motivi oggettivi inerenti

all’azienda

Soppressione della posizione

Cessazione dell’attività

imprenditoriale ed attività residuali

Obbligo di répéchage

Prova della soppressione e

dell’impossibilità di répéchage

Liquidazione

Fallimento

Licenziamento per GMO

Licenziamento per motivi oggettivi inerenti al

dipendente

Eccessiva morbilità

Impossibilità sopravvenuta

Revoca d’autorizzazioni amministrative (porto d‘armi,

patente)

Carcerazione

Sopravvenuta infermità

Pena detentivaSentenza d’assoluzione Ergastolo

Licenziamento per GMO

Il giustificato motivo oggettivo deve identificarsi nelle vicende e/o negli eventi che, per l'incidenza immediata sulla realtà aziendale in cui il lavoratore è inserito, cagionano l'effettiva esigenza del datore di porre fine al rapporto di lavoro; rientrano nel suddetto ambito sia i licenziamenti intimati in relazione all'insorgenza di specifiche esigenze aziendali che impongono la soppressione del posto di lavoro, sia i licenziamenti che traggono origine da comportamenti o situazioni facenti capo al prestatore di lavoro, purché non costituiscano una forma di inadempimento.

(Corte di cassazione 11 agosto 1998 n. 7904)

In caso di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, ferma la necessità della prova della effettività del relativo processo, è legittima ogni ragione, in senso economico, che lo abbia determinato, non escluse le esigenze di mercato o il perseguimento di un incremento dei profitti attraverso modifiche organizzative, mentre al giudice è demandato di controllare che all’origine della decisione imprenditoriale vi sia una ragione economica seria e non pretestuosa, senza che possa distinguersi tra quelle determinate da fattori esterni all’impresa o di mercato, e quelle inerenti alla gestione dell’impresa, o volte ad un’organizzazione più conveniente per un incremento del profitto.

(Corte di cassazione 14 aprile 2003 n. 5777)

Onere di repechage

• A carico del datore di lavoro opera, però, il cosiddetto onere di repechage, per cui – prima di procedere al recesso - egli deve verificare l’esistenza in seno all’azienda di posti di lavoro o attività a cui il prestatore possa essere ancora effettivamente addetto, in coerenza con le professionalità di cui dispone

• (cfr. Cass. 2/4/87 n. 3198 in Mass. Foro It. 1987, pag. 545; Cass. 14/9/95 n. 9715 in Il Lav. nella Giur. 1996, pag. 424, Trib. Milano 30/10/2000 in Or. Giur. Lav. 2000, pag. 1051).

Onere di repechage• A tal riguardo, in particolare per soppressione del reparto cui sono addetti i

lavoratori licenziati, fino a qualche mese fa la Corte di Cassazione aveva sancito che la verifica della possibilità di "repechage" va fatta con riferimento a mansioni equivalenti; ove i lavoratori abbiano accettato mansioni inferiori onde evitare il licenziamento, la prova dell'impossibilità di "repechage" va fornita anche con riferimento a tali mansioni, ma occorre, in quest'ultimo caso, che il patto di demansionamento sia anteriore o coevo al licenziamento, mentre esso non può scaturire da una dichiarazione del lavoratore espressa in epoca successiva al licenziamento e non accettata dal datore di lavoro, specie se il lavoratore abbia in precedenza agito in giudizio deducendo l'illegittimità del licenziamento. (Cass. civ., Sez. lavoro, 18/03/2009, n. 6552). Recentemente, sullo stesso punto la Cassazione ha ritenuto che la verifica, ai fini del repechage, vada assolta anche valutando se vi sono mansioni inferiori, nel senso che deve avere prospettato al lavoratore licenziato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un suo impiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni inferiori siano compatibili con l’assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall’imprenditore (Cass. 13.08.2009 n.21579)

Ma prima di procedere al licenziamento……..

La Legge n. 92/2012 introduce una specifica procedura con esplicito riguardo a “licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3, seconda parte della L. n.604/1966” Una sorta di micro-procedimento sulla scorta di quanto in essere per i licenziamenti collettivi

La novità nell’art. 7 L. 604/66

. • Ambito

applicazione art. 18 L.300/70

. • Comunicazi

one dell’intenzione (!?!)

. • Tentativo

obbligatorio di conciliazione

E poi….il licenziamento!!

