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Notariato 4/2013 410 Tecniche contrattuali Arbitrato L’arbitrato rappresenta una delle più diffuse tecniche di risoluzione alternativa e condivisa delle liti. Già noto al codice di procedura civile del 1865, in seguito all’esigenza deflattiva del carico giudiziario (particolarmente av- vertita anche nella legislazione Europea), l’istituto conosce oggi nuove modalità ed ambiti di diffusione, spa- ziando dai contratti tra vivi, agli statuti societari, alle disposizioni di ultima volontà. Non di rado, quindi, la con- venzione arbitrale può coinvolgere l’attività notarile. Il presente contributo è volto ad indagare i risvolti delle convenzioni arbitrali che più interessano il Notaio con particolare riguardo ai profili redazionali. 1. Premessa: l’arbitrato come metodo alternativo di risoluzione delle controversie Il sistema di regolamentazione dei conflitti nell’ambito di una società civile vede contrapposti almeno due model- li di risoluzione delle controversie: la modalità coercitiva e la modalità negoziale. Nel primo caso ci si trova di fronte ad un modello essenzialmente formale, le cui regole sono imposte dall’ester- no e non sono disponibili, un modello in cui le parti hanno, quindi, un controllo limitato sulla procedura. Il modello negoziale consente, invece, alle parti di mantenere il controllo, delineando esse stesse la procedura, attraverso l’esplicazione della propria autonomia privata. I principali mezzi di risoluzione delle controversie sono, dunque, la sentenza ed il contratto, che si trovano tra lo- ro agli antipodi (1). L’arbitrato si inquadra nella seconda tipologia, rappresentando un metodo alternativo di risoluzione delle contro- versie rispetto al modello coercitivo-giudiziario. I metodi alternativi di risoluzione delle controversie trovano origine verso la fine degli anni Settanta nell’esperien- za americana, come strumenti deflattivi del carico giudiziario. Ben presto anche l’Europa (2) ha rivolto interesse nei confronti delle c.d. Alternative Dispute Resolution, meglio note con l’acronimo ADR, che rappresentano una categoria eterogenea di metodi alternativi di risoluzione delle controversie. Si tratta di tecniche e procedimenti che consentono una rapida e veloce soluzione delle liti, riducendo, così, l’ec- cessivo carico di controversie ed essendo rivolte al fine ultimo di migliorare la qualità della funzione giudiziaria. Data la molteplicità delle forme in cui possono concretizzarsi, le ADR sono in genere definite in negativo e l’ele- mento che le accomuna è, appunto, l’estraneità al sistema giurisdizionale. Caratteristiche comuni a tutti i tipi di ADR sono il consentire la gestione della controversia con tecniche semplifi- cate e contenute sia nei costi che nei tempi, basando le soluzioni su competenze più specifiche e, quindi, più ade- guate al contesto sociale. Gli accordi sono, inoltre, rispettati più facilmente, in quanto condivisi e non imposti dal- l’alto. Tali sistemi sono, peraltro, privi di rischi, poiché, facilitando la comunicazione, consentono di riaprire il dia- logo tra le parti e non si limitano solo a risolvere l’intervenuta lite, ma riescono, altresì, a mantenere e rafforzare i rapporti tra loro. In tale ampia categoria si ascrive, dunque, l’arbitrato, metodo alternativo di risoluzione delle controversie, che si sostanzia nell’affidamento dell’incarico di risolvere la controversia insorta o che può insorgere tra le parti ad uno o più soggetti terzi, detti arbitri, i quali definiscono la soluzione del caso mediante il c.d. lodo. Immediato sorge il parallelismo con la transazione, contratto tipico disciplinato all’art.1965 c.c., mediante il quale Convenzione di arbitrato La convenzione di arbitrato: compromesso, clausole arbitrali e risvolti sull’attività notarile a cura di Giuliana Liotti Note: (1) Cfr. Bove, L’accordo conciliativo, in Società, 2012, 1, 82 ss.; Luiso, Giustizia alternativa o alternativa alla giustizia?, in Il giusto pro- cesso civile, 2011, 325 ss. (2) In diversi documenti prodotti dall’Unione Europea, infatti, l’accesso alla giustizia viene considerato un corollario dei diritti fonda- mentali attribuiti dalle norme comunitarie, che devono essere garantiti nel loro esercizio effettivo, pertanto non possono rimanere sprovvisti di opportuni meccanismi di tutela. L’accesso alla giustizia è stato, inoltre, elevato dalla Corte di Giustizia a principio genera- le dell’ordinamento Europeo. I singoli Stati membri devono, quindi, mettere a disposizione dei cittadini procedimenti giudiziari rapidi e poco costosi, onde garantirlo. È, peraltro, doveroso ricordare che i metodi alternativi di risoluzione delle controversie non erano del tutto estranei all’Ordinamento Italiano, che già vi dedicava un titolo autonomo in apertura del codice di procedura civile del 1865, inti- tolato: “Della conciliazione e del compromesso”.

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Notariato 4/2013410

Tecniche contrattualiArbitrato

L’arbitrato rappresenta una delle più diffuse tecniche di risoluzione alternativa e condivisa delle liti. Già noto al

codice di procedura civile del 1865, in seguito all’esigenza deflattiva del carico giudiziario (particolarmente av-

vertita anche nella legislazione Europea), l’istituto conosce oggi nuove modalità ed ambiti di diffusione, spa-

ziando dai contratti tra vivi, agli statuti societari, alle disposizioni di ultima volontà. Non di rado, quindi, la con-

venzione arbitrale può coinvolgere l’attività notarile. Il presente contributo è volto ad indagare i risvolti delle

convenzioni arbitrali che più interessano il Notaio con particolare riguardo ai profili redazionali.

1. Premessa: l’arbitrato come metodo alternativo di risoluzione delle controversie

Il sistema di regolamentazione dei conflitti nell’ambito di una società civile vede contrapposti almeno due model-li di risoluzione delle controversie: la modalità coercitiva e la modalità negoziale. Nel primo caso ci si trova di fronte ad un modello essenzialmente formale, le cui regole sono imposte dall’ester-no e non sono disponibili, un modello in cui le parti hanno, quindi, un controllo limitato sulla procedura. Il modellonegoziale consente, invece, alle parti di mantenere il controllo, delineando esse stesse la procedura, attraversol’esplicazione della propria autonomia privata.I principali mezzi di risoluzione delle controversie sono, dunque, la sentenza ed il contratto, che si trovano tra lo-ro agli antipodi (1).L’arbitrato si inquadra nella seconda tipologia, rappresentando un metodo alternativo di risoluzione delle contro-versie rispetto al modello coercitivo-giudiziario. I metodi alternativi di risoluzione delle controversie trovano origine verso la fine degli anni Settanta nell’esperien-za americana, come strumenti deflattivi del carico giudiziario. Ben presto anche l’Europa (2) ha rivolto interessenei confronti delle c.d. Alternative Dispute Resolution, meglio note con l’acronimo ADR, che rappresentano unacategoria eterogenea di metodi alternativi di risoluzione delle controversie. Si tratta di tecniche e procedimenti che consentono una rapida e veloce soluzione delle liti, riducendo, così, l’ec-cessivo carico di controversie ed essendo rivolte al fine ultimo di migliorare la qualità della funzione giudiziaria.Data la molteplicità delle forme in cui possono concretizzarsi, le ADR sono in genere definite in negativo e l’ele-mento che le accomuna è, appunto, l’estraneità al sistema giurisdizionale.Caratteristiche comuni a tutti i tipi di ADR sono il consentire la gestione della controversia con tecniche semplifi-cate e contenute sia nei costi che nei tempi, basando le soluzioni su competenze più specifiche e, quindi, più ade-guate al contesto sociale. Gli accordi sono, inoltre, rispettati più facilmente, in quanto condivisi e non imposti dal-l’alto. Tali sistemi sono, peraltro, privi di rischi, poiché, facilitando la comunicazione, consentono di riaprire il dia-logo tra le parti e non si limitano solo a risolvere l’intervenuta lite, ma riescono, altresì, a mantenere e rafforzare irapporti tra loro.In tale ampia categoria si ascrive, dunque, l’arbitrato, metodo alternativo di risoluzione delle controversie, che sisostanzia nell’affidamento dell’incarico di risolvere la controversia insorta o che può insorgere tra le parti ad unoo più soggetti terzi, detti arbitri, i quali definiscono la soluzione del caso mediante il c.d. lodo.Immediato sorge il parallelismo con la transazione, contratto tipico disciplinato all’art.1965 c.c., mediante il quale

Convenzione di arbitrato

La convenzione di arbitrato:compromesso, clausole arbitralie risvolti sull’attività notarilea cura di Giuliana Liotti

Note:

(1) Cfr. Bove, L’accordo conciliativo, in Società, 2012, 1, 82 ss.; Luiso, Giustizia alternativa o alternativa alla giustizia?, in Il giusto pro-cesso civile, 2011, 325 ss.

(2) In diversi documenti prodotti dall’Unione Europea, infatti, l’accesso alla giustizia viene considerato un corollario dei diritti fonda-mentali attribuiti dalle norme comunitarie, che devono essere garantiti nel loro esercizio effettivo, pertanto non possono rimaneresprovvisti di opportuni meccanismi di tutela. L’accesso alla giustizia è stato, inoltre, elevato dalla Corte di Giustizia a principio genera-le dell’ordinamento Europeo. I singoli Stati membri devono, quindi, mettere a disposizione dei cittadini procedimenti giudiziari rapidie poco costosi, onde garantirlo. È, peraltro, doveroso ricordare che i metodi alternativi di risoluzione delle controversie non erano deltutto estranei all’Ordinamento Italiano, che già vi dedicava un titolo autonomo in apertura del codice di procedura civile del 1865, inti-tolato: “Della conciliazione e del compromesso”.

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le parti stesse compongono una lite insorta o ne prevengono una che potrà insorgere tra loro attraverso recipro-che concessioni. L’elemento che differenzia le due modalità alternative di risoluzione delle controversie è l’as-senza nell’arbitrato dei reciproci sacrifici tra le parti, dato caratterizzante della transazione.In questa sede s’intende, in particolar modo, verificare le possibili interazioni dei metodi alternativi di risoluzionedelle controversie e, nella specie, dell’arbitrato con l’attività notarile. Gli atti che interessano più frequentemente l’attività del Notaio sono le transazioni, in particolar modo ove riguar-dino diritti reali immobiliari, ma anche la convenzione arbitrale tocca l’attività notarile soprattutto nella forma del-le clausole compromissorie o clausole arbitrali, spesso inserite nei contratti e negli statuti societari e volte a con-sentire una più rapida ed economica soluzione delle controversie eventualmente scaturenti dai suddetti rapporticontrattuali.

2. Compromesso e clausola compromissoria

L’istituto dell’arbitrato è, quindi, un mezzo alternativo di risoluzione delle controversie con il quale i privati deferi-scono la soluzione delle liti tra loro insorte o che potrebbero insorgere a “giudici privati”, definiti, appunto, arbitri. Il suo fondamento risiede nel generale principio di autonomia privata (3) che vige nel nostro Ordinamento e trovacome proprio referente normativo l’art. 1321 c.c., che consente ai privati di “regolare” i rapporti giuridici correntitra loro, finanche nei loro risvolti patologici (4).L’istituto è espressamente regolato dal codice di procedura civile agli artt. 806 e ss. In particolare, il codice di ritodisciplina pedissequamente l’arbitrato c.d. rituale, procedimento che si conclude con la pronuncia di un lodo, cuiè attribuita ex lege la medesima efficacia di una sentenza. L’unica norma riferita all’arbitrato c.d. irrituale è il re-cente art. 808 ter c.p.c. (5), il quale stabilisce che la controversia può essere definita dagli arbitri con una decisio-ne destinata ad acquistare tra le parti esclusivamente valenza negoziale o contrattuale e che le parti s’impegnanoad accettare, riconoscendola come espressione diretta della loro volontà. Non sempre risulta semplice qualificare l’arbitrato come rituale piuttosto che irrituale, qualora ciò non sia espres-samente chiarito dalle parti. Per stabilire a quale delle due tipologie ci si riferisca nel caso concreto, occorre inda-gare la volontà delle parti come desumibile dall’intero contesto della convenzione arbitrale (6). Sicuramente lascelta dell’arbitrato irrituale è espressiva di una maggiore libertà decisionale delle parti: per tal via è, infatti, pos-sibile assicurare maggiore condivisione e stabilità del lodo ed evitare un più pregnante controllo giurisdizionale insede d’impugnativa, nonché un maggior peso fiscale (7).Il procedimento arbitrale, rituale o irrituale che esso sia, si conclude con una decisione finale resa da soggetti ter-zi imparziali, che stabilisce i termini di risoluzione della controversia. La differenza tra i due diversi tipi di procedi-menti si sostanzia, come già chiarito, nella diversa portata del lodo nell’uno o nell’altro caso: solo nell’arbitrato ri-tuale il lodo potrà assurgere al medesimo valore di una sentenza dettata da un giudice togato.In entrambi i casi, onde poter accedere al procedimento arbitrale, è necessario che le parti prestino il proprio con-senso in una convenzione arbitrale, che deve avere forma scritta ad substantiam (artt. 807 e 808 c.p.c.).La convenzione arbitrale ha natura strumentale, in quanto non costituisce, modifica o estingue dirittamente rap-porti giuridici, ma contribuisce indirettamente a fornire ad essi una regolamentazione. Sarà, poi, il lodo a produrreeffetti diretti sulla situazione sostanziale corrente tra le parti. L’accordo in questione può concretizzarsi in una delle forme contemplate dalla legge e precisamente la clausolacompromissoria o il compromesso.La clausola compromissoria, ai sensi dell’art. 808 c.p.c., è contenuta nello stesso contratto che in futuro potreb-be essere fonte di controversie tra le parti, in particolare, relative alla validità, esecuzione ed alla risoluzione delcontratto stesso. In alternativa, essa può risultare da atto separato e successivo, contenente esclusivamente lamanifestazione di volontà delle parti di deferire ad arbitri le eventuali e future controversie concernenti il contrat-to. Nell’uno e nell’altro caso si tratta di un atto autonomo (8), dotato di una propria causa, che risiede nell’impe-gno delle parti a ricorrere all’arbitrato quale strumento di risoluzione delle controversie che dovessero tra loro in-

Note:

(3) In generale sulla centralità di tale principio nell’Ordinamento Giuridico Italiano vedi Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2009,775; Diener, Il contratto in generale, Milano, 2002, 12 ss.; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, ristampa IX ed., 2002,126; Rescigno, voce Contratto. I) In generale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 7; Pugliatti, Autonomia privata, in Enc. dir., IV, Mila-no, 1959, 366 ss.

