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D O V E VA L A C O O P E R A Z I O N E IL CORRIERE VINICOLO N. 10 20 Marzo 2017 6 La coop in esclusiva per il canale Horeca Quasi mezzo milione di bottiglie, quanto resta dal rapporto primario con Cavit (60%), imboccano la strada della ristorazione. Un territorio e vigneti unici, dove sanità, forte escursione termica e bassa resa ettaro favoriscono sempre più il biologico, a cominciare da una tenuta da 40 ettari già certificati (vigneto e cantina). Per guidare definitivamente il passaggio alla massima sostenibilità è ora stato chiamato un agronomo ed enologo di vasta esperienza: Carlo De Biasi di BRUNO DONATI S arche (Tn). Canti- na Toblino, al cen- tro della Valle dei Laghi, prosegue nella sua afferma- ta vocazione verde con il suo nuovo direttore generale Carlo De Biasi, manager dalle compe- tenze specifiche. Trentino, lau- reato in Scienze agrarie a Mila- no dopo il diploma di enologo a San Michele all’Adige, è stato per 17 anni chief agronomist di Casa Vinicola Zonin, dove ha seguito i vigneti aziendali dal Veneto alla Sicilia. L’attitudi- ne a una produzione verde, del resto, è stata sempre al centro della sua carriera, dal Premio 2013 Green Personality of the Year della rivista The Drink Business alla partecipa- zione ai comitati tecnici e scientifici di Tergeo per lo sviluppo di un protocollo di agricol- tura sostenibile. Ci siamo dilungati su questo aspetto perché spiega bene il richiamo a contribuire alla svolta che si preannuncia storica della Cantina Toblino e dei suoi soci verso quel programma di sostenibilità che il consiglio d’amministrazione e il suo presidente Bruno Lutterotti – dal 2015 anche presidente di Cavit – hanno voluto partisse dalla terra e non dall’aspetto commerciale, creando le basi per uno sviluppo duraturo del territorio e dei suoi agricoltori. Dottor De Biasi, il suo è anche un ritorno a casa. Certamente, ma è stato soprat- tutto un progetto tanto affasci- nante quanto pienamente con- Bruno Lutterotti, presidente di Cantina Toblino e, dal 2015, anche di Cavit diviso a spingermi verso questo incarico. Che cos’è allora e come vorrebbe diventasse Toblino? Ho cambiato dopo 17 anni di esperienze importanti proprio per venire qui e realizzare il mio progetto Toblino. Ci sono i pre- supposti, conosco bene il presi- dente Lutterotti, con il quale ci troviamo in pieno accordo sul programma dei prossimi anni. Il processo riguarda innanzi- tutto la base sociale, i vigneti – che sono sempre stati il cen- tro del mio lavoro – cercando di aumentare la qualità in campa- gna. Creare futuro in una zona di per sé splendida, facendo cre- scere questo territorio. Le possi- bilità ci sono, come ci sono ot- timi viticoltori. Sarà un lavoro lungo, necessariamente lento, ma ho trovato tanto entusia- smo. Un esempio che mi ha col- pito: accanto ai giovani ho visto persone fresche di pensione da altri settori che si sono lanciate nella viticoltura, affascinate da un mondo nuovo. La cosa che mi piace di più è che hanno puntato subito a un certo livel- lo, impegnandosi molto. Le ho incontrate ai corsi, sono le più attente. Ma lo stesso posso dire dei giovani, molto interessati e partecipi. E questo perché in una valle dove si producono sì e no 100 quintali ettaro non c’è nemmeno l’imbarazzo di sce- gliere il tipo di produzione. Fare quantità? Escluso a priori, la scelta per la qualità è obbligata, non ci sono altre strade. Non vorrei essere accusato di piaggeria ma mi sembra che Toblino si collochi nell’aristocrazia delle Cantine sociali. A cominciare dalla vendita in esclusiva nel canale Horeca. Un nuovo ruolo delle coop? Penso che in genere le cantine sociali abbiano diversi vantag- gi, alcuni dei quali importanti, a cominciare dal disporre di un territorio vasto. All’interno di questo territorio – nel caso Toblino 785 ettari di vigneto e 635 conferenti – individuare la migliore zona per ogni vitigno in abbinamento al suo viticol- tore preparato per produrlo al meglio, è il primo atto per una produzione d’eccellenza. In cantina questa va naturalmen- te tenuta separata, utilizzando piccoli contenitori per dare ori- gine a un prodotto particolare. La cantina sociale, insomma, ha possibilità straordinarie per la valorizzazione di prodotti del territorio con punte di qualità anche molto elevate. Questo perché, come dicevo, ha la pos- sibilità di scegliere fra diversi vigneti e può decidere in quale tirar fuori la massima espres- sione di quel vitigno. È logico che oltre al vigneto c’è il viti- coltore, ed è quindi essenziale la sua crescita professionale. A questo punto la cantina sociale può essere un motore di valo- rizzazione rilevante perché cia- Quello della Valle dei Laghi è un paesaggio unico, che richiama un costante flusso turistico LA NASCITA DI CANTINA TOBLINO 1960, la risposta alla crisi Qui era Schiava da tavola Oggi sembra impossibile, con la sua viticoltura ben remunerata e i suoi vini molto richiesti, ma basta guardarsi alle spalle per scoprire un mondo di povertà. Intorno agli anni Sessanta nella Valle dei Laghi la coltivazione di gran lunga più importante era la coltivazione dell’uva Schiava da tavola. Come leggiamo nel bel volume Cantina Toblino di Giuseppe Morelli, a quell’epoca funzionava così: le ditte che commerciavano la Schiava fornivano ai produttori di Schiava le classiche cassette di legno da 5-6 o 8-10 kg che le cernitrici riempivano d’uva con maestria, togliendo dai grappoli gli acini guasti e sistemando il picciolo con le forbici, senza toccare la pruina. Un commercio fiorente piombato improvvisamente in crisi con la produzione del Sud che ormai arrivava ovunque con i trasporti veloci. L’economia si sosteneva ormai solo con mele, pere, prugne e pesche. In compenso con il miglior tenore di vita degli italiani stava mutando la produzione di vino, con la richiesta che si spostava dai bottiglioni e dalle damigiane a vini in bottiglia e richiedeva quindi una diversa organizzazione aziendale. I commercianti d’uva avevano messo gli occhi sulla Valle dei Laghi, che dava buona qualità a prezzi inferiori anche del 30% ma tenevano nell’incertezza i contadini, che non sapevano se e quando sarebbero passati a ritirare le uve. E accadeva anche che i commercianti si trovassero a loro volta in balia di grossi ordini esteri che poi non venivano rispettati. Da questa situazione di esasperazione e povertà nacque – marzo 1960 – Cantina Toblino.

