LA BREVETTABILITA’ DEI · Limiti e divieti alla brevettazione………… ... biotecnologie nel...

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Matricola n. 0000272415 ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA CORSO DI LAUREA IN GIURISPRUDENZA LA BREVETTABILITA’ DEI GENI E DELLE SEQUENZE GENETICHE Tesi di laurea in: DIRITTO INDUSTRIALE Relatore Presentata da Chiar.mo Prof. MUSSO ALBERTO PERONI ALESSIA SESSIONE I ANNO ACCADEMICO 2010-2011

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Matricola n. 0000272415

ALMA MATER STUDIORUM

UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

CORSO DI LAUREA IN GIURISPRUDENZA

LA BREVETTABILITA’ DEI

GENI E DELLE SEQUENZE

GENETICHE

Tesi di laurea in:

DIRITTO INDUSTRIALE

Relatore Presentata da

Chiar.mo Prof.

MUSSO ALBERTO PERONI ALESSIA

SESSIONE I

ANNO ACCADEMICO 2010-2011

1

LA BREVETTABILITA’ DEI GENI E DELLE

SEQUENZE GENETICHE

INDICE…………………………………………………………………..………..1

INTRODUZIONE……………………………………………………...………….3

Capitolo 1: LE BIOTECNOLOGIE: NOZIONE E PROFILI NORMATIVI

Sezione I: L’oggetto dell’invenzione biotecnologica

1.1. Cosa e dove sono i geni?...................................................................................7

1.2. Le operazioni sui geni e l’avvento delle librerie genetiche…………...……..10

Sezione II: L’evoluzione della normativa

1.3. Premessa………...…………………………………………………………14

1.4. La regolamentazione ante Direttiva 98/44 CE e le prime decisioni degli Uffici

Brevetti in materia…………...……………………………………………….15

1.5. La Direttiva 98/44 CE. Profili comunitari………………...…………………21

1.6. Il recepimento della Direttiva 98/44 CE in Italia…………………...……….27

Capitolo 2: LA BREVETTABILITÀ DELL’INVENZIONE

BIOTECNOLOGICA

2.1. Natura e funzione del brevetto………………..……………………………..30

2.2.1. Lineamenti generali della protezione giuridica delle invenzioni

biotecnologiche…………………………..……………………………………....32

2.2.2. La liceità del brevetto………………………………………...……………40

2.3.1. Premessa. La brevettabilità del corpo umano……………………..………43

2

2.3.2. I requisiti di brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche riguardanti il

corpo umano…………….………………………………………………………..49

2.3.3. Limiti e divieti alla brevettazione……………..…………………………..51

2.4.1. La brevettabilità degli elementi isolati del corpo umano. Estensione della

tutela…………………………………………………………………..…...……..62

2.4.2. La brevettabilità delle sequenze parziali di geni EST…………...…...……73

2.4.3. La brevettabilità di kit diagnostici e vaccini………………..……………..81

Capitolo 3: IL CASO MYRIAD GENETICS

3.1. Premessa…………...………………………………………………………...85

3.2. BRCA1 e BRCA2. I brevetti di Myriad Genetics………………..…………86

3.3. L’opposizione di ACLU e Public Patent Foundation………………..……...92

3.4. Verso un cambio di direzione?........................................................................95

INDICE BIBLIOGRAFICO…………….……………………….……………101

INDICE DEI DOCUMENTI……………………………...…………………….108

INDICE DELLE DECISIONI…………………...……………………………...110

3

INTRODUZIONE

Le biotecnologie, assieme alle telecomunicazioni, le esplorazioni spaziali e

l’informatica, sono una delle ragguardevoli novità di queste ultime decadi.

L’evoluzione tecnologica è stata talmente rapida da destabilizzare gli stessi

ricercatori; si pensi che, mentre sono serviti centinaia di migliaia di anni dalla

comparsa dell’uomo sul globo terrestre alla scoperta del fuoco, in nemmeno

mezzo secolo si è assistito, e si assiste tuttora, ad una vera e propria rivoluzione

biotecnologica1.

Nella loro sfumatura più ampia, le biotecnologie comprendono qualsiasi

tecnologia che abbia a che fare con organismi viventi o loro componenti sub-

cellulari, per produrre quantità commerciali di prodotti utili, o per potenziare

caratteristiche di animali o piante, oppure per sviluppare microrganismi

preordinati a specifici scopi o svolgere interventi terapeutici sull’uomo o sugli

animali2.

Esse includono sia le biotecnologie tradizionali sia quelle innovative.

Le prime concernono batteri e lieviti, e sono utilizzate da secoli per la produzione

del pane, di bevande alcoliche, dei formaggi e addirittura per lo smaltimento dei

rifiuti. Dalla seconda metà del 1800, in seguito alle scoperte di Pasteur, è divenuto

possibile realizzare processi fermentativi che utilizzano colture pure di

microrganismi, tanto che è nata una specifica industria della fermentazione.

Le seconde si sono espanse solamente a seguito delle scoperte sulla modalità di

trasmissione dei caratteri ereditari, sull’attività degli enzimi e sulla struttura e

funzione del DNA, da fine 1800 in poi3.

Si tratta quindi di un ambito realmente poliedrico, con alla base discipline che

vanno dalla chimica alla genetica fino alla biologia e tutte le sue ramificazioni, e

che ricade nei più svariati settori applicativi: medicina, agricoltura, industria

chimica, industria alimentare, produzione energetica, ecc. Sono coinvolte anche le

1 M. L. Tenchini, Biotecnologie: aspetti genetico-biologici, in N. Boschiero, Bioetica e

biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, Giappichelli, 2006, 327. 2 G. Poli, Biotecnologie. Principi ed applicazioni dell‘ingegneria genetica, Utet, 1997, 3. 3 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, Cedam, 2002, 44.

4

sfere giuridica ed umanistica, in ragione dei risvolti etici, legali e sociali della

materia.

Con la genesi ed il progresso delle biotecnologie si è totalmente rivoluzionato il

modo con il quale l’uomo interagisce con la realtà organica, ampliando in maniera

esponenziale la possibilità di interferenza in quest’ultima. L’uomo è intervenuto

con tecniche di ibridazione (cioè di riproduzione sessuale) le cui basi scientifiche

sono state poste in Europa, a Brno, dal celebre monaco boemo Gregor Mendel, il

cui lavoro di sperimentazione venne pubblicato nel 18654. Le scoperte di

quest’ultimo rimasero infatti pressoché ignorate fin quando Correns, De Vries e

Tschermark, tre coltivatori, riscoprirono (indipendentemente l’uno dall’altro) le

regole della trasmissione ereditaria dei caratteri, denominate poi leggi di Mendel5.

La nascita vera e propria delle biotecnologie viene però datata 1953, quando

Watson e Crick proposero il modello della doppia elica del DNA6.

Fu noto allora che tutta la sostanza vivente si può semplificare ad alcune strutture

di base identiche, che sono poi diversificate nella realtà tramite delle

combinazioni differenti: la struttura interna del DNA (genotipo), interagendo con

l’ambiente, condiziona la struttura esterna dell’organismo vivente (fenotipo).

Questa fenomenale scoperta ha radicalmente capovolto le tecniche di

manipolazione della realtà vivente; infatti, poiché quasi tutti i caratteri del

fenotipo dipendono anche da uno o più frammenti del DNA (che codifica per

esso, interagendo con l’ambiente), l’individuazione di un determinato frammento

che è responsabile del modo di essere di un carattere del fenotipo, e la possibilità

di manipolarlo, possono permettere una modificazione mirata del fenotipo tramite

una manipolazione del genotipo7.

4 V. J. D. Watson, Geni buoni, geni cattivi, trad. it. Di P. Messeri, Utet, 2002, 184-185: Gregor

Mendel [..] negli orti del suo monastero creò, per autoimpollinazione, ceppi di piselli che si

riproducevano allo stato puro rispetto ad un dato carattere, come il colore del seme o la forma del

baccello. Poi, incrociando fra di loro le linee pure ottenute, osservò il modo in cui i diversi

caratteri si ripartivano nella progenie delle piante di pisello [..] (e) dimostrò che l‘origine di questa variabile ereditaria risiede in differenze di fattori discreti (geni) che passano invariati da

una generazione di piante alla successiva. 5 V. Di Cataldo, Studi in onore di Adriano Vanzetti, Giuffrè, 2004, 449. 6 Scoperta per cui venne assegnato il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia a Watson, Crick

e Wilkins, nel 1962. 7 V. Di Cataldo, Studi in onore di Adriano Vanzetti, cit., 451.

5

Le ricerche biotecnologiche si sono sviluppate poi, a partire dal 1973, allorché i

biologi americani Cohen e Boyer scoprirono gli enzimi di restrizione (in grado di

tagliare il DNA in punti specifici), scoprendo così la possibilità di manipolare e

modificare il DNA. Si tratta della tecnologia del DNA ricombinante, alla base

dell’ingegneria genetica8.

Le prospettive più interessanti si collocano certamente in ambito medico e

farmaceutico. Grazie alle biotecnologie, infatti, è possibile realizzare kit

diagnostici e di vaccini, in seguito alla decodificazione del genoma dell’agente

patogeno (virus o altro microrganismo). Di grande rilievo è poi la produzione

artificiale di proteine tramite tecniche di DNA ricombinante (tra le più note,

l’insulina).

Sono stati raggiunti risultati importanti anche in relazione al trattamento di

patologie geneticamente motivate (derivate cioè da “errori” in uno o più geni,

come l’Alzheimer, il diabete, ecc.), individuando il gene o i geni la cui

malformazione è causa della patologia e focalizzando la ricerca sulle tecniche di

intervento.

Ancora, la ricerca nell’area delle cellule staminali, susseguente alla scoperta che

cellule embrionali di mammifero possono essere coltivate in vitro e proliferare in

uno stato indifferenziato, ha spalancato prospettive dalle potenzialità enormi, sia

sul piano dell’applicazione terapeutica, che su quello della creazione di nuovi

farmaci.

Anche nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento le biotecnologie portano il

loro contributo, offrendo nuove varietà di piante ed animali più nutrienti,

produttive e resistenti a stress ambientali ed agenti patogeni, ed animali

transgenici (con geni addizionali), che potrebbero essere un importante aiuto nella

risoluzione, rispettivamente, dei problemi della fame e del sottosviluppo, e dello

studio di specifiche patologie e relative terapie.

Infine, risultati notevoli sono pronosticabili anche nel campo dello smaltimento

rifiuti, delle fonti di energia e della creazione di nuovi materiali, grazie alla

8 F. Leonini, Tecniche di DNA ricombinante e tutela brevettuale, in AA. VV, I nuovi brevetti,

biotecnologie e invenzioni chimiche, a cura di A. Vanzetti, Giuffrè, 1995, 43.

6

maggiore facilità di creazione di questi ultimi, ad esempio, o all’individuazione di

nuove fonti energetiche.

L’accelerazione della ricerca biotecnologica è avvenuta in larghissima misura nel

settore privato ed il controllo è stato presto assunto dalle multinazionali chimiche

e farmaceutiche. La crescente concentrazione del sapere nelle mani di pochi fa si

che l’equilibrio tra le esigenze della salute e dell’ambiente, da un lato, e gli

interessi della ricerca e dell’industria, dall’altro, sia sempre più spostato in favore

di questi ultimi. Quello delle biotecnologie è un ambito che non può essere

assoggettato semplicemente alle ragioni soggettive del profitto e del mercato, ma

necessita di contemperamenti pubblicistici, connessi ad interessi generali della

collettività.

L’elaborato che segue si prefigge quindi come scopo quello di effettuare una

panoramica globale sull’avvento delle biotecnologie e delle loro implicazioni

giuridiche e sociali, con particolare attenzione a quanto concerne, in ambito

brevettuale, i geni ed il corpo umano.

7

Capitolo 1: LE BIOTECNOLOGIE: NOZIONE E PROFILI NORMATIVI

Sezione I: L’oggetto dell’invenzione biotecnologica

1.1. Cosa e dove sono i geni?

I geni sono polimeri9 composti da quattro basi (molecole): Adenina, Timina,

Guanina e Citosina; queste ultime, legate fra loro in un determinato ordine,

formano il DNA.

In ogni gene vi è una specifica sequenza di basi.

I geni sono fisicamente localizzati sui cromosomi, in successione lineare uno dopo

l’altro. Il termine genoma, crasi di gene e cromosoma, venne inventato per

descrivere l’insieme di tutti i geni localizzati sui cromosomi, ma è attualmente

inteso in maniera più ampia, come insieme di tutto il DNA presente nel nucleo di

una cellula10

.

In realtà il DNA in grado di codificare proteine (i geni) è una frazione minima di

tutto il DNA di una cellula: solo il 2%; il restante 98% del genoma umano ha

funzione tuttora sconosciuta.

Nonostante non si conoscano tutte le funzioni del DNA, esso è presente nelle

cellule in quantità elevatissima; il cromosoma più grande (cromosoma 1) contiene

circa 250 milioni di basi e quello più piccolo (cromosoma 21) circa 47 milioni.

Un gene è mediamente lungo 10.000/20.000 basi ed è amalgamato con milioni di

altre sequenze di DNA; ciò fa si che sia letteralmente impossibile analizzarlo nel

suo contesto naturale.

9 Molecole dall'elevato peso molecolare (o macromolecole), costituite da un gran numero di gruppi

molecolari, uguali o diversi (nei copolimeri), uniti "a catena" mediante la ripetizione dello stesso

tipo di legame. 10 M. L. Tenchini, Biotecnologie: aspetti genetico-biologici, cit., 330.

8

Per avere la possibilità di studiare un gene sul piano molecolare e poterlo quindi

usare in applicazioni biotecnologiche avanzate, si utilizza la clonazione

molecolare11

(esaminata nel prossimo paragrafo).

Struttura di un gene:

Le proteine sono invece polimeri di 20 molecole: gli aminoacidi. Così come il

gene, ogni proteina è caratterizzata da una specifica sequenza, in questo caso di

aminoacidi.

11 Produzione di copie identiche di un organismo (animale o vegetale).

9

L’uomo è caratterizzato da un enorme numero di cellule, in ognuna delle quali

risiedono tutti i suoi geni. Questi ultimi possono essere attivi (che sintetizzano

proteine) ed inattivi.

E’ quindi possibile isolare un gene da una qualsiasi delle nostre cellule. L’attività

o l’inattività del gene dipendono dalla capacità dell’apparato biochimico di

“leggere” il gene e convertirlo nella corrispondente proteina.12

Ad esempio il gene dell’emoglobina è presente sia nei globuli rossi che nel fegato;

ma è attivo solo nei globuli rossi, ragion per cui essi producono emoglobina ed il

fegato non ne produce.13

Non vi è necessità di spiegare, in questa sede, il complesso meccanismo tramite il

quale la sequenza di basi di un gene viene convertita nella sequenza di aminoacidi

della proteina. Basti sapere che la prima fase è una copiatura (“trascrizione”) di

sequenze di basi di DNA, in una sequenza di RNA (detto RNA messaggero, molto

simile allo stesso DNA).14

La lettura del gene consiste nel fare una copia di esso, un RNA messaggero.

12 V. più approfonditamente G. Mangiarotti, Dai geni agli organismi. Biologia cellulare e

genetica, Piccin Nuova Libraria, 1994, 160. 13 R. Cortese, Il contenuto dell‘invenzione biotecnologica, in A. Vanzetti (a c. d.), I nuovi brevetti.

Biotecnologie e invenzioni chimiche, Giuffrè, 1995, 5. 14 V. più approfonditamente Neil A. Campbell, Jane B. Reece, Eric J. Simon, L'essenziale di

biologia, Pearson Education Italia, 2008, 177 ss.

10

Il gene, però, è copiato solo nelle cellule in cui esso è attivo; l’RNA messaggero è

quindi presente solo in queste ultime.

La sequenza di aminoacidi di una proteina X, dipende dalla sequenza di basi

presenti in un segmento di DNA, chiamato gene per la proteina X.

Ad ogni gene corrisponde una specifica proteina.15

Un aminoacido è prodotto (o codificato) da un codone (tre basi).

Conoscendo la sequenza delle basi di un gene, si conosce di conseguenza la

sequenza di aminoacidi della proteina ad essa corrispondente.

Ogni aminoacido, però, può essere codificato da più codoni; non si può quindi

affermare il contrario di quanto appena sostenuto.

1.2. Le operazioni sui geni e l’avvento delle librerie genetiche

Alcune proteine, presenti nei liquidi biologici o nelle cellule, hanno attività

biologiche di interesse assoluto per la medicina. Queste attività, per essere

scoperte, necessitano di complessi ed elaborati esperimenti, nei quali si è

manifestato il culmine dell’ingegno dei ricercatori.

Individuata la proteina X, con proprietà dagli interessanti risvolti applicativi, è

necessario purificarla e caratterizzarla come prodotto, per poterla poi sfruttare

industrialmente. Al lato pratico, la vera difficoltà alla continuazione del progetto è

l’esigua quantità di proteina presente nella sua sorgente naturale. Ottenere grandi

quantità della proteina in forma pura, a costi accettabili, è assolutamente

improbabile;

per produrla può quindi essere utilizzato l’isolamento del gene per la proteina

stessa.

La purificazione di una molecola consiste nella separazione della stessa dalla

mistura iniziale, tramite varie manipolazioni. Ci sono metodi ormai routinari, nati

nei primi anni settanta, per l’estrazione del DNA dalle cellule, che lo rendono

15 R. Cortese, Il contenuto dell‘invenzione biotecnologica , cit., 4.

11

trattabile, al pari di qualsiasi altra molecola.16

Un’altra fondamentale scoperta di quegli anni è legata all’Origine della

replicazione. Quest’ultimo è uno specifico segmento di DNA che contiene

appunto la proprietà di duplicarsi ad ogni generazione ed essere trasmesso alla

progenie.

Quando introdotta in un batterio, l’origine della replicazione è in grado di

duplicare qualsiasi molecola di DNA ad essa congiunta. E’ perciò possibile legare

ogni frammento di DNA estratto ad un’origine della replicazione, ed inserirlo

singolarmente in una cellula batterica. Si crea in questo modo una popolazione di

batteri, in cui ogni cellula contiene un differente frammento di DNA umano, in

grado di duplicarsi ad ogni generazione. Grazie alla sorprendente velocità di

replicazione dei batteri, in poche ore è possibile ottenerne milioni; l’insieme di

questi batteri, tutti identici alla cellula progenitrice, si chiama clone.17

Si dice che il frammento di DNA è stato clonato, poiché ogni batterio contiene una

copia identica del frammento introdotto nella cellula progenitrice.

Il DNA umano ha dimensioni considerevoli, ma può essere scorporato in un

milione circa di frammenti; essi possono essere poi introdotti in cellule batteriche,

che a loro volta genereranno un milione di cloni.

Tutto il DNA umano, frammentato, è contenuto nell’insieme di questi cloni; essi

rappresentano una libreria di DNA umano.

Una libreria di geni è fisicamente costituita da una sospensione di miliardi di

cellule batteriche racchiuse in una provetta. Tali librerie sono oggi disponibili

commercialmente, e il loro utilizzo pratico è molteplice; possono essere ampliate

indefinitamente ed essere usate più volte per differenti progetti.

L’ingegno dei ricercatori entra in gioco nel momento in cui si deve separare il

clone interessato da tutti gli altri: è necessario un mezzo opportuno per la sua

identificazione.

Molto raramente è nota la sequenza completa degli aminoacidi della proteina di

cui si vuole isolare il gene. Si riesce però spesso ad identificare la sequenza di

qualche frammento, e quindi di conseguenza, a dedurre un numero finito di

16 V. più approfonditamente D. Caramelli, Antropologia molecolare. Manuale di base, Firenze

University Press, 2009, 149 ss. 17 R. Cortese, Il contenuto dell‘invenzione biotecnologica, cit., 7.

12

segmenti di DNA che potrebbero essere in grado di codificarlo (compresa la

sequenza del gene naturale).

E’ proprio questa mistura di segmenti di DNA che può aiutare ad identificare il

clone di libreria contenente il gene della proteina desiderata.

Questo avviene grazie alla struttura ad elica del DNA stesso; le due eliche infatti

si legano tra esse stesse, riconoscendosi tramite la loro particolare sequenza di

basi.

La sequenza di basi di un frammento di un gene è così in grado di formare una

doppia elica con il clone presente nella libreria.

Nella maggior parte dei casi la sequenza di basi che codifica per le proteine

(estrone) è discontinua, interrotta da sequenze non codificanti (introni).

In ragione di questa caratteristica dei geni, non è possibile stabilire se, in una

sequenza di basi, si sia in presenza di un esone (e quindi possa essere tradotta in

sequenza di aminoacidi) o di un introne. Non vi è possibilità di sapere se il gene è

completo.

Un metodo per ovviare a questo problema è di costruire una libreria di DNA

complementare.

Nelle cellule dove un gene è attivo, vi sono copie di esso sottoforma di RNA

messaggero. Per gli scienziati è un compito arduo, ma per la cellula è molto

semplice distinguere esoni da introni, poiché solo le parti esoniche18

vengono

copiate nell’RNA messaggero. Quest’ultimo è la parte rilevante del gene.

18 Parti la cui sequenza corrisponde e codifica la sequenza della proteina.

13

Non essendo possibile clonare l’RNA come tale, è necessario convertirlo in DNA

complementare con l’aiuto di reagenti disponibili in commercio.

Il problema reale nella costruzione di una libreria di DNA complementare è

sapere da dove estrarre l’RNA messaggero, poiché, come già detto, esso si trova

solo nelle cellule in cui il gene è attivo.

Per isolare un gene da un’intera libreria genomica o di DNA complementare

occorre applicare delle tecniche di screening19

.

Possiamo dire in conclusione che i due tipi di librerie presentano entrambe lati

positivi e negativi. Le librerie genomiche restano comunque più indicate quando

si voglia studiare l’organizzazione del genoma nella sua interezza o tentare

l’identificazione delle sequenze “segnale”.

19 G. Mangiarotti, Dai geni agli organismi. Biologia cellulare e genetica,. cit., 211.

14

Sezione II: L’evoluzione della normativa

1.3. Premessa

Nel sistema europeo e nazionale dei brevetti vi è una regola generale di

brevettabilità decisamente ampia, che rende proteggibili tutte le invenzioni, in

qualsiasi settore della tecnica, che siano dotate dei requisiti di novità, attività

inventiva e applicazione industriale.20

Nelle suddette norme sono individuate in negativo le realtà ritenute non includibili

nella protezione, o a causa della mancanza del carattere inventivo21

, o perché si

tratti di vere e proprie eccezioni alla brevettabilità, e quindi di stretta

interpretazione22

.

Questa impostazione è avvalorata dall’accordo TRIPs 23

: all’art. 27 del suddetto

Accordo gli Stati membri sono infatti obbligati a riconoscere la brevettazione di

tutte le invenzioni dotate dei comuni requisiti, senza discriminazione di campo

tecnologico; viene inoltre dettato un elenco tassativo molto limitato di eccezioni

alla brevettazione, in deroga alla regola generale, prevedibile dagli Stati.24

Per concludere il quadro sistematico, anche la direttiva 98/44/CE sulla protezione

delle invenzioni tecnologiche si trova in linea con le disposizioni precedentemente

esaminate.

All’articolo 3 viene riconosciuta la brevettabilità di tutte le invenzioni, [anche in

campo biologico], quando dotate dei comuni requisiti di novità, attività inventiva

20 Art 45.1 c.p.i. e 54.1 c.b.e; già art 1 Convenzione di Strasburgo sull’unificazione. 21 Art 45.2 c.p.i. e 54.2 c.b.e. 22 Artt. 45.4, 45.5, 50 c.p.i. e art. 52.4 , 53 c.b.e. 23 Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, Marrakech, 15 aprile 1994. 24 I TRIPs in particolare, nel settore biologico, autorizzano esclusioni solo per i metodi in campo

medico per la cura dell’uomo e dell’animale, per “i vegetali e gli animali, tranne i microorganismi,

e i processi essenzialmente biologici per la produzione di vegetali o animali, tranne i processi non biologici e microbiologici” [art. 27.3 lett. b], oltre che per “le invenzioni il cui sfruttamento

commerciale nel loro territorio deve essere impedito per motivi di ordine pubblico o di moralità

pubblica, nonché per proteggere la vita o la salute dell’uomo, degli animali o dei vegetali o per

evitare gravi danni ambientali, purché l’esclusione non sia dettata unicamente dal fatto che lo

sfruttamento è vietato dalle loro legislazioni” [art. 27.2]. Si tratta comunque di limiti facoltativi,

non obbligatori.

15

e applicazione industriale. E’ così ripreso il principio di non discriminazione delle

invenzioni in base al settore tecnologico, statuito dall’art 27.1 TRIPs.25

Per quanto riguarda il decreto legge n. 3/2006 di recepimento della direttiva

98/44/2006, esso sembra non obbedire all’impostazione fin qui esposta. Il decreto

consta infatti di due elenchi: il primo concernente le invenzioni brevettabili in

campo biologico, il secondo le esclusioni; manca inoltre una generale regola di

brevettabilità.26

1.4. La regolamentazione ante Direttiva 98/44 CE e le prime decisioni degli

Uffici Brevetti in materia

Il contesto legale di riferimento del brevetto per biotecnologie, anteriore alla

direttiva 98/44 CE, è costituito27

dal Trattato di Washington del 19 giugno 1970

per la cooperazione internazionale in materia di brevetti (P.C.T.); dalla

Convenzione sul Brevetto europeo (CBE), firmata a Monaco di Baviera il 5

ottobre 197328

;dalla Decisione del Consiglio 93/626/CEE (25 ottobre), attuativa

della Convenzione sulla diversità biologica, firmata a Rio de Janeiro nel giugno

199229

; dal TRIPs Agreement, ufficializzato dal GATT alla fine dell'incontro

avvenuto in Uruguay nel 1994 e sottoscritto a Marrakech il 15 aprile dello stesso

anno; dal Protocollo addizionale alla Convenzione per la protezione dei diritti

umani e della dignità degli esseri umani con riferimento alle applicazioni della

biologia e medicina e sul divieto di clonazione di esseri umani del Consiglio

d’Europa30

. E’ rimasta inefficace, a causa della mancata ratifica degli stati

aderenti, la Convenzione sul brevetto comunitario 1989.

Particolare rilievo ha la Convenzione sulla diversità biologica, che aspira ad

armonizzare lo sviluppo biotecnologico con la salvaguardia dell’ecosistema e del

25 Principio richiamato dalla stessa direttiva al considerando n. 12. 26 V. più approfonditamente paragrafi seguenti. 27 Oltre alle normative comunitarie sull’impiego dei microrganismi geneticamente modificati

[direttive 90/219 CE; 90/220 CE (e successive 98/81 CE; 2001/18 CE)] e sulla privativa

comunitaria per i ritrovati vegetali (reg. 94/2100 CE). 28 Ratificata in Italia con legge 26 maggio 1978 n. 260. 29 Pubblicata in http://www.wipo.int. [Attuata in Italia con la legge 14 febbraio 1994 n. 124] 30 Pubblicata in http://www.coe.int

16

“serbatoio” genetico delle specie animali e vegetali della terra31

.

Più precisamente, essa si prefigge l’obiettivo della conservazione della diversità

biologica32

, dell’impiego duraturo dei suoi elementi e della riparazione giusta ed

equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche. Ciò avviene

tramite un idoneo accesso alle risorse genetiche, che, come contropartita

economica, ha una partecipazione dei Paesi del terzo mondo alle royalties

provenienti dall’utilizzo dei genotipi presenti sul loro territorio.

La Convenzione esplicita in tal senso il diritto sovrano dello Stato di disporre

delle proprie risorse genetiche e di partecipare alla ripartizione degli utili derivanti

dall’eventuale sfruttamento commerciale delle stesse da parte di Stati o privati

esteri33

, ribadendo così il ruolo fondamentale svolto dal brevetto nella

redistribuzione degli introiti finanziari provenienti dall’impiego delle risorse

genetiche.

Le norme del CBE e del TRIPs Agreement concernenti i presupposti sostanziali

per la concessione del brevetto internazionale ed europeo sono fondamentalmente

le medesime. Esse richiedono la presenza dei classici requisiti di novità,

inventività34

e industrialità35

.

Gli articoli 53 del CBE e 27 del TRIPs Agreement riconoscono inoltre la

contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume come deroghe alla brevettabilità,

con riferimento anche alle invenzioni che appaiano lesive per l’ambiente e per

l’uomo, per gli animali, per la vita delle piante o per la salute.

31 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 132. 32 “La biodiversità costituisce la migliore garanzia delle capacità di adattarsi in futuro agli

inevitabili cambiamenti alimentari e climatici: i geni oggi recessivi potranno in futuro rivelarsi

necessari per soddisfare condizioni ambientali mutate. E’ evidente pertanto come il pericolo insito

nella distruzione della biodiversità stia proprio nell’eliminazione di questa riserva di geni (ed

invero nel preambolo la Convenzione di Rio definisce la conservazione della biodiversità

“common concern of humankind”), che si trova quasi all’80% nei Paesi del terzo mondo. Ed è

proprio verso tali Paesi che le maggiori multinazionali biotecnologiche stanno indirizzando la loro

attenzione, per analizzare e sfruttare risorse genetiche rare e non ancora studiate”: C. Campiglio, I

brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, in Diritto del commercio internazionale, 1999, 826. 33 Art 15, conv. cit. 34 Facendo riferimento allo “stato dell’arte” e alla “non ovvietà” per una persona esperta nel

settore; su cui V. Valcavi, Intorno ai concetti di novità estrinseca e d‘originalità nella disciplina

dei brevetti per invenzioni industriali, in R. D. C., 2000, 167 ss. 35 L’industrialità ricorre se l’invenzione ha un’utilità e può essere realizzata ed usata in ogni

contesto produttivo e commerciale, inclusa l’agricoltura (Art 57 CBE).

