La comunicazione nel_web
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INTRODUZIONE
La facoltà di comunicare è stata determinante per l'evoluzione dell’uomo e per il
suo progresso culturale. Per questo la ricerca di mezzi e tecnologie adatte a gestire e
controllare l'informazione ha caratterizzato la storia di ogni civiltà. Ogni nuovo
strumento del comunicare ha profondamente trasformato la cultura e la società. La
rivoluzione tecnologica dell’informazione o rivoluzione della comunicazione,
fondata sui computer e sulle telecomunicazioni, è diventata ormai un’espressione
d’uso corrente nel vocabolario contemporaneo e su di essa si è aperto un fitto
dibattito sulle possibili conseguenze per la nostra stessa esistenza. È possibile
comprendere l’impatto sociale dello sviluppo di nuove reti di comunicazione e di
informazione solo se mettiamo da parte l’idea, intuitivamente plausibile, secondo
cui mezzi di comunicazione servirebbero a trasmettere informazioni e contenuti
simbolici, lasciando le relazioni tra individui fondamentalmente immutate.
Bisogna, infatti, riconoscere che l’uso dei mezzi di comunicazione implica la
creazione di nuove forme di azione ed interazione nel mondo sociale, di nuovi tipi
di relazioni, e di nuovi modi di rapportarsi agli altri e a se stessi. A questo proposito,
è opportuno ricordare una delle espressioni più note del sociologo canadese
Marshall McLuhan (1911 – 1980), Il medium è il messaggio, secondo cui ogni
mezzo, ogni artefatto costruito dall’uomo, sia esso strumentale o astratto, costituisce
un’estensione, un prolungamento dell’uomo stesso, di una parte del suo corpo o di
una sua facoltà/funzione. Per Mc Luhan, ad esempio, la luce elettrica è un medium,
perché muta i rapporti uomo-ambiente e agisce sulla percezione del tempo. Viene
così sottolineata la capacità tecnologica di modificare l’ambiente e la relazione tra
l’uomo e l’ambiente, innescando effetti sulla psiche umana e sull’interazione fra gli
uomini e sulla società, modificando la percezione del mondo e i rapporti spazio-
temporali.
Utilizzando i mezzi di comunicazione, gli individui entrano in forme di interazione
che differiscono dal classico modello di interazione face to face. Si è in grado di
agire per conto di persone fisicamente assenti e che si trovano in luoghi lontani. Si
creano nuove forme e nuovi modi indipendenti dalla condivisione di un medesimo
ambiente.
Oggi non sorprende parlare di comunicazione mediata, ovvero di quel tipo di
comunicazione caratterizzata dal fatto che un mezzo, uno strumento, si frappone tra
i due termini della relazione (emittente e ricevente), allo scopo di rendere possibile
la trasmissione a distanza di un messaggio. Una comunicazione che si
differenzia dal suo significato originario, che era quello di esprimere la
relazione interattiva tra due o più soggetti. In questo caso è del tutto naturale
pensare alla più comune e semplice comunicazione face to face, come sopra
accennato.
Si può iniziare a parlare di comunicazione mediata in occasione di alcune
rivoluzioni che hanno segnato notevolmente l’evoluzione dei mezzi di
comunicazione e i rapporti tra gli individui, dalla stampa all’avvento della
televisione, fino a giungere al computer e al World Wide Web. A tal proposito
sembra utile sottolineare che i nuovi mezzi di comunicazione non sono destinati a
soppiantare quelli vecchi, semplicemente li affiancheranno.
Le “ere” della comunicazione
La Preistoria è stata suddivisa dagli storici in tre grandi estensioni temporali
(paleolitico, mesolitico, neolitico) distinte dal modo in cui l’uomo lavorava i suoi
utensili, infatti, l’evoluzione della specie umana avvenne mediante la produzione di
tecnologie in grado di garantirle una più lunga conservazione.
DeFleur e Ball-Rokeach, pur ritenendo utile tale schema ai fini dell’individuazione
della crescita tecnologica e dell’aumento della produzione di utensili, propongono
un’ulteriore ripartizione che metta a fuoco un aspetto ancora più importante
dell’esistenza umana: la capacità di comunicare.
A loro parere, pertanto, un modo più esplicativo di guardare allo sviluppo umano
consiste nell’individuare una serie di «epoche» in cui i nostri progenitori, sia
primitivi che moderni, realizzano successivi progressi nella capacità di scambiare,
tramandare, recuperare e diffondere informazioni. È stata proprio la competenza
comunicativa a permettere agli uomini di tramandare ad altri le soluzioni ai
problemi dell’esistenza, consentendo loro di modificarle, perfezionarle ed
inventarne di nuove.
Tenendo conto di questa importante idea, si potrebbe, suddividere l’arco storico in
sei grandi “ere”: l’era dei segni e dei segnali, della parola, della scrittura, della
stampa, della comunicazione di massa e di Internet.
La prima “era” è quella dei “segni e dei segnali” in cui gli uomini si esprimevano,
proprio come gli animali più evoluti, mediante rumori e movimenti del corpo che,
però, impedivano loro di effettuare contemporaneamente altre operazioni. Essi
comunicavano attraverso un numero limitato di suoni ma, in tempi lunghissimi,
queste facoltà iniziarono a divenire più articolate e relativamente efficienti.
Nonostante ciò, questa forma di comunicazione continuava a presentare enormi
limiti, infatti, non permetteva la manifestazione di sentimenti, di stati d’animo e di
emozioni, e impediva all’uomo l’articolazione di proposizioni e periodi complessi.
Il passaggio all’ “era della parola”, che avvenne in un periodo compreso fra 90.000
e 40.000 anni fa, non fu un incidente dell’evoluzione, ma, una conquista molto
importante
La voce (e quindi il parlare), difatti:
è flessibile in rapporto all’ambiente, poiché permette di comunicare a
distanza in qualsiasi condizione;
libera la mano dall’impegno della comunicazione gestuale;
è molto economica, poiché, con pochi materiali, consente di creare una larga
gamma di messaggi;
è portatile, nel senso che non richiede attrezzi, strumenti e congegni, ma è
parte integrante del corpo umano;
è modulabile in relazione alle esigenze espressive;
rende possibile una sintassi più complessa, mediante la strutturazione di frasi
e periodi più ampi.
Col padroneggiare dei simboli, delle regole del linguaggio e della logica, l’uomo fu
in grado di operare classificazioni, astrazioni, analisi, sintesi ed ipotesi che gli
consentirono di affrontare il suo ambiente fisico e sociale in modi esclusivamente
innovativi e impensabili nel passato. Essi erano in grado di apprendere, produrre e
ricordare messaggi più complessi di quelli consentiti nell’era dei segni.
La “scrittura” fece la sua prima comparsa soltanto 5.000 anni fa determinando
l’inizio di una nuova “era”. Evolvendo dalla forma geroglifica a quella alfabetica
determinò enormi cambiamenti nella società apportando fondamentali innovazioni:
il pensiero poteva essere conservato, organizzato e trasmesso alle generazioni
future.
Insieme agli utensili, alla scoperta del fuoco e al linguaggio verbale, la scrittura
alfabetica può essere considerata una delle più importanti conquiste che gli esseri
umani abbiano mai conseguito. È con essa, infatti, che la storia ha inizio e, senza,
l’intera popolazione sarebbe ancora oggi analfabeta.
Intorno al 2.500 A.C. viene superato anche lo scoglio della trasportabilità ancorato
alle tavolette di argilla. Gli egiziani, difatti, scoprirono un metodo per ricavare dal
midollo del papiro strisce sottili che, sovrapposte in due strati perpendicolari,
formavano un foglio. Questa nuova tecnologia, unita al sistema di simboli scritti,
creò le condizioni per grandi cambiamenti culturali e sociali. Furono aperte
biblioteche e trascritte le dottrine religiose, le scritture sacre e le cure mediche più
efficaci.
In campo sociale, il saper scrivere fu una capacità molto apprezzata e gli scribi
divennero, così, una classe privilegiata in grado di influire, senza armi né denaro,
sulle scelte dei potenti.
