LA CLASSIFICA CENSIS DELLE UNIVERSITÀ ... La classifica Censis delle Università...
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C E N S I S
LA CLASSIFICA CENSIS DELLE UNIVERSITÀ
ITALIANE (EDIZIONE 2020/2021)
Roma, 13 luglio 2020
La classifica Censis delle Università italiane (edizione 2020/2021)
FONDAZIONE CENSIS 2
La Classifica Censis delle Università italiane
(edizione 2020/2021)
Anche quest’anno è disponibile la “Classifica Censis delle Università italiane”,
giunta oramai alla sua ventesima edizione: uno strumento che è stato creato per
fornire orientamenti alle scelte di tutti gli studenti pronti a intraprendere la
carriera universitaria.
Si tratta di un’articolata analisi del sistema universitario italiano (atenei statali e
non statali, divisi in categorie omogenee per dimensioni) basata sulla
valutazione delle strutture disponibili, dei servizi erogati, del livello di
internazionalizzazione, della capacità di comunicazione 2.0 e della occupabilità.
Complessivamente, sono 64 le classifiche stilate.
La gestione del lockdown
Il 2020 è un anno particolare per le Università che, come il resto della società
italiana, hanno dovuto contrastare l’onda d’urto dell’emergenza sanitaria
provocata dalla pandemia di Covid-19, dovendo riorganizzare le attività e
rimodulare la didattica, passando dalla modalità in presenza a quella a distanza
a causa del lockdown e per ottemperare alle norme sul distanziamento sociale.
Un passaggio difficile che nel complesso si è compiuto con un discreto
successo. Le informazioni raccolte dal Censis attraverso un’indagine diretta
rivolta a tutti i rettori italiani, realizzata nel mese di maggio 2020, cui hanno
aderito 61 atenei sugli 81 complessivi, ci restituiscono l’immagine di un
sistema universitario reattivo, in grado di ottimizzare risorse umane e tecniche,
nonostante le carenze strutturali che da anni lo affliggono, per dare continuità
alla propria missione.
Sui 61 atenei rispondenti, risulta che 42 hanno completato il passaggio dalla
didattica in presenza a quella a distanza entro una settimana dall’inizio del
lockdown, i rimanenti per lo più in due settimane. Ciò è stato possibile grazie al
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prevalente atteggiamento collaborativo dei docenti nell’uso delle piattaforme
digitali e nell’attuazione delle nuove procedure, secondo quanto affermato dalla
maggioranza dei rettori.
Altrettanto può dirsi per i destinatari della didattica a distanza, gli studenti, che
nella maggior parte dei casi hanno fatto fronte all’eccezionalità della situazione
con uno spiccato senso di responsabilità, dimostrando - sempre secondo
l’opinione della maggioranza dei rettori - soddisfazione per la formazione
ricevuta e per il lavoro svolto dai docenti.
Tutto ciò è stato realizzato soprattutto in virtù dell’infrastruttura tecnologica
preesistente e della presenza di expertise interne, in quanto da sole le risorse
messe a disposizione dal Fondo per le esigenze emergenziali del sistema
universitario sono state ritenute all’unanimità insufficienti.
Il timore per il crollo delle immatricolazioni
Ulteriori risorse aggiuntive saranno necessarie, nella forma di strumenti e
contributi per il diritto allo studio, per far fronte a una più grave emergenza, che
per 38 rettori su 61 sarà contrastabile solo con misure pubbliche di supporto: la
flessione delle immatricolazioni attesa nell’anno accademico 2020-2021. I
restanti rettori si dividono tra chi considera tale eventualità inevitabile e chi
irrealizzabile, manifestando nonostante tutto un residuale, ma pervicace,
ottimismo.
Che il rischio della contrazione delle nuove iscrizioni possa tradursi in un reale
fattore di crisi per l’istruzione universitaria è un’opinione corrente a livello
globale, non solo nazionale, a causa dell’impatto della pandemia sui redditi e
sulle prospettive di famiglie e studenti, nonché sulla mobilità degli studenti
internazionali.
Bisogna ricordare che l’effetto sulle immatricolazioni della crisi finanziaria ed
economica scoppiata nel 2008 fu molto rilevante: causò una riduzione
complessiva di quasi 25.000 nuove iscrizioni nel giro di sei anni (-8,4%), con
un tonfo nel solo primo anno della crisi pari a -4,1% (tab. 1 e fig. 1).
