La DINAMICA ENDOGENA - IC San Giovanni Bosco...ciclo litologico. MINERALI: corpi solidi inorganici,...

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La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 1 Finalità: avere una visione globale e unitaria dei fenomeni che avvengono all’interno della Terra e collegarli a quelli esterni. Realizzare che le forze endogene sono distruttrici, ma anche creatrici delle forme di paesaggio terrestre, in continua e incessante evoluzione, essendo le forme attuali prodromi di quelle future. Tempo previsto: 35-40 ore Prerequisiti Definire atomo, molecola, ione Distinguere tra elementi e composti Caratterizzare i diversi stati di aggregazione della materia Leggere una formula chimica e i cartogrammi Illustrare il concetto di ciclo in scienze della natura Chiarire i concetti di densità, temperatura, calore e sapere come si propaga. Conoscenze I costituenti della litosfera: minerali, rocce e ciclo litogenetico Il processo magmatico e le rocce ignee L’attività vulcanica; il vulcanesimo in Italia L’attività sismica Il rischio vulcanico e sismico: analisi dei parametri (analitici e sintetico) La struttura interna della terra: modelli Deriva dei continenti e tettonica delle placche Geologia strutturale: deformazioni tettoniche e processo metamorfico La storia geologica della terra. Competenze Definire un minerale e una roccia e confrontare i due concetti Elencare, classificare, tabulare e descrivere tipi di minerali, di rocce e loro proprietà Riferire alcuni esempi per ciascuna classe Individuare i criteri di classificazione di minerali e rocce Illustrare e rappresentare il ciclo petrogenetico e le forze che lo determinano Descrivere il processo magmatico, classificare le rocce ignee e distinguere una roccia intrusiva da una effusiva Definire il vulcanesimo e individuarne la causa Riconoscere e descrivere i vari tipi di materiali vulcanici Definire e distinguere tra magma e lava Riconoscere, classificare e descrivere i vari tipi di magma, collegandoli con i diversi tipi di eruzione Evidenziare i meccanismi che portano alla formazione dei vulcani Distinguere e classificare i vari tipi di eruzione e di apparati vulcanici Individuare sul planisfero la distribuzione geografica dei vulcani nel mondo e in Italia, collegandola alla dinamica della litosfera Distinguere tra plutonismo, vulcanesimo primario, secondario e fenomeni pseudovulcanici Definire sismi e bradisismi Discutere le cause dei terremoti e spiegare la teoria del rimbalzo elastico Caratterizzare le onde sismiche e descriverne gli effetti Esporre parametri e scale di valutazione dei terremoti DINAMICA ENDOGENA

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  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 1

    Finalità : avere una visione globale e unitaria dei fenomeni che avvengono all’interno della Terra e collegarli a quelli esterni. Realizzare che le forze endogene sono distruttrici, ma anche creatrici delle forme di paesaggio terrestre, in continua e incessante evoluzione, essendo le forme attuali prodromi di quelle future. Tempo previsto: 35-40 ore Prerequisiti

    ⇒ Definire atomo, molecola, ione ⇒ Distinguere tra elementi e composti ⇒ Caratterizzare i diversi stati di aggregazione della materia ⇒ Leggere una formula chimica e i cartogrammi ⇒ Illustrare il concetto di ciclo in scienze della natura ⇒ Chiarire i concetti di densità, temperatura, calore e sapere come si propaga.

    Conoscenze

    ⇒ I costituenti della litosfera: minerali, rocce e ciclo litogenetico ⇒ Il processo magmatico e le rocce ignee ⇒ L’attività vulcanica; il vulcanesimo in Italia ⇒ L’attività sismica ⇒ Il rischio vulcanico e sismico: analisi dei parametri (analitici e sintetico) ⇒ La struttura interna della terra: modelli ⇒ Deriva dei continenti e tettonica delle placche ⇒ Geologia strutturale: deformazioni tettoniche e processo metamorfico ⇒ La storia geologica della terra.

    Competenze

    ⇒ Definire un minerale e una roccia e confrontare i due concetti ⇒ Elencare, classificare, tabulare e descrivere tipi di minerali, di rocce e loro proprietà ⇒ Riferire alcuni esempi per ciascuna classe ⇒ Individuare i criteri di classificazione di minerali e rocce ⇒ Illustrare e rappresentare il ciclo petrogenetico e le forze che lo determinano ⇒ Descrivere il processo magmatico, classificare le rocce ignee e distinguere una roccia

    intrusiva da una effusiva ⇒ Definire il vulcanesimo e individuarne la causa ⇒ Riconoscere e descrivere i vari tipi di materiali vulcanici ⇒ Definire e distinguere tra magma e lava ⇒ Riconoscere, classificare e descrivere i vari tipi di magma, collegandoli con i diversi tipi

    di eruzione ⇒ Evidenziare i meccanismi che portano alla formazione dei vulcani ⇒ Distinguere e classificare i vari tipi di eruzione e di apparati vulcanici ⇒ Individuare sul planisfero la distribuzione geografica dei vulcani nel mondo e in Italia,

    collegandola alla dinamica della litosfera ⇒ Distinguere tra plutonismo, vulcanesimo primario, secondario e fenomeni

    pseudovulcanici ⇒ Definire sismi e bradisismi ⇒ Discutere le cause dei terremoti e spiegare la teoria del rimbalzo elastico ⇒ Caratterizzare le onde sismiche e descriverne gli effetti ⇒ Esporre parametri e scale di valutazione dei terremoti

    DINAMICA ENDOGENA

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    ⇒ Descrivere un sismografo e un sismogramma ⇒ Individuare le aree sismiche nel mondo e motivare questa distribuzione non casuale ⇒ Discutere sul rischio vulcanico e sismico, sulla previsione e prevenzione dei fenomeni

    endogeni ⇒ Argomentare i metodi di studio dell’interno della Terra ⇒ Descrivere le discontinuità e i vari gusci ⇒ Spiegare la deriva dei continenti ed enunciare le prove che la sostengono ⇒ Enucleare e discutere i punti salienti della tettonica a zolle ⇒ Argomentare sui tipi di placche, tipi di margini e spiegare le strutture della Terra ⇒ Esporre l’origine delle rocce metamorfiche ⇒ Distinguere i vari tipi di metamorfismo ⇒ Discutere i vari tipi di deformazioni delle rocce (pieghe, faglie) e riconoscerle su una foto ⇒ Elencare e descrivere eoni, ere e periodi della storia geologica della terra.

    Capacità di:

    � Interpretare in modo unitario i fenomeni endogeni � Collegare i fenomeni interni e quelli esterni al pianeta Terra, inteso come sistema � Assumere atteggiamenti consapevoli e razionali riguardo alla previsione, prevenzione e

    difesa dei rischi geologici � Valutare criticamente le nuove informazioni e dare loro significatività logica per ampliare

    e riorganizzare la propria rete di conoscenze � Migliorare il metodo di apprendimento costruendo in modo personale schemi e mappe

    concettuali � Leggere ed interpretare fotografie, tabelle e grafici.

    Articolazione del modulo (DSTV): contenuti

    1. U.D. I costituenti della litosfera: minerali e

    ciclo delle rocce 2. U.D. Il processo magmatico e le rocce

    magmatiche

    3. U.D. L’attività vulcanica: vulcanesimo primario, secondario e fenomeni pseudovulcanici

    4. U.D. L’attività sismica

    5. U.D. L’interno della Terra

    6. U.D. La tettonica delle placche

    7. U.D. Le deformazioni tettoniche e il metamorfismo

    8. U.D. Paleontologia e storia geologica della Terra.

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    PREREQUISITI • tavola periodica • significato di atomo, ione, molecola • leggere una formula chimica.

    OBIETTIVI in termini di conoscenze e competenze:

    • Definire un minerale • Elencare le classi chimiche più importanti

    dei minerali • Riferire alcuni esempi di minerali • Distinguere tra struttura cristallina e

    amorfa • Illustrare i concetti di filare, piano,

    reticolo, cella fondamentale

    • Elencare i 7 sistemi cristallini e i 3 gruppi • Elencare e distinguere le proprietà

    fisiche scalari e vettoriali dei minerali • Definire una roccia • Rappresentare e descrivere il

    ciclo litologico.

    MINERALI: corpi solidi inorganici, la cui composizione è esprimibile con una formula chimica ben definita.

    In altre parole, sono sostanze :

    • NATURALI: perché si formano grazie a processi chimici e fisici che avvengono in natura;

    • OMOGENEE: perché mantengono la stessa composizione e le stesse proprietà in ogni loro parte;

    • SOLIDE: perché le loro particelle (ioni, atomi, molecole) sono disposte regolarmente, ordinatamente, in base ad un preciso disegno detto “reticolo cristallino ” che si ripete con regolarità e periodicità nelle tre direzioni dello spazio. Eccezione: il mercurio , minerale liquido.

    Elementi costitutivi o strutturali

    All’interno del reticolo è possibile individuare gli elementi costitutivi o strutturali :

    • Nodo posto occupato da una singola particella; • Filare di particelle, insieme di nodi collegati • Piano reticolare formato da filari • Cella elementare che si ripete mantenendo costanti le caratteristiche strutturali del cristallo: è

    l’unità strutturale, il mattone, il più piccolo gruppo di atomi.

    • Reticolo cristallino = insieme di tutte le particelle nella loro disposizione regolare.

    COSTITUENTI DELLA LITOSFERA O GEOSFERA

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    Nella definizione di cristallo ci sono due concetti importanti:

    1. Il concetto di omogeneità 2. Il concetto di periodicità (HAϋY, 1784).

    MODELLO DI BRAVAIS (1848), cristallografo francese

    Egli concepì i cristalli come reticoli spaziali, con punti materiali (nodi) posti ad una certa distanza come i nodi di una rete metallica.

    Secondo Bravais i cristalli hanno

    1. Una struttura discontinua , cioè sono fatti da particelle non ammassate ma ad una certa distanza, tenute insieme da legami chimici, con spazi vuoti tra loro. Perciò, la distanza tra loro può diminuire abbassando la temperatura, può aumentare alzando la temperatura del cristallo;

    2. Una struttura reticolare , poiché gli atomi sono disposti lungo dei filari nelle tre direzioni, formando un reticolo cristallino. I nodi sono occupati dagli atomi, i fili che tengono assieme i nodi sono le forze dei legami chimici, ma non sono materiali.

    3. Una struttura periodica , vale a dire gli atomi sono disposti regolarmente secondo un preciso ordine, dove si ripetono dei parametri che costituiscono le costanti del reticolo. La cella cristallina è il più piccolo gruppo di atomi costituenti il cristallo, costituito dal ripetersi regolare della cella elementare nelle tre direzioni. I MINERALI VENGONO ANALIZZATI E CLASSIFICATI DA 3 PUNTI DI VISTA (CRITERI) 1. CHIMICO: classificazione in classi, con il criterio fondamentale della presenza dell’anione .

    Nella composizione chimica prevalgono gli ioni positivi o cationi (Fe, Mg, Pb, Cu, Na, K), mentre ci sono pochi anioni come S-2, F-1, Cl-1, O-2, CO-23, SO4

    -2, SiO4-4. La classificazione

    chimica si basa sul criterio fondamentale della presenza dell’anione. Nei minerali terrestri i principali costituenti sono: O, Si, Al, Fe, Ca, Mg, Na, K, …….. .