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D O V E V A L A C O O P E R A Z I O N EIL CORRIERE VINICOLO N. 1020 Marzo 20176

La coop in esclusivaper il canale Horeca

Quasi mezzo milione di bottiglie, quanto resta dal rapporto primario con Cavit (60%), imboccano la strada della ristorazione. Un territorio e vigneti unici, dove sanità, forte escursione termica e bassa resa ettaro favoriscono sempre più il biologico, a cominciare da una tenuta da 40 ettari già certificati (vigneto e cantina). Per guidare definitivamente il passaggio alla massima sostenibilità è ora stato chiamato un agronomo ed enologo di vasta esperienza: Carlo De Biasi

di BRuNO DONAtI

S arche (Tn). Canti-na Toblino, al cen-tro della Valle dei Laghi, prosegue nella sua afferma-

ta vocazione verde con il suo nuovo direttore generale Carlo De Biasi, manager dalle compe-tenze specifiche. Trentino, lau-reato in Scienze agrarie a Mila-no dopo il diploma di enologo a San Michele all’Adige, è stato per 17 anni chief agronomist di Casa Vinicola Zonin, dove ha seguito i vigneti aziendali dal Veneto alla Sicilia. L’attitudi-ne a una produzione verde, del resto, è stata sempre al centro della sua carriera, dal Premio 2013 Green Personality of the

Year della rivista The Drink Business alla partecipa-

zione ai comitati tecnici e scientifici di Tergeo per lo sviluppo di un protocollo di agricol-tura sostenibile. Ci siamo dilungati su

questo aspetto perché spiega bene il richiamo

a contribuire alla svolta che si preannuncia storica

della Cantina Toblino e dei suoi soci verso quel programma di sostenibilità che il consiglio d’amministrazione e il suo presidente Bruno Lutterotti – dal 2015 anche presidente di Cavit – hanno voluto partisse dalla terra e non dall’aspetto commerciale, creando le basi per uno sviluppo duraturo del territorio e dei suoi agricoltori.

