La didattica della matemati- ca attraverso il materiale ... · Laureato in Pedagogia con una tesi...
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© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 9 – Settembre 2015 143
La didattica della matemati-ca attraverso il materiale strutturato
Antonio Conese
Laureato in Pedagogia con una tesi sull’insegnamento della matematica nella scuola primaria, si è perfezionato su “La dimensione europea della scuola e dell’insegnamento”. Docente di Scuola Primaria (1970-1979) e Dirigente Scolastico (1979-2007), ha collaborato con la Rivista “I diritti della scuola” ed è stato Docente-esperto in numerosi corsi di formazione per l’insegnamento della matematica e della scienze promossi dall’IRRSAE di Puglia in occasione dell’attuazione del Piano Pluriennale di Aggiornamento per l’attuazione dei Programmi di Scuola Primaria del 1985.
Nell’insegnamento della matematica non si è ancora placata la discussione
intorno all’opportunità di usare il ricco materiale strutturato prodotto dalla
ricerca psicopedagogica. In questo articolo si intende superare la contrap-
posizione tra sussidi didattici ed elementi della vita concreta nella forma-
zione dei concetti matematici fin dai primi anni di scuola. E’ anche
l’occasione per far chiarezza sul contributo di Zoltan Paul Dienes nella di-
dattica della matematica.
Introduzione
In precedenti articoli (1) avevamo fatto ri-
ferimento alla nota polemica relativa all'uso
del materiale strutturato nell'apprendimento
della matematica: c'è, infatti, chi da tempo
sostiene la tesi dell'artificiosità dell'utilizza-
zione di questi sussidi e avverte che tale pra-
tica risulterebbe obsoleta e/o immotivata,
addirittura dannosa.
Si tratta, in verità, di una vecchio di-
battito cui i lettori italiani erano già assuefat-
ti in virtù della contrapposizione, all'inizio
del secolo scorso, tra i sostenitori del Meto-
do Agazzi e i sostenitori del Metodo Mon-
tessori.
Il nostro punto di vista sulla questione –
che è un punto di vista che ci pare equilibra-
to, pragmatico e fondato, peraltro, su ele-
mentari consapevolezze di psicologia
dell'apprendimento - è che questa contrap-
posizione risulti piuttosto sterile: l'uso esclu-
sivo del materiale strutturato, senza riferi-
mento assoluto alla vita reale, risulterebbe
sicuramente limitativo nella maturazione
dei concetti matematici, anzi addirittura sor-
tirebbe l'effetto dannoso di non favorire la
“generalizzazione” dei concetti stessi e il
“trasferimento” di un concetto appreso da
un ambito ad un altro, obiettivi imprescin-
dibili della formazione.
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Se desidero facilitare l'apprendimento del
concetto di intersezione tra due insiemi non
disgiunti ed utilizzo esclusivamente i blocchi
logici, il bambino – tutti i bambini, e spe-
cialmente i più deboli dal punto di vista del-
le potenzialità cognitive – avranno certa-
mente difficoltà ad applicare tale competen-
za nella vita di tutti i giorni. Ma se, accanto
all'uso dei blocchi logici – che pure si pre-
stano a realizzare variegate situazioni ap-
prenditive problematiche (2) – si utilizza an-
che, come ben sanno i docenti di scuola
dell'infanzia e di scuola primaria, materiale
ludico (ad esempio: l'insieme di vari mezzi
di locomozione di colore rosso di cui alcune
moto e un insieme delle moto di vari colori
di cui alcune rosse) tutti gli alunni, e spe-
cialmente i più deboli, potranno procedere
ad individuare, oltre che l'insieme dei mezzi
di locomozione di colore rosso ed l'insieme
delle moto, il relativo insieme intersezione
delle moto rosse. Sapranno generalizzare
cioè il concetto di intersezione tra due in-
siemi non disgiunti con materiale che po-
trebbe apparire più motivante (ma è proprio
vero?) dei blocchi logici.