    2. CRISTALLOGRAFICO : in 7 sistemi e in 3 gruppi; 3. FISICO: proprietà scalari e vettoriali.

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    Vengono suddivisi in due gruppi: silicati e non silicati, riuniti in 12 classi, in base ad un punto di vista chimico:

    1. Elementi nativi : metalli (oro, argento, platino, rame, ferro); semimetalli (arsenico, bismuto); non metalli (zolfo, diamante, grafite). Sono nativi perché non reagiscono con altri.

    2. Solfuri : pirite (FeS2), galena (PbS), blenda (ZnS), calcopirite (CuFeS2), cinabro (HgS). L’anione è S-2

    3. Ossidi e idrossidi: l’anione è O-2. Quarzo (SiO2), ematite (Fe2O3), limonite (Fe2O3 n H2O).

    4. Alogenuri : Cl-, Br-, F-, I-, XZ e XZ2: salgemma, silvite

    5. Carbonati e Nitrati : (CO3)2- e (NO3)

    1-: calcite, magnesite, siderite, dolomite

    6. Borati : BO3 e BO4, borace

    7. Fosfati : (PO4)3-: apatite

    8. Solfati : (SO4)2- anidrite, gesso (solfato idrato)

    9. Silicati: (SiO4)-4 nesosilicati, sorosilicati, ciclosilicati, inosilicati, fillosilicati, tectosilicati.

    Olivina, granati, pirosseni, anfiboli, miche, feldspati, berilli, quarzo. Derivano dalla combinazione di due elementi principali: O2, Si con aggiunta di Al, Na, K, Ca, Mg. L’unità strutturale è lo ione (SiO4)

    -4 che è un tetraedro con al centro uno ione di silicio e ai 4 vertici ioni di ossigeno. Minerali femici , scuri con Fe e Mg (biotite, anfiboli, olivina, pirosseni). FAMIGLIE: Minerali sialici, chiari con Si (quarzo, feldspati). 1. NESOSILICATI: neso = isola, con tetraedri isolati. Es. olivina, topazio, zircone. 2. SOROSILICATI: soros= gruppo, con tetraedri in gruppi di due - sei ad anello. Berillo,

    tormalina. 3. INOSILICATI: inos = catena, con catena singola (pirosseni) o doppia (anfiboli). 4. FILLOSILICATI: fillon = foglia, strato, i tetraedri formano strati piani con struttura lamellare

    (miche). 5. TECTOSILICATI: con struttura tridimensionale (quarzo, feldspati).

    CLASSIFICAZIONE DEI MINERALI

    I SILICATI

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    STRUTTURA CRISTALLINA E AMORFA La struttura cristallina dei minerali è dovuta alla disposizione ordinata delle particelle (atomi, ioni, molecole) e i minerali in tal caso si dicono cristalli. La struttura amorfa è dovuta alla mancanza di una disposizione ordinata e regolare delle particelle e i minerali si dicono vetri o sostanze amorfe.

    Classificazione dei cristalli La classificazione dei cristalli si basa sugli elementi di simmetria e sul valore dei parametri

    della faccia fondamentale. In base alla forma e alla disposizione delle celle fondamentali, i

    minerali vengono classificati in 3 gruppi . I gruppi si dividono in 7 sistemi che comprendono i

    cristalli con la stessa inclinazione degli assi cristallografici. I sistemi comprendono 32

    classi con i cristalli che hanno lo stesso grado di simmetria.

    Gruppo monometrico, in cui la cella elementare è un cubo e a = b = c; cioè, le tre dimensioni sono uguali tra loro. Ha un solo sistema: cubico.

    Gruppo dimetrico: la faccia fondamentale ha due parametri uguali e uno diverso, quello verticale. Ha tre sistemi: esagonale, trigonale, tetragonale.

    Gruppo trimetrico: La faccia fondamentale ha i tre parametri diversi. Ha tre sistemi: rombico, monoclino, triclino.

    romboedrico (una dimensione diversa

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    SE LO SI ALLUNGA SE LA BASE TETRAGONALE ROMBICO

    DIVENTA UN RETTANGOLO

    Se la base diventa esagono MONOCLINO

    ESAGONALE

    TRICLINO CUBICO Se lo si inclina su tutti e 3 i lati

    Se lo si comprime

    ROMBOEDRICO

    ISOMORFISMO: fenomeno per cui sostanze diverse per la composizione chimica, cristallizzano in forme simili. POLIMORFISMO: fenomeno per cui una stessa sostanza cristallizza in forme diverse. Esempio, il carbonio cristallizza sotto forma di diamante o di grafite.

    DIAMANTE GRAFITE

    1. Cristallizza nel cubico 1. …. Nell’esagonale

    2. ogni C con altri 4 atomi 2. ogni C con altri 3 atomi

    3. angoli di legame di 109°,5 3. angoli di 120°

    4. struttura tetraedrica 4. struttura esagonale

    5. reticolato di legami nelle 3 dimensioni 5. legami in piani uniti da deboli legami.

    PROPRIETA’ FISICHE DEI MINERALI

    A) SCALARI: non direzionali, non dipendono dall’orientamento secondo il quale si misurano, cioè

    il loro valore non dipende dalla direzione di misurazione. • Peso specifico = peso per unità di volume • Punto di fusione = temperatura alla quale si ha il passaggio dallo stato solido allo stato

    liquido. B) VETTORIALI O DIREZIONALI: sono diverse in relazione alla direzione di misurazione. • Duttilità = capacità di ridursi in fili • Malleabilità = capacità di ridursi in lamine • Sfaldabilità = rottura lungo piani tipici • Durezza = resistenza alla scalfitura • Magnetismo = proprietà di attirare o respingere altri magneti • Struttura = aspetto esterno • Frattura = rottura non secondo piani tipici

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    • Piezoelettricità e piroelettricità = proprietà di elettrizzarsi in seguito a compressione o riscaldamento e deformarsi

    • Rifrazione = modificare la velocità della luce e la sua direzione. Il grado di deviazione = indice di rifrazione.

    LE ROCCE IGNEE O ERUTTIVE O MAGMATICHE

    OBIETTIVI:

    • Definire una roccia • Esporre l’origine delle rocce ignee • Elencare le caratteristiche delle rocce

    • Distinguere una roccia effusiva da una intrusiva

    • Indicare i criteri di classificazione e classificare le rocce ignee.

    LE ROCCE sono un aggregato di minerali, pertanto sono dei corpi eterogenei, cioè variano le loro proprietà fisiche e chimiche, in base alle proporzioni con cui entrano a far parte i vari minerali costituenti, e non sono, quindi, esprimibili con una formula chimica ben definita. Esse possono essere considerate il libro della storia della Terra, perché in esse si possono leggere la storia e l’evoluzione del Pianeta.

    Le rocce sono classificate in tre diversi litotipi (criterio origine) :

    1. Ignee o magmatiche (65% in volume, di cui 40% effusive o vulcaniche, 25% intrusive o plutoniche;

    2. Sedimentarie (8%) 3. Metamorfiche (27%).

    Ogni roccia è contraddistinta da: COMPOSIZIONE MINERALOGICA (dipende dalla genesi): tipo e percentuale di minerali che la costituiscono. I minerali possono essere:

    1. accessori = presenti in quantità minime 2. fondamentali = i più abbondanti e caratterizzanti 3. accidentali = che non caratterizzano la roccia anche se in gran quantità.

    Un’altra caratteristica importante delle rocce è la loro STRUTTURA, cioè la forma, la dimensione e la reciproca disposizione nello spazio di ciascuno dei minerali costituenti (essa dipende dalla velocità di raffreddamento del magma). La struttura e la composizione mineralogica dipendo no dalla genesi delle rocce (litogenesi). Tre sono i processi litogenetici o petrogenetici:

    • Processo magmatico • processo sedimentario • processo metamorfico.

    L’insieme dei cambiamenti (rifusione, alterazione, metamorfismo) che trasformano una roccia in un’altra costituisce il ciclo delle rocce . LE ROCCE IGNEE O MAGMATICHE O ERUTTIVE: prendono origine dal raffreddamento e solidificazione del magma, massa incandescente di silicati. In base al criterio della velocità o modalità di raffreddamento si dividono in tre categorie:

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    • intrusive o plutoniche • effusive o vulcaniche o vulcaniti • intermedie o ipoabissali.

    Esse non si differenziano molto per composizione chimica, visto che l’origine è comune, ma solo per la struttura, che dipende dalla velocità di raffreddamento o di solidificazione o di cristallizzazione. Di regola le intrusive sono granulari, cristalline con cristalli dei diversi minerali, mentre quelle effusive sono microgranulari, oppure caratterizzate dalla presenza di pochi cristalli macroscopici (fenocristalli), immersi in una matrice amorfa o vetrosa.

    CLASSIFICAZIONE E DENOMINAZIONE DELLE ROCCE IGNEE Classificare significa dividere in classi, cioè in gruppi omogenei. Ogni gruppo presenta caratteri specifici, detti sistematici , perché permettono la sistemazione, cioè l’ordinamento degli elementi da classificare. La scienza che studia la descrizione e la classificazione delle rocce è denominata petrografia .

    CARATTERI SPECIFICI O SISTEMATICI (criteri di class ificazione) 1. Genesi, cioè modalità di formazione 2. Aspetto 3. Struttura

    4. Composizione chimica 5. Modalità di solidificazione.

    Le rocce ignee in base alla % di SiO2 sono classificate in 4 classi:

    • Felsiche (feldspati e silice) • Intermedie o andesitiche • Mafiche (magnesio e ferro) • Ultramafiche (peridotite).

    Tipo di magma

    % SiO2

    viscosità temperatura di solidificazione

    Roccia intrusiva

    Roccia effusiva

    Felsico > 70% Alta 700° C Granito Riolite

    Intermedio 60% Media 900° C Diorite Andesite

    Mafico 40 -50%

    Bassa 1000°C Gabbro Basalto

    Ultramafico < 40% Molto bassa > 1200° C Peridotite Komatite

    La peridotite spesso è associata a giacimenti di minerali e metalli preziosi (diamanti, platino).

    1. MODALITA’ INTRUSIVA DI RAFFREDDAMENTO : il processo di cristallizzazione richiede che il raffreddamento si verifichi lentamente come accade nelle rocce intrusive, che impiegano migliaia di anni per raffreddarsi completamente (struttura olocristallina o granulare). In queste condizioni i componenti chimici dei minerali hanno tutto il tempo per separarsi e dare luogo alla struttura ordinata (granulare).

    2. MODALITA’ EFFUSIVA DI RAFFREDDAMENTO : del tutto diversa è la situazione per le rocce effusive, perché quando il magma fuoriesce da un condotto vulcanico, subisce un brusco raffreddamento, in pochi giorni, i componenti chimici del magma non hanno il tempo di organizzarsi geometricamente per formare i cristalli. Ne deriva una struttura vetrosa, del tutto priva di cristalli. Se in una roccia effusiva esistono cristalli, ciò significa che questi si erano già

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    formati nel magma al momento della fuoriuscita, di prima generazione, (struttura porfirica) con fenocristalli in una massa amorfa.

    LE ROCCE IGNEE IN BASE AL CONTENUTO IN SILICE:

    1. ACIDE O SIALICHE o felsiche (= feldspati + silice): quando sono ricche di silicio e ossigeno. Sono leggere e di colore chiaro, con struttura granulare. Famiglia dei graniti/sieniti.