(4) Cfr. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Jovene, Napoli, 2006, 768 ss.

(5) La norma è stata introdotta dal D.Lgs. n. 40/2006, che ha integralmente riformato la materia dell’arbitrato. L’arbitrato irrituale eraprecedentemente contemplato solo da leggi speciali, vedi art. 7, comma 6, L. n. 300/1970, art. 5 L. n. 533/1973, art. 5, comma 6, L.n. 108/1990.

(6) Così Cass. 5 settembre 1992, n. 10240, in Mass. Giust. civ., 1992, 1345.

(7) Per approfondimenti in tema si veda Cecchella, L’arbitrato, Torino, 2005, 4; Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, 2,Milano, 1971, 165.

(8) In tal senso Cass. 14 aprile 2000, n. 4842, in Mass. Giur. it., 2000, la quale ha escluso qualsiasi nesso di accessorietà tra la clau-sola compromissoria ed il contratto nel quale è inserita o al quale si riferisce.

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tervenire. L’autonomia giuridica della clausola compromissoria trova conferma nel 2° comma della norma da ulti-mo citata, ove si stabilisce che essa mantiene la propria validità anche in caso di invalidità del contratto principa-le a cui accede. La patologia del contratto, quindi, non si estende alla clausola che vi è inserita, per cui, ove pre-visto, gli arbitri saranno competenti a decidere anche sulla validità del contratto stesso. Il compromesso, regolato dall’art. 806 c.p.c., è anch’esso un negozio autonomo, separato e successivo rispettoal contratto cui si riferisce e si sostanzia nell’accordo mediante il quale le parti conferiscono ad uno o più arbitri ilpotere di dirimere una controversia tra loro già insorta.Ai sensi dell’art. 808 c.p.c., il compromesso deve contenere a pena di nullità la specifica definizione dell’oggettodella controversia in concreto insorta. Elemento essenziale del compromesso è, dunque, l’espressione di volon-tà delle parti di dirimere la controversia senza l’intervento dell’autorità giudiziaria, delineando espressamente iconfini dell’intervento arbitrale, cosa che normalmente avviene mediante proposizione di una serie di quesiti agliarbitri successivamente nominati.La principale differenza tra compromesso e clausola compromissoria è, quindi, determinata dal fatto che il primoviene stipulato per dirimere una controversia già sorta, mentre con la seconda si stabilisce a priori il ricorso all’ar-bitrato in via puramente preventiva ed eventuale. Risulta da ciò evidente come nella clausola compromissoria nonsia necessario indicare specificamente l’oggetto della controversia, che sarà solo determinabile, stante l’impos-sibilità di definirlo a priori rispetto all’insorgenza della lite stessa.Ulteriore distinzione tra le due tipologie negoziali risiede nel fatto che la nomina degli arbitri è normalmente suc-cessiva alla clausola compromissoria, mentre è rimesso alla volontà delle parti inserire l’atto di nomina nel com-promesso stesso oppure effettuarlo con atto successivo (9). L’atto di nomina determina l’effettiva instaurazione del procedimento arbitrale, esso viene qualificato come con-tratto di arbitrato e si ritiene (10) che si trovi in rapporto di collegamento negoziale con la convenzione arbitrale.Gli arbitri devono essere nominati in numero dispari, come richiesto espressamente dall’art. 809 c.p.c. (11), ed ilcollegio arbitrale si compone normalmente di tre o cinque membri.Oggetto del procedimento arbitrale possono essere esclusivamente diritti disponibili, come è dato desumere acontrario dall’art. 806 c.p.c.Immediato è il richiamo all’art. 1966 c.c., in materia di transazione, norma che detta una regola che assurge a prin-cipio generale in tema di metodi alternativi di risoluzione delle controversie. L’interpretazione della convenzione arbitrale è estensiva, come espressamente stabilito dall’art. 808 quater c.p.c.,che nel dubbio consente di estendere il potere degli arbitri a tutte le controversie che sorgono tra le parti del con-tratto cui essa si riferisce. Quanto all’apponibilità alla convenzione arbitrale di elementi accidentali, si rileva come difficilmente è dato rileva-re un interesse meritevole di tutela rispetto all’apposizione di una condizione o di un termine iniziale, mentre po-trebbe essere lecita ed opportuna la previsione di un termine finale.La convenzione arbitrale, in quanto contratto autonomo, può, inoltre, essere risolta per mutuo dissenso, ai sensidell’art. 1372 c.c., mediante una dichiarazione in tal senso dalle medesime parti coinvolte nella convenzione e nel-la medesima forma di quest’ultima. Nella maggior parte dei casi gli arbitrati trovano fondamento nella clausola compromissoria, che consente alle par-ti di stabilire preventivamente il mezzo di risoluzione dell’eventuale lite. In tale clausola si tende a ravvisare unostrumento di tutela precauzionale, che consentirebbe alle parti una più pronta ed adeguata soluzione della con-troversia. Non sempre, infatti, nel caso in cui quest’ultima sia già sorta vi sarà disponibilità da tutte le parti coin-volte ad addivenire ad un compromesso, evitando per tal via la proposizione della lite in giudizio. Quest’ultima ipo-tesi, anzi, si verifica in casi del tutto residuali.

3. Clausole arbitrali negli statuti societari

L’introduzione negli statuti societari di clausole arbitrali era frequente anche prima della riforma del diritto socie-tario del 2003, stante l’opportunità di dirimere i potenziali contrasti attinenti ai rapporti endosocietari nelle più snel-le modalità del procedimento arbitrale.Gli artt. 34 e ss. D.Lgs. n. 5/2003 dettano oggi una specifica disciplina per le clausole compromissorie inserite al-l’interno di statuti societari, nel tentativo di risolvere alcuni problemi interpretativi che si erano posti nella prassiprecedentemente, onde assicurarne l’applicazione effettiva. In particolare, l’art. 34 dispone che “gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso almercato di capitale di rischio (…), possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad ar-

Note:

(9) La carenza di nomina su iniziativa delle parti consente di attivare il meccanismo di nomina giudiziaria definito dall’art. 810, comma2, c.p.c.

(10) Cfr. La China, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, Milano, 2007, 58; Briguglio, La nuova disciplina dell’arbitrato, in Commentarioa cura di Briguglio-Fazzalari-Marengo, Milano, 1994, 70; Barbareschi, Gli arbitrati, Milano, 1937, 101; Carnelutti, Istituzioni del proces-so civile italiano, I, Roma, 1936, 60 ss.

(11) La ratio della norma è garantire la più semplice formazione della maggioranza nella definizione del lodo. Così Andrioli, Commen-to del codice di procedura civile, IV, III ed., Napoli, 1964, 813; Redenti, voce Compromesso, in Noviss. Dig. it., III, Torino, 1959, 790.

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bitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad og-getto diritti disponibili relativi al rapporto sociale”. Il 2° comma della disposizione in commento delinea, poi, una caratteristica essenziale della nuova disciplina: laclausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, “conferendo in ogni caso, a pena di nulli-tà, il potere di nomina degli arbitri a soggetto estraneo alla società”. La norma, infine, conclude prevedendo lapossibilità di nomina da parte del Presidente del Tribunale del luogo in cui la società ha sede, in caso di mancatanomina da parte del terzo prescelto, riecheggiando così il disposto dell’art. 810, comma 2, c.p.c. Diversamente, invece, il successivo art. 37 D.Lgs. n. 5/2003, pur inserito nel medesimo Titolo V, prevede un’ipote-si di arbitraggio, rivolto al più semplice e veloce superamento dei “contrasti tra coloro che hanno il potere di am-ministrazione in ordine a decisioni da adottare nella gestione della società”. Tale disposizione qualifica secondo ladottrina prevalente (12), una fattispecie di arbitrium merum più che di arbitrato, com’è dato desumere dal rinvioespresso operato dalla norma all’art 1349, comma 2, c.c., ai fini dell’impugnabilità della valutazione fatta dal terzo. Non poche sono le questioni sorte anche in seguito all’introduzione della nuova disciplina operata dalla riforma ed,in particolare, relative alla sua estensibilità alle società di persone, non direttamente toccate dalla riforma del di-ritto societario del 2003; alla collocazione delle clausole arbitrali; al loro ambito di applicazione soggettivo ed og-gettivo; nonché ai rapporti con l’arbitrato tradizionale. La disciplina dell’arbitrato societario si conclude, poi, conl’art. 41 D.Lgs. n. 5/2003, norma di diritto transitorio, che non pochi problemi ha destato in merito alla sua inter-pretazione e concreta applicazione. Diversi sono, quindi, i riflessi sull’attività notarile dell’introduzione della disci-plina sull’arbitrato societario.

A) applicabilità alle società di persone

La riforma del diritto societario ha ad oggetto le società di capitali e le cooperative, ma inevitabilmente, come or-mai riconosciuto dalla dottrina, alcuni risvolti hanno investito anche le società di persone.Nella legge delega al D.Lgs. n. 5/2003 si descrive un modello di arbitrato applicabile alle società commerciali (13),tra le quali sono comprese anche la s.n.c. e la s.a.s.. L’art. 34, comma 1, D.Lgs. n. 5/2003, inoltre, si riferisce ge-nericamente alle “società”, dal cui novero vengono, invece, esplicitamente escluse le sole società che fanno ri-corso al mercato di capitali di rischio.Restano, pertanto, escluse dall’ambito applicativo della nuova normativa le società che fanno ricorso al mercatodi capitale di rischio, per espressa definizione dell’art. 34, nonché le società semplici (14), la cui esclusione si ri-cava in via interpretativa, non essendo dette società ascrivibili alla categoria delle società commerciali.Ulteriore conferma dell’applicabilità della normativa anche alle società di persone risiede nell’art. 37 D.Lgs. n.5/2003, che menziona espressamente le società di persone tra i tipi sociali cui sarebbe consentito applicare il nuo-vo procedimento di risoluzione dei contrasti sulla gestione sociale. Non si vede, quindi, motivo per ammetterel’applicazione di tale procedimento e non più in generale quella dell’intera normativa sull’arbitrato societario.Si ritiene, quindi, che la normativa sia interamente applicabile anche alle società a base personale purché com-merciali (15) e non irregolari (16), dal momento che il procedimento delineato dall’art. 35 D.Lgs. n. 5/2003 pre-suppone l’iscrizione della società nel Registro delle Imprese.

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Note:

(12) Cfr. tra gli altri Ruotolo, La risoluzione nei contrasti sulla gestione della società, Studio n. 5734/I-2005 dell’Ufficio Studi del Consi-glio Nazionale del Notariato, in Studi e Materiali, 2005, 2, 1296 ss.; Miccolis, Arbitrato e conciliazione nella riforma del processo so-cietario, in La riforma del diritto societario, a cura di Di Cagno, Bari, 2004, 418; Morleo, L’arbitrato e la conciliazione stragiudiziale neld.lgs. n. 5/2003. Spunti di riflessione sulle controversie in ambito cooperativo, in Coop. e consorzi, 2003, 108; Bove, L’arbitrato nellecontroversie societarie, in Giust. civ., 2003, II, 473 ss.

(13) Così recita, infatti, l’art. 12 comma 3 della Legge delega (L. 3 ottobre 2001, n. 366): “Il Governo può altresì prevedere la possibi-lità che gli statuti delle società commerciali contengano clausole compromissorie, anche in deroga agli articoli 806 e 808 del codicedi procedura civile, per tutte o alcune tra le controversie societarie di cui al comma 1.”.

