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Diocesi di Milano – Zona di Rho – decanato di Busto Arsizio La Commissione decanale di Pastorale Familiare di Busto Arsizio come contributo al convegno “il gruppo di spiritualità familiare: un’esperienza da vivere e da condividere per comunicare nella fede” Domenica 6 aprile 2008 presso il santuario di Rho Relazione incontro dei gruppi familiari del decanato di Busto Arsizio del 24 febbraio; Breve presentazione dei gruppi familiari parrocchiali del decanato; Calendario delle attività di pastorale familiare del decanato 2007/2008; Locandina laboratorio 2008; Pieghevole seminario 2008.

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Diocesi di Milano – Zona di Rho – decanato di Busto Arsizio

La Commissione decanale di Pastorale Familiare

di Busto Arsizio

come contributo al convegno

“il gruppo di spiritualità familiare: un’esperienza da vivere e da condividere

per comunicare nella fede”

Domenica 6 aprile 2008 presso il santuario di Rho

Relazione incontro dei gruppi familiari del decanato di Busto Arsizio del 24 febbraio;

Breve presentazione dei gruppi familiari parrocchiali del decanato;

Calendario delle attività di pastorale familiare del decanato 2007/2008;

Locandina laboratorio 2008;

Pieghevole seminario 2008.

“….VENITE ANCHE VOI, È COSÌ BELLO E NECESSARIO!…” Introduzione I referenti parrocchiali del decanato di Busto Arsizio hanno ritenuto opportuno ritrovarsi in preparazione al convegno zonale che si terrà a Rho il 6 aprile con tema: “il gruppo di spiritualità familiare: un’esperienza da vivere e da condividere per comunicare nella fede”. Il senso dell’incontro nasce dall’esigenza di incontrarsi e conoscere a fondo la nostra realtà decanale e perseguire gli scopi sottolineati nella presentazione del convegno di Rho:

sostenere i gruppi familiari come luogo di comunicazione nella fede aiutare le parrocchie a far nascere nuovi gruppi favorire la conoscenza reciproca fra i gruppi familiari.

Si è pensato di utilizzare le schede della lettera alle famiglie del Cardinale “I giorni di Gerusalemme, lettera per la benedizione delle famiglie”, come spunto di riflessione. Dopo la presentazione da parte del Decano ci si è divisi in gruppi e gli spunti emersi si sono voluti porgere come dono.

* * * Scheda n. 1 Le famiglie dei cristiani abitano in paesi come quello di Nazaret: si incrociano vicende, interessi, pratiche religiose e indifferenza, la solidarietà del buon vicinato e i litigi interminabili della convivenza nel condominio. Le famiglie dei cristiani sono simili a tutte le altre: vivono giorni frenetici e pomeriggio noiosi, festeggiano i compleanni e parlano con orgoglio dei loro bambini, hanno talora i nervi a fior di pelle e si lamentano dei soldi che non bastano mai.. Alla domenica però, mentre i vicini portano fuori il cane, mentre gli sportivi preparano la bicicletta perché non c’è niente di meglio per la salute che una bella pedalata, mentre molti dormono fino a mezzogiorno perché è l’unico giorno in cui si può riposare, le famiglie dei cristiani si preparano la messa, vanno a celebrare la loro Pasqua settimanale. E mentre vanno portano in chiesa anche le preghiere e la nostalgia della zia Ersilia che non può più uscire di casa per l’età e i malanni, portano un poco anche la desolazione dei vicini di casa per cui il linguaggio della fede è come una lingua straniera, incomprensibile e inutile per chi l’ignora, portano anche una specie di inquietudine per una convivenza nello stesso paese, nello stesso palazzo, di gente che ha in comune solo la riunione di condominio. Come la santa famiglia di Nazaret, le famiglie dei cristiani talora azzardano un invito: perché non venite anche voi? L’invito può essere l’occasione di cui si serve il Signore per risvegliare un interesse, può essere un modo per realizzare la missione che il Signore ci ha affidato di comunicare e condividere la nostra fede. Perché si possa azzardare un invito è necessario che ci siano buoni rapporti, stima vicendevole, buone ragioni per desiderare di andare il saluto della buona educazione e l’irritazione quelli di sotto che ascoltano la musica a un volume troppo alto. Forse questo è il primo passo richiesto alle famiglie: di rendere familiare il mondo in cui vivono. Le occasioni quotidiane di incontro offrono infinite possibilità di rapporti, di aiuto, di conoscenza, a chi è attento e sogna un mondo fraterno. Perchè si possa azzardare un invito è necessario che si creda alla bellezza della proposta, che la partecipazione alla vita della comunità cristiana sia vissuta

come bella, necessaria, promettente perché aiuta a vivere meglio. Dalla lettura della scheda proposta al Nostro gruppo sono emerse le seguenti riflessioni: 1) Quali sono le ragioni della ricerca di un gruppo famiglia e dell’appartenervi?