La quarta “era” della comunicazione, quella della “stampa” ebbe inizio utilizzando
l’invenzione tecnica da Johann Gutenberg: la stampa. La tecnica di stampa,
sperimentata ed usata per diversi secoli, prevedeva una procedura abbastanza
semplice: i caratteri mobili in lega posti sul compositoio di legno e intrisi di
inchiostro venivano appoggiati sul foglio di carta da stampare e, mediante la
pressione di un altro piano, si otteneva il foglio stampato.
Questo sistema portò con sé una trasformazione inimmaginabile: si potevano
pubblicare milioni di libri in tempi relativamente rapidi e chiunque poteva
acquistare, a prezzi accessibili, riviste e quotidiani divenendo, così, continuamente
aggiornati sui fatti del mondo.
Migliore capacità espressiva, maggiore permanenza del ricordo e rapidità di
diffusione della parola furono, quindi, gli elementi peculiari di quest’era, inoltre, la
disponibilità dei libri e la loro economicità stimolarono sempre più gli individui ad
imparare a leggere, tanto da far scendere vertiginosamente il tasso di analfabetismo.
Verso la metà del XIX secolo Guglielmo Marconi inventò il telegrafo sfruttando le
onde elettromagnetiche. Si aprì, così, l’ “era della comunicazione di massa”
caratterizzata dalla contemporaneità: ciò che accadeva a New York poteva essere
conosciuto in Italia un attimo dopo.
All’alba del XX secolo la società occidentale si preparava a vivere uno sviluppo
delle tecnologie di comunicazione che, un secolo prima, nemmeno le più ardite
fantasie avrebbero potuto immaginare. Nel primo decennio il cinematografo
divenne la migliore forma di intrattenimento per famiglie e, in rapida successione,
entrarono a far parte della mobilia di casa la radio e la televisione.
Enormi furono i cambiamenti che la comunicazione di massa apportò nelle
organizzazioni e nel funzionamento della società. Ma, nonostante gli evidenti
progressi ottenuti nell’ “era della comunicazione di massa”, ancora un problema
continuava ad essere irrisolto: l’informazione era a senso unico, pochi la
producevano e molti la subivano.
L’ultima “era”, quella attuale, nata da poco e ancora in forte progressione, colma
proprio questa lacuna. “Internet”, infatti, rende possibile la costruzione
collaborativa del processo comunicativo senza reinventare un nuovo modello, ma
semplicemente integrando i tradizionali in un unico strumento. La comunicazione
elettronica interattiva consente all’utente di collocarsi in un sistema in cui: può
decidere come e dove trovare informazioni e non è costretto ad ascoltare solamente
ma può anche “parlare”.
La rete viene definita la “ragnatela comunicativa” che sta trasformando il mondo, la
cultura e noi stessi. Con essa, infatti, tutte le barriere spazio-temporali vengono
abbattute, tutto diventa vicino e presente, non ci si incontra più in un determinato
luogo, ma in un preciso tempo. Questo ha dato vita sia a nuovi tipi di azione (a
distanza) sia a nuove forme di interazione.
Molti attribuiscono alla comunicazione in rete una valenza negativa, non si potrebbe
neanche parlare di interazione poiché ognuno comunicherebbe solo con se stesso.
La rete presenta, però,un duplice aspetto: se da un lato ridurrebbe l’ansia che deriva
dalla percezione spazio-temporale, rendendo più rapide e più fluide le modalità con
cui avvengono gli scambi comunicativi in ogni parte del mondo, dall’altro sarebbe
fonte di nuove ansie, poiché aumenta la sensazione di non aver tempo sufficiente
per gestire l’enorme quantità di dati con i quali si entra in contatto. Internet, infatti,
ha determinato uno straordinario incremento delle informazioni causando i
numerosi problemi connessi alla gestione dei dati.
In conclusione, l’evoluzione della comunicazione, a partire dall’ “era dei segni” fino
a “quella di Internet”, innegabilmente ha rappresentato uno sviluppo delle capacità
culturali, sociali e tecnologiche dell’uomo. Nonostante ciò, le caratteristiche
strutturali dell’ “era” che stiamo vivendo, che si evolve e modifica troppo
rapidamente, ci devono indurre ad una costante, attenta e critica riflessione sul
nuovo tipo di comunicazione da essa avviato e sulle sue possibili conseguenze.
Nella maggior parte dei casi il ricevente di un messaggio non può intervenire in
tempo reale e rispondere alla comunicazione. Soltanto il telefono riesce a riprodurre
le condizioni di una comunicazione interattiva, nonostante la mancanza della
presenza fisica degli attori coinvolti.
Una delle ragioni di questa scarsa interattività e asimmetria ha origini storiche: i
mezzi di comunicazione di massa sono nati allo scopo di informare, superando le
barriere spazio-temporali imposte dalla comunicazione faccia a faccia. Il cinema
stesso è nato come mezzo d’informazione o di propaganda, non come il mezzo di
intrattenimento che conosciamo al giorno d’oggi. Si sa che la soddisfazione di
un’esigenza coincide con l’origine di un nuovo bisogno.
Oggigiorno qualsiasi mezzo di comunicazione di massa non si limita ad informare
gli utenti. Negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di una comunicazione più
integrata, da uno scarso livello d’interattività i media tradizionali sono passati a
modelli d’interazione più completa.
La nascita del cinema e della televisione, ha fatto muovere i primi passi verso la
multimedialità, utilizzando più codici contemporaneamente. Un classico esempio
sono i giornali, mentre alla loro nascita la scrittura costituiva il cento per cento della
comunicazione, ora molto spazio è dato alle immagini. Si stanno addirittura
preparando prototipi di televisori che stimolino il canale olfattivo, in modo da
aumentare ulteriormente il coinvolgimento emotivo dell’utente durante la fruizione
del mezzo.
Le caratteristiche della Comunicazione Mediata dal Computer
Lo sviluppo tecnologico nel campo delle trasmissioni elettroniche ha scaturito una
vera e propria rivoluzione nel campo delle comunicazioni. La trasmissione dei dati
in formato digitale è riuscita ad abbattere alcuni dei vincoli della comunicazione
tradizionale.
Innanzitutto i dati digitali sono molto flessibili, facendo venir meno il problema
della scarsa elaborabilità delle informazioni analogiche. Inoltre le informazioni
digitali possono essere multimediali, nella rete viaggiano tutti i generi di
informazioni, dai testi, ai suoni, alle immagini, tutte codificate con lo stesso codice,
per cui si supera anche il limite dell’incompatibilità.
Altra caratteristica della CMC è la sua interattività. Andrew Lippman sostiene che
per quanto l’interattività tra un uomo ed una macchina non possa essere
paragonabile a quella presente tra due esseri umani, definisce anche cinque
caratteristiche che caratterizzano l’interattività di un mezzo:
Interrompibile: ognuno degli attori coinvolti deve poter interrompere l’altro
quando vuole;
Degradazione dolce: cioè non deve avvenire una netta interruzione della
comunicazione, deve esserci la possibilità di riprenderla o di cambiarla con
altri argomenti;
Visione avanti-limitata:gli attori coinvolti devono avere un obiettivo da
perseguire e devono essere consapevoli dei passi da muovere per raggiungere
tale scopo;
Tempo reale:è importante avere un tempo di risposta adeguato per simulare
lo scambio tra due esseri umani, risposta che non deve essere né troppo
rapida né troppo lenta.
Banca dati infinita: si deve dare l’impressione che il medium non abbia limiti
alla sua possibilità d’interazione.
Tutte queste caratteristiche sono volte a riprodurre il più possibile una
comunicazione naturale.
La CMC assume anche un particolare significato sociale, ben distinto da quello
della comunicazione scritta non elettronica, perché la Rete viene percepita come un
medium a parte rispetto a quelli tradizionali. Mentre in passato il mezzo era visto
semplicemente come un conduttore di messaggi, ora viene scelto non solo in base a
quanto sia adatto a trasmettere un certo tipo di messaggio, ma anche per il suo
significato simbolico.
Altra questione riguardante la CMC è relativa ai suoi fruitori. C’è chi sostiene che
negli ambienti della comunicazione elettronica le persone diventino più aperte e più
libere di esprimersi ed anche più impulsive e irresponsabili. Questo perché a
differenza delle relazioni faccia a faccia, le regole sociali sarebbero deboli e assenti.