(14) Miranda, La clausola compromissoria: applicazione ed invalidità, in Società, 2010, 3, 288 ss.; Ruotolo, Le clausole arbitrali e l’at-tività notarile, Studio n. 5856/I-2005 dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, in Studi e Materiali, 2005, 2, 1325 ss. Con-tra, invece, Della Pietra, La clausola compromissoria, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G.F. Campobasso, Utet, Torino,2007, I, 206 ss., sulla base di una non condivisibile valorizzazione del provvedimento delegato, anche in spregio dei confini tracciatidalla legge delega, non senza sottolineare, tuttavia, egli stesso il potenziale approdo alla illegittimità costituzionale del provvedimen-to in questione per eccesso di delega, ove così dovesse essere inteso.

(15) In tal senso anche Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima del 7 febbraio 2011, Clausola com-promissoria nelle società di persone: «L’art. 34 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, regola un modello di arbitrato che trovaapplicazione per tutte le società commerciali, ivi comprese le società di persone. È, altresì, da ritenere che la norma prevede un isti-tuto che si aggiunge ma non si sostituisce a quello tradizionale regolamentato dal codice di procedura civile agli artt. 806 e segg., percui è lasciato alle società, nell’esplicazione della propria autonomia contrattuale, di scegliere il tipo da adottare nella risoluzione dellecontroversie sociali. Pertanto nella redazione delle clausole compromissorie si ritiene opportuno che il Notaio, dopo aver indagato lavolontà delle parti, faccia riferimento alle norme che sovrintendono alla tipologia di arbitrato scelto dalle parti”. In giurisprudenza: Trib.Trento 8 aprile 2004, in Società, 2004, 8, 996 ss.

(16) Come precisa Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1331.

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B) Collocazione delle clausole arbitrali

L’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003 fa riferimento agli “atti costitutivi”, facendo desumere che tali clausole trovino la lorogenesi naturale nella fase costitutiva della società. Il dato precettivo della norma si pone, tuttavia, in apparentecontrasto con la sua rubrica, la quale si riferisce, invece, alle “clausole compromissorie statutarie”.Nota è la questione sorta in seguito alla riforma del diritto societario e relativa alla valenza di atto costitutivo e sta-tuto nelle società di capitali, risolta sulla base dell’espresso dettato dell’art. 2328, ult. comma, c.c., secondo il qua-le lo statuto “costituisce” parte integrante dell’atto costitutivo (17). La citata norma, dettata in tema di s.p.a., si ri-tiene estensibile anche alle s.r.l., nonostante una minoritaria opinione contraria (18). Da questa prospettiva, dunque, il problema perderebbe rilevanza, per riacquistarla, tuttavia, rispetto alla formula-zione della seconda parte della disposizione in commento, che sancisce la prevalenza dello statuto sull’atto co-stitutivo in caso di contrasto tra le regole contenute nell’uno e nell’altro documento.In base alle considerazioni espresse ed alla convinzione che l’ipotesi di un contrasto tra le norme contenute nel-l’atto costitutivo e nello statuto sia puramente scolastica, la dottrina prevalente (19) ritiene indifferente la colloca-zione delle clausole arbitrali nell’uno o nell’altro documento.Sotto il profilo pratico, però, la collocazione più naturale di dette clausole sembrerebbe risiedere nello statuto,quale documento contenente “le norme relative al funzionamento della società”, più analitico ed esteso rispettoall’atto costitutivo, senza considerare la prevalenza del primo nel caso, forse remoto, ma pur possibile, di un con-trasto tra i due documenti.Discussa è l’ammissibilità di inserire le clausole arbitrali in atti separati e successivi rispetto alla fase costitutivadella società. Nettamente prevalente (20) appare la soluzione negativa. Se non definita nella fase costitutiva, infatti, la clausolapuò essere inserita anche successivamente tra le regole di svolgimento dell’attività sociale, attraverso una modi-fica statutaria, purché ciò avvenga con la maggioranza rafforzata richiesta dal 6° comma dell’art. 34 D.Lgs. n.5/2003.Ad ulteriore conferma di tale indirizzo si pone la legge delega che, non escludendolo esplicitamente, pare con-sentire comunque il ricorso al compromesso ex art. 807 c.p.c. ove la controversia sia già sorta, in mancanza del-la specifica previsione di una clausola statutaria. Resta per tal via esclusa ogni possibilità di ricorrere ad atto di-verso da quello costitutivo o dallo statuto per la remissione delle controversie relative ai rapporti societari ad ar-bitri secondo la disciplina dell’arbitrato societario (21).

C) Ambito di applicazione soggettivo

Ai sensi dell’art. 34, comma 1, D.Lgs. n. 5/2003 sono controvertibili in arbitri sia le liti tra i soci, che quelle traquesti ultimi e la società. Il successivo 3° comma stabilisce, poi, la vincolatività della clausola compromisso-ria per tutti i soci, compresi coloro per i quali la stessa qualità di socio è oggetto della controversia. Né l’ap-plicabilità della disciplina dipende dal momento in cui il soggetto abbia fatto ingresso nella compagine socia-le, in quanto, anche se subentrato dopo la fase costitutiva o dopo l’inserimento della clausola con modificastatutaria, la vincolatività della clausola anche nei suoi confronti resterebbe assicurata dalla pubblicità dellostatuto. La norma delinea, dunque, una sorta di “giustizia del gruppo sociale organizzato” (22) attraverso una clausolavincolante in base al solo acquisto dello status socii, anche qualora lo stesso acquisto fosse revocato in dubbio. Quanto a quest’ultimo profilo, due sono le ipotesi che concretamente potrebbero verificarsi:

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Note:

(17) Si ritiene che lo statuto, seppur parte integrante dell’atto costitutivo, non debba necessariamente rivestire la forma di atto pub-blico, ma, come ogni altro allegato, possa essere redatto in forma di scrittura privata, debitamente sottoscritta e per la quale si ren-de, altresì, possibile dispensare il Notaio dalla lettura. Così in dottrina: Rescio, Sulla natura e sulla forma degli statuti societari, Studion. 5557/S-2005 dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, in Studi e Materiali, 2005, 1, 315 ss.; Tondo, Sul possibile rap-porto formale tra atto costitutivo e statuto nella S.p.a., Studio n. 5022/S-2005 dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato,in Studi e Materiali, 2005, 1, 291 ss.; Petrelli, Statuto e atto pubblico dopo la riforma delle società di capitali, in Riv. not., 2004, 433 ss.In giurisprudenza: App. Roma 9 settembre 1993, in Riv. not., 1993, 942 ss.; App. Roma 20 luglio 1993, ivi, 1993, 696 ss.

(18) Salanitro, Profili sistematici della società a responsabilità limitata, Milano, 2005, 10 ss., riporta con spirito critico l’opinione se-condo la quale il nuovo art. 2463 c.c. vieterebbe la redazione di statuti nelle s.r.l., rimettendo l’intera regolamentazione dell’attività so-ciale all’atto costitutivo.

(19) Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1331; Corsini, La nullità della nuova clausola compromissoria statutaria e l’esclusività del nuovo arbitra-to societario, in Giur. comm., 2005, 1, 814 ss.; Luiso, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003, 705 ss. L’impossibilità diricorrere al compromesso come atto introduttivo dell’arbitrato scietario è, peraltro, esclusa dalla stessa relazione al D.Lgs. n. 5/2003«sulla base di una rigorosa interpretazione della legge delega”.

(20) Ruotolo, op. cit., 1331; Cabras, I principi dell’arbitrato e l’arbitrato societario, in www.dircomm.it.

(21) In tal senso Trib. Prato 15 giugno 2010, in Società, 2010, 12, 1504, con nota di Corsini, Arbitrato societario e patti parasociali, 1504ss.

(22) L’efficace espressione è stata coniata da Ricci, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. trim. dir. proc., 2003, 524.

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– quella di un socio la cui permanenza in società sia oggetto di controversia (23), certamente rientrante nell’am-bito applicativo della disposizione;– quella più discussa in cui sia messo in dubbio lo stesso acquisto della qualità di socio.In quest’ultimo caso l’accertamento della qualità di socio potrebbe essere tanto oggetto diretto del petitum, quan-to presupposto della causa petendi (24).In base ad un’interpretazione letterale della norma, secondo la quale lo status di socio deve essere oggetto im-mediato della controversia, la seconda tipologia di controversie resterebbe esclusa dall’ambito applicativo dellanormativa sull’arbitrato societario (25). Tale opinione sembra, tuttavia, eccessivamente limitativa della portata del-la normativa de qua, che pare, invece, tendere ad una più ampia applicazione (26). Occorre, piuttosto, sottolineare come solo in virtù dell’assunzione della qualità di socio la normativa sull’arbitratosocietario divenga vincolante per un soggetto, altrimenti non obbligato a sottostarvi. Anche qualora la controver-sia attenga alla contesa titolarità dello status socii, tuttavia, non sarebbe da escludersi in nuce il giudizio arbitrale,in tal caso saranno eventualmente gli stessi arbitri cui è deferita la controversia a dichiarare la propria carenza dilegittimazione (27). Il quarto comma della norma in commento consente, inoltre, dietro espressa previsione dell’atto costitutivo, chel’efficacia della clausola si estenda alle controversie promosse “da amministratori, liquidatori e sindaci ovveronei loro confronti”. In questo caso la vincolatività della clausola è subordinata all’accettazione dell’incarico.L’elencazione della norma pare tutt’altro che tassativa, potendosi estendere la sua applicazione anche agli organidel sistema dualistico o monostico, ai direttori generali, ai revisori ed alle società di revisione (28).Si rende, a questo punto, opportuno chiarire meglio la diversa portata dell’art. 37 D.Lgs. n. 5/2003, che consentedi definire mediante arbitratori, piuttosto che arbitri, i contrasti tra gli amministratori relativi alla gestione della so-cietà.Ratio di tale disposizione è quella di consentire un più agevole superamento di quelle fasi di stallo (o dead-lock,per adoperare la più moderna terminologia anglofila) nella gestione dell’attività sociale, che potrebbero recare no-cumento alla società.A differenza dell’art. 34, la citata norma limita, da un lato, il proprio ambito applicativo alle società a responsabili-tà limitata, mentre dall’altro lo estende esplicitamente anche alle società di persone, costituendo, come già sot-tolineato, uno degli argomenti a favore dell’estensibilità dell’intera nuova disciplina dell’arbitrato societario anchea questi tipi sociali.La fondamentale distinzione tra le due disposizioni risiede, quindi, nella natura giuridica della fattispecie previ-sta dall’art. 37. Secondo la prevalente dottrina (29), infatti, nonostante la collocazione tra le norme relative al-l’arbitrato societario, la citata norma regola una fattispecie di arbitraggio, com’è dato anche desumere dal suo4° comma, che sottopone l’impugnazione della decisione assunta dagli arbitratori alla disciplina dell’art. 1349,comma 2, c.c.

D) Ambito di applicazione oggettivo

La ricostruzione dell’ambito di applicazione oggettivo della disciplina de qua passa attraverso la disamina di unaserie di riferimenti normativi collocati all’interno del Titolo V D.Lgs. n. 5/2003.L’ultima parte del 1° comma dell’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003 sancisce il criterio della disponibilità dei diritti posti allabase della controversia, criterio, peraltro, già conclamato dall’art. 806 c.p.c., oltre che nell’art. 1966 c.c. in mate-ria di transazione, e che potremo ritenere principio generale in tema di metodi alternativi di risoluzione delle con-troversie. In particolare, la prima delle citate norme si riferisce a controversie aventi ad oggetto “diritti disponibilirelativi al rapporto sociale”.Ai sensi del successivo quinto comma, inoltre, non possono essere oggetto di clausola compromissoria le con-troversie nelle quali la legge preveda l’intervento obbligatorio del p.m.

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Note:

(23) Si pensi, ad esempio, all’impugnazione della delibera di esclusione assunta ai sensi degli artt. 2286 o 2473 bis c.c.

(24) Esempio del primo tipo di controversia potrebbe essere quello della contesa titolarità della partecipazione sociale tra due soggetti,mentre nella seconda tipologia potrebbe rientrare l’azione con la quale venga richiesta la distribuzione di dividendi da un soggetto chenon abbia mai partecipato alla società

(25) Corsini, op. cit. (nt. 19), 814 ss., ad esempio esclude categoricamente la controvertibilità in arbitri delle controversie relative alladubbia titolarità della qualità di socio.

(26) La teoria estensiva è, peraltro, sposata dal Consiglio Nazionale del Notariato nello studio di Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1329; oltreche da Luiso, op. cit. (nt. 19), 705 ss. e Danovi, L’arbitrato nella riforma del diritto processuale societario, in Dir. giur., 2004, 568, i qua-li ritengono che l’ampia portata della norma consenta di ricomprendere qualsiasi controversia anche sotto tale profilo.

(27) In tal senso Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 223.

(28) Così, sebbene in tono dubitativo, Ferrucci-Ferrentino, Società di capitali, società cooperative e mute assicuratrici, I, II ed., Giuf-frè, Milano, 2012, 89.