La ricerca di un gruppo famiglia può nascere da due motivazioni: il desiderio di stare con altre famiglie e la volontà di crescere come individuo-coppia e gruppo. Spesso è un cammino che può iniziare dalla voglia di stare insieme (per raccontarsi la vita di tutti i giorni, per trovare un momento di svago), ma ciò che permette di continuare è il riconoscere che il gruppo rappresenta un luogo di crescita, in cui mettersi in gioco come coniuge e come coppia alla luce della Parola di Dio. In ogni Parrocchia i corsi di preparazione dei fidanzati alla celebrazione del Sacramento del Matrimonio o dei genitori dei battezzandi possono rappresentare un’occasione per far conoscere i gruppi di spiritualità famigliare alle coppie in ricerca. Va, però, segnalato che nonostante vi sia una certa domanda da parte di molte coppie, vi è la difficoltà di trovare coppie “guida” che possano attivamente agire e seguire questi gruppi.

2) In che modo il gruppo di spiritualità famigliare può aiutare ogni coppia?

Il gruppo di spiritualità famigliare dovrebbe aiutare ciascuno come singolo a riscoprire le ragioni della propria fede e all’interno della coppia a ripensare alle motivazioni che hanno portato alla scelta di celebrare il Sacramento del Matrimonio, al senso di essere sposi. È solo tornando alle origini della nostra fede e del nostro essere famiglia che ogni coppia può rendere familiare il mondo in cui vive sia all’interno del gruppo che nei luoghi in cui ci troviamo tutti i giorni (nel proprio condominio, nel proprio luogo di lavoro, nella scuola dei propri figli, …). Insieme alla riflessione deve essere dato spazio alla preghiera, perché è solo facendo posto al Signore, sorgente dell’Amore, che si può camminare nella Verità e trovare la forza di fronte alle difficoltà di ogni giorno. Il gruppo di spiritualità famigliare dovrebbe essere, inoltre, un luogo di ascolto, di condivisione e nel quale astenersi dal giudizio sull’altro. Ma non sempre è facile per una coppia aprirsi completamente alle altre sui problemi veri e seri della propria famiglia: questa difficoltà è più spesso legato al “pudore” personale piuttosto che alla poca fiducia nei confronti degli altri componenti del gruppo.

3) Quale ruolo svolge il sacerdote/religioso all’interno del gruppo di spiritualità famigliare?

La figura del sacerdote/religioso all’interno del gruppo lo aiuta ad essere certo che ciò che si dice o si fa sia conforme agli insegnamenti della Chiesa e a trarre le conclusioni sul cammino che si sta facendo; la presenza di un sacerdote/religioso è fondamentale in caso di controversie. Non bisogna però dimenticare che le vere protagoniste del gruppo di spiritualità famigliare sono le coppie di sposi: il sacerdote/religioso dovrebbe stimolare gli sposi a mettersi in gioco, aiutandoli se necessario a preparare l’incontro periodico dl gruppo. Ma sono pochi i gruppi di spiritualità famigliare che possono avere sempre presente una figura religiosa.

4) Una critica conclusiva ….

A Busto Arsizio, in alcune Parrocchie, i gruppi di spiritualità famigliare esistono da circa vent’anni e sono nati grazie al lavoro di singole persone o sacerdoti che autonomamente hanno creduto nelle famiglie e si sono messi al lavoro per far riscoprire alle coppie di sposi le origini del Sacramento celebrato e l’importanza del Signore nell’unione tra marito e moglie. Purtroppo poco tempo e spazio viene dato alla preparazione dei fidanzati alla celebrazione del Sacramento del Matrimonio che riveste uguale importanza rispetto agli altri; ma mentre per questi ultimi la preparazione alla loro celebrazione dura anni, ai futuri sposi viene riservato unicamente un breve corso di 6-8 incontri. Finora è stato dato poco ascolto (forse anche per poca preparazione e disposizione) alle famiglie. Pensiamo che sia fondamentale che la Chiesa, come istituzione, pensi di più alla famiglia ed alla Pastorale Famigliare come sta tentando di fare il Cardinale Arcivescovo in questo triennio. Speriamo che tutto non si concluda con il prossimo anno, ma che la proposta dell’Arcivescovo rappresenti l’inizio; e, visto che i Pastori “scarseggiano” pensiamo sia giusto puntare sulle coppie di sposi al fine di dare loro il giusto ruolo e la giusta responsabilità.