Se poi si individuano opportunamente
due insiemi di frutta (per esempio: l'insieme
delle mele di cui alcune gialle e l'insieme
della frutta varia di colore giallo, utili a con-
sentire di individuare, oltre all'insieme delle
mele ed all'insieme della frutta gialla, anche
l'insieme intersezione delle mele gialle) che
ho sistemato nel centro del tavolo della cu-
cina che il bambino “vive” quotidianamente,
potrò applicare tale apprendimento alla vita
reale di tutti i giorni.
In questa maniera avrò facilitato astra-
zione e generalizzazione del concetto, il tra-
sferimento del concetto stesso in situazioni
diverse e ne avrò accelerato il processo di
acquisizione e consolidamento cognitivo: né
va sottaciuto, peraltro, che se si utilizza sol-
tanto materiale concreto tratto dalla vita
quotidiana, il potenziale eccessivo coinvol-
gimento negli aspetti emotivi di tale mani-
polazione potrebbe addirittura interferire
negativamente rispetto alle caratteristiche
concettuali fondamentali che si desidera fare
apprendere.
Naturalmente tutto questo vale se consi-
dero il concetto di intersezione di due in-
siemi non disgiunti quale utile specifico obiet-
tivo strutturale astratto di apprendimento.
Se il mio obiettivo è l'apprendimento del
sistema di numerazione binario “accanto” a
quello decimale, potrò certamente utilizzare
gli antichi fagioli che utilizzo quando gioco
a tombola per formare le coppie, le quater-
ne, gli ottetti, etc. e per formare le decine, le
centinaia, le migliaia.
Ma se ho a disposizione i blocchi aritmetici
multibase (MAB), potrò opportunamente e
produttivamente utilizzare tale comodo sus-
sidio didattico, la cui non mi impedirà di
usare anche del materiale tratto della vita
reale.
Naturalmente, anche in questo caso, tutto
questo vale se considero tale specifico obietti-
vo strutturale astratto di apprendimento (ossia,
l'apprendimento del sistema di numerazio-
ne binario accanto a quello decimale) rien-
trante nei miei obiettivi/progetti educativi,
per così dire.
La mediazione didattica dell’insegnante
Ci domandiamo: quale strumento può ri-
sultare più duttile, versatile ed immediato
dei MAB per mostrare già ad un alunno di
scuola primaria che il sistema di numera-
zione decimale che noi abitualmente utiliz-
ziamo per la classificazione e la rappresen-
tazione delle quantità è – come tutta la ma-
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tematica - una pura costruzione della mente
umana, è un'assoluta convenzione, dal mo-
mento che – peraltro – esso è strumentale e
“relativo”, considerato che può essere sosti-
tuito da altri sistemi di numerazione?
Ovviamente sarà cura del docente opera-
re correttamente affinché nella mente di chi
apprende non si formi l'errata convinzione
che i sistemi di numerazione siano una ca-
ratteristica intrinseca ed esclusiva dei MAB!
Se il mio obiettivo è quello di facilitare
l'apprendimento del quadrato di un bino-
mio, forse potrò trovare molto utile del ma-
teriale strutturato opportunamente creato da
Dienes per visualizzare concretamente tale
situazione.
Sentiamo, al proposito, di dover segnala-
re a tutti gli appassionati la lettura o rilettu-
ra di alcune pagine di Bruner: mi riferisco ai
paragrafi “Lo stimolo ad affrontare e risol-
vere problemi” e “Struttura e progressione”
contenuti nel libro Verso una teoria dell'istru-
zione (3).
Dunque: a Zoltan Paul Dienes si deve l'a-
dattamento e la creazione di geniale mate-
riale strutturato per l'apprendimento della
matematica di cui – ribadiamo, secondo il
nostro punto di vista - è opportuno e neces-
sario dotare ogni laboratorio di matematica,
in ogni “plesso” scolastico.
Poi si tratta di utilizzare tale materiale in
maniera dialettica, dinamica considerando,
tra l'altro quei principi di pedagogia mate-
matica che venivano riassunti nel primo dei
due articoli menzionati alla nota numero 1).
