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n.4 – aprile 2011 la Biblioteca di via Senato Milano mensile, anno iii LA MOSTRA La Milano spagnola tra carte e mappe UTOPIA Pietro Aretino, antiCortegiano d’eccellenza NOVECENTO Quel Luraghi che fu manager ed editore RARITÀ L’abate Vella e quel falso che ispirò Sciascia 150° Le tre capitali e il giubileo 1911, il primo “unito” Le memorie di una grande Milano Le memorie di una grande Milano

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n.4 – aprile 2011

la Biblioteca di via SenatoMilanomensile, anno iii

LA MOSTRALa Milanospagnola tracarte e mappe

UTOPIAPietro Aretino,antiCortegianod’eccellenza

NOVECENTOQuel Luraghiche fu managered editore

RARITÀL’abate Vella e quel falso cheispirò Sciascia

150°Le tre capitali eil giubileo 1911,il primo “unito”

Le memorie di una grandeMilano

Le memorie di una grandeMilano

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Sommario4

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Utopia: prìncipi e princìpiL’UTOPIA ROVESCIATADI PIETRO ARETINOdi Gianluca Montinaro

BvS: la prossima esposizioneARCIMBOLDO E QUELLA SUA LUMINOSA MILANOdi Annette Popel Pozzo

BvS: la Milano di ArcimboldoLA CITTÀ RACCONTATADALLE PROPRIE MAPPEdi Mario Signori

BvS: un nuovo tasselloGIUSEPPE LURAGHI,MANAGER E LETTERATOdi Matteo Noja

IN SEDICESIMO - Le rubricheAPPUNTAMENTI, CATALOGHI,SPIGOLATURE, ASTE,MEMORIE DI MILANO,L’INTERVISTA D’AUTORE,MOSTRE

BvS: libri illustratiAGNESE TAKEDAMARTIRE DEL GIAPPONEEMBLEMA D’ONOREdi Chiara Bonfatti

BvS: rarità per bibliofiliI FALSI CODICI ARABI DEL NOTO ABATE GIUSEPPE VELLA di Arianna Calò

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BvS: dall’EmerotecaDUE SORSI DI “CAFFÉ”NELLA MILANO ASBURGICAdi Beatrice Porchera

BvS: dal Fondo Impresa1911: IL PRIMO GIUBILEODELL’ITALIA UNITAdi Giacomo Corvaglia

Da l’Erasmo: pagine scelte“CONTRAFACTE LE SUELETTERE, CONTRAFACTII SUOI LIBRI...”di Alessandro Ledda *

BvS: nuove schedeRECENTI ACQUISIZIONIDELLA BIBLIOTECA DI VIA SENATO

La pagina dei lettoriBIBLIOFILIA A CHIARE LETTERE

* tratto da L’Erasmo n.25 Gennaio – Marzo 2005Agli albori dell’editoria

M E N S I L E D I B I B L I O F I L I A – A N N O I I I – N . 4 / 2 2 – M I L A N O , A P R I L E 2 0 1 1

la Biblioteca di via Senato - Milano

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Consiglio di amministrazione dellaFondazione Biblioteca di via SenatoMarcello Dell’Utri (presidente)Giuliano Adreani, Carlo Carena, Fedele Confalonieri, Maurizio Costa,Ennio Doris, Fabio Perotti Cei,Fulvio Pravadelli, Miranda Ratti,Carlo Tognoli

Segretario GeneraleAngelo De Tomasi

Collegio dei Revisori dei contiAchille Frattini (presidente)Gianfranco Polerani,Francesco Antonio Giampaolo

Fondazione Biblioteca di via SenatoElena Bellini segreteria mostreArianna Calò sala consultazioneSonia Corain segreteria teatroGiacomo Corvaglia sala consultazioneMargherita Dell’Utri sala consultazioneClaudio Ferri direttoreLuciano Ghirelli servizi generaliLaura Mariani Conti archivioMalaparteMatteo Noja responsabile dell’archivio e del fondo modernoDonatella Oggioni responsabile teatro e ufficio stampaAnnette Popel Pozzo responsabile del fondo anticoBeatrice Porchera sala CampanellaGaudio Saracino servizi generali

Direttore responsabileAngelo Crespi

Ufficio di redazioneMatteo Tosi

Progetto grafico e impaginazioneElena Buffa

Coordinamento pubblicitàMargherita Savarese

Fotolito e stampaGalli Thierry, Milano

Referenze fotograficheSaporetti Immagini d’Arte Snc,Milano

L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali diritti perimmagini o testi di cui non sia statopossibile reperire la fonte

Organizzazione Mostra del Libro Anticoe del Salone del Libro UsatoInes LattuadaMargherita SavareseAlessia VillaUfficio StampaEx Libris Comunicazione

Direzione e redazioneVia Senato, 14 – 20121 MilanoTel. 02 76215318Fax 02 782387segreteria@bibliotecadiviasenato.itwww.bibliotecadiviasenato.it

Bollettino mensile della Biblioteca di via Senato Milano distribuito gratuitamente

Stampato in Italia© 2011 – Biblioteca di via SenatoEdizioni – Tutti i diritti riservati

Questo periodico è associato allaUnione Stampa Periodica Italiana

Reg. Trib. di Milano n. 104 del11/03/2009

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Mentre Palazzo Reale si appresta a salutare la Mostra dedicata alla pittura e all’estro creativo

di Giuseppe Arcimboldo (chiude il 22 maggio) la Biblioteca di via Senato rende omaggioall’artista meneghino attraverso unaricostruzione della Milano dell’epoca e delle sue energie intellettuali, tornate al centrodell’Europa e del Mediterraneo anche grazie alla dominazione spagnola. Nonostante gli assedie le battaglie e a “discapito” del saccheggiostraniero, tra Cinque e Seicento Milano si conferma come una delle capitali mondiali del lusso, del bello e della scienza, richiamando a sé gli intelletti più luminosi del tempo,impegnati anche e soprattutto nel ridisegnare la forma e il volto della città. Ed è proprio

dalla storia dei suoi cambiamenti urbanistici e architettonici che iniziamo a raccontare la Mostra ai nostri lettori, con una summa delle più belle e significative mappe conservateall’Archivio di Stato cittadino.

Il percorso principale è bibliografico e si sviluppa attraverso i volumi del Fondoantico con le opere di Gerolamo Cardano e di Carlo Borromeo considerati tra i piùrappresentativi personaggi del tempo in cui operò l’Arcimboldo.

Segnaliamo, infine, l’articolo di GianlucaMontinaro su Pietro Aretino, uno degli autoriche faranno parte del prossimo catalogodell’Utopia (in questo caso dell’anti-Utopia),dedicato al mito della corte come luogod’eccellenza intellettuale, politica e spirituale.

Editoriale

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L’Utopia: prìncipi e princìpi

L’UTOPIA ROVESCIATA DI PIETRO ARETINO

Datata 1541, splendida ‘risposta’ al Cortegiano di Castiglione

gna. Una morte causata dal dolore e dalla tristezza di nonessere riuscito, lui, ambasciatore pontificio, a evitare ilsacco di Roma dell’anno precedente. Erano mille anniche la Città eterna non subiva l’oltraggio di un saccheg-gio. Chiese e monasteri profanati dai lanzi imperiali diCarlo V. Opere d’arte distrutte. Libri dati alle fiamme. Lafine definitiva del sogno umanista di un mondo governa-to dalla cultura e dalla saggezza, dalla misura e dalla mo-derazione; a fronte del trionfo del Rinascimento e dellaManiera, della spregiudicatezza politica machiavelliana edegli Stati nazionali. Un’utopia, quella umanista, che Ca-stiglione aveva vagheggiato nel suo Cortegiano ove, nar-rando dei conversari che avevano avuto luogo nel palazzoducale di Urbino, aveva tratteggiato le caratteristichedell’umana perfezione. Nel mondo raffinato e a tratti ra-refatto di Castiglione, individuo e cortigiano si fondeva-no nell’uno, rispecchiandosi e sostanziandosi reciproca-

mente nella figura del principe giu-sto e illuminato, circondato e consi-gliato dai più grandi ingegni e intel-letti.

Una grande utopia morale, IlCortegiano. Un libro il cui fine ulti-mo, come notato da Jacob Burc-khardt, era l’invito al raffinamento disé, alla eccellenza dell’Io, ovvero l’ar-te di divenire ciò che si vuole divenireattraverso la disciplina della volontà,quella che Montaigne definì, perl’appunto, come «management de savolente».1 Una tensione quotidianaalla perfezione da mascherare, però -

GIANLUCA MONTINARO

Nella ricognizione che porterà alla stesura del Ca-talogo dell’Utopia della Biblioteca di via Senato,spicca un volumetto in 8vo, di appena 56 carte,

rilegato in marocchino bordeaux, con fregi e titoli doratisul dorso e una ricca decorazione ai piatti. Il libro è una ra-rissima edizione del Ragionamento delle corti di Pietro Are-tino (1492-1556), censita solo in altre tre biblioteche ita-liane (Apostolica vaticana; Universitaria, a Pavia; Reale, aTorino). Datato 1541, quindi di tre anni posteriore allaprima edizione veneziana di Francesco Marcolini (edito-re, amico e sodale dell’Aretino), il volume non presenta al-cuna informazione editoriale. Se tirature contraffatte ededizioni pirata erano abbastanza consuete fra XVI e XVIIsecolo, sia per ragioni di prudenza (nel caso l’opera fossepericolosa) sia per motivi meramente commerciali (nelcaso si trattasse di opere di autori conosciuti, letti e ricer-cati), questo libro si presta a suscitare riflessioni ulteriori.

L’UTOPIA CORTIGIANANel 1528, sempre a Venezia,

presso la stamperia fondata da AldoManuzio, casa editrice di riferimen-to degli umanisti, Baldassarre Casti-glione aveva dato alle stampe il suoLibro del Cortegiano. Lo aveva fattopochi mesi prima di morire, in Spa-

A sinistra: ritratto xilografico di Aretino sul frontespiziodell’edizione del 1541. A destra: Aretino dipinto da Tizianonel 1545 ca., Palazzo Pitti, Firenze

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si raccomandava Castiglione -, con la «sprezzatura», ov-vero con una «ironica naturalezza che dissimula e com-batte ogni ostentazione e ogni affettazione».2

Il palcoscenico di questa utopia (di cui si parlerà piùdistesamente in un prossimo articolo) era, per Castiglio-ne, la corte. Luogo di spiriti eletti. Luogo di perfezione.Luogo di cultura. Luogo dal quale, a cascata, si irradiavasu tutto lo Stato la sublime eccellenza del principe e deisuoi consiglieri-cortigiani. Una idealizzazione ben spie-gata, alcuni anni più tardi, dalle parole di Cesare Ripa:

La corte è una unione di uomini di qualità alla servitù dipersona segnalata, e principale, [...] la corte [è] granmaestra del vivere umano, sostegno della politezza,scala dell’eloquenza, teatro degli onori, scala dellegrandezze e campo aperto delle conversazioni e dell’a-micizie [...], per dirla in una parola sola, di tutte le cosepiù onorate, e degna in tutta la fabbrica del mondo, nelquale si fonda e afferma ogni nostro oprare e intendere.3

L’ideale umanista - di quel fascinoso mondo cheCastiglione aveva colto un attimo prima della dissoluzio-ne - era iniziato a tramontare con la morte di Lorenzo ilMagnifico (1492) e con la successiva discesa in Italia deglieserciti francesi e spagnoli. La fine sancita con il sacco diRoma (1527). La penisola era divenuta terreno di batta-glie e di conquiste. Gli umanisti assistevano impotenti al-la fine della loro utopia, chiamati a misurarsi con le partideteriori dell’uomo: quell’uomo che avevano creduto“composto” di solo bene, quell’uomo che avevano credu-to possibile educare alla virtù, alla cultura, alla vita.