    2. BASICHE o femiche o mafiche (magnesio + ferro): sono povere di silicio e di ossigeno, ma ricche di pirosseni, olivina. Sono pesanti e hanno colore scuro. Formano il pavimento oceanico.

    3. INTERMEDIE: contenenti minerali neutri come miche e anfiboli 4. ULTRAFEMICHE O ULTRABASICHE: composte unicamente da pirosseni e olivina. 5. Rocce alcaline, da magmi alcalini: hanno un maggior contenuto in sodio e potassio

    (feldspatoidi invece di feldspati). Tra queste rocce ricordiamo le sieniti, leucititi (intrusive) e le trachiti (effusive). Tra le rocce ignee le più diffuse sono effusive tra cui predominano i basalti e andesiti. Tra le rocce intrusive le più frequenti sono i graniti.

    TESSITURA ROCCIA = dimensioni e forma dei cristalli .

    1. Tessitura microcristallina: brusco raffreddamento, i minerali non hanno avuto tempo di raggiungere dimensioni visibili ad occhio nudo.

    2. Tessitura porfirica: il magma si inserisce in fratture e sarà soggetto ad una accelerazione nei tempi di raffreddamento, per cui i primi cristalli che si sono formati in strati profondi, presenteranno dimensioni macro e il resto della massa sarà micro (rocce filoniane).

    3. Tessitura granulare o macrocristallina: le rocce intrusive hanno invece tempi lunghi per il raffreddamento, i cristalli possono svilupparsi in modo visibile.

    4. Tessitura vetrosa o amorfa: se la cristallizzazione è tanto rapida da impedire la cristallizzazione (ossidiana).

    Frequenza Rocce intrusive

    ACIDE BASICHE

    80% 40% SiO2 Cioè la maggior parte dei magmi ha natura acida o basica. La frequenza dei magmi intermedi è molto bassa.

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    Frequenza

    ROCCE MAGMATICHE

    GRANITI Gabbri

    80% 40% SiO2 Cioè tra le rocce intrusive predominano i graniti.

    Frequenza

    Tra le Rocce effusive prevalgono i basalti

    Rioliti Basalti

    80% 40% SiO2

    ORIGINE E DIFFERENZIAZIONE DEI MAGMI

    1. MAGMI BASICI O PRIMARI: derivano dalle rocce ultrabasiche dell’astenosfera. Sono un distillato del mantello. Se si trova nella litosfera oceanica, sottile e fratturata, può uscire in superficie sotto forma di colate basaltiche; se il magma basico si trova nella litosfera continentale, spessa e non fessurata, comincia una lenta risalita in superficie, subendo una graduale differenziazione che aumenterà il suo grado di acidità, perché cristallizzano e si depositano i componenti mineralogici più basici e pesanti, mentre la restante massa, più leggera e acida, continua la risalita. Ciò spiega perché i magmi superficiali sono più acidi e viscosi rispetto a quelli profondi.

    2. MAGMI SECONDARI: leggeri, possono dar luogo a masse plutoniche o a vulcanesimo acido. Sono una rielaborazione delle rocce della crosta continentale.

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    con una sola specie di minerali

    con più specie di minerali.

    1. a) macrocristalline b) micro

    c) cripto…

    2.

    Acide

    Neutre Basiche

    3. Ultrabasiche

    = intrusive + effusive + filoniane 4. = clastiche clastiche +chimiche + organogene ortometamorfiche e parametamorfiche.

    ASPETTO

    SEMPLICI

    COMPOSTE

    STRUTTURA

    CRISTALLINE

    VETROSE

    CLASTICHE

    COMPOSIZIONE CHIMICA

    SILICEE

    CALCAREE

    CARBONICHE

    ORIGINE

    IGNEE

    SEDIMENTARIE

    METAMORFICHE

    CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE

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    OOBBIIEETTTTIIVVII

    1. Definire i sismi e i bradisismi 2. Presentare la teoria del ritorno elastico 3. Elencare e caratterizzare le onde sismiche 4. Catalogare gli effetti di un terremoto 5. Definire e descrivere un sismografo e un sismogramma 6. Discutere le cause dei sismi, la prevenzione e la previsione dei sismi 7. Illustrare la valutazione dei terremoti 8. Individuare e motivare la distribuzione nazionale e mondiale dei terremoti 9. Definire e delucidare il rischio sismico, esponendone i fattori.

    TERREMOTO o SISMA: rilascio di una quantità di energia ad una certa profondità dalla superficie terrestre (causa ) che determina rapide ed improvvise vibrazioni della superficie terrestre dovute a variazioni dell’equilibrio del materiale litoide del globo (effetto ). E’ un fenomeno tettonico, cioè legato al movimento di masse rocciose. Sul Pianeta ci sono mediamente 3000 terremoti al giorno, circa 1/s. Dal latino “motus terrae ” = movimento della Terra, oppure sisma dal greco “seismos ”= scossa, scuotimento. Il terremoto consiste in una serie di vibrazioni violente e rapide del terreno provocate dall’arrivo in superficie delle onde sismiche, sviluppando una elevata quantità di energia in un arco di pochi secondi, a differenza dell’eruzione di un vulcano che può durare giorni e settimane. L’attività sismica può essere oggetto di:

    a) STUDIO MACROSISMICO con la sismologia = osservazione effetti, danni (Mercalli);

    SISMOLOGIA

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    b) STUDIO MICROSISMICO con appositi strumenti (sismografi) progettati dalla fisica sperimentale (studio strumentale ). I TERREMOTI possono essere: Tachisismi (dal greco tachi = veloce) e Bradisismi (dal greco bradi = lento).

    ①Il terremoto si verifica per fratture di masse rocciose in un punto interno della terra, detto ipocentro o fuoco (punto iniziale della frattura), dove avviene il rilascio di energia, trasportata per mezzo di onde sismiche, ②mentre viene chiamato epicentro il punto sulla superficie terrestre dove il terreno vibra con la massima intensità e più a lungo e con danni più gravi. Esso è individuato dalla verticale passante per l’ipocentro. In base alla profondità dell’ipocentro si hanno terremoti:

    1) superficiali con ipocentro tra 0 e 70 km di profondità (75%), sono i più pericolosi; 2) intermedi con ipocentro tra 70 e 300 km (22%); 3) profondi a più di 300 km (3%).

    ③ Dall’ipocentro si propagano le onde di volume o interne (si propagano entro il volume della roccia), che viaggiando attraverso le rocce vengono riflesse e rifratte, distinguibili in due tipi:

    1) onde di compressione o longitudinali o di spinta o primae (P), con velocità elevata (7-13 km/s), causano cambiamenti nel volume delle rocce ma non nella forma, fratturano la roccia che subisce dilatazione e compressione alternativamente; le particelle vibrano a fisarmonica avanti e indietro, nella stessa direzione dell’onda. Sono le meno pericolose e le prime a essere registrate; sono simili alle onde acustiche o sonore e si propagano in ogni mezzo: nei solidi, nei liquidi e nell’aria.

    2) onde secundae ( S ) o di taglio o trasversali , caratterizzate da minore velocità (4-7 km/s), non riescono a propagarsi nei fluidi , possono frantumare le rocce, nelle quali causano cambiamento di forma, ma non di volume . Determinano un moto ondulatorio dato che scuotono la superficie del suolo in senso verticale e orizzontale, cioè le particelle vibrano verticalmente alla

    Caratteristiche dei sismi

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 15

    direzione dell’onda (oscillazioni trasversali). Provocano deformazioni transitorie trasversali e danni alle strutture; per esempio un quadrato passa da una forma di parallelogramma a una di quadrato alternativamente; si propagano solo nei solidi che reagiscono elasticamente alle deformazioni, mentre i fluidi restano deformati senza riprendere la forma originaria e quindi deformano l’onda (scotendo una corda fissata ad una parete ). Quando le onde volumetriche raggiungono la superficie della crosta, la massima parte della loro energia viene riflessa verso il basso e verso l’alto e con notevole amplificazione delle scosse sismiche ed enormi danni superficiali delle onde sismiche. Dall’epicentro parte il secondo treno di onde dette onde di superficie o esterne (sono più lunghe e più lente di quelle interne da cui derivano):

    1) Onde lunghe di Love ( L o M) o longitudinali o mass imali. Sono lente (3 km/s), derivano dalla riflessione multipla delle onde S e determinano nel terreno vibrazioni orizzontali; sono responsabili delle maggiori catastrofi scuotendo le fondamenta delle strutture. Non si propagano attraverso l’acqua. Sono onde complesse e possono imprimere al suolo un movimento sussultorio, ondulatorio o anche rotatorio. Sono quelle più distruttive. Sembrano tracciare nel terreno una S. Le particelle oscillano trasversalmente alla direzione delle onde.

    2) Onde di Rayleigh o R , molto lente (2,7 km/s) e determinano spostamenti verticali con moto ellittico. A causa della componente verticale del loro moto possono avere effetti sulle acque di superficie.

    LE CAUSE DEI TERREMOTI

    1) Terremoti da sprofondamento per il cedimento di cavità calcaree o in terreni argillosi;

    2) Più frequentemente i terremoti sono di origine vulcanica in quanto accompagnano le eruzioni

    vulcaniche e la risalita del magma. Sono provocati dalla notevole quantità di energia che si libera da un’eruzione. Può derivare da:

    • Vibrazione per lo spostamento del magma • Deformazioni e fratturazioni rocce ad opera della pressione del magma e dei gas • Assestamento del terreno a seguito dell’attività eruttiva.

    Sono distruttivi ma in un’area molto limitata.

    3) Un terzo tipo di fenomeni sismici è riconducibile ai terremoti di crollo , assai più deboli; si verificano in regioni carsiche, ricche di caverne sotterranee e di miniere. Provocano danni modesti.

    4) Un quarto gruppo di terremoti è quello prodotto da frane di una certa consistenza, anche se non si tratta di sisma in senso stretto, poiché non vi è accumulo di energia all’interno della terra con conseguente rilascio. Sono di piccola intensità e i danni derivano non tanto dal terremoto quanto dalla frana stessa.

    5) Un altro tipo di terremoti ha una causa artificiale: è il terremoto da esplosione per la detonazione di dispositivi chimici o nucleari.

    6) Ma la maggior parte dei terremoti è però di origine tettonica, cioè legata agli spostamenti reciproci delle placche litosferiche. Sono sconvolgenti. Infatti, in base alla teoria del rimbalzo elastico le rocce sono dotate di elasticità e, sottoposte a forze che provocano diastrofismo, accumulano energia elastica , ma quando le sollecitazioni superano il limite di elasticità (punto critico) le rocce si fratturano, le tensioni si scaricano con movimento improvviso (lungo una faglia) e l’energia si libera sotto forma di oscillazioni e di calore (Reid, 1906). Infatti, i terremoti sono associati a grandi sistemi di fratture, denominate faglie che interessano la crosta terrestre e la teoria del rimbalzo elastico riconduce l’origine della maggior parte dei terremoti a un meccanismo per faglia, cioè per frattura con scorrimento reciproco dei blocchi di roccia ai lati della faglia (labbri della faglia).

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 16

    CHIARIMENTI ED APPROFONDIMENTI

    Le forze che generano i sismi si possono distinguere in: ⇒ Forze di compressione che agiscono in direzioni opposte e schiacciano le rocce le une contro le

    altre. ⇒ Forze di tensione che tendono ad allontanare le rocce ⇒ Forze di taglio che tendono a far scorrere pacchi di roccia in direzioni contrapposte nel piano

    orizzontale o verticale. � Quando una forza agisce su un corpo roccioso con una debole intensità fa sì che la roccia si

    comporti come un materiale elastico cioè, non appena la forza disturbatrice cessa di esistere, il corpo roccioso riprende la propria forma e le proprie dimensioni.