Massimo e Simona

Scheda n. 2 Le nostre comunità sembrano talora più una somma di solitudini che il popolo radunato dallo Spirito che ne fa un cuore solo e un’anima sola. Le famiglie che vivono sincerità d’affetti e l’umile fiduciosa pazienza del quotidiano possono offrire un contributo decisivo. Il segreto che si impara in famiglia è quello di fare di ogni situazione un’occasione: per un aiuto, un sorriso che incoraggia, un silenzio che rispetta, una discussione che chiarisce, un abbraccio che perdona, un’umiltà che si lascia perdonare, una tolleranza vigile che aiuta giovani libertà a tracciare un cammino, una fermezza e coerenza che offre punti di riferimento. Lo stile di famiglie imperfette certo, ma docili allo Spirito, è come una specie di lievito che può far fermentare tutta la comunità. Per vincere l’individualismo che rinchiude fede, pensieri, paure in opprimenti solitudini non servono appelli e rimproveri: si cercano famiglie che sanno salutare, offrire un aiuto, scambiare una parola cordiale mentre si aspettano i ragazzi che escono dal catechismo. Anche i nostri ragazzi possono favorire incontri tra gli adulti, abbattere pregiudizi, allargare gli orizzonti. Per vincere la frenesia che imprigiona il tempo in adempimenti incalzanti non servono programmazioni ed evasioni: si cercano famiglie capaci di fare festa, disponibili a ospitare amici e vicini di casa per discorrere della bellezza del Vangelo e gioire del tesoro nascosto proprio là dove sembrava segnato un destino di ingrata fatica. Anche la nostra povertà e il nostro bisogno di un po’ di gioia possono intrecciare una trama di amicizie che ci accoglie come una tenda che s’allarga per accogliere altri ed altri ancora. Per vincere disperazione e rassegnazione che convincono a ripiegarsi in un presente senza orizzonti, gli aiuti offerti da ricette per prendersi cura di sé e stare bene con se stessi risultano una specie di anestesia piuttosto che una promessa di salvezza. Si cercano famiglie capaci di narrare le parole della fede come la mano tesa di Dio che offre speranza di vita eterna e felice. Lo stile della quotidiana vicinanza che sa interpretare anche i momenti oscuri del lutto, della malattia, della solitudine, delle relazioni trasformate in conflitti è un modo di comunicare la fede che può trasformare l’abitare vicino in un camminare insieme. La scheda numero 2 ci ha dato lo spunto per una valutazione della pastorale e dell’evangelizzazione dei gruppi familiari. Ci siamo posti queste domande:

1) come sono i nostri gruppi familiari 2) che rapporto c’è tra gruppi familiari e parrocchie e di conseguenza con il decanato 3) come trovare famiglie disposte ad aderire ai gruppi familiari

Il gruppo era formato da 6 coppie 3 partecipanti ai gruppi di San Giovanni e 3 ai gruppi di San Michele. - I gruppi seppur collegati alle singole parrocchie sono già una realtà decanale, anche se i gruppi hanno

come riferimento il parroco della singola parrocchia i loro componenti sono spesso di diverse parrocchie. Sicuramente questo legame è dovuto al fatto che molti restano collegati alla parrocchia d’origine in cui sono cresciuti, e perché la motivazione iniziale dell’ingresso in un gruppo spesso è un rapporto di amicizia e di fiducia che spinge le nuove coppie a provare un nuovo percorso di fede. Questa situazione multi parrocchiale all’arrivo dei figli in età dei primi catechismi crea problemi di inquietudine a coloro che si sentono in dovere di partecipare in più ambiti parrocchiali, questo a scapito dell’una o dell’altra parrocchia. Nei gruppi poi si è riscontrata anche la difficoltà causata problematiche sociali quali l’infertilità, la vedovanza, il divorzio. Spesso queste situazioni allontanano le coppie o gli individui e questa la rileviamo come carenza dei gruppi familiari.

- Per quanto riguarda i rapporti tra decanato e parrocchia ci sembra che ci sia un problema di pubblicizzazione interna dovuto soprattutto a situazioni di incomprensione con il clero. L’impressione è

che si abbia paura comunicando o pubblicizzando incontri ed iniziative, che vengano meno i singoli incontri parrocchiali, mentre crediamo che si debba lasciare alle singole famiglie la libertà di scelta soprattutto nella più sincera comprensione.

- Per trovare famiglie che aderiscano ai gruppi siamo convinti che bisogna evangelizzare far conoscere alle comunità i gruppi e spiegare in cosa consistano, ci è sembrato non molto bello parlare di pubblicizzazione perché il gruppo non è un prodotto commerciabile, le famiglie che vi entrano hanno in mente un cammino di fede insieme ad altri e non si può pensare di proporre un cammino di crescita senza conoscere in modo abbastanza profondo i nostri interlocutori.

- Siamo convinti però che esistono dei mezzi e delle occasioni approccio e di comunicazione che sono: - I corsi dei fidanzati - L’approccio ai genitori attraverso la catechesi dei bambini - La catechesi per i neobattezzati - I gruppi giovanili Sono tutte realtà in cui i gruppi potrebbero intervenire e far conoscere la loro realtà. In conclusione il gruppo è una risorsa non solo per la parrocchia ma anche per le famiglie, perché si delinea come una rete che salva, che da la spinta, che si allarga. L’importante è divenire pescatori come Gesù, ci ha insegnato.