Ciò non segna però la fine del Cortegiano. Il libroavrebbe continuato a essere stampato e letto, almeno finoalla Rivoluzione francese. I suoi lettori, immersi in un’at-mosfera ormai distante da quella umanista, lo percepiva-no però in un modo del tutto differente rispetto alla sensi-bilità che aveva guidato Castiglione. Svuotandolo dal didentro e non cogliendo gli insegnamenti sottesi, neavrebbero mantenuto le sole forme esteriori. Non più te-sto di un’utopia senza tempo (il perfezionamento del sé)ma volume di riferimento di una classe, quella nobiliare,sempre più attaccata a forme, stilemi e stereotipi. La ca-stiglionesca sprezzatura andava a perdere la sua connatu-rata naturalezza, trasformandosi in artificio, affettazionee dissimulazione: doti che ai cortigiani dell’era modernasarebbero tornate molto utili nell’affrontare le segretestanze dei palazzi principeschi e delle regge reali.

PIETRO ARETINONel finis Italiaegli intellettuali, che avevano guarda-

to con fiducia all’ideale fusione di cultura e politica pro-posta dal conte mantovano, si trovarono a rivedere com-pletamente i loro punti di riferimento, mutando di parec-chio la sensibilità verso la corte e il mondo cortigiano. Daluogo eletto a sentina di vizio e intrigo, oltre che di falsità,come già da lunga tradizione era stata rappresentata(Dante aveva ritratto nella selva dei suicidi il più noto deicortigiani che animarono la Palermo di Federico II, PierDelle Vigne, vittima delle invidie di una corte «meretri-ce»; uguale distacco, in tempi più vicini a quelli del Casti-glione, era stato espresso da Enea Silvio Piccolomini nelDe curialium miseriis, 1475, e da Ulrich von Hutten nelMisaulus sive Aula, 1518). Fra essi anche Pietro Aretino.

Nato da umili origini, grazie alla sua arguzia era ri-uscito a farsi strada nella Roma di Leone X, garantendosila protezione del cardinale Giuliano de’ Medici (il futuroClemente VII). Il suo successo presso la corte più monda-na e raffinata (ma anche più intrigante e corrotta) delmondo allora conosciuto era dovuto al diffuso timore chesuscitava la sua penna graffiante. La sua fama di letteratoanticonformista e satirico, fieramente avverso alle regoledel petrarchismo che si stava imponendo, era cresciutanotevolmente a causa di alcune «pasquinate» (violenticomponimenti satirici utilizzati a scopi di lotta politica)composte contro papa Adriano VI che gli costarono unbreve periodo di allontanamento da Roma.

Nel 1525, sempre più insofferente verso la corte pa-pale elaborò la Cortigiana, una commedia che metteva inscena la vita romana in modo dissacrante. Sfuggito mira-colosamente a un agguato, non senza aver riportato graviferite, abbandonò la Città eterna accettando l’ospitalitàoffertagli da Venezia, l’unico stato italiano con una par-venza di libertà. Dalla laguna Aretino non si sarebbe piùallontanato, trovando nel fiorente mondo editoriale ve-neziano la fonte di sostentamento e la libertà intellettua-le. Iniziò a pubblicare volumi in continuazione, satirici epuntuti, spaziando dal teatro alle prose trattatistiche, dal-l’aneddotica all’agiografia. In essi non è difficile scorgerecontinui riferimenti al suo mondo contemporaneo, di-pinto in modo dissacrante e tragicamente ironico. Il rifiu-to è netto anche per le regole: la libertà della natura con-trapposta alla finzione dell’arte, in un crescendo di stupo-re, onnivora curiosità, scandalo e provocazione.

Ormai libero da ogni condizionamento, Aretinodecise di chiudere i conti anche con il mondo romano e

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con la corte papale, pubblicando nel 1538 il Ragionamentodelle corti. In esso rovescia completamente l’utopia di Ca-stiglione, condannando la figura dell’intellettuale-corti-giano, ormai da tempo non più illuminato consigliere diun principe somma di tutte le virtù, ma individuo deditoall’intrigo, alla menzogna e alla continua ricerca del pro-prio tornaconto personale.

la corte [...] è spedale de le speranze, sepoltura delle vi-te, baila degli odii, razza de l’invidia, mantice de l’am-bizioni, mercato delle menzogne, serraglio dei sospet-ti, carcere de le concordie, scola de le fraudi, patria del’adulazione, paradiso dei vizi, inferno de le virtù.4

La descrizione della corte è terribile: luogo ove re-gnano vizio e corruzione, sotto la continua minaccia diviolenze. A corte (dichiara uno dei personaggi del Ragio-namento) si vive in familiarità con la morte. Il rovescia-mento viene completato quando, nei Ragionamenti, Are-tino sostituisce alla trattazione delle qualità del perfettocortigiano quelle della perfetta prostituta, come se le duefigure si rispecchino l’una nell’altra.5 A onor del vero,Aretino non fu l’unico autore a muoversi nel solco di que-sto filone. Il topos letterario anticortigiano ricorre nume-rose volte nella trattatistica cinquecentesca. Forte con-danna esprimeva anche Cornelio Agrippa di Nettesheim:

Resta che brevemente ragioniamo del governo regio,cioè di corte. Non è dunque in effetto la corte altro cheun collegio di giganti, cioè una ragunanza di nobili e fa-mosi gaglioffi, un teatro di pessimi satelliti, una scuoladi corruttissimi costumi et un rifugio di disonestissimeribalderie, dove la superbia, l’alterezza, la boria, la ra-pacità, la libidine, la lussuria, l’invidia, l’ira, la crapula,la violenza, la impietà, la malizia, la perfidia, l’inganno,la malignità, la crudeltà, e quanti vizii sono altrove e co-rottissimi costumi, abitano, signoreggiano e regnano,dove gli stupri, i rapimenti, gli adulterii e le fornicazio-ni sono i giuochi de i principi e de gli uomini nobili.6

Anche Sabba da Castiglione, cugino di Baldassarre,mostrava, nella seconda redazione dei suoi Ricordi (1549),di essere ormai molto lontano dal mondo del Cortegiano:

oggi la maggior parte de quelli che usano e praticanoper le moderne corti di signori, sono uomini vili, igno-ranti, adulatori, asentatori, parasiti, lenoni, per non

dir ruffiani, mal creati, bugiardi, agiontatori, barri,furbi maledici, disonesti in detti e in fatti, invidiosi,ambiziosi, riportatori: il loro esercizio è di seminariezinzanie e discordie, nutrire odii e nemicizie, di ma-niera che a questi nostri depravati tempi tanto vol direcortegiano quanto un perfetto, compito e consumatoribaldo.7

Senza appello anche la condanna di Tommaso Gar-zoni nel suo La piazza universale:

oggidì molte corti non sono altro che un collegio d’-huomini depravati, una radunanza di volpi malitiose,un teatro di pessimi satelliti, una scuola di correttissi-mi costumi, e un rifugio di disoneste ribalderie. Le in-vidie, le malevolenze, le detrazioni, gli offici cattivi, le

La prima parte del Ragionamento, che insieme al Giuocoforma la terza parte dei Dialoghi

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passioni dell’animo, gli sdegni, l’ingiurie, gli oltraggi,le vendette, le vergogne tutte fanno ricapito in corte.8

Nonostante ciò, come notato già da BenedettoCroce, queste parole non si configurano come una con-danna di tipo “politico”. La corte rimane l’unico orizzon-te possibile. Il senso del biasimo dei vizi e delle avversitàdel luogo è forse da ricercare negli impedimenti e nelleavversità incontrati dai suoi frequentatori.9

Rimane Aretino, insieme a questa edizione senzaindicazioni tipografiche. Un caso di plagio editoriale?Molto probabile, dovuto dal buon mercato che avevanole sue opere. Ma anche un libro “doppiamente politico”.Una anti-utopia, un testo in tutto avverso a Castiglione,alla sua ideologia cortigiana ma soprattutto all’interpre-

tazione che dell’opera castiglionesca ne davano i suoi let-tori, stolidamente attaccati a una istituzione cortigianache non aveva più nulla della moralità e della nobiltà de-scritte dal conte mantovano. Ma anche un volume che lalibera Repubblica di San Marco avrebbe avuto tutto l’in-teresse di diffondere il più possibile, in edizioni ufficialicome in edizioni “pirata” in una sorta di azione di contro-propaganda. Un’opera impietosa verso le corti europee, everso una nobiltà di spada (da sempre avversa alla nobiltàmercantile veneziana) che avrebbe perso, di lì a poco piùdi due secoli, la testa sulla ghigliottina.

ARETINO, PIETRO [1492-1556]. Ragionamento nel quale Pietro Aretino figura quatro suoi amici,

che favellano de le corti del mondo, e di quella del cielo, 1541.

NOTE 1 M. de Montaigne, Essais, III, X.2 B. Castiglione, Il Libro del Cortegiano, To-

rino, Einaudi, 1998, p. XLVII (dall’intr. di W.Barberis).

3 C. Ripa, Iconologia, in Roma, per gli he-redi di Gio. Gigliotti, 1593, p. 145.

4 P. Aretino, Ragionamenti delle corti, a c.di F. Pevere, Milano, Mursia, 1995, pp. 49-50.

5 Cfr. M. Domenichelli, Cavaliere e genti-luomo, Roma, Bulzoni, 2002, pp. 122-136.

6 C. Agrippa di Nettesheim, Dell’incertitu-dine e della vanità delle scienze, cit., p. 327.

7 S. da Castiglione, Ricordi, 1549, ricor-

do 82.8 T. Garzoni, La piazza universale di tutte le

professioni del mondo, a c. di P. Cherchi e B.Collina, Torino, Einaudi, 1996, II, p. 852.

9 Cfr. B. Croce, Libri sulle corti, in Id., Poeti escrittori del pieno e tardo Rinascimento, Bari,Laterza, 1958, II, pp. 198-207.

Canaletto, Ingresso solenne del Conte di Gergy a Palazzo Ducale, San Pietroburgo, The State Hermitage Museum

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taigne nota gli “artigiani” e la“mercanzia” (come ricamatori,spadai, fabbri, armaioli, bronzisti,gioiellieri, cristallieri) per i quali lacittà era rinomata.

Matteo Bandello (1485-1561), che trascorre dodici annipresso il convento di S. Maria delleGrazie, dove suo zio Vincenzo erapriore, riporta nelle Novelle unacronaca vivace della società mila-nese nei suoi vari strati, facendonerivivere numerosi personaggi. Delresto, Bandello aveva tra i suoi ri-cordi giovanili anche la figura delgrande Leonardo.

�I contemporanei e amici di

Arcimboldo, Giovanni Paolo Lo-mazzo (1538-1592) e Paolo Mori-gia (1525-1604), descrivono benel’amico comune nei loro vari scritti.Lomazzo nell’Idea del tempio (inMostra l’edizione di Bologna, dopoil 1785) sottolinea «le invenzioni, ecapricci di questo raro pittore» (p.136) e dà una divertente descrizionedei festeggiamenti organizzati perle nozze dell’arciduca Carlo d’Au-stria, fratello dell’imperatore Mas-similiano II, mentre lo storico mila-

BvS: la prossima esposizione

ARCIMBOLDO E QUELLASUA LUMINOSA MILANO

In mostra, tomi e testimonianze dei maggiori intelletti dell’epoca

La Mostra Memorie di Milano.Da Arcimboldo a San Carlonei libri e nelle stampe, dal 5

maggio al 23 ottobre 2011 presso lanostra Biblioteca di via Senato,propone una ricostruzione della vi-ta milanese del Cinquecento.

�«Questa città è la più popola-

ta d’Italia, grande e piena d’ognisorte d’artigiani e di mercanzia:non dissimiglia troppo a Parigi, &ha molto la vista di città francese».Una descrizione tanto favorevoleda mettere in paragone Milano ad-dirittura con Parigi, viene fatta nel1581 nientemeno che da Michel deMontaigne (1533-1592), contem-poraneo di Giuseppe Arcimboldo,nel suo Journal de Voyage duranteuna sosta nella città lombarda (tra-duzione di Alessandro D’Ancona,Città di Castello, Lapi, 1889).

