LA CATTIVA NOVELLA\anno 2013\Numero Zero,2

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LA CATTIVA NOVELLA\anno 2013\Numero Zero,2

LA CATTIVA NOVELLA

da un’idea di Leonardo Piastrellacon il sostegno dell’Associazione Demetra

e del Comune di Terninell’ambito del bando

IG OPEN 2009

Redazione:Ermes MaiolicaLauryn Squirrel

Tutte le collaborazioni con la Cattiva Novella sono a titolo gratuito.

La proprietà intellettuale di ciò che è pubblicato è delle rispettive autrici ed

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Sono sedie a dondolo Sparpagliate al numero 22Di San Quentin zone Nello stato del Maine è una bandiera su una nave che Sventola Perché la benzina brucia I pistoni si azionano Legge di causa e effetto Niente di piùnon cè più differenza fra Prendersi un caffè al bar Uscire sul ponte O sul ponte stesso Innamorarsi di una sconosciuta affaccio uno sguardo sfacciato Solo per dire “Guardami un attimo solo”Sono io l’oceano ora Poi ti nota sul serio e I suoi occhi sono quasi della pasta giusta Ma cè ancora qualcosa in lei Che non si è sciolto completamente Poi cè la Vita Quella che ti obbliga a girare lo sguardo Per poi andare a ricercarla Subito E tu che pensi che Lei si sta chiedendo “ma questo da me che cazzo vuole”Allora ti irrigidisci La guardi Ma adesso non è come poco fa Si è formata una patina di ghiaccio Fra voi Vi sentite entrambi sporchi di qualcosa È cosi che vanno tutte le storie d’amore Specialmente Quelle mute Durate un minuto e mezzo Di cui quasi 100 secondi di pura felicità Con lo strascico finale in Cui avete tentato di rimettere in piedi Una cosa Andata

Francesco Votoni

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La Gabbia di Anita di Alessia CuriniDiario di una detenuta

19/01/1995Cara AnitaQuante lune sono scese su questa terra, quante stagioni scadute l’una nell’altra, tanto tempo mi divide da quella notte. Seicentomila giorni scivolati sulla mia pelle, tutti uguali, impossibile distinguerli, ad ogni alba lo stesso sole cavalca il cielo senza indugio, finche non si nasconde all’orizzonte lasciandomi sola, nel buio.Seicentomila notti di veglia in uno stato che se non è pazzia vi somiglia molto, supina su questo misero letto, con gli occhi chiusi fisso il mio passato, tormenta-ta da una colpa che mai mi lascia.Quaggiù dicono che c’è speranza, dicono che talvolta al mattino ci si sveglia innocenti all’improvviso, dicono che esiste un perdono, ma quaggiù ci sono solo tanti resti umani.La maggior parte di noi è insanabilmente disperata e per non impiccarsi deve cercare una ragione di vita, aggrapparsi a qualcosa, che sia Dio, una persona o una vendetta non conta, l’importante è credere che ci sia un futuro che c’aspetta.Oh Anita! Ti avrei cresciuto senza insegnarti la morte, impedendoti l’angoscia del dolore e della perdita, solo così saresti stata libera di vivere, quanto t’avrei amato…Se soltanto quel giorno avessi capito che eri l’unica speranza, ora non m’abbandonerei alle lacrime tra i rimorsi.Scrivo per te, immaginandoti ancora viva, da qualche parte oltre questa galera, che esci da scuola col sorriso da sedicenne ingenua contenta di tornare a casa dalla nonna.Mi piace pensare che ogni tanto, tra una distrazione e l’altra, ti raccogli e mi dedichi una manciata di istanti. Quando lo fai arricci la fronte nascosta dalla frangetta bruna. Somigli a me quando avevo la tua età, non v’è traccia di tuo padre nel sangue che ti colora il volto.Povera la mia creatura! Se sapessi chi t’è padre, la nonna t’ha svezzato di favole su un buon uomo…quante bugie per proteggere le tua innocenza.Sai Anita, in questo tempo di laide confessioni ho ascoltato il valore del perdono che ti negai il giorno che moristi, lo stesso che ora chiedo alla tua generosità.Non commetterai mai i miei stessi errori, no…non potrai, mai. Confido nella tua benedizione.