17

Il Protocollo addizionale sul divieto di clonazione umana36

è entrato in vigore solo

nel 2001, a causa dei ritardi da parte dei paesi aderenti in sede di ratifica interna

che non ha consentito di realizzare la condizione sospensiva del deposito minimo

di cinque ratifiche37

; i paesi firmatari sono inoltre un numero significativamente

minore (ventiquattro) rispetto al numero degli Stati facenti parte del Consiglio

d’Europa (quarantasette).38

Il testo è imperniato sull’inderogabile principio per cui è vietato qualsiasi

intervento diretto a creare un essere umano geneticamente identico ad un altro,

vivo o morto. Ai sensi dell’art 1 del suddetto Protocollo il termine “essere umano

geneticamente identico ad un altro essere umano” denota appunto una

condivisione, tra due esseri umani, del medesimo corredo genetico nucleare.

Già prima dell’entrata in vigore della direttiva 98/44 CE non erano quindi

riscontrabili ostacoli formali alla brevettabilità della materia vivente, cui venivano

applicate le condizioni generali. La direttiva non fa perciò altro che avvalorare un

orientamento estensivo e grossomodo permissivo, tenuto dall’Ufficio Brevetti

Europeo ed Internazionale, in mancanza di un apposito corpus normativo in

materia di biotecnologie.

Questa interpretazione si trova in linea con il sistema brevettuale statunitense, ed

anche con quelli australiano e neozelandese, inclini a riconoscere la brevettabilità

del vivente sia nel caso di microrganismi, sia nel caso di forme di vita superiori,

quali animali o piante.39

Una delle più celebri sentenze italiane in tema di brevetti biotecnologici ha

riconosciuto la validità del brevetto sull’individuazione della struttura genica di un

virus che abbia un’immediata applicazione industriale40

, con corrispondente

accertamento della contraffazione da parte di un’azienda che abbia immesso in

36 Parigi, 12 gennaio 1998. 37 L’Italia è stato il quinto paese ad aver ratificato la Convenzione dopo Grecia, Slovenia,

Slovacchia e Spagna, nel marzo 2001. 38 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 133. 39 Nelle prassi degli uffici brevettuali neozelandesi ed australiani è inoltre stata presa come punto

di riferimento per il giudizio di non brevettabilità proprio la direttiva comunitaria, particolarmente con riguardo alle esclusioni tipiche ed alla necessità del consenso informato sulle finalità e gli

scopi della sperimentazione medica per il prelevamento di materiale umano. 40 Scoperta della sequenza genica del virus HCV in funzione di un metodo di diagnosi dell‘epatite

C con realizzazione dei kit di analisi immunodiagnostica: A. Pizzoferrato, op. cit., 135.

Tribunale di Milano 11 novembre 1999, in D. I., 2000, 213, con nota di G. Floridia, in R. D. Ind.,

2000, II, con nota di G. Sena, e in R. D. P., 2000, 251.

18

commercio kit immunodiagnostici concorrenziali sfruttando i risultati della

scoperta scientifica. Il Tribunale di Milano ha avvalorato l’impostazione

dottrinale41

ritenente brevettabili le scoperte scientifiche, quando suscettibili di

applicazione industriale.

Già prima della direttiva la validità del brevetto non era comunque pregiudicata

dalla circostanza che l’applicazione fosse riconducibile alla scoperta genetica,

ammesso che fra scoperta ed applicazione si stabiliva un rapporto di

complementarietà ed unità inventiva.

Il caso pioniere in tema di biotecnologie è però quello del cosiddetto “batterio

mangia petrolio” del microbiologo indiano Ananda Chakrabarty. Nel 1972 la

General Electric (per cui egli lavorava) presentò una domanda di brevetto al

Patent and Trademark Office USA (Ufficio Marchi e Brevetti degli Stati Uniti),

per un batterio geneticamente modificato, derivato dal gene Pseudomonas ,

capace di scomporre e degradare le molecole del petrolio grezzo42

.

La domanda conteneva: una richiesta di brevetto di processo, per il metodo

utilizzato per la produzione del batterio; una richiesta di brevetto per un inoculo

contente un materiale capace di galleggiare sull’acqua e il batterio43

; una richiesta

di brevetto sul batterio.

Le prime due vennero accolte, ma la terza richiesta fu respinta in base a due

assunti: i microrganismi sono prodotti della natura; la materia vivente non è

brevettabile secondo il titolo 35 del Codice degli Stati Uniti, sez. 101 (legge sui

brevetti industriali).

Il Board of Patent Appeals and Interferences (la Sezione d’Appello dell’Ufficio

brevetti) ribadì tale posizione: venne concluso che la sezione 101 non poteva

riferirsi alla materia vivente, (in base anche al Plant Patent Act del 1930, con il

quale veniva estesa la protezione brevettuale ad alcune piante riprodotte per via

asessuata) e quindi, di riflesso, nemmeno al batterio in questione.

Nel 1980 la sentenza fu però ribaltata dalla Court of Customs and Patent Appeals

41 G. Sena, La brevettazione delle scoperte e delle invenzioni fondamentali, in R. D. Ind., 1990, I,

316 ss.; G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, in R. D. Ind., 1999, I, 97 ss.;

V. Di Cataldo, La brevettabilità delle biotecnologie. Novità, attività inventiva, industrialità, in R.

D. Ind., 199, nn. 4-5, 188 ss. 42 Proprietà non riscontrate in natura nei batteri finora conosciuti. 43 M. Fonte, Organismi geneticamente modificati: monopolio e diritti, Franco Angeli, 2004, 66.

19

(la Corte d’Appello dei brevetti) riprendendo un’altra precedente sentenza44

,

secondo cui il fatto che i microrganismi siano vivi [..] è [..] senza importanza

legale ai fini della legge sui brevetti. La sentenza venne infine confermata dalla

Corte Suprema, con cinque voti a favore e quattro contrari.

Si trattava in sostanza di statuire se un microrganismo prodotto in laboratorio

potesse essere o meno contemplato come “manufatto”; il quesito ebbe appunto

risposta affermativa dalla Corte, ritenendo quest’ultima che il Congresso volesse

dare ampia applicazione alla sezione 101.

Questa vicenda fu seguita con estremo interesse da tutto il mondo. Il 1980 è una

data cruciale per la storia del sistema brevettuale e viene convenzionalmente

considerata come la data di nascita dei problemi della brevettazione delle

biotecnologie.45

Quello del batterio di Chakrabarty è il primo di una sterminata serie di casi in cui

il brevetto è richiesto direttamente su una nuova entità vivente, realizzata, tramite

biotecnologie, dall’attività inventiva umana. E’ un caso che presenta già tutte le

problematiche che si ritroveranno nelle vicende successive: costi elevatissimi per

la ricerca, alto rischio di fallimento ed aspettative di grandi benefici unite alla

preoccupazione per possibili risvolti negativi non previsti.

Si è aperta dunque un’ampia gamma di interrogativi, che tuttora non sono stati

risolti; ma ciò che risulta basilare è che “a seguito di tale decisione, non vi sono

più stati dubbi circa la brevettabilità di tale genere di invenzioni”46

.

Nel contesto europeo, l’European Patent Office47

(EPO) ha generalmente

ammesso la brevettabilità di tecniche di ingegneria genetica applicata agli animali.

Altro caso storico è infatti quello del c.d. Onco - Mouse di Harvard. La Divisione

d’Esame, il 3 aprile 1992, ha concesso un brevetto avente ad oggetto un animale

transgenico (l’Onco - Mouse, appunto), il cui corredo genetico era stato

modificato allo scopo di predisporlo allo sviluppo del cancro, così che potesse

essere una cavia utile allo screening industriale accelerato di sostanze

44 Il caso Bergy del 1977. 45 V. Di Cataldo, Biotecnologie e diritto. Verso un nuovo diritto, e verso un nuovo diritto dei

brevetti, in Studi di diritto industriale in onore di A. Vanzetti, Giuffrè, 2004, 445. 46 Così G. Sena, L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, in D.

I., 2000, I, 6. 47 Ufficio Brevetti Europeo.

20

cancerogene.48

Si tratta di una decisione fondamentale anche perché basata su una

valutazione di costi – benefici, anche in relazione all’art 53 a) della CBE, i cui

termini di riferimento sono costituiti dall’immenso vantaggio che l’invenzione

può apportare all’umanità, relativamente alla cura del cancro, e dai danni

ambientali che possono derivare dalla stessa.49

La Divisione d’esame effettuò poi i

tests necessari, stabilendo che i benefici per le ricerche mediche del topo di

laboratorio con un accelerato sviluppo del tumore fossero preponderanti rispetto

alle sofferenze inflitte, e che i potenziali rischi ambientali fossero pressoché

inesistenti.

In relazione all’applicazione dell’art 53 CBE alle invenzioni sulle piante, va

menzionata anche la decisione della Divisone di opposizione, del 25 febbraio

1993. Nel decidere su un’opposizione di Greenpeace contro un brevetto per una

pianta resistente agli erbicidi, la divisione rifiutò di applicare un test di

bilanciamento degli interessi analogo a quello richiesto dal Board of Appeal nel

caso del topo transgenico.50

Con riferimento alle Guidelines si affermò che il caso

dell’Onco – Mouse non costituisce un superamento del principio per cui l’art 53

a) va invocato solo in casi estremi, quale appunto fu quello del topo di Harvard.

Infine, la Commissione dei Ricorsi, il 28 luglio 1994, ha confermato la validità di

un brevetto avente ad oggetto l’antigene dell’epatite B. Successivamente, la

Divisione di Opposizione, l’8 dicembre 1994, respingendo un’opposizione

presentata dal gruppo parlamentare dei Verdi del Parlamento europeo contro la

concessione del relativo brevetto, ha dichiarato brevettabile un’invenzione

48Per approfondimenti: C. Campiglio, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, Diritto del

Commercio Internazionale, cit., 199, 880; V. Di Cerbo, Il topo di Harvard: ovvero la

manipolazione di animali all‘esame dell‘UBE, Foro It., 1991, IV, 178; G. Casucci, Onco-

Mouse/harvard 3° atto. Il problema della liceità, in R. D. Ind. 1992, II, 158. 49 R. Pavoni, Brevettabilità genetica e protezione della biodiversità. La giurisprudenza dell‘ufficio

europeo dei brevetti, in R. D. Int., 2000, 447. L’autore sostiene che l’analisi costi benefici

compiuta dall’EPO – costituente un criterio elaborato dalla teoria economica – rappresenta di per

sé un metodo razionale per la ricerca di una soluzione equilibrata. Egli tuttavia reputa che tale

criterio non possa correttamente utilizzarsi per la concessione dei brevetti, in quanto (non essendo contemplato da alcuna norma) si risolve in un efficace strumento per la promozione di determinate

finalità politiche. 50 J. Strauss, La problematica delle invenzioni di ingegneria genetica alla luce della proposta di

direttiva CEE e dei GATT – TRIPs, 31, in A. Vanzetti (a c. d.), I nuovi brevetti. Biotecnologie e

invenzioni chimiche, Giuffrè, 1995.

21

consistente in un frammento di DNA capace di codificare una proteina umana (nel

caso di specie la relaxina).

Questa decisione ha definitivamente statuito che i brevetti relativi a DNA

codificante non conferiscono nessun diritto sui singoli esseri umani al titolare,

esattamente come i brevetti relativi ad altri prodotti umani (es. proteine).

Il DNA non è vita ma è una sostanza chimica che fornisce informazioni genetiche

e che può essere impiegata per la produzione di proteine utili dal punto di vista

medico: anzi, è solo grazie alla donazione di geni che si è potuto disporre di

importanti proteine umane in numero sufficiente da poter essere impiegate a fini

medici, sia in terapie «classiche » che in terapie sulle cellule somatiche che infine

in terapie geniche somatiche51

.

1.5. La Direttiva 98/44 CE. Profili comunitari

Il 6 luglio 1998 la Comunità europea ha adottato, dopo un iter durato circa dieci

anni, la Direttiva 98/44 sulla protezione giuridica delle invenzioni biologiche,52

pubblicata sulla G. U. C. E. del 30 luglio 1998, n. L 213.

La prima proposta della Commissione (20 0ttobre 1988) venne ritirata a fronte

delle critiche manifestate da più parti. Il testo rivisitato, adottato il 23 gennaio

1995, fu clamorosamente rigettato dal Parlamento Europeo il 1 marzo 1995: si è

trattato del primo caso di bocciatura di un testo da parte del Parlamento

successivamente al Trattato di Maastricht53

. Da qui l’elaborazione di un nuovo

testo, modificato numerose volte nel 1997 (recependo pressoché tutti gli

51 C. Campiglio, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, cit., 886. 52 T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni d‘insieme, in

D. I., 2001, 125. 53 La bocciatura avvenne a causa della riserva sulla questione della brevettabilità di elementi della

materia vivente “in quanto tali“, con riferimento alle sequenze geniche. Il testo proposto dalla

Commissione non poneva preclusioni espresse in ordine alla brevettazione del corpo umano

(quanto meno a parti isolate dello stesso) e ai relativi procedimenti di manipolazione: v. G. Morelli

Gradi, La legittimità comunitaria della direttiva sulle invenzioni biotecnologiche, in R. D. Ind.,

2001, 321.

22

emendamenti nel frattempo presentati dal Parlamento Europeo: ben 65 su 66), alla

base della versione poi approvata in via definitiva. 54

La Direttiva si inserisce in un quadro di fonti internazionali e comunitarie che si

sono già variamente occupate della questione della brevettabilità del vivente.55

In

tal senso essa si pone in continuità rispetto alle evoluzioni dell’armonizzazione

normativa europea, asserendo la centralità dell’impianto internazionale e

l’applicabilità delle regole generali sul brevetto europeo ed internazionale al

settore specifico della biotecnologia, e istituendo alcune norme specificative in

grado di designare con più precisione l’ambito della brevettabilità della materia

vivente.

Un buon grado di uniformità delle legislazioni nazionali era quindi già stato

pervenuto nell’ambito comunitario e regionale di efficacia dei suddetti accordi

internazionali. In base a tali accordi, inoltre, la prassi dell’EPO si andava

sviluppando in senso favorevole alla brevettazione delle invenzioni

biotecnologiche56

. Ciononostante il legislatore comunitario ha ritenuto necessario

uno strumento ad hoc, che decreta espressamente l’idoneità del brevetto a

regolamentare i diritti di proprietà intellettuale sulle invenzioni biotecnologiche,

salvo casi particolari, formulando per la prima volta dei canoni scritti specifici per

il settore in esame.

Le motivazioni sottese a questa scelta, che si è rivelata vincente, sono ascrivibili

alla volontà di costituire una fonte coerente di regole e principi per la tutela delle

invenzioni in campo biotecnologico, così da adattare la disciplina ordinaria dei

brevetti alle caratteristiche dell’oggetto di suddette invenzioni57

e risolvere i

54 Sulle fasi della definitiva approvazione del testo della direttiva: R. Nott, Patent protection for

plants and animals, in EIPR, 1992, 79 ss.; The proposed EC directive on biotechnological

inventions, in EIPR, 1994, 191 ss.; The biotech directive: does Europe need a new draft?, in EIPR,

1995, 563 ss.; You did it!, in EIPR, 1998, 347 ss.; T. C. Vinje, Harmonising intellectual property

laws in the European Union: past, present and future, in EIPR, 1995, 361 ss.; W. Rothley,

European Parliament must think again about biotechnological protection, in IIC, 1995, 669; B.

Guidetti, La direttiva 98/44/CE sulle invenzioni biotecnologiche, in Contratto e impresa/Europa,

1999, n. 1, 483; S. Sandri – E. Caporuscio, Biotecnologie: l‘ultima proposta dell‘unione europea,

in Riv. Ir. Ind., 1994, I, 645. 55 V. paragrafo precedente. 56 V. paragrafo precedente. 57 Il legislatore comunitario è un sostenitore dell’idoneità dello strumento brevettuale e della

legislazione ordinaria dei brevetti a disciplinare i diritti di proprietà intellettuale nel settore

biotecnologico, con l’innesto di alcuni aggiustamenti che si rendono doverosi a causa della

peculiarità dell’oggetto di tali invenzioni. V. considerando n. 8 della Direttiva 98/44 CE, secondo

23

quesiti rimasti aperti, dovuti alle difficoltà coordinative tra fonti differenti. Il

crescente sviluppo dell’industria biotecnologica e dell’ingegneria genetica è un

fenomeno relativamente molto recente; è perciò inevitabile che le normative

anteriori alla D. 98/44 presentino lacune in merito all’argomento, che era

doveroso colmare sul piano del diritto positivo.58

I considerando n. 5 e n. 6 della direttiva, inoltre, recitano rispettivamente che nel

settore della protezione delle invenzioni biotecnologiche esistono divergenze tra

le legislazioni e le pratiche dei diversi Stati membri e che dette divergenze

potrebbero accentuarsi con l‘adozione, da parte degli Stati membri, di nuove e

divergenti legislazioni e prassi amministrative o con la diversa evoluzione delle

giurisprudenze nazionali su tali legislazioni, esplicando le esigenze di omogeneità

nella prassi applicativa.

Nelle intenzioni del legislatore, la Direttiva 98/44 dovrebbe quindi sollecitare la

regolamentazione unitaria della materia in ambito comunitario, riducendo al

minimo le incertezze giuridiche e sollecitando gli investimenti nella ricerca

biotecnologica.

La promozione dell’industria biotecnologica europea, in competizione con quella

americana e giapponese, era già un’aspirazione forte sin dalla seconda metà degli

anni ’80; a tal proposito si reputava che la presenza di un quadro normativo

limpido e coerente fosse un presupposto immancabile per la sicurezza della tutela

giuridica alle invenzioni biotecnologiche, e di conseguenza per gli incentivi nel

settore.59

La Direttiva si inserisce, come già detto, in un sistema di strumenti internazionali

che si era già marginalmente occupato del problema della brevettazione delle

invenzioni biotecnologiche; è perciò opportuno effettuare una riflessione sui

cui: “la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche non richiede la creazione di un

diritto specifico che si sostituisca al diritto nazionale in materia di brevetti; […] il diritto nazionale

in materia di brevetti rimane il riferimento fondamentale per la protezione delle invenzioni

biotecnologiche, ma […] deve essere adeguato o completato su taluni punti specifici, in conseguenza dei nuovi ritrovati tecnologici che utilizzano materiali biologici e che possiedono

comunque i requisiti di brevettabilità”. 58 G. Scionti, La protezione delle invenzioni biotecnologiche nella normativa comunitaria e

internazionale, in N. Boschiero (a c. d.), Bioetica e biotecnologie nel diritto internazionale e

comunitario, Giappichelli, 2006, 232. 59 Questa aspirazione è espressamente affermata nei primi tre considerando della Direttiva.

24

relativi rapporti di coordinamento, soprattutto in ragione del combaciare degli

ambiti di applicazione.

Il primo passo verso l’armonizzazione delle legislazioni europee in tema di

brevetti si è mosso con la citata Convenzione di Monaco sul brevetto europeo

(CBE), che ha anche istituito un’organizzazione per la concessione di un titolo di

privativa (il brevetto europeo), con effetti corrispondenti a quelli di un fascio di

brevetti nazionali. L’inventore è in questo modo assolto dall’onere di depositare

contestualmente molteplici domande di brevetto presso le autorità competenti di

ciascun Paese per il quale ha intenzione di richiedere il brevetto; viene inoltre così

garantita l’omogeneità interpretativa ed applicativa dei requisiti di brevettualità

individuati dalle norme della Convenzione. I diritti acquisiti dal titolare del

brevetto europeo nelle rispettive giurisdizioni e le vicende successive al rilascio di

esso ricadono però nella competenza degli ordinamenti nazionali. Vi è pericolo

che la giurisprudenza nazionale degli Stati membri dell’organizzazione europea

dei brevetti segua impostazioni diverse nella decisione (per la maggiore) di cause

di contraffazione, con il risultato che uno stesso brevetto europeo figuri valido in

alcuni Stati e non in altri, per mano dei giudici nazionali.

In seguito a queste considerazioni, gli stati membri della CE avevano già

sottoscritto nel 1975 la Convenzione di Lussemburgo sul brevetto europeo per il

mercato comune60

, con previsione dell’istituzione di un titolo unitario con

efficacia in tutto il territorio comunitario. La Convenzione di Lussemburgo non è

mai entrata in vigore in seguito al mancato raggiungimento del numero di ratifiche

necessario.

Il progetto di un sistema di tutela brevettuale unitario, tale anche nelle successive

vicende che lo investono, è stato risollevato dalla Commissione con la proposta di

Regolamento sul brevetto comunitario, presentata al Consiglio il 1 agosto 2000.61

Questa proposta contempla l’istituzione di un titolo di privativa (il brevetto

comunitario) che produca gli stessi in effetti nella giurisdizione di ognuno degli

Stati membri e sia soggetto ad una disciplina sostanziale omogenea ed autonoma

60 Convenzione di Lussemburgo del 15 dicembre 1975 sul brevetto europeo per il mercato

comune, in G. U. C. E., 26 gennaio 1976, n. L 17. Ratificata in Italia con l. 26 maggio 1978, n.

260. 61 Proposta di Regolamento del Consiglio relativa al brevetto comunitario, in G. U. C. E:, 28

novembre 2000, n. C 337 E, 278.

25

in relazione alle legislazioni nazionali. Per il rilascio del titolo sarebbe sempre

competente l’EPO, come previsto dalla CBE, mentre la tutela giurisdizionale dei

diritti conferiti al titolare tramite il rilascio del brevetto comunitario, e di

conseguenza le vicende di validità e contraffazione, sarebbero devolute ad un

organo giudiziale comunitario apposito, oltrepassando così la dimensione

nazionale.

La coesistenza dei due brevetti, europeo e comunitario, sottintende l’impiego di

misure volte a conseguire un collegamento formale tra la Comunità e

l’Organizzazione europea dei brevetti, inserendo uno strumento di diritto

internazionale (esplicato nel futuro Regolamento) tra le risorse del diritto

comunitario. Il Regolamento (quando adottato) e la CBE saranno quindi due fonti

di differente provenienza62

e ambito di applicazione territoriale.

Questo raccordo sarà possibile tramite l’adesione della Comunità alla CBE; sarà

inoltre necessaria una revisione di quest’ultimo, di modo che l’EPO risulti

competente anche per il rilascio del brevetto comunitario. In seguito a ciò,

strutture, procedure e norme di diritto sostanziale della CBE risulterebbero

applicabili anche al brevetto comunitario. Del titolo, dopo essere stato rilasciato, e

delle controversie su validità e contraffazione, si occuperebbe invece il

Regolamento, tramite uno specifico organo giudiziale centralizzato.

L’iniziativa del Regolamento è pretenziosa e se riuscisse ad essere attuata

comporterebbe un notevole progresso nella formazione di un terreno comunitario

costituito da condizioni uniformi di tutela brevettuale, così da stimolare anche

ricerca ed innovazione.

Anche in seguito all’istituzione del brevetto comunitario, l’inventore sarà

comunque libero di affidarsi al regime che preferisce (comunitario, europeo o

nazionale) in base alla tutela che più si plasma alle proprie esigenze.

La Direttiva 98/44 CE si introduce quindi in un panorama articolato,

presentandosi come strumento di armonizzazione del diritto sostanziale negli Stati

membri, con specifico riferimento (per la prima volta) alla tutela delle invenzioni

biotecnologiche.

62 Regolamento di fonte comunitaria; CBE di fonte internazionale.

26

In merito ai rapporti della Direttiva con la CBE, si deve notare che

l’Organizzazione europea dei brevetti non avesse alcun obbligo di recepire la D.

98/44. L’interesse per la costituzione di un diritto dei brevetti comune in ambito

europeo ha però spinto il Consiglio di amministrazione dell’Organizzazione

europea dei brevetti ad introdurre nel testo del Regolamento di esecuzione della

Convenzione il capitolo VI (Invenzioni biotecnologiche), che riporta

sostanzialmente il capitolo I della Direttiva.

Sarebbe comunque risultato illogico che il brevetto nazionale, che tutela

invenzioni di minore levatura, beneficiasse di una protezione più mirata e

complessa rispetto a quella accordata al brevetto europeo, riguardante in genere

invenzioni più importanti, alle quali sono sottesi cospicui investimenti.

Il Consiglio di amministrazione ha omesso ogni riferimento ad ogni altra norma

della Direttiva, eccetto quelle contenute nel capitolo I. Questo in ragione del fatto

che la CBE si occupa delle questioni concernenti il rilascio del titolo, mentre il

contenuto, gli effetti e la tutela giurisdizionale dei diritti restano di competenza

degli ordinamenti nazionali.63

Il capitolo I della Direttiva affronta la brevettabilità delle invenzioni

biotecnologiche e si inserisce, di conseguenza, nell’ambito di competenza

dell’Organizzazione europea dei brevetti; i capitoli II (Ambito della protezione) e

III (Licenze obbligatorie dipendenti), invece, riguardano profili affidati alle

legislazioni nazionali.

L’Organizzazione europea dei brevetti si è formalmente vincolata, dal 1 settembre

199964

, ai principi espressi dalla Direttiva in merito alla brevettabilità delle

invenzioni biotecnologiche, con il risultato che i brevetti europeo e comunitario

saranno sottoposti alla disposizioni della stessa per quanto riguarda la concessione

del titolo.

L’iter sembra ancora lontano dalla sua conclusione, nonostante susseguenti

accordi e proposte; ma, seppur non celeri, i progressi ci sono e fanno sperare in un

concreto spazio comunitario caratterizzato da una reale uniformità di tutela.

63 V. più approfonditamente C. Campiglio, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, cit.,

903. 64 Data in cui è entrato in vigore il testo emendato del Regolamento di esecuzione.

27

1.6. Il recepimento della Direttiva 98/44 CE in Italia

Otto anni dopo l’adozione della Direttiva 98/44 CE sulla protezione giuridica

delle invenzioni biotecnologiche, anche l’Italia ha provveduto al suo recepimento,

con il Decreto legge n. 3 del 10 gennaio 2006, convertito in Legge 22 febbraio

2006 n. 7865

. Il nostro Stato, assieme ad altri sette, è risultato inadempiente di

fronte alla Corte di Giustizia della Comunità Europea in merito agli obblighi

derivanti dall’art 15 della Direttiva, per cui il recepimento era previsto entro il 30

luglio del 2000. L’azione della Commissione Europea contro la Repubblica

italiana66

aveva lo scopo di accelerare il processo di implementazione delle norme

che tutelano la brevettazione in un settore così strategico come quello delle

biotecnologie.

La natura controversa delle decisioni sulla regolazione del settore in esame si era

già mostrata in sede di discussione della prima proposta di Direttiva, tanto che

questa è infatti il risultato di più di una decade di dibattiti, in Consiglio e

Parlamento europeo. Il traguardo così pervenuto si è rivelato difficoltoso al

momento dell’attuazione nei singoli ordinamenti nazionali; come già detto, l’Italia

ed altri sette Stati europei67

non hanno rispettato il termine imposto dall’art 15 per

il recepimento, protraendo il ritardo e rendendolo collettivo.

Il ritardo è peraltro un segnale di dissenso per quanto riguarda i contenuti della

Direttiva. Il Regno d’Olanda, assieme al Regno di Norvegia ed alla Repubblica

italiana, aveva richiesto l’annullamento della suddetta68

, adducendo che la

Direttiva sarebbe stata fonte di nuovi diritti brevettuali di origine comunitaria

incompatibili con la CBE, con le normative dei singoli Stati, con gli obblighi di

diritto internazionale e con i diritti fondamentali degli esseri umani.69

Il ricorso è

stato respinto in toto dalla Corte in data 9 ottobre 2001.

65 Pubblicata in G. U. n. 58 del 10 marzo 2006. 66 27 ottobre 2003. 67 Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Svezia. 68Regno dei Paesi Bassi c. Parlamento Europeo e Consiglio, Corte di Giustizia delle Comunità

Europee, 9 ottobre 2001, C-377/98, pubbl. in Raccolta della giurisprudenza, pp. I-07079. 69 In particolare, si poneva l’accento sulla violazione del diritto di auto determinazione del paziente

sottoposto a trattamenti implicanti l’utilizzo di materiali ottenuti per via biotecnologica, in quanto

nella Direttiva mancava la richiesta di consenso del paziente stesso. Si sosteneva inoltre la

28

La traslazione tardiva delle norme della Direttiva, nei vari ordinamenti nazionali,

è quindi indice concreto del problema di trovare un’implementazione comune.

Problemi di assimilazione del suo contenuto prettamente tecnico e risvolti etici

associati alla brevettazione di alcuni prodotti della materia vivente hanno prodotto

contrasti nelle varie Commissioni di studio tra le contrapposte forze politiche,

prolungando le discussioni ed innescando, sovente, accese dispute sfociate in

prese di posizione ideologiche contro la proprietà intellettuale, vista solamente

come strumento di potere e di controllo70

.

In particolare l’ordinamento italiano, dopo aver appoggiato la richiesta olandese,

ha ritardato la trasposizione della Direttiva, ed è stato per tale motivo condannato

dalla Corte di Giustizia della comunità europea.71

In corso di giudizio, la difesa

italiana ha sostenuto l’avvenuto recepimento della D. 98/44 tramite le norme

brevettuali nazionali; ma ciò non risulta dalla procedura amministrativa, almeno

fino al febbraio 2003. La mancanza di un esplicito atto di trasposizione e l’assenza

di norme nazionali corrispondenti nel contenuto agli articoli 3, 5, 6, 8 e 12 della

Direttiva, hanno confermato l’incompleto recepimento della stessa, conducendo

appunto ad una sentenza di condanna per l’Italia.

Il comportamento italiano, tuttavia, non è stato isolato, e può perciò essere letto

come un disagio nella traduzione e nell’implementazione dei contenuti della

Direttiva nei singoli contesti nazionali.

Il recepimento italiano della Direttiva 98/44 ha avuto quindi un iter travagliato,

frequentemente bloccato dalla difficoltosa comprensione, in sede politica, degli

adattamenti legislativi a cui è stato assoggettato l'impianto tecnico-scientifico

derivante dalle applicazioni di una materia poliedrica quale è la biotecnologica. La

normativa riporta numerosi emendamenti, recepiti già nel Disegno di legge delega

1745 B72

, proposti da tutti i Gruppi parlamentari, che hanno avuto come risultato

l’appesantimento del testo, anche dal punto di vista procedurale.

contrarietà al riconoscimento della dignità umana della possibilità di brevettare parti “isolate” del

corpo umano. 70 G. Morelli Gradi, La direttiva sulla "Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche" e la

normativa di recepimento nazionale (commento a Conversione in legge del , recante attuazione

della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche,

definitivamente approvato dal Senato il 14 febbraio 2006.), in D. I., 1, 2006, 25. 71 Case C – 456/2003, Judgment of the Court, 16 giugno 2005. In www.europa.eu. 72 Pubblicato in: http://www.parlamento.it.