Di conseguenza le persone si sentirebbero più disinibite e meno timorose di essere
giudicate. A sostegno di questa tesi, il fatto che in rete sia molto più facile imbattesi
in gruppi di discussione che trattano argomenti di vario genere, come i problemi
sessuali. Le persone si sentono in un certo modo protette dal relativo anonimato e
dalla percezione della CMC come effimera.
Secondo Sproull e Kiesler la CMC isola le persone dal contesto sociale,
inducendole così ad aprirsi. In realtà la situazione sembra meno drastica di come
descritta dai due studiosi, molto dipende dal contesto sociale in cui la
comunicazione elettronica si sviluppa. Nel momento in cui il contesto rende
importante l’identità di un individuo come membro di un gruppo, egli si adatta alle
norme socialmente riconosciute, comportandosi di conseguenza.
Al contrario Cook e Lalljee hanno mostrato che nelle conversazioni video-mediate i
turni conversazionali in media sono meno numerosi ed hanno una durata media
superiore rispetto alle conversazioni faccia a faccia. Questo denota una minor
spontaneità nella conversazione. A dimostrazione di questo fatto un altro studio
sulle sovrapposizioni nella conversazione, che sono indice di una propensione degli
attori coinvolti ad intervenire liberamente. La minor frequenza delle
sovrapposizioni nelle conversazioni mediate sono sintomo di una maggiore
formalità, minor coinvolgimento e minore spontaneità.
Informazioni e Cultura su Internet
Anche in Italia le Università per prime si sono rese conto dell’ importanza di
Internet come mezzo di comunicazione e per la diffusione delle informazioni.
Per questo motivo, non soltanto ogni università, ma anche molti dipartimenti od
istituti hanno realizzato il proprio nodo Web, con informazioni relative alle persone
afferenti al dipartimento od istituto stesso, alla attività scientifica che ivi si svolge,
elenchi di pubblicazioni, informazioni relative alla didattica, elenchi telefonici e
così via. In questo modo diviene possibile reperire con una rapidità fino ad ora
impensabile informazioni utili.
La comunità e l’individuo
Il concetto di comunità è vecchio come il mondo, infatti, già agli albori della vita
umana hanno iniziato a plasmarsi le comunità. Wikipedia, l'enciclopedia gratuita
open source, definisce una comunità come segue:
“Una comunità è un insieme di individui che condividono lo stesso ambiente fisico
e tecnologico, formando un gruppo riconoscibile, unito da vincoli organizzativi,
linguistici, religiosi, economici e da interessi comuni.”
Ognuno di noi, anche senza accorgersene, fa parte, quotidianamente, di diversi
sistemi di comunità. Nella maggior parte dei casi, non è immaginabile alcuna
società umana che non sia internamente basata sulle comunità. Le comunità
possono essere raggruppamenti labili, non saldamente legati oppure uniti da vincoli
solidi che durano da secoli o millenni; possono avere una struttura formale e
gerarchica oppure essere aggregazioni spontanee.
Una comunità assume sfumature e aspetti differenti quando viene analizzata nelle
varie discipline, ma alla base c'è un tema di fondo: è nelle comunità che si crea la
conoscenza, che la si condivide e se ne crea di nuova, è la comunità il luogo delle
relazioni sociali in cui è possibile confrontarsi e capire l'esperienza umana; è nella
comunità che risiede il sapere di coloro che praticano una stessa professione, uno
stesso interesse, una stessa passione, sapere che non può essere proprietà di una sola
persona.
Si può affermare che senza la condivisione, il confronto e la comunicazione, un
individuo non può arricchirsi professionalmente, culturalmente e soprattutto
umanamente, perchè è nella comunità che risiede il vero valore sociale.
Non basta dare un nome ad una comunità per far sì che essa si crei. Affinchè un
membro di una comunità si senta tale, occorre che abbia interazioni frequenti e
stabili con gli altri partecipanti; egli deve, quindi, essere attivo nella partecipazione,
contribuendo, così, alla crescita della comunità. Infatti, è l'interazione sociale e lo
scambio relazionale, non solo di tipo informativo, che crea la comunità e permette
ai suoi membri di provare un senso di appartenenza e identità con essa, realizzando,
così, una visione e una cultura condivise.
Affinchè una comunità possa svilupparsi e crescere deve essere libera. In linea di
principio, tutti coloro che ne fanno parte devono avere pari diritti e tutte le opinioni
devono essere rispettate.
Comunità virtuali
Oggigiorno la rete Internet è lo strumento principe della comunicazione, ne è
testimonianza il grande proliferare di comunità virtuali, ovvero persone che
condividono pratiche, attività, interessi lavorativi attraverso il Web, visto come
ambiente per incontrarsi, interagire, condividere esperienze e conoscenze. Il
concetto di comunità virtuale è legato, dunque, a quello di comunità, ma soprattutto
alle nuove tecnologie di comunicazione che lo rendono possibile.
Le reti hanno cominciato ad essere considerate luoghi di incontro, raccogliendo
trasversalmente persone con interessi simili, permettendo a individui isolati di
entrare in contatto con altri utenti sviluppando forme di socialità online, a
prescindere dalle distanze geografiche, con una immediatezza e una velocità
impressionante, che non hanno paragoni al di fuori del mondo digitale. Esistono
molte comunità online che definiscono obiettivi comuni e sviluppano progetti
precisi; queste comunità possono essere anche dette di intenti, in quanto facilitano il
raggiungimento reciproco del fine comune.
Esempi di queste comunità sono i forum virtuali, dotati di moderatori che
controllano e indirizzano le discussioni, i blog, i wiki, cioè siti Web gestiti da un
sistema che permette a ciascuno dei suoi utilizzatori di aggiungere contenuti, ma
anche di modificare i contenuti esistenti inseriti da altri utilizzatori (un esempio
classico di wiki è Wikipedia).
Occorre, però, tener presente che la sola tecnologia non basta a creare una
comunità: se non esistono interessi, valori, significati comuni e senso di
appartenenza e identità, difficilmente si può creare una comunità.
Le comunità sono uno dei tessuti fondamentali della rete, se ne parla in tutto il
mondo, ma c'è l'abitudine di associarvi l'aggettivo “virtuale”.
Sarebbe, infatti, più corretto chiamarle comunità “online”, per specificare come esse
non siano finzione, né rappresentazione e ciò che le distingue dalle altre non è il
fatto di essere meno reali, ma di essere collegate attraverso la rete. Tali comunità
sono altrettanto reali di qualunque cosa si consideri realtà, sono fatte di persone in
carne e ossa, con tutte le qualità e i difetti, i valori e le debolezze, l'utilità e le
difficoltà di ogni comunità umana.
Costruzione sociale della conoscenza
Nel mondo del Web i contenuti sono aperti, generati dagli utenti stessi sotto forma
di:
sistemi wiki (come Wikipedia);
sistemi di pubblicazione e organizzazione di contributi multimediali (come
YouTube e GoogleVideo per i filmati);
blog e micro-blog riservati ad amici o aperti al mondo (Blogger)
I primi due sistemi elencati sono caratterizzati dalla creazione online di database di
contenuti aperti agli utenti, in modalità condivisa o pubblica, basati su
un'architettura di partecipazione. Essi si affidano agli utenti per creare i contenuti,
mantenerli, controllarne correttezza, affidabilità ed eticità. Un esempio tipico di
costruzione sociale della conoscenza è rappresentato da Wikipedia, l'enciclopedia
online, multilingue, basata su un software open source, nata dalla creazione
collaborativa dei contenuti e presieduta dalla Wikimedia Foundation. E’ pubblicata
in circa 250 lingue differenti, di cui 180 attive e quella con il maggior numero di
voci è inglese. Wikipedia si propone al contempo sia di essere un'enciclopedia
tradizionale, sia di porre l'attenzione su aggiornamenti e novità.
Caratteristica fondamentale di questa enciclopedia è quella di dare a chiunque la
possibilità di creare nuove voci, utilizzando un sistema di modifica e pubblicazione
aperto, ponendosi così degli obiettivi superiori rispetto alle enciclopedie classiche.
Infatti, le conoscenze sono rese disponibili con una tempestività che si può
paragonare a quella dei media più reattivi con una possibilità di contestualizzare e
una disponibilità successiva molto maggiori.
LE FUNZIONI DI INTERNET
Che cos’è Internet?