Dal punto di vista culturale,in quegli anni Milano respira anco-ra l’influenza geniale di Leonardoda Vinci, il cui imprinting continuaa dar forma alle opere degli artistimilanesi. Ne è testimonianza la ric-ca e articolata scena culturale – conacuto spirito di osservazione, Mon-

ANNETTE POPEL POZZO

A sinistra: Ritratto entro medaglionee le insegne dei regni di Filippo II nell’opera Cremona fedelissima città(1585) di Antonio Campo. Sopra: copia della prima edizionedell’opera In Cl. Ptolemæi PelusiensisIIII De Astrorum Iudicijs (Basilea 1554) di Girolamo Cardano,contenente anche il suo ritratto, e appartenuta a Thomas Dennis

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12 la Biblioteca di via Senato Milano – aprile 2011

nese Morigia, nella prima edizione di La nobilta di Mila-no (1595), descrive già le grottesche allegorie delleQuattro Stagioni di Arcimboldo: «si come nel Museodella Cesarea M. dell’Imperator Rodolfo si veggonotutti i ritratti del naturale de tutti i personaggi di casad’Austria pinti dalla divina mano del nostro Arcimboldi,oltre che si veggono alquanti quadri Ghiribizzosi, e rarial mondo, come le quattro Stagioni dell’anno» (p. 278).

�Ma la Milano del Cinquecento significa anche la

fine dell’epoca dei ducati. L’apoteosi dei Visconti e de-gli Sforza celebrata nelle varie “croniche” e scritti diDonato Bossi, Tristano Calco, Bernardino Corio, An-tonio Campo, Paolo Giovio e Giorgio Merula (tuttiesposti in Mostra) trova una sua fine. Milano subiscepoliticamente le guerre di successione (che portano al-l’occupazione francese, seguita da quella spagnola), la

conferma definitiva di Carlo V, e, dopo la sua morte nel1558, di Filippo II con i vari governatori spagnoli. Unarara raccolta di Ordini che riguardano lo Stato di Mila-no dal 1561 al 1576 (molti stampati anche a Milano, main lingua spagnola) dimostrano la loro presenza ammi-nistrativa. E non c’è da dimenticare che la terza cintamuraria, così importante per la città, risale proprio alladominazione spagnola.

�La Milano dell’epoca, poi, significa anche e so-

prattutto il periodo della Riforma e della Controrifor-ma, considerata in primis la vicinanza ai cantoni prote-stanti. È la città di San Carlo Borromeo (1538-1584),sostenuto a Roma da papa Pio IV Medici e Pio V Ghis-leri. Nella prima metà del secolo, la città si mostra acco-gliente e tollerante nei confronti delle idee dei prote-stanti e dei riformati. Sono documentate le letture eras-miane e dei primi teologi protestanti presso conventimilanesi e si sa che il libraio e fratello del tipografoFrancesco, Andrea Calvo, importa a Milano libri di spi-rito riformista. A partire dai decenni del Concilio diTrento, però, Milano segue di buon grado lo spiritodella Controriforma, come provato dalla promulgazio-ne dell’index, dei canones, dalla rigorosa codificazionedell’architettura richiesta da Carlo Borromeo (Instruc-tionum fabricæ, 1577), dai concili provinciali, dal tenta-tivo di importare il modello dell’Inquisizione spagnolae dalla fondazione del Collegio Elvetico nel 1579 per laformazione del clero secolare, soprattutto elvetico.

In Mostra saranno esposti il libro di preghiere diCarlo Borromeo, un manoscritto su pergamena del1560 contenente un raro ritratto miniato del Santo dagiovane, da attribuire al pittore e miniaturista dalmataGiorgio Giulio Clovio (1498-1578), e il suo testamentospirituale olografo in luogo e data «di Milano. 20 dec1560», come anche una suite di 18 xilografie popolaridel secolo XVII rappresentanti Il ciclo della vita di SanCarlo Borromeo. Raffigurano tra l’altro la processionedel Sacro Chiodo, la visita al Sacro Monte di Varallo, el’amministrazione degli appestati da parte del cardina-le Borromeo.

Studio architettonico del Duomo di Milano a cura di Cesare Cesariano nella prima edizione volgaredel testo vitruviano sull’architettura (1521)

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L’interpretazione in chiave confessionale è pro-prio la disastrosa epidemia di peste del 1576, che ster-minò circa un quinto della popolazione, ricordata inversi da Bernardino Baldini (nativo del lago Maggiore)nel testo In pestilentiam libellus (1577).

Tra i contemporanei di Arcimboldo riconoscia-mo letterati e scienziati milanesi che fanno da linfa vita-le alla città cinquecentesca. Pensiamo in primis a Giro-lamo Cardano (1501-1576), genio di fama europea perla matematica, l’astronomia, l’astrologia e la magia –tutti aspetti che si ritrovano nella Praga rodolfina du-rante il soggiorno di Arcimboldo. In Mostra, la copiadella prima edizione del commento alla Tetrabiblos diClaudio Tolomeo di Cardano (1554) appartenuta a SirThomas Denys (o Dennis), cancelliere di Enrico VIII,che probabilmente Cardano conobbe quando era inScozia su invito del vescovo di Edimburgo, John Ha-milton, nel 1551.

�Va ricordato il ruolo allora molto innovativo svol-

to dall’Università di Pavia, non soltanto per Cardano elo stesso Carlo Borromeo, ma anche per il fondatoredell’emblematica Andrea Alciati (1492-1550) che neicircoli della cultura europea annovera Bonifacio Amer-bach, Budé ed Erasmo tra i suoi amici, e per il medicoLodovico Settala (1552-1633).

L’ultimo, docente a Pavia e nominato protomedi-co milanese nel 1628, per via delle sue cognizioni dipubblica igiene, era già deputato per il quartiere di Por-ta Orientale durante la peste del 1576. Il suo ruolo è daparagonare a quello di Giovanni Filippo Ingrassia du-rante la peste di Palermo del 1575. Alessandro Manzo-ni lo ricorda, come del resto il suo luogotenente Ales-sandro Tadino (ca. 1580-1661), nei Promessi Sposi,quando sono tra i primi ad accorgersi della «strana ma-lattia». Al figlio Manfredo si deve il Museo Settala, unaWunderkammer come quella di Rodolfo II a Praga, am-mirata da Giuseppe Arcimboldo.

L’humus culturale è in ebollizione. L’architettoregio dell’imperatore Carlo V, Cesare Cesariano(1483-1543), responsabile per l’amplificazione a tena-

glia del castello sforzesco nonché curatore della primaedizione in volgare di Vitruvio (1521), propone l’adat-tamento dei canoni vitruviani all’ambiente lombardo.Lavora a Milano anche per la Fabbrica del Duomo. Nel1535 e 1537 conclude progetti per la facciata e semprenel 1537 presenzia alla riunione della Fabbrica delDuomo per deliberare il modello della porta setten-trionale. Al Duomo vuole anche estendere un partico-lare metodo di calcolo identificato nelle opere di Vitru-vio. Nella sua edizione del 1521 si ritrovano infatti trestudi architettonici della chiesa milanese. In Mostraanche un’edizione del 1523 appartenuta a Paolo Gio-vio, come informa una nota manoscritta di GiovanniBattista Giovio (1748-1814).

�Al milanese Camillo Agrippa (fl. 1535-dopo il

1595) non si deve solo il celebre trattato di scherma

aprile 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano

Ritratto miniato a piena pagina del giovane Carlo Borromeo,realizzato a penna a fini tratti, da attribuire al pittore eminiaturista dalmata Giorgio Giulio Clovio (1498-1578)

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Trattato di scientia (1553), ma anche l’intervento risoluti-vo che rese possibile l’innalzamento dell’obelisco inpiazza S. Pietro a Roma. Per non tacere infine del grandeutopista milanese Ortensio Lando (ca. 1512-ca. 1558) alquale si deve la prima traduzione italiana dell’Utopia diTommaso Moro, e che proprio attraverso la frequenta-zione degli eremitani di S. Agostino, e le conoscenze diGiulio Della Rovere e Ambrogio Cavalli, si entusiasmanei confronti della Riforma e delle letture di Erasmo.

Bandello, Alciati, Cardano, Lando e Agrippa, co-

me Arcimboldo, non si fermano a Milano e si stabili-scono in altri paesi, ma tutti trovano nella Milano chediscute la Riforma un humus culturale fertile, vivace esanguigno, le cui tracce però sono destinate a perdersialla fine del Cinquecento, quando la città entrerà nellungo letargo religioso e politico della Controriforma edella dominazione spagnola.

La presente mostra trova la sua ragion d’esserenel proposito di ridar vita a un contesto culturale tantoricco quanto oggi dimenticato.

A sinistra: Xilografia popolare del secolo XVII raffigurante San Carlo che celebra i conciliprovinciali e le sinodi diocesane. Sotto: Ritratto di Lodovico Settalainciso su rame, contenuto nella prima edizione di Della ragion di stato (1627)

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stesse imprese editoriali devono mettere in campo sulmercato.

L’accostamento fra elaborati manoscritti e carte astampa destinate alla pubblicazione offre anche un’occa-sione preziosa per riflettere sui rapporti che nella carto-grafia e nella storia delle sue realizzazioni intercorrononecessariamente tra l’attività dei geografi, che confezio-nano dati e informazioni, e l’attività dei topografi addettialle rilevazioni sul terreno. Alla complessità di tale rap-porto è riferito l’episodio paradossale dell’incontro tra ilprotagonista e il geografo finemente tratteggiato dalgrande scrittore ed esploratore francese Antoine deSaint’Exupery nella celebre opera Le petit prince.

�Le piante che si presentano in questa sede appar-

tengono all’epoca in cui si afferma e si consolida una pro-duzione editoriale di raccolte di piante e assonometrieanimata da valenti poligrafi d’oltralpe che, in presenza diun mercato in espansione, vengono realizzando prodottieditoriali di ampio respiro. Dalla metà del Cinquecentonello stesso settore si riscontra anche la significativa pre-senza di importanti iniziative editoriali promosse dastampatori e poligrafi italiani mirate essenzialmente allapubblicazione di tavole riguardanti le città e le localitàdella penisola.

Per comprendere meglio il percorso occorre ac-cennare brevemente in questa sede al lontano prototipodelle topografie urbane milanesi, ormai del tutto supera-to nella seconda metà del Cinquecento. Si tratta del cele-bre disegno manoscritto della città inserito nel codice B.della Biblioteca Ambrosiana ( A 275 inf.) riferibile alla

BvS: la Milano di Arcimboldo

LA CITTÀ, RACCONTATADALLE PROPRIE MAPPE

Una selezione di piante conservate presso l’Archivio di Stato

La selezione delle topografie reperite presso l’Ar-chivio di Stato di Milano presentate in quest’oc-casione è indubbiamente troppo circoscritta per

supportare un discorso esaustivo sulla cartografia mila-nese del periodo compreso tra la seconda metà del Cin-quecento e la prima metà del secolo successivo. Si è rite-nuto opportuno presentare le singole carte nella loro in-dividualità e per il loro interesse sul piano scientifico eartistico, cercando di evidenziare in modo approfonditoil loro contenuto descrittivo e di indagare il contesto diproduzione e le possibili relazioni con altre carte.

La scelta fra le carte disponibili presso l’Istituto haofferto la possibilità di presentare in questo contesto edi-toriale tre opere a stampa realizzate con esplicite finalitàlegate alla diffusione editoriale e due elaborati mano-scritti prodotti per esigenze d’ufficio e non destinati auna diffusione. L’arco cronologico coincide con il perio-do compreso tra la seconda metà del Cinquecento e laprima metà del secolo successivo, in cui le diverse attivitàdei vari attori coinvolti nella produzione cartografica ci-vile e militare subiscono profonde modifiche.

Cartografi, topografi, incisori, stampatori ed edi-tori operano in contesti nuovi, aperti dai progressi dellageodesia e della topografia, dalle nuove tecniche appli-cabili nel rilievo topografico e nella restituzione graficadei vari elementi del territorio rappresentato, come dal-l’introduzione di nuovi procedimenti nella calcografia enella finitura delle opere a stampa o dalle strategie che le

“Vero ed esatto disegno del castello di Milano”, 40,0 x 50,5 cm, XVII secolo, Archivio di Stato di Milano

MARIO SIGNORI

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a un ellissoide. Nel disegno sono raffigurate due cerchiemurarie concentriche: quella interna tardo imperialemassiminianea, costruita fra la fine del III secolo e l’ini-zio del IV secolo, quando Milano diventa sede imperiale,e la cerchia medievale costruita alla fine del XII secolocon bastione di terra e cortine di pali affiancate da unafossa, cui si sostituisce nel XIV secolo una cortina mura-ria merlata interrotta da porte o pusterle.