Patrizia e Carlo Scheda n. 3 Le famiglie che si radunano per la celebrazione della Pasqua settimanale, cioè per la messa domenicale, sono davvero fortunate, o, meglio, benedette. Trovano nella chiesa dove la comunità si raduna un luogo dove il peso della settimana può farsi più lieve: sanno che nel calice del vino si aggiunge un po’ d’acqua. Sono le loro lacrime, le lacrime di tanti che hanno passato giorni di dolore, di fatica, di nervosismo, di umiliazione. Le lacrime si mescolano con le forti grida e lacrime del Figlio di Dio: diventano la forza di una nuova alleanza. Senza la domenica non possiamo vivere: benedette quelle famiglie che sanno accogliere il dono della domenica senza lasciarsi trascinare dalle mode che ne vorrebbero fare un’occasione di dispersione, di consumo, di frenesia di esperienze. La convocazione comunitaria è profezia di una possibile fraternità dentro la città, nel cuore dei paesi: la messa della domenica è la grazia di un incontro con fratelli e sorelle nella fede che ritessono la trama di rapporti che rischia di essere lacerata dall’individualismo e dalle paure, dalle pigrizie e dalla suscettibilità. E’ bella la messa della domenica! Deve essere una bella chiesa, devono essere belli i canti e le parole: deve essere una festa. I cristiani devono sentirsi nelle condizioni di invitare amici e conoscenti alla messa della domenica: venite anche voi, è così bello e così necessario! La preghiera condivisa è un’insuperabile esperienza spirituale. Si condivide la preghiera con tutti, con tutta la comunione dei santi. Talora la fede fragile, distratta, problematica di uomini e donne del nostro tempo trova un’imprevedibile intensità quando avverte d’essere dentro la grande preghiera della Chiesa: le parole ridotte a formule consumate possono diventare fuoco quando uno riesce ad intuire come hanno vissuto la confidenza in Dio e il cammino della fede proprio con quelle stesse parole la santa nonna o il beato Cardinal Schuster, Madre Teresa o Padre Pio, Teresina di Gesù o il mio vecchio parroco, Carlo de Foucauld o mio papà. La preghiera condivisa può essere un aiuto nel camino della fede anche per i genitori. L’incanto con cui un bambino accende una candela o si prepara a ricevere la prima comunione, la concentrazione con cui il figlio presta servizio all’altare sono come una rivelazione della serietà e verità della presenza di Dio. La mamma e il papà che portano in chiesa il figlio per una scadenza che sembra imposta dall’età e dalla tradizione sono talora introdotti alle domande più serie: e tra tutte le cose importanti possono intuire che una sola è quella necessaria….

L’invito del Cardinale Tettamanzi alle famiglie, attraverso la proposta diocesana di quest’anno “Famiglia comunica la tua fede”, è l’appello rivolto alle nostre comunità, in particolare alle famiglie cristiane che prepara ad una prospettiva di comunicazione e condivisione della nostra fede attraverso la grazia e la responsabilità che ogni famiglia possiede per mezzo della Parola e della Testimonianza di vita. Come il gruppo di spiritualità familiare può essere strumento dell’attività di pastorale dedicata alla “Famiglia”? Perché in molte comunità parrocchiali i gruppi non sono ancora considerati come mezzo di comunicazione nella Fede? Sono forse ritenuti alternativi alla catechesi?

Le realtà presenti nel territorio prevedono gruppi di tipo esperienziale e catechetico, con o senza l’ausilio

del sacerdote. Alla luce dell’esperienza maturata sino ad ora da parte di alcune parrocchie del decanato, possono i laici essere soggetti promotori e gestori della realtà dei gruppi di spiritualità familiare.

Se la celebrazione domenicale è fulcro della condivisione fraterna “…dentro la città, nel cuore dei paesi,

è la grazia di un incontro con fratelli e sorelle nella fede che ritessono la trama di rapporti che rischia di essere lacerata dall’individualismo, dalle paure, dalle pigrizie e dalla suscettibilità…”, possono i gruppi familiari costituire un naturale proseguimento della grazia ricevuta nell’esperienza eucaristica senza incorrere in situazioni di chiusura nei confronti della comunità.

Allora il Gruppo di spiritualità familiare può “farsi prossimo” nei confronti di tutte le coppie della

comunità, con la capacità e la freschezza di “accogliere” in questa esperienza nuove famiglie, comprese le coppie provenienti dai gruppi fidanzati?