Procedura art. 7 L. n. 604/66

Art. 7 DL n. 76/2013: La procedura non trova applicazione nei licenziamenti per:

◇Superamento periodo di comporto;

◇ In conseguenza di cambi di appalto ai quali siano succeduti assunzioni presso altri datori di lavoro;

◇ Interruzione di rapporti a T.IND. nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

In vigore dal 28/06/2013

Procedura art. 7 L. n. 604/66

Art. 7 DL n. 76/2013, chiarimento: Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il periodo di 7 giorni per la trasmissione, a cura della DTL, della convocazione al datore di lavoro e al lavoratore il datore può comunicare il licenziamento al lavoratore. La mancata presentazione di una o entrambe le parti sarà valutata da AG ai sensi dell’art. 116 cpc

Ambito di applicazione

Aziende che ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 18 L. n. 300/70 ovvero più di 15 dipendenti.

La comunicazione dell’”intenzione”

Il datore di lavoro preventivamente comunica l’intenzione di procedere ad un licenziamento per GMO La comunicazione contiene i motivi del licenziamento, le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore

Comunica a

DTL/DPL Lavoratore

Il ruolo della DTL…della commissione di conciliazione ex art. 410 cpc

• Convoca delle parti entro 7 giorni • Partecipazione attiva della commissione ad esaminare

anche soluzioni alternative al recesso • Conclusione con risoluzione consensuale (con diritto

ad ASpI) o senza accordo • Redazione del verbale di conciliazione (ATT.NE!!!... Il

giudice terrà conto del comportamento delle parti…..)

• Procedura che si conclude entro 20 giorni

Il ruolo del datore di lavoro

• Comunica l’intenzione di recedere per GMO al domicilio del lavoratore

• Partecipa al tentativo obbligatorio di conciliazione facendosi assistere da oo.di rappresentanza, da avvocato o consulente del lavoro

• Al termine della procedura comunica il recesso al lavoratore

Il licenziamento intimato produce effetti dal giorno della comunicazione di avvio del procedimento salvo il diritto al preavviso o all’indennità sostitutiva (eventualmente dovuti).

Il ruolo del lavoratore

• Partecipa alla conciliazione potendosi avvalere dell’assistenza di un sindacato o della rappresentanza sindacale dei lavoratori

• In caso di illegittimo e documentato impedimento la procedura può essere sospesa per un massimo di 15 giorni.

Il recesso in caso di eventi sospensivi

• Il licenziamento rimane sospeso nel caso di: – Tutela della maternità/paternità – Infortunio occorso sul lavoro

– Il lavoro svolto in costanza di procedura si considera preavviso

Il passo successivo alla conciliazione…..

• Eventuale ricorso giudiziale del lavoratore contro licenziamento intimato in “violazione del requisito di motivazione di cui all’art. 2 c. 2 L. n. 604/66” o della procedura ex art. 7.

• Licenziamento INEFFICACE (?? Anche il lic. Orale è inefficace ma con altre conseguenze…) con sanzione prevista da art. 18 c. 6 L. n.300/70: indennità risarcitoria min. 6 max 12 mensilità.

• Ma se “manifesta insussistenza” di motivi: reintegra + max 12 mensilità o in alternativa 15 mensilità indennità risarcitoria.

conseguenza

Transazione in sede protetta

In pratica è inoppugnabile ai sensi art. 2113 c.c. quando è intervenuta: ➢Art 185 cpc (conciliazione in sede giudiziale) ➢Art. 410 cpc (conciliazione facoltativa DTL) ➢Art. 411 cpc (sede sindacale) ➢Art. 412 ter cpc (conciliazione e arbitrato

prevista da Contr.coll) ➢Art. 412 quater (altre modalità di

conciliazione e arbitrato)

IPOTESI DI LICENZIAMENTO PER

GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO

ECCESSIVA MORBILITA’

Procedura art. 7 L 604/66 l’intervento della prassi

Procedura art. 7 L. n. 604/66

Art. 7 DL n. 76/2013: La procedura non trova applicazione nei licenziamenti per:

◇Superamento periodo di comporto;

◇ In conseguenza di cambi di appalto ai quali siano succeduti assunzioni presso altri datori di lavoro;

◇ Interruzione di rapporti a T.IND. nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

In vigore dal 28/06/2013

Procedura art. 7 L. n. 604/66

Art. 7 DL n. 76/2013, chiarimento: Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il periodo di 7 giorni per la trasmissione, a cura della DTL, della convocazione al datore di lavoro e al lavoratore il datore può comunicare il licenziamento al lavoratore. La mancata presentazione di una o entrambe le parti sarà valutata da AG ai sensi dell’art. 116 cpc

INIDONEITA’ FISICA SOPRAVVENUTA

•Sopravvenuta inidoneità fisica

La sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni alle quali è addetto non integra una causa di risoluzione per sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., se non nei limiti della configurabilità del giustificato motivo ex art. 3, L. 15/7/66 n. 604, e quindi a fronte dell’onere gravante sul datore di lavoro di allegare e dimostrare l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altra attività riconducibile alle mansioni già svolte o ad altre equivalenti o, se ciò è impossibile, ad altre inferiori, compatibilmente con l’assetto organizzativo dell’impresa (Cass. 7/8/98 n. 7755, pres. La Torre, est. Roselli, in D&L 1998, 1029).