(29) Cfr. nt. 12.

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L’art. 35, comma 5, D.Lgs. n. 5/2003 ammette la devoluzione ad arbitri di questioni concernenti la validità delle de-libere assembleari, consentendo, altresì, a questi ultimi di sospenderne l’efficacia (30).L’art. 36 D.Lgs. n. 5/2003, infine, derogando al criterio della disponibilità dei diritti, estende la competenza degliarbitri anche a materie non compromettibili, relative, cioè, a diritti indisponibili, quando si tratti di questioni inci-dentali oppure di giudicare circa la validità delle delibere assembleari. In entrambi i casi, la norma impone che ladecisione debba essere assunta secondo diritto e che il lodo sia impugnabile anche ex art. 829 c.p.c.A tali norme occorre poi aggiungere un costante richiamo all’art. 1 D.Lgs. n. 5/2003, che individua il più generaleambito di riferimento oggettivo per le controversie sottoposte al c.d. rito societario.Questo complesso quadro normativo lascia spazio a diverse interpretazioni circa i confini effettivi dell’applicazio-ne oggettiva della normativa sull’arbitrato societario.Una prima avanguardista tesi (31) applicherebbe i limiti della disponibilità dei diritti e dell’intervento del p.m. allesole controversie riguardanti i rapporti tra soci o tra questi e la società, escludendo da tale limitazione le contro-versie attinenti alla validità delle delibere assembleari e quelle relative agli amministratori, liquidatori e sindaci,eventualmente contemplate nella clausola compromissoria. Una tesi intermedia (32), che si condivide in quanto maggiormente aderente al dato normativo, ritiene, invece,che le uniche controversie sottratte al criterio della disponibilità dei diritti sarebbero quelle relative alla validità del-le deliberazioni assembleari, restando sottoposte a tale criterio tutte le altre controversie che intervengano tra isoci, tra questi e la società, nonché quelle relative ad organi sociali. Non si può, tuttavia, fare a meno di rilevare che la prevalente dottrina sposa la visione più conservatrice (33). Se-condo tale orientamento il criterio della disponibilità dei diritti deve informare qualsiasi controversia perché que-sta possa ritenersi controvertibile, anche quelle relative all’impugnazione delle deliberazioni assembleari, nono-stante il tenore letterale dell’art. 36 D.Lgs. n. 5/2003, la cui portata verrebbe così a ridursi automaticamente.Pare, a questo punto, interessante definire una casistica delle controversie che ricadono nell’ambito applicativodella normativa de qua e di quelle che ne restano, invece, escluse.Sono controvertibili in arbitri secondo la disciplina dell’arbitrato societario:1) le controversie tra soci;2) le controversie tra soci e società;3) le controversie attinenti alla validità di delibere assembleari;4) le controversie promosse da o relative agli organi sociali, in caso di espressa previsione in tal senso (34).Le liti controvertibili ai sensi degli artt. 34 ss. D.Lgs. n. 5/2003 sono, peraltro, solo quelle relative ad interessi so-ciali e privati, non quelle relative ad interessi collettivi e di terzi (35). Restano, pertanto, escluse dall’applicabilità della nuova disciplina, le controversie riguardanti:a) l’azione di responsabilità promossa dal socio nei confronti dell’amministratore (36);b) la revoca per giusta causa dell’amministratore fondata sulla violazione del principio di chiarezza e precisione deibilanci (37);c) l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio (38);

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Note:

(30) Di recente il Trib. Napoli 6 febbraio 2012, in Società, 2012, 5, 563 ss., con nota di Izzo, Sulla sospensione dell’efficacia delle deli-bere assembleari prima della costituzione del collegio arbitrale, ha affermato che: «In una prospettiva costituzionalmente orientata,anche in presenza di clausola compromissoria statuaria, sussiste la competenza dell’autorità giudiziaria in ordine all’istanza di so-spensione dell’efficacia della delibera assembleare fintanto che l’organo arbitrale, pur investito della controversia, non si sia costitui-to e non sia concretamente in grado di operare.”.

(31) Così Ricci, op. cit. (nt. 22), 520 ss.

(32) Vedi Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 225 e 226.

(33) Cfr. Bove, Clausola arbitrale societaria - clausola arbitrale ordinaria - differenze e rapporti, in Riv. not., 2011, 3, 569 ss.; Miranda,op. cit. (nt. 14), 292; Luiso, op. cit. (nt.19), 707 ss.; Ruotolo, op. cit. (nt.14), 1330, il quale pure non manca di sottolineare che «La con-creta definizione dell’ambito di applicazione oggettiva della clausola non è tuttavia ancora del tutto chiara”. In giurisprudenza: Trib. Na-poli 30 settembre 2005, in Foro it., 2006, I, 2246; Trib. Modena 12 maggio 2004, in Società, 2004, 1270, con nota di Soldati, Clauso-la arbitrale societaria e nomina del liquidatore.

(34) In tal senso Camera Arbitrale di Milano, lodo 2012, in Società, 2012, 12, 1364: che ammette la compromettibilità in arbitri del-l’impugnazione delle deliberazioni relative alla determinazione dei poteri dei liquidatori ed all’approvazione del bilancio finale di liqui-dazione.

(35) Cass. 6 luglio 2000, n. 9022, in Mass. Giur. it., 2000.

(36) Cass. 17 luglio 2012, n. 12333, Società, 2012, 12, 1362. Secondo Trib. Padova 18 gennaio 1986, in Società, 1986, 1092, reste-rebbero sottratte alla competenza degli arbitri, altresì le controversie relative al compenso degli amministratori.

(37) Cass. 18 febbraio 1988, n. 1739, in Foro it., 1988, I, 3349; Trib. Padova 20 giugno 1989, in Foro Padano, 1989, I, 327.

(38) App. Torino 16 luglio 2012, in Società, 2012, 12, 1363; Trib. Padova cit. (nt. 36); Trib. Como 26 maggio 1989, in Società, 1989, 951.Contra, invece, Trib. Napoli 8 marzo 2010, in Società, 2010, 1510, con nota di Izzo, Disponibilità del diritto e limiti alla compromettibi-lità per arbitri della delibera di approvazione del bilancio. Secondo Trib. Milano 27 settembre 2005 e 8 ottobre 2005, entrambe in Giur.comm., 2006, 1128; nonché Trib. Modena 12 maggio 2004, in Giur. comm., 2004, 1270, sarebbero, altresì, da escludere dalla com-petenza arbitrale le controversie relative alle delibere di azzeramento e ricostituzione del capitale, in quanto aventi ad oggetto dirittiindisponibili.

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d) lo scioglimento della società (39); e) la giurisdizione penale (40);f) contratti di lavoro (41).Discussa è, infine, l’applicabilità alle controversie riguardanti i trasferimenti delle partecipazioni ed i patti paraso-ciali, entrambe materie menzionate nell’art. 1 D.Lgs. n. 5/2003.Apparentemente, stante la generica formulazione dell’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003, la normativa dovrebbe interessa-re le controversie che riguardano il rapporto sociale non solo in via diretta, ma anche in via indiretta e mediata.L’intento dichiarato della disciplina è, tuttavia, quello di definire una “giustizia sociale” che riguardi essenzialmen-te rapporti endosocietari e da questa sfera sembrerebbero, invece, esulare le questioni suddette.Quanto ai trasferimenti delle partecipazioni, come già rilevato, si ritiene che le relative controversie non siano au-tomaticamente escluse dall’arbitrato societario, quantomeno ove a mezzo del negozio sia stata acquistata la qua-lità di socio, seppure lo stesso acquisto sia controverso. I patti parasociali, invece, sono per definizione esclusi dai rapporti societari, di conseguenza non dovrebbero rien-trare nel novero delle controversie compromettibili a mezzo dell’arbitrato societario (42). Né l’una né l’altra tipologia di controversie, però, potrebbero formare oggetto del giudizio arbitrale-societario ovela clausola compromissoria non fosse contenuta nello statuto, ma direttamente nel contratto di cessione dellapartecipazione o nel patto parasociale stesso, stante quanto sostenuto sopra in relazione alla naturale collocazio-ne delle clausole de quo. In quest’ultimo caso le relative liti sarebbero, invece, sottoposte all’arbitrato tradiziona-le, del quale, come già rilevato, non pare essere esclusa l’applicazione residuale in base al tenore della legge de-lega.

E) Rapporti con l’arbitrato di diritto comune

Ai sensi dell’art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 5/2003 la clausola compromissoria deve contenere, a pena di nullità, l’in-dicazione di un soggetto terzo, al quale venga deferito il compito di nominare gli arbitri. La norma traccia una fon-damentale differenza tra la disciplina dell’arbitrato societario e quella dell’arbitrato di diritto comune, dove gli ar-bitri vengono abitualmente nominati per scelta delle parti interessate (art. 810 c.p.c.).La disposizione si pone a garanzia dell’esigenza di estraneità (43), neutralità ed imparzialità nella definizione delgiudizio, nel tentativo, peraltro, di controbilanciare l’ampliamento della sfera decisionale (44) rispetto all’arbitratodi diritto comune, unicamente orientato dal criterio della disponibilità dei diritti. La dottrina concorda sul dato che l’arbitrato societario, come strutturato dagli artt. 34 e ss. D.Lgs. n. 5/2003, siain rapporto di species ad genus rispetto a quello di diritto comune, ciò su cui si le opinioni si dividono è l’articola-zione di questo rapporto.Parte della dottrina (45) e la giurisprudenza di merito (46) ritengono che l’arbitrato societario si ponga in rapportodi alternatività con quello previsto dal codice di rito, aggiungendosi, ma non sostituendosi all’arbitrato di diritto co-mune. Diversi sono gli argomenti utilizzati a sostegno di tale tesi.Innanzitutto, si sottolinea come nella legge delega fosse contenuta l’autorizzazione a definire un modello di arbi-trato, anche in parziale deroga rispetto a quello di cui agli artt. 806 e ss. c.p.c., senza, tuttavia, imporre la cessa-zione dell’efficacia delle norme sull’arbitrato di diritto comune per le società commerciali. L’intento del Legislato-re delegante sarebbe stato, quindi, quello di ampliare le possibilità delle società commerciali, non di diminuirle. A

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Note:

(39) Cass. 19 settembre 2000, n. 12412, in Giust. civ., 2001, I, 405.

(40) Così Ferrucci-Ferrentino, cit. (nt.28), 86; Paolucci, Le clausole di deferimento delle controversie sociali ai probiviri, in Società,1993, 1041.

(41) Paolucci, op. cit., 1041.

(42) In tal senso anche Ricci, op. cit. (nt. 22), 523; Luiso, op. cit. (nt. 19), 705 ss.; Danovi, op. cit. (nt. 26), 577; Corsini, L’arbitrato nel-la riforma del diritto societario, in Giur. it., 2003, 1290. Contra Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 231, che tende ad ampliare l’ambito appli-cativo degli artt. 34 ss. D.Lgs. n. 5/2003, estendendolo anche alle controversie relative ai patti parasociali, sulla base di un raffrontodel dato testuale degli artt. 34, comma 1 e 1, lett. c), D.Lgs. n. 5/2003.

(43) L’estraneità va intesa in senso non solo formale, ma anche sostanziale. Non sarebbe, pertanto possibile affidare la nomina degliarbitri ad un soggetto pur formalmente estraneo alla compagine sociale, ma che abbia nella società o nelle vicende ad essa collega-te qualche interesse economico, familiare o affettivo. In tal senso Trib. Milano 7 luglio 2005, in Società, 2006, 1155, con nota di Sol-dati, «Estraneità” dell’autorità di nomina e clausola compromissoria statutaria; Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 237.

(44) Si veda quanto già rilevato nel precedente §3.D) in relazione alla deroga introdotta dall’art. 36 D.Lgs. n. 5/2003 rispetto al gene-rale criterio della disponibilità dei diritti compromettibili.

(45) In tal senso Salafia, Il nuovo arbitrato societario e altre questioni, nota a Trib. Latina 22 giugno 2004, in Società, 2005, 97 ss.; Au-letta, Dell’arbitrato, in La riforma delle società. Il processo, a cura di Sassani, Torino 2004, 328 ss.; Zoppini-Auletta, Doppia chance diarbitrato per le società, in Il sole 24 ore, 2 settembre 2004, 19; Nela, in Il nuovo processo societario, diretto da Chiarloni, Bologna,2004, 971; De Nova, Controversie societarie: arbitrato societario o arbitrato di diritto comune, in Contratti, 2004, 847; Miranda, op. cit.(nt.14), 302 e 303; Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato nella massima del 7 febbraio 2011, cit. (nt. 15).

(46) App. Torino 20 marzo 2007, in Il notaro, 2007, 9; Trib. Bologna 17 giugno 2008, in Giur. comm., 2009, 2,1004; Trib. Bari 2 no-vembre 2006, in Giur. it., 2007, 2237; Trib. Genova 7 marzo 2005, in Giur. comm., 2006, 500.