29

Il Decreto legge n. 3 del 10 gennaio 2006, convertito in Legge 22 febbraio 2006 n.

78,

riproduce quasi totalmente i diciotto articoli della Direttiva, con anche le aggiunte

presentate nel disegno di legge delega al Governo73

.

Il testo contiene disposizioni più restrittive rispetto alla Direttiva n. 98/44; vi è, in

particolare, l’innesto di alcune importanti novità, nello specifico riguardanti

alcune esclusioni dalla brevettabilità e il procedimento per il rilascio del titolo,

che saranno oggetto di trattazione nel seguente capitolo.

73 AS 1745 B derivato dall'AC 2031 recante "Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo

della concorrenza" (testo collegato alla finanziaria), approvato nel corso della XIV legislatura.

Inizialmente doveva essere inserito nel D. Lgs. n. 30/2005 (Testo Unico) come delega al Governo

per il riordino della normativa brevettuale.

30

Capitolo 2: LA BREVETTABILITÀ DELL’INVENZIONE

BIOTECNOLOGICA

2.1. Natura e funzione del brevetto

Il brevetto altro non è che un diritto attribuito ad un inventore su una specifica

invenzione, che gli permette di impedire ad altri di realizzare, utilizzare o vendere

l’invenzione per il periodo di venti anni, a partire dalla data di deposito della

domanda.74

Non si tratta quindi di un’autorizzazione all’attuazione

dell’invenzione, ma di una garanzia, per l’inventore, del diritto di vietare a terzi

l’attuazione della stessa senza il proprio consenso, eventualmente manifestato

tramite un contratto di licenza o di cessione.

Il controllo che viene eseguito in sede di rilascio del titolo non riguarda tutte le

implicazioni nascenti dalla messa in commercio del prodotto, processo o nuovo

uso, ma si limita ad alcuni elementi di esso: novità, originalità, industrialità,

liceità75

.

E’ perciò possibile che un prodotto brevettabile non possa poi essere

commercializzato poiché mancante delle caratteristiche inderogabili previste dallo

Stato a salvaguardia di altri interessi generali (salute, tutela dell’ambiente, ecc.).

Quando invece l’invenzione brevettata rispetta tutte le condizioni fissate da un

dato ordinamento, allora essa può essere attuata, realizzata e commercializzata

dall’inventore, in via esclusiva.76

La paternità dell’invenzione, essendo un diritto della personalità, è ovviamente

riconosciuta separatamente dai diritti patrimoniali individuati con la concessione

del brevetto77

; essa si mantiene quindi anche in caso di invalidità, estinzione o

decadenza di quest’ultimo.

74 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 5. 75 Vedi paragrafi seguenti. 76 Fatto salvo il diritto di preuso, cioè di continuare ad utilizzare l’invenzione, nei medesimi limiti

quantitativi e qualitativi e con le stesse modalità, da parte di chi l’avesse già fatto nei dodici mesi

precedenti al deposito della domanda presso l’Ufficio brevetti. 77 Diritto esclusivo di godere dei risultati economici di una nuova invenzione. G. Galgano, in

Diritto commerciale. L‘imprenditore, Zanichelli, 1995, 121, sostiene che questo diritto: crea solo

31

Il brevetto è stato creato per remunerare l’inventore degli investimenti economici

effettuati per conseguire il risultato conoscitivo, utile anche all’accrescimento del

progresso tecnico, nell’ottica dell’interesse pubblico.

Infatti, risponde ad una precisa scelta del legislatore italiano quella di favorire

una tutela di tipo privatistico del ritrovato industriale, incentivando la ricerca con

la prospettiva di un periodo di tempo per lo sfruttamento intensivo ed esclusivo

delle invenzioni.78

Allo stesso modo, il legislatore comunitario ha enfatizzato il ruolo dello strumento

brevettuale come protezione del lavoro effettuato, preferendolo al segreto

industriale, ritenuto privo di risvolti fruttuosi per la società nella misura in cui non

mette a disposizione della collettività il patrimonio conoscitivo alla base

dell’invenzione.

La scelta dello strumento da utilizzare rimane comunque ad appannaggio

dell’inventore.

L’invenzione industriale è una creazione intellettuale che offre una soluzione

nuova ed originale ad un problema tecnico, adatta ad avere applicazione

nell‘industria in quanto suscettibile di essere replicata con procedimenti costanti

o ripetuti, o, in altre parole, un nuovo ritrovato o metodo di lavorazione

suscettibile di essere costantemente replicato e concretamente utilizzato ed

applicato nel campo della tecnica industriale79

. Ciò che è tutelato è quindi l’idea

inventiva, distinta dal supporto materiale che la incorpora.

Per il principio della c.d. unitarietà dell‘invenzione, può essere proposta domanda

di brevetto per una sola invenzione. La domanda deve essere provvista di

sufficiente descrizione dell’invenzione, tale da permettere al tecnico medio del

ramo di riprodurla con caratteri costanti (adeguatezza della descrizione) e di

rivendicazioni che circoscrivano esattamente l’estensione della stessa, in primis in

relazione agli usi possibili. Sono proprio le rivendicazioni, infatti, a determinare i

limiti della protezione brevettuale, anche alla luce della descrizione e dei disegni

riportati.

la presunzione, vincibile in un successivo giudizio con la prova contraria, che l‘invenzione sia

effettivamente tale, e che il titolare del brevetto sia effettivamente l‘inventore. 78 Trib. Bologna 11 maggio 1999, in Ragiufarum, 2000, fasc. 60, 18. 79 Così testualmente G. Aglialoro, Il diritto delle biotecnologie, Giappichelli, 2001, 94.

32

Restanti i limiti dell’azione di contraffazione, la pubblicazione del brevetto

permette quindi di ampliare la portata generale delle conoscenze, permettendo a

ricercatori ed affini di perfezionare e sperimentare procedimenti e tecniche di

sorta, a partire dai risultati conseguiti che sono stati brevettati.

La facoltà esclusiva di commerciare il prodotto dell’invenzione, inoltre, si

riferisce alla prima cessione effettuata dal titolare, non estendendosi all’intera

catena distributiva. In altre parole, dopo la prima immissione in commercio non si

ha più controllo sulla circolazione dell’invenzione80

(principio

dell‘esaurimento81

), e chi acquisti il diritto di godimento sulla stessa può disporne

come crede, senza necessità di ottenere il consenso del titolare dei diritti

patrimoniali sull’invenzione.

Questo principio è l’espressione del compromesso trovato tra interesse individuale

alla massimizzazione del profitto, interesse pubblico ad un sistema di

remunerazione della ricerca, e l’antitetico interesse collettivo alla rimozione di

monopoli e situazioni anticoncorrenziali comportanti abusi di posizione

dominante e rallentamento nella circolazione delle ricchezze.

2.2.1. Lineamenti generali della protezione giuridica delle invenzioni

biotecnologiche

La Direttiva 98/44 è un testo relativamente breve, preceduto però da un preambolo

di straordinaria ampiezza: ben 56 Considerando, utili per l’interpretazione delle

successive norme.

Essa evita di disporre una disciplina dettagliata e capillare delle invenzioni

biotecnologiche, e anzi muove dall’esplicito intento di sostenere e potenziare

80 Questo vale sia per il commercio di singoli esemplari sia in tema di licenze di brevetto, per cui

il licenziatario non può essere condizionato negli usi successivi del prodotto e comunque la

licenza deve essere interpretata in senso restrittivo quanto ai poteri del licenziante, così A. Pizzoferrato, op. cit., 11. 81 Art 5.1 c. p. i.: Le facoltà esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un diritto di

proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà

industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello

Stato o nel territorio di uno Stato membro della Comunità europea o dello Spazio economico

europeo.

33

l’industria biotecnologica e la ricerca in materia di ingegneria genetica come

obiettivo strategico dello sviluppo competitivo della Comunità europea,

assumendo come fondamento giuridico l’art. 95 (ex art. 100 A) del Trattato

istitutivo della Comunità europea.82

Il riconoscimento del ruolo centrale di questo

settore della ricerca emerge infatti già dai primi due considerando83

.

Preponderante è anche l’esigenza di armonizzazione del diritto dei vari Stati

membri, in ragione del potenziale pregiudizio commerciale che potrebbe crearsi

nel mercato interno a causa delle divergenze pratiche e legislative tra di essi.

Tuttavia, in base al considerando n. 8 della Direttiva 98/44, la protezione

giuridica delle invenzioni biotecnologiche non richiede la creazione di un diritto

specifico che si sostituisca al diritto nazionale in materia di brevetti; [..] il diritto

nazionale in materia di brevetti rimane il riferimento fondamentale per la

82 Corte di Giustizia CE 9 ottobre 2001, cit.: La direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle

invenzioni biotecnologiche è stata giustamente adottata sul fondamento dell‘art. 100 A del

Trattato dato che: a) il ricorso a tale norma come fondamento giuridico della direttiva è possibile

al fine di prevenire l‘insorgere di futuri ostacoli agli scambi dovuti allo sviluppo eterogeneo delle

legislazioni nazionali, purché l‘insorgere di tali ostacoli sia probabile e la misura di cui trattasi abbia ad oggetto la loro prevenzione; b) scopo di una misura di armonizzazione è di ridurre gli

ostacoli al funzionamento del mercato interno costituiti dalla diversità di condizioni esistenti tra

gli Stati membri qualunque ne sia la causa di guisa che, se le divergenze derivano da una

interpretazione discordante, o che rischia di diventare tale, di nozioni contenute in atti giuridici

internazionali cui aderiscono gli Stati membri (come la convenzione di Monaco sul brevetto

europeo), nulla vieta in linea di principio di ricorrere all‘adozione di una direttiva quale

strumento per assicurare una interpretazione comune agli Stati membri di siffatte nozioni, senza

dovere rinegoziare l‘atto giuridico internazionale e senza neppure che la misura di

armonizzazione possa essere considerata incompatibile con il rispetto, da parte degli Stati

membri, degli obblighi ad essi incombenti in forza dell‘atto internazionale; c) la direttiva non ha

come oggetto né come effetto quello di istituire un brevetto comunitario e pertanto non introduce

un titolo nuovo che presupporrebbe il ricorso alla base giuridica rappresentata dall‘art 235 del Trattato, a nulla rilevando in contrario che le invenzioni biotecnologiche non fossero brevettabili

in alcuni Stati membri né che la direttiva abbia introdotto alcune precisazioni ed abbia previsto

alcune deroghe al diritto applicabile in materia di brevetti per quanto concerne la portata della

protezione garantita; d) pur perseguendo la direttiva l‘obiettivo di favorire la ricerca e lo sviluppo

nell‘ambito dell‘ingegneria genetica, tale scopo non costituisce quello essenziale (che sarebbe

perseguibile facendo ricorso agli artt. 130 E e 130 F del Trattato), ma è uno scopo incidente o

ausiliario, essendo lo scopo principale quello di rimuovere gli ostacoli di ordine giuridico posti,

nel mercato interno, dalle divergenze legislative e giurisprudenziali tra gli Stati membri che

ostacolano e sbilanciano le attività di ricerca e di sviluppo nella comunità. Né la direttiva viola il

principio di sussidiarietà enunciato dall‘art. 3 B del Trattato CE e la sua legittimità. 83 (1) considerando che la biotecnologia e l'ingegneria genetica stanno acquisendo una funzione crescente in una vasta gamma di attività industriali; che la protezione delle invenzioni

biotecnologiche assumerà indubbiamente un'importanza fondamentale per lo sviluppo industriale

della Comunità;

(2) considerando che, soprattutto nel campo dell'ingegneria genetica, la ricerca e lo sviluppo

esigono una notevole quantità di investimenti ad alto rischio che soltanto una protezione giuridica

adeguata può consentire di rendere redditizi.

34

protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ma [..] deve essere

adeguato o completato su taluni punti specifici, in conseguenza dei nuovi ritrovati

tecnologici che utilizzano materiali biologici e che possiedono comunque i

requisiti di brevettabilità.

La Direttiva non fa quindi altro che specificare, nei punti necessari, la disciplina

generale del diritto dei brevetti, così da renderla plasmabile anche all’innovativo

ambito delle biotecnologie.

Non essendo richiesto dalla Direttiva un esame preventivo sulla domanda di

brevetto, anche in ambito biotecnologico i requisiti di brevettazione sono la

novità, l’originalità, l’industrialità e la liceità84

dell’invenzione.

La novità e l’originalità sono valutati in relazione allo stato dell’arte, ossia il

livello di conoscenza tecnica esistente al momento della proposizione della

domanda di brevetto. L’originalità, in riferimento al settore biotecnologico, viene

apprezzata in quanto risultato di una regolare attività di ricerca, condotta con

modalità qualitativamente significative e con notevoli rischi di risultato; per

verificarne la presenza si controlla se l‘attività in questione rientri tra quelle che,

per i loro costi, i loro tempi e le loro probabilità di successo, vengono affrontate

da un operatore medio del settore85

.

Indizi di originalità di un trovato biotecnologico sono, in questo senso, il valore

scientifico della scoperta compiuta e la sua non evidenza86

. Anche l‘invenzione

che [..] viene realizzata applicando tecniche note in modo routinario a materiali

preesistenti, in operazioni serialmente ripetute che non richiedono capacità

personali, creatività ed ingegno elevati, ma, piuttosto, dotazioni strumentali

sofisticate, tempi lunghi e risorse finanziarie elevate può quindi ritenersi dotata di

originalità, se, appunto, la sua realizzazione è resa possibile da risorse

strumentali e finanziarie superiori a quelle disponibili da parte del tecnico medio

del settore87

.

84 Sulla liceità dell’invenzione vedi paragrafi seguenti. 85 V. Di Cataldo, L‘originalità dell‘invenzione, Giuffrè, 1983, 76. 86 Sul punto vedi Cass. 10 novembre 1976, n. 4129, in Giurisprudenza annotata di diritto

industriale, 1976, 104. 87 V. Di Cataldo, I brevetti per invenzione e per modello, in Il Codice Civile. Commentario diretto

da P. Schlesinger, Giuffrè, 2000, 108.

35

Aglialoro, in proposito, ritiene che inizi a farsi comune l’opinione per cui gli

investimenti finanziari vadano comunque retribuiti, non tanto per il contributo al

progresso scientifico, quanto per la circostanza che solamente tali investimenti

rendono reperibili molti ritrovati fondamentali per risolvere problemi dell’uomo e

migliorare notevolmente la qualità della vita di coloro che si trovano ad essere

affetti da gravi patologie genetiche88

.

Il requisito della novità fa riferimento alla soluzione di un problema non

precedentemente noto, o noto ma ancora irrisolto, o risolto differentemente.

Ovviamente l’invenzione non deve essere stata divulgata (criterio

dell’accessibilità al pubblico) prima del deposito della domanda, quindi non

pubblicata o resa conoscibile a terzi in altro modo.

In campo biotecnologico, ma non solo (vedi ambito elettronico), il concetto di

novità è comunque relativo, poiché si tratta di tecnologie a carattere cumulativo,

non discreto [..] ogni nuova tecnica incorpora le precedenti e costituisce, rispetto

a queste, un piccolo passo in avanti, quale che siano il prezzo degli investimenti e

le attese di ritorno economico. Soprattutto costituisce, a sua volta, la base di

successive innovazioni 89

.

L’invenzione che ha ad oggetto una parte delle specie viventi deve altresì

possedere il carattere dell’industrialità, risultando di immediata applicazione nei

processi produttivi in cui è destinata ad operare90

.

Nella domanda deve essere indicato almeno un utilizzo pratico e concreto

dell’invenzione; il sistema brevettuale USA lo identifica nel concetto di real

world utility, cioè un’utilità sostanziale, specifica e credibile. E’ sufficiente, in

questo senso, che allo stato delle risultanze in vitro o su cavie animali,

l’invenzione presenti una probabile utilità effettiva, anche se sono necessarie

successivamente altre ricerche per averne certezza91

.

88 Il diritto delle biotecnologie, cit., 106. 89 L. Zagato, La tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche: la direttiva 98/44 del 6 luglio

1998, in R. D. agrario, 2000, 444. 90 V. Mangini, Invenzioni industriali. Modelli di utilità e disegni ornamentali, in Commentario del

codice civile a cura di Scialoja – Branca, sub artt. 2584 – 2601, Zanichelli – Il Foro italiano, 1987,

73. 91 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 166.

36

L’articolo 3 ancora il principio di brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche

alla canonica tripartizione tra invenzioni di prodotto, procedimento ed uso.

Secondo l’art 3.2 sono espressamente brevettabili tutti i materiali biologici, anche

se preesistenti in natura, purché isolati dal loro ambiente naturale, o realizzati

tramite procedimento tecnico.

Per materiale biologico si intende un materiale contenente informazioni

genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico92

.

Rientrano in questa definizione in primis i c.d. microrganismi, già ritenuti

brevettabili in quanto prodotti ottenuti mediante procedimenti microbiologici93

[art 53 lett. b) CBE e 45.5 c. p. i.]. Sin da prima dell’emanazione della Direttiva,

si riteneva che fossero compresi in questa definizione tutti i materiali biologici

non visibili all’occhio dell’uomo, quindi non solo gli organismi microscopici

completi (virus, batteri, ecc.) ma anche parti separate o prodotte in maniera

artificiale di microrganismi o di organismi superiori (cellule, linee cellulari, geni,

sequenze parziali di geni, ecc.)94

. Con una formulazione piuttosto ampia, tuttavia,

l’articolo 3 estende la brevettabilità anche al materiale biologico di organismi

superiori, compreso il corpo umano95

.

Il materiale biologico non pecca di novità a causa della preesistenza in natura in sé

per sé. Questa regola non è in realtà un’innovazione rispetto al sistema brevettuale

generale; la novità di un’invenzione è infatti calibrata dalla sua non diretta ed

immediata accessibilità nello stato della tecnica, e dalla sua conoscibilità in

termini sufficienti a renderla attuabile e riproducibile con caratteri costanti.

La preesistenza in natura non implica necessariamente la notorietà dell’oggetto

dell’invenzione, né la sua riproducibilità con caratteri costanti; solamente nel

momento in cui esso viene identificato, isolato e reso riproducibile, potrà dirsi che

è accessibile.96

92 Art 2.1 lett. a) Direttiva 98/44. 93 Art 2.1 lett. b) Direttiva 98/44: [..] qualsiasi procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico, che comporta un intervento su materiale microbiologico, o che produce un

materiale microbiologico. 94 G. Guglielmetti, Brevettabilità delle biotecnologie, in L. C. Ubertazzi, Il progetto di novella del

cpi. Le biotecnologie, Giuffrè, 2007, 132. 95 Tema approfondito nei paragrafi seguenti. 96 G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, cit., 111.

37

La novità del materiale può conseguire da un qualunque intervento umano che

permetta di, ad esempio, individuare ed isolare un batterio dal suo luogo

d’origine, e di riprodurlo, anche artificialmente.

Il fatto che il materiale isolato sia nuovo in relazione allo stato naturale implica

che i diritti derivanti dal brevetto non comprendano l’analogo materiale nel suo

stato naturale, appunto. Questa considerazione è fondamentale, poiché grazie ad

essa è riconosciuta la brevettabilità di parti isolate del corpo umano97

, senza che

ne discenda un’estensione dei diritti sul corpo umano stesso.

L’apparente contraddizione della novità di un materiale già esistente in natura

viene superata se si condivide l’interpretazione che fa riferimento ad un materiale

preesistente, ma non ancora identificato nei suoi caratteri e nella sua funzione

utile, quindi non ancora scoperto.98

In questo ambito è perciò basilare puntualizzare la differenza tra invenzione e

scoperta. Quest’ultima è qualificata come conoscenza di un quid prima ignorato,

ma già esistente in natura, o come individuazione di utilità o di proprietà prima

sconosciute, di un quid già noto.

Per invenzione si intende invece la vera e propria creazione dell’uomo di un quid

prima inesistente; l’isolamento, ad esempio di un organismo, e l’apprendimento

della sua riproduzione, al fine di conseguire risultati utili per l’uomo, rappresenta

un’invenzione.

L’invenzione con oggetto un materiale biologico può poi apportare un contributo

tecnico nella fase dell’isolamento o di riproduzione del materiale, anche

artificialmente, e nella fase dell’applicazione dello stesso per una specifica finalità

(ad es. terapeutica).99

E’ controversa la brevettabilità di un materiale già precedentemente isolato dal

suo ambiente (perciò già noto), del quale si descriva un nuovo procedimento, tale

da produrlo per via differente da quella già conosciuta. In questo caso si

presentano due possibilità.

La prima prevede il caso in cui i due materiali, ottenuti appunto con procedimenti

diversi, non siano identici. Qui la brevettabilità del materiale ottenuto con il

97 Tema approfondito nei paragrafi seguenti. 98 G. Sena, L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, cit., 68. 99 G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, cit., 134.

38

procedimento posteriore non dovrebbe presentare particolari incertezze;100

la

novità è infatti insita nella diversità dei due materiali, e l’attività inventiva consta

delle difficoltà nella realizzazione del materiale di seconda generazione.

Nel caso in cui i due materiali siano invece assolutamente i medesimi sembra

obbligatorio rilevare il difetto di novità dell’invenzione posteriore.

Questa interpretazione, tuttavia, non è pacifica in dottrina; autorevoli fonti infatti

esprimono scetticismo sulla coerenza della norma della Direttiva con la normativa

brevettuale comune.101

Secondo Di Cataldo, infatti, si tratta di comprendere se la

Direttiva accordi la brevettabilità di un materiale biologico preesistente solo

quando quest’ultimo non sia reperibile in natura in modo agevole ed in quantità

tali da essere commercializzate, o anche nel caso in cui esso sia invece agilmente

e ampiamente ritrovabile. A sostegno di quest’ultima tesi egli esprime la

convinzione che la brevettabilità non dovrebbe discendere da motivazioni di

stampo economico, estranee alla logica brevettuale poiché derivanti dal sistema

dei prezzi, variabile estranea al progresso tecnico.

Con riferimento alle invenzioni di procedimento, l’art. 3.1 menziona un

procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale

biologico.

Come già detto, l’art. 53 CBE riconosceva, prima dell’art 4.3 della Direttiva, la

brevettabilità dei procedimenti microbiologici e di quelli non essenzialmente

biologici (quindi tecnici) per l’ottenimento di animali e vegetali, e di tutti i

prodotti ottenuti attraverso detti procedimenti102

. Un procedimento di produzione

di vegetali o di animali è essenzialmente biologico quando consiste integralmente

in fenomeni naturali quali l'incrocio o la selezione103

.

100 Questione affrontata negli USA nel caso Scripps Clinic and Research Foundation v.

Genentech, Inc., riff. in V. Di Cataldo, La brevettabilità delle biotecnologie. Novità, attività

inventiva,industrialità, in D. I., 1999, 180 ss. 101 Vedi V. Di Cataldo, La brevettabilità delle biotecnologie. Novità, attività

inventiva,industrialità, cit., 179: Si può tentare di conciliare la regola in esame con il requisito

della novità, affermando che la presenza in natura, ma in forma non direttamente percepibile e

fruibile, perché mescolata e confusa in materiali diversi, non comporterebbe ―accessibilità al pubblico‖ nel senso del diritto brevettuale comune. A me francamente questi tentativi paiono poco

ferrei, e riterrei piuttosto che sia difficile vedere nella regola creata dalla Direttiva una regola

pienamente coerente alla normativa brevettuale comune. 102 Escluse le razze animali e le varietà vegetali, non brevettabili come tali. Vedi paragrafo sui

divieti e limiti alla brevettabilità. 103 Art. 2.2 Direttiva 98/44.

39

Infine, la norma che ritiene brevettabile qualsiasi nuova applicazione di un

materiale biologico od un procedimento già brevettati, riprende semplicemente il

principio generale della brevettabilità dell’invenzione di nuovo uso del diritto

brevettuale104

.

E’ comunque fondamentale notare come, anche se concettualmente differenti,

scoperta ed invenzione comportino lo stesso sforzo dal punto di vista dell’attività

di ricerca, dell’oggetto e dei risultati concreti105

; entrambe forniscono alla tecnica

un metodo prima sconosciuto per la risoluzione di determinati problemi e la

soddisfazione di determinati bisogni.

Indipendentemente dal fatto che si tratti di una scoperta o di un’invenzione, la

necessità di una normativa che incentivi la ricerca e assicuri una contropartita agli

ingenti investimenti che comporta tale attività, è perciò la medesima.

In base alla normativa europea antecedente alla Direttiva si deve dedurre che le

scoperte non siano proteggibili da tutela brevettuale; sia la CBE che la legge

italiana106

esplicitano che non sono considerate invenzioni [..] le scoperte [..] in

quanto tali. Di diverso avviso è la legge americana, che fa rientrare nel concetto di

invenzione la invention or discovery, e dispone che può ottenere il titolo whoever

invents or discovers [..]107

.

Alla luce dell’interpretazione della Direttiva, questa conclusione negativa viene

però superata in relazione alle biotecnologie. La regola della non brevettabilità

delle scoperte in contrapposizione alla brevettabilità delle invenzioni, nata per

essere applicabile al settore della tecnologia meccanica, non si adatta al settore

della biotecnologia dove spesso scoperta ed invenzione si compenetrano in un

tutto inscindibile sicché il divieto della brevettazione della scoperta si risolve in

un divieto della brevettazione anche della consequenziale invenzione108

.

La scoperta, infatti, può concernere l’individuazione di principi o proprietà,

accostandoli a teorie scientifiche o metodi matematici; ma può riguardare anche

104 Vedi anche considerando n. 28 della Direttiva: [..] la presente direttiva non incide minimamente sui fondamenti del diritto dei brevetti in vigore, secondo cui un brevetto può essere

concesso per qualsiasi applicazione nuova di un prodotto già brevettato. 105 G. Sena, L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche , cit., 69. 106 Art 52.2 e art 12. 107 Patent Act, 35 U. S. C. §§ 100 a e 101. 108 G. Floridia, Le invenzioni universitarie, in D. I., 2001, 216.

40

oggetti materiali (sostanze chimiche, geni, microrganismi, ecc.). E’ solo il primo

dei due tipi di scoperte ad essere escluso dalla brevettazione.

La Corte Suprema italiana ha affermato che la regola della non brevettabilità delle

scoperte si fonda nella loro capacità di determinare un ampissimo ventaglio di

applicazioni tecnologiche, per cui attribuendo all’inventore la facoltà di interdire

l’applicazione di tutte le innovazioni derivanti dalla detta scoperta si

paralizzerebbe qualsiasi progresso109

.

Questa posizione non è ritenuta giustificata da molti autori. Sena, infatti,

sottolinea in questo senso l’importanza delle ragioni sottese all’istituto del

brevetto (promozione della ricerca, divulgazione di conoscenza) ed i suoi limiti

(temporale, onere di attuazione, ecc.). Egli ritiene inoltre erroneo presupporre che,

realizzata una data scoperta od invenzione di ampia portata, sia più vantaggioso

permetterne il libero sfruttamento da parte di terzi, piuttosto che prevedere un

contributo a favore dei primi ricercatori110

.

Il problema della protezione giuridica della ricerca di base prende le mosse

effettivamente dalla necessità di promozione della ricerca medesima. Senza delle

norme che garantiscano una remunerazione per gli investimenti spropositati che

essa richiede, non si giungerà nemmeno alla produzione di invenzioni o scoperte

che si vogliono lasciare allo sfruttamento gratuito.

2.2.2. La liceità del brevetto

Oltre a rispettare la canonica triade composta da novità, originalità ed attività

inventiva, la soluzione al problema tecnico deve inoltre dimostrarsi lecita. Questo

implica che non deve essere contraria all’ordine pubblico, ai principi giuridici

fondamentali, al buon costume ed alle regole dell’etica sociale e della moralità

corrente in un determinato contesto storico e territoriale111

.

109 Cass., 29 dicembre 1988, n. 7083, in R. D. Ind., 1990, II, 3. 110 G. Sena, L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, cit., 72-73. 111 Per approfondimenti sul punto: G. Alpa, Bioetica e diritto. Soluzioni domestiche o soluzioni

comunitarie?, in Corr. Giur., 1998, 749 ss. e A. Kaufman, Riflessioni giuridiche e filosofiche su

biotecnologie e bioetica alla soglia del terzo millennio, in R. D. Civ., 1988, 206 ss.

41

Si tratta di limiti atti al bilanciamento fra valori ed istanze che sono in continua

evoluzione all’interno di ogni ordinamento giuridico; i buoni costumi di cui parla

il legislatore non coinciderebbero con la morale affermata dalla religione o

presentata come ideale dai filosofi: sarebbe piuttosto l‘espressione della morale

sentita dal popolo secondo il concetto di bene e le valutazioni seguite dai boni

homines112

.

Queste limitazioni, connesse alle tradizioni ed alle consuetudini proprie di ciascun

ordinamento, non trovano una corrispondenza efficace in ambito comunitario,

dove il legislatore ha preferito rimandare la determinazione di confini e contenuti

al diritto domestico. Vi è però un punto comune in relazione all’ordine pubblico;

la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea113

, nell’enunciare una serie

di valori irrinunciabili delle moderne democrazie, tutela la proprietà intellettuale

nell’ambito di uno sviluppo sostenibile ed equilibrato che sappia congiungere il

progresso scientifico e tecnologico con quello sociale114

.

La Carta non ha forza precettiva, ma costituisce uno strumento di interpretazione

del diritto comunitario vigente, nonché di orientamento per l’attività normativa

della Comunità europea, ed è costituita, in questo senso, da una base comune

presente nelle varie Costituzioni degli Stati membri, per quanto riguarda le libertà

fondamentali riconosciute e protette. La proprietà intellettuale è tutelata all’art

17.2, e tale tutela va contemperata con tutti gli altri diritti fondamentali protetti

nella Carta, in primis la dignità umana, il rispetto della vita e dell’integrità fisica,

la sicurezza e la libertà, l’eguaglianza, ecc. Gli Stati possono poi differenziare

questa tutela base dell’ordine pubblico in base al proprio contesto storico e

sociale.