I sei stadi dell'apprendimento in ma-tematica
Quando parliamo di materiale strutturato
ci riferiamo anche a giochi strutturati che
propongono situazioni di problem solving.
Nell'uso consapevole del materiale strut-
turato, così come nell'uso di giochi struttura-
ti, particolarmente utile può rivelarsi la co-
noscenza puntuale della teoria dei sei stadi
nell'apprendimento della matematica indi-
viduati da Dienes.
Di seguito si riassumono tali fasi, e in
questo riassunto faremo riferimento passo
passo – con una libera traduzione ed un li-
bero adattamento - alla efficace descrizione
che ne fa Melanie Clouthier (4).
1 - Fase del gioco libero
La maggior parte delle persone, quando
si trova di fronte ad una situazione che non
è sicura di gestire, si impegnerà in ciò che di
solito è descritto come l'attività "trial and er-
ror" (prova ed errore). Quello che farà, sarà
di interagire liberamente con la situazione
che viene presentata. Nel tentativo di risol-
vere un puzzle, un soggetto prova a caso
questo e quell'elemento fino a quando qual-
che forma di regolarità della situazione co-
mincia ad emergere. Questa è la fase ludica,
che è o dovrebbe essere l'inizio di ogni ap-
prendimento. Questa fase serve soprattutto
ad assumere familiarità con la situazione di
fronte alla quale ci si trova.
2 – Fase del gioco secondo le regole
Dopo alcuni tentativi, di solito accade che
qualche regolarità appare: nella situazione si
cominciano ad individuare, insomma, “re-
gole di gioco”. Ogni gioco, infatti, ha alcune
regole che bisogna imparare ad osservare. E’
estremamente utile ed educativo in questa
fase inventare qualche "trucco” che corri-
sponde alle regole che sono insiti nell'obiet-
tivo di matematica, il cui apprendimento
l'educatore vuole che l'alunno persegua.
Questo può essere o dovrebbe essere l'aspet-
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to essenziale di questa parte del ciclo di ap-
prendimento. Potremmo chiamare questa
fase “imparare a giocare secondo le regole”,
in contrasto con l'apprendimento caratteri-
stico libero della prima fase.
3 – Fase del confronto
Una volta motivati i bambini a utilizzare
un gioco, arriva il momento in cui questi
giochi possono essere discussi, confrontati
tra loro. È bene insegnare diversi giochi con
strutture di regole molto simili, ma utiliz-
zando diversi materiali, in modo che do-
vrebbe diventare evidente che vi è un nu-
cleo comune a diversi giochi, che può essere
successivamente identificato come il conte-
nuto matematico di quei giochi che sono si-
mili tra loro per struttura. Quindi gli stu-
denti saranno incoraggiati a fare i primi pas-
si esitanti verso l'astrazione, che è ovvia-
mente presa di coscienza di ciò che è comu-
ne a tutti i giochi con la stessa struttura di
regola. Questa fase potrebbe essere chiamata
la fase di confronto.
4 – Fase della rappresentazione
C'è un momento in cui lo studente ha i-
dentificato il contenuto astratto di diversi
giochi. A questo punto si può cominciare a
suggerire qualche rappresentazione schema-
tica, come un diagramma, che contribuisca a
fissare nella mente dello studente il nucleo
comune dei vari giochi. Ognuno dei giochi
appresi può poi essere "mappato" secondo
questa rappresentazione, che individua gli
elementi comuni dei giochi. Questa fase può
essere chiamata la fase della rappresenta-
zione.