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testimonianza della compatibilità tra i due modelli, non viene meno, infatti, la possibilità di ricorrere al compro-messo, in mancanza della previsione statutaria di cui all’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003 ed in seguito all’insorgenza dellalite.La necessità di nomina degli arbitri da parte di un soggetto terzo e l’ampliamento della sfera di competenza degliarbitri, si possono giustificare, secondo questo filone dottrinale, solo ritenendo che le due forme di arbitrato sia-no tra loro in rapporto di concorrenza. Sostenere, invece, l’esclusività dell’arbitrato societario vorrebbe dire am-mettere un’illegittima disparità di trattamento per le società commerciali rispetto ad altri soggetti di diritto.Pare decisamente prevalere in dottrina (47) ed in giurisprudenza (48), la tesi dell’esclusività dell’arbitrato societa-rio. Se di alternatività si può parlare, è nel senso che nel nostro ordinamento coesistono due discipline: quella del-l’arbitrato nel diritto societario, volta a disciplinare le clausole compromissorie inserite negli statuti sociali, e quel-la dell’arbitrato di diritto comune, che disciplina, invece, le clausole compromissorie inserite in altri tipi di contrat-ti ed i compromessi.A sostegno di tale tesi si pone il carattere di specialità della nuova normativa, recante disposizioni in talune partiincompatibili con la disciplina di diritto comune, nonché la sua imperatività (49). Né sarebbe stato necessario daparte del Legislatore indicarne espressamente l’esclusività: tale specificazione sarebbe stata, infatti, superflua ri-ferendosi la normativa de qua solo a determinate fattispecie e, cioè, unicamente ai rapporti sociali.Dall’adesione a ciascuna delle due ricostruzioni dipende l’efficacia da attribuirsi alle vecchie clausole c.d. binarie,contenute negli statuti societari prima della riforma, e la valenza del loro adeguamento alla nuova disciplina. Vengono definite “binarie” quelle clausole compromissorie che, prima dell’intervento del D.Lgs. n. 5/2003, pre-vedevano la nomina di un arbitro da ciascuna delle parti in causa e la designazione del terzo di comune accordodai primi due prescelti.L’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003, come già chiarito, impone, invece, che la nomina degli arbitri avvenga ad opera di unsoggetto terzo, a pena di nullità. Il successivo comma 6 della norma dispone, poi, che le modifiche introduttive osoppressive delle clausole compromissorie devono essere approvate da una maggioranza di almeno due terzi delcapitale sociale, consentendo ai soci che non abbiano contribuito ad assumere la decisione il diritto di recederedalla società (50).Secondo la tesi dell’alternatività (51), le clausole binarie sarebbero ancora valide anche alla luce della nuova disci-plina, ma semplicemente sottoporrebbero le controversie all’arbitrato di diritto comune e non al nuovo modelload esso alternativo. Quanto alla modifica delle suddette clausole, il loro adeguamento non rappresenterebbe l’inserimento di una nuo-va regola, bensì una mera modifica contenutistica della clausola statutaria, per la quale resterebbe esclusa l’ap-plicazione della maggioranza rafforzata di cui all’art. 34, comma 6 (52).L’adesione all’opposta tesi dell’esclusività (53) implica, invece, che le clausole binarie siano viziate da nullità percontrarietà a norma imperativa e precisamente per il contrasto con l’art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 5/2003. In parti-colare, le clausole binarie sono da ritenersi nulle fin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5/2003 e, cioè, sin dal 1°gennaio 2004. Viene, a questo punto, in rilievo l’art. 41 D.Lgs. n. 5/2003, norma di diritto transitorio, che al comma 2 detta una

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Note:

(47) Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1334; Danovi, op. cit. (nt. 26), 566 ss.; Corsini, op. cit. (nt. 19), 809 ss.; Bianchini, Osservazioni in temadi in(validità) delle clausole compromissorie non adeguate alla nuova disciplina dell’arbitrato c.d. endosocietario, in Giur comm., 2006,410 ss.; Consiglio Notarile di Milano, massima n. 3, Adeguamento della clausola compromissoria, in AA.VV., Le massime del Consi-glio Notarile di Milano, Ipsoa, 2007, 49.

(48) Ex multis Cass. 13 ottobre 2011, n. 21202, in Società, 2012, 2, 211 ss., con nota di Soldati, Arbitrato societario: cassata la tesidel “doppio binario”; Cass. 9 dicembre 2010, n. 24867, in questa Rivista, 2011, 137 ss.; App. Torino 4 agosto 2006, in Corr. Merito,2006, 1259; Trib. Milano 18 giugno 2009, in Giur. it., 2009, 2717; Trib. Milano 12 marzo 2009, in Giur. it., 2009, 2224; Trib. Trani 15 ot-tobre 2008, in Giur. it., 2009, 1480; Trib. Salerno 12 aprile 2007, in Giur. comm., 2008, 865; Trib. Milano 9 novembre 2005, in Società,2006, 750 ss.; Trib. Latina 22 giugno 2004, in questa Rivista, 2005, 3, 258 ss., con nota di Guidotti, L’arbitrato di diritto comune dopola riforma del diritto societario.

(49) L’art. 35 D.Lgs. n. 5/2003 è rubricato “Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale”.

(50) Da notare, peraltro, il diverso e ben più esteso termine previsto per l’esercizio del diritto di recesso rispetto a quello indicato exart. 2437bis c.c.

(51) Per tutti Salafia, op. cit. (nt. 45), 100.

(52) In tal senso Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, massima H.H.5, Adeguamento della clausola compro-missoria: quorum e recesso, in Orientamenti del Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari, in www.notaitriveneto.it: «Ècioè ragionevole ritenere che la nuova disciplina in materia di introduzione e soppressione di clausole compromissorie si debba appli-care alle sole clausole volute dai soci sulla base della medesima nuova disciplina. Non può invece, ragionevolmente, trovare applica-zione nel caso di società preesistenti al 1 gennaio 2004, già dotate di clausola compromissoria, che non abbiano adeguato sul puntoil proprio statuto, per le quali ogni “operazione” sulla clausola compromissoria (sia che si tratti di modificazione che di soppressione)va considerata, pertanto, alla stregua di un “adeguamento” alla nuova normativa (…). Non può, in particolare, condividersi l’opinionedi chi ritiene che dal 1 gennaio 2004 la clausola compromissoria, essendo divenuta nulla, è come se non ci fosse, per cui un suo ade-guamento equivarrebbe a “nuova introduzione” con conseguente applicabilità dell’art. 34, 6° comma, D.Lgs. 5/2003”.

(53) Ruotolo, op. cit. (nt.14), 1335; Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 251; Consiglio Notarile di Milano, massima n. 3, op. cit. (nt. 47).

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disciplina ad hoc per gli adeguamenti della clausola compromissoria binaria alla disciplina del nuovo arbitrato so-cietario, sottraendo le modifiche “deliberate ai sensi degli artt. 223 bis e 223 duodecies disp. att.” all’applicazio-ne dell’art. 34, comma 6, D.Lgs. n. 5/2003.La citata norma consente, quindi, di assumere la relativa delibera entro le date e mediante i quorum semplificatiprevisti per gli adeguamenti statutari dalle norme transitorie (54), evitando così sia la più rigida disciplina dell’art.34, comma 6, D.Lgs. n. 5/2003, che quella prevista per le modifiche statutarie. Dopo i termini previsti dalle suddette disposizioni attuative, la modifica delle clausole non conformi alla disciplinavarrà come nuova introduzione e sarà sottoposta alla maggioranza rafforzata ed al diritto di recesso di cui all’art.34, comma 6, D.Lgs. n. 5/2003.Quanto alla possibilità, pur sostenuta da alcuni (55), di sostituire la clausola difforme mediante il meccanismo au-tomatico di cui all’art. 1419, comma 2, c.c., facendo ricorso agli artt. 809, comma 3 e 810 c.p.c., prevale l’opinio-ne negativa (56). L’art 1419, comma 2, c.c. presuppone, infatti, l’imperatività della norma di cui si fa applicazionee di tale natura pare essere sprovvisto il citato art. 809 c.p.c., mentre n’è dotato l’art 34, comma 2, D.Lgs. n.5/2003. La sostituzione della clausola difforme, quindi, sarebbe possibile solo ricorrendo alla norma da ultimo ci-tata, nella parte in cui prevede che la nomina degli arbitri venga effettuata dal Tribunale del luogo ove la societàha sede nel caso in cui il terzo non vi provveda. Tale disposizione rappresenta, tuttavia, l’extrema ratio e non il nor-male funzionamento dell’arbitrato societario. Si pone, infine, un interessante problema applicativo. È frequente l’inserimento negli statuti societari di clausolecompromissorie che deferiscano le controversie alle Camere Arbitrali allestite presso le Camere di Commercio.In seguito all’introduzione della disciplina sull’arbitrato societario, è, tuttavia, sorto il dubbio circa la legittimità ditali clausole. Spesso, infatti, i regolamenti delle Camere Arbitrali stabiliscono che la nomina degli arbitri sia in concreto effet-tuata dalla Camera “sentite le parti” o sia nominato dalla Camera un soggetto indicato “d’accordo tra le parti”.Ciò sembrerebbe a prima vista in contrasto con l’analizzato art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 5/2003. Occorre, tuttavia,sottolineare che la norma si riferisce ad un “soggetto terzo”, con espressione volta a comprendere anche una ca-rica (57) o un ente. In questo caso occorrerà, quindi, far riferimento ai regolamenti interni dell’ente individuato nel-la clausola, onde verificare la legittimità dell’attribuzione della facoltà di nomina.In base a quanto detto, non si può dubitare della validità delle clausole che deferiscano la controversia alle Cameredi Commercio, auspicando che i loro regolamenti siano conformati nel senso di rimettere la decisione definitivasulla scelta degli arbitri alla Camera stessa, escludendo che possa ritenersi vincolante un’eventuale indicazione dinominativi dalle parti (58).

F) Risvolti sull’attività notarile

Se la clausola compromissoria difforme dalla disciplina ex artt. 34 e ss. D.Lgs. n. 5/2003 è da considerarsi nulla,ciò non può non comportare riflessi rilevanti sull’attività del Notaio. Mai come in questo caso, tuttavia, l’uso delcondizionale è d’obbligo. Come noto, l’art. 28 L. n. 89/1913 non permette al Notaio di ricevere atti “espressamente vietati dalla legge o ma-nifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico”, consentendogli in questi casi di rifiutare il proprioministero, in deroga all’art. 27 L. n. 89/1913. Nell’ambito degli atti societari il controllo di legalità cui il Notaio è deputato, ai sensi dell’art. 138 bis L. n. 89/1913,si differenzia a seconda che esso avvenga in sede costitutiva o modificativa dello statuto sociale. In occasione del-la redazione di atti costitutivi e statuti il controllo notarile è duplice, essendo il pubblico ufficiale tenuto tanto al nor-male controllo preventivo ex art. 28 L. n. 89/1913, quanto al controllo omologatorio per l’iscrizione al Registro Im-prese, ai sensi dell’art. 138 bis L. n. 89/1913. Diversamente, nel caso di verbalizzazione di modifiche statutarie, ilcontrollo di legalità si colloca in via successiva alla redazione dell’atto, essendo rivolto all’omologazione delle de-

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Note:

(54) In tal senso va interpretato il riferimento dell’art. 40 D.Lgs. n. 5/2003 agli artt. 223 bis e 223 duodecies disp. att., le quali con-sentono l’ultrattività dei vecchi statuti rispettivamente fino al 30 settembre 2004 ed al 31 marzo 2005 e prevedono, poi, dei quorumsemplificati per gli adeguamenti statutari delle società preesistenti alla riforma. Le citate disposizioni sono, tuttavia, riferibili al soloD.Lgs. n. 6/2003, di conseguenza non sono integralmente applicabili alla disciplina de qua.

(55)In tal senso Luiso, op. cit. (nt. 19), 717; Danovi, op. cit. (nt. 26), 580 ss.; Corsini, op. cit. (nt. 42), 1294. In giurisprudenza: Trib. To-rino 27 settembre 2004, in Dir. e prat. soc., 2005, 10, 80.

(56) Cfr. Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 238 e 239; Bove, op. cit. (nt. 33), 580; Soldati, Le clausole compromissorie nelle società com-merciali, Milano, 2005, 25 ss. In giurisprudenza: Trib. Latina 22 giugno 2004, cit. (nt. 48).

(57) In tal senso Trib. Milano 18 luglio 2005, in Giur. comm., 2007, 2, 171 ss., che ha ritenuto valida l’indicazione del terzo estraneo in-dividuato nel presidente pro tempore di un sindacato di categoria.

(58) Così Della Pietra, op. cit. (nt. 14) 237; Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1342, che analizza, peraltro, i regolamenti della Curia Mercatorumdi Treviso e Camera Arbitrale di Milano. Il primo, pur consentendo che una delle parti o le parti di comune accordo indichino i nomi-nativi, prevede che la scelta da ultimo spetti esclusivamente alla Corte. Quanto al regolamento della Camera Arbitrale di Milano, es-so riprende esattamente la formulazione dell’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003, rimettendo la scelta degli arbitri alla Camera stessa.

