La Cooperazione Sud-Sud in America Latina
-
Upload
laura-lorenzi -
Category
Documents
-
view
305 -
download
2
Transcript of La Cooperazione Sud-Sud in America Latina
1
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO
Facoltà di Scienze umanistiche
Corso di Laurea Specialistica in Scienze Umanistiche
Classe n. 88/S - Diritti dell’Uomo ed Etica della Cooperazione
Internazionale
LA COOPERAZIONE SUD-SUD IN AMERICA LATINA
Relatore:
Chiar.mo Prof. Felice Rizzi
Tesi di Laurea
Specialistica
Nome LORENZI
Matricola n. 1008063
ANNO ACCADEMICO 2009 / 2010
INDICE Introduzione CAPITOLO I Le origini della cooperazione Sud–Sud 1.1 I limiti del modello tradizionale di cooperazione Nord-Sud 1.2 Definizione cooperazione Sud-Sud 1.3 Nascita e sviluppo 1.4 La Dichiarazione del Millennio: un nuovo impulso 1.5 La conferenza di Parigi e l’Agenda di Accra CAPITOLO II La cooperazione sud-sud in America Latina 2.1 Lo sviluppo economico latinoamericano 2.2 La specificità latinoamericana: una visione della cooperazione internazionale allo sviluppo 2.3 I principi della CSS in prospettiva latinoamericana 2.4 Cooperazione Sud-Sud orizzontale, bilaterale e triangolare 2.5 Cenni sulla cooperazione Sud-Sud regionale CAPITOLO III Un caso tipo: la cooperazione Sud-Sud ad Haiti 3.1 Haiti, l’emblema di tutto un continente 3.2 Storia di un’indipendenza mai realizzata 3.3 Quale cooperazione per Haiti? 3.4 La ricostruzione dello stato e l’agenda di cooperazione 3.5 La specificità della cooperazione latinoamericana nel contesto haitiano 3.6 Un primo bilancio delle politiche di cooperazione Sud-Sud ad Haiti CAPITOLO IV Il futuro della cooperazione Sud-Sud 4.1 Analisi del caso haitiano: potenzialità e limiti della cooperazione Sud-Sud 4.2 La cooperazione Sud-Sud: quali insegnamenti dalle conferenze di Parigi e di
Accra? 4.3 L’efficacia della CSS: un’analisi del UNDP 4.4 Uno sguardo d’insieme
Conclusione Indice di sigle Bibliografia
3
INTRODUZIONE
Fino a non molto tempo fa, lavoravo in un istituto superiore della mia città e ogni
mattina, nell’atrio della scuola, venivo attratta da un cartellone realizzato dai ragazzi sul
quale campeggiava la scritta “Una splendida sessantenne”. Il lavoro era stato realizzato
per commemorare il sessantesimo anniversario della Costituzione italiana e,
descrivendola come una donna matura, elegante e dalla grande vitalità, ricordava quante
cose avesse ancora da insegnarci, a dispetto di coloro che avrebbero voluto un suo
pensionamento anticipato.
Come la Costituzione italiana, anche la cooperazione internazionale è una splendida
sessantenne. Nata anch’essa nel secondo dopoguerra, si è caratterizzata dai numerosi
mutamenti che le hanno permesso di adattarsi all’idea di sviluppo in ogni epoca e,
ancora oggi, non ha smesso di interrogarsi sulla propria ragion d’essere e sulla propria
efficacia.
Sono numerosi gli studi che analizzano in maniera critica la cooperazione allo sviluppo,
che ne ripercorrono le vicende dalla propria nascita e sottolineano le contraddizioni che
l’hanno caratterizzata. C’è chi dice, tra di loro i teorici della decrescita, che la
cooperazione sia un’invenzione dell’occidente, in cui lo stesso concetto di “sviluppo” è
una credenza inventata nei paesi occidentali a capitalismo avanzato ed esportata nei
paesi “terzomondisti” e “sottosviluppati”. Per questo andrebbe abbandonata poiché,
“lungi dall’apportare la buona vita sperata, non ha fatto che accrescere le ineguaglianze
e la marginalizzazione”.1
A questa visione pessimistica, se ne contrappone un’altra che considera la cooperazione
internazionale come il prolungamento della politica estera di ogni paese, che cerca di
trarvi il maggior beneficio possibile, avendo come obiettivo principale la crescita
economica in ottica quantitativa. In questa concezione, la cooperazione è uno strumento
al servizio dell’economia di mercato: per questo motivo i teorici più critici leggono in
questo modello un poco velato proseguimento delle politiche di sfruttamento coloniale.
Esiste poi una terza lettura che crede che cooperazione allo sviluppo possa incidere sulla
qualità della vita delle persone e possa essere un fattore di promozione di un cambio
sociale, tanto nei paesi del Nord che in quelli del Sud del mondo. Secondo questo terzo
1Rist, G. “Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale” p. 221 Bollati Boringhieri, Torino 1997.
4
filone di pensiero, è necessario partire dalle riflessioni critiche e dagli errori del passato
per costruire un modello di cooperazione internazionale partecipato e condiviso, in cui
le azioni realizzate siano frutto di una relazione tra partner e possano incidere nella
trasformazione delle nostre società garantendo l’accesso universale ai diritti
fondamentali.
I contributi e le riflessioni rispetto alla cooperazione internazionale, molto spesso, si
concentrano sul passato e sugli errori commessi: capire questi errori, riconoscerli e
saperli collocate all’interno di un contesto storico determinato, sono passi fondamentali
per non ripetere in futuro gli stessi sbagli. È però necessario che la critica alla
cooperazione venga superata da proposte che, coniugando una concezione chiara della
cooperazione con l’esperienza acquisita durante gli ultimi sessant’anni, possano trovare
la loro sintesi in un modello che si traduca in prassi e che non si limiti alla sola critica.
Questo lavoro parte dal presupposto che la cooperazione Sud-Sud possa essere
considerata un tentativo in questa direzione. Nonostante l’idea risalga ai primi anni
Sessanta, quella della cooperazione Sud-Sud è una proposta ancora acerba, che si sta
affermando negli ultimi anni e sta rapidamente costruendo la propria identità.
Sono numerose le esperienze concrete di cooperazione Sud-Sud nel mondo. Qui
tratteremo, senza pretesa di esaustività, il caso dell’America Latina come continente
vasto, vario, ricco di storia, cultura e sperimentazione politica e sociale che, spesso,
viene percepito come entità unitaria, nonostante le differenze tra un argentino e un
venezuelano siano altrettanto evidenti di quelle tra un tedesco e uno spagnolo.
Il lavoro realizzato, ha voluto verificare se la cooperazione Sud-Sud possa essere
considerata un differente modello di cooperazione che, partendo dalla cooperazione
tradizionale Nord-Sud, riesca a raccoglierne i meriti correggendo gli errori che sono
stati commessi in passato, sia nella sua giustificazione teorica, che nell’applicazione
pratica.
Nel primo capitolo, vengono presentate le origini della cooperazione Sud-Sud. Partendo
da una breve rassegna dei limiti della cooperazione Nord-Sud, si è cercato di descrivere
le caratteristiche di questo specifico tipo di cooperazione, inserendolo in un contesto
storico determinato che permette di comprendere l’evoluzione della cooperazione
internazionale e le ragioni che ci spingono alla ricerca di modelli che permettano di
avvicinarci sempre di più agli obiettivi desiderati.
5
Nel secondo capitolo, la cooperazione Sud-Sud viene inserita nel contesto
latinoamericano, cercando di evidenziare le specificità e le potenzialità che può
assumere in un continente caratterizzato dalle numerose contraddizioni e dalla ricerca di
soluzioni di cambiamento originali e creative.
Viene poi presentato, nel terzo capitolo, il caso tipo di Haiti, che può essere considerato
emblematico per i numerosi sforzi, differenti tra di loro, che sono stati fatti sia dalla
cooperazione tradizionale che da quella latinoamericana per migliorare le condizioni di
vita dei suoi abitanti.
Infine, nel quarto capitolo, si cerca di trarre alcuni insegnamenti riguardo la
cooperazione Sud-Sud, sia in relazione all’esperienza concreta di Haiti, sia rispetto alla
proposta nel suo insieme.
6
CAPITOLO I: Le origini della cooperazione Sud – Sud
1.1 I limiti del modello tradizionale di cooperazione Nord-Sud
Negli ultimi decenni sono stati realizzati numerosi progetti di cooperazione
internazionale destinati a promuovere lo sviluppo economico e sociale tra paesi con
differenti livelli d’ingresso. Queste iniziative, spesso disegnate e promosse da agenzie
statali, prendono il nome di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Le dimensioni di
questo fenomeno sono tali che, in soli sette anni, l’APS mondiale destinata ai paesi in
via di sviluppo è più che raddoppiata: da 50 miliardi di dollari dell’anno 2000 ai 103
miliardi di dollari del 20072. Quest’aumento dell’APS mondiale non è del tutto nuovo,
ma rappresenta un continuum che è andato crescendo a partire dalla fine della seconda
guerra mondiale quando, l’intensificarsi della concorrenza geopolitica tra i due blocchi,
ha determinato un maggiore sforzo nella mobilitazione degli aiuti per i rispettivi alleati:
in questo contesto vengono promossi il piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa
occidentale e il piano Molotov per appoggiare economicamente i paesi socialisti.
Durante la guerra fredda queste iniziative di sviluppo si sono intensificate e, con il
processo di decolonizzazione degli anni Sessanta, hanno costituito la base del modello
di cooperazione Nord-Sud (CNS) così come lo conosciamo oggi.
A sessant’anni dalla sua nascita, i limiti del sistema di aiuti internazionali tra paesi del
Nord e paesi del Sud sono sempre più evidenti. Nonostante gli sforzi compiuti, gli aiuti
si sono dimostrati insufficienti per ridurre il divario esistente tra paesi ricchi e quelli con
meno risorse economiche che, di fatto, è aumentato anziché diminuire.
Per rendere la cooperazione allo sviluppo più incisiva, il primo passo da compiere è
quello di chiederci quali sono state le cause dell’inefficacia della CNS e quali siano le
strategie più adeguate che i paesi del Nord e del Sud possano mettere in atto per
invertire la tendenza negativa.
Si è scritto molto riguardo alla questione della poca efficacia degli aiuti e, senza
pretendere di essere esaustivi, tra i principali motivi evidenziati dagli accademici
2Xalma, C. “II Informe de la cooperación Sur-Sur en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 2008
7
troviamo tre tipi di problemi: di tipo quantitativo, di tipo qualitativo, e una serie di sfide
derivate dall’attuale contesto internazionale3.
In primo luogo è da rilevare il problema quantitativo. L’ammontare degli aiuti
effettivamente dati è notevolmente inferiore all’impegno dichiarato: la meta dello 0,7%
del PIL4 proposta nell’ambito delle Nazioni Unite non è stata raggiunta e oggi la media
degli aiuti è attorno allo 0,3% del PIL. Nonostante il valore assoluto dell’APS mondiale
sia aumentato in maniera incisiva durante l’ultimo decennio, quello reale risente
dell’effetto discorsivo dell’inflazione e comunque non raggiunge i livelli necessari per
avvicinarsi all’obiettivo minimo dell’eliminazione della povertà. Le aspettative reali di
invertire questa tendenza negativa, sono in questo momento molto basse a causa del
forte impatto che ha avuto la recente crisi economica mondiale nel settore della
cooperazione allo sviluppo.
In secondo luogo, s’identificano problemi di tipo qualitativo. Innanzitutto è un primo
elemento da mettere in luce è che il sistema della cooperazione allo sviluppo, così
com’è strutturato, s’inserisce all’interno del sistema economico neoliberale globalizzato
che, secondo autori come Samir Amin, si basa sullo scambio diseguale e favorisce lo
“sviluppo del sottosviluppo”. All’interno di questa visione, la cooperazione allo
sviluppo è dunque un “palliativo”, che non mette in discussione le cause del
sottosviluppo ma tenta di arginarne gli effetti più nefasti. Una seconda critica muove
dal fatto che il centro delle politiche di cooperazione siano i paesi del Nord i quali,
secondo i propri interessi e le proprie disponibilità, definiscono le priorità e le linee
guida della CNS, riservando ai paesi del sud il ruolo di semplici “beneficiari”, no
realmente coinvolti nella definizione delle priorità del proprio sviluppo. Uno dei punti
maggiormente evidenziati dagli specialisti è l’eccessiva condizionalità posta dai paesi
donatori che, vincolando gli aiuti alle proprie necessità economiche e/o politiche,
avrebbe reso difficile l’appropriazione degli aiuti da parte dei paesi destinatari. In
questo senso, hanno giocato un ruolo decisivo gli approcci a ricetta unica (“one size
3 Lengyl, Thury Cornejo, Malacalzauan “La eficacia de la ayuda al desarrollo en contextos de fragilidad estatal: Haití y la cooperación Latinoamericana” in Serie Avance de Investigación. Fundación Carolina CeALCI, 2010
4Questa meta é stata accordata nella sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1980. Solo quattro paesi hanno raggiunto l’obiettivo: Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia.
8
fill”) ispirati nel cosiddetto Consenso di Washington5, emersi come risposta alla crisi
del debito negli anni Ottanta, dove gli aiuti sono concessi a partire dall’offerta del
donante e non dalle necessità del ricevente. Altri problemi come grossi deficit
istituzionali, problemi nell’identificazione delle priorità di sviluppo, mancanza di
coordinazione all’interno dei paesi “donatori”6 e con i paesi “riceventi”, hanno
contribuito a rendere poco efficace il sistema di cooperazione allo sviluppo.
Come terzo ed ultimo fattore, una parte della letteratura sostiene che, a causa dei
cambiamenti recenti nel sistema globale, il settore della cooperazione allo sviluppo
affronta nuove sfide che sono legate principalmente al tema della sicurezza
internazionale. Dopo l’attacco alle torri gemelle, si è diffusa una visione che focalizza le
cause della minaccia terrorista nel problema degli Stati deboli, che servono da rifugio
territoriale alle reti terroriste. È quindi stato messo in atto un processo di
“securitization” della politica internazionale che ha riproposto l’approccio
assistenzialista della cooperazione, riducendo il potenziale effetto trasformatore in
campo sociale, economico, politico e culturale, dato che la maggior parte dello sforzo
economico dell’APS dell’ultimo decennio è stato diretto a mitigare situazioni di
emergenza umanitaria in situazioni di assenza o di fragilità dello Stato.
La poca efficacia ed effettività dimostrate dalla CNS non significano che questa sia del
tutto inutile o che non sia possibile mettere in atto strategie per migliorare gli errori
commessi in passato. In questo senso, é interessante vedere quali siano le proposte
emerse direttamente nei paesi del Sud, spesso visti soltanto come ricettori e non come
promotori del proprio sviluppo: esiste infatti un modello di cooperazione allo sviluppo,
nato negli anni Sessanta e definita come cooperazione Sud-Sud (CSS), che vede i paesi
“in via di sviluppo” direttamente impegnati nella costruzione di una proposta di
cooperazione indipendente dall’APS classica.
5Il Consenso di Washington nasce nel 1989 con l’obiettivo di formulare una serie di misure di politica economica volte a orientare i governi dei paesi in via di sviluppo e gli organismi internazionali (FMI, BM, BID) per valutare i progressi economici e organizzare gli aiuti. 6L’utilizzo dei termini “donatore” e “beneficiario” o “ricevente” è da considerarsi desueto nell’ambito della cooperazione allo sviluppo poiché indicano una relazione di tipo caritativo tra le due parti occultando la condizione paritaria che lega i due partner. Condividendo la critica terminologica, si è comunque deciso di utilizzare le vecchie definizioni in questo contesto, sia per chiarezza espositiva, che per rispettare la fonte da cui sono stati tratti
9
1.2 Definizione cooperazione Sud-Sud
Per poter dare una definizione della CSS dobbiamo innanzitutto definire cosa s’intenda
per Sud. Questa categoria, che iniziò ad essere utilizzata nel Nord, venne utilizzata per
la prima volta all’interno del protocollo Brandt nel 1980, è di tipo complementare e/o
distintivo dalla realtà differente dei paesi del Nord, industrializzati, sviluppati e centrali.
Quando parliamo di Sud parliamo di periferia, che sta al sud del centro, ovvero il Nord.
Quando si parla di paesi del Sud, si fa riferimento ad un gruppo di paesi periferici o in
via di sviluppo che condividono, con un gradiente di differenziazione molto amplio, una
situazione similare di vulnerabilità e obiettivi. In nessun caso i paesi del Sud possono
essere considerati un gruppo omogeneo in quanto ciascuno possiede una sua specificità
locale ed è prodotto di processi storico-economici che hanno fatto si che tra di loro vi
siano differenze socio-economiche e politico-culturali per le quali sarebbe erroneo
considerarli in forma omogenea. Lo stesso, in maniera speculare, vale quando parliamo
di paesi del Nord. La ragione per cui utilizziamo questa categoria, che si fonda
sull’alterità, sta nel fatto che racchiude in sé il minimo comune denominatore che
accomuna questi paesi, e cioè il fatto di essere stati oggetto di colonizzazione da parte
dei paesi del Nord.
Detto questo, passiamo a definire il concetto di cooperazione Sud-Sud, che è di difficile
delimitazione. Secondo quanto affermato dall’Unità Speciale dell’UNPD che si occupa
del tema, il problema si origina nel fatto che questa forma di cooperazione comprende
uno spettro molto ampio di collaborazioni tra paesi del Sud. Per questo motivo,
all’interno della CSS possono essere inclusi tutti i tipi di collaborazione che abbiano
una dimensione politica, tecnica ed economica.
Il modello di CSS si propone di trovare proposte di sviluppo che si basano in politiche e
pratiche dimostrate nel Sud, dando priorità allo scambio attivo di idee, esperienze,
conoscenze e capacità tecniche. Presuppone un ampio quadro di possibili collaborazioni
che include elementi classici dell’APS alla base della CNS, cercando però di non
riprodurre lo stesso schema di funzionamento.
Ciò che identifica e caratterizza la CSS è l’adesione ad alcuni principi di funzionamento
basici, che sono:
L’orizzontalità. La CSS esige che i paesi collaborino tra di loro come soci; questo
significa che, oltre alle differenze nei livelli di sviluppo relativo tra di loro, la
10
collaborazione si stabilisce in forma volontaria e senza che nessuna delle due parti leghi
la propria partecipazione a condizioni predefinite.
Il consenso. La realizzazione di un’azione di CSS deve esser sottoposta al consenso dai
responsabili di ogni paese durante negoziati comuni o commissioni miste.
L’equità. La CSS deve realizzarsi in forma tale che i suoi benefici, che spesso
consistono nel potenziamento mutuo di capacità critiche per lo sviluppo, vengano
distribuiti in maniera equa tra i partecipanti. Questo stesso criterio deve applicarsi alla
distribuzione dei costi, che devono essere assunti in maniera condivisa e proporzionale
alle reali capacità di ciascuna controparte.
Accanto al tradizionale schema verticale Nord-Sud che ha caratterizzato l’aiuto allo
sviluppo, emerge alla fine degli anni Settanta la CSS, il cui scopo è la creazione di nessi
corporativi tra paesi in via di sviluppo. Non si tratta di una modalità di cooperazione che
si presenta come un’alternativa alla cooperazione Nord-Sud, ma come strategia
complementare a questa. Grazie alla sua struttura orizzontale, la cooperazione Sud-Sud
presenta, infatti, una maggiore capacità di generare un senso di appropriazione da parte
del “destinatario”, permette la promozione di iniziative generatrici di “doppio
dividendo”, infatti stimola le capacità tecniche e istituzionali tanto del “donatore” come
del “ricevente”.7(Alonso, 2007)
Il Sistema Economico Latinoamericano ha identificato i dieci attributi della
cooperazione Sud-Sud:
I DIECI ATTRIBUTI DELLA COOPERAZIONE SUD-SUD
1. Somiglianze negli obiettivi di sviluppo perseguiti dai paesi a livello locale e globale
2. Aspirazioni ed esperienze comuni nella costruzione dello sviluppo locale
3. Analogie storiche e vincoli culturali
4. Prossimità geografica
5. Vantaggio demografico
6. Contesto di cooperazione e istituzioni regionali ed inter-regionali già esistenti
7. Rilevante capacità e disponibilità di sviluppo
8. Rispetto della sovranità e del beneficio mutuo
7 Alonso, J. A. “Cooperación con países de renta media: justificación y ámbitos de trabajo” ICEI/Complutense Madrid, 2007
11
9. Filosofia del “aiutare il vicino” contrapposta alla mentalità “aiutare per carità”
10. Maggioranza numerica dentro le assemblee globali
Fonte: Sistema Economico Latinoamericano, 2002 www.sela.org
1.3 Nascita e sviluppo
Dalla metà degli ani Cinquanta fino ad oggi, si sono susseguiti una serie di eventi e
riunioni che permettono di tracciare concettualmente la CSS che, in qualche modo, è
promossa dall’America Latina8.