5 – Fase della simbolizzazione
Sarà ora possibile studiare la rappresen-
tazione o "mappa" e raccogliere alcune pro-
prietà che tutti i giochi, naturalmente, devo-
no avere. Per esempio si potrebbe verificare
se una certa serie di operazioni produce lo
stesso risultato di un'altra serie di operazio-
ni. Tale "scoperta" potrebbe quindi essere
“verificata” in uno o più giochi. Un linguag-
gio elementare può essere sviluppato per
descrivere tali proprietà della mappa. Que-
sto linguaggio può avvicinarsi al linguaggio
simbolico convenzionale utilizzato dai ma-
tematici; o ci si può esercitare ad inventare
liberamente nuovi e diversi sistemi di sim-
boli. In un modo o nell'altro, un sistema di
simboli può ora essere sviluppato e può es-
sere usato per descrivere le proprietà del si-
stema appreso. Questa fase può essere
chiamata la fase della simbolizzazione.
6 – Fase della formalizzazione
Le descrizioni della fase 5 possono risul-
tare molto lunghe e spesso abbastanza ri-
dondanti. Arriva un momento in cui diventa
auspicabile stabilire un certo ordine nel labi-
rinto delle descrizioni. Questo è il momento
di suggerire che forse poche descrizioni ini-
ziali sarebbero sufficienti. In questo caso
stiamo facendo i primi passi verso la realiz-
zazione di una prima descrizione di regola-
rità che possono essere i nostri assiomi, e le
altre proprietà che abbiamo dedotte possono
essere i nostri teoremi. Questa fase potrebbe
essere chiamata la fase della formalizzazio-
ne.
Come si può vedere, dalla descrizione di
queste sei fasi risulta confermato che l'attivi-
tà ludica, inizialmente libera e poi via via
sempre più strutturata, è un'ottima proce-
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dura per l'apprendimento di concetti mate-
matici.
Le opportunità del materiale struttura-to
Dunque, un deciso sì al materiale struttu-
rato, ai sussidi didattici, agli artefatti: sì a
blocchi logici, a blocchi aritmetici multibase,
ad abaci, bilance dei numeri, domini, carte,
geopiani, giochi strutturati, macchine ma-
tematiche, ecc.
E ci pare opportuno rammentare l'impor-
tante contributo, in merito, di Maria Mon-
tessori, che concepiva il materiale strutturato
quale mondo delle astrazioni materializzate in-
dispensabile per la formazione delle struttu-
re logiche e matematiche.
Similmente, in questo contesto, deside-
riamo caldeggiare a chiare lettere l'assoluta
utilità dei regoli Cuisinaire-Gattegno, ossia dei
cosiddetti numeri in colore, materiale che da
più di un decennio è fatto oggetto di imme-
ritate aggressioni ed invettive
'psicopedagogiche', se ci si consente l'e-
spressione. Questo materiale risulta molto
valido – com'è ben noto - già a partire dalla
scuola dell'infanzia per l'attività di numera-
zione, seriazione di elementi, ecc. Il guaio è
che poi, dopo aver magari impiegato/perso tem-
po, nella scuola primaria, in una prima classe, a
costruire muretti per un intero anno, esso viene
successivamente abbandonato, mentre può
essere validissimo nei primi apprendimenti
di misurazione geometrica, nell'apprendi-
mento molto vario delle frazioni. E può so-
stituire o affiancare i MAB – insieme con i
fagioli della tombola! - per l'apprendimento
dei diversi sistemi di numerazione.
Ovviamente il docente farà uso critico di
materiale vario per raggiungere gli obiettivi
formativi, evitando così il rischio che gli a-
lunni attribuiscano alle caratteristiche per-
cettive di un unico e pervasivo materiale le
connotazioni concettuali che si desiderano
siano apprese. Si tratta di favorire
l’astrazione e la generalizzazione e di evita-
reche si formino quelle “misconcezioni” che
sono state giustamente denunciate da alcune
ricerche.
Tutto ciò, insomma, a condizione che l'uso
dei “mediatori didattici” sia consapevole,
che l'insegnante ricordi che, prima dei me-
diatori, accanto ai mediatori e/o in assenza
di questi ultimi, per quantificare gli elementi
del reale (ossia per contare), l'uomo può far
uso delle dita di una mano (base 5), delle di-
ta di due mani (base 10), delle dita delle
mani e dei piedi (base 20) come facevano, ad
esempio, gli Aztechi; per contare le pecore,
l'uomo può fare comodamente riferimento -
in assenza dei numeri in colore o dei MAB -
alle tacche incise su un bastone di legno.