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25/01/1995Cara AnitaOggi, durante l’ora d’aria ho notato che siamo in pieno inverno.Il candore della neve è accecante, scende spolverando la città, mentre il freddo silente punge gli uomini. Mi sono ricordata di quando da bambina nella nostra povera casa,nelle occasioni speciali, si immolava alle modesta fame un maiale. La sgraziata bestia, puntualmente fuggiva per tutto il campo ghiacciato, sanguinolenta ci penetrava il cervello con un grido straziante che riverberava nella tomba di quella tacita campagna, mentre tutti aspettavano che la bestia correndo abban-donasse il corpo sfinito, permettendoci di festeggiare degnamente quel natale.Inciso nella mia mente c’è il sangue vermiglio che fumava sulla neve pura, mentre il sofferente grido che feriva il nostro orecchio, s’affievoliva diventando un lontano e spettrale lamento.Era la prima volta che mi svegliavo dal dolce sonno d’infanzia, rendendomi conto della crudezza grottesca di ogni umana esistenza. Capii che l’innocente stagione della prima fanciullezza, stava tramontando lentamente, lasciando maturare in me il seme del vizio, del peccato cosciente, della colpa che ne deriva…L’amore come l’odio, incatenano gli uomini in un groviglio di relazioni invisibili, inevitabili, nessuno di noi è capace di rinunciare alla sua natura d’istinto e passione.

27/01/1995Cara AnitaQuando penso a tutto il tempo perduto, sento che ad ogni mio respiro l’aria m’av-velena, sento la vita scivolare via, tra le rughe nuove del mio viso…Qui dentro è difficile rinunciare alla libertà, sapere che ogni istante è troppo caro per le mie povere tasche, perché tutti quei minuti sfuggono da me, eppure li desidero intensamente, desidero il tempo rubatomi da questa maledetta galera.Non ho scelta, devo passare dalla cassa e nella fila, la signora davanti dice che qui non danno resto: non avrò nulla per la parte di me che lascio per sempre, dentro la cella marcia che so a memoria.Sono una vittima. Siamo vittime.

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Ancora adesso scuote il mio petto, evocata per dar senso all’inchiostro che mac-chia questo foglio.Oh Guido,avrei dato la mia intera vita per qualche istante della tua.…Lascio queste frasi lacrimose, per conservare in me, ancora un poco, la nostalgia di un amore perduto, a domani cara Anita.30/01/1995Cara AnitaHo riletto l’ultimo scritto, ma le stesse parole che ieri stringevano la gola, com-muovendo la mia voce, oggi hanno già perso il loro effetto. Che peccato, Guido è già annegato nelle lacrime che ieri hanno sbafato le parole d’amore tra le righe di questa carta.Comunque, torno a reclamare la memoria della nostra mesta storia…Ci sposammo. Giorni pieni di letizia s’accompagnarono a noi, ma è noto che nel bene e nel male, tutto ciò che ha vita toccherà morte.Guido riluceva di salute,ed almeno così a me parve, finché il mal di testa lo rese spesso indisposto.Le condizioni inizialmente stazionarie, peggiorarono, il medico fu lapidario:un tumore al cervello, stadio terminale.Nell’intendere questi suoni gli uni affianco agli altri, compresi che non sempre la bellezza abbraccia la salute. Maledissi Dio perché inviò sulla terra una così magnifica creatura, per poi riprenderla con l’ostinazione di un bambino.Guido stava male, perciò non sapevo guardarlo nei suoi begli occhi verdi, e dirgli che la morte l’avrebbe catturato più in fretta di quanto la sua bellezza sperava di farci credere.Anche nel dolore della terapia, la disgraziata malattia non scalfì la sua grazia, che accrebbe perché la linea arrogante del viso s’addolcì della sua devozione per me. Guido non amò mai nessuno quanto me nei suoi ultimi mesi di vita, ed io l’onoravo di riconoscenza per questo, mossa dalla pietà che si riserva ai puniti senza colpa.La ferita con la quale cupido m’aveva condannata, bruciava, ed il mio corpo reagiva facendo avvizzire la passione, nel tentativo di conservare i pochi pezzi di cuore rimasti per tempi migliori. Adesso so che avrei potuto amare Guido fino alla fine, ma lasciai che la sua malattia infradiciasse il mio di amore.…Nelle ultime settimane, la vita di Guido si spense lentamente, dapprima rifiutò il cibo, poi l’acqua, la parola ed infine l’aria.