La diatriba sulla liceità del brevetto, in quanto causa di nullità dello stesso, si

plasma sulla falsariga della controversia fra chi ritiene che esso sia imparziale

rispetto alle possibili implicazioni negative del trovato sotto l’aspetto etico, della

112 G. Caforio, Le invenzioni biotecnologiche nell‘unità del sistema brevettuale, Giappichelli,

1995, 43 sub nota 92. 113 Proclamata solennemente in occasione della stipulazione del Trattato di Nizza il 7-8 dicembre

2000, a conclusione dei lavori della Conferenza intergovernativa per la revisione dei Trattati,

pubblicata in G. U. C. E. C 364/1 del 18 dicembre 2000. 114 Cfr. F. Pocar-C. Secchi, Il trattato di Nizza e l‘Unione europea, Giuffrè, 2001; S. Greco, I

diritti fondamentali nella Costituzione europea, in Riv. D. Pub. Com., 2001, 187 ss; F. Carinci, A.

Pizzoferrato, ―Costituzione‖ europea e diritti sociali fondamentali, in L. D., 2000, 281 ss.

42

salute pubblica e dell’ambiente, tanto da non considerare tali elementi nel giudizio

sulla brevettabilità (fatto salvo l’intervento repressivo dello Stato, in seguito); e

chi sostiene che invece il brevetto debba tenere conto di tali necessità collettive e

quindi verificare, in sede di efficacia e validità, se l’attuazione concreta del

trovato si collochi o meno in contrasto con le guidelines del sistema giuridico ed

etico.

La Direttiva 98/44 CE ha affermato l’esigenza di un controllo dei rischi nel corso

del procedimento di brevettazione ed imposto a monte la verifica di alcune

condizioni minime di liceità, in ragione dell’importanza dei beni che potrebbero

essere danneggiati dalla ricerca, indipendentemente dalla presenza di altri norme

specificamente create per la prevenzione o la rimozione dei pregiudizi di un

utilizzo audace e contra legem dei risultati della ricerca scientifica115

.

Va sottolineato comunque che lo sfruttamento di un'invenzione non può di per sé

essere considerato contrario all'ordine pubblico o al buon costume per il solo

fatto che è vietato da una disposizione legislativa o regolamentare116

. Solo le

norme fondamentali dell’ordinamento fungono da parametro per la liceità del

brevetto; inoltre, vi sono invenzioni che sono o meno legali in base all’impiego

che si fa di esse. Non sarebbe possibile vietare a priori la brevettazione per il solo

fatto che l’invenzione possa potenzialmente creare danni o pregiudizi

all’ordinamento giuridico.

Questo restringimento del concetto di ordine pubblico era già riscontrabile nella

prassi interpretativa che l’EPO dà all’art. 53 lett. a) dell’European Patent

Convention: brevetti europei non debbono essere rilasciati per invenzioni la cui

pubblicazione o utilizzazione sia contraria all‘ordine pubblico o alla moralità.

L‘utilizzo non deve essere considerato contrario semplicemente perché è proibito

da una norma di legge o regolamentare in alcuni o in tutti gli Stati contraenti.

Vengono quindi escluse dalla brevettabilità quelle invenzioni che la collettività

riconosce come ingiuste, inaccettabili ed in chiaro contrasto con principi

fondamentali dei vari ordinamenti degli Stati aderenti alla convenzione117

.

115 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 169. 116 Art. 6.1 Direttiva 98/44 CE. 117 Un esempio di comparazione tra pregiudizi potenziali e beni giuridici primari e benefici

probabili per la collettività è quello del già citato caso Onco – Mouse di Harvard. L’EPO ha

43

Il giudizio di liceità del trovato deve basarsi quindi su una prospettiva a lungo

termine di utilità e pregiudizi derivanti dall’invenzione. La teoria è molto chiara,

ma all’atto pratico la valutazione si complica, trovandosi di fronte ad una casistica

ampiamente sfumata; gli uffici brevettuali, inoltre, spesso non hanno a

disposizione le competenze mediche, scientifiche o ambientali occorrenti per

effettuare un’esatta determinazione della pericolosità del trovato118

.

2.3.1. Premessa. La brevettabilità del corpo umano

I dubbi etici mossi dalla dottrina in relazione alla brevettabilità delle invenzioni

biotecnologiche che riguardano il vivente sono largamente sottesi alla possibilità,

offerta dalla Direttiva 98/44, di istituire diritti di proprietà intellettuale su

invenzioni connesse al corpo umano.

In proposito va ricordato il già citato ricorso per annullamento proposto dai Paesi

Bassi, con intervento di Italia e Norvegia, presso la Corte di Giustizia delle

Comunità europee; il 9 ottobre 2001 vennero appunto respinti i sei motivi di

ricorso relativi alla base giuridica della Direttiva, alla violazione del principio di

sussidiarietà, alla violazione del principio della certezza giuridica,

all’incompatibilità con gli impegni scaturenti da altri accordi internazionali, alla

violazione del principio di non commercializzazione del corpo umano, ed al vizio

di forma119

. In questa sede interessano i motivi per cui la Corte ha rigettato i

ricorsi relativi alla violazione dei principi della certezza giuridica e alla non

commercializzazione e strumentalizzazione del materiale umano vivente120

.

Riguardo al secondo ricorso, si rileva che il divieto di commercializzazione del

corpo umano ha come finalità il rispetto della dignità umana; il considerando n. 43

della Direttiva richiama inoltre il trattato sull'Unione europea, il quale stabilisce

rilasciato il brevetto proprio in ragione del fatto che i vantaggi che si potranno ottenere dalla

sconfitta di gravi malattie quali quelle tumorali superano ampiamente i danni all’ambiente e le sofferenze inflitte alle cavie animali con la sperimentazione. 118 Trattazione degli altri limiti nel paragrafo seguente. 119 C. Campiglio, Brevetti biotecnologici: da Lussemburgo a Strasburgo?, in D. Com. Int., 2002,

187 ss; A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 177 ss. 120 A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, in N.

Boschiero, op. cit., 204.

44

che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione

europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni

costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto

comunitario.

Il rispetto della dignità umana viene trasposto, in ambito biomedico, nel rispetto

dei diritti all’integrità ed all’inviolabilità del corpo121

.

La tutela della dignità dell’essere umano è sancita dall’art 1 della Convenzione

sulla biomedicina122

e dall’art 3 della Dichiarazione sulla bioetica123

, che fanno

prevalere il bene e l’interesse dell’essere umano su quello della società o della

scienza; dall’art 1 della Dichiarazione sul genoma124

, che garantisce la dignità a

prescindere dalle caratteristiche genetiche individuali, rispettando l’unicità e la

diversità degli individui; e dall’art 1 della Carta dell’Unione Europea125

, che ne

esplicita l’inviolabilità126

.

L’integrità e l’inviolabilità del corpo sono basati sul diritto all’autodeterminazione

e sulla libertà corporale; l’art. 3 della Carta dell’Unione Europea127

, l’art. 5 della

Convenzione sulla biomedicina, l’art. 5 della Dichiarazione sul genoma e l’art. 6

della Dichiarazione sulla bioetica sanciscono la necessità del previo ottenimento

121 R. M. Lozano, La protection européenne des droit de l‘homme dans le domaine de la

biomédecine, Paris, 2001, 27. 122 Oviedo, 4 aprile 1997. Entrata in vigore il 1 dicembre 1999. Tale Convenzione è il primo

strumento giuridico internazionale obbligatorio che protegge la dignità, i diritti e le liberti

dell’essere umano contro ogni abuso di progressi della biologia e della medicina. 123 Approvata dall’UNESCO a Parigi, il 10 ottobre 2005. 124 Adottata dall’UNESCO a Parigi, l’11 novembre 1997. (Approvata dall'assemblea generale

delle Nazioni Unite nel 1998). 125 Ora art. II-61 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. 126 La dottrina è divisa tra chi ritiene la dignità un diritto soggettivo, di cui l’individuo è titolare, al

pari degli altri diritti fondamentali (C. Maubernard, Le droit fondamental à la dignité humaine, in

Revue trimestrielle de droits de l‘homme, 2003, 490) e chi invece sostiene che sia l’umanità nel

suo complesso ad essere titolare di tale diritto. La dignità avrebbe in questo senso un valore

superiore in rapporto agli altri diritti con i quali si dovesse confrontare; in particolare, Mathieu

ritiene che il principio statuente il diritto alla dignità umana sia principe matriciel, ossia un

principio da cui discendono le altre norme che sanciscono diritti di valore e portata diversi. Egli

afferma inoltre la preminenza della dignità sulla libertà individuale, poiché quest’ultima può essere ristretta in nome della dignità, ma non viceversa (B. Mathieu, Génome humain et droits

fondamentaux, Paris, 2000, 60). La Corte di giustizia si è limitata a definire il diritto alla dignità

umana come fondamentale, senza precisarne la portata o la natura (sul punto vedi A. Tancredi,

Genetica umana e altre biotecnologie nel diritto comunitario ed europeo, in N. Boschiero (a c. d.),

Ordine internazionale e valori etici, Editoriale Scientifica, 2004, 369). 127 Ora art. II-63 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

45

del consenso libero ed informato, come condizione per l’intervento sul corpo

umano128

.

Il diritto all’integrità fisica, però, non è assoluto. Il suo esercizio non può

autorizzare la sottoposizione a trattamenti contrari e lesivi della dignità umana129

,

essendo questi vietati (come si esaminerà in seguito). L’art. 9 della Convenzione

sulla biomedicina permette tuttavia di oltrepassare la mancanza di consenso in

situazioni estreme ed urgenti, nelle quali l’intervento risulti indispensabile.

La CEDU130

non esplicita la tutela della libertà corporale, che è stata però

ricondotta all’art. 8 della stessa da dottrina e giurisprudenza della Commissione

europea per i diritti dell’uomo, specificando che la sottoposizione ad un intervento

medico a scopo terapeutico (in particolare il prelievo del sangue), senza previa

autorizzazione, può costituire ingerenza dell’autorità pubblica nell’esercizio del

diritto alla vita privata.

Per quanto concerne invece un diritto all’integrità genetica, per il quale il

patrimonio genetico non deve essere oggetto di manipolazioni, esso è unicamente

previsto dalla raccomandazione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio

d’Europa n. 934 del 1982 sulla genetica umana131

. Quest’ultimo è un atto di c.d.

soft law, che fonda tale diritto su quello alla vita ed alla dignità umana,

prevedendolo come non assoluto; se effettuate nel rispetto dei diritti dell’uomo,

infatti, le manipolazioni genetiche possono essere considerate lecite.

La Dichiarazione sul genoma e la Convenzione sulla biomedicina, invece,

impongono limiti alla possibilità di effettuare manipolazioni genetiche, ma non

configurano l’esistenza di uno specifico diritto all’integrità genetica. In ogni caso,

un intervento teso a modificare il genoma umano può essere attuato solo a scopi

di prevenzione, diagnosi o terapia e soltanto se il suo obiettivo non è quello di

128 La Convenzione prevede che il consenso sia revocabile, salvo che la salute dell’interessato

possa essere messa in grave pericolo (B. Mathieu, Génome humain et droits fondamentaux, cit.,

60). Tale consenso non deve essere necessariamente esplicito; la forma scritta in caso di

sottoposizione ad interventi a scopo di ricerca è richiesta solo dall’art. 16 della Convenzione sulla

biomedicina. 129 R. M. Lozano, La protection européenne des droit de l‘homme dans le domaine de la

biomédecine, cit., 36. 130 Acronimo per la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà

fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3 settembre 1953. 131 Recommendation 934 (1982) on Genetic Engineering, adottata dall’Assemblea Parlamentare

del Consiglio d’Europa il 26 gennaio 1982. Testo pubblicato in: http://assembly.coe.int/.

46

introdurre una qualche modifica nel genoma dei discendenti132

. Sono vietate le

tecniche lesive della dignità e dell’identità umana133

e la persona che abbia subito

un danno non giustificato come risultato di un intervento ha diritto a un equo

risarcimento in base alle condizioni e secondo le modalità previste dalla legge134

.

Date queste premesse si rivela interessante la decisione della Corte di Giustizia

delle Comunità Europee sul ricorso relativo alla Direttiva 98/44 CE, che ha

ritenuto tale normativa non lesiva dei diritti all’autodeterminazione ed all’integrità

fisica, in quanto estranei all’oggetto della Direttiva. Secondo la Corte la Direttiva

è infatti finalizzata a regolamentare la sola concessione del titolo brevettuale,

disinteressandosi delle precedenti o successive fasi, nelle quali tali diritti possono

essere coinvolti.

Statuisce, in proposito, il Considerando n. 14 che un brevetto di invenzione non

autorizza il titolare ad attuare l'invenzione, ma si limita a conferirgli il diritto di

vietare ai terzi di sfruttarla a fini industriali e commerciali e che, di conseguenza,

il diritto dei brevetti non può sostituire né rendere superflue le legislazioni

nazionali, europee o internazionali che fissino eventuali limiti o divieti, o

dispongano controlli sulla ricerca e sull'utilizzazione o sulla commercializzazione

dei suoi risultati, con particolare riguardo alle esigenze di sanità pubblica,

sicurezza, tutela dell'ambiente, protezione degli animali, conservazione della

diversità genetica e relativamente all'osservanza di alcune norme etiche.

Crea però confusione il richiamo, al Considerando n. 26, alla possibilità che

l’interessato esprima il proprio consenso libero ed informato, nel caso di prelievo

di materiale che sia oggetto di un’invenzione biotecnologica o nel caso in cui essa

lo utilizzi. Tale garanzia, infatti, va offerta nell'ambito del deposito di una

domanda di brevetto135

; affermazione, questa, in contrasto con la Posizione

comune del Consiglio136

, che sostiene la non ingerenza della Direttiva nella fase

precedenti la concessione del titolo e l’irrilevanza della mancanza del consenso

sul giudizio di brevettabilità dell’invenzione.

132 Art. 13 Convenzione sulla biomedicina. 133 Vedi art. 11 Dichiarazione sul genoma. 134 Art. 24 Convenzione sulla biomedicina. 135 Vedi Considerando n. 26 della Direttiva 98/44. 136 Posizione comune definita dal Consiglio in vista dell‘adozione della Direttiva n. 98/44, 26

febbraio 1998, in G. U. C. E., 8 aprile 1998, n. C 110, 28, punto 27.

47

In ragione del contenuto del citato Considerando, una parte della dottrina sostiene

l’incompatibilità della mancanza del consenso con l’ordine pubblico ed il buon

costume, essendo questi ultimi dei limiti generali alla brevettabilità in campo

biotecnologico137

.

Anche il Gruppo di consiglieri sulle implicazioni etiche delle biotecnologie si

trova in accordo con questo orientamento; è stato infatti da esso sostenuto che

l’invenzione basata su un elemento di origine umana non soddisfa i requisiti etici

quando per il suo utilizzo non sia stato ottenuto il consenso preventivo libero ed

informato138

.

L’art 21 della Convenzione sulla biomedicina, l’art. 3 della carta dell’Unione

Europea139

e l’art. 1 della Dichiarazione sul genoma prevedono che il genoma sia

patrimonio dell‘umanità, quindi indisponibile e inappropriabile140

.

Nella decisione sul ricorso sopra citato, la Corte ha rilevato che l’ambito di

applicazione pratica e la natura della Direttiva, i requisiti richiesti per il rilascio

del titolo e le delimitazioni all’estensione di quest’ultimo sono adeguati ad

escludere la lesione della dignità umana e la commercializzazione del corpo

umano141

. Ha poi evidenziato come il titolare del brevetto possa impedire

l’utilizzazione economica dell’invenzione ai terzi, ma nell’attuazione della stessa

debba rispettare le attinenti norme nazionali, internazionali e comunitarie.

Infine, la Corte ha riportato l’art. 5 della Direttiva, che prevede che il corpo

umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo142

, nonché la mera

scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale

di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili.

In base a detto articolo, un elemento isolato dal corpo umano, o diversamente

prodotto, mediante un procedimento tecnico, ivi compresa la sequenza o la

137 C. Maubernard, Le droit fondamental à la dignité humaine, in Revue trimestrielle de droits de

l‘homme, cit., 510. 138 Group of Advisers on the Ethical Implications of Biotechnology, Ethical Aspects of Patenting

invention Involving Elements of Human Origin, opinion n. 8 del 25 settembre 1996. Testo

pubblicato in: http://ec.europa.eu/european_group_ethics/docs/opinion8_en.pdf. 139 Ora art. II-63 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. 140 A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit., 208. 141 La Direttiva si allinea così con i principi internazionali e comunitari in materia di diritti

dell’uomo. 142 Secondo la Posizione comune definita dal Consiglio in vista dell‘adozione della Direttiva n.

98/44, cit., punto 20, la nozione di corpo umano nei vari stadi della sua costituzione e del suo

sviluppo comprende anche le cellule germinali e l’embrione.

48

sequenza parziale di un gene, può costituire un'invenzione brevettabile, anche se

la struttura di detto elemento e identica a quella di un elemento naturale.

E’ quindi necessario un procedimento tecnico, quale ad esempio l’isolamento, la

purificazione, l’identificazione, la caratterizzazione o la moltiplicazione

all’esterno del corpo umano, che solamente l’uomo sia in grado di mettere in atto

e che la natura di per sé non possa compiere in via autonoma143

.

Un brevetto può perciò coprire un prodotto di cui fa parte un elemento del corpo

umano, ma quest’ultimo non può essere oggetto di impossessamento nel suo

ambiente naturale144

.

Il brevetto tutela i soli risultati della ricerca e i dati biologici indispensabili per la

realizzazione e lo sfruttamento dell’applicazione industriale dell’invenzione145

.

Il genoma umano in quanto tale e i dati fondamentali grezzi relativi al genoma

non rappresentano invenzioni brevettabili di per sé; esplicita infatti l’art. 4 della

Dichiarazione sul genoma che il genoma umano nel suo stato naturale non può

dar luogo a profitto146

.

Il secondo comma dell’art. 5 della Direttiva specifica inoltre che l’elemento

isolato o prodotto tramite procedimenti biotecnologici può costituire invenzione

brevettabile indipendentemente dal fatto che sia identico ad un elemento già

esistente in natura.

Viene così enfatizzato il criterio dell’attività inventiva quale elemento

discriminante tra il prodotto realizzato con metodi scientifici e l’elemento

preesistente in natura.

143 Considerando n. 21 della Direttiva 98/44 CE. 144 Vedi A. Tancredi, Genetica umana e altre biotecnologie nel diritto comunitario ed europeo,

cit., 399. 145 G. Sena, L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, cit., 65 ss. 146 La Direttiva 98/44 CE limita quindi il brevettabile, ponendosi in posizione contrastante con

l’orientamento della Corte Suprema degli Stati Uniti, manifestato in Diamond v. Chackrabarty (206 USPQ 193 (1980)), per il quale l’utilizzo di termini poco circoscritti semanticamente, quali

manifacture o composition of matter, in congiunzione con l’aggettivo any nella disposizione 35

USC, par. 101, che permette la brevettazione di any new and useful process, machine, manifacture

or composition of matter or any new useful improvement thereof, estenderebbe l’ambito di

applicazione delle norme disciplinanti l’oggetto della tutela brevettuale, ricomprendendovi

anything under the sun that is new and man made.

49

2.3.2. I requisiti di brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche riguardanti

il corpo umano

Il prodotto o procedimento biotecnologico relativo al corpo umano, così come più

in generale l’invenzione biotecnologica, deve possedere le tradizionali

caratteristiche di novità, attività inventiva ed industrialità, per essere protetto dal

brevetto.

Il Gruppo europeo sull’etica nelle scienze e nelle nuove tecnologie147

ha affermato

che l’invenzione realizzata in seguito alla scoperta di un gene o di una sequenza

parziale di un gene umano è brevettabile se permette nuove applicazioni tecniche

che siano sufficientemente descritte nella domanda di brevetto.

La Direttiva specifica alcune indicazioni relative alla brevettabilità delle

invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano.

In relazione all’industrialità, il terzo comma dell’art. 5 stabilisce che

l'applicazione industriale di una sequenza o di una sequenza parziale di un gene

debba essere concretamente indicata nella richiesta di brevetto. La protezione

copre esclusivamente tale applicazione; il Considerando n. 28 dispone infatti che

un’applicazione nuova di un prodotto già brevettato può essere a sua volta oggetto

di diversa tutela brevettuale.

Ai Considerando n. 22 e 23 sono disposti alcuni chiarimenti utili per capire se il

requisito dell’industrialità sia soddisfatto da una sequenza genetica.

Una semplice sequenza di DNA, senza indicazione di una funzione, non contiene

alcun insegnamento tecnico; [..] essa non può costituire pertanto un'invenzione

brevettabile148

. Nel caso l’applicazione riguardi la produzione di una proteina o di

una proteina parziale, essa va specificata nella domanda di brevetto; la precisione

delle indicazioni può variare a seconda dei casi, in relazione alle conoscenze al

momento disponibili149

.

147 European Group on Ethics In Science and New Technologies, Ethical Aspects of Patenting Inventions Involving Human Stem Cells, opinion n. 16 del 7 maggio 2002. Parere disponibile

all’indirizzo web: http://ec.europa.eu. 148 Considerando n. 23 Direttiva 98/44 CE. 149 Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio – Sviluppi ed implicazioni

del diritto dei brevetti nel campo della biotecnologia e dell‘ingegneria genetica, COM(2002)/0545

def., punto 51.

50

La Divisione d’opposizione dell’EPO, nella decisione del 20 giugno 2001, relativa

al caso ICOS V. SmithKline Beecham e Duphar International Research150

, ha

disposto che la sequenza descritta nella domanda di brevetto deve essere specifica,

sostanziale e credibile. Non è in grado di soddisfare il requisito dell’industrialità

una descrizione che individua soltanto degli usi potenziali e speculativi del

prodotto, ma non abbastanza dettagliata da individuare lo specifico utilizzo

industriale sul quale il titolare della privativa rivendica il proprio diritto.

Per quanto riguarda il requisito della novità, la Direttiva autorizza il rilascio di un

brevetto per invenzione su un prodotto già precedentemente brevettato, se

realizzato tramite un differente procedimento. Viene così superato l’orientamento

affermato dal Federal Circuit Court of Appeal nel 1991, nel caso Scripps Clinic

and Research Foundation v. Genentech Inc.151

, relativo all’accusa di

contraffazione del proprio brevetto mossa dalla Scripps alla Genentech per avere

ottenuto il Fattore VIII:C, proteina utilizzabile nel trattamento dell’emofilia,

tramite la tecnica del DNA ricombinante152

, usata dalla Scripps per produrre il

medesimo Fattore VIII:C. La Corte Federale accolse la richiesta della Scripps,

avendo appurato che la Genentech non era stata capace di provare, come preteso

dalla Corte, che anche il Fattore VIII:C, e non soltanto il procedimento di

produzione per DNA ricombinante, possedeva elementi di novità153

.

Il brevetto sulle invenzioni biotecnologiche individuato dalla Direttiva può essere

definito un product-by-process patent, ovverosia un brevetto che copre un

prodotto in quanto ottenuto espressamente attraverso il procedimento tecnico

descritto nella domanda154

.

150 ICOS V. SmithKline Beecham e Duphar International Research, in Official Journal of the

European Patent Office, 6/2002, 275 ss. SmithKline Beecham e Duphar International Research

(gli opponenti) chiedevano la revoca per difetto di industrialità del brevetto EP0630405 concesso

all’ICOS Corporation dall’EPO, intitolato Novel V28 Seven Ttransmembrane Receptor, asserendo

che nella domanda depositata dalla ICOS la funzione di receptor, finalità del V28, per la quale il

brevetto era stato concesso, era non sufficientemente descritta. 151927 F.2d, 1565, 18 USPQ 2d 1001, Fed. Cir. 1991. 152 Un procedimento differente da quello di estrazione e purificazione del plasma sanguigno

umano. Consiste nell’isolamento, modifica e trasferimento di geni o molecole di DNA in

cromosomi di cellule anche diverse da quelle da cui sono stati prelevati attraverso vettori di

trasferimento. 153 A. Bonfanti, op. cit., 212, nota 56. 154 Per approfondimenti vedi paragrafo sull’estensione del brevetto biotecnologico.

51

Per quanto riguarda l’attività inventiva, la Direttiva dispone che la presenza o

l’assenza di questo requisito debba essere accertata mettendo a confronto l’attività

svolta dall’inventore con le attività che potrebbe intraprendere un operatore medio

del settore, considerando lo stato dell’arte al momento del deposito della domanda

di brevetto155

.

Il problema dell’esistenza dell’attività inventiva si è presentato, per esempio, in

relazione alle tecniche di isolamento tramite clonazione, considerate ormai

routinarie. Nel sopra citato caso ICOS v. SmithKline Beecham e Duphar

International Research, la Divisione di opposizione dell’EPO ha ritenuto che la

tecnica di clonazione molecolare non rispetta il requisito dell’attività inventiva,

specialmente se si tiene conto del fatto che ogni esperto del settore esegue

abitualmente le scelte occorrenti per l’applicazione di questo procedimento e che

essa non è nulla di diverso da quanto noto allo stato dell’arte156

.

Il rischio di concessione di brevetti eccessivamente ampi e la conseguente

creazione di situazioni monopolistiche indesiderabili, foriere di ostacoli ed

impedimenti alla ricerca, può essere quindi ridotto da un’applicazione rigorosa

delle norme della Direttiva riguardanti i limiti alla brevettazione e i requisiti per la

concessione del titolo157

. Le autorità competenti dovrebbero infatti concedere il

brevetto solo per autentiche invenzioni e rigettare le richieste che non rispettano i

dettami della Direttiva.

2.3.3. Limiti e divieti alla brevettazione

Il primo comma dell’art 6, disponendo che sono escluse dalla brevettabilità le

invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all'ordine pubblico o al

155 G. Bianchetti, G. Pifferi, Il requisito evanescente dell‘attività inventiva delle invenzioni

chimiche e biotecnologiche, in R. D. Ind., 2000, 10 ss. 156 ICOS V. SmithKline Beecham e Duphar International Research, cit. 157 Preoccupazione è stata manifestata, in relazione a questo argomento, dal Gruppo europeo sull’etica nelle scienze e nelle nuove tecnologie nel proprio parere del 7 maggio 2002, riferendosi

ai brevetti rilasciati dall’EPO alla Chiron Corporation per metodi diagnostici e terapeutici per

l’Epatite C e l’HIV. Questi brevetti hanno coperture immensamente ampie: il brevetto

EP01394256, ad esempio, copre nucleic acid, peptide and antibody compositions relating to

genotypes of hepatits C and methods of using such compositions for diagnostics and therapeutic

porpoise.

52

buon costume; e che lo sfruttamento di un'invenzione non può di per sé essere

considerato contrario all'ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto che è

vietato da una disposizione legislativa o regolamentare, prende le mosse dagli

articoli 53 della CBE158

e 27.2 dell’Accordo TRIPs159

ed accorda alle autorità

giudiziarie ed amministrative nazionali una discrezionalità notevole

nell’applicazione del criterio sopra citato160

.

Ritiene la Corte che detta discrezionalità sia necessariamente funzionale alla

valutazione casistica effettuata dalle autorità nazionali, che viene appunto

compiuta tendendo conto del contesto sociale, etico, culturale dello Stato in cui

viene domandato il rilascio del titolo. Se fosse effettuata dal legislatore

comunitario, in termini astratti e generali, sarebbe molto probabile giungere ad

una valutazione assolutamente non soddisfacente161

.

Vi è chi ravvisa nella differenziazione delle regolamentazioni nazionali relative

alla ricerca sul genoma umano un grande elemento di debolezza per l’efficacia del

limite in esame162

. Il divieto di clonazione riproduttiva è proclamato infatti sia a

livello nazionale che internazionale e comunitario, ma gli ordinamenti nazionali

prendono spesso posizioni diverse riguardo le ulteriori applicazioni

biotecnologiche.

La definizione su base nazionale dei confini dei limiti del buon costume e

dell’ordine pubblico porterebbe quindi inevitabilmente a risultati diversi nelle

procedure di rilascio del titolo, a seconda che esse si attuino in Stati con

legislazioni restrittive o permissive in materia. La Direttiva, però, mira

semplicemente a tracciare le linee guida per gli Stati comunitari e non a

standardizzare le norme nazionali in materia di brevetti; la determinazione del

158 European patents shall not be granted in respect of: (a) inventions the publication or

exploitation of which would be contrary to ―ordre public‖ or morality, provided that the

exploitation shall not be deemed to be so contrary merely because it is prohibited by law or

regulation in some or all of the Contracting States. 159 Members may exclude from patentability inventions, the prevention within their territory of the

commercial exploitation of which is necessary to protect ordre public or morality, including to

protect human, animal or plant life or health or to avoid serious prejudice to the environment,

provided that such exclusion is not made merely because the exploitation is prohibited by their law. 160 Vedi R. Pavoni, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, Giuffrè,

2004, 92 ss. 161 C. Campiglio, Brevetti biotecnologici: da Lussemburgo a Strasburgo?, cit., 187 ss. 162 C. Maubernard, Le droit fondamental à la dignité humaine, in Revue trimestrielle de droits de

l‘homme, cit., 497.

53

concetto di ordine pubblico è quindi affidata all’interpretazione nazionale, con il

risultato che se uno Stato rifiuta l’accoglimento della domanda di brevetto per

contrarietà al criterio sopra citato, quest’ultima potrà essere accettata in uno Stato

con un ordinamento più elastico163

.

L’art. 6 della direttiva prevede inoltre che il controllo di conciliabilità con il buon

costume e l’ordine pubblico sia riferito allo sfruttamento commerciale

dell’invenzione. La valutazione delle conseguenze potenziali dello sfruttamento

commerciale viene così presa in esame già nella fase della concessione del titolo.

Inoltre la scelta del termine “sfruttamento commerciale” permette di negare la

concessione del brevetto anche nei casi in cui la causa dell’incompatibilità con

l’ordine pubblico risieda nell’attribuzione della titolarità esclusiva dell’invenzione

ad un privato che ne tragga economicamente profitto164

.