Si tratta di eventi celebrati all’interno del sistema delle Nazioni Unite (Assemblea
Generale, Unità Speciale della CSS, UNCTAD, CEPAL, Gruppo dei 77) e di altri tipi di
alleanze, come il Movimento dei paesi non allineati e il Sistema economico
latinoamericano e dei Caraibi (SELA).
Secondo Bruno Ayllón, professore presso l’Instituto Universitario de Desarrollo de
Cooperación dell’Universitá Complutense di Madrid, tre fattori spiegano la nascita di
questo tipo di cooperazione:
1- il relativo successo di alcuni paesi latinoamericani cha hanno raggiunto livelli
apprezzabili di sviluppo
2- il ruolo della cooperazione internazionale allo sviluppo nell’acquisizione di
queste capacità nazionali
3- l’attivazione di un dialogo politico tra paesi del Sud che hanno visto la necessità
di rivendicare temi chiave per il proprio sviluppo, come le asimmetrie del
sistema economico internazionale o la relazione tra commercio e sviluppo9.
Nel tabella sottostante vengono riassunte le principali tappe che hanno portato a tale
concettualizzazione.
8 Ayllon, B. “La cooperación Sur-Sur y triangular en America Latina”. Instituto universitario de Desarrollo y Cooperación. Universidad Complutense de Madrid, 2008. 9 Ayllón, B. “La cooperación Sur-Sur en America Latina: el caso de Brasil”. Escuela de verano FIIAAP 2008. Universidad Complutense de Madrid.
12
Anno Evento Ambito Contributo
1954
La Thailandia offre azioni di cooperazione a paesi in via di sviluppo del sudest asiatico.
Bilaterale Registro di una prima azione secondo la modalità Sud-Sud.
1964
Prima riunione Unctad a Ginevra, la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo.
Multilaterale (UN, UNCTAD, G77)
Nasce la UNCTAD e, all’interno di questa, il G77. - la UNCTAD nasce per integrare commercio e sviluppo. Realizza azioni di cooperazione tecnica e cooperazione economica tra paesi in via di sviluppo, specialmente nei settori del commercio, finanza e tecnologia. - il G77 è la maggiore coalizione di paesi in via di sviluppo integrata nel sistema delle Nazioni Unite. Ora lo compongono 133 paesi. Tra le sue funzioni vi è quella di promuovere la cooperazione tecnica ed economica nei PVS.
1974
29º Periodo di sessioni dell’Assemblea generale delle UN. New York.
Multilaterale (UN)
Nasce, come dipendenza speciale del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), l’Unità Speciale per la cooperazione Sud-Sud (SUSSC). Tra le sue funzioni vi sono: - la promozione e la difesa della cooperazione Sud-Sud - la canalizzazione e innovazione dei meccanismi che permettono che i paesi membri del UNDP possano partecipare alle iniziative trilaterali e sud-sud nel sistema delle Nazioni Unite.
1975
Creazione del Sistema economico latinoamericano (SELA). Panama
Regionale inter-governamentale
Composto da 27 paesi dell’America Latina e Caraibi, nasce per centralizzare le attività della cooperazione economica.
1978
Conferenza UN sulla cooperazione tecnica nei PVS. Buenos Aires
Multilaterale (UN)
138 paesi adottano per consenso il Piano di azione di Buenos Aires
1979
XVIII Periodo di sessione della Commissione economica per l’America Latina (CEPAL)
Multilaterale / Regionale
Si crea il Comitato di Cooperazione tecnica tra paesi e regioni in via di sviluppo della CEPAL. Promuove iniziative di cooperazione Sud-Sud nei settori economico, sociale ed ambientale.
1981
Conferenza di Alto livello sulla Cooperazione economica tra PVS
Multilaterale Si approva il Programma di azione di Caracas per la cooperazione economica tra PVS
1996 Riunione dei direttori Multilaterale / Si promuove la complementarità tra
13
della cooperazione tecnica internazionale dell’America Latina e Caraibi. Cittá del Messico
Regionale / cooperazione tecnica e cooperazione economica nei PVS.
2002
XV riunione di direttori di cooperazione internazionale dell’America Latina e Caraibi
Regionale inter-governamental (SELA)
Si dibatte dei nuovi paradigmi della cooperazione internazionale (nuovi attori e nuove modalità), intendendo la cooperazione Sud-Sud come complemento della cooperazione Nord-Sud.
2003
Conferenza di alto livello sulla Cooperazione Sud-Sud. Marrakech
Multilaterale
Esamina la cooperazione Sud-Sud nel contesto della cooperazione internazionale. Stabilisce nuove linee per rafforzare la cooperazione economica e sociale tra PVS
2005
Conferenza di alto livello sulla Cooperazione Sud-Sud. Doah
Multilaterale (UN/G77)
Si promuove il piano Doah, attraverso cui si delineano le iniziative che promuovono un aumento della cooperazione Sud-Sud in tutte le regioni del mondo e in tutte le modalità.
2006 XIV Vertice del Movimento dei Non Allineati. L’Avana
Multilaterale (MNOAL)
La dichiarazione finale considera insufficiente la APS mondiale e invita a sfruttare al massimo il potenziale della Cooperazione Sud-Sud.
2007
62º Periodo di sessione dell’Assemblea Generale delle NU. Periodo di sessione del Comitato di alto livello per la cooperazione Sud-Sud. New York
Multilateral (UN)
Revisione della Cooperazione Sud-Sud nel quadro della Cooperazione Internazionale. Si invita ad una maggiore integrazione tra la cooperazione tecnica e la cooperazione economica tra PVS.
Fonte: Abarca (2001), Asamblea General de Naciones Unidas (www.un.org/spanish/aboutun/organs/ga), CEPAL (Cooperación Sur-Sur) (www.eclac.cl/cgi-bin/), Declaración de La Habana (2000) (www.g77.org/doc/docs/), Declaración de Marrakech (2003) (www.g77.org/marrakech), Grupo de los 77 (www.g77.org), Movimiento de los No Alineados (www.cubanoal.cu), Unidad Especial de Cooperación Sur-Sur de Naciones Unidas (http://tcdc.undp.org/) Per tracciare brevemente la storia della CSS, dalla sua nascita fino ad oggi, possiamo
realizzare una breve periodizzazione secondo le decadi che si sono succedute.
Anni Cinquanta
Se si dovesse datare la nascita della CSS, diversi specialisti utilizzerebbero come data di
riferimento il 1954, anno in cui si registra la prima azione di cooperazione all’interno di
14
uno scambio tra paesi del Sud. Nello specifico, durante il suddetto anno, la Thailandia
ha realizzato azioni puntuali di cooperazione in altri paesi del sudest asiatico.
Rapidamente la Corea, l’India e Singapore (tra gli altri) hanno imitato e riprodotto i suoi
passi. Tutti questi paesi hanno così cominciato a sviluppare un ruolo duale nell’ambito
della cooperazione internazionale. Nello specifico, questi paesi hanno iniziato a offrire
cooperazione ad altre nazioni del Sud, senza che questo impedisse che continuassero a
ricevere importanti quantità dall’APS. I casi più importanti furono quelli di India e
Corea che, all’inizio degli anni Sessanta, hanno combinato l’offerta di cooperazione con
la ricezione della terza e decima parte rispettivamente dell’APS destinata all’Asia10.
L’inclusione di queste azioni nell’ambito della CSS, ad ogni modo, è stato fatto a
posteriori. In questo senso, i fatti hanno preseduto le parole e sono state le azioni che
hanno propiziato i dibattiti, aiutando in questo a definire cosa è cooperazione Sud-Sud e
cosa non lo é.
Anni Sessanta e Settanta
Nella decade degli anni Sessanta, il dibattito sulla cooperazione Sud-Sud è
caratterizzato dalla nascita a Ginevra, nel 1964, della Conferenza delle Nazioni Unite
per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), così come del Gruppo dei 77 (G77).
Entrambe le iniziative promuovono la cooperazione tecnica e la cooperazione
economica tra “paesi in via di sviluppo11”, due modalità di cooperazione Sud-Sud
ancora poco integrate tra di loro.
I passi avanti più rilevanti della decade sono stati forgiati in seno all’ONU che, durante
le celebrazioni annuali dell’Assemblea Generale, ricerca formule adatte ad integrare la
nascente cooperazione Sud-Sud, con la tradizionale cooperazione Nord-Sud. Durante lo
studio della strategia adeguata per raggiungere quest’obiettivo, le Nazioni Unite
decidono di ampliare questa nuova modalità ed inserirla all’interno di un quadro
multilaterale. Frutto di questo lavoro, è l’adozione di due importanti strumenti: nel 1974
viene creata l’Unitá speciale della Cooperazione Sud-Sud (SUSSC) e, nel 1978, 138
10 Xalma, C. “II Informe de la cooperación Sur-Sur en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 2008 11 La categorizzazione “paesi in via di sviluppo” allora in auge, é oggi ampiamente sostituita da “paesi del Sud”
15
paesi promuovono il Piano per promuovere e realizzare la cooperazione tecnica in paesi
in via di sviluppo (CTPD), noto come Piano di Azione di Buenos Aires.12
Anni Ottanta e Novanta
Dopo una decade proficua gli anni Ottanta segnano un nuovo punto di inflessione. La
crisi economica (particolarmente sentita in America Latina) colpisce la cooperazione
internazionale in tutte le sue modalità. In questo senso, non si registrano azioni di
cooperazione importanti tra paesi del Sud, né eventi di particolare rilevanza. L’unica
eccezione è la celebrazione, nel 1981, della Conferenza di alto livello delle Nazioni
Unite sulla Cooperazione Economica tra PVS tentasi a Caracas, da cui nasce un
Programma di azione per questo tipo do cooperazione.
Bisogna attendere fino alla metà degli anni Novanta perché la cooperazione Sud-Sud
recuperi il proprio vigore e inizi un nuovo periodo di espansione, una tappa di rinnovato
auge che si protrae fino ad oggi. Di fatto, durante gli anni Novanta, la crescita
economica sperimentata da alcuni paesi del Sud, contribuisce a rafforzare alcune delle
loro capacità interne. Questo rafforzamento migliora le possibilità di questi stessi paesi
come “donatori”. La coincidenza di questo fattore con la progressiva diminuzione della
ricezione di APS mondiale, in consistente tendenza alla riduzione, converte la
cooperazione Sud-Sud in uno strumento favorevole allo sviluppo.
Nel 1995 il Comitato di alto livello delle Nazioni Unite per il controllo della
Cooperazione Tecnica tra PVS, elabora i “Nuovi lineamenti per la cooperazione tecnica
tra paesi in via di Sviluppo”. All’interno di questo novo quadro d’azione emerge
l’impulso ai cosiddetti “paesi pilota”, identificati come tali sia per la loro traiettoria
nella cooperazione Sud-Sud, che per le loro possibilità d’impulso di questo strumento.
Partendo da quest’esperienza, nel 1996 l’Unitá tecnica di Cooperazione Sud-Sud del
Sistema Economico America Latina (SELA), convoca una riunione regionale per
Direttori di Coperazione Tecnica che ha l’obiettivo di promuovere un dibattito in corso
anche in seno alle Nazioni Unite: la promozione della complementarità tra la
cooperazione tecnica e la cooperazione economica tra PVS.13
12 Xalma, C. “II Informe de la cooperación Sur-Sur en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 2008 13 Xalma, C “II Informe de la cooperación sur sur en Iberoamerica” SEGIB, 2008
16
1.4 La Dichiarazione del Millennio: un nuovo impulso
All’interno del sistema delle Nazioni Unite, la CSS è stata considerata per molto tempo
come uno degli elementi chiave per promuovere lo sviluppo. Negli ultimi anni questo
meccanismo ha ricevuto un rinnovato impulso grazie al fatto che si percepisce con
maggiore chiarezza che, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio, è
fondamentale impiegare uno sforzo crescente verso la promozione degli scambi di
abilità e conoscenze tra paesi del Sud.
Per sottolineare l’importanza di questo tipo di cooperazione, nel 2003 l’Assemblea
Generale, in virtù della risoluzione 58/220 (vedi allegato I), ha dichiarato il 19 dicembre
giorno delle Nazioni Unite per la CSS, come forma per riconoscere la rinnovata
preferenza attribuita ai processi di collaborazione e la adattabilità politica per rafforzare
lo sviluppo economico e sociale, più che alle linee e agli orientamenti ricevuti dai paesi
del Nord. 14
Nella risoluzione 58/220 del 2003, l’Assemblea Generale “osserva con interesse che la
cooperazione Sud-Sud può avere ripercussioni positive sulle politiche mondiali,
regionali e nazionali e le misure adottate in ambito economico, sociale e dello sviluppo
dei paesi in via di sviluppo, invitando loro e i loro soci ad intensificare la cooperazione
Sud-Sud e la cooperazione triangolare in questi ambiti, dato che contribuisce al
raggiungimento degli obiettivi di sviluppo convenuti internazionalmente, inclusi quelli
che figurano nella Dichiarazione del Millennio15”.
Per questa ragione“riafferma la necessità di continuare a rafforzare, considerate le
risorse di cui dispone, la Dipendenza Speciale della Cooperazione Sud-Sud nel sistema
delle Nazioni Unite come entità separata e incaricata della cooperazione Sud-Sud nel
sistema delle Nazioni Unite, riconosce che le sue attività devono essere percepite come
parte integrante della politica generale di sviluppo nel sistema delle Nazioni Unite e il
Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo; in questo contesto, esorta i fondi ed i
programmi delle Nazioni Unite e altre entità del sistema delle Nazioni Unite per lo
sviluppo a che raddoppino i propri sforzi per integrare la cooperazione economica e
14 Cepal “Actividades del sistema de la CEPAL durante el bienio 2006-2007 para promover y apoyar a la cooperación Sur-Sur” 2008 15 Resolución 58/220 de 2003
17
tecnica tra i paesi in via di sviluppo, utilizzando a tal proposito i meccanismi nazionali,
regionali e internazionali pertinenti consultando gli Stati Membri16”.
Nel decennio che va dal 2000 al 2010, la Dichiarazione del Millennio del 2000 e la
Conferenza di Monterrey del 2002, rappresentano l’impegno delle fonti tradizionali di
cooperazione sia per l’aumento dei flussi dell’APS mondiale che per la loro
concentrazione nei paesi con minore livello di sviluppo relativo. In questo contesto si
rafforzano le difficoltà dei paesi con livelli medi di sviluppo di poter accedere all’APS
mondiale: questo fattore favorisce il potenziamento dello scambio di capacità tra PVS.
Dall’anno 2000 si succedono una serie di eventi il cui obiettivo principale è quello di
esplorare al massimo le possibilità che la CSS offre nell’ambito della cooperazione
internazionale. È da evidenziare per la sua importanza la Conferenza di Alto livello
sulla CSS (conosciuta anche come secondo vertice del Sud) svoltasi in Qatar nel 2005.
In questo vertice si approva il Piano Doha, un piano la cui adozione dovrebbe consentire
“un impulso definitivo alla cooperazione Sud-Sud in tutte le regioni del mondo e in tutte
le sue forme”.17
Attualmente il dibattito aperto attorno alla cooperazione Sud-Sud non frena l’auge
significativo di questa “nuova” forma di cooperare. Il report del Comitato di Alto livello
presentato durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (New York, 2007)
conferma che la cooperazione Sud-Sud si trova in uno stato di costante espansione.
Come segnalano Das, De Silva y Zhou (2007) ciò che accade a livello internazionale
rispetto all’aumento di flussi commerciali e finanziari tra paesi del Sud, è riflesso
nell’importante livello di sviluppo che questi paesi hanno ottenuto, aumentando le
proprie capacità tecniche e finanziarie, così come le sempre maggiori possibilità di
partenariato con altri paesi. Questa nuova tappa di vigore della CSS, vede come
protagonisti un buon numero di paesi, tra cui Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Cuba
Messico e Venezuela, la cui attività si è fatta più intensa durante gli ultimi anni18.
16 Ibidem17Dichiarazione di Doha 18 Xalma, C “II Informe de la cooperación sur sur en Iberoamerica” SEGIB, 2008
18
1.5 La Conferenza di Parigi e l’Agenda di Accra
La preoccupazione internazionale per migliorare l’efficacia degli aiuti e il loro
contributo allo sviluppo ha portato ad una serie di iniziative promosse dai “donatori”
internazionali con l’obiettivo di “aggiornare” l’attuale modello di gestione degli aiuti,
tenendo presente l’evoluzione e la complessità del contesto globale post-guerra fredda.
Il risultato più rilevante è costituito dalla Dichiarazione di Parigi sull’efficacia della
cooperazione internazionale del 2005 che, a differenza delle dichiarazioni precedenti, ha
proposto una serie di azioni pratiche e obiettivi specifici per i paesi donanti e beneficiari
attorno a cinque principi: appropriazione, allineamento, gestione dei risultati e
responsabilità reciproca.
La dichiarazione di Parigi ha cercato di capitalizzare le critiche ricevute negli anni
anteriori rispetto al funzionamento della CNS, con il proposito di iniziare un processo
basato su nuovi principi che portino ad una cooperazione allo sviluppo più efficace.
Nonostante i buoni propositi, gli obiettivi prefissati sono ancora per la maggior parte
incompiuti.19
Come si evidenzia nel primo report di valutazione, esistono difficoltà nella applicazione
della dichiarazione di Parigi riguardanti il fatto che questa è generalmente considerata
un accordo tecnico e non politico, inoltre si critica che la dichiarazione non ha tenuto in
considerazione temi sensibili riguardo all’orizzontalità tra Nord e Sud (come la fiducia,
la gestione del rischio, gli incentivi): questi aspetti rendono complicato il
raggiungimento degli obiettivi proposti. Un altro fattore di complessità è dato dalla
complessità del nuovo linguaggio introdotto e dei procedimenti di monitoraggio e di
gestione proposti, poco conosciuti ed ostici per i paesi “destinatari”. A questo proposito,
l’aumento relativo di paesi in via di sviluppo coinvolti nella cooperazione internazione,
come Cina, Brasile e Sud Africa, che attuano secondo modalità diverse a quelle dei
tradizionali paesi “donatori”, ha rappresentato una sfida per l’attuazione della
Dichiarazione di Parigi.
Dal punto di vista dei paesi “donatori” tradizionali, l’espansione della CSS propone
alcuni interrogativi. Da un lato, c’è chi crede che i “donatori” emergenti compromettano
19 Lengyl, Thury Cornejo, Malacalzauan “La eficacia de la ayuda al desarrollo en contextos de fragilidad estatal: Haití y la cooperación Latinoamericana” in Serie Avance de Investigación. Fundación Carolina CeALCI, 2010
19
la situazione dei paesi “riceventi” prestando in termini inappropriati, usando un basso
livello condizionalità che contribuirebbe a rimandare gli aggiustamenti necessari nei
paesi “ricettori”. Dall’altro lato, c’è chi sostiene che questi attori possano contribuire ad
una maggiore frammentazione della APS, dato che le sue azioni non sono trasparenti e
si confonde la politica estera con la cooperazione.20
Dal punto di vista dei nuovi “donatori” emergenti, invece, le nuove regole adottate dalla
dichiarazione di Parigi, non sono sufficienti per la CSS. Per esempio il Brasile ha
rifiutato la dichiarazione perché non vi è contenuta una distinzione tra la CSN,
caratterizzata da una relazione diseguale tra “donanti” e “riceventi”, e la CSS, dove
entrambi i paesi cooperanti si percepiscono come soci in un processo di sviluppo.