Dottor De Biasi, il suo è anche un ritorno a casa.Certamente, ma è stato soprat-tutto un progetto tanto affasci-nante quanto pienamente con-

Bruno Lutterotti, presidente di Cantina Toblino e, dal 2015, anche di Cavit

diviso a spingermi verso questo incarico.

Che cos’è allora e come vorrebbe diventasse toblino?Ho cambiato dopo 17 anni di esperienze importanti proprio per venire qui e realizzare il mio progetto Toblino. Ci sono i pre-supposti, conosco bene il presi-dente Lutterotti, con il quale ci troviamo in pieno accordo sul programma dei prossimi anni. Il processo riguarda innanzi-tutto la base sociale, i vigneti – che sono sempre stati il cen-tro del mio lavoro – cercando di aumentare la qualità in campa-gna. Creare futuro in una zona di per sé splendida, facendo cre-scere questo territorio. Le possi-bilità ci sono, come ci sono ot-timi viticoltori. Sarà un lavoro lungo, necessariamente lento, ma ho trovato tanto entusia-smo. Un esempio che mi ha col-pito: accanto ai giovani ho visto persone fresche di pensione da altri settori che si sono lanciate

nella viticoltura, affascinate da un mondo nuovo. La cosa che mi piace di più è che hanno puntato subito a un certo livel-lo, impegnandosi molto. Le ho incontrate ai corsi, sono le più attente. Ma lo stesso posso dire dei giovani, molto interessati e partecipi. E questo perché in una valle dove si producono sì e no 100 quintali ettaro non c’è nemmeno l’imbarazzo di sce-gliere il tipo di produzione. Fare quantità? Escluso a priori, la scelta per la qualità è obbligata, non ci sono altre strade.

Non vorrei essere accusato di piaggeria ma mi sembra che toblino si collochi nell’aristocrazia delle Cantine sociali. A cominciare dalla vendita in esclusiva nel canale Horeca. un nuovo ruolo delle coop?Penso che in genere le cantine sociali abbiano diversi vantag-gi, alcuni dei quali importanti, a cominciare dal disporre di

un territorio vasto. All’interno di questo territorio – nel caso Toblino 785 ettari di vigneto e 635 conferenti – individuare la migliore zona per ogni vitigno in abbinamento al suo viticol-tore preparato per produrlo al meglio, è il primo atto per una produzione d’eccellenza. In cantina questa va naturalmen-te tenuta separata, utilizzando piccoli contenitori per dare ori-gine a un prodotto particolare. La cantina sociale, insomma, ha possibilità straordinarie per la valorizzazione di prodotti del territorio con punte di qualità anche molto elevate. Questo perché, come dicevo, ha la pos-sibilità di scegliere fra diversi vigneti e può decidere in quale tirar fuori la massima espres-sione di quel vitigno. È logico che oltre al vigneto c’è il viti-coltore, ed è quindi essenziale la sua crescita professionale. A questo punto la cantina sociale può essere un motore di valo-rizzazione rilevante perché cia-