L’EPO, nella sua prassi165

, ha interpretato restrittivamente il limite dell’ordine

pubblico, così che quest’ultimo operi solo in casi straordinari, nei quali

l’invenzione per cui si richiede il brevetto sia del tutto incompatibile con valori

essenziali quali sono, ad esempio, la pubblica sicurezza o l’integrità fisica delle

persone; l’onere della prova nel caso concreto spetta a chi ne invoca la

sussistenza.

Più specificamente, la valutazione di compatibilità deve effettuarsi attraverso

un’analisi costi - benefici166

; l’EPO ritiene infatti che siano le varie legislazioni

nazionali riguardanti lo sfruttamento dell’invenzione a dover garantire il rispetto

dell’ordine pubblico, mentre, salvo casi eccezionali, la concessione del titolo si

ritiene neutrale.

Per quanto riguarda invece i divieti espliciti, il secondo comma dell’art. 6 della

Direttiva prevede la non brevettabilità di alcuni procedimenti biotecnologici,

considerati lesivi della dignità umana in particolar modo.

Nello specifico la norma contempla espressamente i procedimenti di clonazione di

esseri umani; i procedimenti di modificazione dell'identità genetica germinale

dell'essere umano; le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o

163 C. Campiglio, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, cit., 894. 164 C. Campiglio, I brevetti biotecnologici nel diritto comunitario, cit., 893. 165 Vedi caso Onco – Mouse di Harvard. 166 J. Adams, Cost-Benefit Analysis: the Problem, Not the Solution, in The Ecologist, 1996, 2 ss.

54

commerciali e i procedimenti di modificazione dell'identità genetica degli animali

atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l'uomo

o l'animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti.

Il Considerando n. 38 chiarisce poi che questo elenco non può certo essere

considerato esauriente e che i procedimenti la cui applicazione reca pregiudizio

alla dignità umana, come ad esempio i procedimenti per la produzione di esseri

ibridi risultanti da cellule germinali o totipotenti umane o animali, devono

ovviamente essere esclusi anch'essi dalla brevettabilità.

All’analisi di tali divieti va premesso che nessuna norma internazionale o

comunitaria conferisce all’embrione una condizione giuridica espressamente

analoga a quella dell’essere umano adulto167

. La Convenzione sulla biomedicina

statuisce all’art. 1 che le Parti di cui alla presente Convenzione proteggono

l‘essere umano nella sua dignità e nella sua identità e garantiscono ad ogni

persona, senza discriminazione, il rispetto della sua integrità e dei suoi altri

diritti e libertà fondamentali [..] e all’art. 18.1 che quando la ricerca sugli

embrioni in vitro è ammessa dalla legge, questa assicura una protezione adeguata

all‘embrione.

La dottrina ha interpretato questi due dettami in maniera molto varia. Alcuni

sostengono che l’utilizzo distinto dei termini essere umano e persona, all’art. 1,

non sia significativo, evitando così la subordinazione del diritto dell’embrione a

quello dell’essere umano già nato168

. Altri ritengono che l’art. 18 escluda ogni

ricerca che possa distruggere l’embrione169

e altri ancora che solo gli embrioni

creati in utero possano essere considerati persone, mentre quelli creati in vitro

sarebbero esseri umani170

.

Interpretando le due disposizioni letteralmente si giunge invece a conferire valore

alla duplicazione di termini di cui all’art. 1. Alcuni autori sostengono che

167 A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit., 216. 168 R. M. Lozano, La protection européenne des droit de l‘homme dans le domaine de la

biomédecine, cit., 236 ss; G. Faurè, La vie prénatale et la convention sur les droits de l‘homme et la biomédecine. A propos des recherches sur l‘embryon in vitro, in Les petites affiches, 1998, 8 ss. 169 B. Mathieu, De la difficulté d‘appréhender l‘emploi des embryons humains en termes de droits

fondamentaux, in Revue trimestrielle de droits de l‘homme, 2003, 390. 170 R. M. Lozano, La protection européenne des droit de l‘homme dans le domaine de la

biomédecine, cit., 237; G. Faurè, La vie prénatale et la convention sur les droits de l‘homme et la

biomédecine. A propos des recherches sur l‘embryon in vitro, cit., 8 ss.

55

l’embrione possa essere ritenuto essere umano ma non persona, riconoscendo una

conseguente tutela della dignità e dell’identità ma non dell’integrità, delle libertà e

dei diritti fondamentali.

L’art. 18 sembrerebbe ammettere la possibilità della ricerca in vitro sugli embrioni

soprannumerari, e vietarne l’apposita creazione a scopo di ricerca171

.

Gli ordinamenti nazionali, a cui la Convenzione rimette la normativa, quando

adeguata, dell’uso a scopo di ricerca in vitro degli embrioni, prendono posizioni

contrastanti a riguardo172

.

Anche la giurisprudenza attinente alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo

non è univoca nelle sue decisioni: nel caso Open Door and Dublin Well Woman v.

Ireland non si è pronunciata a riguardo della titolarità dell’embrione al diritto alla

vita ex art. 2 CEDU173

. In senso opposto, la Commissione rilevò, nel caso X v.

United Kingdom174

, che la nozione di ogni persona usata all’art. 2 non è definita

dalla CEDU; è però sottinteso negli artt. 1, 5, 6, 8, 11 e 13, in cui compare, che la

persona sia già nata.

171 A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit., 217. 172 Germania: l. 13 novembre 1990 n. 275; Svizzera: art. 24 novies Costituzione Federale Elvetica;

Italia: l. 19 febbraio 2004 n. 40; Gran Bretagna: Human Fertilization and Embriology Act del

1990; Svezia: l. 20 dicembre 1984 n. 1140; Norvegia: l. 5 agosto 1994 n. 56; Spagna: l. 22

novembre 1998 n. 35; Austria: l. 1 luglio 1992 n. 293; Francia: l. 29 luglio 1994 n. 94-654 e

decreto 27 maggio 1997 n. 97-613. Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti, Belgio e Svezia

permettono l’uso degli embrioni in vitro a scopo di ricerca; Austria, Germania, Italia e Svizzera la

vietano. Per approfondimenti vedi A. Tancredi, Genetica umana e altre biotecnologie nel diritto

comunitario ed europeo, cit., 404 ss. 173 Open Door and Dublin Well Woman v. Ireland, 14234/88 e 14235/88, 29 ottobre 1992, in Publications of the European Court of the Human Rights, serie A , n. 246-A. Open Door e Dublin

Well Woman sono due associazioni no-profit irlandesi che agivano per la violazione da parte dello

Stato irlandese dell’art. 10 CEDU, per avere la Corte suprema irlandese ingiustificatamente

interferito nell’esercizio della loro libertà d’espressione, confermando la sentenza della High Court

che aveva loro imposto di astenersi dallo svolgere attività di informazione e consulenza a donne

incinte irlandesi sulla possibilità di abortire all’estero. Lo Stato irlandese eccepiva che l’art. 10

deve essere letto in coordinato con l’art. 2, in ragione del fatto che la libertà d’informazione ex art.

10 non è assoluta. Nel caso di specie quel divieto era necessario per tutelare il diritto alla vita

dell’essere umano non ancora nato. La Corte decise che il divieto imposto dalla Corte suprema

irlandese rappresentasse un’ipotesi di restrizione prevista dalla legge, necessaria ma non

proporzionata con il fine della protezione della morale. Ritenne inoltre che non fosse necessario, in ordine all’espressione del proprio giudizio, esaminare il problema relativo all’attribuzione

all’embrione del diritto alla vita, poiché non era stata espressamente sollevata dalle parti.

Vedi R. M. Lozano, La protection européenne des droit de l‘homme dans le domaine de la

biomédecine, cit., 245. 174 X v. United Kingdom, 8416/79, 13 maggio 1980, in Decision and reports of the European

Commision on Human Rights, vol. 19, 244.

56

La Commissione ha poi ravvisato tre possibili interpretazioni del termine vita: la

prima ritiene che l’art. 2 non si riferisca al feto; la seconda che il feto sia titolare

di un diritto alla vita, ma con alcune restrizioni; la terza che configura in capo al

feto un diritto alla vita assoluto. Tuttavia la maggior parte degli Stati firmatari

della CEDU consentono l’aborto terapeutico, perciò la terza interpretazione non

può essere appoggiata; la Commissione non si è però espressa sulle restanti due

ipotesi.

Nel caso Vo v. France175

, riguardante un aborto compiuto per errore al sesto mese

di gravidanza ai danni di una cittadina francese da un medico dell’ospedale di

Lione, deciso nel luglio 2004 dalla Grande Camera, la Corte ha confermato il

proprio orientamento. La signora Thi-Nho Vo lamentava la violazione dell’art. 2

CEDU da parte dello Stato francese, secondo il cui diritto penale il feto non è

direttamente protetto e il fatto non configura quindi omicidio involontario. Lo

Stato francese ed il Center for Reproductive Rights176

ritenevano invece che, in

base alla giurisprudenza riguardante l’art. 2 della Convenzione europea, l’essere

umano non è mai stato ritenuto titolare del diritto alla vita e se nel caso in esame

la Corte avesse assunto una posizione contrastante, ciò avrebbe sbilanciato un

atteggiamento di favore verso il diritto alla vita del feto, con notevole pregiudizio

per la tutela dei diritti alla vita, alla vita privata ed alla sicurezza delle donne. Tale

posizione avrebbe poi contrastato con la maggior parte delle legislazioni europee,

che consentono l’aborto nei primi tre mesi di vita e l’aborto terapeutico senza

restrizioni, sancendo il primato del diritto della madre su quello del nascituro. La

Corte non ha ritenuto necessario esprimersi sulla questione dello status giuridico

dell’embrione ed ha statuito che siano gli Stati a definire quale sia il momento in

cui la vita ha inizio; ha comunque sottolineato che l’embrione rientra nella specie

umana in quanto potenziale persona, con annesso diritto quindi alla tutela della

dignità, ma senza che ciò comporti anche la titolarità in capo ad esso del diritto

alla vita.

175 Vo v. France, 53924/00, 8 luglio 2004. Testo della decisione pubblicato in

http://www.echr.coe.int/. 176 Intervenuto in qualità di amicus curiae ai sensi dell’art. 44.2 delle regole della Corte.

57

Il Comitato nazionale per la bioetica ha assunto in proposito un orientamento

drastico nel suo parere dell’11 aprile 2003177

. Ha affermato infatti che gli

embrioni umani sono vite umane a pieno titolo e sono titolari del diritto alla vita

indipendentemente dal modo in cui sono stati creati e dal fatto che siano o meno

soprannumerari. Il Comitato si è anche dichiarato contrario alla ricerca sulle

cellule staminali su embrioni, anche se soprannumerari, ed all’annesso prelievo.

Questa posizione è stata criticata anche da alcuni membri del Comitato stesso, ed

ha certamente l’effetto di ostacolare la ricerca scientifica mirata alla diagnosi ed

alla terapia della sterilità e delle malattie genetiche178

.

Ciò premesso, il divieto della Direttiva riguardante le utilizzazioni di embrioni

umani a fini industriali e commerciali recepisce quello di commercializzazione del

corpo umano, dilatandone la portata all’embrione, nei limiti del proprio ambito di

applicazione materiale. Al Considerando n. 42 è comunque chiarito che tale

esclusione non riguarda comunque le invenzioni a finalità terapeutiche o

diagnostiche che si applicano e che sono utili all'embrione umano. Non è invece

esplicitato se sia vietata la brevettazione dell’uso degli embrioni a scopo di

ricerca, dei procedimenti implicanti l’uso di embrioni con fini terapeutici diretti a

soggetti terzi ed adulti e dei procedimenti che comportano l’utilizzo delle cellule

staminali embrionali179

.

L’uso delle cellule staminali è stato valutato dai legislatori nazionali e dai comitati

di esperti nei modi più vari. Il Comitato nazionale per la bioetica, prima di sancire

l’assoluta inaccettabilità dei suddetti procedimenti, aveva preso una posizione

meno perentoria, tenendo conto delle differenti opinioni presenti al proprio

interno180

. Vi era infatti chi sosteneva che la soppressione dell’embrione,

susseguente al suo scongelamento per il prelievo delle cellule staminali, andasse

sempre contro all’obbligo di rispettare la vita umana dalla fase del concepimento;

177 Comitato nazionale per la bioetica, Parere del Comitato nazionale per la bioetica su ricerche

utilizzanti embrioni umani e cellule staminali, 11 aprile 2003. 178 A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit., 219. 179 G. Alpa, Bioetica e diritto, soluzioni domestiche o soluzioni comunitarie?, cit., 749. 180 Comitato nazionale per la bioetica, Parere sull‘impiego terapeutico delle cellule staminali, 27

ottobre 2000. Qui il Comitato si è pronunciato anche sulla liceità del prelievo delle cellule

staminali dal sangue del cordone ombelicale, da soggetti adulti o da feti risultanti da aborti

(spontanei o volontari), se rispettanti determinate condizioni. Vedi anche A. Pizzoferrato, Brevetto

per invenzione e biotecnologie, cit., 80.

58

vi era anche, però, chi riteneva che la formazione dell’embrione a fini terapeutici

non fosse in contrasto con il divieto ex art. 18.2 della Convenzione sulla

biomedicina e che il grado di protezione in capo all’embrione fosse

controbilanciato dall’interesse per la cura del malato, valutato quantomeno

equivalente; vi era, infine, chi considerava lecito il solo uso degli embrioni in

soprannumero, in ogni caso destinati ad essere distrutti.

Il Gruppo europeo sull’etica nelle scienze e nelle nuove tecnologie181

sostiene, in

ragione del pluralismo europeo, che il prelievo delle cellule staminali dagli

embrioni allo stadio di blastocisti (dopo 5 o 6 giorni dal concepimento) non possa

essere sottoposto ad un divieto generale e che siano i vari ordinamenti nazionali a

regolamentarlo; in caso gli Stati lo consentano, vanno previste norme che tutelino

il rispetto della dignità dell’embrione ed evitino il rischio della sperimentazione

arbitraria o della strumentalizzazione. Il Gruppo ritiene inoltre che il divieto della

brevettazione dei procedimenti di isolamento, modificazione e prelievo delle

cellule staminali sarebbe contrario all’ordine pubblico, poiché disincentiverebbe il

progresso della ricerca scientifica. Per il Gruppo la cellula staminale è equiparata

agli altri elementi del corpo umano e i processi concernenti le cellule staminali

sono considerati eticamente accettabili; non è etica invece la concessione di

brevetti concernenti la clonazione di embrioni per l’estrazione di cellule

staminali182

.

Per quanto concerne il divieto di brevettazione della clonazione183

, tale

procedimento ha notoriamente creato un forte dibattito etico, in relazione ai suoi

effetti sociali e psicologici.

181 European Group on Ethics in Science and New Technologies, Ethical Aspects of Human Stem

Cells Research and Use, opinion n. 15 del 14 novembre 2000. 182 European Group on Ethics in Science and New Technologies, Ethical Aspects of Patenting

Inventions Involving Human Stem Cells, opinion n. 16 del 7 maggio 2002. 183 Ossia l’allestimento di una popolazione di individui derivanti da una singola cellula tramite

moltiplicazione asessuata, così che tutti gli individui del clone abbiano un’identica costituzione

genetica. La clonazione può essere realizzata tramite: scissione dell’embrione in fase precoce,

quando è costituito da non più di 8 cellule totipotenti, ciascuna capace di formare un embrione con

corredo genetico identico a quello degli altri; trasferimento nucleare, cioè trasferendo il nucleo di un blastomero (una cellula singola prelevata dall’embrione) in un ovocita al quale siano stati

rimossi i cromosomi. La clonazione può avere o meno finalità riproduttive; in quest’ultimo caso,

detto clonazione terapeutica, lo sviluppo del clone prodotto in vitro è bloccato allo scopo di

coltivare cellule staminali embrionali immunologicamente compatibili da usare per fini terapeutici

nel paziente cui è stata prelevata la cellula somatica. La clonazione riproduttiva è invece la

produzione in vitro di un embrione che porta allo sviluppo di un feto tramite gestazione in utero.

59

La clonazione lederebbe infatti i diritti del clone all’unicità ed alla diversità del

patrimonio genetico ex art. 2.b Dichiarazione sul genoma. Il clone avrebbe un

corredo genetico predeterminato e coincidente con quello di un altro individuo,

vivo o morto, e non godrebbe della relazione di genitorialità-filiazione

biologica184

. Le preoccupazioni si riversano inoltre sui rischi di selezione e

discriminazione genetica, espressamente vietate dall’art. 11 della Convenzione

sulla biomedicina, dall’art. 6 della Dichiarazione sul genoma, dagli artt. 3 e 21

della Carta dell’Unione Europea185

e dall’art. 14 della CEDU. La dottrina ha

avanzato perfino l’ipotesi di includere la clonazione riproduttiva nella categoria

dei crimini contro l’umanità186

.

Per procedimenti di clonazione dell’essere umano la Direttiva intende qualsiasi

procedimento, ivi comprese le tecniche di scissione degli embrioni, volto a

produrre un essere umano con le stesse informazioni genetiche nucleari di un

altro essere umano, vivo o morto187

. Più precisamente, la Direttiva esclude dal

brevettabile qualsiasi forma di clonazione dell’essere umano188

. Il Consiglio, nella

sua Posizione comune in vista dell’adozione della Direttiva189

, specifica che il

termine essere umano è comprensivo dell’embrione. Rilevante, in proposito, è il

brevetto rilasciato dall’EPO all’Università di Edimburgo e poi emendato tramite

Decisione di opposizione, così da escludere la copertura brevettuale per le

tecniche di clonazione dell’embrione190

.

Vedi A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit.,

220, nota 83. 184 T. Lahalle, Clonage et dignité humaine, in Revue trimestrielle de droits de l‘homme, 2003, 441 ss.; V. Bellver Capella, Clonare? Etica e diritto di fronte alla clonazione umana, Giappichelli,

2002, 87 ss. 185 Ora artt. II-63 e II-81 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. 186 Nello specifico Delmas-Marty (M. Delmas-Marty, Interdire et punir: le clonage reproductif

humain, in Revue trimestrielle de droits de l‘homme, 2003, 437) sostiene che il termine “crimine

contro l’umanità” comprenda anche quelle pratiche generalizzate, sistematiche e dirette

consapevolmente alla violazione del principio dell’individualità, quali ad esempio la clonazione

riproduttiva. 187 Considerando n. 41 Direttiva 98/44 CE. 188 Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio – Sviluppi ed implicazioni

del diritto dei brevetti nel campo della biotecnologia e dell‘ingegneria genetica, COM(2002)/0545 def., punto 5.2.1. 189 Posizione comune definita dal Consiglio in vista dell‘adozione della Direttiva n. 98/44, 26

febbraio 1998, in G. U. C. E., 8 APRILE 1998, N. C 110. 190 Decisione della Divisione d’opposizione del 22 luglio 2002 sul brevetto EP0695351. L’EPO

aveva concesso nel 1999 all’Università di Edimburgo il brevetto europeo EP0695351, Isolation,

Selection and Propagation of Animal Transgenic Stem Cells, concernente un metodo di uso

60

La Direttiva non fa altro che recepire gli orientamenti consolidati in materia; il

divieto assoluto di clonazione riproduttiva vige sia a livello internazionale che

comunitario ed è elevato a principio di ordine pubblico191

. Vietano

categoricamente la clonazione riproduttiva l’art. 11 della Dichiarazione sul

genoma e il Protocollo aggiuntivo della Convenzione sulla biomedicina. In ambito

comunitario è l’art. 3.2 della Carta dell’Unione Europea192

a prevedere il divieto

di clonazione umana. Il Parlamento Europeo nelle sue risoluzioni193

lo ha

ripetutamente ribadito e nel 2000194

ha anche espresso il suo auspicio a che la

clonazione di esseri umani venga universalmente vietata.

Il Comitato nazionale per la bioetica condanna la clonazione di individui umani,

in quanto lesiva dell’unicità biologica e del diritto all’autodeterminazione del

clone, sottolineando come si rischi che questa tecnica venga usata con modalità

lesive della dignità umana e con esiti non prevedibili nel lungo termine; è però

considerata lecita la clonazione di organi o tessuti a scopo terapeutico195

.

Il panorama normativo relativo alla clonazione terapeutica è assai vario: la

Germania, l’Italia e la Svizzera vietano infatti la ricerca sugli embrioni; la Gran

Bretagna permette la produzione in vitro di embrioni a scopo di ricerca, la Spagna

ne vieta la creazione a scopi scientifici ma permette la ricerca sui pre-embrioni, in

determinati casi, gli stati Uniti, la Svezia, la Finlandia e la Norvegia autorizzano la

dell’ingegneria genetica per isolare le cellule staminali dalle cellule differenziate, per ottenere una

coltura di cellule staminali pure. Il brevetto è stato particolarmente criticato in ragione dell’utilizzo

del termine animal, che in inglese scientifico è indifferentemente riferito ad animali e a uomini. I ricorrenti lamentavano inoltre che il brevetto fosse esteso a procedimenti per la clonazione umana

e la creazione di uomini transgenici (prodotti tramite il trasferimento di geni estranei di varia

provenienza nelle cellule uovo fecondate). La Divisione d’opposizione, il 22 luglio 2002, ha

accolto i ricorsi proposti ed ha statuito che il brevetto in esame andava solo modificato così da

garantire la copertura relativa alle sole cellule staminali animali ed umane modificate, escludendo

quelle embrionali. 191 A. Tancredi, Genetica umana e altre biotecnologie nel diritto comunitario ed europeo, cit.,

400. 192 Ora art. II-63 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. 193 Esempi: Risoluzione del Parlamento Europeo sui problemi etici e giuridici delle manipolazioni

genetiche, 16 marzo 1989, in G. U. C. E., 17 APRILE 1989, C 96, 165; Risoluzione del Parlamento Europeo sulla clonazione dell’embrione umano, 28 ottobre 1993, in G. U. C. E., 22

novembre 1993, n. C 315, 224; Risoluzione del Parlamento Europeo sulla clonazione, 12 marzo

1997, in G. U. C. E., 14 APRILE 1997, N. c 115, 92. 194 Risoluzione del Parlamento Europeo del 7 settembre 2000, in Bollettino dell‘Unione Europea,

9-2000, diritti umani 5/12. 195 Comitato nazionale per la bioetica, La clonazione, parere del 17 ottobre 1997.

61

ricerca e la Francia è sempre più diretta verso la concessione della

sperimentazione sugli embrioni soprannumerari196

.

Il 23 marzo 2005, dopo anni di contrasti tra gli Stati, riguardanti l’ampiezza del

contenuto del divieto di clonazione, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha

approvato la Dichiarazione sulla clonazione umana, con la quale gli Stati si

impegnano a vietare qualsiasi forma di clonazione che non sia compatibile con la

dignità e la tutela della vita umana e ad adottare le disposizioni a tal scopo

necessarie197

. Il compromesso si è raggiunto anche grazie al tramutamento del

progetto di convenzione in risoluzione non vincolante; decisiva è stata inoltre la

sostituzione del termine esseri umani, inizialmente prevista nel progetto, con

quello di vita umana.

La Direttiva prevede infine la non brevettabilità dei procedimenti biotecnologici

che comportano la modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere

umano198

e di quelli di modificazione dell'identità genetica degli animali atti a

provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l'uomo o

l'animale, compresi gli animali risultanti da tali procedimenti.

La scelta effettuata dal legislatore rispecchia gli orientamenti internazionali e

comunitari in materia. Sono stati avanzati infatti considerevoli dubbi etici e

giuridici in riferimento alla lesione dei diritti umani potenzialmente determinati

dalla terapia genica germinale: questa tecnica potrebbe permettere un intervento

sull’evoluzione della specie umana in base a criteri eugenetici e portare alla

violazione del divieto di discriminazione.

E’ previsto all’art. 13 della Convenzione sulla biomedicina che un intervento che

ha come obiettivo di modificare il genoma umano non può essere intrapreso che

196 Sui vari ordinamenti nazionali vedi nota 172. 197 U.N. Doc. A/Res./59/280, 23 marzo 2005. 198 Specificamente si intende la terapia genica su cellule germinali umane, cioè il trasferimento di

materiale genetico estraneo all’interno delle cellule di un paziente con un’alterata funzione

cellulare di tipo genetico, al fine di ripristinare la regolare funzionalità. E’ una tecnica che

permette di ripristinare definitivamente una funzione cellulare prima mancante o alterata. Il divieto riguarda la brevettazione della terapia genica applicata a cellule germinali (ovverosia cellule

riproduttive: ovuli e spermatozoi), poiché con un tale intervento si determina una modifica

genetica che si trasmette alla progenie. Esso non si estende alla terapia genica sulle cellule

somatiche, dal momento che quest’ultima ha effetti circoscritti all’individuo che riceve il

trattamento e non si trasmettono ereditariamente. Vedi A. Bonfanti, La brevettabilità delle

invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit., 224, nota 103.

62

per delle ragioni preventive, diagnostiche o terapeutiche e solamente se non ha

come scopo di introdurre una modifica nel genoma dei discendenti.

L’art. 26 statuisce poi che tale articolo, così come ogni altro contenuto nella

Convenzione, non può essere derogato e di conseguenza al divieto in esso

contenuto non possono essere applicate restrizioni di sorta.

Nel rapporto esplicativo della Convenzione sono però previste due eccezioni al

divieto di modificazioni ereditarie: quest’ultimo non riguarda gli interventi relativi

a cellule somatiche il cui indesiderato effetto secondario si esplichi sulle cellule

germinali (ad esempio i trattamenti del cancro tramite chemioterapia o

radioterapia, che possono produrre effetti secondari sull’apparato riproduttivo del

paziente) e non ha interesse nell’impedire le ricerche involventi manipolazioni

degli spermatozoi e degli ovuli non destinati alla fecondazione, quando siano

effettuate in vitro e con previa approvazione di un comitato etico apposito199

.

La Dichiarazione sul genoma rimanda invece alla normativa nazionale per

l’identificazione dei procedimenti lesivi della dignità umana, oltre alla clonazione

riproduttiva, i quali vanno proibiti ai sensi dell’art. 11.

Il Consiglio dell’Unione Europea ha inoltre escluso qualsiasi finanziamento

comunitario per la ricerca sull’applicazione di modifiche ereditarie del

patrimonio genetico degli esseri umani200

, conformemente al divieto ex art. 3.2

della Carta dell’Unione Europea201

.

2.4.1. La brevettabilità degli elementi isolati del corpo umano. Estensione

della tutela

199 A. Bonfanti, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche legate al corpo umano, cit.,

225. L’art. 13 recepisce l’orientamento manifestato dal Consiglio d’Europa nella raccomandazione

dell’Assemblea Parlamentare n. 1100 (1989) [Recommendation on the use of Human Embryos and

Foetuses in Scientific Research, adottata il 2 febbraio 1989 dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa] che nel suo allegato dispone l’interdizione di qualsiasi intervento, anche a

scopo terapeutico, effettuato sulla linea germinale. Testo pubblicato in: http://assembly.coe.int/. 200 Decisione del Consiglio dell‘Unione Europea del 30 settembre 2002 per l‘adozione del

Programma specifico di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione:‖ Integrare e rafforzare lo

Spazio europeo della ricerca‖, in G. U. C. E., 29 ottobre 2002, n. L 294/1. 201 Ora art. II-63 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

63

L’art. 5 della Direttiva 98/44 CE esplicita che il corpo umano, nei vari stadi della

sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi

elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non

possono costituire invenzioni brevettabili.

Va segnalato, in proposito, il carattere più restrittivo della L. 78/2006 (rispetto alla

Direttiva 98/44 CE) che marca con enfasi l’esclusione dalla brevettabilità del

corpo umano sin dal momento del concepimento202

.

Questo divieto obbedisce a palesi ragioni etiche (il corpo umano non ha,

evidentemente, alcuna applicazione industriale lecita) e rispetta il principio

dell’esclusione dalla brevettazione delle scoperte in quanto tali203

.

Peraltro, il terzo comma estende il divieto iniziale a qualsiasi sequenza o […]

sequenza parziale di un gene la cui applicazione industriale non sia

concretamente indicata nella richiesta di brevetto.

Il secondo comma dispone invece che queste realtà diventino brevettabili quando

si tratti di un elemento isolato dal corpo umano, o diversamente prodotto,

mediante un procedimento tecnico, ivi compresa la sequenza o la sequenza

parziale di un gene […] anche se la struttura di detto elemento è identica a quella

di un elemento naturale.

Le sequenze di DNA sono normalmente classificate in geni, sequenze parziali di

geni, EST e SNPs.

I geni sono tratti distinti (con un segnale di inizio ed uno di fine) di un’intera

sequenza di DNA disposta in doppia elica all’interno dei cromosomi di un

organismo. Essi contengono le informazioni necessarie alla sintesi di proteine

complete.

Le sequenze parziali dei geni sono tratti di DNA in grado di codificare parti di

proteine che, ad esempio, sono state individuate quali nucleo attivo di una

sostanza. Ottenere parti di proteine accuratamente selezionate può far disporre di

sostanze con proprietà anche venti volte superiori rispetto a quelle reperibili in

natura.

202 Art. 4, L. 78/2006. 203 G. Guglielmetti, Brevettabilità delle biotecnologie, cit., 145.

64

Gli ESTs (Expressed Sequence Tags204

) sono brevi sequenze di DNA usate per

individuare sequenze di geni ancora sconosciute. Essi inducono le sequenze

ricercate ad evidenziarsi, sono perciò elementi con funzione di marker.

Gli SNPs (Single Nucleotide Polimorphisms) sono brevi tratti di DNA introdotti

in più ampie sequenze geniche, cosi che esse possano codificare proteine

differenti rispetto a quelle naturali e, di conseguenza, con nuove proprietà205

.

Astrattamente, quindi, tutte le sequenze di DNA esaminate possono essere oggetto

di brevetto.

Il Considerando n. 24 della Direttiva 98/44 CE, inoltre, chiarisce che affinché sia

rispettato il criterio dell'applicazione industriale, occorre precisare, in caso di

sequenza parziale di un gene utilizzata per produrre una proteina o una proteina

parziale, quale sia la proteina o proteina parziale prodotta o quale funzione essa

assolva.