Guidati dalla lettura di alcune schede tratte dalla lettera del Cardinale Tettamanzi alle famiglie i presenti hanno costituito alcuni gruppi di riflessione, partendo quindi dall’invito del nostro cardinale a riconsiderare la realtà comunitaria ed accorgersi che proprio nel cuore della Chiesa, dalla celebrazione Pasquale, dall’Eucarestia, dal valore dato alla preghiera, possiamo ripartire e vivere nella coppia e nella comunità la comunicazione nella fede. Questi sono stati i temi affrontati in modo particolare nel nostro gruppo. La scheda di riflessione conduceva infatti al senso di una comunità che si ritrova alla santa messa domenicale radunata attorno all’altare per accogliere il dono, la nuova alleanza, ma anche per incontrare i fratelli e le sorelle e fermarsi, per non disperdere il senso del nostro agire e ritessere …”…la trama di rapporti che rischia di essere lacerata dall’individualismo e dalle paure, dalle pigrizie e dalla suscettibilità…”. Dunque la messa della domenica deve essere una festa, un momento atteso, curato…. bello nei canti e bello nelle parole! Allora perché non invitare amici e conoscenti: “….è cosi bello e così necessario!…” afferma il cardinale. Ecco in pochissime righe il significato di una comunità che vive e che certamente può riscoprire nei gruppi di spiritualità familiare il naturale proseguimento della grazia ricevuta nell’esperienza eucaristica e l’invito ai fratelli è segno di una comunità che non si rinchiude in se’ stessa, anche e soprattutto nei gruppi familiari. Essi devono rappresentare un’opportunità “aperta e dinamica” verso la comunità lontano da ogni situazione di chiusura. Il nostro gruppo, diremmo rappresentativo della realtà decanale, ha evidenziato come la gestione dei gruppi di spiritualità familiare, di esperienza decennale o di qualche anno, sia affidata per lo più ai laici spinti dal desiderio di approfondire e maturare la “riflessione di coppia”, dove comunque la figura del sacerdote o di una religiosa costituiscono per alcune realtà una figura di riferimento. Altri gruppi per contro, gestiti dal sacerdote, vivono una situazione di gruppo di spiritualità a carattere esclusivamente catechetico, dove è dato ancora poco spazio alla relazione di coppia, anche sotto l’aspetto psicologico. Infine ci sono parrocchie dove l’esperienza dei gruppi non si è ancora sviluppata dove, per diversi motivi, la proposta di pastorale familiare è rappresentata esclusivamente dalla catechesi “tradizionale” accompagnata dalle iniziative legate agli eventi dell’anno (festa della famiglia). A questo punto il gruppo si interroga sulla valenza dei gruppi di spiritualità familiare, quale strumento possibile dell’attività pastorale nella comunità. Esso non nasce in antitesi a nessuna forma di catechesi, ma può o potrebbe rappresentare una delle tappe che porta “la coppia a crescere come coppia”! In questo cammino alla coppia cristiana è data la possibilità di fermarsi, di riflettere, di interrogarsi, di parlarsi e di conoscersi nonostante il peso della quotidianità che tende ad appiattire ed a livellare la qualità delle relazioni, che per essere tali hanno bisogno di un tempo dedicato, non richiudibile in un ritmo cronologico. Se desideriamo che la famiglia sia soggetto attivo della comunità e la Chiesa in questi anni riparte proprio

dalla famiglia, nonostante le statistiche e l’opinione che si vuole diffondere, alla famiglia deve essere riservata quella cura e quell’attenzione di chi ha capito che nel matrimonio cristiano Vive l’Amore di Cristo! Si chiede dunque in modo concreto alla diocesi di Milano un percorso pastorale familiare in cui possano trovare collocazione anche i gruppi di spiritualità familiare, con un programma preciso “comune a tutte le parrocchie”, testi di riferimento diocesani e soprattutto un itinerario di formazione di sacerdoti e coppie per la guida dei gruppi di spiritualità familiare. Il gruppo rileva infine, prendendo spunto proprio dalla lettera del cardinale, l’aspetto “missionario” dei gruppi nei confronti di tutte le coppie della comunità comprese le coppie provenienti dai gruppi fidanzati. Senza nulla togliere alla valenza della catechesi tradizionale e a quello strumento formidabile rappresentato dai gruppi d’ascolto, il gruppo familiare può e deve “farsi prossimo” con la capacità e la freschezza di “accogliere” in questa esperienza nuove famiglie e quindi ricchezza nuova per la dinamica del gruppo. La coppia è chiamata da ultimo, forte del proprio cammino nella comunicazione e nella fede, ad essere presente ed impegnata nella comunità, in vari ambiti, è chiamata partendo dalla celebrazione eucaristica ad accogliere senza misura il dono fecondo dell’Amore anche quando una giovane vita è rifiutata o vive momenti difficili e ha bisogno di una famiglia. I gruppi possono diventare terreno fertile per una rete di sostegno a questi bambini aprendosi con coraggio alle iniziative di affido e adozione. Ringraziamo tutti i partecipanti al “gruppo numero 3” perché ogni spunto di riflessione è stato prezioso ed importante per comprendere che l’esperienza del gruppo di spiritualità familiare è senza dubbio un’opportunità da vivere e condividere, merita dunque tutta la cura e l’attenzione possibile per aiutare la coppia a vivere e comunicare nella fede. Nadia e Paolo Scheda n. 4 Maria e Giuseppe hanno vissuto giorni di angoscia. Quale famiglia potrà evitarli? In un tempo di confusione come il nostro, come è possibile evitare l’inquietudine delle domande senza risposta? I figli crescono e vanno per la loro strada. Ma i genitori non sanno come accompagnarli: dobbiamo tenerli vicino o lasciarli andare? Dobbiamo esigere o tollerare? Dobbiamo fare proposte o attendere che siano loro a chiedere un consiglio? Dobbiamo difenderli, giustificarli, oppure aiutarli a capire i loro sbagli? Viviamo in un tempo di confusione: le chiacchierate con i colleghi, i battibecchi tra gli esperti, la lista delle accuse che si usa rivolgere ai genitori, la differenza tra quello che ai genitori sembra sensato e quello che ai figli sembra ovvio, insomma tutto contribuisce a complicare la vita e rendere incerti su che cosa si deve fare, dire o tacere. E poi siamo diventati tutti suscettibili. Marito e moglie, genitori e figli discutono: ma le parole sono spesso gridate per imporre un punto di vista invece che per comunicare e farsi capire. La testardaggine di difendere a ogni costo una scelta, un capriccio, una pretesa, induce a cercare il punto debole dell’altro piuttosto che a ragionare e motivare. E di chi è la colpa? L’amor proprio non sopporta di chiedere scusa e quindi cerca di ferire invece che di guarire, riepiloga i precedenti, si accanisce a rinfacciare piuttosto che trovare le parole del perdono. Viene sempre una sera in cui in casa non c’è nessuno: il silenzio, la solitudine, l’elenco dei malintesi e delle parole aspre di una giornata quasi impongono un bilancio. Uno si mette a pensare e gli viene da dire:”Sono un disastro di marito, sono un padre fallito: non riesco a far contento nessuno. Le mie proposte cadono nell’indifferenza. Ogni cosa che io dico o faccio suscita solo critiche o quel sarcasmo