    � Se la forza supera una certa intensità , la roccia si comporta, invece, come un corpo plastico , cioè subisce delle deformazioni che restano al cessare della forza disturbatrice.

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 17

    � Infine, se la forza agente è ancora maggiore , la roccia si comporta come fosse un corpo rigido e, quindi, si frattura con un movimento più o meno ampio lungo il piano di fatturazione. L’entità dello spostamento reciproco dei due blocchi di roccia lungo la frattura viene definito rigetto . La faglia diverrà l’area dove verrà liberata energia. Quindi, l’origine dei terremoti è dovuta ai grandi sistemi di fratture denominate faglie , lungo le quali i blocchi rocciosi si muovono reciprocamente. N.B. Nelle regioni sismiche, episodi sismici di grande intensità accadono circa ogni 100 anni, tempo necessario all’energia elastica per accumularsi fino al limite di rottura.

    IL CICLO SISMICO In base alla teoria del rimbalzo elastico, una zona in cui si è manifestato un terremoto, dovrebbe aver raggiunto un nuovo equilibrio che garantirebbe un periodo di tranquillità sismica. Però, il perdurare delle forze tettoniche, in grado di deformare le rocce, farà accumulare nuova energia fino ad un successivo punto di rottura e al manifestarsi di un’altra crisi sismica. L’intero processo si può schematizzare come un ciclo sismico, che si ripete sistematicamente nell’evoluzione geologica di una regione. In tale ciclo sismico si distinguono 4 stadi:

    Inizia l’accumulo di energia

    Prima della rottura: la deformazione elastica si accentua fino a livelli critici di resistenza.

    L’energia potenziale accumulata come deformazione elastica, si libera sotto forma di calore e di movimento, producendo il terremoto.

    Comporta il passaggio della regione verso un nuovo equilibrio, attraverso una serie di scosse successive o repliche per mesi o anni.

    Esaurite le ultime scosse, inizia un nuovo ciclo sismico. La nozione di ciclo sismico è di grande importanza per le ricerche sulla previsione dei terremoti. IINNDDIICCEE DDII SSIISSMMIICCIITTAA’’ = esprime il numero annuale di scosse prodotte in una zona ogni 100.000 km2 di superficie. Gli indici più alti si trovano in Giappone e in Cile. In base all’indice sismico abbiamo: 1. Zone sismiche dove i terremoti sono abituali 2. zone penisismiche dove i terremoti non sono frequenti 3. Zone asismiche dove i terremoti sono eccezionali.

    STADIO POSTSISMICO

    STADIO INTERSISMICO

    STADIO PRESISMICO

    CICLO SISMICO STADIO COSISMICO

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    E’ uno strumento capace di rilevare le onde sismiche e di registrarne l’intensità e la durata. Il principio meccanico su cui si fonda è il principio del pendolo. Infatti, è costituito da un telaio metallico fissato al suolo; ad esso è sospesa una massa inerte, la quale per il principio di inerzia tende a mantenere il proprio stato di quiete. La massa inerte è provvista di un pennino che sfiora un cilindro rotante su cui è avvolto un foglio di carta. Quando il telaio è scosso dalle onde sismiche, si sposta insieme al suolo e al cilindro, mentre la massa inerte tende a rimanere ferma: il pennino segna sulla carta i movimenti del sostegno e, quindi, del suolo. Nei moderni sismografi il pennino è sostituito da un raggio laser che impressiona una carta fotosensibile. Esistono tre tipi di sismografi: 1. AVVISATORI : avvertono dell’avvenuta scossa, dandone a volte l’ora e qualche volta l’intensità 2. REGISTRATORI: registrano la scossa indicandone ora e direzione 3. UNIVERSALI : percepiscono le due componenti, orizzontale e ver ticale della scossa. I moderni sismografi sono formati da GEOFONI, cioè pozzetti dove una massa metallica è sospesa in una bobina solidale con il terreno. In ogni stazione sismica funzionano tre sismografi :

    • Uno per registrare lo spostamento verticale del suolo; • Un altro per registrare lo spostamento orizzontale nord – sud; • Un terzo per registrare lo spostamento orizzontale in direzione est – ovest.

    E’ la rappresentazione grafica del sisma, dal suo tracciato si ricavano molte informazioni:

    • Potenza del terremoto • Durata del sisma • Posizione epicentro • Profondità ipocentro • Proprietà fisiche dei materiali attraversati dalle onde sismiche.

    Su di esso si legge in ordine di arrivo le onde: P; S; L.

    IILL SSIISSMMOOGGRRAAFFOO

    SISMOGRAMMA

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    Più lungo è il tragitto percorso (distanza ipocentro – stazione sismica) più le onde arrivano al traguardo (sismografo) distanziate tra loro.

    Per determinare la distanza di una stazione sismica dall’epicentro si calcola il tempo che intercorre tra l’arrivo delle onde P ed S sul sismogramma; quindi si riporta tale intervallo di tempo su un grafico dei tempi di propagazione e si determina la distanza dall’epicentro a cui corrisponde la differenza di tempo.

    GRAFICO DEI TEMPI DI PROPAGAZIONE

    Per localizzare l’epicentro si utilizza la distanza calcolata in tre stazioni sismologiche (A; B; C). Tracciando da ogni osservatorio una circonferenza con raggio pari alla distanza calcolata dall’epicentro, si determinerà la localizzazione dell’epicentro = punto di intersezione delle tre circonferenze.

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 20

    L’analisi di un sismogramma (registrazione grafica di un terremoto) consente di riconoscere le fasi di un sisma cioè gli esatti tempi di arrivo di treni d’onde.

    1) FASE INIZIALE con oscillazioni rapidissime e brevi (onde P, S ); 2) FASE PRINCIPALE O PAROSSISTICA con oscillazioni ampie (onde L); 3) FASE TERMINALE o di assestamento .

    L’area che più risente dell’intensità sismica è detta pleistosismica, e le linee che sulla carta geografica congiungono luoghi aventi la stessa intensità sismica (o con la stessa entità del danno) vengono chiamate isoiste o isosismiche. I parametri più usati per valutare la forza e descrivere gli effetti di un terremoto sono:

    1) INTENSITA’ = misura degli effetti registrati sulla morfologia e sugli insediamenti umani.

    a) caratteristiche geologiche (natura delle rocce)

    Varia in funzione di b) tipo di costruzione (criteri, materiali)

    c) distanza dall’epicentro. E’ una misurazione soggettiva e costituisce un’indicazione più diretta dell’impatto sull’uomo. La valutazione dell’intensità sismica viene fatta nel 1902 in base alla scala Mercalli (1850-1914), compilata sulla base di 12 gradi di intensità, valutando empiricamente gli effetti provocati da un terremoto. Tale scala qualche anno dopo è stata ripresa e modificata da Cancani e Sieberg ( scala M.C.S.). La scala Mercalli è empirica e soggettiva, di valore relativo. I 12 gradi sono riunibili in 3 gruppi: a) microsismi (I grado); b) macrosismi (2°- 8°); c) megasismi (9° - 12°). 2) MAGNITUDO = unita’ di misura della scala RICHTER (1935).

    PRINCIPALI FASI DEI TERREMOTI

    SCALE DI VALUTAZIONE e PARAMETRI

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 21

    Dipende dall’ampiezza massima dello spostamento di un punto del suolo. La Magnitudo esprime approssimativamente la quantità di energia liberata da un terremoto e viene espressa con la scala di Richter, che è una scala logaritmica e non lineare. Ad un aumento di una unità di magnitudo corrisponde un aumento di un fattore 10 nell’ampiezza di movimento del terreno e a una liberazione di energia circa 30 volte maggiore . Es. un terremoto di magnitudo 4 (104) è 10 volte più forte di uno di magnitudo 3, 100 volte più forte di uno di magnitudo 2. Ma libera 30 volte più energia e 900 volte rispettivamente rispetto al 3° e al 2° grado Richter.

    M = 0 10 °; M = 1 10 1 Magnitudo 0 = misura di un sisma che fa registrare un sismogramma, con oscillazione max. di 0.001 mm su un sismografo standard posto a 100 km dall’epicentro. La magnitudo è data dalla differenza tra l’ampiezza dell’impulso registrato da un dato sismografo in occasione di un terremoto (A) e l’ampiezza registrata dallo stesso strumento per un terremoto standard (A0), il tutto espresso in termini logaritmici: M = log 10 A - log 10 A0 ; M = 0 ÷ 9,0, dove M = magnitudo, il cui massimo valore registrato fin ora è di 8, 6 in Cile nel 1960. Es. il log di 100 = 2, poiché 100 = 102. Se A = A0 , M = 0; se A è maggiore di A0 il valore di M è positivo; se A è minore di A0 il valore di M è negativo. Sono stati registrati microsismi con M = -3 che provocano oscillazioni di millesimo di mm. N.B. La quantità di energia liberata da un terremoto non si ricava direttamente dalla magnitudo , ma attraverso una formula empirica che tiene conto delle condizioni locali di propagazione delle onde sismiche. Per i terremoti non profondi si può passare dalla valutazione fatta con la scala Mercalli alla magnitudo M mediante la seguente formula empirica :

    dove I è l’intensità del sisma in base alla scala Mercalli. La capacità distruttiva di un terremoto e, quindi i danni sono causati soprattutto dalle onde superficiali e dipendono da alcuni fattori : � dalla intensità, dalla durata delle scosse, � dalla natura delle rocce attraversate e, quindi, dalla natura dei terreni edificati, � qualità costruttiva dei manufatti, � dalla profondità dell’ipocentro � dalla distanza dell’epicentro.

    • Crollo di edifici (effetto primario) • Danni da rottura di linee elettriche, condutture di gas e incendi • Insorgenza di epidemie nei sopravvissuti per mancanza di strutture sanitarie e di assistenza

    medica.

    • Suolo: fratture, sollevamenti, abbassamenti di livello, grosse frane (primari)

    M = 2/3 x I + 1

    CAPACITA’ DISTRUTTIVA O EFFETTI DI UN TERREMOTO

    SULLE OPERE UMANE

    SUL TERRITORIO

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 22

    • Fiumi: possono essere deviati, provocando inondazioni e alluvioni (primari) • Mari: oscillazioni del fondo con maremoto o tsunami (secondario)

    SECONDARI O TRANSITORI : cessano con lo scuotimento (oscillazione del suolo, variazioni del livello dell’acqua nei pozzi, il rombo cupo, incendi, maremoti.

    Quando, dove e con quale intensità. Cioè: � L’istante � Il luogo � L’intensità. Conoscere il territorio e la frequenza del fenomeno: attraverso una rete di registrazione sull’intero territorio. Le varie stazioni devono essere coordinate e collegate con un controllo continuo e costante. Comunque, è difficilissima. � Osservazione del comportamento degli animali � Analisi delle caratteristiche delle rocce sotto tensione (magnetismo, conduttività elettrica,

    porosità che influisce sul livello dell’acqua nei pozzi) � Pieghe, sollevamenti e sprofondamenti nel terreno � Piccole incrinature e fratture nelle rocce � Studi statistici per individuare zone di GAP o vuoto sismico, perché sono le zone di probabili

    eventi sismici di grande intensità.