Questo malcontento, è stato raccolto in diverse iniziative dei paesi del Sud e, durante il
II Foro di Accra del 2008, questa posizione critica rispetto alla dichiarazione di Parigi,
ha posto in dubbio che il Brasile ed altri paesi firmassero l’Agenda Azione Accra
(AAA), che si proponeva di approfondire la dichiarazione di Parigi. Alla fine i paesi del
Sud hanno ottenuto che i negoziati finali introducessero il concetto di CSS come
modello alternativo alla “prospettiva rigida del sistema mondiale di sviluppo che
classifica i paesi in “donatori” o “riceventi”.21 Nello specifico si dice che “la
cooperazione allo sviluppo Sud-Sud deve osservare il principio di non interferenza
nelle questioni interne, stabilire uguaglianza tra i soci dello sviluppo e rispettare la
loro indipendenza, sovranità nazionale, diversità e identità culturale”.22
20Ibidem21Lengyl, Thury Cornejo, Malacalzauan “La eficacia de la ayuda al desarrollo en contextos de fragilidad estatal: Haití y la cooperación Latinoamericana” in Serie Avance de Investigación. Fundación Carolina CeALCI, 2010 22Agenda di Accra 2008
20
CAPITOLO II La cooperazione sud-sud in America Latina
2.1 Lo sviluppo economico latinoamericano
L’America Latina è stata storicamente destinataria di programmi di cooperazione allo
sviluppo e, come abbiamo visto, può essere considerata l’avanguardia della CSS.
Queste ragioni, sommate al fatto che oggi -senza voler sminuire le specificità proprie di
ogni singolo paese- il subcontinente sta vivendo un’epoca di rinnovato auge politico ed
economico, ne fanno materia particolarmente interessante ai fini di questo studio. Per
avere un quadro il più completo possibile della situazione, procederemo ad un breve
resoconto dello sviluppo economico che il subcontinente ha avuto durante gli ultimi
cinquant’anni.
Durante gli anni Sessanta e Settanta la politica di sviluppo economico dei paesi
latinoamericani era dominata da un’industrializzazione dirigista orientata alla
sostituzione delle importazioni sulla base di grandi imprese statali e/o investimenti
stranieri. L’assenza di una politica di aiuto alla piccola e media impresa e la mancanza
di attenzione ai problemi di diffusione territoriale dello sviluppo economico hanno dato
luogo a grandi disparità regionali. Alla fine degli anni Settanta la rottura del modello
anteriore nel pieno di una crisi economica generale, ha portato ad un periodo in cui
hanno prevalso gli aggiustamenti strutturali, la liberalizzazione economica e la crescente
apertura dei flussi internazionali patrocinati dal FMI, dalla Banca Mondiale e dalla
Banca Interamericana per lo sviluppo (BID). Questa strategia ha portato ad un
consolidamento del mercato come meccanismo di attribuzione delle risorse, riduzione di
sussidi e di controlli statali, privatizzazione di imprese pubbliche e, in generale, la
riduzione del ruolo dello Stato.
La concentrazione delle risorse e le politiche di risanamento fiscale interno ed esterno,
oltre ad aver inciso negativamente sul settore produttivo, hanno implicato una forte
riduzione nella promozione delle politiche sociali che hanno lasciato alla propria sorte
sia le comunità locali che le imprese. (Llorens Urrutia, 2001).
La nuova politica non ha ridotto le disparità territoriali in materia di sviluppo, al
contrario, ha debilitato la già precaria rete di protezione sociale esistente, senza creare
nessun meccanismo alternativo.
A metà degli anni Ottanta, le analisi di organismi come UNICEF o UNDP rendono
21
evidente l’impatto negativo delle politiche di aggiustamento nei settori più vulnerabili
dei paesi latinoamericani. Le nuove proposte di “aggiustamento dal volto umano” o di
“sviluppo umano” appoggiavano direttamente l’applicazione di politiche volte
direttamente alla trasformazione delle condizioni di vita dei settori più poveri dei paesi
in via di sviluppo creando, dalla seconda metà del decennio, fondi nazionali di
investimento sociale. Si é così propiziato l’impulso delle iniziative locali e il crescente
protagonismo dei trasferimenti unilaterali nel finanziamento allo sviluppo (aiuto estero,
finanziamento di agenzie multilaterali) ha facilitato l’apparizione di nuove risorse in
zone e territori fino a quel momento emarginati dalle politiche statali.
Durante gli anni Novanta, lo Stato inizia un lento recupero dell’iniziativa in molti paesi
e si scontra con la necessità di modificare le politiche tradizionali basate sul
clientelismo e sul verticismo, che vengono sostituiti da processi di concertazione che
rivisitano sia la forma e i criteri di assegnazione delle risorse pubbliche che gli obiettivi
delle politiche di sviluppo, la loro formulazione e i criteri spaziali adottati. È in questo
momento che gli attori locali diventano protagonisti del proprio sviluppo, partecipando
direttamente alle decisioni che li riguardano. Si passa così da un modello in cui lo Stato
controlla l’apparato pubblico e le regioni sono attori sociali, ad uno in cui il livello
regionale e locale formano parte dell’apparato pubblico capace di influire nelle strutture
e nelle decisioni centrali dello Stato.
Dagli anni Novanta, gli organismi di finanziamento multilaterale adottano un nuovo
discorso, introducendo nei programmi di aggiustamento fondi di compensazione sociale
per la riduzione della povertà estrema che portano a mettere l’accento sulle condizioni
politiche (assenza di potere e di partecipazione nelle decisioni pubbliche) e sulla
mancanza di indirizzo sia nella spesa sociale che negli investimenti produttivi.
Attualmente si realizza una nuova lettura del ruolo delle risorse endogene, mettendo
l’accento nella mobilitazione delle risorse per lo sviluppo, valorizzando le capacità di
organizzazione locale, le specificità culturali e la diversità delle pratiche locali di
partecipazione, intese come “capitale sociale”. Tale capitale sociale comprende diversi
fattori, tra cui emergono il clima di partecipazione sociale, il grado di associazionismo,
la coscienza civica e i valori culturali intesi in senso ampio, che svelano le complesse
relazioni tra stabilità macroeconomica, integrazione sociale e tra la valorizzazione di
22
risorse endogene e la dinamica dello sviluppo economico.23
Parallelamente, le organizzazioni più dinamiche di aiuto allo sviluppo, specialmente nei
paesi nordici e gli Stati Uniti, hanno progressivamente cambiato la politica di finanziare
progetti e programmi sociali includendo una visione dello sviluppo che presuppone una
mobilitazione delle risorse esistenti nelle zone intervenute.24
2.2 La specificità latinoamericana: una visione della cooperazione internazionale
allo sviluppo
I paesi latinoamericani non sono poveri, ma nella regione vivono molte persone povere:
questa differenza è molto importante ed è alla base dell’attuazione della cooperazione
allo sviluppo nel subcontinente. Secondo le stime dell’Agenzia Spagnola di
Cooperazione Internazionale (AECID), in America Latina esistono 221 milioni di
persone in situazione di povertà, di cui 97 milioni in situazione d’indigenza; secondo la
Commissione europea le persone povere sono 207 milioni.25
Comparata con altre regioni del pianeta, la posizione latinoamericana in quanto ad
indici di povertà è intermedia, con percentuali inferiori a quelli dell’Africa sub
sahariana o di alcuni paesi asiatici e più alti rispetto a quelli dell’Europa dell’Est o del
nord Africa. Questo panorama di povertà contrasta con una regione ricca di risorse
naturali, con enorme diversità biologica e grandi risorse di acqua dolce, con paesi che
hanno sviluppato, in differente misura, complessi industriali sofisticati e di alto livello
tecnologico, con un settore agricolo in forte espansione che converte paesi come
l’Argentina, il Brasile o la Colombia in leader mondiali nella produzione di carne, soia,
zucchero o caffè. L’America Latina possiede inoltre una grandissima ricchezza
energetica e minerale; alcuni dei suoi paesi hanno posti di rilevanza nella produzione di
petrolio, gas, stagno, ferro e rame. Nei prossimi anni, se proseguiranno le ricerche per
trasformare il biodisel in combustibile per motori, diversi paesi latinoamericani saranno
potenze mondiali nella produzione di alcol proveniente dalla canna da zucchero e da
23Kiksberg, Tomassini “Capital Social Y Cultura: Claves Estrategicas Para El Desarrollo” Paperback, 2001 24Llorens Urrutia “Orientamenti per la cooperazione decentrata allo sviluppo economico locale in America Latina: il caso basco” in “Dossier sviluppo economico locale in America Latina” CeSPI e IILA, 200125Sotillo, Ayllón “América Latina en construcción” Catarta editrice. Instituto Universitario de Desarrollo y Cooperación, Universidad Complutense de Madrid, 2006
23
semi di piante oleose. Inoltre è fondamentale ricordare che il capitale umano della
regione è di grande qualità grazie alla capacità imprenditoriale , allo spirito creativo e
all’esistenza di numerose università e centri di ricerca che stanno formando i numerosi
giovani, anche se l’educazione superiore raggiunge una fascia molto ristretta della
popolazione.
Se diamo uno sguardo alle classifiche elaborate dagli organismi internazionali per
determinare il livello di sviluppo dei vari paesi, notiamo che quasi tutti gli stati
latinoamericani si trovano in posizioni intermedie. Solo la Bolivia e Haiti figurano tra i
paesi con basso livello di sviluppo umano.
Tutti i report e le analisi dei principali “donatori” nella regione, coincidono nel fatto che
il grossi problemi latinoamericani in termini di sviluppo siano la profonda
disuguaglianza, la mancanza di equità, l’assenza di coesione sociale e la pessima
redistribuzione delle entrate. Alcune cause che spiegano questi effetti, secondo l’analisi
di Ayllón, sono da cercarsi nel processo di colonizzazione iberica, nella fragilità delle
istituzioni politiche ed economiche, nell’inesistenza di un patto sociale, nel controllo
politico ed economico messo in atto dalle oligarchie elitarie, nell’esplosione
demografica e nell’assenza di un programma di riforme agrarie, politiche e fiscali che
portano all’instabilità macroeconomica cronica.
Fonte: PNUD, Informe Regional sobre Desarrollo Humano para America Latina y Caribe 2010.
24
L’America Latina è la regione più diseguale al mondo, con un coefficiente Gini26 di
0,54 di media: questo dato stride con il reddito procapite e con le potenzialità
economiche, le risorse umane e naturali.
Per questa ragione è proprio nella lotta contro le cause strutturali di queste
disuguaglianze che la cooperazione allo sviluppo ha il compito di agire in maniera
incisiva, abbandonando approcci paternalisti o i semplici palliativi.
Oltre al problema della diseguaglianza, esistono altre questioni che fanno sì che la
regione sia altamente vulnerabile e che si converta, come logica conseguenza, in
oggetto dell’azione della cooperazione internazionale. Alcuni degli aspetti più
importanti che si possono menzionare sono: la lentezza nella riduzione della povertà, la
crescita irregolare dello sviluppo economico che produce alti tassi di disoccupazione e
l’allargarsi dell’economia sommersa, l’aumento del crimine organizzato attorno al
traffico di droga e della delinquenza comune, la precarietà delle condizioni abitative di
milioni di persone e la proliferazione delle favelas nelle zone periferiche delle grandi
metropoli, la pessima qualità dei servizi educativi e sanitari nelle zone rurali, l’esodo di
milioni di latinoamericani che si vedono costretti ad emigrare e la cosiddetta “fuga dei
cervelli”, la marginalità e l’esclusione che colpisce contadini, indigeni, comunità
afrodiscendenti.
In aggiunta a tutte queste vulnerabilità, è utile, ai fini della comprensione del contesto in
cui la cooperazione allo sviluppo si trova ad operare in America Latina, aggiungere altri
due fattori caratterizzanti. Da un lato, la fragilità delle istituzioni, che si riflette nelle
democrazie a bassa intensità,27 nella crisi della rappresentatività e fragilità delle
istituzioni e nel discredito della classe politica che, in seguito a numerosi scandali di
26 Il coefficiente di Gini, introdotto dallo statistico Italiano Corrado Gini, è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione più uguale, con il valore 0 che corrisponde all'uguaglianza perfetta, ad esempio la situazione in cui tutti percepiscano esattamente lo stesso reddito; valori alti del coefficiente indicano una distribuzione più diseguale, con il valore 1 che corrisponde alla più completa disuguaglianza, ovvero la situazione dove una persona percepisca tutto il reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo.27 Si definisce “democrazia a bassa intensità” l’applicazione del modello democratico che, nonostante il proposito di creare governabilità, non da spazio alle richieste sociali dei cittadini, che solo possono partecipare alla vita democratica mediante le elezioni. Questo modello di politica delegata coniuga componenti autoritarie con un’idea di rappresentatività in cui le votazioni sono atti fondamentali di autorizzazione dei rappresentanti che decidono secondo i propri criteri.
25
corruzione, favorisce la nascita di populismi e caudillismi28. Dall’altro lato, dobbiamo
menzionare la degradazione ambientale che minaccia le risorse naturali e provoca
l’inquinamento dei fiumi e dell’aria nelle grandi città. L’assenza di pianificazione nella
crescita urbana, l’occupazione di luoghi precari della città e la segregazione spaziale
fanno si che la popolazione più povera non solo debba fronteggiare il problema della
povertà, ma anche quello della vulnerabilità ai disastri naturali e della mancanza dei
servizi basici.
In definitiva, come si è sottolineato nell’ambito accademico spagnolo, l’America Latina
soffre “l’inganno del progresso”, cioè una serie di difficoltà specifiche che non sono
derivate nella carenza di accumulazione del capitale, ma dalla difficoltà che molti di
questi paesi sperimentano storicamente nella redistribuzione di questo ad ampie fasce
della popolazione.
La presentazione di questo breve quadro ci permette di capire perché l’America Latina,
pur non essendo una regione povera, continui ad essere uno dei soggetti più attivi nel
campo della cooperazione allo sviluppo, in tutte le sue modalità.
2.3 La cooperazione Sud-Sud in prospettiva Latinoamericana
Partendo da una prospettiva latinoamericana, si distingue il ruolo importante che la
cooperazione allo sviluppo ha come strumento di appoggio e complemento degli sforzi
dei singoli paesi. Gli attori della cooperazione in America Latina, secondo l’ottica del
SELA, devono partire dalla conoscenza dell’agenda di sviluppo della regione secondo
due dimensioni: quella interna e quella esterna. Secondo l’agenda interna, le azioni di
cooperazione più adeguate dovrebbero essere dirette alla ristrutturazione produttiva e
alla competitività sistemica, alla modernizzazione delle istituzioni statali e
all’integrazione sociale per incorporare la popolazione emarginata nella ristrutturazione
produttiva. Nell’agenda esterna, la cooperazione richiesta è complementare agli sforzi
interni ed è orientata alla preparazione di negoziazioni regionali, emisferiche e
multilaterali, con azioni dirette alla formazione di risorse umane specializzate, il miglior 28 Il caudillismo é un fenomeno sociale e politico sorto durante il XIX secolo in America Latina che consiste nell’apparizione di leader carismatici la cui forma per accedere al potere e arrivare al governo era basata in meccanismi informali e l’accettazione da parte del popolo che deposita nel caudillo il ruolo di guida. Questo fenomeno ha caratterizzato l’America Latina durante lunghi periodi della sua storia repubblicana e in alcuni casi è sfociato in forti dittature, repressione all’opposizione e stagnazione politica ed economica.
26
accesso alle reti d’informazione, l’articolazione e formazione di consenso tra il settore
pubblico e quello produttivo nazionale e lo scambio di esperienze con altre regioni. In
aggiunta alle due agende, la cooperazione può giocare un ruolo importante nella
formulazione di politiche di governo, delle entità private, delle istituzioni accademiche e
della società civile29.
Dalla fine degli anni Ottanta e inizio degli anni Novanta, l’aumento dei redditi procapite
di alcuni paesi latinoamericani ha permesso che questi cambiassero il ruolo all’interno
della cooperazione allo sviluppo, passando da Paesi “destinatari” a Paesi “donatori”.
Partendo dalle esperienze di Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Messico, Perú
ed Argentina, è iniziata in America Latina la denominata cooperazione Sud-Sud30.
Questo tipo di cooperazione, stabilito tra paesi in via di sviluppo, facilita che le nazioni
che abbiano raggiunto risultati importanti in diversi settori, condividano e/o
trasferiscano una parte di questi agli altri Paesi, permettendo che questi ultimi possano
soddisfare alcuni dei loro bisogni in un determinato settore.
In America Latina si considera la CSS un meccanismo di grande rilevanza per
promuovere l’agenda dello sviluppo regionale che, necessariamente, va ben oltre il
traguardo degli obiettivi del Millennio, considerato come un accordo minimo.
Gli esperti sottolineano come sia necessario adattare la dichiarazione di Parigi al
contesto latinoamericano e, ancora più importante, continuare con il dibattito profondo
riguardo allo sviluppo nella regione per poter facilitare la transizione verso un’agenda
propria dei paesi latinoamericani.
Alcuni degli obiettivi comuni più importanti dei paesi della regione sono la coesione
sociale e il raggiungimento di un elevato livello di istituzionalità; è inoltre importante
ridurre le asimmetrie presenti, sia in campo economico che sociale: in questo senso la
CSS potrebbe rappresentare uno strumento per costruire una politica regionale che
aspiri all’integrazione del continente.
Alcuni vedono lo “spirito” di Parigi e di Accra come una valida ispirazione, dato che
orienta la cooperazione verso la leadership dei paesi ricettori e verso l’orizzontalità tra i
soci: si basa, in questo senso, sul principio di solidarietà e implica un reciproco
29 SELA “Tendencia de la cooperación internacional en America Latina y en el Caribe” Sistema Economico Latinoamericano y del Caribe, 2009 30Lechini, G. “Cooperación Sur-Sur y la busqueda de autonomía en America Latina. Mito o realidad?” in Relaciones Internacionales Nº12, Octubre 2009
27
apprendimento di “donatori” e “riceventi”. Dal punto di vista di altri Paesi del Sud,
esistono anche delle critiche all’imposizione di criteri e di procedimenti da parte del
Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS)31. La critica si origina nel fatto che i membri del
CAS non sarebbero rappresentativi, quindi l’istituzione mancherebbe di legittimità. Per
questo non tutti i Paesi del Sud accettano i meccanismi stabiliti a Parigi come validi per
tutti i tipi di cooperazione e solo 14 hanno firmato l’accordo, mentre gli altri si sono
rifiutati.
Nell’ottica della CSS, molte delle risposte ad alcuni dei problemi che i paesi
latinoamericani devo affrontare, si trovano nel “vicino” che, condividendo le stesse
percezioni circa gli ostacoli allo sviluppo regionale e gli stessi interessi economici e
necessità sociali, può condividere le proprie pratiche e suggerimenti sull’uso più
efficiente dell’assistenza allo sviluppo. Questo processo avviene supportando il
trasferimento di esperienze dimostrate e riproducibili dai paesi con un livello di
sviluppo superiore a quelli con un livello inferiore.
Queste attività di CSS sono state plasmate secondo diverse modalità di cooperazione
allo sviluppo in ambiti socioeconomici e tecnici e sono state amministrate e realizzate
dalle istituzioni dedite allo sviluppo dei paesi del Sud.
Una delle iniziative più importanti della CSS è l’articolazione tra i paesi latinoamericani
in vertici internazionali e il coordinamento per affrontare i problemi dello sviluppo e
proporre soluzioni pratiche. Attraverso queste iniziative, la regione cerca di evitare
l’unilateralismo del Nord e l’adozione di programmi non consultati con i “beneficiari”.
Si cerca di costruire un’agenda comune di sviluppo con i paesi “donatori”, che abbia
alla base l’identificazione e la soluzione dei problemi della regione, con priorità definite
nell’ambito tematico e geografico e con meccanismi di monitoraggio e valutazione.
2.4 Cooperazione Sud-Sud orizzontale e triangolare
La CSS si realizza secondo differenti modalità, il cui criterio di differenziazione è sia il
numero di attori coinvolti che il ruolo (due o più) che si assegna a ciascuno di essi
31Il Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) nasce nel 1961 come sottogruppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Il CAS riunisce 23 membri dell’OCSE e, attraverso di essi, i maggiori donatori bilaterali.
