La Colonna di Santa Giustina 1572 - Cherini · danni provocati dalle sassate dei “fiòi...

14
Aldo Cherini La Colonna di Santa Giustina 1572 Autoedizione 1993

Transcript of La Colonna di Santa Giustina 1572 - Cherini · danni provocati dalle sassate dei “fiòi...

Aldo Cherini

La Colonna di Santa Giustina

1572

Autoedizione1993

✍ Aldo Cherini, Trieste, 15.3.93 - 01.3.11impaginazione e stampa

www.cherini.eu

Il 7 ottobre 1571, giorno di Santa Giustina, learmate navali della Cristianità e quelle della Mezzalunasi misurarono sulle acque delle Isole Curzolari, lungo lecoste ioniche della Grecia, in quel grandioso scontro, ilpiù grande dell’antichità, divenuto universalmente notocome battaglia di Lepanto.

L’avvenimento fu uno dei cardini attorno ai quali haruotato la storia dell’Europa Mediterranea e forse dell’u-manità tutta, un avvenimento pregno di estreme e impor-tanti conseguenze, spettacolare e sanguinoso, che hafornito materia inesauribile ad illustratori d’ogni genere,scrittori, storiografi, cronisti, poeti, pittori. Basti citare legrandi tele o gli affreschi del Carpaccio, del Tintoretto,del Pinturicchio, del Bassano, del Liberi, del Vicentino.Non c’è libro di storia che non lo ricordi, non c’è giornaleo rivista che, ogni tanto, non ne parli ancor oggi.

“Amico carissimo,con molta ragione mi avrà messo ormai nel novero

di quelli dalle lunghe promesse con l’attender corto. Unanno infatti e più è trascorso da quando lei mi faceasapere ch’era tutto intento a raccogliere i materiali periscrivere una memoria intorno a Gl’istriani alla battagliadi Lepanto. Ed io a rallegrarmene e ad accennarle che quia Capodistria ci abbiamo ancora in piedi una Colonna

1

che ricorderebbe — secondo vuole la tradizione, le scrivea— quel fatto glorioso per armi cristiane. E promettevalepoi, dietro suo desiderio, di comunicarle in propositonotizie più ampie e più precise, di fargliene la descrizioneparticolareggiata e di trascriverle, come fosse possibile,l’epigrafi.”

Così esordiva il professore Giuseppe Vatova, inse-gnante nel Ginnasio Superiore cittadino, nella lettera

Veduta settecentesca del porto con la Colonna si Santa Giustina in primopiano

2

La Colonna presso il magazzino del sale del molo detto Pacioski

3

spedita all’amico, il dott. Albino Zenatti, a Roma, da“Salara di Capodistria, nelle vacanze estive del 1884”.

Aveva preso così il via, secondo la promessa fatta,la ricerca del professor Vatova, inizialmente titubante mapoi entrato a gonfie vele nell’argomento allargandolo inuna serie di interessanti “disgressioni”, che il periodico“La Provincia dell’Istria” pubblicava a puntate per venireinfine raccolte in volume nel 1887 per i tipi dello stabili-mento tipografico Carlo Priora.

La Colonna di Santa Giustina si trovava in quelperiodo eretta ancora presso la riva orientale del man-dracchio, al porto, suo sito originario, ma tra il via vaidella gente impegnata nel carico e scarico delle barche,tra carri, botti e casse, antenne, alberi e vele. Posizioneforse pittoresca ma non felice per l’autentico monumentoqual’ era, anche se nessuno ne aveva fatto ancora oggetto

La Colonna spostata sul Piazzale Carpaccio

4

di studio e della colonna siparlava in termini di sempli-ce “tradizione”, per non cita-re le fantasiose versioni chedava la gente del popolo.

Gente che il Vatovanon aveva trascurato di in-terpellare, ed ecco quelloche “ da alcuni di essi udiiuna sera — son sue testualiparole — quando al chiarodi luna mi fermai per dareancora un’occhiata scruta-trice al monumento, comesoleva ogni volta che pas-sassi di là, ed essi ebbero avedermi e si avvicinarono,un dialogo che seguì fra me,un popolano, un barcaiolo eun falegname.

Domando io: “Come in-tendè vualtri ’sta Colona co’de sora ’sta statua?”

E ’l primo dei tre: “Bo-gna che la sepia, sior mio,che ’sta qua se ciama la sta-tua de la Justissia. Mi ghedisarò come che xe stà. Per-chè una volta…, ma assaiassai tempo avanti, qua i fe-va la justissia; ma no questide adesso.... Qua i ghe n’àfusilà sete in tuna volta, con-

5

teva mio nono. E ghe dovarave esser in sima anche i nomide quei che xe stai fusilài.”

Ed io: “Forsi i venessiani?”E lui: “No, no, avanti ancora.....co qua iera i greghi:

alora qua vigniva i siori e qua i judicheva e i condaneva equa i feva justissia. E per questo xe ’sta statua, che seciama la statua de la Justissia”.