    Previsione

    E’ l’intervento più efficace per diminuire il rischio. Individuare le zone a maggior rischio per un’accurata stima del rischio sismico. Prevenire significa in pratica “essere pronti a subire un evento catastrofico, minimizzandone gli effetti”.

    • ZONAZIONE SISMICA con elaborazione mappe o carte della pericolosità e del rischio sismico , dividendo il territorio in aree a diversa sismicità, ognuna caratterizzata dal massimo grado di intensità di un terremoto che ci si può aspettare in base ai dati storici.

    • MICROZONAZIONE SISMICA = rilievo preciso della morfologia e della geologia locale, per capire le proprietà delle diverse rocce e valutarne la risposta sismica (è molto costosa).

    • Una volta individuate le zone a rischio, l’azione preventiva deve essere volta a cercare di limitare al minimo il numero delle vittime e i danni in caso di terremoto, attraverso:

    • EDILIZIA ANTISISMICA: la legge impone l’adozione di particolari criteri nella costruzione degli edifici, con oculata scelta dei terreni stabili e compatti e criteri rigorosamente antisismici, sulla base del coefficiente di rischio sismico:

    PREVISIONE

    A lungo termine (statistica o probabilistica) che usa come strumento basilare il catalogo sismico di una zona, sintetizza la storia sismica con mappatura di un territorio.

    A breve termine o deterministica, si basa sui segni premonitori o precursori : deformazioni elastiche delle rocce , microfratture, dilatazioni (dilatanza), variazione velocità onde P, brusco aumento del gas radon nella falda acquifera, deformazioni e sollevamenti suolo; esodo animali e uccelli o loro comportamento anomalo, frequenza microscosse sismiche.

    PREVENZIONE

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 23

    1. Scelta dei terreni edificabili 2. Fondamenta profonde a fittone, ancorate alla roccia solida 3. Intelaiatura in cemento armato 4. Forma geometrica semplice senza troppe rientranze e sporgenze 5. Materiali omogenei 6. Struttura elastica in cemento armato 7. Strade larghe

    • EDUCAZIONE DI MASSA con norme di comportamento e piano di evacuazione.

    CONTROLLO

    Per ridurre gli effetti più devastanti: separare le faglie immobilizzate, gradualmente e in maniera controllata per esempio attraverso iniezione di liquidi sotto pressione tra le rocce di faglie. Essa diminuisce l’attrito tra i margini, favorendone lo scorrimento. I liquidi riattivano vecchie faglie e riducono il gap sismico di una zona, favorendone il graduale controllo durante le scosse, perché favoriscono il rilascio graduale della tensione accumulata.

    ZONE ITALIANE AD ALTO RISCHIO SISMICO

    1) Sicilia orientale - Calabria - Campania 2) Appennino umbro - marchigiano ed emiliano 3) Alpi Nord - orientali.

    AREE SISMICHE DELLA TERRA

    1) area circumpacifica o cintura di fuoco (dal Kamciatka al Giappone) (85%) a causa delle tensioni e subduzioni;

    2) zona mediterranea transasiatica (dalle Alpi all’Himalaya) (10%, per compressione); 3) fascia dallo Spitzberg all’Antartide lungo la dorsale medio-atlantica (5%, per movimenti lungo le

    faglie trasformi che attraversano trasversalmente le dorsali). 4) Africa orientale .

    NOTE: la pericolosità dei terremoti è superiore a quella dei vulcani. Infatti, se si eccettuano le epidemie e, forse le alluvioni, in natura non esiste un altro fenomeno naturale che storicamente abbia fatto più vittime dei terremoti. A livello mondiale si stima che mediamente ogni anno 10-15.000 persone perdano la vita in relazione a fenomeni a fenomeni sismici. Attualmente è impossibile prevedere con certezza l’approssimarsi d’un terremoto. Adesso, la migliore difesa dai rischi sismici e vulcanici è l’opera di prevenzione.

    IN UNA

    AREA

    SISMICA

    PREVISIONE

    PREVENZIONE

    PREPARAZIONE E PROTEZIONE

    TERREMOTO

    POPOLAZIONE

    CONTROLLO

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    Gli sforzi dovuti ai movimenti della litosfera provocano deformazioni delle masse rocciose in cui si accumula l’energia che, in seguito, verrà liberata dai terremoti soprattutto in prossimità di FASCE ATTIVE, dove cioè dopo un terremoto, le forze endogene continuano ad agire:

    1. dorsali medio – oceaniche/faglie trasformi: con manifestazioni vulcaniche basiche e terremoti poco profondi (massimo a 10 km)

    2. fosse oceaniche: manifestazioni vulcaniche acide e terremoti profondi (cintura di fuoco circumpacifica)

    3. catene montuose recenti: povere di manifestazioni vulcaniche, ma interessate da intensa attività sismica.

    ⇒ PERICOLO SISMICO: probabilità che si verifichi l’evento sismico (predisposizione di un luogo ad

    essere sede di eventi sismici). ⇒ RISCHIO SISMICO: probabilità di un sisma x entità dei danni.

    IL RISCHIO SISMICO

    Il rischio sismico è stato definito come le conseguenze di un potenziale danno economico, sociale ed ambientale derivante da eventi sismici. E’ uno dei più devastanti nel mondo. • Il terremoto più devastante di tutti i tempi pare sia stato quello del 1556 in Cina con 830.000

    vittime • 1976 in Cina con 700.000 vittime • India 1737 con 300.000 vittime • Giappone 1923 con 99.000 vittime • Iran 1990 con 99.000 morti • Giappone 1995 con 5000 morti • Irpinia 1980 con 4.000 vittime • Salerno 1857 con 12.300 vittime • Messina e Reggio Calabria 1908 con 123.000 morti • Avezzano 1915 con 30.000 sepolti. Il rischio sismico è il valore del danno atteso da un terremoto che interesserà in futuro una determinata area. Il valore del rischio sismico dipende da:

    • la pericolosità sismica , cioè la probabilità che in un dato periodo di tempo possano verificarsi terremoti dannosi

    • la vulnerabilità sismica degli edifici, cioè la capacità che hanno gli edifici o le costruzioni in genere di resistere ai terremoti

    • l'esposizione , cioè la quantità e la qualità dei diversi elementi antropici che costituiscono la realtà territoriale: popolazione, edifici, infrastrutture, beni culturali, eccetera che potrebbero essere danneggiati, alterati o distrutti

    Pertanto il rischio sismico si definisce con questa formula: rischio sismico=pericolosità sismica x vulnerabilità x esposizione. R = P x V x E.

    Per capire la differenza tra rischio e pericolosità si consideri che un'area a pericolosità sismica elevata, ma disabitata potrà risultare a rischio non elevato, mentre aree a bassa pericolosità, ma densamente popolate, e per di più con costruzioni di cattiva qualità, potranno risultare ad alto rischio. Le Regioni svolgono attività per valutare , prevenire e mitigare il rischio sismico.

    DISTRIBUZIONE DEI TERREMOTI

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 25

    La pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo interessano, ovvero dalla sua sismicità . La vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello a fronte di un evento sismico di una data intensità.

    R t = P x E x V I parametri del rischio sono quattro, di cui il primo (R) è sintetico, gli altri 3 sono analitici (P, E, V):

    • Pericolosità (P) = distruttività dell’evento sismico; può essere dipendente o indipendente dalla volontà umana;

    • Elementi a rischio (E) = attività, beni, persone che l’evento può distruggere; • Vulnerabilità (V) = la fragilità degli elementi a rischio di fronte all’evento catastrofico,

    parametro sul quale si può meglio agire con costruzioni antisismiche; • Il rischio naturale totale (Rt): è il prodotto di questi tre parametri.

    Dalla formula si evince che, per abbassare il rischio, bisogna diminuire uno o più parametri. Quindi, il rischio mette in relazione l’energia liberata da un terremoto con gli effetti sull’ambiente, cioè è legato alla catastroficità di un terremoto, dipende dalla quantità e dalle caratteristiche delle attività umane esistenti sul territorio.

    ⇒ FATTORI DEL RISCHIO SISMICO

    1) condizioni intrinseche dell’evento sismico (Magnitudo, profondità, frequenza ed intensità onde) 2) condizioni geologiche, geografico-fisiche dell’area colpita cioè caratteristiche tettoniche

    (suscettibilità sismica, predisposizione all’evento sismico ) 3) condizioni delle opere edili, criteri costruttivi e materiali, tipo di attività economiche dell’area, cioè

    presenza ed attività antropica, sua responsabilità nella gestione del territorio, presenza di strutture di soccorso e d efficienza della protezione civile (vulnerabilità sismica = suscettibilità a subire un danno da sisma ).

    Il rischio sismico può essere mitigato con • adeguata conoscenza del proprio territorio (presenza di osservatori sismici) • educazione sismica e strutture di pronto soccorso • qualità delle costruzioni, edilizia antisismica (risorse finanziarie e tecnologiche, ricerca) • bassa densità di popolazione e di attività industriali sul territorio

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 26

    La carta della pericolosità sismica del suolo italiano, redatta su basi tettoniche e storiche, cioè tenendo conto degli eventi degli ultimi 1.000 anni, indica che più del 50% del territorio nazionale sia a rischio sismico. Parametri che condizionano la suscettibilità sismica

    • geologici (tipo di terreni, di rocce, fratture); • geomorfologici (franosità, forme dei rilievi); • idrogeologici (falde, acque sotterranee e superficiali).

    Parametri che condizionano la vulnerabilità sismica • presenza attività antropiche • qualità delle costruzioni • densità di popolazione • tipo di economia: un’area fortemente industrializzata è più vulnerabile di un’area agricola

    per la forte presenza umana • presenza di osservatori sismici • educazione sismica e presenza di strutture di pronto soccorso.

    ESPANSIONE 1: NORME DI COMPORTAMENTO IN CASO DI TER REMOTO

    DECALOGO DURANTE IL TERREMOTO

    1. Restare calmi, ripararsi sotto tavoli o protezioni robuste, travi, muri portanti 2. Spegnere fornelli e fonti di incendi 3. Non precipitarsi fuori dagli edifici in preda al panico, tenersi lontano dalle finestre, uscire alla fine

    della scossa 4. Spegnere i focolai di incendio 5. In edifici con molti piani aprire la porta per assicurarsi una via d’uscita 6. Non usare il telefono 7. Non usare ascensori 8. All’aperto stare in luoghi spaziosi lontano da edifici 9. Collaborare ai soccorsi 10. In caso di evacuazione dell’area non usare l’automobile ma attenersi alle istruzioni.