che mi fa uscire dai gangheri. Possibile che sbaglio tutto io?” Una si mette a pensare e le viene da dire:”Se guardo indietro, la mia vita mi sembra un percorso tra le macerie: i sogni sono svaniti, i rapporti più desiderati – l’amore, come si dice – sono diventati quelli più difficili o noiosi. Che donna da niente sono! Cosa mai posso dare? cosa mai posso chiedere? Che esempio posso dare?” Uno si mette a pensare e gli viene da dire:”Hanno ragione! Hanno tutti ragione! Io sono un problema per i miei. I miei orari sembrano scelti apposta per esasperarli. Non c’è nel mio guardaroba un vestito che mio padre possa approvare. La mia pagella è una condanna. Per i miei sono una delusione: lavorano da mattina a sera, cedono ad ogni mia richiesta. E io non sono neppure capace di dire grazie”. Se hanno attraversato momenti di angoscia Maria e Giuseppe, tanto più noi. E la vita che è difficile e strana, non solo noi che siamo sbagliati. Per fortuna – però – ci sono gli angeli. Come hanno visitato Maria e Giuseppe, gli angeli di Dio continuano a visitare gli uomini. Gli angeli portano il messaggio di Dio e suggeriscono la via da percorrere: hanno volti d’uomini e di donne saggi e pazienti, hanno la delicatezza di una intuizione improvvisa, hanno la forza di una parola esigente come una predica, un rimprovero, abitano di preferenza i momenti di preghiera. Non mancano mai gli angeli nei momenti di angoscia e di confusione. Bussano alla porta con discrezione, sorridono con comprensione: forse un po’ di silenzio può aiutare ad ascoltarli. Raccontano di come la parola del Signore possa farsi storia proprio ora: in questa casa, in questa decisione difficile, in questo momento di tensione. Per fortuna ci sono gli angeli: no è raro che abitino proprio in famiglia e abbiano il volto di un uomo, di una donna, di un ragazzo, di una ragazza. Chi raccoglie una parola di Dio è come una candela che si lascia contagiare dal fuoco: può far luce per tutta la casa. Nel nostro gruppo abbiamo riflettuto sugli stimoli dati dal brano evangelico che narra di Gesù che resta nel tempio di Gerusalemme mentre Giuseppe e Maria, lo cercavano. Lo spunto è “l’angoscia” di Maria e Giuseppe che non trovavano più il loro unico figlio. Abbiamo paragonato questa angoscia al senso di smarrimento che prende, a volte, le nostre famiglie ad esempio nel rapporto con i figli e, più in generale di fronte alle scelte della vita in un periodo storico di confusione e precarietà come il presente. Lo smarrimento può diventare accanimento, ferita nei confronti dell’altro per un orgoglio, un amor proprio che nell’incertezza prendono il sopravvento, portandoci ad essere accusatori anziché misericordiosi. L’atteggiamento dei genitori di Nazareth, invece, ci insegna che non si deve “rompere” la relazione, ma ci si deve affidare a Dio, soprattutto quando non si comprende l’altro. Maria ha sempre tenuto le sue sofferenze chiuse nel proprio cuore; ha sempre affidato a Dio i suoi tormenti, i suoi tanti dubbi sul ruolo che le era stato affidato. Così facendo Giuseppe e Maria hanno tenuto insieme la loro famiglia, hanno fatto crescere Gesù, lo hanno portato alla soglia della sua vita pubblica, adulta, e poi, nel caso di Maria, lo hanno anche accompagnato, un passo indietro, ma sempre a disposizione. La nostra famiglia, di fronte alle sfide del tempo, diventa ancora una volta palestra di misericordia solo se è capace di vedere gli altri con gli occhi di Dio e se sa evitare che l’ansia del presente si trasformi in cupa angoscia imparando ad affidarsi a Dio. La famiglia di Nazareth ha fatto un cammino da figli di Dio come tante nostre famiglie di oggi che con serenità, ma anche con serietà portano avanti la loro vita con fede autentica “fiorendo dove Dio li ha posti”: nel mondo del lavoro, nella società, nella comunità. All’interno della vita di coppia, base della famiglia, riteniamo che l’autenticità dell’altro dia forza a ciascuno, faccia ritrovare al proprio interno le risorse necessarie per ricostruire sempre, anche dopo una rottura. Infine risorsa indispensabile all’interno della famiglia è la presenza dello Spirito Santo che, se abbiamo fede, soffia sulle nostre vite e ci accompagna sempre vegliando su di noi, sui nostri figli.