�Milano era sicuramente molto nota già nel primo

periodo rinascimentale per essere la chiave di volta delsistema di canali (navigli) che ha permesso di collegarefin da epoca risalente la città con i fiumi Adda e Ticino.La costruzione del naviglio di Martesana, realizzata nel-la seconda metà del Quattrocento, rende operante un si-

seconda metà del Quattrocento, di autore anonimo: tut-tora non è risolto il problema dell’attribuzione.

È stata invece appurata la funzione illustrativa deldisegno al testo dell’opera di Galvano Fiamma Chronicaextravagans, riferibile al 1330 ca. La delineazione orien-tata a sud raffigura sinteticamente la città e il territorio aessa circostante, per i quali nel disegno si adottano duescale differenti: più grande quella riservata all’area urba-na 1: 12.000, più piccola quella per il territorio e variabi-le da 1: 300.000 a 1:600.000. La raffigurazione dello spa-zio urbano è circolare, scelta comune ad altre iconogra-fie urbane dell’epoca per le quali si adotta il cerchio comesimbolo di perfezione comune alle figure celesti (sole epianeti) e alle loro traiettorie nello spazio celeste.

Scelta non forzata per Milano, almeno per muraesterne medievali, che sono effettivamente riconducibili

“La gran città di Milano”, a st. Agnelli Milano, 43,5 x 57,0, XVIII secolo, Archivio di Stato di Milano

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stema idroviario funzionale al trasferimento delle mercie crea il presupposto per la graduale formazione di un ar-ticolato sistema di canali dispensatori (rogge) costruitisu concessione ducale a opera di privati e gestiti da con-sorzi di utenti per assicurare la distribuzione capillaredelle acque utilizzabili ad uso irrigatorio nell’ampia fa-scia territoriale della pianura posta tra i due fiumi.

Leonardo da Vinci delinea efficacemente un possi-bile piano di sviluppo urbano integrato da una sinteticaveduta prospettica della città, già collegata alle infra-strutture viarie e idroviarie, nel celebre disegno databileal 1497 presente sul Codice Atlantico, conservato presso labiblioteca Ambrosiana.

Tuttavia l’elemento che concorre in misura più di-retta e rilevante a ridefinire l’immagine della città di Mi-lano e ad alimentare, al contempo, la produzione di nuo-ve piante e topografie è costituito dal lungo e articolatopercorso progettuale e attuativo del nuovo sistema difortificazioni.

�La devoluzione definitiva all’imperatore Carlo V

d’Asburgo del ducato di Milano, nel 1535, seguita allamorte di Francesco II Sforza, ultimo erede della dinastiaducale, e la successiva investitura nel 1540 del feudo im-periale al figlio Filippo II, futuro sovrano della corona diSpagna dal 1556, collocano definitivamente la città e ilducato di Milano nel contesto allargato dei grandi inte-ressi strategici europei. La persistente situazione di con-flitto con la monarchia francese sul teatro di guerra deiterritori della pianura lombarda impone una revisioneprofonda dell’intero apparato difensivo dello stato cheinveste in primo luogo la città capitale.

I lavori finalizzati all’ammodernamento del siste-ma difensivo e all’integrazione nel territorio urbano diun’ampia fascia territoriale situata oltre la cinta murariamedievale, avviati nel 1546 dal governatore FerranteGonzaga e intrapresi nel 1548 sotto la direzione dell’in-gegnere Giovan Maria Oliati, portano al graduale com-pletamento della nuova poderosa cinta bastionata.

Alla conclusione dei lavori le mura delimitano unospazio urbano notevolmente ampliato lungo un perime-tro di poco superiore agli undici chilometri. Nei bastionisi aprono le nuove porte (Comasina, Nuova, Orientale,Tosa, Romana, Lodovica, Ticinese, Vercellina) sullestrade che collegano la città con i territori delle altre pro-vince e con gli stati confinanti.

L’esigenza di completare il collegamento delle mu-ra in costruzione al sito del castello porta prima alla co-struzione del bastione a tenaglia proteso a nord verso laPorta Comasina e in seguito alla realizzazione dello spal-to che chiudeva la cinta muraria sul lato occidentale col-legando il castello con la Porta Vercellina.

Mentre lo stato dei lavori per la cinta bastionata èmolto avanzato, ma non del tutto concluso, dal 1560 siavviano anche i cantieri per rinnovare le fortificazionidel castello che appare il punto debole dell’intero siste-ma difensivo. L’esigenza di salvaguardare la maggiorparte dei corpi di fabbrica preesistenti impone in un pri-mo periodo la realizzazione di un progetto che porta allagraduale costruzione intorno al castello di una cinta ba-stionata a forma esagonale. I lavori avviati nel 1560 con-sentono la graduale costruzione dei sei baluardi posti aivertici della cinta bastionata e vengono conclusi agli inizidel Seicento. Nel periodo successivo viene avviata l’inte-grazione nel sistema difensivo di sei mezzelune interme-die, conclusa alla metà del Seicento con la sistemazionedefinitiva del fossato esterno. La fortificazione che cir-conda il castello assume da questo periodo la caratteristi-ca forma stellata a dodici punte che costituisce uno deglielementi di spicco nelle raffigurazioni della città.

Allo sviluppo dei numerosi progetti e alla direzionedei lavori intrapresi per realizzare il nuovo imponente si-stema difensivo della città di Milano e del suo castellosommariamente richiamati, concorrono nei diversi pe-riodi vari architetti e alcuni fra i più noti ingegneri mili-tari dell’epoca: Domenico Giunti, Giovan Maria Olgia-ti, Dionigi da Varese, Bernardino Lonati, Vincenzo Se-regni, Giovan Battista Clarici, Giorgio Palearo Frattino.

�La copiosa produzione di rilievi e disegni collegati

alle varie fasi progettuali era sicuramente destinata a re-stare segreta e ben protetta negli archivi degli uffici go-vernativi della corona di Spagna e del governo dello Sta-to di Milano preposti alla realizzazione delle opere, senon altro per evidenti motivi di sicurezza. In realtà le co-se vanno diversamente e almeno una parte di questi pre-ziosi elaborati grafici comincia a circolare raggiungendoi centri di produzione editoriale. Gli editori li utilizzanoproficuamente per realizzare nuove tavole a stampa chene riproducono interamente il contenuto o per aggior-nare singoli elementi della struttura insediativa e difen-siva raffigurati nelle piante già edite in precedenza.

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La stessa diffusione del procedimento a stampa fa-vorisce la creazione di un vero e proprio mercato edito-riale e la circolazione di un numero di opere sempre piùcospicuo alimentando la produzione di nuovi prodotti astampa.

La nuova cinta bastionata di Milano è stata consi-derata fino dall’epoca immediatamente successiva allasua realizzazione come una fra le opere più rilevanti nel-l’intero panorama delle fortificazioni europee. La famadel sistema difensivo di Milano favorisce enormementela diffusione delle immagini a stampa della città sul mer-cato editoriale. L’immagine della città circondata dallasua cinta bastionata con il castello collocato in posizionedominante diventa un elemento ricorrente nelle raffigu-razioni urbane di Milano prodotte nel secondo Cinque-cento e contribuisce ad assicurare a esse una notevolefortuna editoriale.

�La realizzazione delle raccolte delle piante di città

e fortezze che si vengono pubblicando già in quel perio-do asseconda un interesse crescente per questo generedi prodotti editoriali, comprovato sia dalle tirature sem-pre più elevate, sia dall’incremento numerico dellepiante di città e piazzeforti che vengono incluse nelleedizioni successive delle stesse raccolte. La pubblica-zione delle raccolte di piante urbane risulta anche fun-zionale agli interessi strategici dei governi interessati areperire informazioni aggiornate sui sistemi difensividegli altri stati: non a caso una parte di queste iniziativeeditoriali si avvale di un sostegno economico palese oocculto degli stessi governi.

In questo contesto si riscontra anche un costanteaumento delle carte a stampa della città di Milano che sipubblicano nelle raccolte prodotte nei maggiori centridi produzione editoriale localizzati in Italia, a Venezia e aRoma, in Germania e nei paesi del nord Europa.

Fra le principali raccolte che pubblicano carte dellacittà milanese si deve innanzi tutto ricordare l’opera diGiulio Ballino, De’ disegni delle più illustri città, et fortezzedel Mondo Parte I [prima]; la quale ne contiene cinquanta: conuna breve historia delle origini, et accidenti loro, secondo l’or-dine de’ tempi; pubblicata cum privilegio a Venezia nel1569 dallo stampatore Bolognino Zaltieri, titolare diuna delle più importanti botteghe tipografiche operantinella città lagunare.

La raccolta del Ballino pubblica la tavola da ma-

trice calcografica “Milano” datata 1567 e definita nelcartiglio presente sulla tavola stessa come «Il vero dise-gno della Pianta di Milano si come veramente ogi dì siritrova».

La carta offre la prima raffigurazione assonometri-ca a stampa che illustra l’intero tracciato della nuova cin-ta bastionata con i baluardi, il fossato e le porte (dell’In-coronata, S. Angelo, Orientale, Tosa, Romana, Lodovi-ca, Ticinese, Vercellina), e localizza alcune fra le chiesepiù importanti (Duomo, [Santa Maria del]le Grazie,S[an] Celso, S[an] [Eu]storcio). La cinta muraria risultagià collegata con il castello, ancora delineato nella formaquadrangolare originaria in quanto all’epoca la fortifica-zione bastionata con i baluardi non era ancora stata co-struita. La planimetria risulta chiaramente ripresa dauna planimetria manoscritta della città di Milano di au-tore non identificato conservata oggi presso la CivicaRaccolta di Stampe Bertarelli di Milano. La pianta, data-bile intorno al 1548, raffigura gli stessi elementi che ri-sultano presenti nella pianta del Ballino: la cinta medie-vale, la nuova cinta muraria spagnola, il castello, il trac-ciato dei navigli interni e dei canali esterni.

�Nel 1573 l’editore Antonio Lafrery pubblica a Ro-

ma una pregevole pianta prospettica di Milano datata al1573 prodotta nella propria bottega, destinata a costitui-re negli anni successivi il prototipo per molte rappresen-tazioni della città realizzate da altri cartografi. La piantadel Lafrery offre una delle prime immagini della città cherappresenta in modo completo ed esaustivo l’intero in-sediamento urbano, il reticolo viario, la rete dei maggio-ri canali e l’intero sistema difensivo costituito dalle murae dal castello.

Una pianta della città di Milano, associata comeparticolare alla carta del Ducato, figura anche nel cele-brato ciclo di affreschi di contenuto geografico realizza-to su materiali allestiti dal topografo Ignazio Danti in-torno al 1580 nella Galleria delle carte geografiche, fattacostruire dal pontefice nel lato occidentale del cortile delBelvedere dei Palazzi vaticani.

La pianta di notevole interesse “Mediolanum” èpresente nell’opera Civitates orbis terrarum in aes incisae etescussae, pubblicata dall’editore Georg Braun a Colonianel 1588, con carte a stampa delineate dal Franz Hogen-berg. L’opera giustamente celebre può essere considera-ta il primo atlante dedicato alle rappresentazioni carto-

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grafiche urbane, che include una raccolta di piante asso-nometriche delle città presenti in buona parte dei paesieuropei, e costituirà un prototipo per altri progetti edi-toriali dello stesso tipo realizzati in seguito.

�Fra le raccolte di rappresentazioni urbane pubbli-

cate in Italia occorre ricordare l’opera di Francesco Va-legio Raccolta dile più Famose Città di Italia pubblicata aVenezia intorno al 1590 che include la pianta “La granCita di Milano”.

La pianta assonometrica della città di Milano“Mediolanum” viene pubblicata nel 1599 nel TheatrumUrbium Italicarum dal poligrafo veneziano Pietro Ber-telli, una delle più importanti e diffuse raccolte di pian-te urbane pubblicate in Italia. Lo stesso autore ripub-

blica la pianta di Milano nella raccolta Teatro delle cittàd’Italia, Con sue Figure intagliate in Rame e descrittioni diesse pubblicata a Vicenza nel 1616 e nella raccolta Teatrodelle città d’Italia. Con Nova Aggiunta pubblicata a Pa-dova nel 1629.