Quello della Valle dei Laghi è un paesaggio

unico, che richiama un costante flusso turistico

La nascita di cantina tobLino

1960, la risposta alla crisiQui era Schiava da tavolaOggi sembra impossibile, con la sua viticoltura ben remunerata e i suoi vini molto richiesti, ma basta guardarsi alle spalle per scoprire un mondo di povertà. Intorno agli anni Sessanta nella Valle dei Laghi la coltivazione di gran lunga più importante era la coltivazione dell’uva Schiava da tavola. Come leggiamo nel bel volume Cantina Toblino di Giuseppe Morelli, a quell’epoca funzionava così: le ditte che commerciavano la Schiava fornivano ai produttori di Schiava le classiche cassette di legno da 5-6 o 8-10 kg che le cernitrici riempivano d’uva con maestria, togliendo dai grappoli gli acini guasti e sistemando il picciolo con le forbici, senza toccare la pruina. Un commercio fiorente piombato improvvisamente in crisi con la produzione del Sud che ormai arrivava ovunque con i trasporti veloci. L’economia si sosteneva ormai solo con mele, pere, prugne e pesche. In compenso con il miglior tenore di vita degli italiani stava mutando la produzione di vino, con la richiesta che si spostava dai bottiglioni e dalle damigiane a vini in bottiglia e richiedeva quindi una diversa organizzazione aziendale. I commercianti d’uva avevano messo gli occhi sulla Valle dei Laghi, che dava buona qualità a prezzi inferiori anche del 30% ma tenevano nell’incertezza i contadini, che non sapevano se e quando sarebbero passati a ritirare le uve. E accadeva anche che i commercianti si trovassero a loro volta in balia di grossi ordini esteri che poi non venivano rispettati. Da questa situazione di esasperazione e povertà nacque – marzo 1960 – Cantina Toblino.

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re con Pravis, per una Nosiola L’Ora che fermenta e matura in tonneau di legno d’acacia. C’è anche naturalmente il Vino Santo Trentino Doc, il Passito dei Passiti per eccellenza, dove Toblino ha lavorato molto per-ché la Nosiola nasce proprio qui e può vantare una longevità senza pari, anche mezzo secolo. Sono tutti modi di valorizzare e restituire dignità all’unico vitigno bianco e autoctono del Trentino, al quale si è dato a lungo poco peso nell’errata con-vinzione che potesse produrre solo un vino fresco, facile, leg-gero, senza troppe ambizioni.

Bisognava crederci, insomma.Noi, e non siamo gli unici, sia-mo oggi in commercio con una Nosiola 2007, che ha ricevuto ottime recensioni. Sono espe-rimenti che può fare una can-tina come Toblino perché ha le possibilità di uscire sul mercato con vini testimoni della valle e del vitigno. Sono opportunità

consentite dall’essere cantina sociale ben organizzata.

Avete anche altri vini molto particolari, come alcuni incroci.Qui è nato e ha lavorato il ge-netista Rebo Rigotti (1891-1971), che ha selezionato incroci in grado di dare vini interessanti come il Goldtraminer (Gewür-ztraminer x Trebbiano toscano) che dà origine a un vino da des-sert unico e come il Rebo (Mer-lot x Teroldego) da cui nasce l’Elimarò, un rosso di grande eleganza e struttura.

Veniamo al biologico, al quale state imprimendo una forte spinta.La Cantina Toblino controlla l’Azienda agricola Toblino Srl, che gestisce direttamente i 40 ettari presi in affitto dall’Isti-tuto Diocesano per il Sosten-tamento del Clero e dove ha anche operato le selezioni. Dal 2015 l’azienda agricola è certifi-

cata biologica, così come anche la porzione della cantina To-blino riservata alla lavorazione bio con i suoi serbatoi e le sue attrezzature dedicate. Questa azienda è stata d’esempio e ha fatto crescere l’interesse dei soci a sviluppare l’agricoltura biologica. Forniamo loro, in col-laborazione con il Biodistretto della Valle dei Laghi, il corso di viticoltura bio, perché credia-mo sia opportuno sviluppare questo tipo di agricoltura con-siderando dove è inserita: una zona decisamente turistica, che chiede un territorio salubre per chi lo vive, per chi lo frequenta e per chi lo ha eletto zona ideale per le proprie vacanze giungen-do da tutta l’Europa.

E il territorio si presta, dal canto suo.Si presta per almeno due mo-tivi: ci troviamo su terreni di origine alluvionale nel fon-dovalle e su marne calcaree di origine glaciale in collina-

Carlo De Biasi, a destra, nuovo direttore generale di Cantina Toblino, con l’enologo Lorenzo Tomazzoli

scuno giochi un ruolo sul terri-torio, traendone tutti beneficio.