In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni lavorative, il datore è tenuto a dimostrare l’impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni anche non equivalenti, a condizione che il lavoratore abbia, anche senza forme rituali, manifestato la propria disponibilità ad accettarle.

(Corte di Cassazione 6 marzo 2007 n. 5112)

Nel caso di sopravvenuta inidoneità psico-fisica del lavoratore, il datore di lavoro può legittimamente procedere al licenziamento del dipendente per giustificato motivo oggettivo, soltanto ove dimostri l’assoluta impossibilità di utilizzare il medesimo in altra posizione.

( Corte di Cassazione 24 maggio 2005 n. 10914)

Sopravvenuta inidoneità fisica

Nell'ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, il giustificato motivo oggettivo consiste non soltanto nella fisica inidoneità del lavoratore all'attività attuale, ma anche nell'inesistenza in azienda di altre attività (anche diverse, ed eventualmente inferiori) compatibili con lo stato di salute del lavoratore ed a quest'ultimo attribuibili senza alterare l'organizzazione produttiva, onde spetta al datore di lavoro convenuto in giudizio dal lavoratore in sede in impugnativa del licenziamento fornire la prova delle attività svolte in azienda, e della relativa inidoneità fisica del lavoratore o dell'impossibilità di adibirlo ad esse per ragioni di organizzazione tecnico–produttiva.

(Corte di Cassazione 5 marzo 2000 n. 3245)

Focus: lavoratore in malattia

MALATTIA: NOZIONE GIURIDICA

Il concetto di malattia giuridicamente rilevante nel rapporto di lavoro non coincide con quello elaborato dalla scienza medica (alterazione o deviazione funzionale in senso dannoso dell’integrità fisiopsichica). questo è per certi versi più ristretto e per altri più ampio del concetto di malattia cui fa riferimento la scienza medica.

MALATTIA: NOZIONE GIURIDICA

Ci sono malattie che possono essere prive di rilievo giuridico nel rapporto di lavoro perché non costituiscono impedimento alla normale prestazione di lavoro (es.: disturbi cardiaci meno gravi, le forme più comuni di menomazione della vista, carie dentaria);

Ci sono casi che giustificano l’astensione dal lavoro per malattia anche se il

lavoratore non è clinicamente affetto da malattia (es.: lavoratore clinicamente guarito da precedente malattia ma in convalescenza, lavoratore che deve sottoporsi a una vaccinazione o a controlli medici e non può farlo se non durante l’orario di lavoro).

SINDACABILITA’ DEI REFERTI MEDICI

• Sia in caso di contrasto fra certificato del medico curante, che in caso di concordanza tra di essi, il lavoratore e il datore di lavoro che vi abbiano interesse possono contestarne il contenuto. • Spetta al giudice valutare l’attendibilità dei certificati sulla base di tutte le circostanze concrete.

LA POSSIBILE EVIDENZA DELL’INATTENDIBILITÁ DEL CERTIFICATO

• Incongruenza tra diagnosi, prognosi, terapie praticate, o anche accertamenti necessari e non effettuati:

• il caso della lombalgia persistente, senza accertamenti diagnostici

• la sindrome ansioso-depressiva e i relativi protocolli terapeutici (differenza tra “depressione del tono dell’umore” e “depressione maggiore”)

• una radarterapia (10 minuti di applicazione) non giustifica l’assenza per l’intera giornata

IL PROBLEMA DELLA NON CONOSCIBILITÀ DELLA DIAGNOSI E DELLA TERAPIA

• sovente il lavoratore comunica spontaneamente la diagnosi

• con la contestazione disciplinare il datore di lavoro può comunque invitarlo a presentare la documentazione medica completa, anche in plico sigillato, che verrà sottoposto al controllo ispettivo (N.B.: T.A.R. Piemonte 16 gennaio 2008 n. 51 nega al d.d.l. l’accesso ai dati Inps)

• è onere (se non vero e proprio obbligo di correttezza) del lavoratore esibire una relazione del medico curante in risposta alla contestazione disciplinare, al datore di lavoro o al servizio ispettivo

PERDITA DEL TITOLO ABILITATIVO

• Alcuni provvedimenti dell’autorità pubblica possono determinare l’impossibilità temporale o parziale della prestazione lavorativa. In tal caso il datore di lavoro è legittimato a recedere dal rapporto se viene meno l’interesse alle future prestazioni lavorative. La sussistenza di tale interesse deve essere verificata con riguardo alle ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa.