Judoco Hondio include una pianta di Milano nellaNova et accurata Italia Hodiernae descriptio etc. pubblicataa Leida nel 1627, che può essere considerata una dellepiù importanti opere di contenuto geografico realizzatein Olanda in cui si pubblicano carte e planimetrie di nu-merose regioni e città italiane.

La pianta di Milano associata a varie vedute dellacittà figura anche nell’Itinerario ovvero Nova descrizionede’ viaggi principali d’Italia di Andrea Scoto, nell’edizionepubblicata a Vicenza nel 1649, celebre opera erudita cheha conosciuto varie edizioni.

“Der Statt Meyland”. Planimetria di Milano, (già in biblioteca; già in Pergamene Miniate), 19,0 x 24,5 cm, XVI secolo,Archivio di Stato di Milano

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Giuseppe Eugenio Luraghi(1905-1991) entra giovanissimo allaPirelli per poi passare alla Linoleum,alla Lanerossi, a Finmeccanica. L’a-pice della sua attività lavorativa loraggiunge all’Alfa Romeo dove, inuno dei momenti più cruciali nellastoria dell’azienda di Arese, riesce adare nuovo impulso al marchio, pro-ducendo vetture come la Giulietta,che diventano parte della storia e delcostume italiani, fino a creare l’Alfa-sud, rivitalizzando dopo molti annigli impianti napoletani che eranostati distrutti dalla guerra.

�Il manager di successo, però, non impedisce mai al-

l’uomo di lettere di coltivare le sue passioni più intime,anzi gli permette di avere denaro e relazioni per realizza-re quello che è uno dei suoi sogni: fare l’editore. Giusep-pe Luraghi dà vita così a una casa editrice piccola, ma su-bito molto prestigiosa, le Edizioni della Meridiana.

La sua passione la coltiva in casa, in salotto, insie-me agli amici di sempre, i fratelli Angelo e Aldo Guazzo-ni (figli di un pittore e agente di cambio che in gioventùaveva studiato con Gignous), conosciuti sui banchi dellesuperiori. Anche loro, come Luraghi, pur essendo ma-nager in grandi aziende tessili, non trascurano le inclina-zioni artistiche: Angelo è un ottimo illustratore e colla-bora sin dalla fine degli anni Venti alle maggiori testate eriviste italiane con grande successo, mentre Aldo com-

BvS: un nuovo tassello

GIUSEPPE LURAGHI,MANAGER E LETTERATODalla Pirelli alla Mondadori, creando le Edizioni della Meridiana

Baggio, estrema periferia ovest diMilano: una piccola targa su uncavalcavia. «Giuseppe Luraghi,dirigente d’azienda»: così, laconi-camente, viene ricordato, in mez-zo a un traffico distratto di autoche passano continue, chi, puravendo fatto la storia dell’auto-mobile, era capace di scrivere:

Dal cigliodel nostro camponoi Lo aspettiamocon le braccia tese:Egli verrà!Tempesta di luceLo rivelerà ai nostri sguardi[…] a liberare i secolidai tempi falsidi queste macchine intelligenti.

G.E. Luraghi, [senza titolo] in Gli Angeli, Modena, Guanda, 1941; p. 13.

Forse non amava questi tempi falsi: sicuramente sa-prebbe sanare dentro sé questa terribile contraddi-zione, così come lo ha fatto per tutta la vita.

MATTEO NOJA

A sinistra: disegno di Antonio Scordia tratto da Pittori chescrivono, a cura di Leonardo Sinisgalli. Sopra: Eugenio Luraghi alla sua scrivania.

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pone amabili poesie per l’infanzia che vengono pubbli-cate sul Corriere dei Piccoli e su Pinocchio. Altro pilastrodella casa editrice è la sorella Teresa, che «miopissima efattiva… si curò, unica, di tutto: rapporto con gli autori,coi tipografi, con la distribuzione».

Il modello è quel Giovanni Scheiwiller che ha crea-to una micro casa editrice e la sta passando al figlio, Van-ni, che ha in testa tirature limitatissime, quasi sotto zero,e libri piccolissimi e curatissimi.

Il problema più grosso per tutti gli editori (ancoraoggi…) la diffusione e la distribuzione. Da un parte, l’e-ditore Scheiwiller padre aveva organizzato una rete dis-tributiva alternativa sui piazzali delle stazioni, scendendoa ogni fermata e consegnando personalmente le sue edi-zioni ai librai che venivano ad attenderlo tra gli sbuffi del-le locomotive; dall’altra, Luraghi, insoddisfatto della so-cietà che gli distribuiva i volumi, ne affida un congruo nu-mero all’amico Giovanni Pirelli sperando che possa dif-fonderli a Napoli dove si era recato per seguire alcunicorsi all’Istituto di studi storici di Croce.

In realtà, il tentativo non andrà benissimo e il pove-ro Pirelli continuerà ad angustiarsi, dicendo che il casset-to dove li conservava era diventato per loro una “bara”.

�Nel soddisfare la passione per i libri e la letteratura

– bene conoscendo, lui stesso scrittore, le difficoltà di chila vuol seguire come destino –, l’obiettivo di Luraghi (e

dei suoi compagni) è quello di far conoscere giovani ta-lenti – narratori, critici e poeti – che difficilmente avreb-bero trovato posto presso grandi editori.

Per renderli interessanti ai lettori, li mescola in dosisapienti a grandi autori: Montale, Ungaretti, Cardarelli[che vince il Premio Strega nel 1948, con Villa Tarantola].

L’avventura editoriale – quella privata, prima che ilgrande manager approdi alla Mondadori nel 1983 – duranove anni, dal 1947 al 1956, e porta a 49 titoli.

Nella vicenda, il successo molto dipende anche dal-la grande amicizia con tre uomini, poeti e scrittori an-ch’essi, ma funzionari d’azienda e abili comunicatori:«Leonardo Sinisgalli, Sergio Solmi e poi anche VittorioSereni ci aiutarono molto: era il difficile periodo dellepoesie ermetiche e noi sentivamo molto la responsabili-tà. Pubblicare giovani immeritevoli avrebbe costituitoun incoraggiamento sbagliato, non pubblicare i merite-voli sarebbe stata mancanza grave». Con loro struttura lecollane, discute i titoli, collegialmente: ne sorte un risul-tato eccellente che lascerà il segno.

�Son quelli gli anni in cui Milano si avvia a diventare

la città del boom, non solo economico ma anche cultura-le: come nell’Atene di Pericle, i protagonisti dell’arte edella letteratura di tutto il mondo, arrivano a Milano at-tratti da quello che vi si fa, dall’incessante lavoro che ètanto materiale quanto intellettuale. La nazione sta cam-biando e la città si prepara per prima. Ospita i grandigiornali, le grandi case editrici, le grandi mostre, i grandipersonaggi: da qualche anno, Quasimodo abita in corsoGaribaldi, Montale ha cominciato a frequentare la Scalaper il Corrieree Vittorini è in viale Tunisia a lavorare per iltorinese Einaudi. La ricostruzione impone grandi pro-getti e ambizioni. L’aria è effervescente e Luraghi, dagrande dirigente, la annusa prima e meglio degli altri.

A quel tempo è presidente di Finmeccanica e conl’amico Sinisgalli sta pubblicando una rivista che farà sto-ria, per i contenuti e la forma grafica: si tratta di Civiltàdelle Macchine, che nasce dall’esperienza prestigiosa dellaPirelli, che li aveva visti lavorare insieme. L’atteggiamen-to dei due amici è apparentemente contrastante.

Mentre Luraghi, come abbiamo visto, attende fi-ducioso l’Angelo (forse vendicatore o sterminatore) cheliberi il nostro tempo dalla falsità delle macchine “intelli-genti”, l’amico poeta ribatte, innocente: «Io non amo lemacchine come Oggetti, le amo come Congegni».

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Di Civiltà delle Macchine parleranno con entusia-smo intellettuali del calibro di Reyner Banham in Inghil-terra e Lewis Mumford negli Stati Uniti.

Luraghi sarà anche scrittore in proprio, conoscen-do un discreto successo come poeta e soprattutto comenarratore, creando con il primo romanzo (ne seguirannoaltri due), Due milanesi alle piramidi, edito da Mondadorinel ’66, un personaggio destinato a un larghissimo suc-cesso, quel Pepp Girella che, partecipe di una borghesiaspocchiosa e boriosa, gli permette di mettere umoristica-mente a nudo molti difetti dei suoi concittadini.

�Ma torniamo alla casa editrice, di cui la Biblioteca

di via Senato si pregia ora di avere il catalogo pressochécompleto (grazie anche al dono del dott. Paolo Rossi, cheha costituito il nucleo originario della collezione). Il mar-

chio delle edizioni è finemente disegnato da GabrieleMucchi che cura anche la grafica. La collana più prolificaporta lo stesso nome della casa e sforna 36 volumi; un’al-tra si titola “Quaderni di poesia” ed è diretta da Sereni –che qui inizia la sua attività di consulente editoriale – chefa uscire 8 volumi; un’altra, diretta da Solmi – che si ac-cinge a curare l’edizione Ricciardi di Leopardi –, si chia-ma “Collezione di critica” e conta su 4 volumi.

�Basta scorrere il catalogo per accorgersi di quanti

autori abbiano trovato qui per la prima volta spazio e fi-ducia per potersi affermare. Basterebbe il nome di An-drea Zanzotto, che dopo esser stato pubblicato nella Se-conda antologia dei poeti nuovi, vincitore del Premio SanBabila del 1950, viene pubblicato ancora da Sereni nellacollezione dei Quaderni di poesia, con Elegia e altri versi.

Sopra: disegno di Carlo Levi tratto da Pittori che scrivono, a cura di Leonardo Sinisgalli. A sinistra: Milano, anni ’50, casa Luraghi. Da sinistra in piedi: Cantatore, Luraghi, Angelo Guazzoni; seduti: Bergamín, Sinisgalli, Alberti, Mucchi.

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Prima di completare questo ritratto di Luraghi edelle sue Edizioni della Meridiana con l’elenco completodei libri pubblicati, un’ultima citazione da un suo scritto,sembra condensarne animo e pensiero meglio di tantidiscorsi: «Costruire castelli di carte, bellissimi. | La don-na di cuori e quella di fiori e il fante gentile. Denari dena-ri per comprare re panciuti e sciocche regine. Costruirecon barbe corone ed occhi incantati, con cuori con spadecoi fiori ed il tradimento dei picche. Questo costruire sunuvole, su speranze e sospiri, su tutto e su niente. | Conun soffio – giù tutto – tu sei come Dio. E poi, come uomopuoi ricominciare» [La vita, in Castelli di carte, Fogola,Torino 1978, p. 39].

EDIZIONI DELLA MERIDIANACollana Edizioni della Meridiana [volumetti in brossura con velina protettiva, alti 17 cm, con una tavola per il ritratto]

• 1) Eugenio Luraghi, Stagioni – ottobre, 1947; 39 p.Ed. di 300 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabeto.

• 2) Renzo Biasion, Tempi bruciati. Illustrazioni dell’autore –marzo, 1948; 198 p., [6] c. di tav.

Ed. di 750 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’al-fabeto su carta uso mano.

• 3) Vincenzo Cardarelli, Villa Tarantola– aprile, 1948; 135 p.Ed. di 1000 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabeto

• 4) Nelo Risi, L’ esperienza – con un disegno di Bruno Cas-sinari; giugno, 1948; 64 p.Ed. di 300 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabeto

• 5) Luis de Góngora y Argote, Sonetti e frammenti. Tradottida Gabriele Mucchi. Introduzione di Sergio Solmi – con dieci dise-gni di G. Mucchi; giugno, 1948; 155 p. Testo orig. a fronte.Ed. di 1000 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabe-to e 25 di formato maggiore (16º) con numeri romani su cartauso mano pesante.

• 6) Eugenio Montale, Quaderno di traduzioni – con un dise-gno di Mino Maccari; settembre, 1948; 195 p. Testi orig. a fronteEd. di 1500 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabe-to su carta uso mano.

• 7) Leonardo Sinisgalli, Quadernetto alla polvere – con undisegno di D. Cantatore; dicembre, 1948; 89 p. Ed. di 750 copie num. più 100 su carta uso mano e 50 distintecon le lettere dell’alfabeto su carta uso mano pesante, firmatedall’Autore.