28
(ricevente, esecutore o finanziatore). Nello specifico, possiamo distinguere tra
cooperazione orizzontale, bilaterale o multilaterale, e cooperazione multilaterale.
È da notare, nel caso della CSS bilaterale e multilaterale, l’introduzione dell’aggettivo
orizzontale, voluto dai paesi membri della Conferenza Iberoamericana per rimarcarne il
carattere solidale e mettere l’accento sulla volontà che le relazioni tra i paesi siano
realmente basate sull’uguaglianza.
La cooperazione bilaterale orizzontale si produce quando un Paese del Sud offre
cooperazione tecnica ad un altro. Questo tipo di cooperazione può essere eseguito
secondo condizioni non rimborsabili, ciò significa che il Paese esecutore del progetto è
anche responsabile del finanziamento. Alternativamente, il progetto può essere eseguito
secondo uno schema di finanziamento con i costi condivisi, dove le due parti
cofinanziano le attività previste. In ogni caso, lo strumento attraverso cui si negoziano e
si definiscono i progetti da realizzare, sono le Commissioni miste, integrate dai
responsabili di cooperazione dei governi dei due paesi coinvolti.
La cooperazione multilaterale orizzontale si ha quando vari paesi accordano di
condividere in forma coordinata le esperienze e capacità in un determinato settore. In
generale, tutti i paesi partecipanti assumono un doppio ruolo: contribuiscono con risorse
economiche e/o tecniche allo sviluppo di questo tipo di iniziative di cooperazione e, allo
stesso tempo, sono beneficiari delle attività realizzate. La genesi di questi programmi
può essere incontrata nella volontà di vari paesi di promuovere iniziative congiunte, ma
anche in accordi bilaterali Sud-Sud che i paesi coinvolti decidono di ampliare e
regionalizzare.
29
Fonte: SEGIB 2007 La CTPD tra paesi del Sud permette di trarre vantaggio dalle capacità settoriali
raggiunte da alcuni dei paesi coinvolti e trasmetterle ad altri che devono coprire le
carenze negli stessi settori. Il basso costo relativo di queste azioni è un grande vantaggio
ma, in svariate occasioni, gli scarsi finanziamenti di cui dispongono i paesi del Sud
continuano ad essere un ostacolo per la realizzazione di un maggior numero di azione di
CSS. Un’opzione valida per superare questo problema è l’impulso ad un’altra modalità
di cooperazione internazionale: la cooperazione triangolare.
La cooperazione triangolare implica tre attori: due paesi del Sud (ricettore ed
esecutore) e un paese del Nord o un organismo internazionale che opera come
finanziatore del progetto. Nel caso in cui chi finanzia sia un paese del Nord, la
COOPERAZIONE SUD-SUD
ORIZZONTALE TRIANGOLARE
BILATERALE MULTILATERALE BILATERALE MULTILATERALE
Esecutore:paesedelSud
Ricettore:paesedelSud
Finanziamento:assunto
dall’esecutoreocondivisadalledueparti
Esecutore:varipaesi,la
maggioranzadelSud
Ricettore:varipaesi,la
maggioranzadelSud
Finanziamento:assuntodalle
partiproporzional‐mentealleloropossibilità
Esecutore:paesedelSud
Ricettore:paesedelSud
Ricettore:paesedelSud
Esecutore:paesedelSud
Finanziamento:assuntodalle
partiproporzional‐mentealleloropossibilità
Finanziamento:organismo
multilateraleoregionale
30
cooperazione triangolare è di tipo bilaterale, mentre se questo ruolo è assunto da un
organismo sovranazionale, la cooperazione triangolare è denominata multilaterale.
2.5 Cenni sulla cooperazione sud-sud regionale
Per completare il quadro relativo CSS in America Latina, menzioniamo la cooperazione
regionale, intesa come quadro applicativo della CSS orizzontale all’interno del
subcontinente. Nella regione esistono infatti diversi sistemi di concertazione ed
integrazione, in seno ai quali si attua la cooperazione tecnica e finanziaria. L’obiettivo
che ci proponiamo in questa sede, non è quello di descrivere in maniera esaustiva il
funzionamento di tutti i sistemi esistenti; ci limiteremo invece, a titolo esemplificativo,
a dare dei brevi cenni sul sistema di cooperazione esistente in tre dei principali
organismi regionali: la Comunitá Andina (CAN), il Mercato comune del Sud
(MERCOSUR) e l’Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra America (ALBA).
La cooperazione regionale può essere qualificata come orizzontale quando i sistemi di
integrazione regionale, indipendentemente dalle fonti di finanziamento, si attengono a
questi parametri:
• Concordano le strategie ed i piani di sviluppo che includono le aree prioritarie in
cui focalizzare la cooperazione.
• Disegnano i programmi disponendo dell’appoggio tecnico del centro di
coordinamento del sistema.
• Eseguono i programmi attraverso le amministrazioni responsabili delle politiche
pubbliche corrispondenti, con l’appoggio amministrativo e tecnico dei centri di
coordinamento.32
Secondo la Secretaría General Iberoamericana (SEGIB), i programmi promossi
all’interno di questi tre sistemi, a cui hanno partecipato governi, organizzazioni sociali
ed amministrazioni pubbliche, hanno favorito la convergenza tra paesi e, di
conseguenza, l’integrazione e lo sviluppo regionale. Inoltre hanno favorito la captazione
di risorse della cooperazione internazionale dirette a programmi regionali.
La CAN è una comunità che nasce nel 1969 composta da Bolivia, Colombia, Ecuador e
Perú (Argentina, Brasile, Cile, Paraguay ed Uruguay sono paesi associati) che ha come
32 SEGIB 2008
31
obiettivo il raggiungimento di un’integrazione regionale integrale che contribuisca allo
sviluppo umano e sostenibile nel rispetto della diversità e delle differenze tra i paesi.
All’interno della CAN, i paesi andini cooperano in diversi settori che vanno dallo
sviluppo delle frontiere alla cooperazione su temi di giustizia e sicurezza o la
promozione della democrazia e dei diritti umani. Tra i programmi in esecuzione vi sono
il Predecan, destinato alla prevenzione dei disastri e l’Ordinamiento Jurídico, che si
propone di rafforzare e perfezionare il Sistema di risoluzione delle controversie e di
formare diversi attori dei paesi membri nel tema giuridico. Finanziato dalla AECID
spagnola, questo programma realizza numerose attività di cooperazione tecnica
orizzontale tra i paesi membri, includendo corsi e scambi nel settore giuridico.
Il MERCOSUR è un’unione sub regionale nata nel 1991 composta da Argentina,
Brasile, Paraguay e Uruguay (Venezuela e Bolivia sono in processo di adesione, Cile,
Colombia, Ecuador e Perù sono paesi associati). Esiste un Comitato di cooperazione
tecnica del Mercosur incaricato di identificare, selezionare, negoziare, approvare,
monitorare e valutare le azioni orizzontali di cooperazione tecnica, assicurando che
vengano compiuti gli obiettivi di rafforzamento dell’integrazione regionale. Le priorità
stabilite dal Comitato sono: l’integrazione del blocco, la cooperazione orizzontale, la
trasparenza, la sburocratizzazione e la semplificazione della gestione, la sinergia tra i
progetti.
Tra i diversi programmi di cooperazione tecnica realizzati in seno al Mercosur, hanno
particolare rilevanza quelli nel settore economico e commerciale. Nello specifico, sono
stati portati a termine progetti di appoggio alla cooperazione statistica e doganiera con
l’obiettivo di arrivare ad un mercato unico, all’integrazione del sistema finanziario e
all’armonizzazione degli standard e dei procedimenti sanitari, veterinari, fitosanitari e
alimentari.33
L’ALBA è una piattaforma d’integrazione continentale nata nel 2001 di cui fanno parte
Cuba, Venezuela, Bolivia, Nicaragua, Honduras, Ecuador ed altri paesi caraibici.
Questo sistema pone l’accento sulla lotta contro la fame e l’esclusione sociale; per
realizzare questi obiettivi, l’Alba propone di sostituire l’attuale modello di crescita dei
paesi del Sud (modello considerato dipendente dai paesi del Nord) in favore di uno che
potenzi lo sviluppo endogeno nazionale e regionale. Detto altrimenti, un modello che
33SEGIB 2008
32
permetta ai paesi di trarre vantaggio dalle proprie capacità e investirle produttivamente
per far si che tutti gli abitanti della regione siano “beneficiari”. La maggior parte dei
progetti di cooperazione riguarda l’ambito energetico (dato il grande potenziale
venezuelano) e quello sociale (educazione, salute e sport, dove Cuba ha un grande
vantaggio).
Uno dei programmi sociali che sta avendo maggiore successo è il programma di
alfabetizzazione “Yo sí puedo” (Io si posso), che nasce da una iniziativa di CSS
orizzontale bilaterale. Cuba, il promotore del programma, lo ha realizzato in 28 paesi
del Sud (15 in America Latina, 5 nei Caraibi, 1 in Asia, 1 in Nord America, 6 in Africa).
Come risultato di quest’esperienza, la cooperazione cubana ha potuto alfabetizzare più
di 3,2 milioni di persone e sia il Venezuela che la Bolivia sono stati dichiarati paesi
senza analfabetismo. É interessante notare che alcuni dei paesi beneficiari del
programma abbiano replicato l’esperienza diventando a loro volta offerenti di
cooperazione orizzontale ad altri paesi del Sud. La sequenza di repliche e la
collaborazione che i distinti paesi hanno stabilito tra loro, ha fatto si che questo
programma di alfabetizzazione sia passato da essere un sistema bilaterale, a formar
parte di un’iniziativa d’integrazione continentale come l’Alba.
Attraverso la tabella a seguire elaborata dal SEGIB, sintetizziamo i tre sistemi di
integrazione che realizzano cooperazione regionale in America Latina.
Organismo regionale Sistema di cooperazione e finanziamento
Aree e programmi di finanziamento
Origine dei finanziamenti
Comunitá Andina CAN
Dispone di un sistema di cooperazione tecnica internazionale. Gli organi della CAN fanno proposte alla Segreteria generale che cerca i fondi, definisce le linee prioritarie e le realizza attraverso l’Unità di cooperazione tecnica
I programmi riguardano settori che vanno dallo sviluppo delle frontiere alla cooperazione in tema di giustizia e sicurezza e la promozione della democrazia e dei diritti umani
Mista, combina fondi della cooperazione internazionale con contributi variabili dei paesi membri
Mercato comune del Sud MERCOSUR
Il sistema si articola attorno a due meccanismi: il Comitato di
I programmi sono destinati principalmente ai settori economico e
Può essere esterna o interna ai paesi mIl sembri
33
cooperazione tecnica e il Fondo di convergenza strutturale
commerciale, così come al sistema d’integrazione
Alleanza Bolivariana dei popoli della nostra America ALBA
Nel 2007 è stata approvata la creazione di una segreteria tecnica diretta dal Consiglio dei ministri e dei presidenti. Per ora i progetti vengono approvati dal Vertice dei capi di Stato.
La maggioranza dei progetti sono relativi al settore energetico e sociale
Interna, contributi economici e tecnici provenienti dai paesi membri (soprattutto Venezuela e Cuba)
Fonte: SEGIB 2008
34
CAPITOLO III Un caso tipo: la cooperazione Sud-Sud ad Haiti 3.1 Haiti, l’emblema di tutto un continente “La schiavitù è per l’uomo una condizione così misera e spregevole, e così direttamente
opposta alla natura generosa e coraggiosa della nostra nazione, ch´è difficile concepire
che un inglese, tanto meno un gentiluomo, ne prenderebbe le difese”. Così Locke inizia
il primo dei due Trattati sul governo civile (1690), dichiarando in maniera
inequivocabile la sua profonda avversione alla schiavitù. Ma questo sdegno non
riguarda la condizione dei neri africani e la politica coloniale europea: è invece una
metafora per la tirannia legale, cui l’Inghilterra faceva spesso ricorso nei dibattiti
parlamentari sulla teoria costituzionale. Separando il discorso politico del contratto
sociale dall’economia, era possibile sostenere questa doppia visione, apparentemente
inconciliabile. La libertà britannica includeva la proprietà privata e gli schiavi erano
appunto una proprietà privata, quindi non c’era, agli occhi dei pensatori illuministi,
nessuna contraddizione tra la difesa della libertà e il possesso di schiavi africani,
avvallando in questo modo un sistema economico basato sullo sfruttamento.
La stessa posizione è sostenuta da Rousseau che, sostenendo la Rivoluzione francese,
tace sui milioni di africani deportati nel nuovo mondo e sullo schiavismo francese pur
conoscendo i fatti, com’è stato scoperto da uno studio del filosofo catalano Sala-
Molins34.
Con queste premesse, Susan Buck- Morss afferma nel suo saggio Hegel e Haiti che
“anche se l’abolizione della schiavitù era il solo sviluppo logico dell’ideale di libertà
universale, essa non si realizzò grazie alle idee o alle azioni rivoluzionarie dei francesi:
si affermò per iniziativa degli stessi schiavi”.35 È proprio dagli eventi storici della
ribellione degli schiavi ad Haiti del 1791, che, secondo la studiosa, Hegel ha teorizzato
la dialettica della signoria e della servitù, collegando esplicitamente la liberazione dello
schiavo con l’affermarsi della libertà nella storia.36
34 Sala-Molins, L. “Le Code Noir, ou le Calvaire de Canaan” Presses Universitaires de France, 1987 35 Buck-Morss, S. “Hegel e Haiti. Schiavi, filosofi e piantagioni” in “Spettri di Haiti”, Ombre corte. 2002 36 Hegel ha poi rivisto questa sua posizione dell’abolizione della schiavitù a favore di un aperto conservatorismo, arrivando a definire l’Africa Subsahariana come un “paese infantile” di “barbarie e selvaticitá”
35
In quasi due secoli, dagli anni della rivoluzione alla fine del Novecento, Haiti incarna
per la cultura occidentale la manifestazione esotica di quello spettro che Marx vedeva
nel sollevamento delle masse contro la borghesia. Pur rivestendo un ruolo
progressivamente più marginale nella mappa della politica internazionale, l’isola
caraibica rispecchia in modo paradigmatico i rapporti di forza che regolano il mercato
mondiale: all’inizio dell’Ottocento, quando ha cessato da poco di essere colonia
francese, si ritrova ben presto a fare i conti con le regole del commercio internazionale
in una parabola che, dalla Francia agli Stati Uniti, ha fatto dell’isola la nazione
attualmente più povera dell’emisfero occidentale.
A ben vedere, la storia dell’isola riassume quella di tutto il continente. Il colonialismo
europeo ha radicalmente modificato l’organizzazione sociale e politica dell’isola: prima
gli spagnoli che, alla ricerca di oro, hanno fatto piazza pulita dei popoli locali per
sostituirli con gli schiavi neri, più forti e resistenti al lavoro coatto. Poi la rivolta del
1791, culminata con l’indipendenza, che Napoleone si è trovato costretto a riconoscere
nel 1804. Di lì il nuovo colonialismo nordamericano, imposto con il golpe militare del
1915 cha ha determinato un forte processo di centralizzazione del potere politico ed
economico dalle province alla capitale, con la conseguente distruzione del tessuto socio-
economico delle campagne e l’esodo verso la Port-au-Prince.
La fine dell’occupazione statunitense nel 1934, in ossequio alla dottrina Monroe37, non
ha portato però la sognata indipendenza e prosperità cercata già ai tempi di Bolívar.
Quattro secoli di dominazione coloniale hanno infatti lasciato spazio ad una classe
dirigente corrotta, alla violenza di dittatori e generali che usavano le armi per spartirsi le
ricchezze dell’isola in un itinerario di colpi di stato che rende quanto mai complessa la
transizione ad una democrazia reale.
L’occupazione ha anche rafforzato molti stereotipi riguardo alla società haitiana, divisi
tra un profondo razzismo, che vede gli abitanti come esseri inferiori e incapaci di
37La Dottrina Monroe sintetizzata nella frase "L'America agli americani", fu elaborata da John Quincy Adams, ma attribuita a James Monroe nel 1823, ed esprime l'idea che Stati Uniti non avrebbero tollerato alcuna interferenza o intromissione nell'emisfero occidentale da parte delle potenze europee. Inoltre sanciva la volontà degli Stati Uniti di non intromettersi nelle dispute fra le potenze europee, e fra una potenza europea e le rispettive colonie. Monroe sosteneva che l'Europa non doveva più accampare pretese non solo sugli Stati Uniti, ma su tutto il continente americano, compresa l'America latina, da poco decolonizzata.
36
amministrarsi e la visione romantica, legata all’idea di libertà primordiale che si rifà al
mito del buon selvaggio, ossia una sorta di razzismo dettato dai buoni sentimenti.
Questi sono alcuni degli elementi di analisi che è necessario tenere in considerazione
per comprendere l’evoluzione della cooperazione internazionale ad Haiti che, ancora
una volta, continua ad essere emblematica rispetto a tutto il continente.
3.2 Storia di un’indipendenza mai realizzata
Si crede che i primi abitanti di Haiti raggiunsero l'isola intorno al 2600 a.C. a bordo di
canoe a bilanciere, che consentirono loro di seguire le correnti marine dal Sud America
e dall'estremità meridionale delle Piccole Antille in direzione nord e ovest verso le
Grandi Antille. Un secondo gruppo, quello degli antichi arawak, raggiunse Hispaniola
intorno al 250 a.C., diffondendosi poi in tutte le Antille. Una terza ondata migratoria,
questa volta dal Venezuela, colonizzò le Antille circa 2000 anni fa e verso il 700 d.C.
occupò Haiti e gran parte delle isole vicine. Questa popolazione si autodefiniva taino
(gente cordiale), e si pensa che circa 400.000 persone di tale etnia vivessero a
Hispaniola quando Cristoforo Colombo scese dalla sua nave per salutarli. In seguito alla
conquista, la maggior parte dei taino morì nel giro di 25 anni in seguito alle angherie
degli schiavisti spagnoli o a causa delle malattie, dopo aver donato al mondo il
barbecue, il tabacco, la canoa e l'amaca (che sono tutte parole derivate dalla loro
lingua). Verso il 1519 le miniere d'oro dell'isola erano ormai esaurite e quasi tutti i taino
scomparsi, per cui gli spagnoli portarono nell'isola gli schiavi africani e iniziarono a
coltivare la canna da zucchero. All'inizio del XVII secolo i cittadini spagnoli della metà
occidentale di Hispaniola commerciavano illegalmente con i francesi, perciò il sovrano
spagnolo inviò delle truppe e le zone traditrici si spopolarono. I mercanti francesi si
trasferirono così nelle città vuote, infliggendo un ulteriore colpo alle ambizioni
spagnole. Tra il 1669 e il 1679 un uragano, un'epidemia di vaiolo e la guerra tra Francia
e Spagna convinsero i coloni spagnoli a cercare un compromesso, cosicché accettarono
di lasciar sviluppare gli insediamenti francesi, ma soltanto sul terzo occidentale
dell'isola. La Spagna stabilì i confini nel 1731, poi ratificati da un trattato con la Francia
del 1777 che diede origine all'ente territoriale di Santo Domingo. I mulatti, figli dei
padroni bianchi e degli schiavi africani, erano ufficialmente liberi ma venivano trattati
come cittadini di seconda classe dalla minoranza bianca, e le loro richieste di
37
uguaglianza furono appoggiate dagli schiavi, che formavano la maggioranza della
popolazione. Nel maggio 1803 il leader dei ribelli Jean-Jacques Dessalines s'impossessò
del tricolore francese ed eliminò il bianco dichiarando che avrebbe cacciato i bianchi dal
paese. Il 1° gennaio 1804 Dessalines proclamò l'indipendenza di Haiti, che divenne la
prima repubblica governata da neri. La nuova repubblica, però, non era destinata a
durare a lungo. Ben presto, infatti, Dessalines s'incoronò imperatore, promulgò una
costituzione che gli dava un potere assoluto e fece pattugliare il paese dal suo esercito,
sterminando tutti i bianchi che erano stati così pazzi da restare in questa parte dell'isola.