tutto questo è anche il caso toblino?La fortuna di Toblino è di essere stata ben gestita fin dal suo ini-zio, ormai quasi 60 anni fa (vedi box “1960, la risposta alla crisi”). C’è sempre stata la convinzione che la Valle dei Laghi sia la zona d’elezione per il Trento Doc, grazie allo Chardonnay che si è sviluppato nelle aree giuste, ideale per questo prodotto di pregio. Lo stesso è avvenuto per la Nosiola: oggi Cantina Toblino presenta 4 Nosiola diverse, da quella di pronta beva a quella che fa otto anni in legni gran-di di rovere, la Nosiola Largiller, da uve prodotte e selezionate nel vigneto Argilér, uno dei cru più vocati della zona di Toblino e particolarmente indicato per la surmaturazione in pianta. Poi c’è il progetto sviluppato a partire dai primi anni Duemi-la con i vignaioli, in particola-

montagna, terreni in entrambi i casi asciutti e ricchi di schele-tro, dove la vite si sviluppa con equilibri naturali perfetti. Basti dire che la produzione media di un nostro socio va dai 95 ai 110 quintali ettaro nelle annate ab-bondanti, e più si sale in altitu-dine e più cala. L’altro vantaggio è dato dall’escursione termica: la mattina scende l’aria fredda dalle Dolomiti di Brenta verso il lago di Garda, mentre nel po-meriggio sale dal lago la brezza dell’Ora del Garda, che soffia co-stantemente ogni pomeriggio dalla valle verso Nord, creando un ambiente molto asciutto. L’insieme dei fattori – bassa resa naturale, forte escursione e ventilazione costante – faci-litano la difesa dalle malattie. Abbiamo soci che hanno supe-rato indenni annate rese diffici-li dalle piogge, come il 2014 e la prima parte del 2016 e proprio questi soci sono diventati i pri-mi promotori del nuovo modo di fare viticoltura:

Che cos’è intanto un biodistretto? Un’area geografica, non amministrativa ma funzionale,

nella quale si stabilisce un’alleanza fra agricoltori, cittadini, associazioni e pubbliche amministrazioni, per la gestione sostenibile delle risorse. Tale sinergia si realizza sulla base dei principi e le pratiche biologiche di produzione e di consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio). Qui la promozione dei prodotti biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche, sociali e culturali. In prima fila troviamo dunque l’Azienda agricola Toblino Srl, che fa capo a Cantina Toblino, con i suoi 40 ettari a biologico.Il Biodistretto della Valle dei Laghi nasce dalla volontà di alcuni agricoltori che hanno deciso di creare nella zona un distretto capace di valorizzare l’agricoltura biologica all’interno della comunità.

Non persegue finalità di lucro e si propone di svolgere attività nei confronti dei propri associati e di terzi ispirandosi ai principi di sostenibilità, salubrità e partecipazione, nel rispetto della libertà e dignità degli associati. In particolare i suoi compiti sono:

• Promuovere, tutelare e diffondere il metodo di produzione biologico come modello di gestione sostenibile delle risorse e dei sistemi di gestione ambientale nel campo agricolo, forestale, ambientale, della cura e tutela del verde e del paesaggio nonché nelle aree protette ai sensi della vigente legislazione nazionale e/o regionale.

• Diffondere la “cultura” del Bio e dell’Eco come modelli di sviluppo territoriale partendo dall’educazione nelle scuola e dalla sensibilizzazione della popolazione.

• Diffondere, individuare o elaborare protocolli e disciplinari da utilizzare nell’ambito del Biodistretto in linea con le norme comunitarie, nazionali e locali vigenti nei settori agricolo, di produzione, conservazione, trasformazione, distribuzione e costruzione.

• Promuovere e organizzare attività di informazione, divulgazione, formazione e ricerca riguardanti l’agricoltura biologica, la gestione sostenibile e la salvaguardia del territorio e dell’ambiente.

• Promuovere l’agricoltura sociale come forma di inserimento socio-lavorativo di persone svantaggiate attraverso una sensibilizzazione dei soggetti già operanti nel settore agricolo o la nascita di soggetti specifici volti allo scopo.

Il Biodistretto Valle dei Laghi

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hanno constatato di persona che in Valle dei Laghi si può far bio anche nelle stagioni più im-pegnative.