In mondo pragmatico dove conta solo cosa si produce e quanto si spende, può sembrare un discorso retorico, ma chi è passato attraverso i tormenti dell’angoscia, della solitudine, della rabbia, sa che solo con l’aiuto dello Spirito Santo si può riemergere e continuare.

Tiziano e Anna Scheda n. 5 Il senso di colpa e la sensazione di impotenza sono le malattie che minacciano la gioia di essere genitori. Chi non vorrebbe vedere i propri figli contenti, buoni, stimati, riusciti? Ma talora la vita sembra un assedio: fuori dalle mura di casa si preparano insidie. Insegni a parlare in modo educato: appena esce di casa i figli imparano parolacce e volgarità. Raccomandi d’andare a Messa e di non lasciare l’oratorio: e il giro degli amici non ci mette niente a cancellare anni di raccomandazioni con una battuta densa di sarcasmo. Insomma i genitori si sentono impotenti. E poi – ad essere sinceri – anche tra le mura di casa la vita sembra una successione di errori. Sì, raccomandiamo tante cose belle, però noi stessi, gli adulti siamo talora i primi a lasciarci trascinare dagli stili, dalle pigrizie, dalle rabbie di cui si impregna l’aria che respiriamo. Insomma i genitori si sentono in colpa. E sono troppi quelli che glielo ricordano, elencando spietati dalle cattedre dei sapientoni quello che si dovrebbe fare e che non si dovrebbe e cambiano opinione ad ogni stagione. Quando il rapporto con i figli si fa difficile, sorgono le domande: dove abbiamo sbagliato? Perché ci è capitato questo? Ma – io mi chiedo – sono domande giuste? La ricerca delle cause può istruire e rendere più saggi, ma talora può perdersi in un groviglio inestricabile di accuse reciproche, di opinioni arbitrarie, di angosce inutili. Se incrociamo lo sguardo di Gesù, vi leggiamo una misericordia che ci restituisce fiducia. Non state a recriminare sul passato: la nostra certezza è che resta una missione da compiere e il Signore può servirsi di noi, uomini e donne che non siamo privi di errori, di difetti e di peccati, per accompagnare giovani libertà verso il futuro. http://www.chiesadimilano.it Il perché più giusto non è quello che significa: per colpa di chi? o per quale mia colpa?, ma piuttosto quello che significa: a che scopo? per quale via si può trarre il bene anche dal male? Quale grazia mi illumina e salva in questa situazione? Accompagnare un figlio o una figlia verso il futuro significa certo prendersi cura di molti aspetti. Purtroppo il cumulo di molte attenzioni doverose e complicate rischia di soffocare l’essenziale. Benedetti quei genitori che sanno dare ordine alle cose e si dedicano all’educazione dei figli con la persuasione che il segreto di ogni futuro, l’essenziale per ogni vera gioia è la relazione con Dio! Benedetti quei genitori che sono convinti che la vita è una vocazione e che la libertà si realizza veramente solo nella decisione di amare e di amare per sempre! La nostra riflessione di gruppo ci ha condotti ad esaminare lo scritto del Card. Tettamanzi (I giorni di Gerusalemme) circa le domande che i genitori si pongono di fronte ai comportamenti dei figli che vanno in direzione opposta rispetto agli insegnamenti impartiti. Anche noi siamo colpiti dall’angoscia e ci chiediamo dov’è l’errore. Il Cardinale ci invita a non guardare indietro ma ad impegnarci ancora, avendo fiducia nel Signore che accompagna e guida il nostro cammino, e a cercare di insegnare i valori più alti tra cui il più importante è la relazione con Dio. In gruppo c’è stata grande sintonia con questa impostazione sebbene la realtà sia dura da affrontare.