    ESPANSIONE 2: LA TOMOGRAFIA SISMICA

    E’ una nuova tecnica di analisi dei sismogrammi messa a punto negli anni ’80, in grado di dare una visione più dettagliata dell’interno della Terra, rispetto alla sismologia tradizionale. Si utilizzano i dati di numerosissime onde sismiche ottenute da osservatori di tutto il mondo e attraverso un grande calcolatore vengono analizzati, ottenendo immagini tridimensionali della parte interna della Terra attraversata da quelle onde. Dalle variazioni delle velocità delle onde sismiche e dalle loro anomalie, si può risalire alla rigidità e stato fisico dei materiali attraversati e quindi alle loro temperature. Le zone più fredde e rigide vengono attraversate più velocemente dalle onde rispetto alle zone calde. Le onde P rallentano passando da un mezzo solido ad uno liquido, mentre le onde S non si propagano nei liquidi. Analizzando le onde sismiche, gli scienziati sono giunti all’ipotesi che l’interno della Terra non è omogeneo, ma strutturato in gusci concentrici, aventi caratteristiche fisiche e chimiche diverse. All’esterno vi è la crosta, spessa fra 5 e 90 km, sotto di essa si trova il mantello. I due gusci sono separati da una discontinuità, detta di Moho (1909). Nella crosta le onde P hanno una velocità di 6/7 km /s, mentre nel mantello si muovono ad una velocità di 8 km/s. E’ stato dimostrato , con prove sperimentali, che tale aumento di velocità avviene nel passaggio delle onde da rocce sialiche a rocce femiche o mafiche: perciò, si suppone che il mantello sia costituito da rocce mafiche. Il mantello si estende fino a 2900 km e rappresenta l’84% del volume e il 68% della massa della terra. La sua temperatura si suppone compresa tra 1000° e 3500°C. Anche il mantello non è omogeneo ma presenta alcune discontinuità minori. A circa 2900 km c’è la discontinuità di Gutenberg che separa il mantello dal nucleo. Il nucleo rappresenta il 16% del

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 27

    volume e il 31% della massa della Terra, essendo formato da elementi pesanti come il ferro e nichel, oltre a silicio, ossigeno e zolfo. La parte esterna del nucleo arresta le onde S, per cui si suppone sia liquido. Al suo interno, da 5200 km al centro, il nucleo è solido, con ferro e nichel vicini al punto di fusione.

    ESPANSIONE 3: I BRADISISMI Bradisismi avvengono in tempi molto più lunghi, in quanto sono lente oscillazioni verticali del terreno, specialmente lungo le coste. LE CAUSE • Di tipo chimico-fisico, legate all’assorbimento o perdita di acqua da parte del terreno

    (subsidenza , cioè il lento abbassamento del suolo che si verifica per il progressivo accumulo e compattamento di detriti)

    • Vulcaniche , in quanto correlate a spostamento di masse magmatiche in senso verticale • Isostasia: in base alla quale un alleggerimento o un appesantimento di regioni, dovuti agli

    agenti esogeni, ne provocano l’innalzamento o l’affondamento (movimento epirogenetico) . I bradisismi possono essere: Bradisismo o bradisisma locale quando l’area interessata e limitata; Bradisismo o bradisisma regionale , se interessa vasti territori (più noto come movimento epirogenetico).

    Si possono classificare in: 1. NEGATIVI, quando il movimento avviene verso l’alto (come nella costa tirrenica) 2. POSITIVI, quando il movimento avviene verso il basso (costa dalmata) 3. ALTERNATI , sia verso l’alto che verso il basso (Pozzuoli).

    SISMA

    TACHISISMI O TERREMOTI Movimenti bruschi, orizzontali e verticali con liberazione in tempi brevi di energia.

    BRADISISMI: lenti movimenti, graduali, di tipo verticale, con sollevamento e abbassamento del terreno.

    Generano ONDE SISMICHE

    INTERNE o DI VOLUME Provengono dall’ipocentro, luogo interno della Terra dove si genera il terremoto.

    ESTERNE o SUPERFICIALI Provengono dall’epicentro, luogo

    della superficie sulla verticale dell’ipocentro.

    P ed S L ed R

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 28

    VULCANESIMO

    ORIGINE DEL VULCANESIMO Si chiama vulcanesimo quell’insieme di fenomeni per i quali vengono eruttati sulla superficie materiali situati all’interno della Terra: emissione di magma e gas sulla superficie della Terra. Interno della Terra non significa “centro della Terra”: il vulcanesimo interessa solo la crosta terrestre, fino a qualche decina di km. L’inizio e lo sviluppo dell’attività vulcanica sono legati alla pressione litostatica (dovuta alle rocce). In conseguenza dei movimenti della litosfera, la pressione litostatica diminuisce o si annulla lungo le fratture, il materiale magmatico già fuso, a causa della caduta improvvisa della pressione, fonde rapidamente e può risalire in superficie, dando luogo a fenomeni vulcanici.

    GENERALITA’ – APPARATO VULCANICO I vulcani sono delle finestre sull’interno della Terra. Il vulcanesimo costituisce un importante agente creatore e modificatore della crosta terrestre. Sulla Terra esistono più di 10.000 vulcani , di cui più di 500 attivi in superficie. L’attività vulcanica non è uniformemente distribuita sulla superficie terrestre, ma è concentrata in fasce ben definite dove avvengono fenomeni dinamici. Quasi tutta l’attività vulcanica, infatti, è concentrata ai margini delle placche, con apparati vulcanici sottomarini ai margini divergenti (85%) e apparati subaerei ai margini convergenti- subduzione (15%). L’attività vulcanica è caratterizzata da fuoriuscita di magma e gas ad altissima temperatura e pressione. Per vulcano si intende una spaccatura della crosta terrestre.

    APPARATO VULCANICO interno: struttura Gli elementi fondamentali sono:

    • Focolaio magmatico o area d’alimentazione: situato nel mantello, dove si forma il magma, fino ad oltre 100 km;

    • Bacino magmatico o camera magmatica o serbatoio magmatico: a livello crostale, a 2-10 km di profondità;

    • Camino o condotto vulcanico

    OBIETTIVI:

    1. Definire e illustrare il vulcanesimo 2. Elencare e descrivere i materiali eruttati 3. Descrivere la struttura di un vulcano e la sua attività 4. Riferire sulla classificazione, sulle cause e la previsione dei

    vulcani

    5. Individuare sul planisfero la distribuzione geografica dei vulcani sul Pianeta e nell’area mediterranea

    6. Distinguere tra vulcanesimo primario, secondario e pseudovulcanesimo

    7. Collegare l’attività vulcanica e l’uomo 8. Definire e distinguere il pericolo e il rischio vulcanico. 9. Discutere le componenti del rischio vulcanico

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 29

    • Bocca o cratere principale; • Crateri avventizi o secondari.

    Il magma depositandosi attorno al cratere col tempo forma il monte vulcanico o apparato vulcanico esterno, aspetto più appariscente del vulcanesimo.

    Nel corso dell’attività vulcanica possono essere emessi:

    Polveri con ∅ di 1/16 mm Ceneri con ∅ < 2 mm Lapilli con ∅ di 2 mm ÷ 2 cm Pomici e scorie = frammenti di lava con pori per fuoriuscita di gas

    Bombe : frammenti di lava che rotolano e assumono forma affusolata (> 6 cm) I prodotti solidi o piroclastici (=sassi di fuoco), sono frammenti di lava di varie dimensioni, per origine sono ignei, ma per giacitura sono sedimentari. I depositi piroclastici incoerenti sono chiamati tefra , mentre quando sono coerenti o cementati tali depositi o rocce prendono vari nomi: • Tufi vulcanici o tufi a lapilli : depositi di lapilli consolidati: • Brecce vulcaniche o piroclastiche : depositi di bombe; • Cineriti o tufi cineritici : depositi di ceneri e polveri. B. PRODOTTI LIQUIDI: sono rappresentati dai magmi che quando vengono a giorno sono chiamati lave, unico prodotto liquido dell’attività vulcanica. Il magma è una massa fusa, incandescente di silicati ad elevata temperatura (800 – 1200°C).

    MATERIALI VULCANICI

    PRODOTTI SOLIDI

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    ACIDI In base al contenuto in SiO2 si hanno magmi INTERMEDI

    BASICI. Il magma risale verso la superficie per galleggiamento. La pressione litostatica gli impedisce di risalire: La composizione chimica del magma e della lava è un elemento determinante: infatti, la forma di un edificio vulcanico e il tipo di eruzione dipendono in misura primaria dal contenuto in silice del magma e, quindi, della lava stessa.

    MAGMA E SUE PROPRIETA’

    a) Il magma è una roccia fusa o meglio una miscela di roccia fusa, di silicati e gas in soluzione che si forma nella crosta (magma anatettico o crostale ) o nel mantello (magma basaltico o primario ), quando la temperatura è talmente elevata da provocare la fusione dei materiali costituenti.

    b) presente un’ampia composizione chimica (Si, Al, Fe, Mg, Na, K, O2 sotto forma di ossidi), Il componente principale è la silice SiO2.

    c) è viscoso d) ha sempre temperatura elevata, compresa tra 600° C e 1300° C e) In tutti i magmi sono presenti piccole quantità di gas disciolti (0,2% - 5% del peso). La presenza di

    questi gas favorisce la cristallizzazione, in quanto sono agenti mineralizzatori. Essi influiscono direttamente sulla fluidità e mobilità del magma. Il gas più abbondante è il vapore acqueo che insieme alla CO2 rappresenta il 98% di tutti i gas vulcanici, importanti per le seguenti ragioni:

    • Influenzano la composizione chimica dell’atmosfera e il clima (specie CO2 e SO2) • La loro maggiore o minore volatilità rende più o meno violenta l’eruzione (un gas molto volatile

    rende più violenta e più pericolosa l’eruzione) • Eruttano nell’atmosfera grandi quantità di polvere vulcanica da provocare un abbassamento

    della temperatura globale. MAGMA PRIMARIO : di composizione basaltica o mafica , ad alta temperatura (1200°-1400°C), molto fluido, origina le rocce effusive perché tende a risalire facilmente fino in superficie, essendo fluido, e si parla di VULCANI; esso proviene da zone profonde del mantello, di cui è un distillato e precisamente dalla peridotite o eclogite , roccia del mantello superiore. Nonostante la temperatura elevata, le rocce non sono fuse ma semiplastiche a causa delle enormi pressioni litostatiche. Pertanto, per ottenere la fusione occorre o alzare la temperatura o abbassare la pressione:

    • L’abbassamento di pressione (legata a un fenomeno di distensione della crosta) avviene presso le dorsali oceaniche, dove ci sono lacerazioni e fratture, che causano diminuzione di pressione che produce la fusione dell’astenosfera superficiale, quando le placche si allontanano;

    • L’altro modo per ottenere magma fuso, consiste in un aumento termico notevole, grazie alla subduzione di masse rocciose superficiali, trasportate in profondità o grazie al trasporto di calore con celle convettive o punti caldi.

    MAGMA ANATETTICO O ACIDO o granitico : deriva dalla fusione di roccia crostale a circa 15 km di profondità. E’ fortemente viscoso a causa dell’abbondanza di tetraedri di silice, molecole ingombranti che impediscono (per attrito interno) una buona fluidificazione del magma, per cui il magma tende a solidificare in condizioni intrusive dando origine ai plutoni. La temperatura è relativamente bassa (600-700° C), si muove con notevole difficoltà, per cui tende a cristallizzare in profondità, dove forma batoliti granitici. In definitiva, i magmi granitici rappresentano una rielaborazione locale delle rocce crostali.