Con riferimento alla situazione italiana odierna, bisogna sottolineare che:
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- una caduta interna delle iscrizioni per effetto del Covid-19 si inserirebbe in uno scenario in cui la domanda di istruzione universitaria è già
contrassegnata dal segno “meno”. Infatti, i dati provvisori sugli
immatricolati nell’ultimo anno accademico 2019-2020 attestano, rispetto
all’anno precedente, una contrazione dello 0,7%, che interrompe
l’andamento positivo iniziato cinque anni prima (+0,4% nell’anno
accademico 2014-2015) e proseguito in ciascuna delle annualità successive;
- un arresto dei flussi degli studenti residenti all’estero immatricolati nelle università italiane priverebbe i nostri atenei di una componente pari all’1,7%
del totale degli immatricolati, stando ai dati dello scorso anno accademico
(5.155 nuovi studenti). Una variabile la cui significatività si accresce se,
oltre allo stock, se ne considerano i flussi, ovvero le variazioni incrementali
registrate nel corso degli ultimi tempi. Nel quinquennio 2015-2019, infatti,
grazie agli investimenti del sistema universitario nazionale, il tasso medio
annuo di crescita delle immatricolazioni degli studenti residenti all’estero è
stato del +10,7%.
Più degli altri anni, le università saranno dunque impegnate sul fronte
dell’attrattività verso nuovi potenziali studenti, facendo tesoro dell’esperienza
maturata finora per garantire, nonostante il distanziamento sociale,
l’accessibilità alle attività formative.
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Tab. 1 - Andamento degli immatricolati alle università italiane, a.a. 2007/08-2019/20
Anno
accademico
Immatricolati Variazione %
annua
2007/2008 307.586 -0,2
2008/2009 294.932 -4,1
2009/2010 293.149 -0,6
2010/2011 289.667 -1,2
2011/2012 280.539 -3,2
2012/2013 270.569 -3,6
2013/2014 270.120 -0,2
2014/2015 271.293 0,4
2015/2016 277.149 2,2
2016/2017 291.095 5,0
2017/2018 295.961 1,7
2018/2019 298.737 0,9
2019/2020 296.689 -0,7
Fonte: elaborazione Censis su dati Miur
Fig. 1 - Andamento degli immatricolati alle università italiane, a.a. 2003/04-2019/20
Fonte: elaborazione Censis su dati Miur
338.036
296.689
240.000
260.000
280.000
300.000
320.000
340.000
360.000
2 0
03 /2
0 04
2 0
04 /2
0 05
2 0
05 /2
0 06
2 0
06 /2
0 07
2 0
07 /2
0 08
2 0
08 /2
0 09
2 0
09 /2
0 10
2 0
10 /2
0 11
2 0
11 /2
0 12
2 0
12 /2
0 13
2 0
13 /2
0 14
2 0
14 /2
0 15
2 0
15 /2
0 16
2 0
16 /2
0 17
2 0
17 /2
0 18
2 0
18 /2
0 19
2 0
19 /2
0 20
La classifica Censis delle Università italiane (edizione 2020/2021)
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I risultati del ranking
Tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) nelle prime quattro
posizioni si mantengono stabili, rispettivamente, l’Università di Bologna, prima
con un punteggio complessivo pari a 91,5, inseguita come lo scorso anno
dall’Università di Padova, con un punteggio pari a 88,5, poi al terzo e al quarto
posto l’Università di Firenze e La Sapienza di Roma, con i punteggi
complessivi di 86,2 e 85,7. Sale di una posizione l’Università di Pisa,
classificandosi quinta con un punteggio di 84,7, con un incremento di 9 punti
per l’occupabilità e di 13 per la comunicazione e i servizi digitali. Occupa la
posizione che lo scorso anno deteneva l’Università di Torino (81,8 punti), che
perde due posizioni, retrocedendo in settima posizione, dopo la Statale di
Milano (83,3). Ultima tra i mega atenei statali è l’Università di Napoli Federico
II, preceduta dall’Università di Catania. L’Università di Bari si conferma in
terzultima posizione.
L’Università di Perugia mantiene la posizione di vertice della classifica dei
grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti), ottenendo un punteggio
complessivo di 92,7. Sale di due posizioni l’Università di Pavia (90,3), che
passa dal quarto al secondo posto, incrementando di 9 punti l’indicatore rela