Rileggendo le indicazioni del nostro Arcivescovo alla luce del titolo del Convegno di Rho del prossimo 6 aprile, si è cercato di capire il ruolo di un gruppo familiare nell’aiutare e sostenere le coppie in queste situazioni nelle quali si gioca davvero la trasmissione della fede. Se siamo consapevoli che:

- il compito educativo dei genitori non finisce mai; - spesso i genitori cedono alla tentazione di veder realizzato il proprio progetto di vita sui figli negando

loro la libertà; - gli insuccessi educativi possono essere fonte di bene, innanzitutto perché insegnano l’umiltà ed il

riconoscimento dei propri limiti; - è necessaria una unità di intenti educativa; - si deve dare una concreta e coerente testimonianza di vita; - Dio è al primo posto nelle preoccupazioni della coppia; - é necessaria una fiduciosa apertura alla Provvidenza; - la coppia si deve alimentare di preghiera; allora possiamo trovare in un gruppo familiare aiuto, sostegno e condivisione per realizzare questi desideri. Innanzitutto perché nel gruppo familiare si fa un cammino di crescita nella fede, si crea affiatamento, condivisione e sincera amicizia tra le coppie, perché si riconosce nella coppia (o coppie) guida la capacità di essere maestra di vita, perché si fa l’esperienza di essere chiamati a condividere una proposta che vale la pena di essere vissuta. Dunque il gruppo familiare diventa elemento importante per vivere da cristiani il matrimonio e le problematiche che ogni famiglia affronta. Il gruppo si deve sentire anche parte della Chiesa per cui è fondamentale il legame tra gruppi e comunità parrocchiale con reciproco riconoscimento e stima per creare comunione e non compartimenti stagni. Anche nella realtà decanale è importante che sia riconosciuta la funzione e l’importanza dei gruppi familiari. Interessante in questa direzione la proposta di reciproco aiuto tra gruppi di diverse parrocchie con la partecipazione di coppie di una realtà già consolidata alla costruzione di nuovi gruppi familiari nelle parrocchie in cui non ce ne sono o faticano a crescere.

Alberto e Luisa L’incontro del 24 febbraio organizzato in preparazione al convegno zonale di Rho del 6 aprile ha certamente realizzato l’obiettivo di conoscere la bella realtà decanale dei gruppi di spiritualità familiare a Busto Arsizio. “Bella realtà” non perché necessariamente sinonimo di diffusione capillare in tutte le parrocchie di questa esperienza definita da molti straordinaria; non in tutte le parrocchie infatti, sono incoraggiati e promossi i percorsi di formazione dei gruppi, ma soprattutto “bella realtà” perché si è scattata un’istantanea sui desideri, sui bisogni, i dubbi delle coppie della città di Busto che percepiscono, ognuno secondo la propria esperienza, che il gruppo di spiritualità familiare e’ possibile strumento educativo nell’ambito dei percorsi pastorali dedicati alla famiglia. Quattro spunti di approfondimenti generali emersi:

1. puntare alla formazione di coppie guida per i gruppi familiari, 2. avere maggiore attenzione alle famiglie con situazioni difficili, magari a partire dalla lettera specifica

del Cardinale; 3. favorire la valenza missionaria e il respiro decanale dei gruppi familiari; 4. prevedere momenti di formazione per la famiglia a partire da un cammino spirituale verso percorsi

comunicativi, relazionali e sociali.

GRUPPI DI SPIRITUALITA’ FAMIGLIARE 2008 PARROCCHIA BEATA GIULIANA – BUSTO ARSIZIO

COMPOSIZIONE: 2 gruppi di 7/8 famiglie CADENZA: un incontro al mese con durata 1/1,5 h di solito nel dopocena LUOGO: nelle case delle famiglie partecipanti ANIMAZIONE: a turno una coppia guida si occupa di gestire l’incontro TESTI: brani tratti dal Vangelo Ci si riunisce un sabato al mese nella casa della coppia che ha preparato l’incontro (in occasione della Pasqua e del Natale il normale incontro viene sostituito dalla Messa e da un momento conviviale). L’incontro inizia recitando una preghiera scelta per l’occasione dalla coppia guida. Segue un approfondimento relativo al brano del Vangelo oggetto della serata e la riflessione personale sempre della coppia animatrice. A questo punto tutte le altre coppie leggono la riflessione sul testo preparata prima dell’incontro e il giro di tavolo viene concluso da Don Claudio o da suor Angela alternativamente presenti alle riunioni. Normalmente c’è poi uno scambio libero sulla base di quello che si è ascoltato durante la serata e si conclude con la recita del Magnificat. La serata termina con un momento … dolce. CALENDARIO DEGLI INCONTRI 2008

1. La vita affettiva nell’esperienza familiare 2. Tempo per la festa e tempo per il lavoro nell’esperienza familiare 3. La famiglia: casa dell’accoglienza, della cura e del soccorso 4. La comunicazione della fede in famiglia 5. La cittadinanza della famiglia 6. La famiglia:”Piccola Chiesa” in stato sinodale 7. La famiglia:”Piccola Chiesa” annuncia e testimonia l’amore di Dio

Referenti: Riccardo e Maria Luisa Allevi Tel. 0331-381160 [email protected]