E l’altro, ancora più addentro alle segrete cose:“Cossa a se pensa! No soto i greghi — i greghi no iera maiqua —, ma co se iera soto i goti: a Paugnàn i ’veva laressidensa e qua iera l’isola de Capraja, che jera soto delori; po’ i romani l’à deliberada. – Ma nualtri, ’sta Colonache xe qua, la disemo anca santa Justina e co volemoandar in tera, per saverse regolar, disemo: andemo asanta Justina e intendemo ’sto sito che xe qua e ’sta

colona”Io: “Ma ’sta colona ga

poco più de tresento ani!”E ’l falegname, quasi

canzonandomi: “Tresentoani! Altro che tresento ani!Xe scrito Pàlade in si-ma!”…

Abbiamo trascrittointegralmente il testo pub-blicato dal Vatova perchécostituisce una succosatestimonianza del dialettoparlato dal popolo in quelperiodo e motivo per pero-rare fin d’allora la pubbli-cazione di una storia dellacittà per farne conoscere e

risaltare i fatti più eloquenti ed educativi. Tanto più che

Stemma delPodestà e Capitano Giustiniani

6

una Colonna della Giustiziaera esistita effettivamente inBrolo, ormai smontata e ada-giata dal 1807 lungo la fac-ciata del Fondaco (anche diciò scriveva il Vatova in unadelle sue disgressioni).

Grazie alle indaginisvolte da Giuseppe Vatova siusciva dalla semplice tradi-zione per confermare sul pia-no storico l’autenticità delmonumento e la partecipa-zione di Capodistria alla bat-taglia delle Curzolari, nel“corno” veneziano, con la galea “Un lion con una maza”o “Liona con mazza” comandata dal conte Gian Domenicodel Tacco come sopracomito e da Giulio Cesare Muzio,figlio del letterato Girolamo, quale comandante sulla viadel ritorno essendo morto il Tacco a seguito degli stra-pazzi della campagna navale.

Un evento di grandissimo rilievo, vittoria della Cri-stianità sul Turco, entrato nel calendario delle comme-morazioni cittadine — come documentato dallo storicodon Angelo Marsich — con una cerimonia religiosa chesi teneva nella chiesetta dei Santi Vito e Modesto, inBrolo, presso il vescovato: “In detta chiesa era solito ilClero con l’intervento del prelato, e pubblica rappresen-tanza portarsi processionalmente il giorno di S.Giustinain memoria della celebre vittoria dei Curzolari”. E ciòveniva osservato almeno fino al 1735.

Nel 1574 veniva inoltre, dalle autorità cittadine,avanzata la richiesta per una fiera franca: …“E conside-rato per auanti, che sia buona cosa, et di molto utile, et

Il Sole araldico della città

7

benefficio a questa cittàl’introdur una fiera fran-ca, la qual habbia a prin-cipiar il giorno di S.taGiustina, in questa città,et durar per giorni quin-dici. Però è stato dato au-torità all’Ecc.te m.r Pie-tro Vergerio già amba-sciatore di questa città, àSua Serenità, che doues-se impetrarla dalla be-gninità, et gratia di SuaSerenità, il che da SuaEcc.tia è stato pronta-mente esseguito per queltempo ch’è stato a Vene-tia”… Venivano incarica-ti, successivamente, diseguire l’iter del “negotio”i nobiluomini Giacomodel Bello e Zuanne Vittorima non se ne conosce l’e-sito.

Del favoloso avveni-mento hanno scritto poi,in tempi recenti, (breve-mente e non proprio feli-cemente) l’abate LorenzoSchiavi, “Giustinopoli al-

la battaglia di Lepanto” in “Poesie Varie”, 1900, e Dome-nico Venturi in una serie di sonetti inediti per una storiain versi di Capodistria. È venuto a mancare, invece,l’opera di un pittore, che avrebbe potuto essere Bortolo

Gli stemmi dei sindaciVerona e Vergerio

8

Gianelli, che pure aveva eseguito una serie preparatoriadi studi grafici sulla storia di Venezia.

Era stata messa in forse, dunque, l’autenticità oquanto meno l’epoca dell’erezione del monumento. Ciòforse per il fatto che nessuna citazione si trova nelle operedel Manzuoli, del Petronio, del Naldini, che per altre cosesi sono dimostrati diligentiannotatori. Appena il Kan-dler sembra essersi accortodella colonna pubblicando,nel 1857, le epigrafi e nonsenza errori di trascrizio-ne. Ma ogni motivo di per-plessità veniva fugato dalVatova, che riusciva a re-perire parte di una nota nel“Libro Q della Cancelleriadel Sindacato de’ Consigli”in un documento del 27dicembre 1576 inserito trapagine mutili.

L’autore procedevaquindi alla sua descrizio-ne.

“Chi frettolosamente muova dalla nostra venetapiazza giù per la via, che nella sua parte inferiore è dettadal popolo ”Grisa" e che mena al porticello, trovasi in unmomento a capo della medesima e al Porto e fatti pochipassi ancora volto a sinistra verso il terrapieno checongiunge la città a Semedella, dove la riva forma unangolo retto sporgente, gli si presenta la Colonna Giusti-niana, in sito certamente adatto al alzarvi ricordo divittoria navale.