Alla luce di questa norma, nella domanda di brevetto va quindi specificata, oltre

alla funzione del gene, anche la funzione della proteina codificata (anche se non

rivendicata). Quest’ultimo onere non è obbligatorio nel caso in cui la sequenza di

DNA non sia usata per la produzione di una proteina, ma come marker (caso degli

ESTs); in questo caso è sufficiente l’indicazione del materiale biologico che viene

evidenziato dal marker stesso206

.

Per quanto riguarda l’indicazione della funzione del gene, essa è assolta nel

momento in cui viene indicata la proteina codificata, attraverso il nome della

stessa (se nota) o la descrizione della sua struttura.

Dubbi sono invece presenti per quanto attiene al grado di concretezza necessario

nella specificazione della funzione della proteina. Va considerato che le

conoscenze sulla funzione di una proteina possono raggiungere una certezza

sufficiente anche molto tempo dopo che sia avvenuta la sua sintesi.

Nella ricerca sono presenti vari livelli; in ognuno di essi si incamerano

informazioni e risolvono problemi che consentono di progredire al successivo

204 Letteralmente “etichetta di sequenza espressa”. 205 T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni d‘insieme,

cit., 128-129. 206 H. R. Jaenichen, The patenting and enforcement of inventions relating to research tools:

chances and problems, relazione esposta alla conferenza IPO di San Francisco, 7 novembre 1998,

9.

65

stadio, in maniera sempre più specifica. Specialmente nel settore biotecnologico,

la ricerca di base ha lo scopo di accumulare più informazioni possibili su un

oggetto, confidando che queste possano poi suggerirne concrete applicazioni. Non

è infrequente inoltre che si svolgano ricerche con obiettivi precisi (ad esempio, la

sintesi di una determinata proteina), senza avere la certezza che questi risultati

abbiano una qualsiasi utilità. Sono situazioni in cui i ricercatori si affidano ai

successivi studi specifici, auspicando che essi evidenzino le proprietà della

proteina e permettano la realizzazione di un prodotto utile. Finché non si giunge a

quest’ultimo livello, la collettività non ha nessun vantaggio concreto dall’attività

di ricerca; ci si domanda perciò se il brevetto possa essere concesso sui risultati

dei livelli intermedi, utili solo per quelli successivi207

.

Negli USA, fino alla sentenza Brenner v. Manson del 1996, sia l’Ufficio Brevetti

che le Corti concedevano privative su prodotti chimici senza preoccuparsi della

loro utilità; l’utilità dei composti chimici era considerata esistere in re ipsa208

.

In seguito al caso sopra citato, la Corte Suprema ha invece statuito che le

invenzioni brevettabili debbano essere dotate di una utilità pratica, escludendo

prodotti e procedimenti unicamente con funzione di strumenti di ricerca per le

ricerche di livelli successivi.

Nel 1985, caso Cross v. Izuka, la Corte Suprema ha poi stabilito che l’utilità di

un’invenzione può essere indicata anche in via indiziaria, tramite una serie di dati

concordanti che la rivelino almeno come probabile.

Ancora, nel 1995, il Federal Circuit, caso Brana, ha sostenuto che l’indicazione

dell’utilità delle invenzioni farmaceutiche è assolta dalla descrizione di un’utilità

in vitro (in provetta, basata sui risultati di laboratorio), escluso il caso in cui sia

evidente che sia impossibile aversi un’utilità in vivo (direttamente sull’organismo

destinatario, sulla base di test clinici).

Nel caso dei farmaci, potendosi l’utilità in vivo raggiungere solo dopo l’esame

della FDA209

, la Corte ha evidenziato che la prova di essa non può essere richiesta

207 T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni d‘insieme,

cit., 131. 208 P. Koneru, To promote the progress of useful articles: an analisis of the current utility

standards of pharmaceutical products and biotechnological research tools, in IDEA, 1998, 642. 209 Ente statunitense preposto al rilascio delle autorizzazioni al commercio anche dei prodotti

farmaceutici.

66

nella domanda di brevetto, poiché tale esame avviene in seguito alla brevettazione

dell’invenzione. Per la Corte, l‘utilità nel diritto brevettuale […] include

necessariamente la possibilità di ulteriori ricerche e sviluppo210

.

In seguito a questi due casi si è fatto strada il concetto di credibilità dei risultati

pratici (richiesti in Brenner v. Manson), andandosi così attenuando l’iniziale

rigore dell’indicazione dell’utilità pratica.

Nel 1995, guidelines dell’USPTO statuiscono che, in relazione all’utilità concreta,

ogni ragionevole uso dell‘invenzione che il depositante la domanda di brevetto ha

individuato e che può essere considerato di beneficio per la collettività deve

essere considerato sufficiente211

.

Nel sistema nordamericano quindi, il requisito dell’utility consente la

brevettazione delle sequenze di DNA in generale, a condizione che ne venga

indicata puntualmente l’utilità per il successivo livello di ricerca e l’utilità prevista

per la collettività, in maniera almeno credibile212

.

In ambito comunitario anche l’EPO sembra non richiedere necessariamente la

descrizione puntuale della funzione della proteina codificata dal gene. Le

invenzioni che sono utili solo per i successivi livelli di ricerca (come appunto le

sequenze di DNA) possono generalmente essere comunque brevettate213

.

Il 16 febbraio 1989, caso T 301/87, l’EPO ha accolto l’appello avverso la

decisione della propria Divisione di opposizione, la quale aveva revocato, per

difetto di chiarezza delle rivendicazioni e insufficienza della descrizione, un

brevetto su una sequenza di DNA che codifica per un polipeptide (proteina) del

tipo IFN-alfa (interferone alfa)214

. Nella descrizione vi era solo un richiamo

generico alle proprietà immunologiche e antivirali dell’IFR-alfa. L’EPO ha in

210 T. Kigit, Pregnant with ambiguity: credibility and the PTO utility guidelines in light of

Brenner, in Indiana law journal, 1998, cap. III, punto C, critica fortemente questo punto di vista,

per cui il Federal Circuit ha sostenuto un’interpretazione dell’utilità contraria a quella stabilita in

Brenner v. Manson. L’autore sostiene l’illegalità delle guidelines nel recepimento di tale

interpretazione. 211 PTO Examination guidelines on utility requirement (July 20, 1995), 298. 212 A. J. Breneisen, R. S. Mac Wright, Impact of GATT on United States patent law and practice

regarding biotechnology applications, in La gènie génétique Biotechnology and patent law,

CEDIDAC, Losanna, 1996, 59. 213 C. Gugerell, The European experience, in La gènie génétique, cit., 91. 214 Gli interferoni sono utilizzati nella lotta alle epatiti.

67

proposito sostenuto che non fosse indispensabile descrivere anche il metodo

concreto con cui far operare la proteina come interferone215

.

Maggiormente chiarificatore è il caso T 886/91 del 16 giugno 1994; Biogen

rivendicava, nel brevetto controverso, dei tratti genici che codificano polipeptidi

con funzione HBV antigenica. In appello si sosteneva la mancanza del requisito di

applicabilità industriale ai sensi dell‘art. 57 CBE, perché non c‘era nessuna

indicazione concreta circa la HBV antigenicità di cui era fatto riferimento.

L’EPO ha giudicato invece sufficiente la descrizione del brevetto, non

accogliendo l’appello. Si è ritenuto che i polipeptidi ottenuti fossero utili

genericamente in quanto antigeni per la diagnosi e la cura dell’epatite B.

Ancora, nel caso T 923/92, dell’8 novembre 1995, l’EPO ha sostenuto che una

rivendicazione di un procedimento che comprende la preparazione di una

proteina che svolge funzione di attivatore del plasminogeno di tessuto umano (t-

PA), senza ulteriore indicazione di quale sia tra le molte funzioni del t-PA umano

quella cui è fatto riferimento, non è ammissibile ai sensi degli articoli 83 e 84

CBE216

. Questa decisione è in linea con il principio per il quale i risultati della

ricerca di base possono essere coperti da brevetto nel caso in cui sia indicata la

direzione verso la quale la ricerca voglia proseguire.

Anche in ambito comunitario, quindi, è necessaria l’indicazione credibile

dell’utilità concreta di un gene, al fine della sua valida brevettazione217

. Il

legislatore si accerta in questo modo della possibilità di portare ad ulteriori stadi le

ricerche di primo grado, rendendo possibile la brevettazione solo per chi indichi

con la precisione richiesta quale direzione prendano le ricerche successive.

Dall’indicazione della funzione della proteina sintetizzata dal gene (quando è il

gene ad essere oggetto del brevetto) non si può pretendere che essa porti il tecnico

del settore alla realizzazione del prodotto finale218

. Non vi è perciò nessun

problema di sufficienza della descrizione ex art. 83 CBE219

.

215Cfr. punto 3.2 della decisione. 216 Sufficienza della descrizione, chiarezza e fondatezza delle rivendicazioni. 217 G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, cit., 139. 218 T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni d‘insieme,

cit., 136. 219 La descrizione deve essere sufficientemente precisa da porre l’esperto del ramo in grado di

attuare l’invenzione.

68

Dunque, per brevettare una sequenza di DNA, in funzione di strumento per

produrre una proteina, va indicata la funzione di quest’ultima; non è però

indispensabile descrivere dettagliatamente l’uso di tale proteina, come se la

descrizione del futuro brevetto su di essa venisse assorbita nella prima privativa.

Se infatti si esigesse una descrizione della proteina, come se fosse questa l’oggetto

del brevetto, si andrebbe contro alle stesse norme brevettuali biotecnologiche, che

diverrebbero accessibili solo per le ricerche già completate.

Nel giudizio sull’originalità dell’invenzione, il basso grado richiesto dall’EPO è

indicato dal fatto che l’esperto del ramo viene rappresentato come un tecnico del

tutto mancante di inventiva; in Genentech Interferone gamma T 223/92 del 1992,

l’esperto del ramo è stato descritto come colui che ha la conoscenza di una

squadra di esperti, ma la capacità di iniziativa di un tecnico, senza

immaginazione inventiva e con la capacità di attuare solo metodiche già

sperimentate.

Per quanto riguarda il più ampio discorso sull’estensione della tutela brevettuale,

si fa riferimento agli artt. 8 e 9 della Direttiva 98/44 CE.

Il primo statuisce che la protezione attribuita da un brevetto relativo ad un

materiale biologico dotato, in seguito all'invenzione, di determinate proprietà si

estende a tutti i materiali biologici da esso derivati mediante riproduzione o

moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotati delle stesse proprietà.

Mentre il secondo precisa che la protezione attribuita da un brevetto ad un

prodotto contenente o consistente in un'informazione genetica si estende a

qualsiasi materiale nel quale il prodotto e incorporato e nel quale l'informazione

genetica e contenuta e svolge la sua funzione.

Alla luce di questi due articoli il brevetto sulla sequenza di DNA comprende sia

l’organismo nel quale viene inserita la sequenza, sia gli organismi discendenti da

esso che la contengono. Il medesimo principio è valevole per gli SNPs e tutti i

loro cloni.

Per quanto concerne invece il rapporto gene-proteina, non si può sostenere che la

proteina contenga (estensione ipotizzata dall’art. 9 della Direttiva 98/44 CE) il

gene che la codifica, né tanto meno che essa derivi dalla riproduzione o

moltiplicazione (ipotesi ex art. 8 Direttiva 98/44 CE) del gene. La protezione

69

garantita dal brevetto sul gene non può estendersi quindi direttamente alla

proteina che esso codifica.

Una proteina può essere tutelata solo se è stata autonomamente brevettata (in

presenza quindi di un brevetto chimico sulla proteina, ulteriore a quello

biotecnologico sul gene) o se è il risultato diretto di un procedimento

(biotecnologico o chimico) brevettato.

Resta da capire se il brevetto sulla sequenza di DNA sia assoluto o limitato alle

funzioni esplicitamente indicate nella domanda di richiesta del titolo.

Diversamente dalle proteine, i geni hanno un’unica funzione: la sintesi di una

determinata proteina; risulta perciò privo di rilevanza l’interrogativo sopra

esposto. Anche gli SNPs e gli ESTs sembrano poter svolgere unicamente la

funzione per cui sono stati selezionati.

Il caso in cui una sequenza parziale possa svolgere sia il ruolo di marker per un

gene, sia quello di modifica inventiva per un altro (di modo che l’indicazione di

una delle due funzioni nella domanda di brevetto svincoli l’altra) sembra di

dubbia avverabilità220

.

Poiché la selezione delle sequenze di DNA è eseguita in base alla funzione che si

desidera esse svolgano, non si pone il problema del “nuovo uso” di una sequenza

e delle sue relazioni con gli usi precedenti.

All’opposto non sembra ci si possa appellare agli artt. 8 e 9 della Direttiva 98/44

CE, i quali contemplano l’estensione della copertura brevettuale al materiale

biologico riprodotto o che incorpora la sequenza solamente quando essa svolge la

propria funzione. Questa condizione è prevista per l’ipotesi in cui la sequenza di

DNA sia inattiva, ma non vale nel caso in cui essa svolga una funzione differente.

Tutte le cellule, infatti, contengono il patrimonio genetico dell’organismo al

completo, nonostante ognuna di esse abbia una specifica funzione. La

differenziazione delle funzioni cellulari avviene tramite un sistema di

attivazione/disattivazione dei geni interessati221

. Il disposto dei sopra citati artt. 8

e 9 si prefigge lo scopo di evitare che un materiale biologico ricada sotto la

220 C. Baldock, T. Cook, I. Karet, T. Rollins, I. Wood, in report Q150: Patentability requirements

and scope of protection of expressed sequence tags (ESTs), single nucleotide polymorphism

(SNPs) and entire genomes, in EIPR, 2000, 41. Gli autori ritengono una simile ipotesi solamente

“concepibile”. 221 R. Cortese, Il contenuto dell‘invenzione biotecnologica, cit., 5.

70

protezione brevettuale di una sequenza di DNA quando essa sia presente in tale

materiale incidentalmente, restando inattiva.

Infine, ci si chiede se l’indicazione della funzione della proteina codificata dal

gene brevettato possa limitare la sequenza di DNA. La proteina è in realtà

estranea alla tutela brevettuale di prodotto (il cui oggetto è appunto una sequenza);

l’indicazione della sua funzione, perciò, non limita la tutela della sequenza

semplicemente per il fatto che non la riguarda. L’unica funzione svolta

dall’indicazione in questione è quella di individuare la soglia minima di

conoscenza riguardante la sequenza di DNA, così che essa possa essere

brevettata222

.

Passando alle invenzioni di procedimento in campo biotecnologico, esse

riguardano tutti i procedimenti biotecnologici e le tecniche di produzione delle

proteine tramite i geni che codificano per esse.

Il secondo comma dell’art. 8 Direttiva 98/44 CE statuisce che la protezione

attribuita da un brevetto relativo ad un procedimento che consente di produrre un

materiale biologico (perciò non una proteina) dotato, per effetto dell'invenzione,

di determinate proprietà si estende al materiale biologico direttamente ottenuto

da tale procedimento e a qualsiasi altro materiale biologico derivato dal

materiale biologico direttamente ottenuto mediante riproduzione o

moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotato delle stesse proprietà.

L’ultima precisazione si riferisce, come già osservato, all’attività/inattività delle

sequenze di DNA nelle cellule.

Sono comunque sempre vigenti i divieti ex art. 4 b) della Direttiva 98/44 CE e 23b

CBE, che escludono dalla brevettabilità i procedimenti essenzialmente

biologici223

; un procedimento è essenzialmente biologico quando consiste

integralmente in fenomeni naturali quali l'incrocio o la selezione224

.

Spesso, però, un procedimento biologico è comprensivo di fasi microbiologiche

(che richiedono una notevole tecnica) come di fasi naturali o biologiche tout court

222 T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni d‘insieme,

cit., 140. Di opinione opposta è V. Di Cataldo, La brevettabilità delle biotecnologie. Novità,

attività inventiva, industrialità, cit., 189-190. 223 Divieto già previsto dall’art. 53b della Convenzione di Monaco. 224 Art. 2.2 Direttiva 98/44 CE.

71

(che avvengono in maniera spontanea o sono facilmente provocabili). Ciò crea

difficoltà nella valutazione per la brevettabilità del procedimento.

La regola dispone comunque che possa essere qualificato come essenzialmente

biologico solamente il procedimento che nel suo svolgimento non comporti la

presenza di una fase tecnica.

Il procedimento microbiologico, quindi brevettabile, è invece qualsiasi

procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico, che comporta un

intervento su materiale microbiologico, o che produce un materiale

microbiologico225

.

In aggiunta alle invenzioni di prodotto e di procedimento, all’art. 3.2 della

Direttiva 98/44 CE è contemplata la possibilità di brevettare anche un materiale

biologico che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto tramite un

procedimento tecnico […], anche se preesisteva allo stato naturale. Si può quindi

ottenere un brevetto, ad esempio, su un gene già esistente in natura, a condizione

che sia stato individuato o prodotto tramite un procedimento tecnico.

Si tratta di una norma con un’enorme rilevanza pratica. Spesso infatti la

produzione di una proteina non è realizzabile attraverso le normali tecniche di

purificazione, a causa della poca resa. Le tecniche biotecnologiche consentono di

ovviare a questo problema: quando si è identificata la sequenza di DNA

codificante una specifica proteina, la si taglia dal DNA tramite i c.d. enzimi di

restrizione (sostanze catalitiche in grado di tagliare in punti specifici le molecole)

e, grazie ad un vettore, la si inserisce nel DNA della cellula recettiva. In

quest’ultima le molecole si replicano come microcromosomi funzionali e danno il

via alla produzione di proteine. Lo stesso batterio può essere coltivato e

moltiplicato, così da poter disporre praticamente in maniera illimitata della

proteina di cui si necessita, a costi accettabili e con un grado altissimo di

purezza226

.

Casi emblematici in materia sono quello riguardante il già citato Fattore VIII:C e

quello dell’Eritropoietina.

La prima è una proteina con attività coagulanti, utilizzata nella terapia

225 Art. 2 b) Direttiva 98/44 CE. 226 V. Di Cataldo, Studi in onore di Adriano Vanzetti, cit., 451-452.

72

dell’emofilia. Genentech, dopo aver individuato il frammento di DNA

responsabile della produzione in natura del Fattore VIII:C, elaborò, nel 1984, una

tecnica di DNA ricombinante finalizzata alla sua produzione.

Scripps, titolare di un precedente brevetto sul Fattore VIII:C, estratto tramite

purificazione dal plasma umano, agì per contraffazione227

.

Il secondo è invece un ormone prodotto dal rene, in grado di controllare la

produzione di globuli rossi. Il dottor Fu Ken Lin, alle dipendenze di American

Genetics, riuscì a clonare il gene che codificava per l’Eritropoietina, nell’ottobre

del 1983. American Genetics trasformò poi una cellula di criceto cinese attraverso

tecniche di DNA ricombinante, rendendola in grado di realizzare un’importante

produzione di Eritropoietina; ne ottenne il brevetto.

In seguito, Genetic Institute brevettò un metodo di purificazione dei Eritropoietina

da urina, e concesse licenza sul brevetto a Chugai. Quando quest’ultima diede

avvio alla produzione ed alla commercializzazione dell’Eritropoietina, American

Genetics la convenne per contraffazione228

.

I due casi presentano, in termini rovesciati, il medesimo problema: la possibile

realizzazione di una proteina tramite processi strutturalmente differenti tra loro,

quali l’estrazione dall’ambiente naturale e la produzione per via biotecnologica.

Un discorso simile può farsi per i tentativi di mappatura del codice genetico degli

organismi (per esempio il Progetto Genoma Umano del National Institute of Healt

nordamericano), che sono in grado di svelare geni e proteine dalle proprietà

ancora sconosciute.

La nota di commento alla regola 23c CBE (il corrispondente, nella CBE, dell’art.

3.2 della Direttiva) chiarisce che il materiale biologico preesistente in natura ma

ancora non accessibile al pubblico (non ancora isolato o riprodotto) può

configurare un’ipotesi di invenzione nuova e di conseguenza brevettabile229

.

227 Sul caso vedi M. S. Greenfield, Recombinant DNA Technology: a Science Struggling with

Patent Law, in 44 Stanford Law Review, 1992, 1051 ss., nota 82. 228 Sul caso vedi N. K. Fukumura, Relaxed Application oh the Best Mode Provision of 35 USC § 112, in Temple Environmental Law and Technology Journal, 1992, 93 ss.; A. S. Viksnins, Amgen,

Inc. v. United States International Trade Commission: Designer Genes don‘t fit, in 76 Minnesota

Law Review, 1991, 161 ss. 229 Vedi G. Sena, Directive on biotechnological inventions: patentability of discoveries, in IIC,

1999, 733-735 e L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, cit., 68;

G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, cit., 101. In senso opposto V. Di

73

Il brevetto per una sequenza di DNA già esistente in natura è considerato di

prodotto230

; è da escludere che la tutela possa operare solo in relazione alle

sequenze ottenute attraverso il procedimento descritto nella domanda di richiesta

del titolo di privativa. Il procedimento indicato ha come funzione solamente

quella di rendere accessibile e riproducibile con caratteri costanti la sequenza in

questione. La sequenza così isolata o riprodotta è successivamente protetta

indipendentemente dal metodo tramite il quale la si è ottenuta.

Infine, ci si domanda se sia indispensabile il consenso del titolare del brevetto sul

gene, in ordine allo sfruttamento della proteina.

Il brevetto di prodotto sul gene non sembra estendere in maniera diretta la sua

tutela alla proteina ottenuta (secondo gli artt. 8 e 9 Direttiva); di conseguenza un

eventuale brevetto sulla proteina può forse essere considerato indipendente da

quello di prodotto sul gene231

. Questa soluzione sottintende che nel brevetto

biotecnologico sia rivendicato il solo gene, come prodotto, senza essere previste

rivendicazioni di procedimento.

Nella più frequente circostanza in cui nel brevetto, oltre al gene, vengano

rivendicati uno o più procedimenti per la proteina codificata dal gene232

, la tutela

brevettuale copre anche la proteina. E’ noto infatti che la copertura brevettuale si

allarga al prodotto direttamente ottenuto dall’applicazione del procedimento

(ossia, nel caso in esame, la proteina).

2.4.2. La brevettabilità delle sequenze parziali di geni EST

Nello specifico, le sequenze parziali di DNA dette EST sono le entità usate nei

laboratori come strumenti di diagnosi o come sonde nucleiche.

Cataldo, La brevettabilità delle biotecnologie. Novità, attività inventiva,industrialità, cit., 178-179,

per cui il ricorso al concetto di novità nella sua definizione di accessibilità al pubblico è un mal

riuscito tentativo di conciliazione tra i principi brevettuali comuni ed una norma avente forse

portata derogatoria. 230 G. Sena, L‘importanza della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, cit., 70-71;

G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, cit., 132. 231 T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni d‘insieme,

cit., 143. 232 Ipotesi ancora più frequente è quella in cui sono rivendicati il gene, il procedimento per la

sintesi della proteina e la proteina stessa.

74

Gli EST assumono una particolare posizione per il fatto di non essere

generalmente adatti alla codificazione di una proteina e di compiere quindi

funzione di ricerca. Essi sono parti di DNA complementare, sintetizzati in

laboratorio partendo dall’RNA messaggero, e contenenti le medesime

informazioni di quest’ultimo233

.

Queste sequenze parziali sono usate sia per l’individuazione di sequenze

genetiche complete, capaci a loro volta di codificare per una specifica proteina, sia

per comprendere la fisiologia di un determinato organismo in tessuti e contesti

differenti234

, ed adempiere a funzioni diagnostiche235

.

Le sequenze EST si differenziano in questo senso sia dai geni che codificano per

una specifica proteina, sia da altre sequenze parziali di geni, gli SNP. Queste

ultime sono sequenze parziali a mutazioni individuali, ossia frammenti di DNA

che, inseriti in sequenze genetiche più ampie, permettono la codificazione di una

proteina differente o con nuove proprietà236

. Questa caratteristica degli SNP fa si

che essi possano avere una specifica utilità237

.

Gli EST sono considerati strumenti di ricerca, research tools, ma non la

esauriscono238

; si differenziano allo stesso tempo da quei trovati che, nonostante

233 Un EST possiede in genere 400-600 coppie di basi. Un trascritto, ossia un RNA messaggero, è

mediamente composto da 2000 nucleotidi (un nucleotide corrisponde ad una coppia di base);

perciò un EST contiene una parte solo dell’informazione che serve a codificare una proteina. Solo

raramente, quando il trascritto è molto piccolo, un EST può possedere interamente l’informazione

utile alla sintesi di una proteina. Sull’argomento vedi: AIPPI Report Q 150, British Group,

Patentability Requirements and scope of Protection of Expressed Sequence Tags (ESTs), Single

Nucleotide Polymorphisms (SNPs) and Entire Genomes, in EIPR, 2000, 39, 41: every EST, by its

very nature, encode a protein. 234 Vedi J. H. Barton, United States Law of Genomic and Post-Genomic Patents, in IIC, 2002, 33,

783 ss. 235 Ad esempio, gli EST sono stati importantissimi nella ricerca sulla sindrome della X fragile (la

più comune forma di ritardo mentale). Sequenze EST permisero di scoprire che il difetto genetico

proveniva da ripetizioni multiple della tripletta nucleotidica CGG. Successivamente le ricerche

caratterizzarono il gene e fecero si che fosse possibile costruire un test (oggi enormemente diffuso)

per la diagnosi di questa sindrome. Vedi Intellectual Property Rights and research Tools in

Molecolar Biology. Summary of a Workshop Held at the National Academy of Science, February

15-16, 1996, National Academy Press, Washington, D.C., 1997. 236 Vedi T. Faelli, La tutela delle invenzioni biotecnologiche in Europa: prime valutazioni

d‘insieme, cit., 129. 237 Vedi J. H. Barton, United States Law of Genomic and Post-Genomic Patents, cit., 785, nota 14. 238 La definizione degli EST come research tools è leggermente impropria; questo termine può

infatti indicare una serie di trovati brevettabili con caratteristiche disomogenee. Per

approfondimenti vedi Report Q 150, cit., 41: the British Group considers the term ―research

tools‖ as used in the question to be somewhat misleading […], the term can cover a variety of

different types of patentable subject matter.

75

la funzionalità ad un’ulteriore ricerca, sono provvisti di per sé di una propria

funzione239

.

Non c’è un’espressa esclusione degli EST dalla brevettabilità, né nel diritto

statunitense, né in quello comunitario. Negli USA la brevettazione degli EST è

alquanto diffusa240

, mentre diversamente accade nell’UE, nonostante sia una

pratica astrattamente consentita dalla normativa.

A livello comunitario, come già esaminato, la disciplina brevettuale

biotecnologica contempla una serie eterogenea di trovati attinenti a diverse fasi

della catena ideativa che porta al prodotto immettibile in commercio. L’art. 2 della

Direttiva 98/44 CE statuisce infatti che il materiale biologico brevettabile può

essere un organismo, un microrganismo o una sequenza di DNA. In quest’ultima

categoria sono incluse le sequenze complete come anche quelle parziali di geni. I

differenti tipi di trovati si articolano poi, secondo la disciplina tipica, in invenzioni

di nuovo prodotto, nuovo procedimento e nuovo uso.

Gli articoli 2 e 5.3 della Direttiva 98/44 CE, in relazione alle sequenze parziali,

stabiliscono inoltre alcuni criteri per interpretare i requisiti di brevettabilità,

relativi ad una sequenza o una sequenza parziale di un gene, non distinguendo tra

sequenze in grado di codificare per una proteina e sequenze con sola funzione di

ricerca. La Direttiva rinvia all’accertamento dei requisiti di validità previsti nei

vari Stati membri241

.

239 Vedi J. H. Barton, United States Law of Genomic and Post-Genomic Patents, cit., 781.

L’autore espone il caso di un brevetto di procedimento inerente all’uso di una proteina avente funzione di ricerca. 240Primo caso è stato il celeberrimo Diamond v. Chackrabarty, 447 U.S. 3030 (1980). Da allora la

giurisprudenza della Corte d’Appello per il Federal Circuit (creata nel 1982 dal Congresso) ha

seguito una linea che contempla una concezione espansiva; vi è stata minore rigidità

nell’interpretazione del requisito dell’utility, essendo considerati brevettabili trovati equivalenti a

livelli base della ricerca biomedica. Il Congresso ha adottato, inoltre, una politica di incentivo alla

ricerca tramite fondi pubblici, con apice nel Bayhl-Dole Act (The Government Patent and Policy

Act del 12 Dicembre 1980, Pub. L. No. 96-517, 94 Stat. 3015-28). Le Università sono così

divenute i soggetti maggiormente attivi nella brevettazione di invenzioni sviluppate grazie a fondi

federali. Nel 1997 l’Amministrazione Clinton ha dichiarato che il PTO avrebbe concesso la

brevettazione di EST a ragione della loro utilità in quanto strumenti di ricerca. Il primo brevetto EST fu concesso il 6 ottobre 1998 alla Ineyte Pharmaceuticals Inc. (Human Kinase Homologs,

U.S. patent No. 5,817,479). A fine anno la medesima società chiedeva la concessione di titoli su

sequenze parziali per un totale di 1,2 milioni di sequenze di DNA. 241 Con cui la direttiva si trova in coerenza sistematica; vedi Considerando n. 8. In relazione alle

sequenze parziali di DNA, il Considerando n. 22 statuisce che ai sensi della presente direttiva, il

rilascio di un brevetto per invenzioni aventi ad oggetto tali sequenze o sequenze parziali avviene

76

La possibilità di brevettazione degli EST in UE secondo il modello statunitense

porta con sé numerose critiche. La base della ricerca scientifica appoggia infatti

una linea di libero accesso alle idee ed alle informazioni scientifiche e dipende

quasi interamente dalla conoscenza di geni, proteine e altri strumenti biochimici.

Gli EST si trovano alla base di questa necessità informativa, perciò il rilascio di

brevetti su determinate entità potrebbe far lievitare enormemente i costi della

ricerca. Da una parte aumenterebbero i costi finanziari conseguenti

all’imposizione di prezzi monopolistici sui trovati coperti da brevetto, e dall’altra

accrescerebbero i costi di transazione, non trascurabili in un ambiente di

innovazione estremamente cumulativa242

.