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Ogni giorno, m’alzavo di buon mattino e m’avviavo all’ospedale per assisterlo nella sofferenza, lì restavo fino a tardi, ad osservare le singolari espressioni che caricavano di dolore le linee sicure del bel volto di Guido. Sembravano infinite quelle ore, mentre fuori il resto del mondo andava avanti senza curarsi di noi; strano, avevo sempre creduto che qualcosa si sarebbe inceppato nella città se fossi stata assente …ingenua gioventù…M’assonna questo ricordare, buonanotte figlia.31/01/1995Cara AnitaMentre scrivo, la prima luce dell’alba, mi sveglia dopo un sonno pieno di memo-ria.Stanotte ho posato il capo su questo diario, e dormendovi le emozioni delle loro umili parole sono entrate nell’orecchio, conquistando il mio sonno, riportando in superficie la tenerezza di tanti placidi momenti.Sono ancora presa dal mio passato perciò proseguo, battendo il sentiero di questa storia.…A Guido avanzavano pochi giorni, quando venni concepita tu, Anita…Era una notte qualunque, sulla strada di casa ascoltai l’aria, era elettrica e immobile, quella notte avrebbe piovuto. Camminando frettolosa, m’avvolgevo il pesante cappotto addosso, scacciando il freddo, mentre mi baloccavo con l’idea che un miracolato Guido si salvasse, tornando a casa pieno di gioia, desiderando un figlio da sua moglie, ch’era sola da troppo tempo. Distratta dalle comprensi-bili fantasie del mio animo infelice, all’improvviso un fulmine segnò la mia esistenza.Un uomo m’aggredì alle spalle, mi trascinò in un oscuro vico e minacciando un coltellaccio, abusò di ciò che avevo concesso solo a Guido. Ho tentato di dimenti-care quello stupro, ma il terrore marchia a fuoco nell’anima le deformità dell’es-istenza.Nel buio, dopo tanti anni, vedo nitido il bagliore di quella lama sulla mia gola, mentre un bastardo criminale preme con forza la sudicia mano sulla mia bocca, impedendomi l’urlo dell’orrore.Mi scaraventò a terra, nei rifiuti di un retro bottega, stracciò le vesti e consumò la carnalità del suo desiderio, con disprezzo, violenza, mentre al mio orecchio un ghigno schiacciava tutto il resto del mondo. Il panico possedeva le mie membra e ansavo delirante nel lurido puzzo di quello schifo.Avevo battuto la testa nella caduta, per questo e per la paura, mi sentii sospesa nell’attimo in cui venivo stuprata, poi abbandonai il mio corpo inerte, come

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un’animale che finge la morte per allontanare il predatore. Svenni.Era l’alba quando ripresi i sensi sconvolta, bagnata dal temporale che non era riuscito a nettarmi le impronte di quelle mani lerce. Corsi a casa zoppicando, mi guardai allo specchio, vidi i segni lividi della notte e risalì prepotente quella sensazione di abuso, tale che le viscere si contorsero in conati di vomito, piangendo m’addormentai nella disperazione…quelle mani, ancora le sento colpire furenti la mia pelle.Tentai di scongiurare il soffocante squallore in me, denunciando la violenza; ovviamente inutile perché non sapevo il volto brutale di quel comune balordo. Assorta nell’incubo, continuai ad assistere meccanicamente Guido, che non riusciva più a parlare…Non m’accorsi che egli con lo sguardo mi chiamava, cercando il mio amore ormai oscurato. Non potei dirgli nulla di quella notte…Guido morì.Nella Chiesa, durante le cerimonie di lutto, la plumbea pace di quella messa opprimeva la mia fragilità. Nella testa il ghigno che m’aveva paralizzato duran-te lo stupro, echeggiava tra le frange del dolore, poi crescendo spasmodico si rivelò nella sua veste più nera, quel riso abbondava maligno su una bocca ignota, ma non era quell’uomo: Dio stesso si beffava di me.La rabbia mi scuoteva l’animo, strinsi i denti pronunciando gelide parole, così sommesse che solo Dio le avrebbe udite in quella affollata chiesa.Ricordo con tanta amarezza quel periodo.1/01/1995Passarono mesi infernali.La solitudine era entrata nella mia casa, svuotata d’ogni significato, meditai di bere dal fiume eterno della morte.Dopo quattro mesi, m’accorsi d’essere incinta. Eri te, Anita, che volevi affacciar-ti alla vita.Ma non gioii di questa notizia, Guido ed io non condividevamo il letto da molti mesi a causa della malattia, e questo bastò per darmi la certezza che non eri la creatura che desideravo, ma un mostro che nasceva da una violenza.Tuttavia, era tardi per troncare la vita inerme dentro me, così ti permisi di inva-dere il mio corpo.L’angoscia cresceva con te, mentre pensavo a cosa dirti quando avresti raggiunto l’età per giudicare. Avrei potuto crescerti dicendoti figlia di Guido e l’avrei ripetuto così tante volte ad alta voce da renderlo reale, convincermi di aver una figlia per amore. Ma tua sei figlia d’odio, sangue e carne d’un padre senza nome.Anita. Così t’avrei chiamata.