La prima definizione ufficiale di Internet è stata data dal Federal Networking
Council, secondo la quale il termine Internet si riferisce al sistema globale per
telecomunicazioni che si basa sull’indirizzamento logico e univoco; utilizza o
fornisce accesso, pubblicamente o privatamente, a servizi di alto livello, basati sulle
comunicazioni e collegati alle infrastrutture sopra descritte.
La rete è comunemente conosciuta come Rete di reti, si tratta infatti , di una rete
fisica di computer, connessi a vari livelli in tutto il mondo.
Da un punto di vista espressamente sociologico la definizione più diffusa è quella di
luogo non fisico entro il quale milioni d’utenti possono, quotidianamente interagire
a vari livelli e con modalità diverse. Esso contiene, inoltre un’enorme, aggiornata e
crescente quantità d’informazioni di ogni tipo.
L’attenzione comune verso le reti di computer è molto recente, ma la tecnologia
alla base dell’odierna Internet ha una storia consolidata. Secondo le
ricostruzioni più accreditate questa storia si sviluppa nel contesto sociale del
secondo dopoguerra quando la Guerra Fredda e la concorrenza scientifica con
L’Unione Sovietica spingevano gli Stati Uniti a grossi investimenti nei progetti di
ricerca più vari. In quegli anni furono finanziate moltissime ricerche su
applicazioni anche non direttamente belliche ma di cui si poteva ipotizzare una
qualche utilità almeno indiretta per applicazioni militari future.
In un clima storico pesantemente condizionato dall’importanza di una supremazia,
anche tecnologica sulle potenze avversarie alla fine degli anni 60 furono effettuati i
primi esperimenti per collegare tra loro computer remoti.
La prima rete telematica (neologismo derivato dall’incontro di informatica e
telecomunicazione, cioè comunicazione a distanza) comprendeva quattro
elaboratori elettronici situati in altrettanti centri universitari. Questa prima rete
antenata dell’odierna Internet fu conosciuta come Arpanet dal nome dell’agenzia
(Advanced Research Projects Agency) del Dipartimento della difesa del governo
americano che finanziò il progetto. Arpanet presentava alcune caratteristiche
tecniche che furono ereditate in seguito da Internet e che sono importanti ancora
oggi per comprendere le politiche di governo della rete. Una di queste
caratteristiche era la ridondanza: grazie a una innovativa tecnologia di scambio dei
dati due punti qualsiasi della rete potevano essere messi in comunicazione tra di
loro attraverso percorsi diversi.
Oggi l’importanza crescente delle reti telematiche nelle nostre attività quotidiane sta
moltiplicando i tentativi di comprenderne la storia e l’evoluzione. La storia delle
tecnologie d’uso comune dagli elettrodomestici ai mezzi di comunicazione
costituisce un terreno di studio complesso: la relazione tra artefatti tecnologici
bisogni individuali e sistema socioculturale non è mai infatti di causalità lineare,
ma si presenta piuttosto come una relazione circolare e complessa. Alcune tappe
significative hanno condotto dall’Arpanet dei militari e delle università all’Internet
della multimedialità e del commercio elettronico. Nella prima metà degli anni 70,
pochi anni dopo i primi esperimenti, fu coniato il termine Internet (da
InterNetworking) per evidenziare la capacità della rete di collegare sistemi
informatici eterogenei situati anche a grande distanza tra loro e in paesi diversi. Il
merito di questa flessibilità è dovuto all’elaborazione di un linguaggio comune in
grado di essere “compreso” dal maggior numero possibile di calcolatori: tale
linguaggio chiamato in termini tecnici “protocollo di comunicazione” è stato
costruito a partire dagli anni 1973-74 ha subito nel corso del tempo numerose
integrazioni e modifiche ed è ciò che ancora oggi definisce Internet. Internet è
infatti quell’insieme complesso di computer e reti, diffuse su scala mondiale
collegate tra loro attraverso canali trasmissivi diversi e unite dal gruppo di
protocolli denominato TCP/IP (Trasmission Control Protocol/Internet Protocol). A
partire dal 1971 fu sviluppato il primo sistema di posta elettronica in grado di
funzionare tra computer diversi con la sintassi degli indirizzi ancora in uso oggi
(user@computer) Si trattò di un passo fondamentale: si passò infatti dalle reti di
calcolo alle reti di comunicazione. Nata per sfruttare il più possibile le risorse
di calcolo di computer costosissimi e condivisi tra più utenti, con l’introduzione
delle posta elettronica la telematica si avviò a collegare tra loro non più solo
macchine ma anche e soprattutto persone.
La svolta definitiva verso la rete telematica “di massa” si compie nei primi anni 90
nel 1991, al Centro europeo per la ricerca nucleare di Ginevra vengono elaborati i
fondamenti del world wide web. E’ proprio quest’ultima tecnologia a mutare
profondamente la natura della rete: il web è nato per condividere agevolmente dati
e risultati sperimentali tra gli scienziati ma la sua semplicità d’uso ne ha fatto uno
strumento utilizzabile da chiunque. Da questo momento in avanti la rete si orienta
sempre più verso un uso popolare con contenuti multimediali e itinerari semplici e
intuitivi. Il web diventa la tecnologia di elezione per il commercio elettronico
essendo molto adatto all’allestimento di vetrine virtuali in cui presentare e vendere
prodotti o servizi.
Caratteristiche strutturali
È opportuno analizzare alcune delle caratteristiche che distinguono la struttura di
internet.
In particolare si procederà brevemente all’esame di concetti quali: ampiezza di
banda, ipertesto, multimedialità.
Per ampiezza di banda si intende la quantità di informazione scambiata nell’unità di
tempo. Se facciamo riferimento alla “realtà”, si può affermare che essa ha
un’ampiezza di banda larga. Nei contesti di interazione vis-à-vis, infatti, le persone
utilizzano l’intero bagaglio semiotico di cui dispongono: gesti, espressioni del volto,
tono della voce, ecc.
L’ampiezza di banda della comunicazione mediata da computer (CMC) è, invece,
ristretta, poiché può limitarsi a delle righe scritte sullo schermo. Vengono, in
pratica, a mancare tutti gli indicatori cinetici e para-linguistici, lasciando spazio solo
al linguaggio digitale scritto.
L’ipertesto è un genere di testo non organizzato come un documento classico,
lineare, da leggere dall’inizio alla fine. Sfruttando le possibilità offerte dai
riferimenti incrociati (link), permette di spostarsi rapidamente da una parte all’altra
o addirittura di saltare ad un diverso documento.
Il termine fu coniato da Ted Nelson nel 1965, ma la prima vera sperimentazione è
stata fatta solo negli anni Ottanta. Uno dei primi ipertesti apparsi su Internet fu
Archie, il primo archivio virtuale.
Negli anni Novanta il termine ipertesto viene sempre più spesso sostituito con
l’espressione «ipermedia» (ipertesto multimediale).
Per prima cosa non esiste una gerarchia oggettiva dei contenuti, se non quella
stabilita dall’utente nel momento stesso in cui ne sta fruendo. L’ipertesto infatti è
fortemente indirizzato al lettore piuttosto che all’autore.
I collegamenti ipertestuali consentono di estendere il documento all’infinito (i link
possono rimandare sia ad una parte interna dello stesso testo piuttosto che ad un
altro documento) , abbattendo il limite della carta stampata, che si compone di un
numero chiuso di pagine.
Altra caratteristica di un ipertesto è un certo grado di interattività: è possibile
simulare un’interazione comunicativa o consentire un certo livello di manipolabilità
del testo, attraverso strumenti integrati nel software di lettura.
C’è da dire che l’approccio con un ipertesto, proprio per le peculiarità appena
descritte, non è sempre così semplice e naturale.
Il primo problema è il disorientamento causato dalla mancanza di un percorso
principale. La possibilità di spostarsi da un nodo all’altro in modo del tutto libero,
offre una maggiore libertà, ma allo stesso tempo rischia di confondere.
Per ovviare a questo problema sono presenti alcuni supporti che aiutano il
navigatore a ritrovarsi. Un esempio sono le mappe ipertestuali, la cronologia (che
memorizza il percorso effettuato nel documento) o i classici link all’homepage, che
portano direttamente alla pagina principale di un sito.