Le potenze economiche isolarono il paese economicamente e, quando Dessalines
impose un decreto militare che costringeva molti neri a tornare a lavorare nelle
piantagioni, fu catturato e ucciso in un'imboscata. La conseguente guerra civile
precipitò il paese in un lungo periodo di disordini. Tra i 22 capi di stato che
governarono Haiti dal 1843 al 1915, uno solo riuscì a portare a termine il suo mandato;
tutti gli altri vennero assassinati o costretti all'esilio. L'importanza strategica di Haiti fu
messa in evidenza dall'apertura del Canale di Panama e, allorché uno dei presidenti
haitiani fu ucciso durante una violenta rivolta nel 1915, le truppe statunitensi
confiscarono i depositi aurei di Haiti, riorganizzarono la costituzione e sciolsero
l'esercito. Avviarono inoltre varie opere pubbliche, e costruirono ospedali, cliniche e
strade utilizzando il lavoro forzato dei carcerati. Le rivolte di Cacos contro
l'occupazione americana furono brutalmente represse, provocando la morte di migliaia
di persone. Gli americani trattavano direttamente con le classi superiori mulatte, e i neri,
sconfitti, iniziarono ad adottare la filosofia del Noirisme: valorizzando la cultura
haitiana e rivendicando la molto criticata religione vudù, la popolazione nera trovò fonti
di ispirazione per la propria resistenza semi-pacifica e un leader della propria identità
culturale nel popolare agitatore dottor François “Papa Doc” Duvalier. Quando gli
americani se ne andarono nel 1934, lasciarono qualche infrastruttura e un'economia a
pezzi, e molti haitiani andarono a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero di
Santo Domingo, provocando tensioni razziali ed economiche terminate tragicamente
con una pulizia etnica che fece 20.000 vittime tra gli haitiani. Il divario tra mulatti e
neri, intanto, continuava ad allargarsi, e le caotiche elezioni del 1956 (durante le quali fu
concesso per la prima volta il diritto di voto alle donne) condussero al potere Duvalier,
che portava avanti un programma alquanto esotico, un misto di nazionalismo, razzismo
38
e misticismo. Alla morte di Duvalier nel 1971, la costituzione da lui riscritta garantiva
la presidenza al figlio Jean Claude “Baby Doc” Duvalier. Il nuovo presidente fece da
moderatore tra i 'modernizzatori' mulatti e avviò delle brutali repressioni degli
oppositori politici, senza che la comunità internazionale intervenisse. Ma all'inizio degli
anni '80 i funzionari statunitensi identificarono Haiti come una zona ad alto rischio per
l'allora poco noto virus dell'AIDS e il turismo crollò. Un fallimentare programma
statunitense per debellare una malattia dei suini, a causa del quale furono uccisi per
errore 1,7 milioni di animali, danneggiò ulteriormente la già fragile economia rurale. La
conseguente situazione di caos costrinse la famiglia Duvalier all'esilio, con gran giubilo
della popolazione stremata. Il luogotenente generale Henri Namphy, confidente di
Duvalier, fu nominato presidente dai militari, ma un'organizzazione di matrice cattolica
si era nel frattempo guadagnata il favore degli abitanti e un giovane prete, padre Jean-
Bertrand Aristide, aveva apertamente manifestato le sue dure critiche nei confronti del
nuovo governo. Le elezioni del 1987 furono vinte a larga maggioranza da Namphy, ma
nel giro di un anno un altro colpo di stato portò al potere un nuovo generale, Prosper
Avril. Avril fuggì dal paese nel 1990 e le successive elezioni avrebbero visto
fronteggiarsi i soliti personaggi se la candidatura all'ultimo minuto di Aristide, con lo
slogan “Lavalas” (Inondazione) non avesse portato la gente in massa alle urne, per cui il
giovane prete divenne il nuovo presidente di Haiti. Aristide trascorse i suoi primi mesi
di governo avviando delle riforme e facendosi dei nemici, e migliaia di persone
morirono durante un nuovo colpo di stato nel settembre 1991, dal quale il presidente si
salvò. Venne quindi annunciato un embargo internazionale, ma la situazione balzò sulle
prime pagine dei giornali a metà degli anni '90, quando 38.000 haitiani in fuga dalle
violenze si riversarono sulle spiagge degli Stati Uniti e di altre isole caraibiche - in
pieno periodo elettorale per l'America. Alle forze di polizia inviate dalle Nazioni Unite
fu impedito di sbarcare e nel 1994 l'ex presidente americano Jimmy Carter negoziò
l'esilio di Cédras e il ritorno di Aristide, che era però a un solo anno dalla scadenza del
suo mandato. Le elezioni del 1995 sancirono l'ascesa al potere del protetto di Aristide,
René Préval, ben presto accusato di collaborare con le solite istituzioni elitarie haitiane,
perciò Aristide fondò un proprio partito, La Fanmi Lavalas. I dissidi tra i sostenitori di
Aristide e gli oppositori provocarono la cancellazione delle elezioni parlamentari del '97
e '98, impedendo a Préval di nominare un primo ministro. L'uragano Georges colpì
39
duramente il paese nel 1998, devastandone l'economia, e i 200 soldati delle truppe di
pace inviate dalle Nazioni Unite rappresentarono quindi un rimedio inefficace contro la
crisi, senza contare che i 7000 rinforzi promessi non giunsero mai nell'isola. Préval
indisse nuove elezioni parlamentari per l'aprile 2000, ma cambiò idea all'ultimo
momento decidendo di governare soltanto per decreti. Il suo vecchio mentore Aristide,
contestò le elezioni del novembre 2000 balzando nuovamente in primo piano sulla
scena politica. Nel 2000 Aristide iniziò il suo secondo mandato, con scadenza nel 2006.
Accusato dai suoi oppositori di aver adottato un atteggiamento dittatoriale, assediato dai
ribelli, il “prete delle bidonville”, che rappresentava le speranze del popolo haitiano, il
29 febbraio del 2004 è fuggito in esilio nella Repubblica Centrafricana. Le nuove
elezioni del febbraio 2006 hanno portato René Préval ad essere rieletto presidente,
tuttora in carica. L'isola, colpita nell'estate 2004 dall'uragano Jeanne e
nel gennaio 2010 da un disastroso terremoto, vive in uno stato di emergenza umanitaria.
Attualmente è in corso una missione internazionale di aiuto sotto l'egida dell'ONU, che
vede la presenza di un contingente guidato dal Brasile.
3.3 Quale cooperazione per Haiti?
Con una popolazione di 8,8 milioni di abitanti, Haiti è l’unica nazione dell’America
latina che è stata classificata nel gruppo dei paesi meno sviluppati (PMA, dall’acronimo
spagnolo) e tra quelli con basso sviluppo umano (UNPD, 2003). Secondo il report del
Programma per le Nazioni Unite per lo sviluppo del 2009, il 72,1 per cento degli
haitiani vive con due dollari al giorno e il 54, 9 per cento con 1,25 dollari. Il prodotto
interno lordo (PIL) del paese è diminuito a partire dal 2007 fino ad arrivare a 10, 98
miliardi di dollari, collocando Haiti al 203º posto delle 229 nazioni del mondo, con un
ingresso pro capite annuo di appena 1.300 dollari. Inoltre, la fragilità istituzionale e
democratica gli danno il triste primato di paese più corrotto al mondo, secondo i dati di
Transparency International.38
Dinanzi a questa situazione, in che modo si deve pensare la cooperazione per ottenere
un risultato effettivo che permetta la ricostruzione di Haiti?
Partiamo dal fatto che Haiti riceve fondi di cooperazione internazionale da 217 donatori,
che contribuiscono con quasi 900 milioni di dollari allo sviluppo del paese, il che
38www.transparency.org
40
significa una grande crescita di aiuti a partire dal 2004, anno in cui Aristide ha
abbandonato il paese39.
I paesi dell’America latina destinano 159,76 milioni di dollari alla cooperazione e,
secondo i dati dell’OCSE, i principali “beneficiari” sono Haiti e il continente africano.
“Haiti è il paese più povero ed è tra i paesi prioritari della cooperazione allo sviluppo.
Storicamente è stato un paese che ha ricevuto molti aiuti, ma ora si aggiunge il fattore di
una catastrofe naturale, per cui la cooperazione sarà superiore per poter uscire dalla
situazione di emergenza” afferma Guillermo Correa, coordinatore della Rete Argentina
per la Cooperazione Internazionale (RACI). Secondo Correa, “il sisma ha fatto si che la
lente d’ingrandimento sia puntata su Haiti, mentre i problemi strutturali storici vengono
da molto prima della tragedia. Bisogna iniziare a pensare le cose in maniera più
strategica affinché siano efficienti”.
Il direttore della Facoltà latinoamericana di Scienze Sociali (FLACSO) in Argentina,
considera che la CSS permetta una “migliore comprensione della problematica di Haiti,
dato che in alcune aree si presentano fenomeni simili tra i paesi in via di sviluppo, come
le questioni della povertà e la mancanza di infrastrutture”. Di fronte all’insufficienza
della cooperazione, aggiunge, “si potrebbe aumentare l’articolazione degli sforzi tra
paesi latinoamericani con fondi europei o di paesi sviluppati, dato che possiamo essere
veicoli di risorse che prevedano linee d’azione per avere un impatto molto grande” 40.
L’assistenza internazionale diretta ad Haiti è diventata negli ultimi anni un fattore
determinante per il mantenimento della pace, il consolidamento dello sviluppo a livello
politico, economico e sociale nel paese, nonché per il rafforzamento della democrazie.
I paesi dell’America Latina portano avanti, dagli anni ’90, la cooperazione regionale per
migliorare la situazione di Haiti, ma gli sforzi fatti fin’ora si sono rivelati insufficienti:
non sono stati infatti raggiunti i risultati desiderati prima del sisma del gennaio 2010.
Nell’ambito della Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti
(MINUSTAH) che è cominciata nell’aprile 2004 con l’obiettivo di lavorare per la
stabilità istituzionale, lo sviluppo e la pace, ha iniziato a collaborare la maggioranza dei
paesi latinoamericani come Argentina, Brasile, Bolivia, Paraguay, Perù, Cile, Colombia,
39Xalma, C. “Informe de la cooperación en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 200740Lengyl,ThuryCornejo,Malacalzauan“Laeficaciadelaayudaaldesarrolloencontextosdefragilidadestatal:HaitíylacooperaciónLatinoamericana”inSerieAvancedeInvestigación.FundaciónCarolinaCeALCI,2010.
41
Ecuador e Uruguay con l’obiettivo di favorire la crescita del paese più povero della
regione.
Congiuntamente a questa iniziativa e di fronte all’insufficienza della cooperazione tra
America del Nord e del Sud, si è iniziato ad applicare la CSS come forma per cercare di
ottimizzare le risorse sia economiche che umanitarie.
“La cooperazione Sud – Sud è iniziata con l’apertura di un nuovo spazio dopo la crisi ad
Haiti generata dalla caduta del presidente Aristide. È iniziata con un doppio proposito:
da un lato, l’interesse dei paesi sviluppati, principalmente gli Stati Uniti, di non
compromettersi troppo in operazioni di mantenimento di pace, dall’altro, l’opportunità
per paesi come Argentina, Brasile e Cile di avere un protagonismo a livello
internazionale e, quindi, una presenza più concreta nell’agenda regionale come grandi
paesi dell’America Latina”, spiega Lengyel41.
3.4 La ricostruzione dello Stato e l’Agenda di cooperazione
La relazione che intercorre tra i fondi che i paesi del Nord si sono impegnati a destinare
che, rispetto alla dimensione economica dei Haiti, sono significativi e l’impatto ottenuto
dalla cooperazione mostrano come i risultati ottenuti siano ben lontani da quelli
desiderati.
L’inefficienza degli aiuti ha provocato una percezione di fallimento nei “donatori”
tradizionali, con la conseguente diminuzione delle risorse destinate alla cooperazione
negli anni che vanno dal 1994 al 2002.
Grafico: flusso di APS netta a Haiti tra il 1994 e il 2005
41Ibidem
42
Fonte: SEGIB 2007, da dati dell’OCSE (2006)
Questo insuccesso ha fatto sì che divenisse prioritaria all’interno dell’agenda pubblica la
necessità di riformulare il modello di cooperazione tra i paesi del Nord e Haiti in diverse
occasioni. Il 2004 ha rappresentato l’anno del cambiamento.
La situazione di crisi e il collasso statale che hanno seguito l’uscita di scena del
presidente Aristide, hanno portato alla formazione di un governo ad interim e alla
richiesta della creazione di una forza di pace, la MINUSTAH, che rappresenta un
nucleo di cooperazione multidimensionale che si basa in un compromesso
internazionale amplio guidato da paesi del Cono sud dell’America Latina, come
Argentina, Brasile e Cile.
Secondo la risoluzione 1542 delle Nazioni Unite, sono tre le priorità che orientano
l’attuazione della MINUSTAH:
• Il mantenimento dell’ordine e della sicurezza
• L’incentivo al dialogo politico per favorire la riconciliazione nazionale
• La promozione dello sviluppo economico e sociale
Rispetto all’ultimo punto, la missione è responsabile di una serie di attività legate
all’assistenza elettorale, alla sicurezza pubblica, all’aiuto umanitario, alla protezione dei
diritti umani, al rispetto dell’ambiente e allo sviluppo economico.
Nella prima tappa, che si è svolta dal 2004 al 2006 la MINUSTAH ha organizzato i
contributi dei “donatori” multilaterali e bilaterali attraverso la creazione del Quadro di
cooperazione interna (MCI) e la realizzazione di una serie di conferenze (Washington
2004, Guayana francese 2005, Porto Principe 2006, Madrid 2006). Questo schema di
43
funzionamento, poi esteso fino al dicembre 2007, è servito per accordare strategie tra i
“donatori” multilaterali e definire le priorità ma, come già visto, non ha raggiunto i
risultati sperati. Questo a causa, tra vari fattori, della complessità dei procedimenti e la
mancanza di coordinamento tra la MINUSTAH e le agenzie di cooperazione, la scarsa
appropriazione (ownership) haitiana nella definizione delle priorità e la realizzazione
delle politiche pubbliche (Loperz, 2008 in SEGIB 2007).
A partire dal 2006, la dimensione politica della MINUSTAH acquista maggiore utilità
in quanto deve rispettare il recupero della sovranità politica di Haiti, delle sue istituzioni
democratiche dopo le elezioni e della sua specificità culturali: questi fattori portano alla
formulazione di un’agenda di cooperazione più tecnica42.
In seguito all’inizio del mandato del nuovo governo del presidente eletto René Préval,
nel maggio 2006, l’elaborazione della Strategia per la riduzione della povertà (DSRP-I)
ha proposto un cambiamento nella relazione che lega i paesi “donanti” con il paese
socio, cercando di favorire una maggiore appropriazione degli aiuti da parte del
governo. Vale la pena sottolineare che questo documento ha incluso alcuni aspetti
rilevanti assenti nel MCI come: la partecipazione attiva del governo e della società
civile haitiana nell’elaborazione della strategia, la complementarità della relazione
Nord-Sud con il nuovo schema di cooperazione Sud-Sud e Nord-Sud, la definizione di
obiettivi a medio termine che comprendono una prima tappa 2007-2009 e una seconda
tappa 2010-2015.
Il nuovo approccio assunto dal governo di Préval, ha contribuito alla centralizzazione e
organizzazione dei flussi di aiuto estero in una prospettiva haitiana e ha aperto una serie
di opportunità per i paesi latinoamericani di rendere effettiva la strategia di CSS,
contribuendo a promuovere nell’agenda internazionale un compromesso regionale con i
valori democratici, il sistema multilaterale e la riduzione della povertà nella scena
internazionale. In questo quadro si inserisce la visione condivisa da Haiti e dai paesi
latinoamericani secondo la quale la sicurezza non si garantisce attraverso la presenza
militare o poliziesca, bensì attraverso uno sviluppo nazionale auto sostenibile.
Nonostante questi aggiustamenti, durante il 2008 una serie di problemi hanno portato al
posticipo dei una nuova Conferenza di “donatori” per l’approvazione del DSPR-I. Una
serie di eventi accaduti in quell’anno, come le proteste popolari in seguito alla crisi
42 Ibidem
44
alimentare, in concomitanza con la rinuncia del primo ministro Alexis, il passaggio
devastante di quattro uragani tra l’agosto e il settembre, che hanno coinvolto 800 mila
persone, provocando 793 morti e 310 dispersi con una perdita del 15 per cento del PIL,
hanno fatto sì che ricostruzione haitiana richiedesse maggiori sforzi finanziari da parte
della comunità internazionale.
La Conferenza di “donatori” si è infine tenuta il 14 aprile 2009 a Washington e,
nonostante le urgenze sociali ed economiche di Haiti, è stato ottenuto un impegno
relativo minore da parte della comunità internazionale. Se, infatti, nella prima riunione
del 2004 l’impegno finanziario ammontava a 1.085 milioni di dollari, in quella di
Madrid è stato di 750 milioni di dollari e nell’ultima si è raggiunta soltanto la cifra di
324 milioni di dollari: poco più di un terzo della cifra di cinque anni prima.
Questa somma, sebbene sia considerevole, non è sufficiente per coprire i costi della
realizzazione del DSRP-I che richiede, secondo alcuni analisti, circa 4 miliardi di
dollari.
3.5 La specificità della cooperazione latinoamericana nel conteso haitiano
Dinanzi agli scarsi risultati ottenuti ad Haiti delle forme tradizionali di cooperazione
Nord-Sud, la partecipazione dei paesi latinoamericani, Argentina, Brasile e Cile (ABC)
in particolare, è incrementata nelle iniziative di assistenza a questo paese dal 2004. La
politica dell’ABC rappresenta un laboratorio e, di conseguenza, contribuisce a
ridisegnare l’architettura della cooperazione internazionale allo sviluppo.
Il tipo di cooperazione che Haiti riceve dai paesi della regione varia in funzione del
“donatore”. In questo senso, è importante differenziare la APS nell’ambito della CNS
dalla CSS, intesa come cooperazione bilaterale orizzontale e cooperazione triangolare.
Il ruolo importante della CSS si riflette in diversi modi:
1) il finanziamento di una somme superiori a 25 milioni di dollari in più di 30
progetti di cooperazione bilaterale orizzontale in settori come l’agricoltura,
l’educazione, l’ambiente e la salute
2) la promozione di meccanismi più efficienti di coordinamento degli aiuti e di
appropriazione da parte del governo haitiano
3) la partecipazione in spazi di coordinamento degli aiuti provenienti da paesi del
Nord. A questo proposito è importante citare la presenza, in seguito alla richiesta
45
del governo haitiano, dei paesi ABC che hanno un seggio permanente nel foro
G10 assieme ai principali “donatori”43
4) l’invio di un contingente militare che rappresenta più del 50% del totale della
MINUSTAH e che implica un impegno politico rilevante a medio termine nel
paese.
Per questi motivi, l’esperienza che i paesi ABC mantengono attraverso diversi
programmi di cooperazione che hanno come scopo quello di contribuire al processo di
ricostruzione dello stato, delle basi economiche e del tessuto sociale, ha fatto sì che
quello di Haiti divenisse un modello. La specificità della CSS in relazione ad altri tipi di
cooperazione (istituzioni multilaterali, ong, e altri attori bilaterali) riguarda la presenza
di soci del Sud, i meccanismi di coordinamento, la visione e le strategie adottate per la
realizzazione dell’agenda di lavoro programmata.
Donatori del Nord membri del CAS
Donatori latinoamericani che partecipano al MINUSTAH
Donatori latinoamericani che non partecipano al MINUSTAH
Paesi USA, Canada, Francia, Spagna etc.
Argentina, Brasile, Cile (ABC)
Venezuela e Cuba
Meccanismi di coordinamento
MCI (2004-2010, G10, Conferenza dei donatori
2x4, 2x6, 2x9, seggio nel G10
Petrocaribe ed altri
Agende di cooperazione
Rafforzamento istituzionale, Sicurezza, ecc.