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Quando ti sgravai, subii lo stesso male della violenza che t’aveva resa la vita. Buttata su un letto d’ospedale, sanguinante squarciavo l’asettico ambiente con le urla di un’ossessa, un animale al macello, sola ricevetti da mani sconosciute il tuo organismo gracile, arrossato dallo sforzo del primo respiro, frignavi senza sosta…com’eri brutta.Col tempo tentai di accettarti, ma il tuo lamento non cessava mai, povera picci-na, forse piangevi per il reo peccato dal quale era nata.Un giorno ti presi tra le braccia, il tuo sonno era saporito, perché credevi d’essere amata…ti cullai, dolcemente, mentre la paranoia m’assaliva: cosa t’avrei detto quando m’avresti chiesto di tuo padre? Come avrei potuto guardare i tuoi occhi e non ricordare le corrotte mani che avevano dannato la mia vita? Il tuo sorriso crescendo si sarebbe mostrato sgradevole come il ghigno che m’uccise quella notte…così d’istinto t’adagiai nella culla, baciai la tua minuta fronte per l’ulti-ma volta e nel sonno premetti il guanciale sul tuo viso, finché in un gemito consumasti l’estremo fiato.Il silenzio m’assordava, poi carezzai le guance arrossate dallo sforzo di vincere il mio rancore.Sentii un’energia che scorreva nelle vene, avevo soffiato la vita su di te, e adesso te la negavo con la stessa violenza di tuo padre.Dio aveva vinto, m’aveva avvelenata della sua crudeltà, la stessa che rinnegavo per avermi tolto Guido. La tua morte m’intorpidì il pensiero, in quei giorni d’assurdo rancore e d’impossibile amore per te. Smarrita nella mia stessa casa, mi trovarono che vagavo per le stanze nel delirio, poi videro il tuo corpicino avvolto in fredde coperte, pregne dell’inevitabile odore mortifero.Fui arrestata e dopo un lungo processo finii qui, in una cella desolata, dove ora sono nuda con la verità che ho commesso, con lo squallore dei miei spasmi di follia, con te che sei cresciuta in me per sedici anni.Ma lo so, non c’ è scusa che vale il tuo perdono: t’ho assassinato e ora pago la violenza di tuo padre caricata della mia vendetta su di te. Povera innocente creatura, tardi ho capito che sulla terra insanguinata poteva crescer il bel fiore del tuo sorriso. Bambina mia, scusa questo mondo infame, perdona questa madre snaturata. Ora cammini altrove e un giorno forse sperdute nella nebbia ci incontreremo per caso una volta ancora.

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Chiamatela, se volete, barzelletta di Daniel F. Pisanu