In altre parole: se ho come obiettivo di
apprendimento, in una prima classe della
scuola primaria, la comprensione della
commutatività dell'operazione dell'addizio-
ne nell'insieme dei numeri naturali, potrò
mai concepire che tale obiettivo debba esse-
re perseguito e raggiunto esclusivamente
manipolando per un intero anno scolastico o
per tutta la vita il regolo 2 ed il regole 3, il
regolo 3 ed il regolo 2? Possibile che non mi
debba sfiorare l'idea dell'opportuni-
tà/necessità di utilizzare immediatamente –
accanto ai regoli o prima dei regoli - due pe-
re e tre mele, tre mele e due pere?
Il compito della formazione cognitiva, di-
rebbe Bruner, è la “denaturazione” motiva-
zionale dei processi di apprendimento, ossia
quello di favorire nel soggetto che apprende la
liberazione dalla necessità del riferimento alla re-
altà concreta nella formazione dei concetti, senza
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che sia perso, mai, nel contempo, il riferimento
alla realtà stessa.
Ovviamente non è che, utilizzando il ma-
teriale strutturato, il docente nutrirà inge-
nuamente l'illusione di aver trovato ricette,
modalità sicure, panacee, di aver individua-
to – addirittura – il metodo unico, la proce-
dura perfetta valida per affrontare la com-
plessità dell'insegnamento/apprendimento
della matematica, come giustamente segnala
da tempo D'Amore.
Non è di certo il materiale strutturato che
può risolvere le questioni della risoluzione
dei problemi nella pratica didattica e nella
vita di tutti i giorni, dell'insegnamento per
problemi, dell'insegnamento individualizza-
to, del rispetto degli stili cognitivi degli stu-
denti, dell'apprendimento per la maestria,
dell'educazione alla creatività: se così fosse,
ciò significherebbe barattare in maniera non
onesta strumenti didattici utili per appren-
dimenti “specifici” con la complessità della
formazione logica e matematica, illudendosi
– magari, chissà - di confrontarsi addirittura
con la finalità educativa – che urge, dram-
maticamente - della “formazione della men-
te critica”.
Se così fosse, tale inappropriata, inoppor-
tuna, dannosa “assolutizzazione” del mate-
riale strutturato darebbe pienamente ragio-
ne, senza dubbio alcuno, ai critici dell'abuso
del materiale stesso.
Il “modus tollens” della logica classica
In definitiva siamo convinti che un uso
consapevole, equilibrato, “fortificato” da so-
lide competenze psicopedagogiche possa
costituire un valido antidoto a quei tipici di-
sfunzionamenti della relazione didattica, quale
ad esempio quello che Brousseau aveva
chiamato esplicitamente effetto Dienes, consi-
stente nell'eccessiva esaltazione di un meto-
do di insegnamento, nell'utilizzazione acriti-
ca del materiale strutturato, nella fideistica
attesa di risultati che il materiale possa pro-
durre negli apprendimenti degli allievi, nel-
la sottovalutazione dell'impegno che il do-
cente stesso deve impiegare in ordine alla
promozione dei processi di apprendimento.
Non va mai dimenticato, al riguardo, che
nella storia della pedagogia sono risultati
delle “costanti” gli errori compiuti nell'ap-
plicazione di un metodo: errori determinati
dai fraintendimenti dei seguaci non-critici e
che non erano assolutamente da addebitare
a chi il metodo lo aveva messo a punto.
Ci permettiamo di formulare l'ipotesi che
misconcezioni nonché effetti perversi quale
quello denunciato da Brousseau possano es-
sere il risultato – in generale – di una scarsa
formazione psicopedagogica e – nello specifi-
co - di un inadeguato approfondimento del
pensiero di Dienes, nonché di una errata
applicazione proprio di quei quattro princi-
pi della “pedagogia matematica” cui abbia-
mo già fatto riferimento e che di seguito, per
comodità, ancora una volta riproponiamo.