Oltretutto non vanno sottovalutati i già citati problemi interpretativi riguardanti la

brevettabilità di elementi già preesistenti in natura (quali appunto i geni, le

proteine, ecc.).

Un altro profilo rilevante riguarda la possibilità di ritenere l’uso delle sequenze

EST come sonde geniche, dopo l’ottenimento della tutela brevettuale, esentato

dalle norme comunitarie che liberalizzano l’attività di ricerca e sperimentazione

sui brevetti anteriori243

. L’art. 68.1 lett. a) del C.p.i. esclude infatti la

sperimentazione dalla protezione brevettuale; sono sottratte dalla copertura

brevettuale le fattispecie relative agli utilizzi di ricerca aventi ad oggetto

l’invenzione coperta da brevetto, o le ricerche mirate al miglioramento ed al

superamento della stessa invenzione, mentre non lo sono quelle che utilizzano ed

applicano l’invenzione. L’utilizzo generico che si fa normalmente di una sequenza

EST, quindi, non può essere esentato, poiché si tratta di una sperimentazione che

semplicemente usa il trovato brevettato.

E’ comunque in relazione alla presenza dei requisiti brevettuali che si scatenano le

maggiori discussioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di DNA. Da una

parte, come già esaminato, la preesistenza in natura della sequenza non comporta

la sua automatica esclusione dalla brevettabilità, essendo necessaria la verifica di

in base agli stessi criteri di brevettabilità applicati in tutti gli altri campi della tecnologia: novità,

attività inventiva e applicazione industriale. 242 A. Ottolia, Riflessioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di geni EST, in Dir. Ind.,

2005, 464. 243 Per approfondimenti vedi M. Ricolfi, La brevettazione delle invenzioni relative agli organismi

geneticamente modificati, in Dir. Ind., 2003, I, nota 127.

77

una possibile applicazione utile244

; dall’altra, la condizione che l’utilizzo di ricerca

dell’entità EST brevettata non sia coperto dall’esenzione ex art. 68 C.p.i., fa si che

sia doveroso accertare che l’utilità di ricerca, ai fini dell’ottenimento del titolo, sia

immediata e sufficiente245

.

La provenienza delle sequenze parziali da metodiche semi-automatizzate, da

sistemi di archiviazione casuale attuati su larga scala su cloni di DNA

complementare, può creare dubbi sulla presenza dell’originalità. Anche l’uso di

una sequenza parziale come marcatore genomico potrebbe essere considerata

mera applicazione di tecniche già note nella genetica molecolare.

Tuttavia tale considerazione non si ritiene determinante, dovendosi osservare che

l’originalità può esistere anche nel caso in cui vengano utilizzate tecniche

routinarie, quando la conoscenza in questione non fosse fino a quel momento

accessibile a terzi246

.

Forti dilemmi riguardano anche l’utilità delle entità EST. Le sequenze parziali

costituiscono infatti un valido strumento di ricerca247

, ma il loro possesso non

assicura, né permette di prevedere, un’efficace strategia finalizzata all’ottenimento

della sequenza dei geni cui esse appartengono.

Il processo che deriva il completo DNA complementare dalla sequenza EST è

tutt’altro che agevole. Il DNA complementare riproduce l’intera sequenza di RNA

messaggero e la sequenza del gene contiene anche porzioni non necessarie. Il

procedimento di una sequenza EST non permette quindi, di per sé, di ovviare a

questi inconvenienti applicativi, i quali posso durare da un minimo di una

settimana, fino ad un anno ed oltre248

.

La dottrina statunitense ha sostenuto che l’invenzione il cui oggetto consiste in un

EST manca di utility laddove il solo utilizzo indicato nella domanda di EST

consista nell’identificare ulteriori acidi nucleici, a loro volta di sconosciuta

244 Accertamento della sussistenza dei requisiti di novità, originalità, liceità ed industrialità. 245 G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-invenzioni, cit., 137 ss. e nota 93. 246 A. Ottolia, Riflessioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di geni EST, cit., 468. 247 Sull’utilità delle sequenze parziali vedi i commenti manifestati in Intellectual Property Rights

and Research Tools on Molecular Biology Summary of the Workshop held at the National

Academy of Science, 15-16 febbraio 1996, National Academy Press, Washington DC, 1997. 248 Vedi HUGO (the Human Genome Organization), Statement on the Patentability of DNA

Sequences, gennaio 1995; testo reperibile all’indirizzo http://www.hugo-international.org/.

78

utilità249

. Ugualmente si conclude nel caso di uso a scopi diagnostici, in cui

l’utilizzo della sequenza parziale mette in evidenza la malattia o la

predisposizione genetica che determina la produzione di una specifica proteina

difettosa nell’individuo affetto da malattia o geneticamente predisposto ad essa.

La mancanza di utilità deriva dalla condizione per cui la conoscibilità della

malattia sarebbe raggiungibile solamente in seguito ad un’ulteriore ricerca,

condotta usando la sequenza in questione. Questo comporta, conseguentemente,

che negli altri casi l’uso della sequenza parziale soddisfi sufficientemente il

requisito dell’utilità250

.

Nel nostro contesto normativo, ex art. 5.3 della Direttiva 98/44 CE, l’industrialità

dovrebbe essere assicurata dallo scopo di ricerca della sequenza parziale. Parte

della dottrina esclude però la soddisfazione di questo requisito, poiché si tratta,

per le sequenze parziali, di una soluzione che non trova altro uso che nell‘ambito

di ricerche ulteriori251

. E’ tuttavia più incerta l’insoddisfazione del suddetto

requisito nei casi in cui la sequenza EST adempia ad una specifica funzione, per la

ricerca di un gene necessario alla produzione di una proteina in particolare, o dove

vi sia una funzione diagnostica per una malattia individuata252

.

Sono state proposte varie soluzioni, da diversi autori, allo scopo di trovare una

disciplina adeguata a questa tipologia di trovati.

Un primo indirizzo ritiene necessaria l’esclusione dalla brevettabilità delle

sequenze EST per via normativa. L’EST dovrebbe infatti appartenere al pubblico

dominio253

.

Una soluzione del genere risulta però viziata da apriorismo normativo, nonostante

si sviluppi da un presupposto condivisibile. Essa garantisce il libero accesso

all’uso della conoscenza di base tramite normativa, ma non considera che

249C. Caskey, R. Eisenberg, E. Lander and J. Strauss, Hugo Statements on the Patenting of DNA.

Genome Digest, 2:6-9, 1995. 250 Per approfondimenti vedi Guidelines adottate dal U.S. Patent Office il 5 gennaio 2001. Vedi

anche M. Ricolfi, La brevettazione delle invenzioni relative agli organismi geneticamente

modificati, cit., nota 125. 251 M. Ricolfi, La brevettazione delle invenzioni relative agli organismi geneticamente modificati, cit., nota 128. 252 A. Ottolia, Riflessioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di geni EST, cit., 469. Per

approfondimenti sulle varie fattispecie vedi G. Guglielmetti, La brevettazione delle scoperte-

invenzioni, cit.,140 ss. 253 Seguono questa linea R. Eisenberg e A. Rai, The Public and the Private in Biopharmaceutical

Research, 2003. Testo reperibile all’indirizzo http://www.law.duke.edu/pd/papers/raieisen.pdf.

79

l’esclusione della tutela industriale dovrebbe rifarsi all’analisi dei requisiti di

validità richiesti dall’ordinamento. Un’esclusione ex ante, come quella prospettata

sopra, pretende che un simile modello sia a priori quello esatto; questo non solo

non è dimostrabile, ma va ovviamente incontro ai tipici limiti dei modelli

previsionali ex ante, appunto, ed unilaterali in relazione alle scelte di interesse

generale, rispetto invece a modelli fondati su bilanciamenti ex post e decentrati,

come sono quelli generalmente utilizzati dal giudice. Alcuni autori integrano poi

la suddetta proposta tramite la previsione di finanziamenti pubblici, stabiliti ex

ante, preordinati alla sostituzione del mancato incentivo alla ricerca di nuove

sequenze254

.

Un’altra linea interpretativa prende invece le mosse dal modello mercatistico,

facendo convivere la privativa concessa dal brevetto con la possibilità di accesso

al trovato per i terzi. I sostenitori di questa ipotesi promuovono l’introduzione di

una clausola generale che permetta il legittimo uso di alcuni trovati, in situazioni

di utilizzo ragionevole255

. L’utilizzo di una limitazione generale dei diritti del

titolare della privativa possiede il beneficio di delegare al giudice il bilanciamento

tra la privativa stessa e l’utilizzo legittimo del terzo, attraverso un modello

gestionale del pubblico dominio decentrato alla magistratura, che si rende

estremamente interessante in vista di una specializzazione della classe dei

magistrati nel sistema comunitario ed in quello nazionale256

.

Vi sono tuttavia almeno due profili critici. In relazione all’applicabilità di tale

modello alle sequenze EST, è infatti arduo immaginare un utilizzo ragionevole

delle medesime che non sia già conosciuto fra le possibili ipotesi di uso. La

previsione di un rimando giurisprudenziale per creare una casistica di utilizzi

ragionevoli tramite l’interpretazione di una clausola generale è invece giustificata

254 Vedi S. Shavell e T. Van Ypersele, rewards versus Intellectual Property Rights, in Journal of

Law and Economics, 2001, 44, 525. 255 Per O’Rourke l’introduzione di un fair use risolverebbe ben tre problemi: a) il fallimento del

mercato derivante dagli elevati costi di transazione, per cui si deve individuare, contattare e

contrattare con innumerevoli soggetti, tenendo comportamenti strategici. b) il fallimento del

mercato derivante dalla violazione di un brevetto, nel caso in cui un ricercatore verifichi la funzionalità di un’invenzione brevettata. c) la responsabilità di un utilizzatore in caso utilizzi

l’invenzione coperta da brevetto per lo sviluppo di un trovato che non viola nessun brevetto. Vedi

M. A. O’Rourke, Toward a Doctrine of Fair Use in Patent Law, in Colum. Law Rev., 2000, 100,

1177 e ss. 256 Vedi G. Floridia, I requisiti di proteggibilità, in P. Autieri, V. Mangini, G. Olivieri, M Ricolfi,

P. Spada, Diritto Industriale, Proprietà Intellettuale e Concorrenza, Giappichelli, 2001, 258.

80

nel caso in cui le fattispecie siano potenzialmente imprevedibili. Inoltre, un tale

meccanismo non considera la forte divisione esistente tra civil e common law.

Alla luce di queste considerazioni appare difficoltosa la trasposizione di una

soluzione del genere in ordinamenti dell’Europa continentale.

Un’opzione alternativa può essere creata dall’uso della licenza obbligatoria di

dipendenza. Nel nostro ordinamento, questo istituto permette al titolare di

un’invenzione dipendente di avere una licenza non esclusiva dal detentore del

brevetto sull’invenzione principale, quando la prima rappresenti un importante

progresso tecnico di considerevole rilevanza economica, la licenza sia necessaria

a sfruttare l'invenzione, sia corrisposto un adeguato canone e sia concessa,

vicendevolmente, una licenza obbligatoria a condizioni ragionevoli sul brevetto

dell'invenzione dipendente257

.

Vi sono però dei limiti. In primis, l’istituto della licenza obbligatoria,

sottintendendo la presenza di un brevetto dipendente, può essere applicato solo

quando il prodotto biotecnologico debba violare la privativa altrui (riducendo i

costi di transazione orizzontali); non è utilizzabile nella fattispecie del brevetto di

sequenze EST, che riguarda l’aumento dei costi di ricerca di nuove entità

biogenetiche, prima che siano state brevettate (costi di transazione verticali).

Inoltre vi sono limitazioni strutturali dell’istituto stesso, come ad esempio la

macchinosità del procedimento, la non determinatezza delle condizioni che si

richiedono e l’aleatorietà dell’individuazione del canone da corrispondere258

.

Sono quindi presenti, nel panorama biotecnologico, sia esigenze di interessi di

prospettiva, e di conseguenza il rischio che si riduca la concorrenza nel mercato

dei miglioramenti, sia il pericolo che i costi di transazione aumentino in seguito

alla frammentazione dei diritti di esclusiva.

La scelta tra l’innalzamento o l’abbassamento delle barriere di accesso al brevetto

e della restrizione o dell’ampliamento dell’area di esclusiva appartenente al

titolare della privativa, dipende dai più svariati fattori: comportamenti strategici,

collaborazione e condivisione dei soggetti interessati, ecc. .

257 Art. 71 C.p.i. Vedi anche art. 12 Direttiva 98/44 CE. 258 F. Leonini, Il ruolo del brevetto nella ricerca biotecnologica, in Studi in onore di Adriano

Vanzetti, Giuffrè, 2004, 825.

81

Il mercato delle sequenze parziali di DNA sembra però poter superare le

dicotomie evidenziate in virtù della sua omogeneità. L’EST infatti può creare

problemi di innovazione cumulativa (verticalmente), ma contemporaneamente

non ha apprezzabili interessi di prospettiva (come invece hanno generalmente i

trovati biotecnologici). Essendo l’EST un prodotto poco evolutivo, l’incertezza

viene quindi trasferita all’utilizzatore del trovato. Non sono inoltre presenti i

caratteri di innovazione rilevanti che giustificherebbero la concessione di una

privativa forte.

Queste caratteristiche fanno si che, in caso di incertezza interpretativa, si adotti

una costruzione giuridica mirata, da una parte, ad innalzare i requisiti di accesso

alla tutela della privativa, dando importanza alla selettività dei requisiti brevettuali

di validità, e dall’altra, a circoscrivere l’ambito di tutela alle sole funzioni indicate

nella domanda di brevetto259

.

2.4.3. La brevettabilità di kit diagnostici e vaccini

Quesiti analoghi ai precedenti si pongono per la brevettazione della decodifica di

un virus allo scopo della produzione di un kit diagnostico o di un vaccino.

Nelle ricerche su patologie virali, sia la preparazione di un prodotto in grado di

segnalare la presenza del virus (quindi realizzare un kit diagnostico) sia

l’allestimento di un vaccino non sono effettuabili se non si conosce la struttura del

virus. Nel momento in cui il virus viene però decodificato esse possono essere

realizzate tramite tecniche routinarie.

L’ambito della creazione di kit e vaccini ha in questo senso molte analogie con il

citato problema della brevettazione della decodifica di geni o frammenti di geni

funzionali alla produzione di una determinata proteina.

Un caso particolarmente complesso è stato quello della terapia per l’epatite C.

Questo genere di epatite post-trasfusionale, con effetti pericolosissimi, fu

identificato dal 1975 come epatite non A non B; a fine anni Settanta le epatiti

post-transfusione rappresentavano tra il 7% ed il 30% della totalità delle epatiti, e

259 A. Ottolia, Riflessioni sulla brevettabilità delle sequenze parziali di geni EST, cit., 481.

82

tra di esse una parte tra il 71% ed il 100% poteva essere attribuita proprio al tipo

non A non B.

Si riteneva ovvio che l’identificazione dell’agente patogeno e la creazione di una

metodica idonea all’identificazione del sangue infetto avrebbero conseguito

un’importante remunerazione economica. Per questo, negli anni Ottanta, numerosi

gruppi di ricerca in tutto il mondo tentarono di identificare l’agente responsabile

dell’epatite non A non B.

In seguito all’accertamento dell’ipotesi che l’agente patogeno fosse un’entità di

tipo virus, si ritenne che esso poteva essere trasmesso agli scimpanzé. Il fatto che

l’agente fosse un virus accreditava la teoria che, negli individui infetti, sarebbero

stati prodotti anticorpi. Non si poteva escludere che essi fossero presenti nel

fegato, nel sangue o nel plasma; si poteva però pensare che la loro concentrazione

fosse troppo bassa per individuare il virus attraverso le tradizionali metodiche di

microscopia elettronica o lo si potesse moltiplicare tramite colture cellulari260

.

Chiron Corporation creò nel 1982 un gruppo di lavoro apposito, diretto dal

biologo molecolare Micheal Houghton, con la collaborazione del dr. Weiner e del

dr. George Kuo. Il gruppo era inoltre in contatto con il dr. Dan Bradley, direttore

di un gruppo di lavoro del Center for Disease Control di Atlanta, che aveva

sviluppato una notevole esperienza nello studio di una colonia di scimpanzé

infetti, ed interagiva con numerosi ricercatori esterni studiosi dell’epatite non A

non B.

In base ai dati clinici si ipotizzo un andamento ciclico della concentrazione del

virus negli individui infetti, con ricorrenze periodiche di importanti picchi. La

chiave di volta fu individuare di una fase di picco, raccogliere una quantità

importante di materiale biologico con presenza (presumibile) dell’agente infettivo

in una concentrazione abbastanza elevata, ed effettuare una clonazione molecolare

che permettesse la moltiplicazione del virus261

. La quantità del virus venne così

aumentata e fu più agevole isolarlo e decodificare il suo genoma.

260 V. Di Cataldo, Studi in onore di Adriano Vanzetti, cit., 493. 261 V. Di Cataldo, Studi in onore di Adriano Vanzetti, cit., 494.

83

Tramite tecniche note fu possibile quindi formare un antigene e costruire un kit

immunodiagnostico262

. Il 18 novembre 1987 Chiron fece domanda di brevetto

negli Stati Uniti (ed in seguito in altri Stati), ottenendo il titolo263

.

La vicenda sopra sintetizzata si è in realtà prolungata per un ventennio, occupando

decine di scienziati di primo piano a livello globale e richiedendo finanziamenti di

svariati milioni di dollari; ha però anche apportato all’umanità benefici

incommensurabili.

La creazione di un kit diagnostico e di un vaccino rappresentano, di per sé,

invenzioni astrattamente brevettabili, sia in quanto invenzioni di prodotto (quando

il vaccino o il kit sono prodotti nuovi ed originali) sia in quanto invenzioni di

procedimento (quando si giunge al kit o al vaccino tramite una metodica nuova ed

originale).

In questo caso però, una volta che si è identificato il genoma del virus, è stato

possibile costruire il kit usando metodiche note. In concreto quindi l’invenzione

del kit, o del suo procedimento di realizzazione, mancava certamente dei due

requisiti di novità ed originalità.

In situazioni del genere l’unica possibilità concreta di attribuzione di brevetto

all’autore sta nel considerare la stessa struttura del virus come invenzione

brevettabile, essendo la sola operazione che necessità di “attività inventiva”.

Il linguaggio comune qualifica questa acquisizione come scoperta, quindi non

brevettabile. Nel caso di specie, tuttavia, si è considerata ammissibile la

262 La creazione di un vaccino è ostacolata dal fatto che si sia in presenza di un virus rapidamente

mutante. 263 Questo brevetto è stato oggetto di varie vertenze in numerosi Stati. Un’importante decisione

britannica del 5 ottobre 1993, resa dalla Patent Court, Giudice Aldous (Chiron Corp. et al. v.

Organon Teknika Ltd. et al. [No. 3], Chiron Corp. et al. v. Murex Diagnostics Ltd [No. 3], 1994,

F.S.R. 202), sottolinea la non evidenza dell’invenzione di Chiron, e a tal scopo ripercorre la storia

dei tentativi fatti, a livello mondiale, per identificare il virus e l’ambiente di ricerca in cui crebbe

l’invenzione.

In Italia il Tribunale di Milano si è pronunciato in sede cautelare il 10 febbraio 1997, in Giur. Ann.

Dir. Ind., 1997, n. 3650, e in Dir. Ind., 1997, 285. Sul reclamo avverso il provvedimento del

Giudice designato, Trib. Milano, 22 marzo 1997, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1997, n. 3654, e in Riv.

Dir. Ind., 1998, II, 302. Il giudizio di merito in primo grado è stato definito da Trib. Milano, 11

novembre 1999, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1999, n. 4030; in Riv. Dir. Priv., 2000, 393, con atti di parte; in Riv. Dir. Ind., 2000, II, 342; in Dir. Ind., 2000, 393. Un concorrente di Chiron aveva

avviato il giudizio, agendo per la dichiarazione di nullità della frazione italiana del brevetto

europeo della suddetta azienda. Sosteneva, da un lato, che la paternità dell’invenzione fosse da

attribuire a Chiron ed al dr. Bradley congiuntamente, e dall’altro, che il brevetto fosse nullo dal

momento che tutelerebbe una mera scoperta e non un’invenzione. Il Tribunale, nella sentenza

citata, ha ritenuto il brevetto valido ed appartenente a Chiron.

84

brevettabilità della scoperta, poiché essa era in possesso di un’immediata

applicazione industriale, alla quale era appunto limitata l’estensione del titolo. La

scoperta è stata considerata brevettabile, ma solamente in funzione della

realizzazione di quello specifico metodo e di quello specifico strumento di

diagnosi.

La soluzione adottata in questo caso può risolvere un’esigenza concreta. Il sistema

brevettuale può infatti venire usato come mezzo di remunerazione ed

incentivazione alla ricerca anche nel settore biotecnologico, quando ci si trovi

davanti a problemi la cui risoluzione migliora decisamente la qualità della vita, e

nei quali il momento fondamentale è proprio quello della scoperta (quindi della

decodificazione del virus).

La brevettazione è poi possibile, in concreto, poiché la presenza della novità e

dell’originalità va accertata in rapporto all’invenzione, che nel caso di specie è la

scoperta (individuazione del virus).

Il rischio della concessione di uno spazio di esclusiva superiore all’apporto donato

dall’inventore al patrimonio collettivo è controllato dalla copertura del brevetto

solo in funzione della specifica applicazione descritta e rivendicata

dell’invenzione.

85

Capitolo 3: IL CASO MYRIAD GENETICS

3.1. Premessa

Si stima che siano duemila i geni protetti da brevetto, circa il 20% del genoma

umano; ma sono in realtà molti di più, intorno ai quarantamila, i brevetti

concernenti i geni, poiché alcuni di essi riguardano un medesimo gene264

.

Dal 1981 al 1995 i brevetti concessi, a livello mondiale, su sequenze di DNA sono

stati 1175; solo il 17% di essi era di proprietà di enti pubblici. Nel 1996 sono stati

richiesti, tenendo conto di quelli non ancora concessi, 6105 brevetti. La richiesta

di brevetti ha superato i tre milioni ad inizio 2001; la sola Celera Genomics ne ha

domandati 6500 nel 1999265

. L’azienda statunitense, fondata nel 1998 da Craig

Venter, si occupa di diagnostica molecolare ed è famosa per il Progetto Genoma

Umano, preordinato a sequenziare i tre miliardi di basi che

compongono il genoma umano, dal punto di vista sia fisico che funzionale.

Contemporaneamente all’iniziativa di Celera Genomics, Francis Collins era alla

direzione del progetto internazionale Human Genome Project, avviato nel 1990 in

diciotto Paesi e coordinato dal National Institute of Health e dal Department of

Energy statunitensi266

.

Craig Venter ha annunciato il 7 aprile 2000 l’avvenuto sequenziamento del

genoma.

La mappatura del genoma umano è stata resa possibile da un lavoro tecnologico

effettuato attraverso velocissimi computer. Il sequenziamento delle basi è però

solo un punto di partenza, dal quale sarà possibile scoprire nuovi geni e collocarli

nel DNA.

In parallelo al HGP molti ricercatori hanno poi iniziato ad identificare geni singoli

che sono collegati a delle malattie, quali ad esempio la distrofia muscolare o la

264 D. Lombardini, La libertà dei geni, ne Il manifesto, 21 maggio 2010. 265 E. Capuano, Bioinformatica, in ECplanet, 2009. 266 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 48.

86

fibrosi cistica267

. La parte difficile sta nell’ordinare e interpretare tutti i dati che

vengono raccolti268

.

Un tentativo interessante è quello del National Institute of Allergy and Infectious

Diseases (NIAID), il quale porta avanti un progetto che si propone di rendere

disponibili on-line tutti i dati esistenti concernenti il DNA delle cellule cancerose.

I ricercatori partecipanti sono obbligati ad inserire i risultati che provengono dai

vari sequenziamenti entro un giorno dalla scoperta; essi vengono posizionati in un

data base con libero accesso. In seguito all’inserimento dei dati possono ottenersi

vari tipi di informazione, ad esempio se la sequenza individuata nell’uomo si

trova anche in altri animali, e con quale tasso di omologia269

.

E’ in questo panorama che si inserisce l’interessante caso di Myriad Genetics.

3.2. BRCA1 e BRCA2. I brevetti di Myriad Genetics

Nei primi anni novanta, in base a studi condotti su famiglie in cui donne di

giovane età erano state colpite da tumore al seno e/o tumori all'ovaio, sono stati

identificati due geni, BRCA1 e BRCA2 (BReast CAncer 1 e 2)270

.

Nelle donne malate appartenenti a queste famiglie era presente una mutazione

ereditaria di BRCA1 o BRCA2; non era riscontrabile invece nelle donne sane. Ciò

ha consentito di sostenere che donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA ed

appartenenti a quel tipo di famiglie sono ad alto rischio di sviluppare un tumore al

seno (considerando un arco di vita che giunge fino ai 70 anni, la probabilità è

circa dell'80%. Non vi è però alcuna informazione certa su quando la malattia si

267 A. Pizzoferrato, Brevetto per invenzione e biotecnologie, cit., 49. 268 E. Capuano, Bioinformatica, in ECplanet, 2009. 269 E. Capuano, Bioinformatica, in ECplanet, 2009. 270 BRCA1 - Test di predisposizione genetica allo sviluppo del carcinoma della mammella ed

ovarico, analisi di mutazione dei geni BRCA1 BRCA2 mediante sequenziamento automatico

diretto (http://www.laboratoriogenoma.it): BRCA1 e BRCA2 sono geni onco-soppressori

localizzati rispettivamente sul cromosoma 17 e sul cromosoma 13. Nelle persone predisposte

geneticamente, la perdita della funzione di gene onco-soppressore è dovuta a eventi mutazionali ricorrenti a livello del citato gene, con conseguente produzione di una proteina anormale. Il gene

BRCA1 comprende 24 esoni ed ha una dimensione di circa 5,6 Kb, mentre il gene BRCA2

comprende 27 esoni ed ha una dimensione di circa 10 Kb L‘analisi di centinaia di soggetti di

diverse etnie con una storia familiare di tumore mammario od ovarico ha evidenziato la presenza

di oltre 150 differenti mutazioni a livello di questo gene, la maggior parte delle quali producono

una proteina tronca.

87

potrebbe sviluppare) e all'ovaio (considerando un arco di vita che giunge fino ai

70 anni, la probabilità è circa del 40-60%. Il rischio aumenta dai 40 anni in poi)

271.

Questi studi hanno permesso la creazione di test genetici, capaci di identificare

alterazioni ereditarie nei suddetti geni, per finalità cliniche.

L’isolamento dei geni responsabili della suscettibilità ereditaria ai tumori consente

di identificare i portatori di tale suscettibilità attraverso l’esecuzione di analisi

molecolari mirate.

L’analisi molecolare è fondamentale per la diagnosi presintomatica dei soggetti

portatori di un rischio genetico per tumore. Infatti, quando si è identificata la

mutazione in un soggetto affetto, è poi possibile verificare la presenza della stessa

alterazione negli altri componenti della famiglia, identificando i portatori della

mutazione, ad alto rischio di sviluppare un tumore, e i non portatori, con un

rischio di ammalarsi pari a quello della popolazione generale (c.d. test

predittivi)272

.

L’analisi di mutazione del DNA è effettuata provocando una reazione enzimatica

di amplificazione del DNA273

, che permette di amplificare in vitro una

determinata regione della molecola, copiandola in varie tappe, finché non se ne

ottengono milioni di copie. Viene così amplificata la regione codificante completa

e parte della regione intronica per ciascun esone del gene.

In seguito, i prodotti di PCR così ottenuti vengono sequenziati attraverso un

sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente.

La sequenza di ciascun esone viene confermata mediante il sequenziamento del

filamento opposto, e successivamente viene condotta l'analisi comparativa delle

due sequenze con una sequenza di riferimento priva di mutazioni BRCA

(sequenza wilde type) per accertare l'eventuale presenza di mutazione. Questi test

permettono quindi di accertare la probabilità di sviluppare la malattia dei singoli

271 Ambulatorio di Consulenza Genetica, IST-Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, Test genetico BRCA1 e BRCA2, 2002, 1.

Testo reperibile all’indirizzo: http://www.istge.it/dip_epp/ce_tu/info_brca.pdf. 272 L‘Analisi delle Mutazioni BRCA1 e BRCA2 per i test genetici dei tumori mammari. La

procedura messa a punto presso il Campus IFOM-IEO. Testo disponibile all’indirizzo:

http://www.ifom-ieo-campus.it. 273 Conosciuta come Polymerase Chain Reaction (PCR).

88

soggetti, e anche di individuare coloro che avranno un reale beneficio dai

programmi di prevenzione, ampliando l'efficacia di questi ultimi.

Nel 1991 nasce, all’interno dell'Università dello Utah, la multinazionale privata

Myriad Genetics274

.

In breve, la Utah University Research Foundation e Myriad Genetics ottengono il

brevetto sulla sequenza del gene BRCA1 ed in seguito quello sulla sequenza del

gene BRCA2. I fatti non sono stati però così lineari.

Il citato brevetto sul gene BRCA1, ottenuto nel 1994, è frutto di una ricerca

condotta in numerosi paesi, dal 1980 in poi, con una spesa di oltre ventidue

milioni di dollari. Il team di Myriad Genetics comprende collaboratori provenienti

dall’Università dello Utah, dal National Institute of Environmental Health

Sciences, dalla McGill University e dalla multinazionale farmaceutica Eli Lilly.

L’azienda è stata inoltre sovvenzionata dal National Institutes of Health e dal

National Cancer Institute of Canada 275

.

Nemmeno la paternità del brevetto sul gene BRCA2 appartiene esattamente

all’azienda statunitense. Myriad Genetics, infatti, ha presentato domanda di

brevetto poche ore prima che la scoperta del suddetto gene fosse pubblicata sulla

rivista Nature dai ricercatori del Sanger Centre di Cambridge, nel 1995. Il

professor Michael Stratton e il dottor Richard Wooster, dell'Institute of Cancer

Research276

, che avevano potuto lavorare sul brevetto grazie alla concessione

dell’università di Cambridge e alla successiva collaborazione con il Sanger

Center, ancora ne rivendicano la primogenitura.