Altra nota dolente è la sensazione di incompiutezza: un ipertesto sembra non avere
mai una fine. In realtà questa è un’impressione legata allo scopo dell’utente. Se il
“lettore” dell’ipertesto ha raggiunto il suo obiettivo, trovando ciò a cui è interessato,
in quel caso percepisce un senso di compiutezza. Di conseguenza è più un fattore
soggettivo che un fatto concreto.
E’ anche vero che l’utilizzo di un ipertesto crea un sovraccarico cognitivo, per
leggere un documento ipermediale è necessario un maggiore impegno rispetto a
quello richiesto da un testo comune. Dipende più che altro da una mancanza di
esercizio, dovuta all’utilizzo dei media tradizionali che hanno abituato le menti a
seguire un percorso di lettura ben delimitato e piuttosto prevedibile.
Altro importante inconveniente è quello dell’inquadramento. Il fatto di non avere
limiti nella lettura porta spesso l’utente a perdere di vista l’obiettivo iniziale della
lettura, si rischia di perdersi in una serie di divagazioni che fanno dimenticare il
motivo principale della navigazione. Sarebbe molto utile poter inquadrare e in un
certo senso delimitare provvisoriamente il campo di navigazione, per consentire
all’utente di raggiungere l’obiettivo prefissato.
Ultimo problema è l’incompatibilità che hanno le diverse opere ipertestuali tra di
loro, a meno che non siano prodotte dallo stesso editore. Questo limite contraddice
in parte la filosofia ipertestuale e allo stesso tempo limita la diffusione delle opere
ipertestuali. Una maggiore standardizzazione potrebbe consentire collegamenti tra
tutte le opere.
L’ipertesto è un collegamento fra informazioni poste in punti diversi di uno o anche
più documenti, i blocchi di testo sono connessi tra loro dai link, attivare un link è
facilissimo: basta il clic di un mouse.
Per essere chiari, esso è una forma di testo, composta da blocchi di “scrittura”
collegati da link, che permette una lettura multilineare: non una lettura non lineare o
non sequenziale, ma una lettura multi sequenziale.
L’ipertesto è, quindi, indirizzato al lettore, è l’utente che decide le priorità delle
informazioni e il percorso che vuole effettuare, inoltre, i link permettono di poter
tornare indietro e i collegamenti intertestuali possono estendersi all’infinito.
Prescindendo dai vantaggi innegabili che tale modo di procedere comporta, i rischi
sono facilmente intuibili: la mancanza di un percorso lineare come può essere
quello di un documento classico, che ha un inizio ed una fine, ed in questo ordine va
letto, la sequenza interminabile di riferimenti incrociati (link) può portare ad un
certo disorientamento ed al rischio di perdersi “navigando” in un “mare” infinito
d’informazioni. La rete è, infatti, un magazzino straordinario di notizie nobili e
ignobili, il problema grandissimo è cosa farne!
L’ultimo concetto che ci sembra rilevante è quello di multimedialità.
Con questo termine si intende il ricorso contemporaneo a più media. Gli ipertesti
possono essere multimediali, essendo dotati anche di immagini statiche e/o
dinamiche, accompagnate dalla musica, dai rumori ecc.
La comunicazione mediata da computer resti caratterizzata dagli svantaggi dovuti
alla limitata comunicazione sensoriale permessa ai comunicanti.
Servizi in rete: la posta elettronica e le chat-line.
Una delle prime applicazioni sorte già ai tempi di Arpanet è il servizio di posta
elettronica
(e-mail), il servizio e-mail è anche il più usato tra le possibilità offerte dalla rete.
Secondo lo studioso George Gilder, nel 1995 il traffico della posta elettronica
ha superato quello del servizio postale per la prima volta.
La posta ordinaria viene, quindi, declassata a “snail mail”, ”posta lumaca”.
I vantaggi dell’e-mail rispetto alla “snail mail” sono noti a chiunque ne abbia fatto
uso, anche per una sola volta: basta il clic del mouse sull’icona invio per mandare,
comodamente, un messaggio di posta a chiunque in qualunque parte del mondo si
trovi, purché abbia un indirizzo e-mail e l’opportunità di accedere alla rete.
Il tutto avviene velocemente e il destinatario può leggere il messaggio entro pochi
minuti.
Egualmente diffuso è l’uso delle Chat (Internet Relay Chat - IRC).
Le chat
La Chat è stata la prima forma di comunicazione istantanea su internet e,
storicamente, lo precede. IRC fu creato da Jarkko Oikarinen nel 1988, per inviare
notizie dall’URSS durante i blackout televisivi e radiofonici.
In tutto il mondo ci sono diverse centinaia di reti IRC attive, in Italia, la rete con più
utenti è IRCnet che ha nel canale #italia uno tra i canali con più utenti di tutto il
mondo.
Collegati alla stessa Chat possono esserci migliaia di persone contemporaneamente.
L’identità di chiunque entri in Chat è data da un nickname, in pratica uno
pseudonimo con cui l’utente sceglie di essere identificato in quel momento.
E’ possibile usare quanti nick si vogliono, ad ogni nick, corrisponde un profilo
utente visibile agli altri frequentatori della Chat.
Ancora una volta, un semplice clic del mouse sul canale desiderato permette
di avviare una conversazione con le persone presenti, ed è sufficiente un doppio clic
del mouse sul soprannome per parlare privatamente con chi si desidera, la finestra
della conversazione privata non viene visualizzata dagli altri utenti.
In Chat si è dotati del dono dell’ubiquità: si può essere in più “stanze”
simultaneamente e avere più di una discussione in privato nello stesso momento!
La comunicazione in Chat ha delle prerogative particolari: il linguaggio utilizzato è
caratterizzato da abbreviazioni di parole o intere frasi, i cosiddetti T. L. A. (Three
Letter Acronym) che permettono una digitazione più veloce riducendo i tempi di
attesa in Chat.
Per chi non ne è frequentatore assiduo spesso questo linguaggio può risultare
difficilmente comprensibile, ma, gli “habitué” ne hanno dimestichezza.
In Chat vengono usate le “faccine”, gli “smileys” o “emoticons”. Questi sono
disegni ottenuti digitando segni di interpunzione (frequentemente parentesi,
asterischi e altri segni matematici) che assumono le sembianze di un piccolo volto.
Lo scopo è conferire un’espressione che comunichi all’interlocutore le emozioni o il
tono della frase scritta.
Ad esempio:
: - ) significa “sono felice”
: - O “sono stupito”
Di facilissimo accesso sono le Web Chat, non è, infatti, necessario istallare alcun
software, ma basta accedere ad uno dei tanti siti che offrono questo servizio.
Le web Chat sono Chat multiple, vale a dire hanno “stanze” virtuali in cui è visibile
un elenco delle persone presenti nella “stanza”. Esistono anche Chat monotematiche
su Musica, Sport, ecc.
Attualmente, sono molto in voga i programmi di Instant Messaging, tramite cui si
possono aprire Chat con due o più utenti, sia testuali che in audio o in
videoconferenza ed è possibile scambiare files, inviare mail ed altro ancora.
Esistono più di una decina di Instant Messaging, uno dei più conosciuti è il
Messenger della Microsoft tramite il quale si può conversare con gli amici connessi
in Internet in tutto il mondo.
Con sorpresa, girando per le Chat, si può scoprire l’esistenza delle ChatBot, in cui si
“chatta”, in pratica, con un robot.
Definire i blog
Il weblog è uno strumento semplice e intuitivo, alla portata di tutti.
Per aprirne uno basta avere accesso ad un collegamento internet, saper usare un
browser e saper usare le funzioni di base di un programma di elaborazione di testi.
Praticamente basta andare sul sito di una delle piattaforme che offrono
gratuitamente il servizio di blog- hosting e seguire una facilissima procedura.
Nel giro di pochi minuti avremo registrato la nostra identità e ricevuto una password
per entrare nel sistema.
Seguendo istruzioni passo passo potremo scegliere che veste grafica dare al nostro
blog e alcune caratteristiche strutturali. Da quel momento il nostro blog è
online e potremo iniziare a pubblicare quello che vogliamo.
Il pannello di controllo in cui immettere i testi, le immagini e i link è un programma
del tutto simile a qualsiasi altro editore di testi e immagini. Per pubblicare un blog
non serve nessuna competenza oltre a quella di saper utilizzare un browser per
aprire il sito di blog- hosting, ricevere la password sul nostro indirizzo di posta
elettronica e collegarci al nostro pannello di controllo. Una volta entrati nella nostra
sala macchine dobbiamo solo avere un minimo di pratica di elaborazione di testi e
quello che vogliamo pubblicare sarà online in cinque minuti reali.