Sicurezza alimentare, Educazione, Salute, Ambiente, Energia
Energia e salute
Tipo di cooperazione
CNS CSS CSS
Fondi destinati Washington, 2004 (1.085 milioni di dollari); Madrid, 2006 (750 milioni di dollari) e Washington, 2009 (324 milioni di dollari)
100 milioni di dollari (2004-2008)
260 milioni di dollari
Fonte: FLACSO, 2010
La tabella anteriore differenzia il contributo dei paesi latinoamericani ad Haiti dal resto
della cooperazione bilaterale. Come si può osservare, i programmi di cooperazione di
43 Dal gennaio 2008 l’ABC ha un seggio permanente nel Comitato congiunto di coordinamento strategico de G10 composto da Belgio, Canada, Francia, Italia, Germania, Giappone, Paesi Bassi, Svezia, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera
46
questi attori presentano caratteristiche e criteri differenti nella gestione della APS: la
CNS con i membri del CAS, la CSS dei paesi latinoamericani che partecipano alla
MINUSTAH e di quelli che non vi partecipano.
Queste differenze non riflettono modalità diverse di cooperazione, ma anche una
visione (percezione del “donatore” riguardo la relazione di cooperazione tra “donatori”
e beneficiari” e temi prioritari nell’agenda di cooperazione) e una strategia di
cooperazione allo sviluppo.
Dato che della CNS si è già trattato a lungo in precedenza, ci concentreremo ora sulla
CSS, mostrando le principali caratteristiche dei due approcci proposti.
Cooperazione bilaterale di Cuba e Venezuela
La cooperazione di Cuba e del Venezuela non si canalizza tramite la MINUSTAH né
attraverso la cooperazione triangolare, ma si realizza mediante progetti bilaterali con
alto impatto e accettazione della società haitiana, come risulta evidente dal detto
popolare haitiano “Aprè Bondye se doktè Kiben-yo”, ovvero “Dopo Dio ci sono i medici
cubani”.
Il caso di Cuba rappresenta un contributo importante nell’ambito della sanità, con
l’assistenza tecnica di più di 500 professionisti medici, e in quello della cultura
attraverso la realizzazione di programmi di alfabetizzazione.
Nel caso del Venezuela, gli aiuti sono iniziati nell’anno 2000 con la firma dell’Accordo
energetico di Caracas. Mediante questo accordo, il Venezuela dà ogni giorno 6.500
barili di petrolio a Haiti e gli finanzia il 25% del costo complessivo della fornitura,
offrendo in questo modo delle condizioni vantaggiose rispetto a quelle vigenti nel
mercato internazionale. Anche Petrocaribe, un’iniziativa nata nel 2005 come proposta
per articolare le politiche energetiche nei Caraibi, fornisce diesel e gas con
finanziamenti speciali44.
Cooperazione bilaterale ABC: Argentina, Brasile e Cile
A differenza della relazione Sud-Sud del Venezuela e di Cuba con Haiti, che si propone
come un modello alternativo alla CNS, il tipo di offerta dei paesi ABC e vario,
flessibile, incondizionato, di facile adattamento alla realtà haitiana e rispecchia le
44 Xalma, C. “Informe de la cooperación en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 2007
47
potenzialità di ogni paese a seconda dei settori in cui è maggiormente sviluppato in
coordinamento con le richieste di cooperazione del governo haitiano e, in alcuni casi, in
complementarità con la cooperazione dei “donatori” del CAS e dell’OCSE.
Nel caso del Brasile, grande potenza emergente latinoamericana, il suo protagonismo è
comparativamente più significativo rispetto a Cile e Argentina. Secondo l’Agenzia
brasiliana di cooperazione, il 77% dei progetti di cooperazione internazionale del
Brasile nei Caraibi si sviluppa ad Haiti. Inoltre, in termini finanziari, bisogna sommare
il costo della presenza militare equivalente a circa 300 milioni di dollari, tra il 2004 e il
2008, e un esborso di fondi liquidi, dal 2005 al 2007, di più di 20 milioni di dollari, per
la promozione di progetti di cooperazione nei settori dello sviluppo agricolo,
educazione, tutela ambientale, materia elettorale, risorse idriche e forestali, riciclaggio
di rifiuti e lotta contro il lavoro infantile. Ma i progetti con maggiore visibilità
riguardano la realizzazione di infrastrutture, come centrali idroelettriche, con il supporto
di ingegneri brasiliani. Sono stati inoltre stanziati 4 milioni di dollari per promuovere
l’agricoltura familiare, generando in questo modo reddito e producendo alimenti.
Nel caso del Cile, una buona parte degli sforzi della CSS si sono concentrati nell’area
dell’educazione seguita, in ordine decrescente, da iniziative nelle aree di tutela
dell’infanzia, cultura, tecnologia, sicurezza, sviluppo rurale, ambiente, sicurezza
alimentaria, salute e nutrizione45. In questi settori sono di particolare importanza attività
di formazione della polizia haitiana e un programma di trasferimento di conoscenze
educative nell’area rurale in cui è inserito un progetto di educazione sessuale.
All’interno della cooperazione argentina, il programma di maggiore spicco è il “Pro-
Huerta”, dedicato alla produzione agricola domestica, che è servito come esempio di
successo di associazione Sud-Sud e Nord-Sud-Sud nella cooperazione allo sviluppo.
Inizialmente questo programma si limitava a fornire consulenza alla produzione di
alimenti biologici e ad orti ad uso familiare o comunitario nella zona di Gonaïves, dove
é presente il battaglione argentino dal 2004; successivamente, grazie alla capacità di
adattamento alle condizioni locali, è stato possibile incrementare la partecipazione
sociale, arrivando a formare 3000 promotori locali, includendo piú di 200.000 persone
in 200 municipi. Di fatto, questi risultati sono stati riconosciuti da altri “donatori”, come
il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, il governo canadese e l’Agenzia
45 www.chilehaiti.ch
48
spagnola di cooperazione internazionale e lo sviluppo, che hanno supportato
l’estensione delle attività del programma “Pro Huerta”.46
3.6 Un primo bilancio delle politiche di cooperazione Sud-Sud ad Haiti Realizzare un bilancio esaustivo delle politiche di CSS ad Haiti non è possibile per
diversi motivi. Innanzitutto il periodo di sviluppo di queste politiche, ovvero dal 2004
ad oggi, è insufficiente per poter realizzate una valutazione attendibile dell’impatto che
queste hanno avuto nel paese, in secondo luogo, il terremoto che si è abbattuto sull’isola
nel gennaio 2010. Le attività previste, soprattutto quelle di carattere produttivo, hanno
dovuto essere riformulate per adattarsi alla nuova situazione di emergenza e rispondere
alle nuove esigenze dettate dalla crisi umanitaria in cui il paese si è trovato coinvolto.
Nonostante queste premesse, cercheremo di far emergere alcuni elementi di analisi
rispetto all’esperienza haitiana, che serviranno come punto di partenza per una
riflessione più amplia rispetto alla CSS, tema che verrà affrontato nel capitolo
successivo.
Come abbiamo potuto osservare in precedenza, nonostante la quantità di fondi di
cooperazione impegnati sia inferiore rispetto a quella dei “donatori” del Nord, i paesi
latinoamericani hanno fornito conoscenze fondamentali che i “donatori” tradizionali
non sono stati in grado di apportare:
- il know how di come produrre ricchezza in un paese con scarse risorse
economiche
- il know how di come rispettare i diritti umani in una situazione di conflitto,
un’idea latinoamericana nel contesto post-dittatoriale secondo la quale è
necessario garantire la legittimità con le elezioni per poter costruire la pace, e
non viceversa
- il know how di come concepire piani di sviluppo in contesto di crisi economica e
povertà strutturale47
Parallelamente a questi vantaggi della CSS promosse dai paesi ABC, che sono
apprezzate dagli haitiani, esistono anche benefici che ottengono gli stessi “donatori”
46Lengyl,ThuryCornejo,Malacalzauan“Laeficaciadelaayudaaldesarrolloencontextosdefragilidadestatal:HaitíylacooperaciónLatinoamericana”inSerieAvancedeInvestigación.FundaciónCarolinaCeALCI,2010.47 Ibidem
49
latinoamericani nella relazione di cooperazione. Ci si riferisce alla possibilità di
incrementare il campo d’azione nella regione e di acquisire un nuovo ruolo
internazionale che permetta loro, tra le varie questioni di:
-articolare e rendere visibile le strategie della CSS e rafforzare la proiezione
internazionale e regionale
-generare iniziative di cooperazione endogene basate sul vincolo tra democrazia,
sicurezza e sviluppo
-riaffermare l’impegno con i principi della democrazia, il multilateralismo e la riduzione
della povertà a scala globale
-generare fiducia tra i paesi “donatori” del CAS, rafforzando la triangolazione degli
aiuti
-consolidare meccanismi regionali istituzionalizzati di coordinamento degli aiuti in
sintonia con i paesi “beneficiari”
In altri termini, la partecipazione dei paesi ABC ad Haiti costituisce un punto di
riferimento importante per la cooperazione nella regione.
50
CAPITOLO IV Il futuro della cooperazione Sud-Sud
4.1 Analisi del caso haitiano: potenzialità e limiti della cooperazione Sud-Sud
In questo capitolo cercheremo di trarre qualche conclusione in merito alla CSS.
Iniziamo con un’analisi del caso haitiano, che offre degli spunti interessanti per una
riflessione più amplia rispetto a questo tipo d’intervento.
La cooperazione dei paesi ABC ad Haiti dal 2004 ha operato come uno schema di CSS
in un contesto di fragilità statale. In questo senso, i progetti realizzati dimostrano,
secondo lo studio di Lengyel, Thury Cornejo e Malacalzauan48, flessibilità nel
trasferimento di competenze, ottima disponibilità di abilità, tecniche e utilizzo delle
conoscenze, buona adattabilità e allineamento alle necessità e richieste dello stato
haitiano, un accettabile livello di coordinamento e un alto coinvolgimento del governo e
della società civile haitiana.
Nonostante questo, una serie di domande sorgono dall’analisi della cooperazione
realizzata da questi paesi: qual è stato l’apporto dei paesi ABC? Quali punti di forza e
quali debolezze ha il modello di cooperazione latinoamericano in relazione alle
necessità e alle priorità di sviluppo di Haiti? Quale dovrebbe essere il ruolo della
comunità dei “donatori” nel modello suddetto, riguardo al raggiungimento dei principi
della Dichiarazione di Parigi?
Per rispondere a queste importanti domande, è utile tenere presente alcune lezioni
preliminari che ha fornito quest’esperienza, come input per la formulazione e la messa
in pratica di politiche pubbliche future nel campo della cooperazione allo sviluppo.
Importanza della diagnosi ex-ante
L’esperienza latinoamericana, come esempio di adattamento alle condizioni di base e
alle necessità locali di Haiti, ha dimostrato che per analizzare la fattibilità di un progetto
di cooperazione é necessario fare enfasi nella diagnosi ex-ante con la partecipazione
delle autorità locali per comprendere i processi interni, identificare gli interlocutori
48Lengyl, Thury Cornejo, Malacalzauan “La eficacia de la ayuda al desarrollo en contextos de fragilidad
estatal: Haití y la cooperación Latinoamericana” in Serie Avance de Investigación. Fundación Carolina
CeALCI, 2010
51
locali strategici e trovare un punto d’incontro tra gli impegni internazionali e le priorità
domestiche.
Promuovere la partecipazione locale
I progetti di cooperazione dei paesi ABC ad Haiti, dimostrano il valore che ha la
costruzione e lo sviluppo delle azioni di cooperazione direttamente sul campo,
attraverso una collaborazione sistematica con le controparti haitiane.
Si é dato spazio alla partecipazione locale nel disegno, realizzazione, monitoraggio e
valutazione delle iniziative, programmi e progetti con il fine di assicurare
l’appropriazione da parte dei “beneficiari” e la promozione progressiva delle capacità
locali. A titolo esemplificativo, vale la pena ricordare i risultati ottenuti dal progetto
argentino Pro Huerta come un esempio di lavoro comunitario e di sforzo collettivo che
genera produttività e accresce l’impatto della CSS.
Rifiuto dei modelli a “ricetta unica”
I paesi latinoamericani hanno appreso una serie di lezioni dal fallimento
dell’applicazione di misure di questo tipo ispirate al “consenso di Washington”. Per
questo motivo rifiutano il modello di cooperazione, molte volte prevalente nella CNS
tradizionale, di “ricetta unica” o di semplice replica di modelli “preconfezionati” senza
la doverosa considerazione delle particolarità e delle richieste locali. In altre parole, é
necessario rompere con le premesse di “validità universale” e di “monopolio delle
conoscenze” che spesso caratterizzano la cooperazione tra paesi del Nord e del Sud,
favorendo l’appropriazione haitiana degli aiuti.
Istituzionalizzare la cooperazione
Si sono menzionati in precedenza gli sforzi infruttuosi della CNS per migliorare il
coordinamento nella cooperazione. Per risolvere questo problema, lo sforzo dei paesi
ABC per plasmare meccanismi di coordinamento degli aiuti, è una prova di quanto sia
necessario approfondire, consolidare e, fondamentalmente, istituzionalizzare la
cooperazione tanto nell’asse Sud-Sud che in quello Nord-Sud (triangolare) in modo da
poter articolare in maniera più efficace la concentrazione degli sforzi individuali in aree
dove ciascuno dei paesi ha conoscenze e competenze giá acquisite.
52
L’istituzionalizzazione della cooperazione permette anche di contribuire
all’identificazione di aree o di problematiche per l’azionare congiunto.
Necessità di mantenere una relazione governo-governo.
Questa relazione è stata importante particolarmente nel caso di una cooperazione
multidimensionale come quella dei paesi ABC ad Haiti. In una cooperazione che
include allo stesso tempo questioni di sicurezza interna, protezione dei diritti umani,
coesione e stabilità politica, condizioni per lo sviluppo sostenibile e la fornitura di beni
pubblici, il vincolo tra le autorità politiche é determinante per promuovere e coordinare
le iniziative.
Mediante la CSS, si vuole superare la tendenza delle iniziative di CNS che non
facilitano l’appropriazione degli aiuti da parte del governo haitiano e promuovono la
proliferazione di progetti individuali, contribuendo in questo modo alla frammentazione
degli aiuti. L’esperienza dei paesi ABC suggerisce che, per evitare questa situazione, è
necessario mantenere un dialogo fluido con le autorità haitiane e dare priorità ai progetti
realizzati attraverso burocrazie statali, nonostante le difficoltà dovute alle scarse
capacità istituzionali.
Valutare correttamente il ruolo delle ONG nella cooperazione
Questa è una lezione che vale soprattutto ad Haiti, dove si nota un’enorme presenza e
l'influenza delle ONG (circa 750 canalizzano il 70% dei fondi) che non garantisce
risultati e qualità degli interventi di cooperazione.
In particolare, é importante identificare quando l’azione delle ONG sostituisce o riduce
il ruolo dello stato nella fornitura di servizi, rendendo più difficile lo sviluppo delle
capacità endogene e la costruzione di ponti tra lo stato e la cittadinanza. In alcuni casi la
collaborazione delle ONG può essere positiva e in altri non tanto: é per questo
importante conoscere i rischi in modo da poter controllare l’impatto negativo della
cooperazione internazionale.
Creare personale formato e agenti statali preparatie con linee d’intervento chiare per
l’interazione
L’esperienza dei paesi ABC ha mostrato difficoltà rispetto a questo punto. Ai problemi
53
di organizzazione e alla mancanza di risorse economiche dei paesi latinoamericani, si
sommano la mancanza di personale locale formato per lavorare in equipe, le barriere
linguistiche, la molteplicità e la dispersione di offerte di assistenza tecnica, così come
difficoltà proprie di relazione tra i tecnici nazionali e quelli stranieri. Si raccomanda
quindi l’adozione di misure che rafforzino le capacità istituzionali dei “donatori” e delle
loro agenzie di cooperazione, così come la formazione di interlocutori haitiani per una
migliore efficacia della CSS.
Definire una strategia di cooperazione con un’agenda di lavoro prestabilita e con un
focus tematico
In molti casi, a causa delle richieste specifiche di Haiti, il lavoro delle agenzie di stato
dei paesi ABC, è stato disperso e isolato, senza una strategia
ampia nella quale s’inseriscano tutte le attività. A questo proposito,
i team di lavoro dovrebbero inserirsi non come gruppo di cooperanti o consulenti con un
compito predefinito o con funzioni specifiche, ma come funzionari di governo e, quindi,
alla pari dei team haitiani.
Costruzione di conoscenze istituzionali mutue e maggiore diffusione delle attività di
cooperazione
Contrariamente al caso delle agenzie di cooperazione dei “donatori” tradizionali già
presenti ad Haiti, dove esistono canali di comunicazione fluidi, conoscenza reciproca ed
esperienze condivise, la relazione tra le controparti ABC - Haiti é stata costruita
attraverso una fase esplorativa iniziale. Questa situazione ha mostrato la necessità di
favorire una maggiore diffusione delle attività di cooperazione dei paesi latinoamericani
dato che, in molti casi, le autorità locali non conoscono i progetti promossi tra questi
paesi.
Ponderare adeguatamente la necessità di applicare i principi della Dichiarazione di
Parigi
Nonostante la Dichiarazione di Parigi sia un’iniziativa dei”donatori” del CAS (OCSE)
che, inizialmente, non prevedeva aspetti relativi alla CSS, contiene indicazioni
necessarie per raggiungere una maggiore efficacia degli aiuti, come l’appropriazione,
54
l’allineamento, l’armonizzazione, la gestione orientata a risultati e alla responsabilità
reciproca. Questi principi non sono stati dovutamente ponderati dalla cooperazione
latinoamericana, che non ha prestato sufficiente attenzione alla Dichiarazione di Parigi.
A dimostrazione di ciò, nessuno dei paesi ABC ha firmato la Dichiarazione nel 2005.
Nonostante questo, la riunione di Accra ha incorporato elementi positivi per i “donatori”
emergenti.
Considerare dovutamente la complementarietà tra la CSS e la CNS
Anche se nella CSS latinoamericana coesistono diverse visioni (c’è chi la considera un
modello alternativo che rimpiazzi il modello deficitario della CNS come Cuba e
Venezuela e chi promuove la triangolazione come uno schema di complementarietà
Nord-Sud-Sud, come nel caso dei paesi ABC) la necessità di finanziamento dei nuovi
“donatori” mostra che non é possibile scartare i benefici dati dalla collaborazione con i
“donatori” del CAS. Ad ogni modo, la cooperazione triangolare non é solo un
meccanismo di finanziamento, ma pone davanti alla sfida della pianificazione congiunta
e del muto apprendimento tra i “donatori” tradizionali e quelli nuovi.
Sistematizzare l’informazione per lo scambio di buone pratiche
La frammentazione degli sforzi e l’assenza di dati e analisi sulla CSS sono ostacoli per
l’efficacia degli aiuti. È imprescindibile che i paesi del Sud investano in un miglior
sistema d’informazione, statistica e meccanismi di monitoraggio e valutazione delle
attività di cooperazione. Questo permetterà una maggiore trasparenza e chiarezza
rispetto ai finanziamenti.
Assegnare un livello di priorità alto alla CSS nelle strategie dei paesi
Quando la CSS non occupa un luogo centrale nelle strategie di politica estera dei paesi,
la mobilitazione di fondi e l’articolazione delle azioni sono un compito complesso e di
difficile realizzazione, che finisce per usurare la cooperazione. Le cancellerie dei paesi
dovrebbero definire la CSS come una delle priorità della politica estera, perché ciò
permetterebbe di favorire la proiezione internazionale e regionale dei paesi coinvolti e,
allo stesso tempo, contribuire ad una maggiore efficacia degli aiuti. In questo senso
l’esperienza dei paesi ABC è una prova chiara della differenza nella concezione della
55
CSS che hanno i diversi paesi. Nel caso della cooperazione brasiliana ad Haiti è
palpabile che il livello d’impegno e disponibilità di fondi è alta, in linea con il posto
prioritario che questa ha all’interno dell’agenda estera. Il Brasile ha chiaro che essere
leader della forza di pace e cooperare con Haiti rappresentano vie privilegiate d’accesso
al Consiglio di sicurezza e al concerto delle potenze. Cile e Argentina, al contrario,
hanno livelli d’impegno minori, poiché Haiti non ha un posto di rilievo nell’agenda di
questi paesi. In questi casi, è meno probabile l’articolazione di iniziative di
cooperazione che mantengano un impegno sostenibile nel tempo e i progetti hanno
normalmente vita corta.