Quindi, situazioni proprio ideali per una produzione bio.Sì, ma a un patto, ed è proprio questo l’altro messaggio che stiamo rivolgendo ai soci per renderli pienamente consape-voli: guardate che l’agricoltura biologica presuppone formazio-ne e non è una soluzione com-merciale; non paga automati-camente di più. È uno sviluppo del territorio, per il quale sono

indispensabili i corsi che stia-mo organizzando e l’assistenza tecnica che forniamo costante-mente. In altre parole, l’azienda agricola biologica Toblino è sta-ta creata pensando anche alla formazione: bisogna diventare agricoltori professionali per in-traprendere questo tipo di viti-coltura. Senza un percorso spe-cialistico rischiamo un giorno di fare dietrofront, come è av-venuto in altre situazioni. Inol-tre, la gestione tecnica è stata affidata alla persona che in tutti questi anni ha seguito il pas-saggio dei 40 ettari a biologico,

il tecnico Nicola Caveden, che è quindi ben conosciuto dalla base sociale e seguito con atten-zione perché molto credibile.

Si sente dire che nella Valle dei Laghi la vendemmia non finisce mai...Le vendemmie sono infatti lunghe (50 – 60 giorni) come spesso mi ricorda il nostro eno-logo Lorenzo Tomazzoli (35 ven-demmie sulle spalle a Toblino), perché si parte dalle basi spu-mante per arrivare ai passiti. La raccolta avviene tutta manuale per preservare l’integrità delle uve bianche fino alla pigiatura. Ma c’è di più. Il territorio spazia da Bleggio, Valle di Cavedine e Valle dei Laghi, e quindi la stes-sa varietà ha un calendario in funzione dell’altitudine, che dai 100 metri arriva a 700 e permet-te anche di coltivare un vitigno di montagna come il Kerner (Schiava x Riesling). Pensiamo che dalla parte bassa del Lago di Garda si arriva a Stenico, quindi fino alle falde meridionali del-le Dolomiti di Brenta, con un ventaglio di situazioni davvero molto diverse.

Cavit assorbe il 60% della vostra produzione. Quante bottiglie riuscite a fare come Cantina toblino?Ci avviciniamo al mezzo mi-

lione di bottiglie. La cosa inte-ressante è che, anche per non scendere in concorrenza con Cavit, evitando l’assurdità di essere fornitori e competitori al tempo stesso, ci rivolgiamo in esclusiva all’Horeca da Roma a Bolzano. Direi anche con suc-cesso, per qualità e prezzo: ven-diamo bene anche in Trentino. Siamo favoriti dalle particola-rità climatiche davvero uniche. Sono microclimi che si riflet-tono nel vino: nel nostro Char-donnay, ad esempio, c’è sempre una lieve nota aromatica, tipica di questo areale, che lo rende molto richiesto. Per non parlare ovviamente di Müller Thurgau, Sauvignon, Incrocio Manzoni, Gewürztraminer, e del nostro particolare Goldtraminer... Il nostro punto vendita con Ho-steria vende circa 100 mila bot-tiglie: è il nostro miglior clien-te, grazie alla zona di passaggio e al lavoro con i tour operator che si traduce in tante visite.

Il fatturato complessivo?Lo scorso esercizio, come mi ri-corda Nadia Frioli, responsabile amministrativo, si è chiuso con un consolidato di 14 milioni e mezzo. Il fatturato è in cre-scita un po’ per le performan-ce di Cavit e un po’ anche per merito nostro: l’imbottigliato aumenta e i nostri clienti ap-

prezzano molto, sanno che è dedicato unicamente alla clien-tela dell’Horeca e ha davvero tutto per farsi scegliere.

Anche dalla clientela bio...Oggi abbiamo 10 etichette bio e anche in questo settore, come detto, siamo in forte espansio-ne.

Cambiando discorso: si alza l’età media dei soci?Sta succedendo questo: siccome sono anni di liquidazioni inte-ressanti, con una buona reddi-tività ettaro, vedo che tanti gio-vani ampliano la loro azienda anche attraverso gli affitti e c’è anche una buona quota di pro-prietà che dai genitori passa ai figli. C’è continuità, spesso le domande di nuovi soci sono in realtà subentri ai genitori: ve-dono buone prospettive per la loro vita e investono volentieri.