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libere assunte. In entrambi i casi, tuttavia, qualora vengano iscritti atti costitutivi o modifiche statutarie manife-stamente carenti delle condizioni richieste ex lege, l’art. 138 bis L. n. 89/1913 riconduce all’applicazione dell’art.28. Come già rilevato, l’interpretazione dell’art. 34 D.Lgs. è stata fino a tempi relativamente recenti tutt’altro che pa-cifica, essendo dottrina e giurisprudenza (59) divise tra le due tesi in ordine all’alternatività o all’esclusività dell’ar-bitrato societario rispetto a quello di diritto comune. La seconda tesi, come in precedenza chiarito, conduce allanullità della clausola compromissoria difforme dal modello legislativo.La dottrina notarile (60) sottolinea, tuttavia, come il vizio in questione con riferimento allo statuto configuri un’ipo-tesi di nullità parziale, la quale non inficiando l’intero documento, non legittimerebbe l’applicazione dell’art. 28 L.n. 89/1913 (61).A complicare il già eterogeneo quadro di riferimento per l’attività notarile, sono intervenuti una serie di procedi-menti disciplinari, aventi ad oggetto la clausola compromissoria. Le decisioni delle Co.Re.Di. (62) dovrebbero fun-gere da linea guida e strumento di orientamento per i Notai nello svolgimento dell’attività, eppure in materia so-no stati espressi dalle diverse Commissioni orientamenti tutt’altro che univoci. Alcune Co.Re.Di. hanno aderito alla tesi del doppio binario (63), escludendo, pertanto, la nullità della clausola el’applicabilità della relativa sanzione disciplinare. Altre, al contrario, si sono schierate in favore della nullità (64),comminando di conseguenza la sanzione ex art. 28 L. n. 89/1913. Di più miti consigli sono apparse quelle Com-missioni (65) secondo le quali, in presenza di una questione giuridica di particolare difficoltà, non possa esseresanzionato un Notaio che condivida uno dei legittimi orientamenti in materia, stante «l’attuale oscillazione inter-pretativa”.La più recente giurisprudenza di legittimità (66), infine, nell’aderire alla tesi dell’esclusività dell’arbitrato societario,si è, altresì, pronunciata per la sussistenza della responsabilità disciplinare ex art. 28 L. n. 89/1913 a carico delpubblico ufficiale coinvolto nella redazione di uno statuto che contenga le c.d. clausole binarie. La Suprema Cor-te ha ritenuto che il dies a quo per comminare la suddetta sanzione sarebbe il 1 settembre 2011, in quanto soloda tale data può ritenersi pacifica l’interpretazione della norma comportante la nullità che la provocherebbe (67).

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Note:

(59) Cfr. nt. 45,46, 47 e 48 § 3. E).

(60) Fusaro, Sui confini della responsabilità disciplinare notarile: a proposito della clausola compromissoria statutaria e delle nullità re-lative, Studio n. 248-2011/C dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, in Studi e Materiali, 2011, 3, 735 ss.

(61) Di diverso avviso la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale non rileva che la nullità investa l’intero atto o solo una parte diesso ai fini dell’applicabilità della sanzione disciplinare per il Notaio che lo ha rogato, vedi Cass. 7 novembre 2005, n. 12493, in CEDCass. 2005 e Cass. 14 dicembre 2002, n. 17952, in Giur. it., 2003, 2035, richiamata da Cass. 9 dicembre 2010, cit. (nt. 48), ove si leg-ge: «l’eterointegrazione del contratto, di cui all’art 1419,c. 2, c.c. non esclude, ma anzi presuppone necessariamente che sia stata po-sta in essere una nullità assoluta. Ed è proprio l’esistenza di detta nullità, posta in essere dal notaio con la redazione della clausola nul-la, che segna il momento consumativo dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante, o estintiva della punibilità, ri-medi predisposti dal Legislatore per conservare ai fini privatistici l’atto”. Nel caso di specie, come già rilevato, non si ritiene neancheammissibile l’operatività dell’eterointegrazione.

(62) Si tratta delle Commissioni Regionali Disciplinari, istituite con D.Lgs. n. 249/2006 di modifica delle norme sul procedimento di-sciplinare notarile contenute nella L. n. 89/1913, dinnanzi alle quali si svolge un procedimento di natura amministrativa e la cui com-petenza è circoscritta agli illeciti disciplinari. Il sindacato delle Co.Re.Di. non si estende all’atto, ma comporta solo l’eventuale irroga-zione della sanzione disciplinare.

(63) Co.Re.Di. Campania e Basilicata 23 gennaio 2009 e 30 gennaio 2009; Co.Re.Di. Trentino A.A., Friuli V.G. e Veneto 19 gennaio2009 citate da Bove, op. cit. (nt. 33), 584 e Miranda, op. cit. (nt. 14), 300 e 301.

(64) Co.Re.Di. Calabria 22 ottobre 2008, relativa alla vicenda poi rimessa a Cass. 9 dicembre 2010, n. 24867, cit. (nt. 48), commenta-ta da Fusaro, op. cit. (nt. 60); Co.Re.Di. Sicilia 21 ottobre 2008; Co.Re.Di. Lazio 16 ottobre 2008, che sottolinea come sia nulla anchela clausola che preveda un “collegio arbitrale composto e nominato in base alle norme vigenti”, avvalorando la tesi secondo la qualeanche la mancanza di qualsiasi previsione in merito alla nomina del terzo estraneo conduca in ogni caso alla nullità; Co.Re.Di. EmiliaRomagna 1 luglio 2008; Co.Re.Di. Calabria 17 giugno 2008; Co.Re.Di. Emilia Romagna 11 dicembre 2007 citate da Bove, op. cit., 583e Miranda, op. cit., 300.

(65) Co.Re.Di. Calabria 26 maggio 2010, che prende atto della decisione della Corte d’appello di Catanzaro avverso i reclami presen-tati dai Notai contro le proprie decisioni di condanna, con conseguente loro annullamento, proprio in virtù dei contrasti interpretativiche non consentono di definire nulla la clausola e di conseguenza di comminare la sanzione dell’art. 28 L. n. 89/1913; Co.Re.Di. Li-guria 14 gennaio 2010; Co.Re.Di. Trentino A.A., Friuli V.G. e Veneto 10 marzo 2008 e 19 gennaio 2000 citate da Bove, op. cit. (nt. 33),583 e Miranda, op. cit. (nt. 14), 300.

(66) Da ultimo Cass. 10 ottobre 2012, n. 17287, in CED Cass. 2012; Cass. 13 ottobre 2011, n. 21202, cit. (nt. 48).

(67) Cass. 20 luglio 2011, n. 15982, in Giust. civ., 2011, 9, infatti, preso atto del contrasto anche giurisprudenziale sulla ricostruzionedella nullità de qua, aveva assolto il Notaio che aveva ricevuto atti societari contenenti clausole compromissorie difformi dal modellolegale, ed, utilizzando la tecnica del prospective overruling, aveva inteso «ai fini di nomofilachia ed al di là della rilevanza in funzionedella presente decisione, affermare il principio per cui eventuali violazioni della norma le quali potranno essere commesse successi-vamente al decorso di un termine ragionevole dalla pubblicazione della presente decisione, potranno viceversa dare luogo ad illecitodisciplinare ai sensi del citato l.not., art. 28, comma 1”.

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Non poche sono state, infatti, le critiche rivolte dalla dottrina notarile nei confronti di un precedente (68) che si pro-nunciava per l’irrogazione della sanzione disciplinare rispetto ad una norma di dubbia interpretazione, la cui lettu-ra alternativa è stata sostenuta anche dalla giurisprudenza di merito (69) e la cui nullità non fosse, pertanto, ine-quivocabile (70).Tornando, quindi, ai risvolti pratici che potrebbero riverberarsi sull’attività notarile in relazione alle clausole com-promissorie societarie, è possibile delineare i seguenti casi, in cui il Notaio sia chiamato:a) a rogare lo statuto di una società costituenda nel quale si voglia inserire una clausola compromissoria difformedal modello legale tratteggiato sin ora (perché, ad esempio, si demanda la nomina degli arbitri alle parti in causa);b) a verbalizzare delibere assembleari rivolte all’introduzione di clausole compromissorie difformi dal modello le-gale;c) a ricevere un atto modificativo dei patti sociali di società di persone volto ad inserire nello statuto una clausolacompromissoria difforme dal modello legale;d) a verbalizzare una delibera introduttiva della clausola in mancanza del quorum rafforzato richiesto dall’art. 34,comma 6, D.Lgs. n. 5/2003.Occorre, tuttavia, operare una distinzione tra le diverse ipotesi prese in considerazione. Tenendo presente il qua-dro interpretativo tracciato ed, in particolar modo, la più recente espressione della giurisprudenza di legittimità, sisuggerisce l’adozione di un atteggiamento quanto mai prudente da parte del pubblico ufficiale. Nel caso in cui il Notaio sia chiamato a rogare lo statuto di una costituenda società nella quale i soci fondatori in-tendano inserire una clausola compromissoria difforme dal modello legale, il pubblico ufficiale potrebbe legitti-mamente rifiutare il proprio ministero, senza violare l’obbligo di cui all’art. 27 L. n. 89/1913, onde evitare anchesolo di rischiare la sanzione dell’art. 28 L. n. 89/1913 (71).Nel diverso caso in cui il Notaio sia richiesto di assistere all’assemblea nella quale si voglia introdurre la clausolade qua, egli non potrebbe rifiutarsi di verbalizzare l’assemblea, ma dovrebbe rifiutare l’iscrizione della delibera nonconforme in sede di controllo omologatorio, ai sensi dell’art. 138 bis L. n. 89/1913 (72). In tal caso, infatti, stantela previsione della nullità ex art. 34 D.Lgs. n. 5/2003, la relativa delibera sarebbe viziata per illiceità dell’oggetto, aisensi dell’art. 2379 c.c. Né sarebbe da ritenere ammissibile un’iscrizione parziale, dal momento che la nullità com-minata dal citato art. 34 è relativa tanto alla previsione non conforme a quella prescritta, quanto alla mancanza diqualsiasi previsione in ordine alla nomina degli arbitri (73). Qualora la stessa modifica interessi una società di persone, ove le decisioni di emendamento dell’atto costitutivovengono assunte in forma di atto pubblico modificativo degli originari patti sociali, il controllo notarile si esplica di-rettamente in sede di redazione dell’atto, essendo in questo caso l’eventuale applicazione dell’art. 28 L. n.89/1913 diretta e non mediata dal richiamo dell’art. 138 bis.A riguardo non si può, tuttavia, fare a meno di condividere le preoccupazioni della dottrina notarile sui possibili ef-fetti distorsivi che l’interpretazione giurisprudenziale volta ad estendere la portata dell’art. 28 L. n. 89/1913 anchealle nullità parziali potrebbe comportare nel sistema. Si rischia, come dimostrato, “di rendere un pessimo servizioagli utenti, trattenendo il Notaio dall’aderire alle richieste di atti dai contenuti meno consueti, con l’inevitabile iste-rilirsi della prassi, altrimenti feconda” (74). L’orientamento dei Giudici di legittimità comporta, infatti, un’eccessi-va dilatazione dell’ambito applicativo dell’art. 28 in spregio al dettato dell’art. 27 L. n. 89/1913, dal quale si ricavacome il rifiuto di rogare sia concepibile solo avverso il ricevimento di atti interamente invalidi e non tali solo in sin-gole parti.Quanto, invece, al vizio attinente all’insussistenza dei quorum richiesti per l’introduzione o la soppressione dellaclausola compromissoria, la questione relativa al contegno da tenersi da parte del Notaio verbalizzante è ancoraaperta (75). Sebbene in questo caso si paventa la meno rigida sanzione dell’annullabilità della delibera non assuntain conformità della legge ex art. 2377 c.c., potrebbe essere comunque opportuno rifiutarne l’omologazione, onde

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Note:

(68) Cass. 9 dicembre 2010, n. 24867, cit.(nt. 48), con nota critica di Fusaro, op. cit. (nt. 60), 735 ss.

(69) Vedi nt. 46 prec. §.

(70) L’avverbio “espressamente” contenuto nell’art. 28 n. L. 89/1913, va, infatti, interpretato come “inequivocamente”. In tal sensola consolidata opinione della giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. 19 febbraio 1998, n. 1766, in Riv. not., 1998, 2, 705 ss.; Cass. 11novembre 1997, in questa Rivista, 1998, 7. In dottrina vedi Zanelli, La nullità “inequivoca”, in Contr. Impr., 1998, 1260.

(71) Le Co.Re.Di. sopra riportate sono, infatti, tutte anteriori all’ultima pronuncia della Corte di Cassazione. Vero è che non sempre, inpassato, le Commissioni si sono attenute alla lettura della Cassazione, nonostante questa si fosse espressa per l’applicabilità dellasanzione. L’organo interno all’ordine professionale più di una volta ha sottolineato la propria esclusiva competenza in ordine alle san-zioni disciplinari, per l’applicazione delle quali decide in base alle proprie convinzioni, che possono anche prescindere dall’orienta-mento giurisprudenziale prevalente.