Prima d’ora non era mai stato così facile pubblicare contenuti sulla Rete.
Nonostante gli slogan non facciano altro che evidenziare l’estrema facilità di
utilizzo di questo strumento, nonostante sia proprio la straordinaria semplicità d’uso
ad averne fatto un fenomeno tanto significativo che qualcuno ne parla come la
Grande Rivoluzione dei Blog, definire cos’è un blog non è facile.
Definire i blog è difficile proprio perché alla semplicità dello strumento fa specchio
un’irriducibile complessità di utilizzo.
E’ stato calcolato che nasca un weblog circa ogni 6 secondi. Ogni blog delle
centinaia di migliaia creati (solo in Italia) ha una sua identità, è animato da scopi
diversi, presenta caratteristiche tecniche differenti ed esprime voci diverse.
Ma soprattutto, oltre all’innegabile ampiezza e varietà del fenomeno, quello che non
è facile da descrivere è l’impatto culturale di una pratica così semplice: in quale
modo l’esplosione dei blog ha modificato le pratiche consolidate di accesso e di
condivisione del sapere e le abitudini di navigazione e di relazioni di rete.
Non è facile spiegare come una tecnologia così semplice abbia di fatto cambiato le
dinamiche sociali e cognitive delle persone, ne abbia modificato la visione culturale,
cioè il loro modo di raccontare e di dare significato al mondo.
Eppure questo modo di scrivere, alla portata di tutti e con contenuti universalmente
raggiungibili.
L’universalità è essenziale per il Web: esso perde la sua potenza se vi sono alcune
cose alle quali non ci si può collegare. Ci sono tanti aspetti di questa universalità.
Bisogna potersi collegare tanto con un’idea pazza buttata giù, là per là quanto
con un’opera d’arte meravigliosamente concepita. Bisogna potersi collegare tanto
con una pagina strettamente personale quanto con qualcosa che sia a disposizione
dell’intero pianeta. Il Web dovrebbe essere uno strumento di comunicazione
tra la gente: comunicazione attraverso una conoscenza condivisa. Perché questo
avvenga, computer, rete, sistemi operativi e comandi devono divenire invisibili e
lasciare all’utente un’interfaccia quanto più possibile diretta con l’informazione.
Se si riesce a fare qualcosa di decentralizzato, fuori controllo e di grande
semplicità, bisogna essere preparati a stupirsi davanti a qualsiasi cosa che possa
scaturire da questo nuovo mezzo. E’ come se si formassero cellule all’interno di un
cervello globale ed è eccitante l’idea che potremmo cominciare a pensare
collettivamente. Ciò che sarà di noi ancora dipende assolutamente da come
pensiamo a livello individuale.
I wiki
Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che
viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in
collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti è
aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti (a volte
soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte
come accade solitamente nei forum, ma anche cambiando e cancellando ciò che
hanno scritto gli autori precedenti.
Ogni modifica è registrata in una cronologia che permette in caso di necessità di
riportare il testo alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere,
scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo.
Alla fine del XX secolo, i wiki sono stati considerati come una strada promettente
per sviluppare le basi di una conoscenza pubblica e privata ed è stato questo
potenziale ad ispirare il progetto dell'enciclopedia elettronica: Wikipedia è stata
lanciata nel gennaio 2001. Fondata da Jimmy Wales, Wikipedia è un'enciclopedia
che ha soppiantato tutte le altre enciclopedie cartacee, anche le più prestigiose, per
la sua completezza e la sua facilità di consultazione.
Le voci sono compilate, modificate e aggiornate da redattori anonimi e dilettanti.
Una caratteristica distintiva della tecnologia wiki è la facilità con cui le pagine
possono essere create e aggiornate. Generalmente, non esiste una verifica
preventiva sulle modifiche, e la maggior parte dei wiki è aperta a tutti gli utenti o
almeno a tutti quelli che hanno accesso al server wiki. In effetti, perfino la
registrazione di un account utente non è sempre richiesta.
Il boom dei Social network come nuova forma di comunicazione
I social network, primo tra tutti Facebook, sono al centro di continui dibattiti
soprattutto in virtù dell’esplosione di cui sono stati protagonisti negli ultimi tempi.
Quella che Manuel Castells chiama “l’autocomunicazione di massa” (siti, blog,
social network) permette a milioni e milioni di persone l’autodefinizione di forma e
con tenuto dei messaggi della comunicazione, in modo orizzontale rispetto alle
pratiche della comunicazione mediatica che almeno da cinquant’anni definiscono
l’agenda politica e le dinamiche del potere a livello globale. Per capire come le
nuove forme di comunicazione entrino progressivamente sempre di più nelle
“stanze” del potere, si veda per esempio il ruolo che la mobilitazione nei social
network ha avuto per la campagna elettorale di Obama del 2008.
Da più parti, tanto tra gli studiosi quanto tra i giornalisti e gli opinionisti, si grida al
pericolo che la nuova forma di comunicazione sociale on line comporterebbe per le
relazioni face to face, per la partecipazione sociale e, più generalmente, per i
rapporti tra le persone. D’altra parte, i social network sono sempre più oggetto di
attenzione da parte delle imprese che operano nel campo della comunicazione e,
progressivamente, per tutto il panorama imprenditoriale che intravede, ovviamente,
nuove frontiere del marketing e nuovi spazi di mercato.
Ma tutto questo avviene mentre i social network sono utilizzati dagli utenti: mentre
prende forma un nuovo fenomeno sociale del quale, anche se ovviamente in modo
ancora parziale, si cominciano a tracciare i contorni. In questa sede, ci si propone di
fornire alcune piste di possibile comprensione di caratteristiche comunicative di
Facebook, di alcune forme di usi personali e della conseguente costruzione di
significati da parte degli utenti. Nell’idea che ci sia una componente di investimento
immaginale dello spazio virtuale di Facebook, che può essere compresa e che può
suggerire alcuni possibili scenari futuri di sviluppo del mezzo, ormai destinato a
conformare le relazioni sociali on line in modo crescente.
Se i social network contemporanei si prestano a usi del tutto diversi in virtù degli
scopi che ogni utente si prefigge, e quindi si caratterizzano come vetrina del sé e
delle proprie peculiarità, è possibile comunque tracciare alcune linee comuni
nell’investimento immaginale che spinge milioni di persone nel mondo a
comunicare in spazi virtuali collettivi.
Dall’uso intimista al piacere di spiare, dall’attivismo politico all’evangelizzazione
sociale e umanitaria, dal ritorno al passato alla ricerca di un’occupazione, sono
svariati i possibili scopi di cui vengono investiti i social network. Senza dimenticare
il vasto e nutritissimo ambito dell’erotismo usa e getta o del “trova l’anima
gemella”, come quello del ludico di giochi e giochi di ruolo di varia natura.
Ad una prima lettura, assolutamente non strutturata del fenomeno, si possono
riscontrare alcune caratteristiche di comunicazione che rendono tanto appetibili i
social network e che ne hanno quindi, presumibilmente, decretato il successo. La
possibilità di dialogare, commentando o rendendo commentabili i contenuti
pubblicati, fa esplodere lo spazio virtuale come possibile agorà anarchica che
suscita il fascino del caos comunicativo, con gli eventuali flirt o le antipatie che
tutto questo può creare. Tale commentabilità dei contenuti produce una co-
generazione del sapere che dà forma appunto a un nuovo spazio di costruzione di
significati, confronto di posizioni anche con sconosciuti o comunque con persone
che si conosco poco al di fuori degli spazi virtuali.
Ancora, la possibilità di raccontare e raccontarsi (personal storytelling) attraverso le
parole e le immagini è probabilmente una delle spinte maggiori del successo dei
social network: si sa, uno dei desideri più diffusi tra le persone è proprio quello del
poter parlare di sé, di mettersi in vetrina, di apparire su quello schermo che, almeno
dagli anni cinquanta, è luogo privilegiato dell’immaginario collettivo. Pubblicare le
proprie fotografie così come essere “taggato” in quelle degli altri costruisce un
percorso narrativo personale e collettivo, che contribuisce alla costruzione della
propria identità virtuale. Anche la scelta dell’avatar (o immagine del profilo) è un
segnale della costruzione narrativa del sé, dell’immagine che si vuole comunicare al
“proprio” pubblico.