• 8) Renato Boeri, Più non torneranno al piano – con un dise-gno di Cini Mariani; febbraio, 1949; 78 p. Ed. di 300 copie num.

• 9) Mario Tobino, ’44-’48 (liriche) – con un disegno di Ma-rio Marcucci; luglio, 1949; 105 p.Ed. di 300 copie num.

• 10) Giuseppe Ungaretti, Il povero nella citta – con un dise-gno di Fabrizio Clerici; agosto, 1949; 123 p. Ed. di 1000 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabe-to, su carta uso mano.

• 11) Romeo Lucchese, Pazienza e impazienza – con un di-

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segno di Pericle Fazzini; settembre, 1949; 101 p.Ed. di 300 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabetosu carta uso mano.

• 12) Rafael Alberti, Poesie. Tradotte da Eugenio Luraghi –con una tavola a colori f.t. e un disegno di Attilio Rossi; settem-bre, 1949; 236 p. Ed. di 750 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 13) Sandro Penna, Appunti – con un disegno di OrfeoTamburi; marzo, 1950; 81 p. Il testo è stampato solo al recto.Ed. di 750 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 14) Adriano Grande, Fuoco bianco. 1941-1949 – con un di-segno di Virgilio Guzzi; aprile, 1950; 78 p. Ed. di 750 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 15) Prima antologia di poeti nuovi – con un disegno di Do-menico Cantatore; dicembre, 1950; 153 p. Ed. di 500 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 16) Bruno Barilli, Capricci di vegliardo – con un disegno diGiorgio De Chirico; gennaio, 1951; 112 p. Ed. di 750 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 17) Candido Portinari presentato da Eugenio Luraghi – s.d.,[1951?]; 20 p., [15] c. di tav.; 24 cm.Senza indicazione di tiratura.

• 18) Carlo Linati, Nuvole e paesi. A cura e con prefazione diSergio Solmi– con un disegno di Ugo Bernasconi; giugno, 1951;136 p.Ed. di 1000 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 19) Giannina Vanzi Angioletti, I giorni del mio tempo – conun disegno di Nino Caffè; 1951; 71 p.Ed. di 300 copie num. più 21 distinte con le lettere dell’alfabeto

• 20) Bartolo Cattafi, Nel centro della mano – con un disegnodi Luca Crippa; ottobre, 1951; 75 p.Ed. di 300 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 21) Seconda antologia di poeti nuovi. Premio S. Babila 1950.Inediti – con un disegno di Bruno Cassinari; novembre, 1951;184 p.Ed. di 500 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 22) Toti Scialoja, I segni della corda – con un disegno di An-tonio Scordia; gennaio, 1952; 155 p. Ed. di 300 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 23) Piero Bigongiari, Rogo – con un disegno di O. Rosai;maggio, 1952; 136 p. Ed. di 350 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 24) Giuseppe Lanza, I cigni neri– con un disegno di F. Ho-siassion; maggio, 1952; 216 p.

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28 la Biblioteca di via Senato Milano – aprile 2011

Ed. di 750 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 25) Leonardo Sinisgalli, La vigna vecchia – con un disegnodi Antonio Scordia; giugno, 1952; 79 p. Ed. di 500 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 26) Jean Paulhan, Le cause celebri. Traduzione di GiannaManzini. Con saggio di Luciano Anceschi– novembre, 1952; 122 p.Ed. di 500 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 27) Vittorio Bodini, La luna dei Borboni (poesie)– con un di-segno di F. Barbieri; novembre, 1952; 63 p.Ed. di 350 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 28) Giorgio Orelli, Poesie – con un disegno di U. Monico;aprile, 1953; 123 p. Testo stampato solo al recto.Ed. di 350 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 29) Ettore Lippolis, Testamento a Maria Catobrán. Poesie.Prefazione di Arturo Tofanelli – con un disengo di D. Nádas;maggio, 1953; 121 p. Testo stampato solo al recto.Ed. di 350 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 30) Giorgio Soavi, I genitori a teatro – con un disegno diCassinari; maggio, 1953; 99 p.Ed. di 350 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 31) Natta, Giacomo, L’ ospite dell’Hotel Roosevelt. Prefazio-ne di Giuseppe Ungaretti– con un disegno di F. Gentilini; giugno,1953; 133 p.Ed. di 500 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 32) Pittori che scrivono. Antologia di scritti e disegni, cura diLeonardo Sinisgalli – gennaio, 1954; 239 p. Senza numero e indicazione di tiratura [altre bibliografie – cfr.“Wuz” – non riportano alcun titolo per questo numero, ma, peril formato, uguale a quello su Candido Portinari, e per la data,crediamo che il libro mancante sia questo].

• 33) Piero Bigongiari, Il corvo bianco – con un disegno diMario Marcucci, marzo, 1955; 92 p. Ed. di 300 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 34) Arturo Tofanelli, Il cielo di Nuova York – con un dise-gno di Domenico Cantatore, marzo, 1955; 54 p.Ed. di 500 copie num.

• 35) Laura Giuliani, L’ aria e il tempo. Disegni di Rafael Al-berti – ottobre, 1955; 53 p. Testo stampato solo al recto.

Ed. di 350 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

• 36) Francesco Tentori Montalto, Diario. Poesie 1947-1955 – maggio, 1956; 99 p. Ed. di 300 copie num. più 21 su carta uso mano, distinte con lelettere dell’alfabeto.

Collezione critica [volumetti in brossura con velina pro-tettiva, alti 18 cm]

• 1) Cesare Brandi, La fine dell’avanguardia e l’arte d’oggi –1952; 231 p. Ed. di 750 copie num.

• 2) Aldo Borlenghi, L’ arte di Niccolo Tommaseo– 1953; 320 p. Ed. di 500 copie num.

• 3) Gianandrea Gavazzeni, La morte dell’opera–1954; 236 p.Ed. di 500 copie num.

• 4) Sergio Antonielli, La poesia del Pascoli – 1955; 228 p. Ed. di 500 copie num.

Quaderni di Poesia [volumetti in brossura con velinaprotettiva, alti 17 cm]

• 1) Giovanni Arpino, Barbaresco – 1954; 28 p.Ed. di 300 copie num.

• 2) Franco Fortini, Una facile allegoria – 1954; 29 p. Ed. di 300 copie num.

• 3) Pier Paolo Pasolini, Il canto popolare – 1954; 27 p.Ed. di 300 copie num.

• 4) Andrea Zanzotto, Elegia e altri versi. Con una nota di G.Gramigna – 1954; 30 p.Ed. di 300 copie num.

• 5) Umberto Bellintani, Paria. Con una nota di G. Ferrata –1955; 28 p.Ed. di 300 copie num.

• 6) Bartolo Cattafi, Partenza da Greenwich – 1955; 41 p.Ed. di 300 copie num.

• 7) Lalla Romano, L’autunno. Con nota di Carlo Bo – 1955;28 p. Ed. di 300 copie num.

• 8) Luciano Erba, Il bel paese. Con una nota di Folco Portinari– 1955; 25 p.

Ed. di 300 copie num.

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APPUNTAMENTI - CATALOGHI – SPIGOLATURE – ASTE - MEMORIE DI MILANO - L’INTERVISTA D’AUTORE – MOSTRE

inSEDICESIMO

LETTERATURA DI GENDERASPETTANDO IL SALONE

Aspettando l’apertura della grandekermesse del “Salone del Libro” (dal 12 al 16 maggio), Torino si scalda con la terza edizione de “A qualcunopiace libro”, l’eclettica manifestazioneorganizzata dalla Libreria Coop di piazzaCastello, che dal 29 aprile al 4 maggio, in concomitanza con il “Torino GLBT FilmFestival”, presenta titoli inediti di grandeprestigio e giovani autori all’esordio, tuttiaccomunati dall’argomento omosessuale.

Niente di pruriginoso né di meramente provocatorio,comunque, ma una ricca panoramica su un genere letterario in forte crescita,anche e soprattutto grazie agli intrigantirisvolti psicologici delle storie che mediamente racconta.

Ivan Scalfarotto nel suo In nessunpaese parla dell’affermazione dei propridiritti, mentre Evviva la neve di DeliaVaccarello racconta di come si arriva alla decisione di cambiare sesso. Moda,costume e tendenze, invece, sono al centro di Vestire Degeneredi Alessandra Castellani e di Felici e Maledetti di Bruno Casini, ma anche del “reportage letterario” che Andrea Pinidedica agli anni della “Dolce vita”(Quando eravamo froci).

Tra gli esordi assoluti, invece,Giorgio Ghibaudo e il suo Kiss Face,Daniela Tazzioli con Puro amoree Federica Tuzi con Non ci lasceremo mai.

Molto interessante, “l’apericenacon l’autore” di domenica 1° maggio:Lorenza Foschini presenta in anteprima Il cappotto di Proust, libro in corso di traduzione in tutto il mondo, che ripercorre la storia del grandebibliofilo Jacques Guérin e delle peripezieche dovette affrontare per salvare il cappotto e i mobili della stanza di Marcel Proust, poi donati al MuseoCarnavalet. L’autrice si imbatte in unastoria di famiglia misteriosa, fatta dipassioni, silenzi e di ostinata omofobia.

Info: www.tglff.com

APPUNTAMENTI CON GLI SCRITTORIE CON LE PAGINE SCRITTE Incontri, rassegne e corsi di lettura

UNA PICCOLA GRANDERASSEGNA DEDICATA AL 150°

Continua fino al 14 maggiol’undicesima edizione di “Libri acatinelle”, l’annuale rassegna che anima la biblioteca “Luigi Dal Pane” di CastelBolognese, in provincia di Ravenna.

Il tema dell’anno è quellodell’Unità, in omaggio ai 150 annidell’Italia: un argomento che ancoraoggi esige analisi e approfondimentionesti e non retorici, momenti diriflessione e di “interrogazione”.

Da segnalare, il 27 aprile, un doppio appuntamento con lo scrittore Maurizio Maggiani, che incontra gli studenti nel pomeriggio– parole libere su Giovani, castità,Risorgimento – mentre la sera tiene una conferenza-spettacolo (Carne macinata per l’universo) nelTeatrino del vecchio mercato.

Info: tel. 0546.655849

4 DOMENICHE DI MASTERPER LEGGERE A VOCE ALTA

Scadono con la fine di aprile i tempi per iscriversi al “Master didizione e lettura creativa ad alta voce”organizzato dall’associazione CascinaMacondo di Riva Presso Chieri, in provincia di Torino. Il corso,strutturato nelle quattro domeniche dimaggio, ha un costo complessivo di 300euro ed è dedicato sia ai professionistidella comunicazione sia a chi vuoleriscoprire il puro suono della parola

Info: www.cascinamacondo.it

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IL CATALOGODEGLI ANTICHILibri da leggere per comprare libri

RACCOLTE GARIBALDINEE ALTRI OMAGGI AI 150Libreria Antiquaria PeriniCatalogo 26: Libri Antichi e Rari

Ricordando i 150 anni dell’Unitàd’Italia, la libreria antiquaria Perini diVerona offre l’Album storico artisticoGaribaldi nelle due Sicilie ossia Guerrad’Italia nel 1860, scritta da G.B. condisegni dal vero litografati da miglioriartisti, Milano, Terzaghi, 1880. Il volumecontiene 60 tavole litografiche, di cui 37vedute e scene di battaglia (le barricatedi Palermo, l’attacco di Messina) e 23ritratti di Garibaldi, suoi generali ed eroidella Spedizione dei Mille (€1.500 inlegatura moderna).

Segnaliamo anche la rara secondaedizione del primo evangeliario in arabocontenente una traduzione interlinearelatina composta da Leonardo Sionita, eintitolata Evangelium Sanctum DominiIesu Christi con scriptum a quatuorEvangelistis sanctis, id est Matthaeo,Marco, Luca et Iohannes (Roma,Typographia Medicea, 1591; €10.000 inmezza pergamena ottocentesca), con unaprinceps contenente soltanto il testoarabo apparsa l’anno precedente. LaTipografia Medicea, fondata nel 1584 sucommittenza del pontefice Gegorio XIIIdal cardinale Ferdinando de’ Medici, eraspecializzata nella pubblicazione di operein lingue orientali, in particolar modo inarabo. La tipografia fu affidata al celebreorientalista Giovambattista Raimondi(1536-1614). Dopo la morte di Raimondi

di annette popel pozzo

traduzione dal greco con ilcommento del noto umanistaveneziano Sebastiano Erizzo sipresenta in una legatura inmarocchino rossosettecentesco alle armidell’erudito doge MarcoFoscarini. L’opera vienecensita al numero 2664 del

Catalogo della biblioteca Foscarini aiCarmini vendibile a Venezia nel 1800.