Forse qualcuno di voi avrà già sentito una storia simile, a qualcuno ricorderà un racconto di Cammileri o lo sketch di un comico friulano,e se qualcuno, beh ,non l'avesse mai sentita..non rovinategli il finale.Piergiorgio Favetta ha 60 anni,alto poco più di 1 metro e 50 cm,ha avuto tutto dalla vita,soldi,una bella casa,una bellissima moglie,delle splendide figlie e un prestigioso incarico come ministro per la pubblica Amministrazione e innovazi-one,ma forse la cosa che più lo rende famoso sono le sue comparsate in televisi-one o articoli sui giornali in merito ad una questione sociale,a detta di lui " grave e aberrante ! ".Si perché,se c'è una cosa che Piergiorgio non sopporta,che lo fa incazzare come una bestia sono i gay!Questi pittoreschi personaggi che osano ribellarsi alla propria natura," se nasci uomo muori uomo!" Dice lui," se mio figlio entrasse e dicesse Papà sono un finocchio!lo farei internare!" Dice lui, "Meglio gay che frocio!" Dice lu,no l'ho a detto un altro.Insomma proprio non li sopporta e si guarda bene dallo stargli lontano.Poi un giorno arriva lui,lo chiamano il premier dei giovani,del cambiamento.Arriva da uno di quei partiti opposti o movimentucci nati dalla bocca di chi quel tipo di lavoro non ne cono-sce nemmeno le basi.La prima cosa che fa è un decreto che riduca il numero dei ministri e parlamentari,che nell momento in cui la carica viene sospesa,anche il vitalizio viene sospeso fino alla pensione,insomma se sei fuori mettiti in fila con il resto degli straccioni di questo bell paese!Ma il nostro Piergiorgio non si preoccupa,lui ha fatto il bene per il paese,con tutti i decreti,saggi e formule,lu-i,lui si che merita di far parte di quel nuovo governa del cambiamento! Eh già si..però lui è vecchio,fa parte della vecchia casta,e poi ci sono i video su You-Tube...i gay...Il primo della lista,fuori!Avoglia a manifestare contro quella deci-sione,a gridare "governo di finocchi!"E cosi si ritrova a cinque anni dalla pensi-one senza un lavoro, cerca di riprendere il posto in cattedra di un università,ma niente e troppo in tollerante verso il sesso...ambiguo.E così in un anno perde tutto,i soldi agli strozzini e alle "spinte" passate,la moglie che se ne va con l'avvocato,le figlie che seguono lo spirito alternativo e ribelle,la casa alla banca.Non c'è la fa più,tutta colpa di quei..cosi!Decide di farla finita.Esce a tarda notte da quell monolocale affittato per pochi euro,attraversa la città a piedi,si dirige verso un ponte,si guarda prima a destra poi a sinistra,poi di nuovo a destra così per precisare di che movimento faceva parte.Prende un respiro e si arrampica sul davanzale del ponte..che signori miei per uno della sua metratura

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non è roba da poco!Si sistema la cravatta nella giacca,vuole andarsene in grande stile,guarda quell'acqua scura sotto i suoi occhi...chissà se è fredda? pensa,...da quanto ho mangiato?e se mi piglia una congestione?!pensa..oh Piergiorgio ti vuoi muovere?!Ora ti butti! gli vorrei dire io..si sporge,esitando,in avanti.Se lo vedeste al buio,in quella posizione a pecorina sul davanzale di un ponte penser-este che il comune ha deciso di mettere delle statue di putti in giro per la città..agita le mani come per spiccare un tuffo..poi una voce dietro di lui.- Ma cosa fà?! Piergiorgio si gira,si trova davanti uno spilungone alto 1 metro e 80cm vestito con uno smoking color porpora,la giacca aperta sul davanti mostrando un petto villoso,la faccia semicoperta da una folta barba e capelli lunghi che gli coprono l'intera fronte,gli occhi sono due sfere cerchiate con del pesante rimmel...in poche parole er monezza! - Se ne vada! mi butto non ce la faccio più!mi hanno tolto tutto : la casa,il lavoro,mia moglie se ne andate e le mie due figlie sono punkabestia.Mi BUT-TOOO! grida- Senta ma lei non mi riconosce?!io posso aiutarla!Piergiorgio lo guarda bene,può essere il commercialista?- Io sono il figlio della notte,il principe della lussuria,l'angelo ribelle!- Renato Zero?!- No Stolto!io sono il diavolo!Piergiorgio cade all'indietro finendo sulla strada,si fà il segno della croce e prega sconnessamente che pare stia sibilando una canzone dei Led zeppelin al contrario.- Il diavolo?! sparisci che vuoi da me ?!Mi ci manchi solo tu adesso! - Non capisci biscottino,io posso aiutarti.. - Aaah lo sò come mi vuoi aiutare tu!Vuoi la mia anima! oh ma chi pensi di pigliare in giro ?!andavo in chiesa tutti i giorni io,ero amico intimo del parro-co,so tutto di te,tu vuoi fregarmi! Sparisci lurido cornuto!- No no io ti aiuto ma in cambio devi darmi un altra cosa!- Che ?!- il tuo culetto!- Ma che sei scemo!? io ?! Ma neache morto,io non sono come uno di quelli là,a me piace un altra cosa e poi perchè agli altri l'anima e da me il culo?!Però...te poi mi dai quello che voglio?- Ogni cosa biscottino!-..la mia casa,soldi e tante donne?! in cambio del mio culetto...voglio dire l'ani-ma è importante,il culo bhè...cioè poi dico lo facevano pure i greci,e se lo faccio