Sempre fra le caratteristiche di comunicazione, l’iconicità è fondamentale come
elemento costitutivo dello scambio di messaggi: essi sono veicolati da immagini
che, accanto ai testi e alle musiche, comunicano in modo sincretico significati (si
pensi ancora, tra gli altri esempi, alle foto del profilo). In più, il tono di colloquialità
calda che lo spazio considerato parzialmente “privato” suscita permette la
condivisione di contenuti in modo diretto e spontaneo, configurandosi come forma
ibrida tra la comunicazione formale dei messaggi pubblici e quella totalmente
informale delle chiacchiere private (come le chat).
Le diverse possibilità di caricare e linkare foto, video, testi, musiche, conferiscono a
Facebook quella natura cross-mediale che ne fa uno spazio poli-espressivo,
incrociandosi con tutti i possibili usi che ne vengono fatti. Ciò permette agli utenti
di potersi esprimere in diverse forme, di citare continuamente, e in modo libero,
testi, canzoni, sequenze cinematografiche, giornali on line e riviste, pezzi di teatro o
libri presenti sulla Rete, creando appunto un discorso poli-mediale. Si arriva, per gli
utenti, fino alla costruzione di palinsesti personalizzati, condivisibili con i propri
“amici”.
Un’altra caratteristica comunicativa che senza dubbio ha contribuito a decretare
l’appeal di cui Facebook è oggetto è la possibilità di immagazzinamento ed
elaborazione della memoria: dagli amici del passato ritrovati, alle foto della scuola,
fino all’archivio di tutti gli stati d’animo e gli avvenimenti di cui si è protagonisti.
Si tratta in effetti di una sorta di diario inter-mediale alla costruzione del quale
prendono parte anche gli “amici” on line.
E la scelta dei cosiddetti amici, quindi del pubblico di ogni utente, rimane una delle
questioni fondamentali nell’analisi, da un punto di vista comunicativo, del mezzo.
La sua natura ibrida, tra pubblico e privato, è dovuta al fatto che coloro che possono
vedere i profili dell’utente vengono decisi dall’utente stesso, che però, nel momento
in cui decide di essere presente su Facebook, mette comunque in comune una serie
di informazioni con tutti gli altri utenti.
È a questo punto che è utile introdurre un approfondimento sulla natura dei legami
che si instaurano su Facebook. È stata proposta un’interessante distinzione tra
l’amicizia (friendship) e il legame che si instaura nei social network (friending), che
si configurerebbe quindi come una nuova forma di legame sociale, con
caratteristiche sue proprie. I contatti di ogni utente sono organizzati in “liste di
amici”, ma se l’amicizia è un concetto-chiave per la comprensione dei legami on
line, va comunque contestualizzata rispetto alle pratiche effettive dei social
network.
Sono alcune le differenze centrali tra friendship come amicizia e friending come
legame nello spazio virtuale: mentre l’amicizia si basa sui sentimenti, il friending è
piuttosto un mettersi in mostra pubblico; l’amicizia è disinteressata, mentre il
friending è legato alla concessione dell’accesso ai contenuti, tra l’altro revocabile in
qualsiasi momento e in modo meccanico; l’amicizia è un legame piuttosto privato,
mentre il friending è un legame pubblico.
Una recente ricerca, mirata appunto a mettere in luce le caratteristiche del friending,
sottolinea proprio come esso non sia affatto sostitutivo dell’amicizia, che entrambi i
tipi di legame tra le persone possono coesistere, che esso è un nuovo tipo di
relazione che si aggiunge alle forme di legame già note da un punto di vista
sociologico. Le differenze culturali, nei legami di amicizia e nelle relazioni sociali
possono creare barriere alla relazione, nel caso del friending sono un elemento che
potenzia i legami stessi, fornendo loro spazi nuovi di espressione.
Accanto ad alcune caratteristiche comunicative e alla natura dei legami sociali di
Facebook, è utile infine descrivere alcune delle pratiche di utilizzo da parte degli
utenti. La possibilità di potenziare i meccanismi di produzione di socialità e di
ricerca di partner, grande stimolo al rapporto degli utenti con la Rete, entra tra le
componenti di attrazione: si pensi a come gli incontri casuali face to face vengano
“proseguiti” on line attraverso la ricerca su Facebook e come, viceversa, incontri
tramite la rete di amici diventino poi flirt di vario tipo.
LE NUOVE DIPENDENZE
La diffusione delle nuove tecnologie sta modificando in breve tempo le nostre
abitudini e le modalità d’intendere i processi di comunicazione. I nostri parametri
spazio-temporali mutano continuamente in relazione al costante aggiornamento
delle nuove tecnologie e con esse si modifica sempre più il nostro sistema di
comunicazione con “altri significativi”. La tecnologia modifica le nostre abitudini e
la nostra vita, ma a fronte degli innumerevoli vantaggi offerti dall’applicazione di
queste nuove tecnologie iniziano a manifestarsi “situazioni particolari” definite
da alcuni autori psicotecnologie. L’utilizzo delle nuove apparecchiature interagisce
con il nostro apparato psichico e per la prima volta nella storia del genere umano,
l’uomo ha ideato un dispositivo che lo costringe ad adattarsi al “suo” modo di
“pensare”: l’utilizzo del computer richiede un reale adattamento mentale al suo
funzionamento e di conseguenza spinge il soggetto ad adeguare le proprie funzioni
cognitive al funzionamento della macchina.
E’ apparso quindi indispensabile analizzare le modificazioni che si verificano nella
psiche umana in rapporto con l’ormai totale diffusione della Rete.
Come ogni innovazione tecnologica, l’introduzione di Internet ha apportato
numerosi miglioramenti nella vita delle persone, grazie ai risvolti positivi a livello
sociale, psicologico ed educativo. Gli utenti hanno, infatti, la possibilità di
incontrare altri individui simili, di reperire informazioni velocemente, di intrattenere
relazioni, di giocare, di cercare e ricevere supporto emotivo nonché di conoscere
altre culture. Internet può provocare sollievo da ansia e depressione fornendo svago
e informazioni utili a risolvere i propri problemi.
Internet non è solo uno strumento di comunicazione che permette lo scambio di
informazioni tra milioni di persone in tutto il mondo, ma comincia ad essere
applicato in ambito psichiatrico e psicologico quale strumento via via più
indispensabile per la ricerca, la formazione, la clinica. La diffusione di Internet ha
permesso che l’accesso alle informazioni scientifiche non fosse limitato solo ai
medici e agli operatori nel campo della salute mentale, ma anche ai pazienti,
determinando un innalzamento del livello culturale dell’utente medio e
conseguentemente un aumento della domanda da parte degli utenti stessi.
Tuttavia, l’incremento dell’accesso a questa tecnologia ha comportato l’emergere e
il proliferare di disturbi del comportamento, rivelando nuovi aspetti problematici
per coloro che fanno un uso non adeguato della Rete. E’ noto, infatti, come un
utilizzo eccessivo comprometta progressivamente la sfera sociale e relazionale della
persona, che viene totalmente assorbita dall’esperienza virtuale, rimanendo
letteralmente “agganciata” alla Rete e arrivando a sviluppare una vera e propria
dipendenza. provocando una situazione di sofferenza generale, estesa anche al suo
contesto di appartenenza.
Sembra interessante puntare l’attenzione sulla relazione che s’instaura tra il
soggetto e l’oggetto della dipendenza, un processo unico e carico di significati. Non
è il tipo di droga a causare la dipendenza, ma essa si costruisce nell’interazione tra
soggetto, oggetto e contesto in cui entrambi sono inseriti.
La dipendenza non è un vizio, né una malattia, ma un processo che s’innesca
quando una persona, nel contatto con un particolare oggetto, si sperimenta in
maniera diversa.
Il concetto di dipendenza
La dipendenza è un fenomeno estremamente complesso che chiama in causa
numerosi aspetti della sfera individuale, tanto che risulta impossibile darne
una definizione precisa e condivisa da tutta la comunità scientifica. La
dipendenza investe l’individuo a vari livelli:
Comportamentale: si manifesta nella ricerca di una sostanza o nella
reiterazione di un comportamento;
Psicologico: il soggetto è totalmente assorbito dall’oggetto della propria
dipendenza, tanto che non riesce a farne a meno e trascura il resto, dalle
relazioni affettive al lavoro, ecc.