Demistificare la CSS e riconoscerne sia i vantaggi sia gli svantaggi
Com’è già stato detto, la CSS rappresenta una modalità per contribuire alla riduzione
della povertà. É però importante non lasciarsi trarre in inganno dall’immagine idilliaca
che generalmente è presentata nei discorsi e negli annunci ufficiali dei paesi del Sud.
Come la CNS, la CSS fa parte delle politiche estere e degli interessi strategici dei paesi.
Nel caso di Haiti, la cooperazione dei paesi ABC è strettamente legata alle strategie di
politica estera di questi paesi, per il Brasile, il suo status di “potenza regionale con
ambizioni globali” richiede l’utilizzo dell’aiuto allo sviluppo come elemento per
dimostrare il proprio protagonismo nella sfera regionale e internazionale e come ponte
per ottenere un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza. Per il Cile, la
cooperazione rappresenta come l’uso di un “potere morbido” per ottenere maggiore
influenza a livello internazionale e l’accesso al mercato. Nel caso dell’Argentina, l’invio
di aiuti si colloca nella necessità di non perdere terreno dinanzi alle altre potenze della
regione.
Nonostante ciò, questo insieme d’interessi che mobilitano la cooperazione bilaterale non
deve rappresentare un ostacolo per promuovere una maggiore sinergia tra gli ambiti
multilaterale e bilaterale. Considerando che la CSS latinoamericana si è concentrata
principalmente in accordi bilaterali fortemente associati ad altri interessi della politica
estera del “donante”, é necessario incoraggiare più iniziative attraverso degli organismi
multilaterali, che rappresentano uno spazio aperto e flessibile per lo sviluppo della CSS.
Nell’attuale contesto di crisi mondiale, con la conseguente diminuzione dei flussi di
aiuti provenienti dai paesi del Nord, aumenta la necessità di articolare iniziative di CSS.
56
In questo senso, l’offerta dei paesi latinoamericani rappresenta una maggiore attrattiva
tra i paesi del Sud, anche se, per essere all’altezza delle aspettative, gli insegnamenti di
esperienze come quella di Haiti sono una condizione necessaria per l’attuazione di
misure che rafforzino le capacità istituzionali e la crescita della CSS in futuro.
4.2 La cooperazione Sud-Sud: quali insegnamenti dalle conferenze di Parigi e di
Accra?
In America Latina, la cooperazione Sud-Sud si propone come un meccanismo di grande
importanza per realizzare non solo gli Obiettivi del Millennio, ma anche l’agenda per lo
sviluppo regionale, interessata, oltre che alla lotta contro la povertà, alla disuguaglianza
sociale e alla debole capacità istituzionale. Tra gli attori c’è un ampio consenso sulla
necessità che la cooperazione Sud-Sud sia uno strumento efficiente ed efficace per
raggiungere i livelli di sviluppo desiderati, ben oltre le politiche di "aiuto" (anziché di
"sviluppo") in cui si concentra la Dichiarazione di Parigi.
Tuttavia, lo spirito di Parigi e di Accra può costituire un'ispirazione importante, poiché
orienta la cooperazione verso la direzione dei paesi “beneficiari” e l’orizzontalità fra i
soci, che è basata sul principio di solidarietà, e sul reciproco apprendimento dei paesi
“donatori” e quelli “beneficiari”. Mentre migliorare l’efficacia dei sussidi implica un
avanzamento importante per i paesi del Sud, esistono ancora diffidenze rispetto
all'imposizione di criterio e procedimenti da parte del CAS, cui bisogna prestare
speciale attenzione. Inoltre rimangono tensioni fuori dell’ambito dei “donatori”
tradizionali: non tutti i paesi del Sud accettano i meccanismi stabiliti da Parigi come
validi per ogni tipo di cooperazione. Alcuni paesi applicano il principio dell’efficacia
nella ricezione dei sussidi da parte dei “donatori” del CAS, ma non necessariamente
adottano lo stesso criterio quando sono loro i “donatori” nella CSS. Qui, il ruolo dei
“donatori” convenzionali coinvolti nella cooperazione triangolare è molto importante,
perché può promuovere il dialogo rispetto l'adattabilità dei principi di Parigi e di Accra
alla CSS49.
Il progresso futuro e il consolidamento della CSS dipendono in gran parte dallo
sviluppo delle capacità nazionali dei paesi “donatori” di attuare la cooperazione. In
49Sanin Betancourt, Schulz “La cooperación Sur-Sur en America Latina y en el Caribe: perspectivas a partir de Accra?
57
primo luogo, è necessario rafforzare le agenzie di cooperazione e la loro capacità di
gestione, che significa anche impedire la rotazione e concentrarsi sulla professionalità.
In secondo luogo, si richiedono maggiori investimenti nella conoscenza e nella
formazione, compresi i programmi accademici nei paesi “donatori” stessi. Infine, le
politiche pubbliche dovrebbero promuovere l'istruzione e la pianificazione strategica
della CSS in ogni paese per permettere l'ancoraggio istituzionale del procedimento al di
là dei ministeri degli Affari esteri e inserire la CSS nel dibattito con la società civile e
l'opinione pubblica.
La CSS ha molte espressioni e non segue un unico modello, poiché i paesi “donatori”,
con le loro diverse capacità ed incentivi, sono molto diversi tra loro.
La differenza nei loro modelli, schemi di funzionamento e meccanismi rappresenta, per
molti specialisti della regione, una caratteristica che è una grande ricchezza e non
dev’essere sottovalutata nella ricerca dell’efficacia negli aiuti.
In America Latina e nei Caraibi, questa diversità è percepita come un valore aggiunto
che migliora l’offerta di CSS. D'altra parte, nonostante i grandi sforzi per
standardizzare, anche la CNS segue modelli molto diversi, con differenze sostanziali
nella qualità e quantità tra i donatori del CAS. Tuttavia, c’è il rischio che la CSS
costruisca la propria identità (e il proprio discorso), in contrasto con la cooperazione
tradizionale, il che complicherebbe la complementarietà tra i due tipi di cooperazione.
Un passaggio chiave nel portare avanti la discussione sulla CSS é superare l’immagine
idilliaca che di solito viene presentata. Come la CNS, la cooperazione Sud-Sud fa parte
della politica estera dei paesi “donatori” e per questo motivo è necessario analizzare e
comprendere gli interessi e gli incentivi di questi. Come accennato sopra, alcuni paesi
cercano apertura internazionale, basata su valori e ideologie, altri si stanno aprendo ai
mercati internazionali, o cercano sostegno nelle sedi internazionali come le Nazioni
Unite. Molte volte è anche una combinazione di queste motivazioni.
Questa integrazione della CSS negli obiettivi di politica estera di ogni paese è legittima,
soprattutto in un momento in cui i fondi impegnati sono significativi e l'opinione
pubblica non sempre comprende le ragioni "altruiste"che muovono la CSS. In questo
senso, è necessario iniziare un dibattito onesto nel quale si analizzi se la CSS rischia di
seguire la stessa dinamica verticale della CNS, in particolare quando ha luogo tra paesi
con diversi livelli di sviluppo. Questo dibattito dovrebbe chiedersi se il carattere che
58
contraddistingue la CSS da quella convenzionale non stia nei suoi presupposti, ma nei
meccanismi e nelle modalità operative. È proprio a questo punto che il carattere
innovativo e la libertà di azione dei paesi del Sud può dimostrare la propria differenza
dalla logica verticale della CNS.
Sebbene non sia un meccanismo nuovo e abbia una lunga storia, ci sono pochi dati e
analisi riguardanti la CSS ed è necessario sistematizzare le pratiche realizzate e gli
insegnamenti che ne derivano. È fondamentale investire in sistemi d’informazione,
statistica, informatica, monitoraggio e valutazione. In America Latina e nei Caraibi non
vi è chiarezza sulla domanda e l’offerta di CSS e l'informazione finanziaria sui flussi
attuali è precaria. Sistematizzare le buone pratiche rappresenta un supporto
fondamentale per il rafforzamento delle capacità tecniche dei paesi, oltre a migliorarne
la visibilità, la prevedibilità e la trasparenza. Oltre alla maggiore chiarezza rispetto ai
volumi finanziari, è importante prestare particolare attenzione alla qualità e all'impatto
della CSS. La sfida è trovare il modo per unificare le informazioni e trovare un
meccanismo accettato da tutti i cooperanti e includa gli elementi tecnici per la sua
attuazione. In generale, le buone pratiche della cooperazione tradizionale sono
identificate e sistematizzate dal CAS.
Ma nel caso di pratiche Sud-Sud, è auspicabile che ci sia una condivisione da parte dei
paesi del Sud. In America Latina non c'è consenso sul fatto che il CAS sia la
piattaforma giusta per sistematizzare queste esperienze nel Sud, in linea con il
rafforzamento del ruolo dei “donatori” nella CSS a livello nazionale, regionale e
globale. La regione ha una vasta gamma di istituzioni (compresa la Segreteria
iberoamericano, SEGIB, che pubblica rapporti annuali sulla cooperazione Sud-Sud nella
regione) che potrebbe facilitare questo processo di sistematizzazione e
standardizzazione, ma è necessario un migliore coordinamento per evitare il rischio di
duplicazione degli sforzi.
Dall’agenda di Accra, la CSS è stata inserita all'interno dell’ordine del giorno per
quanto riguarda l’efficacia gli aiuti. Appare evidente che la promozione della CSS
sarebbe beneficiata da un coordinamento strategico. A livello regionale, le numerose
piattaforme di discussione e promozione della CSS, stanno causando una certa
frammentazione e dispersione degli sforzi.
59
In America Latina non mancano occasioni di dibattito, ma sembra ci siano difficoltà per
giungere a conclusioni e ad accordi definitivi che permettano di intraprendere iniziative
concrete in settori chiave come i sistemi d’informazione e di standardizzazione. Una
possibile soluzione potrebbe essere una migliore ripartizione del lavoro tra le varie
piattaforme, che dovrebbe corrispondere alla volontà dei paesi della regione e rafforzare
l'impegno a migliorare il coordinamento e la comunicazione tra le varie agenzie.
In ogni caso, una delle sfide principali è quella di integrare il ruolo guida degli attori
principali della CSS. Brasile e Messico potrebbero, e in qualche misura dovrebbero,
semplificare i meccanismi di coordinamento e di comunicazione in America Latina.
Uno dei nodi che crea maggiore discussione, è quello relativo al fine della CSS: è da
considerarsi un processo di regionalizzazione o un’agenda regionale in grado di fornire
più strumenti istituzionali e politici per costruire la propria identità rispetto alla
cooperazione tradizionale? In questo momento non è ancora possibile rispondere a
questa domanda e sará necessario attendere per vedere qual’è l’orientamento che i paesi
coinvolti privilegeranno.
La crisi attuale e l’incertezza rispetto modello di sviluppo possono essere fattori
scatenanti di questo processo di analisi. L'attuale crisi finanziaria sta portando a
cambiamenti globali molto profondi, per esempio per quanto riguarda i rapporti di
potere nei meccanismi decisionali sui beni pubblici globali. La recessione globale mette
in dubbio il modello di sviluppo che è stato applicato fin’ora. Pertanto, vi è ampio
spazio per nuove soluzioni e proposte creative. In questo contesto complesso, la CSS
può essere molto importante per l’impegno e l’investimento nelle capacità nazionali,
tanto necessarie in un momento di rinascita dello stato come attore centrale
nell'economia nazionale e globale. Tuttavia, ci sono anche alcuni rischi. Il primo è
l'imprevedibilità della crisi che può portare a cambiamenti politici improvvisi. In
secondo luogo, anche i “donatori” del Sud possono essere influenzati dalla necessità di
ridurre i costi e quindi limitare le risorse per la CSS. Infine, i “donatori” tradizionali
sembrano puntare sulla CSS come opzione per tagliare i finanziamenti per lo sviluppo
nel Nord e "invitare" il Sud a colmare le lacune finanziarie.
60
4.3 L’efficacia della CSS: un’analisi del UNDP
Il 18 dicembre 2008 l’UNDP ha realizzato un incontro intitolato “migliorare l’efficacia
della cooperazione Sud-Sud per lo sviluppo”, il cui obiettivo era di scambiare
esperienze e conoscenze tra i protagonisti della cooperazione Sud-Sud e triangolare. I
risultati emersi da quest’incontro, raccolti in un documento50 pubblicato nel 2009,
riguardano diversi aspetti che riassumiamo nei loro punti salienti.
Innanzitutto vengono presentate la situazione attuale e le buone pratiche in materia di
formulazione di politiche nazionali per la CSS, l’assegnazione delle risorse, il
coordinamento delle politiche, programmi e progetti tra diverse organizzazioni e la
raccolta di dati riguardanti la CSS, così come la loro pubblicazione. I risultati mostrano
che molti paesi hanno strategie di CSS specifiche per ogni tema e/o paese, la
maggioranza delle quali proiettate a medio termine. Sono invece pochi i paesi che
hanno una politica nazionale a lungo termine e, se i paesi o le regioni prioritarie sono
generalmente ben definiti, le aree di cooperazione non sono altrettanto articolate.
Durante gli ultimi cinque anni, l’assegnazione delle risorse per la CSS è in aumento
nella maggioranza dei paesi: questo, nonostante il finanziamento generale da parte dei
“donatori” sia diminuito. Nella maggioranza dei paesi strategici51, l’organizzazione che
coordina la CSS amministra l’assegnazione delle risorse e monitora i progetti che
realizzano le diverse organizzazioni; ad ogni modo, la situazione di coordinamento a
livello di politiche e la coerenza di queste, varia da progetto a progetto e, in generale, la
raccolta e sistematizzazione delle informazioni riguardo la CSS, così come la loro
pubblicazione, é limitata.
Un secondo elemento d’indagine, è costituito dall’analisi delle buone pratiche applicate
nell’uso dei vantaggi comparativi per una CSS effettiva, così come l’identificazione di
questi vantaggi e la mobilitazione di risorse. I risultati dell’incontro mostrano come, sia
i paesi strategici che quelli “beneficiari”, attribuiscano una grande importanza
all’esperienza di un paese strategico in sviluppo, alla sua capacità tecnica nell’area della
cooperazione e alla disponibilità di conoscenze tecnico-pratiche che sono considerate
vantaggi comparativi per la CSS. Entrambi i gruppi di paesi credono che la CSS sia più
50PNUD, “Mejorar la cooperación Sur-Sur y Triangular” 2009 51 Nel studio del UNPD a cui si fa riferimento, vengono indicati come paesi strategici quesi paesi del Sud che sono “donatori” in progetti o programmi di CSS.
61
economica ed efficiente. Dall’altro lato, attribuiscono minore importanza alla
similitudine della situazione sociale e culturale, data la maggiore partecipazione di
numerosi organismi di cooperazione interregionale di sviluppo. Lo stesso vale per l’uso
del linguaggio. I paesi di lingua non-inglese, in particolare i paesi “beneficiari”, danno
maggiore importanza all’aspetto linguistico. Il settore pubblico è la principale fonte di
esperienza tecnica nella CSS. Molte organizzazioni pubbliche si sono convertite in
promotrici di questo tipo di cooperazione, grazie al miglioramento delle loro capacità
tecniche, avendo ricevuto in precedenza assistenza da parte di organizzazioni “donanti”
e internazionali. La formazione di alleanze tra paesi strategici è ancora limitata;
nonostante ciò, alcuni esempi indicano che questa, crea combinazioni complementari di
vantaggi comparativi e, allo stesso tempo, aumenta la cooperazione. La formazione di
alleanze, specialmente tra più di due paesi, si realizza frequentemente in contesti di
cooperazione regionale, sub regionale o interregionale.
Un ulteriore elemento da tenere in considerazione, è l’approccio basato sulla domanda,
che include temi come il match-making52, la valutazione delle necessità e la
formulazione di programmi o progetti, la partecipazione dei paesi beneficiari nella
programmazione, l’azione comune e il coordinanamento. Lo studio realizzato
dall’UNDP mostra che, nonostante l’opinione diffusa che i programmi o progetti di
CSS siano promossi dall’offerta, la maggioranza dei paesi strategici e “beneficiari”
interpellati, considera che i propri programmi o progetti siano invece promossi dalla
domanda. Ad ogni modo, l’approccio basato sulla domanda presenta diversi limiti, tra
cui la poca capacità di articolare o valutare le necessità e formulare programmi o
progetti specifici. Altri ostacoli sono l’informazione limitata nella tappa di ricerca di
corrispondenze tra capacità e necessità, così come la poca partecipazione dei paesi
“beneficiari” nella formulazione di programmi o progetti. Alcuni meccanismi di match-
making sono: riunioni bilaterali, regionali, sub regionali; raccolta di informazioni
attraverso le ambasciate o gli uffici nei paesi, inchieste realizzate da paesi strategici.
Molti paesi strategici diffondono le informazioni riguardanti la propria esperienza
pratica e tecnica, e anche le organizzazioni internazionali e i “donatori” contribuiscono
attraverso la condivisione d’informazioni e la co-organizzazione di riunioni di match-
52Per match-making intendiamo qelle pratiche in cui viene cercata una corrispondenza tra le capacità dei paesi strategici e le necesità dei paesi “beneficiari”.
62
making. La maggioranza dei paesi strategici realizzano inchieste e studi in loco per
prepararsi alla formulazione di programmi o progetti di cooperazione, ma sono pochi i
paesi che hanno definito metodologie per valutare le necessità in modo amplio ed
articolato. Anche il grado di partecipazione dei paesi “beneficiari” nella formulazione di
un progetto è variabile. I fattori che promuovono una maggiore partecipazione sono lo
stretto contatto tra due paesi, la partecipazione dei due paesi nel finanziamento dei costi,
l’uso di strumenti partecipativi di pianificazione. Nel caso della cooperazione
triangolare, la presenza di un “donatore” e/o di un ufficio di un’organizzazione
internazionale nel paese “beneficiario”, facilita la comunicazione tra paesi strategici e
“beneficiari”, oltre a favorire la partecipazione di questi ultimi, specialmente quando i
primi non hanno un ufficio nel paese.
Sia i paesi strategici che quelli “beneficiari” sono dell’opinione che i progetti o
programmi esistenti, in generale, convergano con i programmi di sviluppo dei secondi.
Il grado di convergenza è influenzato dalla capacità dei paesi strategici di soddisfare le
necessità dei paesi “beneficiari”, così come la capacità di questi di incorporare la CSS
nei propri programmi di sviluppo. Alcune delle pratiche attuali che promuovono una
maggiore convergenza, includono la formulazione di programmi o progetti basati in una
richiesta del paese “beneficiario” all’interno della cooperazione bilaterale, la
valutazione congiunta delle necessità e la formulazione degli interventi e un
procedimento di consulenza prima dell’approvazione del programma o progetto.
L’attuale livello di coordinamento di programmi o progetti di CSS con altri dei CNS è
piuttosto limitato e si è visto che la cooperazione triangolare aiuta a promuovere il
coordinamento delle organizzazioni “donatrici” internazionali, con i paesi strategici e
gli altri attori coinvolti nella cooperazione allo sviluppo.
Un aspetto importante da tenere in considerazione nell’analisi della CSS, è quello della
sostenibilità delle azioni intraprese.Sia i paesi strategici che quelli “beneficiari”,
percepiscono che la sostenibilità sia garantita fino ad un certo punto nei programmi o
progetti che promuovono i primi e ricevono i secondi. Secondo la loro valutazione, i
principali fattori che contribuiscono alla sostenibilità sono la tecnologia e la conoscenza
pratica che si adatta alle necessità, alle capacità e al contesto dei paesi “beneficiari”. Ad
ogni modo, non prestano molta attenzione alla creazione di meccanismi che assicurino
la sostenibilità. Per migliorare l’impatto e la sostenibilità delle attività di formazione,
63
molti paesi adottano misure come il ri-orientamento delle attività di formazione da
quelle di tipo “stage” a quelle di tipo “formazione di formatori”, così come la maggiore
formazione di funzionari a vari livelli, la combinazione di corsi di formazione con altre
forme di cooperazione, il miglioramento della valutazione, del feed-back e l’appoggio
continuato agli ex-alunni. I paesi “beneficiari” hanno anche applicato diverse misure
che mirano a far rimanere il personale formato, chiedendo che applichi i risultati della
formazione al proprio lavoro.