Una bella miscellanea è quella cheunisce due prime importanti edizioni diSimone Porzio: De coloribus libellus e Decoloribus oculorum (entrambi Firenze,Torrentino, 1548 e 1550; €5.000 inlegatura in piena pergamena secentescacon unghie). Goethe, basandosi sul testodi De coloribus libellus, preparò unatraduzione tedesca per la suaFarbenlehre del 1810. De coloribusoculorum invece rappresenta un rarotrattato sul colore degli occhi e uno deiprimi in assoluto che si occupi dioftalmologia. L’opera fu tradotta initaliano da G.B. Gelli l’anno seguente.

Libreria Antiquaria PeriniVia A. Sciesa, II – 37122 Veronawww.libreriaperini.com

la tipografia fu trasferita aFirenze. Le 149 vignettexilografiche che ornano ilvolume furono probabilmenteincise da Leonardo Parasolesu disegno di AntonioTempesta, artista fiorentinocelebre per gli affreschieseguiti in Vaticano e in moltipalazzi nobiliari romani.

Molto interessante la primaedizione del testo di Prospero Farinacci,Tractatus de Haeresi (Roma, Andrea Phei,1616; €1.500 in piena pergamena coevarigida) che si colloca nel contestodell’influenza dei giuristi laici sullaprocedura del sant’Uffizio. L’opera sidedica infatti al trattamento degli ereticie loro punizioni. «L’influenza dell’operadel Farinacci, ancora vivissima sulla finedel secolo XVIII, fu anche largamentesentita nelle legislazioni straniere» (Diz. Treccani, IV, p. 627). L’importanzadell’edizione si sposa con la bellezzadell’esemplare nel volume I Dialoghi diPlatone intitolati l’Eutifrone, overo Dellasantita, l’Apologia di Socrate, il Critone, oDi quel che s’ha affare, il Fedone, […] diPlatone (Venezia, Varisco, 1574, €6.000).Questa prima edizione dell’importante

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IL CATALOGODEI MODERNILibri da leggere per comprare libri

UN’INTERA COLLEZIONEDEDICATA A NABOKOVLibreria PhilobiblonVladimir Nabokov, “I manoscritti nonbruciano”. Raccolta di prime edizioni e unmanoscritto

«Avrete notato che il bruco è un“lui”, pupa è una cosa neutra e la farfallaè una “lei”. Vi chiederete: qual è lasensazione della schiusa? Senza dubbioc’è un’ondata di panico che arriva allatesta, un fremito che lascia senza respiroe una strana sensazione, ma poi gli occhivedono, in un fiume di luce la farfallavede il mondo, e l’enorme e terribile visodell’entomologo che è rimasto a boccaaperta. Passiamo ora alla trasformazionedel dottor Jekyll in mister Hyde».

Entomologo raffinato, anche sediscusso da quelli di professione, Nabokovimmaginava così le sensazioni di unafarfalla nel passare dallo stato di bruco,più o meno un verme, a quello di unadelle più stupefacenti creaturedell’universo.

Forse provava la stessa sensazioneanche lui quando, partendo da un cumulodi appunti, scritti ordinatamente suschede bibliografiche, ma pur sempre inmodo frammentario e confuso, riusciva ascrivere storie incredibilmente belle comequelle di molti suoi romanzi.

Questi pensieri nascono da unodegli ultimi cataloghi della libreriaPhilobiblon che trova il titolo nelle paginede Il Maestro e Margherita di Bulgakov: Imanoscritti non bruciano.

Vi troviamo solo opere di Nabokov,da Mashenka del 1926 [tradotto negliStati Uniti nel 1970 con il titolo Mary e inItalia solo l’anno dopo, con il titolo Maria]a King, Queen, Knave [New York, McGrawHill 1968] che era stato pubblicato nel1928 a Berlino in russo dall’editore Slovo[in Italia sarà tradotto solo nel 1996, daAdelphi], a Lolita edito a Parigi da TheOlympia Press nel 1955 in due volumi [inItalia, è Mondadori l’editore che, nel 1959,gli dedica il n. 174 della prestigiosacollana della “Medusa”].

Proprio su questo libro – satira dicostume e spregiudicata denuncia di mitie tabù – il catalogo riporta tre citazioniche val la pena di trascrivere. Una, trattadal romanzo, ben condensa la morbosasensualità del romanzo: «Lolita, luce dellamia vita, fuoco dei miei lombi. Miopeccato, anima mia. Lo-li-ta: la puntadella lingua compie un breve viaggio ditre passi sul palato per andare a bussare,tre volte, contro i denti. Lo. Li. Ta.». Per lascabrosità del tema, esposto conun’audace libertà interiore, la critica hasempre insistito sul fatto che questastraordinaria e moderna storia d’amorepotesse essere autobiografica; Nabokov,in Intransigenze, sottolineava: «Lolita nonha avuto alcun modello. È nata nella miatesta. Non è mai esistita. Di fatto nonsono un gran conoscitore di ragazzine. Aben pensarci, credo di non conoscerneneanche una. Qualche volta ne hoincontrate in società, ma Lolita è unacreatura della mia immaginazione». E inun’altra occasione aggiungeva: «Dopo che

l’Olympia Press pubblicò il libro a Parigi,un critico americano avanzò l’ipotesi cheLolita fosse il resoconto della mia storiad’amore con la letteratura romantica.Questa elegante formula diverrebbe piùesatta se si sostituissero a “letteraturaromantica” le parole “lingua inglese”».Semmai, a voler trovarne lo spunto ol’ispirazione, bisogna ricordare cheNabokov, alla fine degli anni Venti, avevatradotto in russo Alice’s Adventures inWonderland.

Ma i libri elencati – per l’esattezzain totale 23, in prima edizione russa oinglese (con le prime traduzioni italiane) –che rappresentano comunque una sceltaimportante di ciò che ha pubblicatol’autore russo [nato a San Pietroburgo nel1899, trapiantato in America nel 1940 estabilitosi in Svizzera, dove muore aMontreux, nel 1977] sono però solo ilcontorno del pezzo forte del catalogo ecioè l’ultimo manoscritto lasciatoincompiuto da Nabokov, The Original ofLaura, scritto su 138 schedebibliografiche, il manoscritto che appuntonon è stato bruciato. L’autore avevalasciato scritto alla moglie Véra che se luifosse morto prima di finire il romanzo, leiavrebbe dovuto distruggere ciò che nerimaneva. Scomparsa anche la moglie, ilfiglio Dmitri, dopo una lunga riflessioneacconsentì alla pubblicazione; nellaintroduzione al libro [New York, A. Knopf2009; London, Penguin 2009] il figlio lodefinisce un «capolavoro embrionale».

Giustamente la libreria, che nonindica prezzi di sorta, sottolinea comequesto sia l’unico autografo letterario diuna certa consistenza che non siacustodito nelle biblioteche pubblicheamericane. Se mani private devonoaggiudicarselo, siano almeno attente.

Libreria Philobiblonpiazza San Simpliciano 7 – 20121 Milanooppure piazza Massimi, 3 - 00186 Romawww.philobiblon.org

di matteo noja

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ET AB HIC ET AB HOCA spasso tra gli scaffali della BvS“Avventure di nomi veri e nomi finti”

� «Il destino di noi uomini civilizzati ènel nome e nel cognome». Così scrivevaAlberto Savinio (1891-1952). Ma come la mettiamo quando il nome è falso, uno“pseudo nome”? È falsato anche il destino? Il vero nome di Savinio eraAndrea de Chirico, e in famiglia tutti lo chiamavano Betty. Dal soprannomeaveva cavato sicuramente l’Alberto e, dalla letteratura francese che amava,quel Savinio che si impose da sé, proprio aParigi, nel 1914. Curiosamente, in tutte leopere autobiografiche, parlando dellaproprie vicende, si chiamerà NivasioDolcemare. Un misterioso guazzabuglio!Come se la vecchia disputa scolastica tesaa stabilire se i nomi siano conseguenzadelle cose o viceversa, si fosse attorcigliatasu se stessa…

� Gli scaffali di una biblioteca sono il luogo dove più facilmente ci si puòimbattere in quel curioso fenomeno che è lo pseudonimo, nome fittizio utilizzatoda personaggi più o meno noti, pittori,cantanti e attori, ma soprattutto scrittori,desiderosi di nascondere la propriaidentità. Alcuni di questi pseudonimi peròpoi diventano il nome legalmentericonosciuto di costoro. Basta ricordare il“nostro” Malaparte (1898-1957) che muta,con regio decreto, Kurt Erich Suckert in unpiù italiano Curzio Malaparte. Si dice chesia stato l’amico Giuseppe Fonterossi adavergli segnalato un anonimo librettodell’Ottocento (I Malaparte e i Bonapartenel primo centenario di un Malaparte-Bonaparte) dove erano narrate le vicendedi una famiglia romana che, per i servigi

resi al papa, aveva potuto cambiareufficialmente la “Mala” in “Bona-parte”. Lo scrittore pratese, dopo vari tentativi di italianizzare il cognome (Suchertio) o di usarne qualcuno di papale (Borgia,Colonna, Mazzarino), colpito dalla vicendadegli antenati dell’Imperatore, dovendoscegliere, si era trovato costretto a optareper la “Mala-parte”, visto che di “Bona-parte” ingombranti, nella storia ce n’eragià stato uno.

� Altro nome diventato poi legale neglianni ’60, quello di Ignazio Silone (il suoera Secondo Tranquilli, 1900-1978) con cui firmò, nel 1933, Fontamara. Lo scrittore abruzzese scelse il nome di un antico condottiero dei Marsi, QuintoPoppedio Silone, che, eletto console dellaconfederazione italica, mosse nel 90 a.C.contro Roma una guerra che fu detta“sociale”; dopo una prima vittoria, fu poisconfitto e ucciso dal pretore CecilioMetello. Forse lo scrittore vedeva in questo antico marsicano di tempradura un simbolo della volontà di ribellioneverso il potere e il tentativo di difendere i diritti dei suoi conterranei sfruttati e dimenticati, come quando a Pescina,sua città natale distrutta completamentenel 1915 da uno spaventoso terremoto, i soccorsi arrivarono colpevolmente tardi;il ricordo delle macerie e dei corpi sepoltitormentò lo scrittore per tutta la vita.

� Anche Amalia Liana Cambiasi NegrettiOdescalchi (1897-1995) è meglioconosciuta come Liala. La più notascrittrice italiana di romanzi rosa – genere

alquanto negletto dalla critica ma non dal pubblico (almeno di una volta).Incontrò e fece innamorare di sé un settantaquattrenne Gabrieled’Annunzio, che in preda a un’estasipoetica le volle cambiare il nome: «Tichiamerò Liala perché ci sia sempre un'alanel tuo nome». La passione per le ali e il volare, condivisa dal poeta-aviatore,nasceva però nella scrittrice da una tristevicenda. Liala si era sposata giovane,dietro le insistenze della madre con unuomo, un marchese, più vecchio di lei di17 anni; l'intesa tra loro non durò a lungo.Liala incontrò un altro marchese, ufficialedella Regia Aeronautica, di cui si innamoròperdutamente. Ma anche la loro storia finìpresto e in modo drammatico quando, nel1926, l’ufficiale, durante un’esercitazioneper la coppa Schneider, precipitò conl’idrovolante nel Lago di Varese. Persuperare il dolore, Liala incominciò ascrivere: il suo primo romanzo, Signorsì,pubblicato da Mondadori nel 1931, fusubito un grandissimo successo.