• E legittimo il licenziamento per sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione da parte di un lavoratore, dipendente di una società aeroportuale e svolgente il suo lavoro negli spazi doganali, al quale sia stato temporaneamente ritirato il tesserino d’accesso per denuncia penale seguita da assoluzione

• (Corte di Cassazione 19 settembre 2002 n. 13732)

•Il datore di lavoro è autorizzato al licenziamento del lavoro ove dimostri, che la prestazione è divenuta totalmente impossibile, alla stregua delle ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. • (Corte di Cassazione 24 ottobre 2010 n.13986)

Esempio di tipizzazione giustificato motivo: Art. 219 codice della strada

art. 219 C.d.S. mod. art. 43 L 120/2010

• PREVISIONE: revoca della patente, se disposta come sanzione accessoria al reato di guida in stato di ubriachezza o dopo aver assunto droghe, costituisce giusta causa di licenziamento

art. 219 C.d.S. mod. art. 43 L 120/2010: ambito applicazione

La legge specifica che il licenziamento per giusta causa può essere comminato ai conducenti di cui all'articolo 186bis, comma 1, lettere b), c) e d); mediante il rinvio a tali commi, si individuano come destinatari della nuova disciplina i seguenti soggetti: - i conducenti che esercitano l'attività di trasporto di persone (articoli 85, 86 e 87 C.d.S.); - i conducenti che esercitano l'attività di trasporto di cose (articoli 88, 89 e 90 C.d.S.); - i conducenti di autoveicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate, di autoveicoli trainanti un rimorchio che comporti una massa complessiva totale a pieno carico dei due veicoli superiore a 3,5 tonnellate, di autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto, nonché di autoarticolati e di autosnodati.

art. 219 C.d.S. mod. art. 43 L 120/2010: ambito applicazione

La norma individua due presupposti oggettivi per l'applicabilità del licenziamento per giusta causa (art. 219, comma 3quater):

- la patente deve essere oggetto di un provvedimento di "revoca"; - la revoca deve essere stata disposta come sanzione accessoria all'accertamento di uno dei reati di cui agli articoli 186, comma 2, lettere b) e c), e 187 C.d.S.

Licenziamento • Con riferimento al secondo presupposto di applicabilità

della norma (accertamento della guida sotto l'influenza di alcol o droghe), il dipendente può essere licenziato solo se viene condannato per uno dei reati di cui agli articoli 186, comma 2, lettere b) e c), e 187.

Licenziamento: guida in stato di ebbrezza

Il licenziamento per giusta causa per guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche (art. 186), potrà essere comminato se sussistono tutte le seguenti condizioni: - accertamento di un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro; - applicazione della relativa condanna penale (ammenda da euro 800 a euro 3.200 e arresto fino a sei mesi, se la quantità non supera 1,5 grammi per litro; ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, e arresto da sei mesi a un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro); - revoca della patente: la revoca non può essere disposta per qualsiasi illecito, ma solo quando il guidatore è recidivo (in tal caso la sanzione scatta automaticamente) oppure quando il conducente provoca un incidente stradale e sia stato accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro.

Licenziamento: guida in stato di alterazione psicofisica

Guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti (art. 187), è possibile irrogare il licenziamento per giusta causa solo in presenza delle seguenti condizioni: - condanna penale (ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e arresto da sei

mesi a un anno) per guida in stato di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope;

- revoca della patente, che può essere disposta in caso di recidiva nel triennio, oppure quando il conducente dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale.

IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA ALLA PRESTAZIONE

•Se l’impossibilità della prestazione è sopravvenuta a causa di un provvedimento di un terzo, il datore di lavoro deve provare l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altra posizione a pena di illegittimità del licenziamento. • (Corte di Cassazione 17 marzo 2010 n. 6517)

• L’azienda però, non è tenuta a modificare la sua

organizzazione per utilizzare la prestazione che il lavoratore è in grado di offrire.

IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE A PER CARCERAZIONE DEL

LAVORATORE

•Lo stato di detenzione del lavoratore per fatti estranei al rapporto di lavoro non costituisce inadempimento degli obblighi contrattuali, ma integra gli estremi della sopravvenuta temporanea impossibilità della prestazione. • (Corte di Cassazione 1 giugno 2009 n. 12721)

Il licenziamento è giustificato solo ove, in base ad un giudizio ex-ante, in relazione:

• all’organizzazione tecnico-produttiva

• mansioni svolte dal lavoratore detenuto

• periodo di assenza già maturato

• prevedibile durata carcerazione

• possibilità di affidare ad altri lavoratori le sue mansioni senza

dover effettuare nuove assunzioni.

COSTO DEL LICENZIAMENTO

A decorrere dal 1 gennaio 2013, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è dovuto un contributo a carico del datore di lavoro pari al 50% del trattamento iniziale di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, con un massimo di 1,5 mensilità di ASpI per i lavoratori con almeno 36 mesi di anzianità aziendale.

Il costo del licenziamento

Inoltre il contributo non è dovuto, fino al 31 dicembre 2016, nel caso in cui il datore di lavoro, nel corso della procedura di mobilità, provveda a versare il contributo di mobilità previsto dall’art. 5 comma 4 della L. n. 223/1991. Per gli anni dal 2013 al 2015, il contributo non è dovuto nel caso di: licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto; nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusure del cantiere

Il costo del licenziamento

Le conseguenze del licenziamento illegittimo

Il nuovo art. 18 L.n.300/70

Nuova disciplina licenziamentiReintegra + Indennità risarcitoria (min.5 mes di contribuzione) - Aliunde perceptum

Licenziamento discriminatorio

Licenziamento orale

Qualunque sia la dimensione aziendale

nullità

In sostituzione della Reintegra 15 mens Non sogg. a contribuzione.

Nuova disciplina dei licenziamenti

In sintesi: La reintegrazione è automatica per

lic.discriminatorio o orale (risarcimento medio tempore integrale – aliunde perceptum o indennità 15 mensilità)

Se il motivo è radicalmente insussistente o

sproporzione: reintegrazione + max 12 mensilità (ma contribuzione piena) o 15 mensilità

Se motivo insufficiente: indennizzo (6- 12M) Se vizi formali: solo indennizzo (12-24M)

Licenziamento comminato per soppressione del posto di lavoro, contrazione organico .

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (art. 18, c. 7)

IN CASO DI SUA ILLEGITTIMITA’ DUE REGIMI SANZIONATORI DIFFERENTI

reintegrazione e

indennità REINTEGRAZIONE

“ATTENUATA”

Solo indennità

A B

b. 1 in caso di vizio sostanziale del licenziamento

b. 2 in caso di vizio formale

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVORegime sanzionatorio A – art. 18, c. 7

Reintegra “attenuata”

Nel caso in cui si accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del

licenziamento

Il Giudice

annulla il licenziamento e applica il più rigido regime sanzionatorio previsto per i l icenziamenti disciplinari (v. regime A, cartella)

Reintegra (o 15 mensilità) +

indennità comunque non superiore a 12 mensilità

+ Copertura contributiva (non sulle 15 mensilità)

REINTEGRAZIONE “ATTENUATA”

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVORegime sanzionatorio B.1 – art. 18, c. 7

Sola indennità

Nelle altre ipotesi in cui si accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo, il Giudice: ➢ dichiara risolto il rapporto alla data del licenziamento; ➢ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria

omnicomprensiva compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.

➢ ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto della gravità della condotta del lavoratore ed della gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, oltre che delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

SE IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO DISSIMULA UN MOTIVO DISCIPLINARE O DISCRIMINATORIO?

Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele esaminate.

Se discriminatorio REINTEGRA FORTE

Se disciplinare o

REINTEGRA ATTENUATA o

SOLA INDENNITA’

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVOVizi procedurali nell’irrogazione del licenziamento

Regime sanzionatorio B.2 – art. 18, c. 6

Licenziamento dichiarato inefficace per violazione della procedura prevista dal novellato art. 7, L. n. 604/66, il giudice: ➢ dichiara risolto il rapporto alla data del licenziamento; ➢ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria

omnicomprensiva compresa tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, a meno che il Giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica le tutele di cui ai regimi sanzionatori A (reintegrazione “attenuata”) o B.1 (sola indennità).

➢ la quantificazione dell’indennità risarcitoria è determinata dal Giudice tenendo conto della gravità della condotta del lavoratore ed alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.