La prima epigrafe leggibile per intero

9

“Secondo le misure prese dall’ingegnere Bratti, ilmonumento è alto in tutto metri 6 poco più. E consta delpiedestallo alto m. 0,38, cioè: uno zoccolo quadrato, dicui un lato solo, quello verso mezzogiorno, è antico e digranito bianco, gli altri due rinnovati di recente con pietra

arenaria, riuniti i quattro pezzicon ferri piombati, il quale ser-ve anche di sedile a chi vuolriposare e nelle tiepide sere se-duti in giro vi fan lor chiacche-re e loro amori i barcaiuoli e lebelle.”

Continua il Vatova nellaminuziosa descrizione dellesingole parti fornendone le mi-sure: un secondo zoccolo dim.1,03, un dado di granitobianco, che reca le epigrafi,due cimase, la base della co-lonna in stile attico, il fusto

della stessa di m. 2,95, il capitello raffigurato in stileromano composito, uno zoccoletto ed infine la statua digranito bianco, alta m.1,20.

Il tutto di fattura che, in verità, non si può definireeccellente e che risente grandemente del morso dei ventisalsi, ai quali la colonna è rimasta esposta per più di tresecoli con danno per parte delle epigrafi, senza contare idanni provocati dalle sassate dei “fiòi malignasi”.

C’era chi, ad un certo momento, venne a preoccu-parsi del fatto e ad invocare interventi, che il municipioaccordava trasferendo la colonna, nell’aprile del 1896, nelgiardinetto esistente presso il magazzino del sale Pacio-schi, al riparo dei venti marini e discosto dalle trafficatebanchine portuali. Destinata la zona all’erigendo monu-

La seconda epigrafeparzialmente erosa

10

mento a Nazario Sauro e demolito quel magazzino, lacolonna trovava definitiva sede, nel 1934, sul PiazzaleCarpaccio presso la casa veneta, dov’è tutt’ora visibile.

È divenuto oscuro, al giorno d’oggi, il significatoallegorico della statua, che dovrebbe porsi in relazioneanche con la casata veneziana dei Giustiniani, della qualesi vede lo stemma scolpito in bassorilievo sullo scudo, chela figura muliebre tiene al fianco, stemma che rivestegrande interesse perché sul globo, adunghiato dall’aquilabicipite, si scorge raffigurata l’Italia comprese le costedella Dalmazia; non proprio stemma dei Giustiniani chereca il globo (d’azzurro) caricato da una fascia (d’oro)oppure una variante non nota.

Il capitello è fregiato con quattro scudi, uno dei qualireca il sole raggiante antropomorfo, stemma di Capodi-stria; il secondo l’arma dei Vergerio e il terzo quella deiVerona, alle quali casateappartenevano i sindacideputati in carica nel1571; il quarto scudo por-ta le sigleOP/D.V.N./ARCH/IT , che ilVatova ha interpretato co-me “Opera di DomenicoVergerio Architetto Italia-co” confessandosi impo-tente di fronte a quella N.della seconda riga. Dome-nico Vergerio era in effetti attivo intorno a quell’epoca eil suo nome compare anche in un’iscrizione esistente aIsola.

Le epigrafi erano tre, una per ciascuna delle faccedel parallelepipedo contrassegnate con le lette A, B e C.Erano, perch’è d’una di esse non rimane che un fram-

La bandiera della galea cittadina “UnLion con una maza” che ha partecipa-

to alla battaglia di Lepanto.

11

mento nella parte inferiore destra, oggi ancor meno leg-gibili che al tempo di Vatova.

L’epigrafe corrispondente alla lettera A, stesa comele altre in un latino non molto brillante, è stata tradottadal Vatova come segue: “Ad Andrea Giustinian che,pretore (cioè podestà e capitano) in anno sommamenteglorioso per la vittoria sui Turchi nel Golfo Ambracio,detta delle Curzolari, come si faccia e a vincere sè stessoe a ben capitanare gli altri, ai Giustinopolitani con l’e-sempio suo proprio insegna”.

La seconda epigrafe, quella contrassegnata con lalette B, si presenta parecchio malandata ma ancoraricostruibile: “Di Pallade e di Giustino la città, di così granvalore nella singolare letizia di tutto l’orbe cristianospettatrice non oziosa, Pietro dottor Vergerio Favonio eGiuseppe dottor Verona sindici procurando” (due dottoriche avrebbero dovuto sapere di latino e far correggere itesti).

La terza epigrafe, contrassegnata con la lettera C, èquella perduta e sarebbe risultata la più interessanteperché reca una data oggi illeggibile. Si notano infattinella penultima riga due XII, cioè “........XII.XII”. Si puòreputare la prima cifra proprio quanto resta della datasegnante l’anno (MDLXXII), cioè il primo anniversariodella vittoriosa battaglia. Nessuna congettura si può fareper il resto.

Comunque sia, anche se monumento alquanto mo-desto, il nostro resta notabile quale documento originaledi un’epoca che ha visto l’Istria accomunata alle sortidella Serenissima, ed espressione di consapevolezza e dipartecipazione ai grandi avvenimenti storici.

12