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 31

    MAGMA BASALTICO O MAFICO (80%) O femico o

    BASICO

    MAGMA INTERMEDIO O ANDESITICO (10%)

    MAGMA RIOLITICO O GRANITICO O FELSICO (10%)

    50% SiO2, ricchi di Fe e Mg 60% SiO2 70% SiO2 Pochissimi gas disciolti Molti gas disciolti Moltissimi gas disciolti

    Poco viscoso, fluido Viscosità intermedia Molto viscoso, colloso, non libera i gas

    Colore scuro Colore intermedio Colore chiaro Alta densità (HD) Bassa densità (DD, LD) Abbondanti sui fondali oceanici Abbondanti sulle terre emerse Temperatura iniziale 1200-1400°C

    Temperatura iniziale intorno ai 600/700° C

    LAVA E SUE PROPRIETA’

    La lava è magma degassato e fuoriuscito. Infatti, quando si affaccia alla superficie, il magma ha già subito delle trasformazioni: a) ha perduto parte dei gas b) si è arricchito di materiali nuovi, provenienti dalla fusione di rocce del camino. Anche le lave possono essere distinte in tre categorie fondamentali in base alla loro composizione mineralogica, che si ripercuote sulle caratteristiche fisiche:

    1. Le lave basiche o basaltiche hanno temperatura di 1000 – 1300°C, perciò sono molto fluide e relativamente povere di gas, contengono una bassa percentuale di silice (40%) . Le lave basiche, fluide, hanno la capacità di scorrere con facilità, formando immense colate, con edificio vulcanico a scudo.

    2. Le lave acide o riolitiche o granitiche hanno temperatura inferiore (700-800°C), sono meno fluide, più viscose, hanno più silice (fino a 75%) e sono ricche di gas . Sono assai poco scorrevoli e fuoriescono con difficoltà dalla bocca del vulcano. La loro viscosità e collosità ostacola la

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 32

    liberazione dei gas, che rimangono imprigionati, e di cui sono ricche. Ne consegue una elevata predisposizione ad eruzioni di tipo esplosivo, con edificio vulcanico a cono.

    3. Le lave intermedie o andesiti (dal nome della catena andina). Tutti questi aspetti risultano di fondamentale importanza: • sia per il tipo di attività eruttiva: effusiva per i vulcani basici, esplosiva per quelli acidi; • sia per la forma degli edifici vulcanici: a scudo quelli basici, conici quelli acidi. Due sono i parametri importanti:

    a) Il contenuto in silice b) La presenza di vapore acqueo: la sua abbondanza darà origine ad un comportamento

    esplosivo, mentre quando il magma è povero di vapore, darà origine ad eruzioni tranquille di tipo effusivo.

    La forza che proietta all’esterno e frammenta lava e lapilli è la pressione dei gas disciolti nel magma. Secondo una nomenclatura descrittiva del tutto informale, non scientifica, l’aspetto di una colata lavica dipende da vari fattori:

    • composizione • viscosità • contenuto in gas

    • morfologia del terreno • temperatura della lava • velocità di scorrimento.

    a) LAVA A CORDA (pahoehoe = pahoihoi in Hawaiano), vuol dire che ci si può camminare

    sopra a piedi nudi; proviene da un’eruzione hawaiana. Si presenta sotto forma di superfici ondulate ma non scabrose, con molte pieghe, perché la lava si solidifica inizialmente in superficie, ma al di sotto continua a scorrere per un poco, corrugando la pellicola superficiale già consolidata. Deriva dal raffreddamento di lave basiche molto fluide.

    b) LAVE SCABROSE, A SCAGLIE O SCORIACEE: si formano in seguito all’avanzamento di

    lava mediamente viscosa che solidifica in superficie, sotto forma di scaglie minute. Sono dette aa = su cui non si può camminare a piedi nudi. La lava è ricca di gas e si divide in scaglie. Appare fratturata in blocchi frastagliati per la perdita di gas.

    c) LAVA A BLOCCHI: nel caso di lave acide, poco fluide, con viscosità accentuata, il

    raffreddamento superficiale produce blocchi che avanzano spinti dal fiume sottostante (varietà di lava aa).

    d) LAVA A CUSCINI o pillow lavas: lava sotto forma di grossi blocchi arrotondati, frutto di colate sottomarine, come una catasta di focacce. Lava a cuscino, sferoidale.

    e) Lava a struttura colonnare, da lave basaltiche o ba siche.

    FORME DELLE COLATE LAVICHE

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 33

    PLUTONI / plutonismo

    Corpi ignei intrusivi, profondi, che si distinguono in base alla forma e alle dimensioni: A) Plutoni di grandi dimensioni

    1. Batoliti = plutoni più grandi con intrusione superiore a 100 km di lunghezza e 250 km di

    larghezza 2. LOPOLITI: intrusioni massicce, larghe a forma discoidale, depressa al centro.

    B) Plutoni intermedi 3. STOCK: corpi magmatici intrusivi di forma irregolare che tagliano trasversalmente la

    stratificazione della roccia intrudente. Sono massimo 10 km. 4. LACCOLITI: sono sills che fanno piegare verso l’alto le rocce intrudenti. Presentano una

    forma lenticolare, a fungo, non tabulare. C) Corpi intrusivi più piccoli

    5. NECK: condotto vulcanico messo a nudo dall’erosione / obelisco magmatico. 6. CONDOTTO VULCANICO: canale cilindrico di roccia magmatica al di sotto del cratere. 7. DICCHI o Filoni = plutoni più piccoli e tabulari oppure tagliano trasversalmente la

    stratificazione rocciosa. 8. FILONI STRATO o sill: sono paralleli alla stratificazione.

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 34

    Le nubi ardenti sono costituiti da materiale gassoso e piroclastico densissimo (pomici, ceneri, polveri, lapilli) che lambiscono il suolo ad altissima temperatura (500-800° C) e ad una velocità di 120 m/s. Sono una forma spettacolare e distruttiva di eruzione, quando i gas mescolati a ceneri e polveri calde, vengono emessi sotto forma di nubi incandescenti, che rotolano lungo i fianchi dell’edificio vulcanico a velocità di 150 - 360 km /h. Il materiale depositato e cementato a 700-800°C, forma rocce chiamate “IGNIMBRITI” = pioggia di fuoco , note anche come tufi saldati. Le nubi ardenti sono una densa emulsione di gas, vapori e frammenti solidi fini, a 500-800°C e brucia tutto. SI FORMANO quando i prodotti liquidi e solidi non si separano da quelli gassosi, FORMANDO UNA EMULSIONE. Il magma delle nubi ardenti è ACIDO. Le nubi ardenti possono assumere la forma anulare ed espandersi intorno alla base di una colonna eruttiva, mentre il materiale si diffonde radicalmente e raso terra. Tale fenomeno si chiama BASE SURGE (nube ad anello, una specie di onda d’urto, sono le più distruttive).

    NUBI ARDENTI

    RICADENTE DISCENDENTE, surge TRABOCCANTE Piroclastic flow: la nube sale con violenza verso l’alto. Persa energia, la colonna rovente collassa e ricade al suolo, rotolando velocemente come una valanga, lungo le pendici dell’edificio vulcanico. * Flow = flusso

    Base surge: se la sommità del condotto è ostruita da una cupola di ristagno di lava, l’esplosione può avvenire lateralmente e la nube scende lungo il pendio con velocità e forza spaventose (360 km/h). Surge = ondata travolgente Base = bassa, di base.

    Gigantesca nube piroclastica che fuoriesce da lunghe fessure, invece che da condotti centrali.

    • un altro prodotto indiretto dell’attività vulcanica, nella fase finale dell’eruzione, consiste nei

    depositi derivanti dalle colate di fango o lahars, a seguito di pioggia torrenziale che porta a valle coltri di ceneri vulcaniche alte anche 20 metri (vedi Ercolano).

    C. PRODOTTI AERIFORMI (GAS E VAPORI): Vapore acqueo, acido solfidrico (H2S), idrogeno (H2), acido cloridrico, SO2, CO2, HF. Essi hanno un effetto di trascinamento del magma giacché la loro concentrazione è la principale causa d’eruzione. Il vapore acqueo arriva al 70-98%. Essi sono il prodotto della degassazione della lava. La loro importanza è duplice:

    • da un lato hanno contribuito a formare gran parte dell’atmosfera • dall’altro favoriscono la risalita del magma. Sono detti anche agenti mineralizzatori. Favoriscono

    la spinta finale per l’eruzione.

    1. SEGNI PREMONITORI = boati, fumi, vibrazioni del suolo a causa dei movimenti del magma,

    aumento temperatura suolo, sviluppo gas. 2. ERUZIONE (dipende dal tipo di lava): può essere ESPLOSIVA, violenta per magma viscoso,

    acido; o EFFUSIVA, meno violenta, con magma basico, fluido L’eruzione si divide in fasi e rappresenta il culmine dell’attività di un vulcano:

    FASI DELL’ATTIVITA’ VULCANICA

    NUBI ARDENTI / Ignimbriti / Base surge / Lahars

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 35

    ESPLOSIONE, fase esplosiva breve, con gas e vapore acqueo. DEIEZIONE, lunga con emissione lavica (fase effusiva).

    2. ERUZIONE EMANAZIONE, più lunga, con vapori e gas FASE DI ESTINZIONE O SOLFATARA con emissione di fango bollente, vapore acqueo (fumarole), H2S (putizze).

    3. FASE DI QUIETE. L’intermittenza fra un’attività e l’altra caratterizza tutta l’attività vulcanica.

    TIPI DI ERUZIONI

    Le eruzioni vulcaniche possono essere di vario tipo. In base al tipo di frattura o apertura possiamo distinguere:

    • Le eruzioni fessurali o lineari quando avvengono attraverso fratture della crosta, lunghe anche decine di km. Sono tipiche di vulcani basici: le lave basaltiche grazie alla loro estrema fluidità, tendono ad espandersi su ampie superfici. Risultato di queste effusioni sono i cosiddetti plateaux (tavolati- espandimenti) basaltici (basici o ignimbritici (acidi). Essi sono delle successioni di colate laviche sovrapposte, con estensione fino a 750.000 km2. Es. di plateau è il Deccan = 500.00 km2, oppure nel Paranà con 750.000 km2, oppure le effusioni basaltiche lungo le dorsali oceaniche per 50.000 km, l’Islanda. Raramente sono acide .

    • Le eruzioni centrali o a condotto centrale o areali : quando sono limitate ad una superficie ridotta, l’emissione lavica avviene attraverso un solo camino o un gruppo di camini collegati. SONO LE CLASSICHE che danno origine ad un monte vulcanico esterno a forma conica.

    • Le eruzioni sottomarine o subacquee .

    TIPI DI EDIFICI VULCANICI

    Dipendono dal tipo di attività vulcanica e dal tipo di lava emessa.

    • Vulcani centrali o areali: quando l’edificio è subcilindrico con condotto e cratere (a

    condotto centrale ). I più comuni edifici vulcanici centrali o areali sono: • Vulcani a scudo o hawaiano, con base molto larga, anche 400 km, pendici con deboli

    pendenze, lava fluida, basica, attività effusiva: Esempio le isole Hawai (Mauna Loa alta 4000 + 6000 metri).

    • Vulcani strato o misti, con depositi alternati di colate laviche e materiali piroclastici (attività effusiva alternata a quella esplosiva). La forma dell’edificio varia a seconda del rapporto tra i due diversi tipi di materiali emessi. Generalmente si tratta di edifici conici con fianchi più ripidi di quelli a scudo. Esempi sono il Vesuvio, lo Stromboli, L’Etna.

    • I coni di cenere, originati da eruzioni centrali esplosive con solo materiale piroclastico. • Le protrusioni solide, o guglie o denti o spine e , tipo peleano, alte anche 300 metri,

    quando le lave sono molto viscose e acide. Es. la Peleè. Sono dette anche cupole di ristagno (duomo), una specie di bubbone di magma solidificato all’interno (Vulcani a duomo o tipo peleano).