Le conseguenze negative che derivano da questa situazione si ripercuotono
sull’intero funzionamento della vita dell’individuo positiva e più funzionale.
La lingua inglese opera un’importante distinzione tra due termini che in italiano
sono tradotti con la stessa parola, pur avendo significati diversi: addiction e
dependence.
Con dependence s’indica la dipendenza fisica e chimica, la condizione in cui
l’organismo necessità di una determinata sostanza per funzionare.
Con addiction s’intende quella condizione in cui la dipendenza psicologica spinge
alla ricerca dell’oggetto, senza il quale l’esistenza diventa priva di significato.
Addiction e dependence non compaiono necessariamente insieme. Si può sviluppare
un’addiction senza dependence, ossia si può provare il bisogno di mettere in atto dei
comportamenti significativi, in assenza di una dipendenza fisica vera e propria.
D’altra parte si può avere dipendenza fisica senza addiction, vale a dire senza
sviluppare una fenomenologia patologica che conduce poco a poco
all’autodistruzione e all’isolamento. Si pensi alla dipendenza dalla nicotina:
l’organismo richiede la sostanza e si sviluppa anche una dipendenza psicologica, ma
difficilmente si arriva a mettere in atto azioni illegali o comportamenti antisociali a
causa del fumo (Shaffer, 1996).
Le nuove dipendenze o new addictions comprendono tutte quelle forme di
dipendenza in cui non è implicato l’intervento di alcuna sostanza chimica.
L’oggetto della dipendenza nelle new addiction è un comportamento o un’attività
lecita e socialmente accettata. Tra le new addictions possiamo annoverare: la
dipendenza dal gioco d’azzardo, da Internet, dallo shopping, dal lavoro, dal sesso,
dal cibo e dalle relazioni affettive. Per la maggior parte delle persone queste
attività rappresentano parte integrante della vita quotidiana, ma per alcuni
individui possono assumere caratteristiche patologiche, fino a provocare gravissime
conseguenze. Negli ultimi anni si è assistito ad un’enorme diffusione di queste
dipendenze comportamentali, tanto che la letteratura scientifica non ha potuto fare a
meno di rivolgervi il proprio interesse.
Alonso-Fernandez classifica le dipendenze in:
1. Dipendenze sociali o legali;
2. Dipendenze antisociali o illegali.
Le prime sono costituite da droghe legali (tabacco, alcol, farmaci, ecc.) e da attività
socialmente accettate come mangiare, lavorare, fare acquisti, giocare, guardare la
televisione, ecc.
Il secondo tipo comprende le dipendenze da droghe e attività illegali, per esempio
oppiacei, cocaina, oppure rubare, incendiare, stuprare, ecc. L’autore sostiene che
nella prima categoria, le nuove forme di dipendenza sono agevolate
dall’innovazione tecnologica e dalla nuova civiltà che, da un lato genera stress,
vuoto e noia, dall’altro stimola la tendenza all’immediata gratificazione, fornendo
sempre gli strumenti appropriati. L’avanzare del progresso tecnologico, infatti, ha
modificato non solo le abitudini delle persone, ma anche il loro modo di esprimersi
in situazioni patologiche. Si pensi ad Internet: può essere uno strumento di
comunicazione, di lavoro, di svago, di socializzazione, ma può anche assumere il
valore di un mondo parallelo o alternativo a quello reale, nel quale il soggetto può
sperimentare nuove forme di comunicazione o relazione, che spesso amplificano
disagi personali.
I Nativi Digitali
Fin da piccolissimi i bambini di oggi giocano con il telefonino di mamma, il
telecomando e crescono con i videogame.
La generazione dei “nativi digitali” è “figlia” di cellulari e videogiochi, ed ha già
un cervello diverso dal nostro. Descrive molto bene le caratteristiche di questi
bambini il prof. Cantelmi, docente di psichiatria dell’Università Gregoriana di
Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici.
«Abbiamo esaminato un vasto campione di bimbi, nati a partire dal 2002.
Concentrandoci sulle caratteristiche dei nativi digitali, figli della “generazione di
mezzo” e nipoti dei “predigitali”, questi piccoli hanno un apprendimento più
percettivo e meno simbolico, e sono dotati di abilità visuo-motorie eccezionali. Una
volta adulti, saranno spesso uomini e donne alexitimici, incapaci cioè di riconoscere
le emozioni interne, ma abilissimi a rappresentarle».
Il concetto di “alexitimia” fa un po’ paura, molti adulti non solo non sanno
riconoscere le emozioni interne ma neanche sono in grado di rappresentarle. Per la
generazione dei nativi digitali, che frequentano ancora la scuola materna ed
elementare, «le emozioni non sono vissute, ma piuttosto rappresentate. Saranno
abilissimi a tecno-mediare le relazioni. E, naturalmente, comunicare con loro sarà
difficile sia per la generazione di mezzo, che per i pre-digitali», prevede il prof.
Cantelmi. L’uso dei diversi strumenti tecnologici fin da bambini attiva aree
cerebrali differenti e predispone a svelare senza fatica i segreti delle strumentazioni
più high-tech.
Il futuro dei nativi digitali, secondo Cantelmi, è sempre più scritto nei blog; la Rete
Internet «muterà per alimentare le passioni e i modi di socializzazione di questa
generazione in crescita. Affamata di novità, conclude, e bravissima a sintetizzare
con un’icona i suoi messaggi al clan degli amici», via mail su telefonini sempre più
ricchi di applicazioni.
Il 1980 è la linea di demarcazione anagrafica che separerebbe chi è cresciuto con le
tecnologie digitali, come computer, internet, telefoni cellulari e Mp3, i “Nativi
digitali”, da quelli che vi si sono dovuti convertire i “Non nativi digitali”.
All’interno dei “non nativi digitali” ci sarebbero, poi, gli “ibridi” e i «tardivi
digitali». I primi sarebbero quelli abbastanza vecchi da aver frequentato il mondo
«di prima», ma anche abbastanza giovani da essersi subito adeguati al mondo «di
dopo», avendo, quindi, gli strumenti per capire e discutere l’esplosiva crescita di
internet. Un altro fenomeno nuovo è, invece, la categoria dei «tardivi digitali» che
negli ultimi tempi si sono riversati in rete attratti dalla “accessibilità e familiarità di
alcuni suoi luoghi e prodotti”.
Tra questi un posto di rilievo spetta sicuramente a Facebook, il cui straripante
successo è dovuta alla facilità con cui vi si può accedere, anche se non si conoscono
i meccanismi della rete, per cercarvi, e trovarvi, contenuti familiari e rassicuranti. I
“nativi digitali”, infine, sono degli straordinari “consumatori” dei materiali e degli
strumenti prodotti e diffusi in Rete, ma in quanto a consapevolezza critica e capacità
di discernimento lasciano parecchio a desiderare.
Conclusioni
Stiamo assistendo a una trasformazione epocale, una rivoluzione che sta mettendo a
soqquadro l'intera industria culturale.
Io credo si tratti di un mutamento positivo, che genererà molti altri cambiamenti a
catena nella società del futuro.
Evitando la separazione netta fra produttore e consumatore, artista e pubblico,
scrittore e lettore, esperto e dilettante, professore e studente, la nuova rivoluzione
internettiana apre nuovi spazi di libertà e di democrazia. Lo scambio di idee, la
varietà, la concorrenza, l'espressione facilitata persino dell'antagonismo e del
dissenso possono contribuire a sviluppare una società più ricca e più giusta.
C'è senz'altro del vero in tutte queste critiche e recriminazioni, ma c'è soprattutto
dell'esagerazione. Personalmente penso che il cambiamento generi insicurezza e che
faccia paura soprattutto a coloro che fino a ieri godevano di privilegi indiscussi. È
possibile che molti di coloro che oggi sono investiti di prestigio e autorità escano
ridimensionati dalla rivoluzione epocale che stiamo vivendo. Sicuramente i
prossimi anni vedranno una competizione economica sempre più serrata che
selezionerà fatalmente anche su internet i più forti, sperando anche che siano coloro
che sanno produrre i contenuti migliori.