(72) Cfr. Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1339.

(73) In tal senso Della Pietra, op. cit. (nt. 14), 238.

(74) Così Fusaro, op. cit. (nt. 60), 739 e 740.

(75) Non prende posizione, infatti, in argomento Ruotolo, op. cit. (nt. 14), 1340.

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evitare la responsabilità civile risarcitoria (76). A meno che il Notaio non sia spinto all’iscrizione su invito prove-niente dagli stessi soci o dall’Organo Amministrativo ed essendo in questo caso opportuno esplicitare l’invitostesso nel verbale (77).La modifica di clausole compromissorie già contenute negli statuti societari e conformi alla nuova disciplina, in-vece, richiede i normali quorum previsti per le delibere assembleari modificative dello statuto e non comporta par-ticolari problemi, salvo che i soci non vogliano approvare una modifica che si distacchi dal modello legale. In que-sto caso varrebbe quanto già precisato sopra.Potrebbe, infine, verificarsi che il Notaio sia chiamato a verbalizzare una qualsiasi altra delibera modificativa dellostatuto di una società, all’interno del quale sia contemplata una clausola compromissoria non conforme alla disci-plina ex artt. 34 e ss. D.Lgs. n. 5/2003 e non soggetta a modifica. Verrebbe da chiedersi se il Notaio fosse tenutoad estendere il proprio controllo anche alla clausola rispetto alla quale non sia stato, tuttavia, direttamente richie-sto di prestare la propria opera professionale, dal momento che gli artt. 2436 e 2480 c.c. impongono di deposita-re presso il Registro delle Imprese il testo integrale dello statuto sociale nella sua versione aggiornata dopo ognimodifica. Si ritiene di dover escludere che il controllo notarile debba estendersi oltre quanto esplicitamente richiesto dalleparti, non potendo in questo caso il pubblico ufficiale essere investito di alcuna sanzione, in quanto non diretta-mente coinvolto né nella redazione, né nella verbalizzazione della clausola difforme.

4. La clausola arbitrale testamentaria

Altra ipotesi applicativa della convenzione arbitrale che interessa l’attività notarile potrebbe esplicarsi in sede di re-dazione di un testamento pubblico, qualora il testatore volesse inserire una clausola in virtù della quale si preve-da che le eventuali controversie che dovessero sorgere circa la propria successione vengano risolte mediante ilprocedimento arbitrale.In merito occorre interrogarsi, in primo luogo, sull’ammissibilità di una tale previsione da parte del testatore e, unavolta risolta positivamente la questione, sul tipo di diposizione testamentaria idonea a contenerla, sul suo possi-bile contenuto e suoi limiti in cui incorrerebbe.Il primo dei suddetti interrogativi attiene ai confini dell’autonomia testamentaria rispetto al principio di libera azio-nabilità delle pretese giudiziarie ex art. 24 Cost. (78). La convenzione arbitrale comporta, infatti, una rinunzia alla giurisdizione ordinaria, che può venire solo dalle partiinteressate. Secondo la dottrina processual-civilistica (79), pertanto, il testore non potrebbe imporre ai propri ere-di e legatari di controvertere in arbitri le liti relative all’interpretazione ed all’esecuzione del testamento, in quantoil nostro ordinamento non ammette l’arbitramento forzato.La clausola arbitrale testamentaria, non provenendo dalle parti in causa, si porrebbe in violazione del diritto costi-tuzionalmente garantito all’azione. Di conseguenza, ove la disposizione arbitrale fosse esplicitata in una condizio-ne, questa sarebbe illecita e sottoposta alla disciplina dell’art. 634 c.c., considerandosi come non apposta, se nonnulla ove si trattasse dell’unico motivo determinante alla base della disposizione cui accede.È stato, peraltro, rilevato come il compromesso o la clausola compromissoria si caratterizzano per dar vita ad unvincolo bi o plurilaterale, non potendo tale vincolo sorgere da un negozio unilaterale come il testamento (80). Non si comprende, poi, oltre a non condividersi, la censura relativa alla potenziale violazione del principio di per-sonalità della volontà testamentaria, mediante lesione degli artt. 631 e 632 c.c., che relegano l’intervento di unterzo nelle disposizioni testamentarie ad ipotesi eccezionali e specifiche (81). In questo caso, infatti, il terzo noninterverrebbe in qualità di arbitratore, ma di arbitro, non agendo direttamente sul contenuto soggettivo o oggetti-

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Note:

(76) Per gli atti invalidi, che non siano affetti da nullità, infatti, il Notaio è soggetto alla responsabilità contrattuale verso il cliente deri-vante dall’esercizio dell’opera professionale, ai sensi degli artt. 1176, comma 2 e 2236 c.c., che trovano un espresso referente nel-l’art. 76, comma 2, L. n. 89/1913. La stessa responsabilità può trovare applicazione, secondo il meccanismo dell’art. 138bis L. n.89/1913, per l’iscrizione di deliberazioni annullabili.

(77) L’invito in questione potrebbe scongiurare il rischio dell’impugnazione e dell’azione finalizzata al risarcimento danni a carico delNotaio da parte dei soci di maggioranza, i quali del resto sono interessati al buon esito dell’operazione, ma a nulla varrebbe rispetto aisoci di minoranza, che sono i soggetti potenzialmente lesi dalla fattispecie in esame.

(78) Sul punto si veda Bonilini, Autonomia testamentaria e soluzione delle liti in vi contrattuale, in Contratti, 1999, 630 ss.

(79) Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario italiano, Torino, 1933, I, 692; Mortara, Commentario del codice civile e delle leggi di proce-dura civile, Milano, s.d., III, 104, il quale sottolinea che «la rinuncia alla giurisdizione non può essere fatta validamente se non dal sog-getto interessato a giovarsene”.

(80) Andrioli, op. cit. (nt. 11), 775 ritiene indispensabile «l’assoluta identità tra coloro che stipulano la clausola compromissoria e co-loro tra i quali insorgeranno le controversie”. Nello stesso senso Redenti, op. cit. (nt. 11), 789.

(81) L’inadeguatezza della censura è stata, peraltro, rilevata da Cass. 6 giungo 1969, n. 1989, in Foro it., 1969, I, 2520 ss., che ha ri-tenuto valida la disposizione mediante la quale il testatore, dopo aver attribuito, a titolo di legato, un unico fondo a due soggetti, con-dizionava la disposizione alla soluzione mediante il procedimento arbitrale delle sole controversie che fossero insorte tra i due in rela-zione al frazionamento.

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vo delle disposizioni testamentarie, ma esplicando il proprio intervento a latere del testamento in una controver-sia sorta in ordine alla sua interpretazione o esecuzione.Secondo la prevalente dottrina (82), invece, una disposizione testamentaria volta ad imporre ad eredi o legatari diricorrere al procedimento arbitrale in caso di insorgenza di liti relative al testamento non determinerebbe alcunalesione dell’art. 24 Cost. Del resto, con l’accettazione dell’eredità i chiamati alla successione accettano le dispo-sizioni del de cuius così come contenute nella scheda testamentaria, con ogni peso e clausola relativa (83). Si evidenziano, anzi, i risvolti positivi della giustizia privata rispetto a quella ordinaria, sussistendo un interesse giu-ridicamente rilevante alla pronta risoluzione delle liti testamentarie, che va riconosciuto e tutelato.Il testatore non potrebbe, tuttavia, confezionare la clausola compromissoria in senso tecnico, ma la disposizionedovrebbe essere strutturata in via indiretta ed obbligatoria, altrimenti si porrebbe in contrasto con gli artt. 806 ess. c.p.c., che impongono che il compromesso sia stipulato dalle parti coinvolte nella lite.

A) Natura giuridica della disposizione arbitrale testamentaria

La volontà del testatore può, dunque, essere fonte dell’obbligo delle parti di stipulare un accordo compromissorio. Sulla base di tale considerazione una parte della dottrina (84) ha ritenuto di poter qualificare la clausola arbitrale te-stamentaria come legato di contratto di compromesso, essendo consentito al testatore di imporre ai propri eredio legatari, a mezzo di un legato atipico, la stipula di un contratto di cui egli stesso definisca il contenuto essenzia-le. Nonostante la disposizione così confezionata sarebbe assistita dalla tutela ex art. 2932 c.c., il filone dottrinalein esame ipotizza, poi, di rafforzarne la previsione, accostando al legato una clausola di decadenza dalle disposi-zioni testamentarie a beneficio delle parti coinvolte.La citata dottrina pare, tuttavia, non prendere in considerazione le più recenti elaborazioni circa la distinzione tralegato ed onere, non più basata sulla qualificazione dell’uno come negozio autonomo e dell’altro come elementoaccessorio (85), né sull’attribuzione diretta o indiretta (86) effettuata dal de cuius a mezzo di ciascuna delle due di-sposizioni. Secondo la dottrina più recente (87), che distingue il legato dal modus per la determinatezza del beneficiario, nel-la disposizione arbitrale imposta dal testatore non sarebbe individuabile un beneficiario che se ne avvantaggi afronte di un soggetto che la subisca. Volendo essere più espliciti, qualora sorgesse una controversia in ordine al-l’interpretazione o all’esecuzione di testamento tra due eredi o tra erede e legatario, quale delle parti in causa po-trebbe in definitiva dirsi giovata dalla previsione de qua?! Come già rilevato, la disposizione arbitrale è semplice-mente rivolta a soddisfare l’interesse del testatore, più che dei suoi successori, ad una più rapida e condivisa so-luzione delle liti relative alla successione.La suddetta ricostruzione induce, quindi, a definire la clausola arbitrale testamentaria come un modus (88), fontedell’obbligo posto a carico di eredi o legatari di stipulare un compromesso in caso d’insorgenza di controversie cir-ca l’interpretazione o l’esecuzione del testamento. Per contro, quindi, il compromesso sarebbe un negozio solu-torio dell’obbligo testamentario, come qualsiasi atto di adempimento della disposizione modale. Il richiamo all’onere testamentario consente al de cuius di rafforzare la disposizione applicando la relativa discipli-na in ordine alla previsione di risoluzione per inadempimento, ai sensi dell’art 648 c.c. Nulla vieta, tuttavia, al te-statore di prevedere anche un meccanismo direttamente sanzionatorio, attraverso una di quelle disposizioni poe-ne nomine (89) che è la penale testamentaria. Si ritiene (90), ormai, possibile per il testatore imporre la presta-zione di una somma in danaro a titolo di penale per l’inadempimento di obbligazioni di fonte testamentaria, attra-verso il ricorso anche in questo caso ad un legato atipico condizionato all’intervenuto inadempimento e volto a raf-forzare disposizioni “deboli” per la mancanza di soggetti interessati alla loro puntuale esecuzione.Non sembra, peraltro, potersi escludere che la disposizione arbitrale assuma la forma della condizione, purché si

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Note:

(82) In tal senso Bonilini, La disposizione arbitrale, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, diretto da Bonilini, II, Giuffrè,2009, 887 ss.; Festi, Testamento e devoluzione ad arbitri delle liti tra i successori, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 809 ss.; Pardini, Laclausola arbitrale testamentaria, in Riv. not., 1998, 2, 111 ss.; Candian, La funzione sanzionatoria nel testamento, Milano, 1988, 183ss.; Cogliolo, La clausola arbitrale nei testamenti. Il giudice familiare, in Scritti vari di diritto privato, II, Torino, 1917, II ed., 275 ss.

(83) Il rilievo è di Cogliolo, op. cit., 280.

(84) Pardini, op. cit. (nt. 82), 114.

(85) In tal senso Brunori, Appunti sulle disposizioni testamentarie modali e sul legato, in Riv. dir. civ., 1961, 1, 468 e Cicu, Testamen-to, Milano, 1951 206.

(86) Secondo quanto sostenuto dalla giurisprudenza, tra cui: Cass. 30 luglio 1999, n. 8284, in Giur. it., 2000, 1175; Cass. 28 novem-bre 1984, n. 6194, in Mass. Giur. it., 1984; Cass. 26 gennaio 1981, n. 576, in Riv. Leg. Fiscale, 1981, 1154.

(87) Cfr. Bonilini, op. cit. (nt. 82), 899 e 902.

(88) Così Bonilini, op. cit. (nt. 82), 903; Cogliolo, op. cit. (nt. 82), 282.

(89) Cfr. Andreoli, Le disposizioni testamentarie titolo di pena, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1949, 331 ss.; Longo, Delle disposizioni te-stamentarie sotto forma di pena, in Studi giuridici in onore di C. Fadda, VI, Napoli, 1906, 157 ss.

(90) Bonilini, op. cit. (nt. 78), 157 ss. Contra Marini, La clausola penale, Napoli, 1984, 92 ss.