In particolare ci preme evidenziare ed esal-
tare la portata formativa, in questo stretto
contesto, del terzo di essi:
1) principio dinamico: la conoscenza pro-
cede dall’esperienza all’atto di ordinare
in categorie, per esperienza intendendo
non soltanto oggetti concreti “isomorfi”
a una data struttura che si vuole sia ap-
presa dal soggetto, bensì anche strutture
e giochi puramente mentali;
2) principio di costruttività: il fanciullo, per
elaborare delle strutture, parte da una
situazione intuitiva per esaminare anali-
ticamente la costruzione realizzata e de-
terminare infine rapporti e relazioni fra
gli elementi di un insieme;
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3) principio di variabilità percettiva: una
medesima struttura deve essere incon-
trata in svariate situazioni diverse, per-
ché soltanto in tal modo ci si può rende-
re conto delle sue proprietà propriamen-
te strutturali;
4) principio della variabilità matematica:
poiché in ogni concetto matematico so-
no implicite variabili essenziali, tutte
queste variabili devono venire variate se
si deve giungere alla completa generali-
tà di un qualsiasi concetto matematico
(6).
Se, dunque, una determinata “struttura” -
come dice Dienes, ma come detterebbe un
sano senso comune pedagogico - deve esse-
re incontrata in svariate situazioni diverse
perché l'allievo si possa rendere conto delle
sue proprietà strutturali, come può mai ve-
nire in mente di presumere che un unico
materiale assunto in adozione a vita possa
produrre tale risultato?
Se “a”--->”b” ^ se non “b”---> non “a”
Se “a” allora “b” e se non “b” allora non “a”
Questo recita – come amiamo, sottovoce,
molto spesso ricordare - il “modus tollens”
della logica classica, che poi è il nodo crucia-
le della ricerca scientifica.
Ossia, in questo caso “specifico”: se i
principi della pedagogia matematica di Die-
nes sono applicati correttamente nell'attività
di insegnamento, allora i risultati “specifici”
dell'apprendimento sono positivi e se i risul-
tati “specifici” dell'apprendimento non sono
positivi allora vuol dire che i principi della
pedagogia matematica di Dienes non sono
applicati correttamente.
Quella sopra riportata è un'ipotesi che,
così impostata, sarebbe da “falsificare” in
senso popperiano da qualche volenteroso i-
stituto di ricerca pedagogica.
Nel frattempo, agli interessati si segnala
che basta digitare in un qualsiasi motore di
ricerca e investigare sul web "dienes e il ma-
teriale strutturato", "d'amore e i numeri in
colore", "brousseau e l'effetto dienes", o
qualcosa di simile, per trovare immediata,
ricca traccia della problematica in discussio-
ne: l'attento esame del contenuto dei relativi
"link" aiuta ad affrontare in maniera critica e
consapevole la tematica che questo articolo
ha centrato ed a fare buon uso del materiale
strutturato nella prassi didattica.
Note
(1) Cfr. Conese, A., La didattica della matematica secondo Dienes, in “Educare.it”, Anno XI, N. 5, aprile 2011; Conese, A., Qua-le interdisciplinarità nella didattica, in “Educare.it”, Anno XII, N. 1, dicembre 2011.
(2) Circa il prezioso contributo di Dienes alla creazione e adattamento di materiale strutturato per l'insegnamento della ma-tematica, si fa ampio riferimento alla bibliografia indicata nel primo dei due articoli di cui alla precedenta nota (1).
(3) Cfr. Bruner, J. S., Verso una teoria dell'istruzione, Roma, A. Armando ed., 1973, pagg. 95 e segg.
(4) Cfr. Clouthier, M., Zoltan Dienes' Six-Stage Theory of Learning Mathematics, in http://www.zoltandienes.com/.