Possiamo fare due conti terra terra?La media generale prevede la li-quidazione di 14.500 euro l’etta-ro. C’è poi tutto il discorso delle selezioni, che riguardano una buona parte dell’azienda agri-cola perché interessano la quota spumantistica, le selezioni Cavit e le nostre. Le selezioni hanno una valutazione di prezzo che è decisa su un’ampia serie di pa-

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rametri – a cominciare dall’in-dividuazione della parcella e dall’interesse del socio a essere protagonista di questa selezione di Sauvignon, Traminer o Nosio-la che sia. Naturalmente il viti-coltore non è mai lasciato solo ma viene seguito tutto l’anno con una sequenza di indicazioni (potatura, gestione a verde, sfo-gliature, diradamento quando necessario...) e la tabella prezzi al momento del conferimento parte da una base più una gam-ma di aggiustamenti se sia stato fatto o meno il lavoro indicato, compresa la selezione degli aci-ni eventualmente danneggiati, le fasce d’altitudine, dove pos-sono esserci potenzialità quali-tative molto alte ma produzione più bassa, e così via. Tutti questi parametri originano una quota aggiuntiva sul liquidato. O una penalizzazione, nel caso in cui certi lavori previsti non siano stati eseguiti. Tutto queste ser-ve per incentivare il conferitore a un’attività più professionale che si riflette direttamente nel-la qualità del prodotto.

Qual è il peso specifico delle selezioni?Tanto. Per fare un esempio, per Cavit facciamo una dozzina di selezioni, più la quota base spu-mante che è tutta selezionata, più quello che serve a noi, visto

che la nostra cantina ha repar-ti distinti, dal conferimento e lavorazione del prodotto base, delle linee alta qualità Cavit, delle selezioni della linea Tobli-no. Ecco allora i serbatoi piccoli da 50, 100 e 150 ettolitri, le botti da 30 a 80 ettolitri per mantene-re separate le qualità. Un gran-de lavoro di sicuro, che però permette di differenziare e far risaltare le qualità. Non ci sono altri modi.

In definitiva, quanto guadagna il socio in gamba?Si arriva a liquidare 20 mila euro l’ettaro.

Accennava a botti di legno. Dove le utilizzate?A parte il Vino Santo, passano in legno i rossi – dai tonneau in su, non usiamo barrique – e faccia-mo alcuni affinamenti in legno grande per qualche bianco da selezione.

La struttura commerciale?Molto semplice... Abbiamo la responsabile qui in sede Mar-tina Baldo, che tiene i rapporti con clienti diretti e distributori che abbiamo in giro per l’Italia. Una struttura molto snella.

Ricerca e sperimentazione?La crescita di qualità passa si-curamente attraverso la speri-

HosTeria, sosTa oBBLigaTaDa TrenTo a riVa DeL garDaNon è solo il punto vendita aziendale né semplicemente un ristorante o un winebar. È, prima di tutto, una splendida enoteca, con tantissime etichette – oltre 300 – dove non ce n’è nemmeno una non all’altezza. Come direbbe la Guida Michelin, merita da sola il viaggio. Qui, incorporata a Cantina Toblino, si trova buona parte della cultura internazionale del vino e per questo

giungono numerosi avventori che spesso poi prenotano una serata, per fare un esempio, con i vini sardi o siciliani, oppure con una serie di Pinot nero che spazia da Toblino alla Borgogna e all’Alto Adige. Non

ci sono altri punti del genere da Trento a Riva del Garda ed è sempre aperto con il suo eccellente ristorante, questo sì autenticamente territoriale. Un problema per i vini di Toblino questa straordinaria concorrenza

internazionale? Probabilmente no, dal momento che qui la Cantina vende 100 mila bottiglie l’anno né, del resto,

approderebbe tanta gente se non ci fosse un’Hosteria con queste caratteristiche. Una sorpresa straordinaria.

mentazione, la ricerca, il pro-vare e riprovare. Oggi stiamo utilizzando l’azienda agricola per sperimentare alcune idee e per far vedere ai nostri soci che cosa succede in questo labora-torio a cielo aperto. Poi ci sarà un passaggio in cui saranno i soci a essere direttamente coin-volti e infine a travasare loro stessi queste esperienze a tutta la base sociale. Stiamo mettendo a punto al-cune collaborazioni con le Università per qualche proget-to. Dietro c’è comunque da un paio d’anni un’attività forte del gruppo tecnico di Cavit, che ha inserito al suo interno persone specializzate, anche dall’este-ro, soprattutto in ambito della difesa, e noi ci avvaliamo na-turalmente di questa struttura molto preparata.

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