Nel novembre del 1996 l’USPTO ha poi concesso a Myriad Genetics la tutela per

il test combinato, BRACAnalysis277

. Quest’ultimo non è altro che un test

molecolare che valuta il rischio di sviluppo del cancro del seno e dell’ovaio, in

base all’individuazione di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2.

274 Fondata da Walter Gilbert, vincitore del premio nobel per il suo lavoro sul sequenziamento

dell’acido nucleico, e da Mark Skolnick, un genetista cha ha lavorato per tutta la sua carriera sulle

familial characteristics del cancro. 275 Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum Swinging

Back, in New England Journal of Medicine, 2010, 1856. 276 From its foundation in 1909 as a small research department of the Royal Marsden Hospital, in

London, the ICR has grown to become one of the world’s foremost independent cancer research

organizations. http://www.icr.ac.uk. 277 Per approfondimenti vedi la pagina della multinazionale: http://www.bracnow.com/.

89

In totale i brevetti nordamericani di Myriad Genetics riguardanti il caso BRCA

sono ventitre. In essi sono contenute quindici differenti restrizioni, tra cui le più

importanti concernono il metodo utilizzato per evidenziare l’alterazione, l’analisi

della sequenza, il processo per identificare le mutazioni, ed anche la molecola

stessa di DNA isolata278

.

Nel maggio del 2001 Myriad Genetics ottiene poi dall’EPO il brevetto numero

0699754: Method for Diagnosing a Predisposition for Breast and Ovarian

Cancer, using the BRCA1 and BRCA2 genes, e con esso il diritto esclusivo

allo sviluppo di prodotti medicinali a scopo terapeutico e diagnostico279

.

Delle sequenze in questione e del test genetico Myriad Genetics ha avuto il pieno

ed esclusivo diritto di sfruttamento, nonostante, come osservato, l’individuazione

e la caratterizzazione dei geni e delle mutazioni siano state ottenute in

collaborazione con numerosi istituti, sia pubblici che privati, ed in parte attraverso

finanziamenti governativi.

Poiché il brevetto di Myriad riguardava nel senso più ampio possibile il gene

BRCA1 e le sue forme mutate, alcuni istituti francesi ed enti nazionali per la

ricerca genetica umana hanno presentato obiezioni all’estensione del suddetto

brevetto, riferendosi alla normativa della Convenzione sul brevetto europeo280

. Di

conseguenza, nel maggio 2004 l’EPO ha revocato il primo brevetto rilasciato281

282. Nel gennaio del 2005 è stata poi notevolmente limitata la protezione derivante

dal secondo e terzo brevetto (EP0705902 e EP0705903) per il motivo che i

brevetti in questione non sono conformi alla convenzione sul brevetto europeo

278 Intervista a Debra Greenfield, avvocato, giurista e professore di bioetica presso l’Università

della California a Los Angeles. La Greenfield fa parte del pool di consulenti richiesto dal tribunale

che si occupa del caso AMP (Association of Molecular Pathology), Aclu (American Civil Liberties

Union), Public Patent Foundation and others v. Myriad Genetics and UTAH University Research

Foundation. Intervista pubblicata ne Il manifesto del 23 marzo 2010. 279 Dal comunicato stampa di Myriad Genetics, Salt Lake City, May 15, 2001: Myriad Genetics,

Inc. (Nasdaq: MYGN) announced today that it has received eight foreign patents covering the

BRCA1 and BRCA2 breast and ovarian cancer genes and their use in the development of

therapeutic and predictive medicine products. The European Patent Organization awarded

Myriad patent number 0699754 for a "Method for Diagnosing a Predisposition for Breast and

Ovarian Cancer", using the BRCA1 and BRCA2 genes. Four Canadian patents, numbers 2,196,790, 2,196,795, 2,196,797 and 2,239,733 have been awarded to Myriad, as have two

Australian patents, numbered 686004 and 691958, and New Zealand patent number 326525,

covering the BRCA genes. 280 M. Giacca, C.A. Gobbato, Salute e società, Franco Angeli, 2011, 197. 281 Trattasi del brevetto EP0699754. 282 Contro la prima decisione dell’EPO è stato presentato un ricorso (T 80/05-338).

90

(EPC), non rispettando in particolare il criterio della novità283

. Le cliniche e i

servizi sanitari nazionali dei paesi europei non avevano comunque mai pagato

royalties alla Myriad Genetics per l’utilizzo del test, a testimonianza della

confusione presente anche a livello legale. Sempre nel 2004, la titolarità del

brevetto su BRCA2 è passata in capo alla sola Università di Salt Lake City, che la

ha a sua volta ceduta al Cancer Research, associazione inglese specializzata nella

ricerca, la quale ha annunciato di voler rendere disponibili a tutti le analisi sul

gene, senza scopo di lucro.

Infine, nel 2008, il Board of Appeal dell’EPO ha adottato una decisione in base

alla quale è riconosciuta la validità del brevetto su BRCA1, poiché Myriad

Genetics ha limitato le richieste sul campo di applicazione ai metodi diagnostici

per il riconoscimento della predisposizione al cancro al seno e all’ovaio,

provocato da mutazioni che modificano la cornice di lettura del gene BRCA1.

Sono state eliminate le rivendicazioni sul gene e sulle sue mutazioni284

.

Nell’anno 2009 lo sfruttamento commerciale di BRACAnalysis ha prodotto la

maggior parte del ricavato di Myriad Genetics nel campo dell’analisi molecolare,

che arriva a raggiunge i 326 milioni di dollari.

Il prezzo del test, inizialmente fissato a 1600 dollari (nel 1996), è ora quasi

raddoppiato, arrivando a costarne circa 3150. A causa del costo elevato, il test è

inaccessibile per molte pazienti, in particolare in un sistema sanitario a

maggioranza privato, quale è quello statunitense285

.

In una nota della società si legge che la maggior parte delle assicurazioni copre

più del 90% dei test che vengono effettuati286

, ma il numero dei test richiesti è

comunque in calo, sia per via del costo, sia per via dell’incertezza sull’eventuale

copertura assicurativa287

.

283 Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, Sviluppi e implicazioni del

diritto dei brevetti nel settore della biotecnologia e dell‘ingegneria genetica, Bruxelles, 14 luglio

2005. 284 A. Stazi, Sequenza del Dna, la ricerca si scontra sul brevetto, 2011. Testo reperibile all’indirizzo http://www.dimt.it/Biotecnologie-StaziDNA.html. 285 Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum Swinging

Back, cit., 1857. 286 www.bracnow.com. 287 Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum Swinging

Back, cit., 2010, 1857.

91

Il brevetto in questione non permette agli altri imprenditori di eseguire test più

economici, se basati sugli stessi geni, anche se utilizzano tecnologie diverse;

tantomeno possono essere commercializzati test più specifici.

Linea del tempo dei più importanti avvenimenti riguardanti i brevetti sul DNA

(sopra) e la scoperta e l’uso dei geni che predispongono al cancro al seno e

all’ovaio (sotto). [NIH rappresenta il National Institutes of Health].288

288 Da: Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum

Swinging Back, cit., 1856.

92

3.3. L’opposizione di ACLU e Public Patent Foundation

Il 12 maggio del 2009 l’American Civil Liberties Union (ACLU) e la Public

Patent Foundation hanno intentato una causa contro lo U.S. Patent and

Trademark Office (USPTO), Myriad Genetics e la UTAH University of Utah

Research Foundation, detentori (questi ultimi due) dei brevetti sui geni BRCA1 e

BRCA2.

La causa (Association for Molecular Pathology (AMP), et al. v. U.S. Patent and

Trademark Office, et al.), si legge in una nota dell’associazione, è stata intentata

anche a nome di ricercatori, consulenti genetici, pazienti donne, pazienti

sopravvissuti al cancro, gruppi di salute femminili e associazioni scientifiche che

rappresentano 150,000 genetisti, patologi e laboratori professionali289

.

L’accusa è che i brevetti ottenuti da Myriad Genetics e University of Utah

Research Foundation sull’esclusivo sfruttamento di BRCA1 e BRCA2 siano

incostituzionali ed invalidi. Secondo ACLU e gli altri querelanti, infatti, questi

brevetti soffocherebbero lo sviluppo e la ricerca su test diagnostici, concernenti i

geni in questione, che potrebbero portare a nuove cure290

, poiché Myriad

Genetics, oltre a poter imporre i suoi brevetti, possiede anche i diritti sulle future

mutazioni eventualmente scoperte su BRCA2291

. I brevetti in questione

limiterebbero inoltre il diritto di scelta delle donne per quanto riguarda

l’assistenza medica292

, in violazione del Primo Emendamento della Costituzione

statunitense293

; Myriad Genetics, infatti, consente l’utilizzo dei test nella

sperimentazione, ma non permette ai ricercatori di comunicare poi i risultati alle

pazienti294

. Secondo i querelanti, inoltre, i brevetti sui geni sarebbero illegali

289

ACLU Challenges Patents On Breast Cancer Genes: BRCA, in http://www.aclu.org. 290 Da ACLU Challenges Patents On Breast Cancer Genes: BRCA, in http://www.aclu.org: “A

gene patent holder has the right to prevent anyone from studying, testing or even looking at a

gene. As a result, scientific research and genetic testing has been delayed, limited or even shut

down due to concerns about gene patents‖. 291 ACLU and PubPat challenge patents on breast cancer genes: Gene Patents Stifle Patient

Access To Medical Care And Critical Research, in http://www.pubpat.org. 292 ACLU Challenges Patents On Breast Cancer Genes: BRCA, in http://www.aclu.org. 293 A. Stazi, Sequenza del Dna, la ricerca si scontra sul brevetto, cit. 294 Da Association for Molecular Pathology (AMP), et al. v. U.S. Patent and Trademark Office, et

al, reperibile all’indirizzo http://docs.justia.com: “Plaintiff Wendy Chung, M.D., Ph.D. ("Dr.

Chung"), is the Herbert Irving Professor of Pediatrics and Medicine in the Division of Molecular

93

secondo il diritto brevettuale, poiché i geni sono products of nature295

e

conseguentemente non tutelabili dalla privativa296

.

Il 29 marzo 2010 il giudice Robert W. Sweet, della U.S. District Court for the

Southern District of New York, ha sancito che, alla luce delle leggi statunitensi, i

brevetti concessi riguardo a BRCA1 e BRCA2 sono invalidi. Myriad Genetics

sosteneva che i geni in questione erano diversi da quelli naturali, poiché isolati dal

resto dell’organismo e depurati, e citava a sostegno della propria tesi alcuni

brevetti concessi all’inizio del Novecento, in particolare uno relativo

all’adrenalina depurata297

. Il giudice Sweet ha però obbiettato, basandosi su altri

casi in cui il brevetto era stato negato, che la sola depurazione di un prodotto

naturale non può trasformarlo in oggetto brevettabile. Egli ha notato come il

giudizio sul caso fosse dipendente dalla condizione che i brevetti tutelano DNA

isolato, e dalla premessa che al DNA dovrebbe essere riservato lo stesso

trattamento utilizzato per i composti chimici resi brevettabili dalla purificazione e

dall’estrazione che li rendono sostanze distintamente diverse in carattere298

. Ha

poi osservato che, dal momento che “il DNA rappresenta l’incarnazione fisica

dell’informazione biologica, differente nelle sue caratteristiche essenziali da ogni

altro tipo di informazione chimica presente in natura [..], allora la sua esistenza in

Genetics at Columbia University and is the Director of Clinical Genetics and Director of Clinical

Oncogenetics. She is also a member of ACMG. Dr. Chung is a human geneticist whose current

research includes research on the BRCA genes, for which she has received grants of over $1 million. Dr. Chung is a co- investigator of the Breast Cancer Family Registry, funded by the

National Cancer Institute of the National Institute of Health. The goal of the Registry is to collect

and study families with multiple cases of breast and/or ovarian cancer and to study genetic and

environmental factors influencing cancer susceptibility and clinical outcomes. As part of her

research, Dr. Chung's lab sequences human genes, including the BRCA1/2 genes of research

subjects to determine whether there exist alterations in the gene sequences and investigate their

clinical significance. Because of the patents-in-suit, Dr. Chung does not tell the research subjects

in her studies the results of the analysis of their BRCA genes‖. 295 Patent Act, 35 U.S.C. 5 101 (1952), Article I, Section 8, Clause 8 of the United States

Constitution; First Emendament. 296 ACLU and PubPat challenge patents on breast cancer genes: Gene Patents Stifle Patient Access To Medical Care And Critical Research, in http://www.pubpat.org. 297 Giuseppe O. Longo, Brevetto di geni umani. Uno stop dall'America, in Avvenire del 22 aprile

2010. Testo reperibile all’indirizzo: http://www.avvenire.it. 298 Da Association for Molecular Pathology (AMP), et al. v. U.S. Patent and Trademark Office, et

al, reperibile all’indirizzo http://docs.justia.com: ―into something distinctly different in

character‖.

94

quanto forma isolata non altera né questa qualità fondamentale del DNA come

esiste all’interno di un corpo, né l’informazione da essa codificata”299

.

Nel test BRACAnalysis l’azione che si richiede ai clinici è una lettura del dato

reale (mutazioni di BRCA1 e BRCA2) ed in seguito una comparazione con altri

dati reali di riferimento. Poiché non viene modificato il materiale di partenza e

non si introducono elementi di novità300

, il giudice Sweet ha concluso che i

brevetti finalizzati a tutelare DNA isolato codificante per sequenze presenti in

natura non sono validi.

Myriad Genetics e l’Università dello Utah hanno proposto appello contro la

sentenza di cui sopra, davanti alla Corte d’Appello del Circuito Federale.

Il 29 ottobre 2010 il Dipartimento di Giustizia Usa (DoJ) si è espresso con un

rilevante amicus brief (un parere non formalmente vincolante) in materia. Le

questioni presentate erano due: se le molecole di DNA manipolate, come il DNA

complementare, siano sottoponibili a brevetto secondo il 35 U.S.C. § 101; e se il

DNA isolato, ma non modificato, sia sottoponibile a brevetto secondo la sezione

101 della disciplina brevettuale statunitense.

Secondo la nota del DoJ, non potrebbe essere brevettata la pura identificazione di

sequenze di DNA all’interno del genoma “senza alcuna alterazione o

manipolazione successiva”301

, poiché “la struttura chimica dei geni umani è un

prodotto della natura”302

. Se si consentisse di brevettarle, equivarrebbe a

299 S. Camporesi, Brevetti della Myriad Genetics sui geni BRCA1 e BRCA2 giudicati invalidi, da

Scienza e Democrazia del 31 marzo 2010. Testo reperibile all’indirizzo

http://scienzaedemocrazia.blogspot.com. 300 Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum Swinging

Back, cit.: “Judge Sweet also rejected Myriad‘s patent claims relating to the use of these DNA

sequences in evaluating a patient‘s susceptibility to cancer. Building on the principles outlined in

a 2008 federal appeals court decision, In ―re Bilski‖, he found these claims to be inappropriate

subject matter for a process patent because they related to ―abstract mental processes‖ of

―analyzing‖ or ―comparing‖ and did not involve a transformative step in which matter was

turned into a different state or thing. That is, the patented method consisted only of comparing the nucleotide sequence in a test sample to the reference sequence‖. 301 Brief for the United States as amicus curiae in support of neither party, No. 2010-1406, 10.

Testo reperibile all’indirizzo: http://www.ama-assn.org: ―Genomic DNA that has merely been

isolated from the human body, without further alteration or manipulation, is not patent-eligible‖. 302 Brief for the United States as amicus curiae in support of neither party, cit., 11.: “The chemical

structure of native human genes is a product of nature‖.

95

concedere un brevetto “sulle fibre di cotone che siano state separate dai semi o sul

carbone che sia stato estratto dalla terra”303

.304

E’ stata invece riaffermata la brevettabilità delle sequenze di DNA manipolate,

quali il DNA complementare. Secondo il parere infatti, la Corte Distrettuale ha

erroneamente messo in dubbio la validità di brevetti riguardanti un grande numero

di manufatti il cui valore deriva dalla capacità di trasportare informazione del

DNA. DNA, vettori, plasmidi ricombinati, proteine chimeriche, prodotti

industriali, vaccini, raccolti geneticamente modificati, e qualsiasi altro prodotto

che sia creato con l'aiuto di tali molecole, è totalmente frutto dell’ inventiva

umana e quindi meritevole di protezione brevettuale305

.

3.4. Verso un cambio di direzione?

La decisione del giudice Sweet appare come una vera rivoluzione nel campo

biotecnologico, ma i suoi effetti legali sono molto limitati.

Il giudice di un diverso distretto federale sarebbe libero di raggiungere la

decisione opposta, e legalmente le cose non cambieranno finché non sarà il

Circuito Federale ad esprimersi. Un’opinione di quest’ultimo, in accordo con la

decisione del giudice Sweet, vincolerebbe infatti tutti gli altri tribunali, tranne la

Corte Suprema.306

Nell’amicus brief del DoJ si è riconosciuto che la decisione è un reale cambio di

rotta rispetto all’atteggiamento tenuto fino ad ora e si trova in netto contrasto con

decadi di prassi di molte strutture pubbliche, come lo

303 Brief for the United States as amicus curiae in support of neither party, cit., 11.: “It is no less a

product of nature when that structure is ―isolated‖ from its natural environment than are cotton

fibers that have been separated from cotton seeds or coal that has been extracted from the earth “. 304 A. Stazi, Sequenza del Dna, la ricerca si scontra sul brevetto, cit. 305 Brief for the United States as amicus curiae in support of neither party, cit., 14.: “The district

court was clearly mistaken in invalidating the challenged composition claims, such as claim 2 of

the ‗282 patent, that are limited to cDNAs [..] molecules that are engineered by humans, including cDNAs, vectors, recombinant plasmids, chimeric proteins, and similar fruits of the manipulation of

genetic material, will almost invariably be patent-eligible subject matter. These molecules

generally do not occur in nature, but are instead the synthetic results of scientists‘ manipulation of

the natural laws of genetics‖. 306 S. Camporesi, Caso dei brevetti Myriad Genetics: la storia non è finita, in Scienza e

Democrazia, 1 aprile 2010.

96

United States Patent and Trademark Office ma anche il National Institute of

Health307

, detentore di numerosi brevetti riguardanti l’isolamento del DNA.308

Il DoJ ha inoltre aggiunto che l’impatto della sentenza sull’industria

biotecnologica non sarebbe così potente, dal momento che il DNA manipolato,

utilizzato ad esempio nella realizzazione delle terapie genetiche o nella creazione

di prodotti transgenici, può ancora essere brevettato in quanto prodotto

dall‘ingegno dell‘uomo309

.

Le lobby dell’industria del biotech hanno risposto in tono perentorio. Jim

Greenwood, presidente e CEO della Biotechnology Industry Organization,

sostiene che se l’USPTO decidesse di uniformare la sua prassi alla posizione presa

dal DoJ, non farebbe altro che indebolire “la leadership globale degli USA e gli

investimenti nelle scienze della vita”, danneggiare “la crescita economica degli

USA e la competitività nazionale ed estera” e addirittura essere

“controproducente per le iniziative della stessa amministrazione nella lotta al

cancro e nello sviluppo di fonti di energia rinnovabili”.310

Non tutti però ritengono che la presa di posizione del DoJ possa avere effetti così

radicali. Robert Cook-Degan, esperto di brevetti e genetica della Duke University,

è certo che “per la maggior parte delle aziende, persino nel settore

biotecnologico, implementare la posizione del DoJ avrebbe un‘importanza

davvero minore”. Recentemente, infatti, sono le stesse aziende ad essere

favorevoli alla più ristretta tutela legale del materiale genetico, poiché le

tecnologie sulle quali effettuano le ricerche comportano l’utilizzo contemporaneo

di migliaia di differenti geni.311

307 Brief for the United States as amicus curiae in support of neither party, cit., 18: “We

acknowledge that this conclusion is contrary to the longstanding practice of the Patent and

Trademark Office, as well as the practice of the National Institutes of Health and other

government agencies that have in the past sought and obtained patents for isolated genomic

DNA‖. 308 A. Aquaro, Il gene umano non si può brevettare, in La Repubblica, 31 ottobre 2010. 309 Brief for the United States as amicus curiae in support of neither party, cit., 17: “Molecules

that are engineered by humans [..]generally do not occur in nature, but are instead the synthetic results of scientists‘ manipulation of the natural laws of genetics. [..]Such molecules [..] constitute

man-made compositions of matter that are eligible for patent protection where the other

requirements of Title 35 are satisfied‖. 310 A. Maruccia, USA, governo contro il DNA brevettato, in Punto Informatico, 2 novembre 2010.

Testo reperibile all’indirizzo: http://punto-informatico.it. 311 A. Maruccia, USA, governo contro il DNA brevettato, cit.

97

Ma gli interessi in ballo sono davvero consistenti. Le aziende americane hanno

brevettato oltre 40.000 geni, ed hanno costruito un vero e proprio impero

economico basato su questa proprietà intellettuale. E’ un sistema che può essere

messo in pericolo da un tribunale? La domanda non è retorica, e la risposta è

fondamentale per il futuro del mercato biotecnologico, come anche per l’intera

economia della conoscenza312

.

La decisione riguarderebbe una minima parte dell’industria biotecnologica, ma lo

farebbe in modo profondo. I geni in sé sarebbero esclusi dalla brevettazione, e in

seguito questa decisione, assieme al (citato) caso Bilski, è difficile immaginare

come qualsiasi test che compara sequenze di geni possa essere ancora

brevettabile, dal momento che non comporta nessuna attività inventiva.313

Il venire meno della tutela brevettuale in una frazione del campo genetico

scoraggerebbe di certo molti investitori, causando un reindirizzo dei finanziamenti

alla ricerca in altri ambiti.

Le compagnie che si occupano della scoperta di geni e dello sviluppo di tests

genetici che confrontano sequenze di DNA potrebbero comunque immettere nel

mercato questi ultimi, dovendo però affrontare la concorrenza molto prima di

quanto avrebbero fatto in passato; si avrebbe così l’effetto positivo di promuovere

lo sviluppo di tests meno cari e quindi più accessibili per i pazienti.

Contemporaneamente, avendosi un minor numero di rivendicazioni di proprietà

intellettuale a livello di scienza di base, le sequenze non tutelate potrebbero essere

liberamente oggetto di studi, così da accelerare l’evoluzione della conoscenza e

migliorare le prospettive delle aziende interessate a creare terapie basate su queste

informazioni.314

In che modo questi cambiamenti potranno interferire sulle innovazioni sarà da

valutare all’atto pratico e inevitabilmente sarà legato alla disponibilità dei

finanziatori privati di continuare ad investire in campo biotecnologico, nonostante

la consapevolezza che non si avranno più gli introiti di prima.

312 P. Greco, Nuovo parere da Washington: il DNA non è brevettabile, ne l‘Unità, 6 novembre

2010. 313 Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum Swinging

Back, cit., 1858. 314 Aaron S. Kesselheim, M.D., Michelle M. Mello, Gene Patenting — Is the Pendulum Swinging

Back, cit., 1858.

98

Inoltre non vi sono solo interessi economici in gioco. Gli aspetti etici e morali

sulla possibilità o meno di brevettare geni umani sono importanti. La Duke

University, in un recente studio, ha rilevato che molti ospedali non possono offrire

un servizio di diagnosi, spesso fondamentale quale quello di individuare una

predisposizione o la presenza di una grave patologia, poiché dovrebbero altrimenti

rispondere alle aziende detentrici dei brevetti sui quei determinati geni315

.

Le associazioni di pazienti sostengono che il dilagare di questi brevetti stia

soprattutto rallentando la ricerca: se un ricercatore rischia la denuncia per la

violazione di un brevetto, probabilmente cambierà settore di ricerca. E nel caso

della ricerca sul cancro questo è ovviamente un grosso problema316

.

Le scoperte in ambiti avanzati della biologia, della chimica, delle neuroscienze,

vanno considerate conquiste di ricercatori singoli ed aziende o beni pubblici di cui

non ci si può appropriare?317

Non si avrà di certo una risposta prima della

conclusione di questo caso.

Nel frattempo, il professor Steven Salzberg, dell’Università del Maryland, ha

immesso in rete un software open source che entrerebbe in competizione diretta

con BRACAnalysis.

Il programma è esposto nella rivista Genome Biology, scaricabile da internet

liberamente, è scritto in Perl318

ed è capace di individuare sessantotto mutazioni

dannose nei geni BRCA1 e BRCA2 in poche ore di calcolo.

Il solo dato necessario in ingresso sono le sequenze grezze generate dal

sequenziamento di un genoma umano, senza necessità di assemblarle. Oggi il

costo del sequenziamento del genoma è di ventimila dollari, ma il prezzo scende

velocemente e sarà presto più accessibile del costo del test di Myriad Genetics.319

L’articolo racconta che l’algoritmo, testato su tre genomi appartenenti ad un

Africano, un Asiatico ed una donna Caucasica, ha eseguito gli allineamenti

necessari in otto ore, usando un solo processore da 2,4 GHz, ed è stata

riconosciuta un’unica mutazione, in eterozigosi, sulla donna Caucasica. Si è

315 D. Lombardini, La libertà dei geni, cit. 316 Così Debra Greenfield nell’intervista de Il manifesto, cit. 317 P. Greco, Nuovo parere da Washington: il DNA non è brevettabile, cit. 318 Linguaggio di programmazione ad alto livello, creato da Larry Wall nel 1987. 319 Steven L. Salzberg and M. Pertea, Do-it-yourself genetic testing, in Genome Biology, 7 ottobre

2010.

99

trattato di una semplice prova, che ha dimostrato però l’efficienza delle analisi do-

it-yourself.

Il professor Salzberg ha sostenuto, in un’intervista a Nature, che in poco più di

dieci anni chiunque avrà il proprio genoma memorizzato in un dispositivo USB, e

ci saranno software open source che permetteranno di analizzare il DNA alla

ricerca di qualsiasi mutazione possibile. E l’analisi potrà essere effettuata sul

computer di casa, e ripetuta ogni qualvolta venga fatta una nuova scoperta

scientifica320

.

In conclusione, i problemi ancora aperti nell’ambito dei brevetti biotecnologici e

le oscillazioni nell’individuazione delle soglie di brevettabilità del vivente,

dimostrano come i confini mobili, in perenne cambiamento, tra scienza e diritto

necessitino di maggior capacità autoriflessiva nei due sistemi coinvolti321

.

Il diritto dei brevetti è uno dei settori in cui le categorie giuridiche sono

ampiamente imperniate di premesse scientifiche, sociali ed economiche che

ripropongono un modello almeno in parte obsoleto dei rapporti economici e della

giustizia internazionale.

Una nuova connessione, sempre in divenire, tra scienza e società, comporta

l’esplicitazione sia delle premesse scientifiche di cui alcuni ambiti del diritto non

possono fare a meno, sia delle norme implicite nel funzionamento della

tecnoscienza322

.

Date queste considerazioni, è certamente molto alta la possibilità che il caso

Myriad arrivi alla Corte Suprema stessa, poiché entrambe le parti in causa hanno

troppi interessi in gioco per accettare una decisione sfavorevole che possa essere

ancora impugnata e ribaltata dalla Corte Suprema.

L’approccio altalenante delle istituzioni e della giurisprudenza statunitensi e

comunitarie sul tema in esame esorta ad un maggiore coordinamento

320 Steven L. Salzberg and M. Pertea, Do-it-yourself genetic testing, cit.: ‖If free software can be

used to diagnose human genetic mutations, then individuals will be able to run their own tests in

the privacy of their own homes. Fundamentally, this seems no different from measuring one's temperature or blood pressure, but because of gene patents, the act of reading one's own genome

may require the permission of a private company‖. 321 M.Tallacchini, Soglie di bioartificialità: le oscillazioni della brevettabilità genetica, in A.

Santosuosso, C.A. Redi, S. Garagna, M. Zuccotti (a c. d.), I giudici davanti alla genetica, Ibis,

Pavia 2002, 112. 322 M.Tallacchini, Soglie di bioartificialità: le oscillazioni della brevettabilità genetica, cit., 113.

100

internazionale. Sarebbe auspicabile, ad esempio, una revisione dell’Accordo

TRIPs, così che possano aversi una più ampia certezza del diritto, negli

ordinamenti deficitarii di previsioni ad hoc, e soluzioni condivise sugli argomenti

più controversi, quale quello bioetico323

.

323 A. Stazi, Sequenza del Dna, la ricerca si scontra sul brevetto, cit.

101

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- Tribunale di Milano 11 novembre 1999, in D. I., 2000, 213, con nota di G.

Floridia, in R. D. Ind., 2000, II, con nota di G. Sena, e in R. D. P., 2000,

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112

La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre. (A. Einstein)

RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il Professor Musso e il Dottor Stazi per la loro disponibilità e

il loro contributo a questo elaborato, ma soprattutto per avermi fatto appassionare

a questa materia.

Grazie mamma e babbo, non mi avete mai fatto mancare nulla e soprattutto mi

avete sopportato sotto esame. Grazie Ale per avermi sempre lasciato studiare in

mansarda, rinunciando a numerose sessioni di Play Station.. come promesso, non

me ne sono dimenticata!

Un grazie speciale ai miei due inseparabili compagni di viaggio, Ali e Raffi (ed

Habermas, senza il quale forse non ci saremmo conosciuti!), con cui ho condiviso

gioie e preoccupazioni universitarie (e non) tutti i giorni per cinque anni, senza di

voi non sarebbe stato lo stesso. Grazie Turro, Samu e Marco, per aver reso

divertente qualsiasi viaggio in treno o lezione noiosa, vi adoro. Grazie Dali e

Francy per il supporto reciproco e le chiacchierate da donne. Grazie a tutta la

combriccola dell’università, perché se mi guardo indietro ricordo tanto impegno

ma soprattutto grandi risate.

Senza elencare un’intera facciata di motivi per cui dovrei ringraziarti negli ultimi

tredici anni, grazie Chia, ti voglio bene.

Grazie alle “vecchie” di pallavolo e a Gianni, ne abbiamo passate di ogni, ma le

risate e i casini di Viserba mi distraevano dagli esami! Ale tu sei stata

particolarmente fortunata, facendo i viaggi in macchina con me e beccandoti tutte

le sbroccate pre esame, grazie per la pazienza e per tutto il resto.