di Marco Tofone

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per una volta non è che mi busco quella malattia mentale, cioè ,poi riprendo con le femmine e passa la paura...si va bene Diavolo! però non qui,se poi passa qual-cuno e mi riconosce andiamo sotto al ponte..E così fanno,ora non vi dico dettagliatamente la situazione,dopo una mezzoretta circa il povero Piergiorgio si sitema il vestito,la faccia bloccata in un'espressi-one ebete il morale a pezzi,il Diavolo sdraiato a terra si rulla una cannetta. - ora mi dai tutto ciò che voglio! Gli intima Piergiorgio.Il diavolo sorride - Tranquillo tesoruccio,posso chiederti una cosa prima?- Che cosa?- Tu non sarai mica Piergiorgio Favetta? il ministro?,quello che dice che gli omosessuali dovrebbero essere deportati?- E si..perchè?- Onorevole Favetta sei grande ormai,ancora credi al diavolo?!

In età infantile il mio amico Zorth fù sottoposto accidentalmente a radiazioniconsiderate dagli esperti di "basso livello" o "assimilabili",ora le sue quattro braccia, una volta coordinate, non sono più un problemae la sua pelle, anche se composta in gran parte da squame, è resistentissima,mentre i suoi genitali sono omologati e integrati con un sofisticato microschermo sensibile al tocco;prima di trasferirsi a Vancouver per lavoro lo incontrai l'ultima voltain un locale notturno e, parlando di faccende domestiche,continuava ad asserire con aria sofisticata ed ironicache il bello della polvere all'interno di una stanza è che si accumula in tanti,divertenti, batuffoli grigi che rotolano, ....simili ai pecoroni smarritimenzionati nel romanzo di fantapolitica "Lochart" che aveva appena finito di leggere...

Zorth il mutante

non è roba da poco!Si sistema la cravatta nella giacca,vuole andarsene in grande stile,guarda quell'acqua scura sotto i suoi occhi...chissà se è fredda? pensa,...da quanto ho mangiato?e se mi piglia una congestione?!pensa..oh Piergiorgio ti vuoi muovere?!Ora ti butti! gli vorrei dire io..si sporge,esitando,in avanti.Se lo vedeste al buio,in quella posizione a pecorina sul davanzale di un ponte penser-este che il comune ha deciso di mettere delle statue di putti in giro per la città..agita le mani come per spiccare un tuffo..poi una voce dietro di lui.- Ma cosa fà?! Piergiorgio si gira,si trova davanti uno spilungone alto 1 metro e 80cm vestito con uno smoking color porpora,la giacca aperta sul davanti mostrando un petto villoso,la faccia semicoperta da una folta barba e capelli lunghi che gli coprono l'intera fronte,gli occhi sono due sfere cerchiate con del pesante rimmel...in poche parole er monezza! - Se ne vada! mi butto non ce la faccio più!mi hanno tolto tutto : la casa,il lavoro,mia moglie se ne andate e le mie due figlie sono punkabestia.Mi BUT-TOOO! grida- Senta ma lei non mi riconosce?!io posso aiutarla!Piergiorgio lo guarda bene,può essere il commercialista?- Io sono il figlio della notte,il principe della lussuria,l'angelo ribelle!- Renato Zero?!- No Stolto!io sono il diavolo!Piergiorgio cade all'indietro finendo sulla strada,si fà il segno della croce e prega sconnessamente che pare stia sibilando una canzone dei Led zeppelin al contrario.- Il diavolo?! sparisci che vuoi da me ?!Mi ci manchi solo tu adesso! - Non capisci biscottino,io posso aiutarti.. - Aaah lo sò come mi vuoi aiutare tu!Vuoi la mia anima! oh ma chi pensi di pigliare in giro ?!andavo in chiesa tutti i giorni io,ero amico intimo del parro-co,so tutto di te,tu vuoi fregarmi! Sparisci lurido cornuto!- No no io ti aiuto ma in cambio devi darmi un altra cosa!- Che ?!- il tuo culetto!- Ma che sei scemo!? io ?! Ma neache morto,io non sono come uno di quelli là,a me piace un altra cosa e poi perchè agli altri l'anima e da me il culo?!Però...te poi mi dai quello che voglio?- Ogni cosa biscottino!-..la mia casa,soldi e tante donne?! in cambio del mio culetto...voglio dire l'ani-ma è importante,il culo bhè...cioè poi dico lo facevano pure i greci,e se lo faccio

Per cocludere questo numero vogliamo dedicare l’ultima pagina a Florio,grande poeta dialettale ternano.