Per quanto riguarda il raggiungimento dei risultati, risulta che pochi paesi abbiano
stabilito indicatori verificabili o realizzino attività sistematiche di supervisione e
valutazione alla gestione orientata dei risultati. In maniera simile, la partecipazione dei
paesi “beneficiari” in queste attività è limitata. Inoltre, sia nei paesi strategici che in
quelli “beneficiari”, i risultati dei programmi o dei progetti non sono divulgati al grande
pubblico.
Dalle inchieste realizzate tra i paesi strategici, emerge che molti dei loro programmi o
progetti hanno raggiunto il risultato a livello di prodotto. Nonostante ciò, pochi hanno
raggiunto i livelli desiderati in quanto ai risultati e all’impatto. Circa il 30% dei paesi ha
risposto che solo la metà dei propri programmi o progetti ha ottenuto l’impatto
desiderato. È interessante notare come, dall’analisi delle risposte dei paesi strategici e
“beneficiari”, vi sia una correlazione positiva tra il raggiungimento dei risultati e l’uso
dell’approccio basato sulla domanda. Si osserva una correlazione simile tra il
raggiungimento dei risultati e la sostenibilità.
Lo studio realizzato dal UNDP, analizza la situazione attuale in materia di cooperazione
triangolare, in cui partecipano “donatori”, organizzazioni internazionali e paesi del Sud.
I risultati di quest’analisi mostrano che i “donatori” e le organizzazioni internazionali
prestano crescente attenzione alla CSS e alla cooperazione triangolare, in particolare
riguardo a temi come il sentimento di appartenenza dei paesi, il beneficio dei vantaggi
comparativi e l’ampliamento dell’impatto generato. Nonostante ciò, le organizzazioni
che promuovono la cooperazione triangolare devono ancora formulare il quadro
istituzionale e le politiche in cui inserire questo strumento. Solo un piccolo numero di
organizzazioni “donanti” menzionano esplicitamente le diverse attività di cooperazione
triangolare dell’organizzazione. Le organizzazioni internazionali sono più avanti
nell’articolazione di politiche e nella creazione di unità di coordinamento; ad ogni
64
modo, il grado di incorporazione della cooperazione triangolare nelle strategie di
assistenza a paesi o regioni varia in ciascuna di esse.
I paesi strategici con ampia esperienza in associazioni con organizzazioni “donatrici” e
internazionali per la cooperazione triangolare si concentrano in America Latina e in
Asia. Questo si deve a che, nel momento in cui si selezionano i paesi strategici con cui
associarsi, questi paesi attribuiscono una grande importanza ad alcuni criteri, come
l’esperienza nell’area della cooperazione, la capacità di esecuzione e la posizione del
paese come attore regionale o mondiale, così come i risultati dell’”assistenza” ricevuta
in precedenza. Le organizzazioni “donatrici” e internazionali che partecipano nella
cooperazione triangolare, non solo appoggiano programmi e progetti in termini tecnici
finanziari, ma appoggiano anche aspetti come il rafforzamento della capacità dei paesi
strategici nella CSS, lo scambio d’informazioni e il match-making tra paesi strategici e
beneficiari, lo scambio di conoscenze e la formazione di reti tra paesi del Sud. Nel caso
dei paesi strategici, i benefici della cooperazione triangolare vanno molto oltre al
semplice complemento degli aiuti finanziari. I paesi strategici menzionano alcuni
benefici della cooperazione triangolare, come l’appoggio di organizzazioni “donatrici” e
internazionali al rafforzamento delle capacità tecniche, il rafforzamento del quadro
istituzionale e delle politiche, l’acquisizione delle conoscenze pratiche riguardo alla
cooperazione internazionale e il miglioramento dell’attendibilità e della reputazione. In
maniera simile, i paesi “beneficiari” ricevono benefici come l’avere un intermediario
che facilita lo scambio di informazioni e la formazione di alleanze con i paesi strategici,
l’aumento della credibilità dei paesi strategici nella cooperazione triangolare e
l’ampliamento della cooperazione, che include la fornitura e l’istallazione di macchinari
da parte dei “donatori”. Secondo le organizzazioni “donatrici” e internazionali, i
principali benefici della cooperazione internazionale sono il miglioramento
dell’efficacia della cooperazione grazie all’utilizzo dell’esperienza e delle conoscenze
pratiche dei paesi del Sud e l’ampliamento degli effetti dell’assistenza ricevuta nel
passato dai paesi strategici. Esistono inoltre opinioni divergenti rispetto all’efficacia
economica della cooperazione triangolare. Per quanto riguarda le sfide della
cooperazione triangolare, i “donatori” bilaterali segnalano gli alti costi di transizione, il
processo di pianificazione più lungo e la necessità di più addetti. Nonostante ciò,
l’esperienza di varie organizzazioni “donanti” e internazionali, dimostra che è possibile
65
minimizzare i costi di transizione per mezzo della agevolazione e semplificazione dei
procedimenti, così come attraverso operazioni sul campo e la delegazione di autorità
agli uffici esteri. Nonostante queste sfide, la maggioranza dei paesi del Sud indica che i
benefici della cooperazione triangolare superano gli svantaggi e che la consulenza
costante aiuta a fomentare gli sforzi comuni per affrontare queste sfide.
4.4 Uno sguardo d’insieme
Il risultato di questo e di altri studi dimostrano la crescente importanza della CSS, dato
l'aumento significativo del suo volume e la sua utilità come strumento efficace per lo
sviluppo. Anche la cooperazione triangolare ha contribuito a promuovere la CSS e
migliorare l'efficacia complessiva degli aiuti allo sviluppo. In questo contesto, l’aspetto
più importante è migliorare ulteriormente l'efficacia delle pratiche di questo tipo di
cooperazione. Di seguito, riassumiamo i risultati più importanti ai quali gli studi presi in
esame giungono.
In molti paesi strategici, la CSS è cresciuta con forza negli ultimi anni. Ci sono stati
diversi tentativi per rafforzare il quadro istituzionale e politico che regola questo tipo di
cooperazione. Tuttavia, vi sono ancora alcune sfide per il futuro, come lo sviluppo di
politiche nazionali più ampie il miglioramento dell’efficacia e del coordinamento degli
interventi realizzati. Anche la leadership e il sostegno delle autorità politiche, la
capacità di organizzazione e la collaborazione con tutte le parti coinvolte sono fattori
importanti per affrontare queste sfide.
I vantaggi comparativi che emergono dall’esperienza dei vari paesi, sono la capacità
tecnica, la conoscenza pratica, l'efficacia in funzione dei costi, i contesti sociali e
culturali analoghi e l'uso della stessa lingua: l’insieme di questi fattori contribuisce a
migliorare l'efficacia della CSS. Tuttavia, per massimizzare i vantaggi comparativi e
ottenere buoni risultati, è essenziale adottare un approccio orientato alla domanda. Per
mobilitare e utilizzare efficacemente i vantaggi comparati di un paese, è necessario
gestire le risorse del paese in stretto contatto con le organizzazioni nazionali. La
mobilitazione delle competenze del settore privato è importante per rispondere ad
esigenze immediate e diversificate. Le alleanze consentono, attraverso la cooperazione
congiunta, di combinare i vantaggi comparativi complementari e ampliare la
cooperazione. Tuttavia, la prassi attuale è ancora piuttosto limitata. Per esplorare le
66
potenzialità delle alleanze, è necessario attuare misure volte a promuovere
l'identificazione di potenziali partner e promuovere i meriti di alcuni tipi specifici di
alleanze.
I programmi e i progetti che hanno ottenuto buoni risultati sono quelli che hanno
adottato un approccio basato sulla domanda sia nella fase di formulazione sia in quella
dell'attuazione. Inoltre, hanno applicato provvedimenti di attuazione per assicurare la
sostenibilità, quali l'adattamento delle tecnologie e la conoscenza pratica delle
condizioni locali o la creazione di meccanismi per la sostenibilità. Quindi, è importante
considerare le soluzioni e le misure integrate che abbiano un approccio basato sulla
domanda, che includano meccanismi per la sostenibilità e raggiungano i risultati attesi.
Gli elementi essenziali di un approccio basato sulla domanda sono la leadership,
l’impegno e partecipazione dei paesi “beneficiari”. Per implementare quest’approccio, e
quindi garantire la sostenibilità e il raggiungimento dei risultati, è essenziale poter
contare con la leadership e il sostegno da parte dei leader politici o alti funzionari,
nonché il senso di appartenenza e la partecipazione di un ampio spettro delle parti
interessate. Un altro elemento importante di questo approccio sono gli sforzi dei paesi
per facilitare la leadership, l’impegno e la partecipazione dei paesi “beneficiari”. Il
miglioramento del match-making, la valutazione dei bisogni, la formulazione e
l’esecuzione del progetto o programma aiutano a promuovere l'utilizzo dell’approccio
basato sulla domanda.
Rafforzare la capacità di valutazione o di articolazione delle esigenze e la formulazione
di programmi o progetti è la sfida principale sia per paesi strategici per quelli
“beneficiari” per rendere operativo l'approccio basato sulla domanda.
Sia i paesi strategici che quelli “beneficiari” riconoscono l'importanza di adattare la
tecnologia e il know-how e a tal fine sono state applicate misure in molti programmi e
progetti. Nonostante ciò, l'importanza di creare meccanismi per la sostenibilità non é
molto riconosciuta, né sono state prese misure in questa direzione. Per rafforzare la
sostenibilità è necessario riconoscere la sua importanza e promuovere misure di
sostenibilità nei programmi e progetti. Nel caso della sostenibilità e dell'impatto nelle
attività di formazione, le buone pratiche attuali mostrano che misure come
pianificazione guidata dalla domanda, la valutazione, il feedback e il
monitoraggio, contribuiscono a rafforzarla.
67
I casi di studio mostrano che molti programmi o progetti CSS raggiungono risultati
concreti che contribuiscano allo sviluppo economico e sociale dei paesi “beneficiari”.
Altri fattori che influenzano la loro realizzazione, in particolare l'impatto di
un’iniziativa, sono la combinazione di cooperazione tecnica con altri tipi di
cooperazione e il graduale aumento attraverso partnership con i “donatori” e le
organizzazioni internazionali, la società civile e il settore privato. Un punto importante
che mostrano gli studi di caso è che programmi e progetti di si realizzano sempre più
frequentemente in quadri di cooperazione regionale, sub regionale o interregionale. È
necessario vedere l'impatto dei programmi o progetti e tenere in considerazione il loro
contributo a tale cooperazione.
Nei casi di cooperazione triangolare, i “donatori” e le organizzazioni internazionali non
solo hanno fornito ingressi complementari a determinati programmi o progetti, ma
hanno anche sostenuto lo scambio di informazioni, il match-making, il rafforzamento
della capacità di attuazione dei paesi strategici, la condivisione delle conoscenze e la
formazione di reti di lavoro. Sia i paesi strategici che quelli “beneficiari” considerano
questo contributo molto importante.
Tuttavia, la cooperazione triangolare presenta delle sfide, come i costi di transazione e
di coordinamento delle politiche. I paesi del Sud considerano quest'ultimo come una
sfida importante. Per affrontare questo problema, é necessario che la cooperazione, Sud-
Sud o triangolare, sia ben specificata sia nel paese del Sud sia tra i “donatori”, e che si
realizzino riunioni periodiche in conformità ad un quadro politico ben articolato.
68
CONCLUSIONE
La varietà politica e culturale latinoamericana, si riflette in una pluralità di mentalità,
storie e soluzioni a livello nazionale e subnazionale; la tensione esistente tra il
cambiamento e la continuità risulta nelle aree della sperimentazione politica, economica
e sociale e nelle limitazioni strutturali esistenti. In questo contesto vivo e aperto alla
costruzione di nuovi modelli di relazione, la cooperazione internazionale, realizzata tra
paesi dello stesso continente, si apre ad una serie di possibilità di innovazione che, se
ben interpretate e messe in pratica, possono dare un contributo decisivo alla costruzione
di una cooperazione includente, paritaria e rispettosa dei diritti delle persone.
Ciò che risulta evidente da questo contributo, è che la cooperazione Sud-Sud ha
molteplici espressioni e, anche per non ripetere gli errori commessi in passato, non
segue un unico modello, ma ha la capacità e la flessibilità di adattarsi per meglio
rispondere alle necessità dei paesi coinvolti e delle loro potenzialità. In questo senso, la
diversità latinoamericana, rappresenta una ricchezza che costituisce un valore aggiunto
e permette di migliorare l’offerta di cooperazione Sud-Sud nel continente.
Oltre al trasferimento di conoscenze, tecnologie e capitali, la cooperazione Sud-Sud, sta
rappresentando un’occasione per promuovere l’articolazione tra i paesi latinoamericani
di spazi di dialogo e confronto riguardo ai problemi dello sviluppo e alle possibili
soluzioni pratiche. Risulta evidente che si sta cercando di evitare, attraverso il
coordinamento e il confronto costruttivo, l’unilateralismo del Nord e l’adozione di
programmi non consultati con i paesi del Sud. È altrettanto visibile la ricerca di un
modello di cooperazione condiviso da tutti i paesi del continente, che sappia includere
in maniera rispettosa le differenze specifiche di ogni paese.
Sarà interessante vedere, nei prossimi anni, in che misura questi sforzi di articolazione
contribuiscano alla costruzione dell’integrazione latinoamericana, un progetto più volte
auspicato ma che, fino ad oggi, non ha trovato un modello condiviso attorno al quale
tutti i paesi accettino di concentrare i loro sforzi. Potrà e, in caso di risposta affermativa,
in che modo, la cooperazione Sud-Sud essere parte del processo di integrazione
latinoamericana? Con questo interrogativo, che apre un campo d’indagine molto
stimolante per coloro che si interessano di cooperazione allo sviluppo, si chiude questa
69
breve riflessione sulla cooperazione Sud-Sud, sulla quale, soprattutto dal Nord, è bene
tenere l’attenzione puntata per i suoi probabili sviluppi futuri.
70
INDICE DI SIGLE
AAA Agenda azione di Accra ABC Argentina, Brasile, Cile AECID Agenzia spagnola di cooperazione allo sviluppo ALBA Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra America APS Aiuto pubblico allo sviluppo CAN Comunità Andina CAS Comitato di aiuto allo sviluppo CEPAL CSS Cooperazione Sud-Sud CNS Cooperazione Nord-Sud CTPD Cooperazione tecnica nei paesi in via di sviluppo FLACSO Facoltà latinoamericana di Scienze sociali MCI Quadro di cooperazione interna MERCOSUR Mercato comune del Sud MINUSTAH Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti OCSE Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico PIL Prodotto interno lordo PVS Paesi in via di sviluppo RACI Rete argentina per la cooperazione internazionale SELA Sistema economico latinoamericano e dei Caraibi SUSSC Unitá speciale per la cooperazione Sud-Sud UN Nazioni Unite UNDP United Nations Development Program
71
BIBLIOGRAFIA
Alonso, J. A. “Cooperación con países de renta media: justificación y ámbitos de
trabajo” ICEI/Complutense Madrid, 2007
Ayllón, B. “La cooperación Sur-Sur y triangular en America Latina”. Instituto
universitario de Desarrollo y Cooperación. Universidad Complutense de Madrid, 2008
Bauer, P. “Dalla sussistenza allo scambio” IBL Libri, 2009
Cagliero, Ronzon “Spettri ad Haiti. Dal colonialismo francese all’imperialismo” Ombre
corte, 2002
Cepal “Actividades del sistema de la CEPAL durante el bienio 2006-2007 para
promover y apoyar a la cooperación Sur-Sur” 2008
Das, De Silva, Zhou “Towards an inclusive Development paradigma South South
Development Cooperation” Paper presentado en el Foro sobre Desarrollo Sur-Sur
organizado por la Unidad Técnica de Cooperación del PNUD, 17 de octubre de 2007
FRIDE “Cooperación Sur-Sur: Regionalizando la Agenda del desarrollo en America
Latina y en el Caribe”, Informe de Actividad, Bogotá, 2009
Gardini, G. “L’America Latina nel XXI secolo” Quality Paperbacks, 2009
Kiksberg, Tomassini “Capital Social Y Cultura: Claves Estrategicas Para El Desarrollo”
Paperback, 2001
Lechini, G. “Cooperación Sur-Sur y la busqueda de autonomía en America Latina. Mito
o realidad?” in Relaciones Internacionales Nº12, Octubre 2009
Lechini, G. “La cooperación Sur-Sur es posible? El caso de las estrategias de Brasil y
los impulsos de Argentina hacia los estados de África y la nueva Sudáfrica” in Política
72
y movimientos sociales en un mundo hegemónico. Lecciones desde África, Asia y
América Latina. Boron, Atilio A.; Lechini, Gladys. CLACSO, Consejo
Latinoamericano de Ciencias Sociales, Buenos Aires. Junio. 2006.
Lengyl, Thury Cornejo, Malacalzauan “La eficacia de la ayuda al desarrollo en
contextos de fragilidad estatal: Haití y la cooperación Latinoamericana” in Serie Avance
de Investigación. Fundación Carolina CeALCI, 2010
Llorens Urrutia “Orientamenti per la cooperazione decentrata allo sviluppo economico
locale in America Latina: il caso basco” in Dossier sviluppo economico locale in
America Latina CeSPI e IILA, 2001
Martínez Reinosa, M. “Las relaciones entre Cuba y Haití: un modeloejemplar de
cooperación Sur-Sur” en OSAL (Buenos Aires: CLACSO) Año VIII Nº 23, abril. 2008
Parra, N. “Cooperación para el desarrollo y ONG” Catarata edizioni. Instituto
Universitario de Desarrollo y Cooperación, Universidad Complutende de Madrid, 2001
PNUD, “Informe regional sobre el desarrollo humano en America Latina y en el Caribe
2010”
PNUD, “Nota preliminar Cooperación Sur Sur” 2009
PNUD, “Mejorar la cooperación Sur-Sur y Triangular” 2009
PNUD, “Informe Programa de la Naciones Unidas para el Desarrollo” 2003
Raimondi, A. “Manuale di cooperazione allo sviluppo” SEI, 2001
Rist, G. “Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale” Bollati Boringhieri, 1997
Rojas Arvena “Integración en America Latina: acciones y omisiones; conflictos y cooperación” IV Informe del secretario general de la FLACSO, 2009
73
Rouquayrol Guillemette, Herrero Villa “Guía sobre la cooperación Union Europea – America Latina 2007” Rouquié, A. “L’America Latina” B. Mondadori, 2000 Sanín Betancourt, Schulz “La cooperación Sur-Sur en América Latina y el Caribe: Perspectivas a partir de Accra?” Fundación para las Relaciones Internacionales y el Diálogo Exterior FRIDE, 2009 SELA, “Tendencia de la cooperación internacional en America Latina y en el Caribe” Sistema Economico Latinoamericano y del Caribe, 2009 Sevares, J. “¿Cooperación Sur-Sur o dependencia a la vieja usanza?” in Revista Nueva Sociedad Nº207 Enero-Febrero 2007 Sotillo, Ayllón “América Latina en construcción” Catarata editice. Instituto Universitario de Desarrollo y Cooperación, Universidad Complutense de Madrid, 2006 Xalma, C. “Informe de la cooperación en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 2007 Xalma, C. “II Informe de la cooperación Sur-Sur en Iberoamerica” Estudios SEGIB, 2008 Xalma, C. “Informe de la cooperación Sur-Sur en Iberoamerica 2009” Estudios SEGIB, 2009 Zanatta, L. “Atlante dell’America Latina. Attori, dimaiche e scenari del XXI sec” Il Ponte editrice, 2008 Agenda di Accra 2008 Dichiarazione di Doha 2005 Foro de la diaspora haitiana: contribución para un plan estrategico de reconstrucción. 21-23 marzo 2010 Risoluzione Assemblea Generale Nazioni Unite 58/220