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tratti di condizione risolutiva del lascito al quale accede (91). Una condizione sospensiva, infatti, sarebbe contrariaal principio di economia processuale, inducendo le parti alla lite pur di controverterla in arbitri al fine di rendere ef-ficace la disposizione o le disposizioni cui la condizione fosse apposta.La condizione risolutiva, invece, funzionerebbe da disposizione sanzionatoria essa stessa, determinando la deca-denza dal lascito nel caso in cui fosse disattesa. Del resto, se è consentito al de cuius condizionare risolutiva-mente le disposizioni testamentarie alla mancata impugnazione del testamento ai sensi dell’art 638 c.c., non puònon ritenersi ammissibile un minus rispetto alla c.d. clausola di decadenza (92), da rinvenirsi, appunto, nel condi-zione risolutiva della soluzione arbitrale delle controversie che dovessero intervenire tra i suoi successori.Nel caso in cui, sorta la lite in ordine alla successione, l’erede ignori l’invito di altra parte più disponibile alla stipu-la del compromesso, sarebbe possibile ricorrere alla nomina giudiziale dell’arbitro, ai sensi dell’art. 810 2° commac.p.c. (93) Nella diversa ipotesi in cui tutti i successori siano negligenti, in mancanza delle citate disposizioni poe-ne nomine, non potrebbe escludersi la legittimazione dell’esecutore testamentario (94), in base a quanto in se-guito rilevato.

B) Contenuto

Relativamente al potenziale contenuto della clausola arbitrale testamentaria, si osserva, innanzitutto, che la di-sposizione potrebbe essere relativa tanto alle potenziali controversie che dovessero insorgere tra i successori inordine all’interpretazione o esecuzione del testamento, quanto a controversie già sorte in capo al testatore, manon ancora provvedute (95).Si pone, poi, la questione circa la possibilità del de cuius di scegliere gli arbitri. Parte della dottrina ha sostenuto la tesi positiva, qualificando la scelta del testatore in termini di mandatum postmortem exequendum (96). Si tratterebbe, infatti, di un mandato relativo ad attività materiale e non giuridica, checonserverebbe operatività dopo la morte del mandante in quanto conferito anche nell’interesse di terzi, ai sensidell’art. 1723, comma 2, c.c.Altri ritengono (97), invece, che la scelta dell’arbitro integrerebbe la nomina di un esecutore testamentario ad ac-ta. Tale soluzione, tuttavia, non appaga, prima ancora che per il contrasto con la disciplina processual-civilisticadel compromesso, per quello con la normativa successoria in tema di esecutore testamentario. Tra le funzionidell’esecutore testamentario, attinenti alla cura dell’esatta esecuzione delle diposizioni testamentarie, non rien-tra la risoluzione delle controversie tra i successori. L’esecutore testamentario, a ben vedere, sarebbe parte in-teressata all’eventuale lite, avendo la legittimazione ad agire per la corretta esecuzione delle disposizioni testa-mentarie ed essendo necessario il suo intervento nelle liti promosse contro l’erede durante il periodo della suagestione.Prevale in dottrina (98) la tesi che nega al de cuius la possibilità di scegliere gli arbitri. I giudici privati devono es-sere nominati direttamente dalle parti, come stabilito ex art. 810 c.p.c., trattandosi di un incarico intuitus perso-nae.Si ritiene, peraltro, concessa al testatore la scelta tra le due diverse forme di arbitrato, potendo egli imporre ai suoieredi o legatari tanto la stipula di un compromesso per arbitrato rituale, quanto per quello irrituale (99).

C) Limiti

Occorre, infine, soffermarsi sui limiti che la disposizione arbitrale incontra nel testamento. Un primo limite si rinviene nel criterio generale della disponibilità dei diritti controvertibili, più volte richiamato nelcorso della trattazione, che trova il proprio referente normativo in tema di arbitrato nell’art. 806 c.p.c.

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Note:

(91) Bonilini, op. cit. (nt. 82), 901; Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, II, Torino, 1965, 187 ss.

(92) Si rende appena opportuno ricordare che la c.d. clausola di decadenza è quella disposizione condizionale mediante la quale il decuius impone agli eredi o legatari di non fare o dare qualcosa per un tempo indeterminato, che, ai fini dell’operatività della disposizio-ne stessa, viene interpretata, ai sensi dell’art. 638 c.c., come condizione risolutiva del lascito. Una delle ipotesi applicative più rilevantidella clausola di decadenza è quella mediante la quale il testatore imponga ai propri eredi di non impugnare il testamento o singole di-sposizioni ivi contenute. Per una più attenta disamina dell’argomento si veda Ferrucci-Ferrentino, Successioni e donazioni, I, III ed.,Giuffrè, 2009, 886 e 887.

(93) Bonilini, op. cit. (nt. 82), 898; Cogliolo, op. cit. (nt. 82), 280.

(94) Bonilini, op. cit., 898.

(95) Mortara, op. cit. (nt. 79), 104.

(96) Candian, op. cit. (nt. 82), 187.

(97) Festi, op. cit. (nt. 82), 823, secondo il quale il testatore è legittimato a scegliere personalmente l’arbitro, in quanto uno dei moti-vi essenziali che potrebbero indurlo a confezionare la clausola arbitrale testamentaria risiede proprio nella fiducia che egli avrebbe neiconfronti del soggetto prescelto per la risoluzione delle potenziali controversie relative alla propria successione.

(98) Bonilini, op. cit. (nt. 82), 900; Pardini, op. cit. (nt. 82), 117.

(99) In tal senso Bonilini, op. cit. (nt. 82), 899. Contra Candian, op. cit. (nt. 82), 184, il quale non ammette la scelta in ordine all’arbi-trato rituale per il carattere tipicamente pubblicistico e, dunque, indisponibile degli adempimenti necessari.

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Un ulteriore limite è desumibile dai confini tracciati dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti (100) in tema diclausole di decadenza, ove si ammette il riferimento della condizione unicamente alle azioni concernenti interes-si privatistici e non a quelle di carattere pubblicistico e poste a tutela di interessi generali. È, dunque, possibile percepire come incomba anche in questo caso sull’autonomia testamentaria il limite gene-rale dell’art. 549 c.c. Come noto, la citata norma va interpretata in senso ampio, non consentendo al testatore nonsolo di definire pesi o condizioni direttamente incidenti sulla legittima, ma più in generale tutte le disposizioni chelimitino vel in tempore vel in quantitate la legittima stessa. Non è, quindi, consentito al testatore imporre ai legit-timari il procedimento arbitrale per la soluzione delle questioni relative alla tutela dei loro diritti di riserva e, qualo-ra apposta, la relativa clausola cadrebbe sotto la scure dell’art. 549 c.c., restando priva di effetti (101).

5. Tecniche redazionali

Si propongono, infine, alcuni possibili sviluppi di tipo redazionale in relazione alle clausole arbitrali che più potreb-bero interessare l’attività notarile.

A) Clausola compromissoria

Le parti convengono che ogni controversia che dovesse tra loro insorgere in relazione al presente contratto e preci-samente in ordine alla sua validità, interpretazione ed esecuzione sarà decisa da un collegio composto da tre arbitri. La nomina degli arbitri dovrà avvenire entro e non oltre il termine di… dal momento in cui la lite sia sorta, nelle se-guenti modalità:– due arbitri saranno nominati da ciascuna delle parti;– il terzo, cui saranno deferite funzioni di Presidente del Collegio Arbitrale, sarà nominato di comune accordo tra iprimi due arbitri ed in mancanza di tale accordo dalla Camera Arbitrale di …, secondo il Regolamento Arbitrale Na-zionale che le parti espressamente dichiarano di ben conoscere ed accettare.Gli arbitri decideranno in via rituale (ovvero irrituale), secondo diritto (ovvero equità), applicando il sopracitato Re-golamento Arbitrale, entro e non oltre il termine di … dall’avvenuta nomina ed il lodo sarà impugnabile ai sensi dilegge.La sede dell’arbitrato è fissata in … alla via … n…Le spese dell’arbitrato saranno sopportate dalla parte soccombente, salvo diversa motivata decisione degli arbitri.

B) Clausola arbitrale societaria

Tutte le controversie che dovessero sorgere tra i soci o tra questi e la società, relative al rapporto sociale ed aven-ti ad oggetto diritti disponibili, nonché quelle riguardanti la validità delle delibere assembleari saranno devolute adun Collegio Arbitrale composto da tre arbitri, da nominarsi da …(indicazione di un terzo estraneo) entro e non ol-tre il termine di … dalla richiesta della parte più diligente, da farsi pervenire al suddetto … (terzo estraneo) a mez-zo di … . Nel caso in cui detto soggetto non vi provveda entro il termine sopra indicato, la nomina sarà richiesta dalla partepiù diligente al Presidente del Tribunale del luogo in cui ha sede la società.Gli arbitri dovranno decidere entro il termine di … dalla nomina, in via rituale e secondo diritto. Il lodo sarà impu-gnabile nei casi e modi previsti dalla legge.Le spese dell’arbitrato saranno a carico della parte soccombente, salva motivata e diversa decisione degli arbitri.S’intendono, in ogni caso, escluse dalla competenza arbitrale le controversie per le quali la legge preveda l’inter-vento obbligatorio del Pubblico Ministero.Per tutto quanto qui non previsto si rinvia agli artt. 34 e ss. D.Lgs. n. 5/2003.Previsione eventuale:Nello stesso modo e entro i medesimi limiti saranno decise le controversie promosse da amministratori, liquida-tori e sindaci ovvero che sorgano nei loro confronti. Per i suddetti organi sociali e per i loro membri la presenteclausola sarà vincolante in seguito all’accettazione dell’incarico.

C) Clausola arbitrale testamentaria

1. Istituzione di erede con disposizione arbitrale in forma di onere

Istituisco eredi, in quote uguali tra loro dell’intero mio patrimonio, Tizio … (generalità) e Caio … (generalità).Impongo ai mie eredi l’onere di controvertere in arbitri le liti che tra di loro dovessero sorgere in ordine alla mia

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Note:

(100) In dottrina: Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 265 ss.; Caramazza, Delle successioni testamentarie, sub artt.601-648 c.c., in Commentario teorico pratico al codice civile, diretto da De Martino, Novara, 1982, 354 ss.; Gangi, La successione te-stamentaria nel vigente diritto italiano, I, Milano, 1964, 177 ss. In giurisprudenza: Cass. 10 marzo 1961, n. 543, in Mass. Giur. it., 1961;Cass. 11 dicembre 1972, n. 3564, in Mass. Giur. it., 1972.

(101) Cfr. Bonilini, op. cit. (nt. 82), 895; Pardini, op. cit. (nt. 82), 118, il quale esclude la possibilità di annoverare tra le controversie in-teressate dalla clausola arbitrale testamentaria quelle relative all’assegno vitalizio in favore del coniuge separato con addebito.

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successione, purché aventi ad oggetto diritti disponibili, stipulando tra loro una convenzione arbitrale, ai sensi de-gli artt.806 e ss. c.p.c., per dar luogo ad arbitrato rituale (o irrituale). Dispongo, inoltre, che in caso d’inadempimento del suddetto onere qualsiasi soggetto interessato possa agireper la risoluzione delle disposizioni testamentarie a beneficio dei suddetti eredi (e legatari), ai sensi dell’art. 648c.c.Per l’eventualità che tra gli eredi vi siano dei legittimari, istituti nella legittima e nella disponibile:Tale disposizione è da intendersi sottoposta al limite dell’art. 549 c.c. (102).

2. Istituzione di erede con disposizione arbitrale in forma di condizione risolutiva

Istituisco eredi, in quote uguali tra loro dell’intero mio patrimonio, Tizio … (generalità) e Caio … (generalità). L’istituzione di Tizio e Caio è da intendersi sottoposta alla condizione risolutiva che i suddetti eredi non controver-tano in arbitri le liti che tra di loro dovessero sorgere in ordine alla mia successione, aventi ad oggetto diritti di-sponibili, stipulando tra loro una convezione arbitrale, ai sensi degli artt. 806 e ss. c.c., per dar luogo ad arbitratorituale (o irrituale).

3. Legato con disposizione arbitrale in forma di onere e penale testamentaria

Lego in favore di Mevio … (generalità) e Sempronio … (generalità) la proprietà comune ed indivisa, in quote ugua-li tra loro e precisamente di un mezzo ciascuno, del mio fondo Tusculano sito in … avente accesso dalla via …n….Impongo ai suddetti legatari l’onere di risolvere le eventuali controversie che tra loro dovessero sorgere in ordineal suddetto legato ed, in particolare, quelle relative al frazionamento del fondo Tusculano, mediante ricorso al pro-cedimento arbitrale, stipulando tra loro un compromesso per arbitrato rituale (o irrituale), ai sensi degli artt. 806 ess. c.p.c.Lego, altresì, a carico di colui che tra i suddetti legatari dovesse disattendere il suddetto onere ed in favore di co-lui che tra loro si fosse, invece, dichiarato disponibile all’adempimento la somma di euro …, a titolo di penale perl’inadempimento dell’onere.

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Nota:

(102) Sebbene sia considerata da molti una mera clausola di stile, essendo la conseguenza automatica. Per il diverso caso in cui i le-gittimari siano stati istituiti nella sola legittima, si consiglia di escluderli esplicitamente dalla disposizione, altrimenti incorrendosi nel-la sanzione ex art. 549 c.c.