    • Le Caldere (tipo vulcaniano), crateri vulcanici molto ampi fino a 50 km, a seguito di una esplosione violenta. Sono ampie conche o depressioni a fondo piatto e a pareti ripide, causate da collasso del cono vulcanico. Una caldera occupata da un lago = maar. N.B. diatrema = foro attraverso, cioè ciò che rimane di un condotto vulcanico riempito di materiale piroclastico (es. condotti diamantiferi); è una struttura vulcanica che svolge funzione di finestra sull’interno della Terra e permette di raccogliere informazioni dirette sulla composizione e sullo stato fisico della terra fino al mantello.

    • Vulcani lineari o fessurali, caratterizzati da lunghe spaccature che penetrano profondamente nella Terra con formazione di plateaux.

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 36

    ATTIVITA’ VULCANICA

    Fornisce informazioni sull’interno della Terra, sono manifestazioni in superficie dell’attività interna della Terra:

    • ERUZIONE EFFUSIVA (vulcanesimo effusivo): è determinata da colate basiche, fluide,

    tranquille, con fiumi e laghi di lava. La solidificazione avviene all’esterno. I gas si liberano tranquillamente perché il magma basaltico, essendo fluido, non forma tappi, e non ostruisce il cratere, per cui non viene impedita la fuoriuscita dei gas, che possono liberarsi tranquillamente. Il magma basico è fluido, ha temperature maggiori e, quindi, ha minore tensione di vapore dei gas. Cioè, il magma basico è più capace di sciogliere i gas per cui c’è minor produzione di gas liberi e minor tensione……Essa può essere lineare (se la lava fuoriesce da fenditure e non si forma una montagna); centrale (se la lava viene emessa dal cratere); laterale (se la lava fuoriesce da crateri laterali).

    • VULCANESIMO ESPLOSIVO: quando il magma è acido, molto viscoso e ricco di gas, si consolida facilmente all’interno del camino con formazione di un tappo solido, perciò la degassazione tranquilla non può avvenire e i gas si accumulano nel magma, faticano a liberarsi e ci riescono solo quando la loro pressione riesce a superare la pressione dell’impedimento o tappo, tramite una esplosione vi olenta . Quando più magma si sarà solidificato nella camera magmatica o nel camino, tanto minore volume di magma liquido hanno a disposizione i gas dove sciogliersi, aumentando la loro pressione e la loro potenza esplosiva. Perciò, abbondante sarà la produzione di gas in magmi e lave acide, che essendo ricche di silice sono più viscose e meno capaci di sciogliere i gas. Per questo motivo si forma una nube ardente. Può essere: verticale, per cui la nube sale per migliaia di metri. Alla base si forma una nube ardente anulare che si espande radialmente a 150 km/ora, simile alla base surge di un’esplosione; laterale, attraverso squarci lungo i fianchi con giganteschi nubi ardenti.

    • VULCANESIMO ESPLOSIVO IDROMAGMATICO: dovuto alla interazione tra magma e acqua di falda. Il brusco passaggio dell’acqua allo stato di vapore genera enormi pressioni che fanno uscire dal cratere con grande violenza una nube che trascina frammenti. Il vapore, raffreddatosi e condensatosi, ricade come pioggia che, mescolandosi a cenere e sabbia, produce colate di fango (lahars). Dalla base della colonna eruttiva parte un base surge, una specie di onda d’urto che forma una densa nuvola ad anello di vapore e materiali solidi, che si espande a più di 150 km/h in senso radiale.

    CLASSIFICAZIONE DEI VULCANI

    • ERUZIONI ALTERNATE: se le due attività, effusiva ed esplosiva, si alternano, in quanto il magma è intermedio. Può essere stromboliana se prevale la fase effusiva; vulcaniana se prevale la fase esplosiva.

    • ERUZIONI EIETTIVE: caratterizzate dall’emissione di prodotti lavici solidi o semisolidi.

    L’esplosività cioè il grado di esplosività dipende da: ⇒ Tipo di lava ⇒ Eventuale presenza di acqua (eruzione idromagmatico).

    CLASSIFICAZIONE DEI VULCANI

    � ATTIVI, se danno segni di attività (Etna, Stromboli) � QUIESCENTI, se da lungo tempo non sono in attività (Vesuvio)

    � SPENTI, se a memoria storica d’uomo non hanno dato segni di attività (qualche millennio).

    La classificazione tradizionale dei vulcani si basa su 7 tipi di eruzione ed usa i seguenti criteri:

    1. Tipo di lava emessa

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 37

    2. Temperatura di emissione 3. Presenza di volatili.

    A seconda di come si manifesta l’attività abbiamo vari tipi di vulcani:

    ⇒ TIPO ISLANDESE , manca una vera montagna vulcanica, la lava è molto fluida; effusione

    da fratture non da edifici a condotto centrale. ⇒ TIPO HAWAIANO , senza esplosione, prevalenza di deiezione di lava fluida e tranquilla

    (vulcani a scudo, basici, base ampia fino a 400 km);liberazione di pochi gas. ⇒ TIPO STROMBOLIANO , con deiezioni di lava fluida accompagnata da esplosioni, con

    lancio di materiale solido (vulcani misti), Isole Eolie; ⇒ TIPO VULCANIANO , con violente esplosioni e deiezioni di lava viscosa andesitica, ad

    effetto tappo, Isole Lipari; nube a Pino Marittimo. Prevalenza di prodotti piroclastici. ⇒ TIPO PELEANO , con lava viscosissima, acida, con esplosione molto violenta; ⇒ TIPO VESUVIANO, le tre fasi d’esplosione, deiezione, e d’emanazione sono distinte e

    intervallate. Eruzione violenta. Può essere detta Pliniana quando si verifica dopo un lungo periodo di quiete.

    A) VULCANI AD ERUZIONE CENTRALE

    TIPO DI ERUZIONE CARATTERISTICHE EDIFICIO – ESEMPI

    Hawaiano, attività effusiva

    Lava fluida, basaltica. Esce da un cratere centrale, espandendosi in ogni direzione.

    Vulcani a scudo, con un cono a base ampia e pendici lievi. Vulcani delle isole Hawai.

    Stromboliano: attività mista

    Lava piuttosto fluida; all’effusione si alternano eruzioni più violente, a base di ceneri e lapilli, proiettati a notevole altezza a causa del ristagno periodico della lava nel cratere, formando una crosta solida che viene periodicamente frantumata ed eruttata dalla modesta pressione dei gas sottostanti, sotto forma di brandelli di lava fusa.

    Strato vulcani, a forma conica. Es. Etna, Stromboli

    Vulcaniano: attività mista

    Lava viscosa che fuoriesce con violenza e abbondanza di piroclastici, formando una nube scura. Rare sono le emissioni laviche. La lava viscosa solidifica nella parte alta del condotto, formando un tappo di grosse dimensioni. Pertanto, i gas impiegano più tempo per raggiungere pressioni sufficienti a vincere l’ostruzione. Perciò, l’eplosione è violenta.

    Strato vulcano. Es. Vulcano.

    Peleano : attività esplosiva, lava viscosissima a temperatura di 600-800° C, spinta fuori quasi solida a forma di cupola, torri, denti….

    Lava molto viscosa, estrusa dal condotto già in gran parte solidificata. L’eruzione è accompagnata da grandi emissioni di polveri e nubi ardenti distruttive.

    Cumulo-vulcano, con aspetto a torre, a cupola, ad ago, a dente. Es. La Peleè.

    CLASSIFICAZIONE DEI VULCANI SECONDO LACROIX (1867-1948)

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 38

    Pliniano : aggiunta in seguito come forma intermedia tra vulcaniana e peleana.

    Eruzione con maggior esplosività della vulcaniana, con nube ardente , piroclastica, a pino marittimo, che rotola sui fianchi del vulcano, e di base surge (79 d.C. Vesuvio, Pompei). I gas emessi sono di vapore acqueo.

    ERUZIONE FISSURALE

    ISLANDESE Lava fluida, basaltica. Fuoriesce da più punti allineati lungo grandi fratture della crosta.

    Plateau basaltico con tavolati di diverso spessore.

    Lava viscosa che genera nubi ardenti, le quali si incanalano lungo valli di centinaia di km.

    Plateau ignimbritici, con sovrapposizione di strati piroclastici. Es. Campi Flegrei 35.000 anni fa.

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 39

    Mancano il magma e il parossisma (fase violenta) dell’attività vulcanica. Sprigiona energia ed emette materiale diverso dal magma e comprende i seguenti fenomeni:

    ⇒ Solfatara con emissione di H2O; H2S ⇒ Putizze, con emissione di H2S ⇒ Fumarole con emissione di vapore acqueo ⇒ Soffioni boraciferi, con getti di vapore ad elevata temperatura + acido borico ed NH3 ⇒ Geysers, con getti di acqua a temperatura altissima, superiore al punto di ebollizione, a 30-

    40 m. Il geyser è una profonda fessura del suolo che periodicamente si riempie di acqua proveniente dal sottosuolo, e quando raggiunge il punto di ebollizione viene spinta verso l’esterno.

    ⇒ Mofete, con emanazione di CO2 ⇒ Stufe, con emanazione di vapore caldissimo dentro grotte ⇒ Sorgenti termali, con emissione intermittente di acqua con sali minerali a temperatura non

    elevata, inferiore al punto di ebollizione. Secondo un’ulteriore classificazione le fumarole , in base alla temperatura e alla composizione chimica, si distinguono in:

    1. FUMAROLE SECCHE : con temperatura molto alta, vicina ai 1000°C, costituite principalmente da vapore acqueo, HCl, CO2 e componenti solforose.

    2. FUMAROLE ACIDE : con temperatura di 300-400°C con HCl, SO2, vapore acqueo. 3. FUMAROLE ALCALINE E AMMONIACALI : con temperatura di 100-200°C, con NH4Cl e

    H2SO3. 4. Le fumarole con prevalenza di gas solforosi = SOLFATARE , quelle con prevalenza di CO2

    = MOFETE. 5. Anche i SOFFIONI BORACIFERI, seconda questo schema, sono un tipo di FUMAROLE.

    Presentano analogia con i fenomeni vulcanici. Elementi sempre presenti sono fango ed idrocarburi:

    ⇒ Vulcani di fango = emissione di fango con idrocarburi, N2, CO2, HCl ⇒ Salse = modeste emissioni di fango ⇒ Fontane ardenti = idrocarburi gassosi che a contatto con l’aria prendono fuoco.

    Sono riuniti in distretti e in vicinanza del mare, in aree instabili dove fratture hanno indebolito la resistenza della crosta terrestre, secondo linee preferenziali, ai margini delle zolle:

    � Punti caldi (hot spot) � Lungo le coste del Pacifico � Lungo le dorsali oceaniche � Lungo le fosse oceaniche

    VULCANESIMO SECONDARIO

    FENOMENI PSEUDOVULCANICI

    DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI VULCANI

  • La Dinamica Endogena - Filippo Quitadamo 40

    � Lungo gli archi insulari � Depressione mediterranea.

    Il vulcanesimo è legato a fenomeni orogenetici, di deformazioni e spostamenti di masse rocciose e profonde fratture della crosta terrestre e, quindi, alla tettonica a zolle. Le masse degli strati profondi passando da forti pressioni a pressioni sempre minori, diverrebbero fluide e tenderebbero a risalire a causa dell’aumento di volume, lungo le fratture. Nel contempo si separerebbero i componenti volatili (gas, vapori) che con la loro tensione spingerebbero il magma verso l’es