� Moltissimi gli esempi che si possonofare passeggiando tra gli scaffali:Palazzeschi (Aldo Giurlani, 1885-1974) cheadotta il cognome della nonna maternaAnna, le cui favole gli avevano «reso lafanciullezza un giardino incantato», oppureItalo Svevo (1861-1926) che italianizza il suo Ettore Schmitz, volendo marcarel’appartenenza alle due culture, quellaitaliana e quella austro-tedesca, oppureancora Umberto Saba (Umberto Poli,1883-1957) che sceglie il cognome della balia slovena, Peppa Sabaz, madre adottiva che nel suo cuore avevasostituito la figura della madre vera,austera e distaccata. E così via.

Non resta che citare Shakespeare(anche questo forse uno pseudonimo…)che fa dire a Giulietta: «Rinuncia dunque,Romeo, al tuo nome, che non è partedella tua persona, e in cambio prendititutta la mia».

di laura mariani conti e matteo noja

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aprile 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 33

� IL 28 APRILE, PARIGIAsta – Livres Anciens - AncienneBibliothèque d’Arenberg et à diverswww.interencheres.com/ventes_aux_encheres/etude.php?clef_etude=45005

� DAL 29 APRILE AL 1° MAGGIO, PARIGI

Mostra mercato - Salon International du Livre Ancienwww.salondulivreancienparis.fr;www.grandpalais.fr

Organizzando come di consuetouna mostra nella mostra, ilSalone presenta quest’annola Bibliothèque littèraireJacques Doucet che è «unebibliothèque patrimoniale derecherche créée par le grandcouturier, collectionneur etmécène Jacques Doucet(1853-1929). Consacrée à la littérature française depuis le symbolisme jusqu’à l’époquecontemporaine, elle est l’une desbibliothèques littéraires les plus richesau monde pour la seconde moitié du XIXe et le XXe siècle».

� IL 30 APRILE, PARIGIAsta – Photographieswww.binoche-renaud-giquello.com

230 lotti con fotografie di John G. Morris, Henri Cartier-Bresson(Couverture de Life, Mosca, 1954, stima€8.000-10.000), Marc Riboud e ToniFrissell (Jackie et les Kennedy, 1953, stima€8.000-9.000).

Le stime generalmente alte sono

chiara indicazione dell’importanza che la fotografia ha ottenuto negli ultimianni sul mercato d’asta.

� IL 3 MAGGIO, PARIGIAsta - www.piasa.auction.fr

L’asta di 311 lotti comprendenumerosi libri francesi, riccamenteillustrati in legature importanti.

Segnaliamo l’eccezionaleincunabolo dei Trionfi e del Canzoniere di Francesco Petrarca con i commenti diBernardo Lapini, Francesco Filelfo e

Girolamo Squarzafico,stampato a Milano da UlrichScinzenzeler il 10 febbraio e il 26 marzo del 1494 (lotto84, stima €2.000-3.000, privadi legatura).

� DAL 4 AL 6 MAGGIO, MONACODI BAVIERA

Asta – Zisska & SchauerInfo: www.zisska.de

L’asta si presenta molto ricca e comprende quasi 3.300 lotti tra manoscritti, libri antichi e rari dal Quattrocento al Novecento, tra atlanti, edizioniscientifiche, libri botanicied importanti volumid’Americana. Interessantee raramente sul mercato laprima edizione dell’operaL’arte di restituire à Roma la tralasciata navigazionedel suo Tevere (Roma,Stamperia della Reverenda

Camera Apostolica, 1683, lotto 593,stima €2.000) dell’olandese CornelioMeyer, che fu chiamato dal Papa a Romaper studiare la possibilità di navigare ilTevere.

� IL 5 MAGGIO, LONDRAAsta - Bibliophile Sale (Godalming)www.bloomsburyauctions.com

� L’8 MAGGIO, MILANOMostra mercato – Vecchi libri in piazzawww.piazzadiaz.com

� L’11 MAGGIO, PARIGIAsta - Collection Michel Wittock:quatrième partie - De Marius-Michel à Jean de Gonet / Jean-Joseph Tessier et La Description de l’Égyptewww.christies.com

Nel dettagliato comunicatostampa della casa d’asta si legge: «Thehighlight of the sale is the Descriptionde l’Égypte, 23 volumes in their originalmahogany display case, which isexpected to realize €500.000 to€700.000 […] The present copy is boundby the Parisian binder Jean-JosephTessier, a specialist in large format

bindings […] This copybelonged to Jean-JosephCourvoisier (1775-1835)».

� L’11 MAGGIO, PARIGI

Asta – Importants livresanciens, livres d’artistes et manuscritsInfo: www.christies.com

ASTE, FIERE E MOSTRE-MERCATOParigi è la citta più “incantata” sia prima che dopo la Pasquadi annette popel pozzo

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MEMORIE DI MILANO. DA ARCIMBOLDO A SAN CARLONEI LIBRI E NELLE STAMPE

Giuseppe Arcimboldi,universalmente conosciutocome Arcimboldo, è tornato

prepotentemente alla ribalta conl’ultima mostra che Milano gli hadedicato e che ne ha sviscerato tutti gliaspetti, anche quelli meno conosciuti:Arcimboldo - Artista milanese traLeonardo e Caravaggio, organizzata dalComune di Milano a Palazzo Reale dal11 febbraio al 22 maggio 2011.

Ma qual è la Milano che lo vedenascere nel 1527? Come è, cosa si dice ecosa si pensa in questa città che havissuto, un secolo prima, all’epoca delDucato in pieno Rinascimento, un

periodo di grande splendore? È ancorasplendida come la videro gli occhi diLeonardo?

La mostra bibliografica, allestitapresso la Fondazione Biblioteca di viaSenato, Memorie di Milano. DaArcimboldo a San Carlo nei libri e nellestampe cerca di rispondere a questointerrogativo esponendo libri, stampe ealcuni dipinti di artisti del periodo chemanifestino il contesto storico eletterario in cui il pittore milanese nascee si forma.

sostituire o a completare quelli esistenti,il rafforzamento delle difese di quelCastello che suscitava grandeammirazione in tutti i visitatori.

È anche la città che, croceviad’esperienze culturali provenienti da tuttaEuropa, è capace di elaborare nuovipensieri, stimolare nuovi studi eprogredire nel campo delle arti; ilcrogiuolo nel quale, mescolandosiUmanesimo e Controriforma, lasperimentazione sarà la forza vivificantee il segno distintivo di tutta una società.Pur nelle tribolazioni di un territoriosottomesso e vessato da un impero chegoverna da lontano senza conoscere levere condizioni del suo popolo.

È proprio questa lontananza delpotere dai problemi dei sudditi che –artefice anche l’episcopato di San CarloBorromeo – promuove la nascita delleattività assistenziali nell’esercizio dellacarità verso i malati e i poveri, gli orfani ele donne sole in difficoltà, e nelladiffusione dell’insegnamento presso igiovani e coloro che non possonopermetterselo, anticipando quellacaratteristica della città odierna, veracapitale italiana del volontariato in favoredi chi ha bisogno.

Il contesto storicoLa Milano che dà i natali a

Giuseppe, il figlio del pittore BiagioArcimboldi, amico di Bernardino Luini, èla città che si appresta, ricevendone igovernatori, a testimoniare l’indiscussodominio di Carlo V, imperatore che nonvede mai tramontare il sole sulle sueterre. Ma è anche la città che, esaustadopo trent’anni di guerre, carestie eangherie d’ogni genere sopportate dasoldataglie di diversi Paesi, vuolerisollevare la testa, recuperare qualchebarlume del vecchio splendore, essereancora la città capace di fornire il lusso intutta Europa, anticipando di secoli quel“made in Italy” che la renderà famosa in

vari campi, dalla moda alla cucina.Sebbene il rapporto con i nuovi “padroni”non sia molto felice, complice la sete didenaro che gli Spagnoli manifestanosubito con l’imposizione di tasse e balzelli,nel Cinquecento i Milanesi conoscerannoun periodo di sviluppo sociale,demografico e anche economico, ultimoprima del grande sonno che li avvolgerànel secolo successivo.

Sotto gli Spagnoli la città vedecrescere le nuove mura volute dalgovernatore Ferrante Gonzaga, le nuovechiese e i nuovi palazzi che andranno a

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VISITE GUIDATE PER I GRUPPI DI ADULTI:

Cinquecento sacroDopo aver visitato la mostra

seguiremo il percorso dal SeminarioArcivescovile al Duomo per approfondirele trasformazioni dell’arte sacra dall’etàRinascimentale al Manierismo all’internodella particolare situazione milanese, chegrazie alla presenza colta e appassionatadi San Carlo Borromeo vide laconcretizzazione degli ideali estetici delConcilio di Trento, espressi dallo stessoSan Carlo nelle sue Istruzioni sull’edilizia ela suppellettile ecclesiastica.

Durata: 2 ore e 30Costo: € 110 + € 1.20 per il noleggio obbligatorio delle radio cuffie in Duomo

Cinquecento profanoDopo aver visitato la mostra,

seguendo l’antica via dei Giardini (ora ViaManzoni) e percorrendo alcune tra le vieadiacenti cercheremo le traccedell’urbanistica e dell’architetturacinquecentesca nel tratto urbano che daibastioni spagnoli riconduceva nel cuoredella città ducale. Incontreremo icinquecenteschi Palazzi Bigli, Orsini,Talenti di Fiorenza, per arrivare ai piùcelebri Casa degli Omenoni e PalazzoMarino. Il percorso si concluderà in Piazzadei Mercanti, davanti allo storico Palazzodei Giureconsulti.

Durata: 2 ore e 30Costo: € 110

CONFERENZE PER SINGOLI VISITATORI E GRUPPI

Conferenza: Arte a alchimiaLe bizzarrie dell’Arcimboldo,

gli esperimenti chimico-alchemici di Parmigianino e di DomenicoBeccafumi, le iconografie complesse e simboliche di Cosmè Tura e della scuola ferrarese del Quattrocento, di Albrecht Dürer e del visionarioHieronymus Bosch.

Intraprendiamo un viaggio per immagini nell’arte “magica” tra Rinascimento e Manierismo.

Conferenza: Milano dagli Sforza agli spagnoliRicostruiamo grazie

alla pittura e alla fotografia l’aspetto di Milano nel Cinquecento, un secolo di grandi trasformazioni che ha lasciato una traccia indelebile nel tessuto urbano.

Dalle Mura spagnole agli splendidiaffreschi di San Maurizio, dalla Fabbrica del Duomo alla Certosa di Garegnano viaggiamo senza muovercinella città dell’Arcimboldo.

Tutti i gruppi (gruppi scolasticie pubblico adulto), che intendanovisitare la mostra liberamente o con una propria guida, hanno l’obbligo di prenotareanticipatamente l’ingresso.

La prenotazione e l’ingresso alla mostra sono gratuiti.

LE CONFERENZE SI TERRANNO PRESSO L’AULA MAGNA DELLA BIBLIOTECADI VIA SENATO, CON INGRESSO LIBERO SENZA PRENOTAZIONE FINO AESAURIMENTO POSTI.

Per maggiori informazioni e per il calendario dettagliato degli appuntamenti:Fondazione Biblioteca di via Senato, telefono 02 76215323 - 314 - [email protected], www.bibliotecadiviasenato.it

ATTIVITÀ DIDATTICHEFondazione Biblioteca di via Senato in collaborazione con Opera d’Arte

Passeggiate cinquecentescheLa vita, la pittura, le sperimentazioni

di Giuseppe Arcimboldo ci permettono dirivivere la Milano del pieno Cinquecento,di scoprire le sue luci e le sue ombre nelpassaggio dalla gloria del ducato sforzescoalla discussa dominazione spagnola, diincontrare celebri personaggi da TommasoMarino a Carlo Borromeo. I percorsi e leconferenze che proponiamo, modulati siaper il pubblico adulto che per i gruppiscolastici, partiranno dai contenutiproposti in mostra per poi approfondiresul territorio arte e cultura delCinquecento lombardo.

VISITE GUIDATE PER I GRUPPI SCOLASTICI:

Arcimboldo in cittàGiuseppe Arcimboldo lavora per il

duomo di Monza e per il duomo diMilano, avrà percorso molte volte le stradeche da Porta Orientale lo conducevano nelcentro di Milano: le percorreremo anchenoi, riscoprendo cosa rimane della Milanodel XVI secolo. Dopo aver visitato lamostra cammineremo lungo C.so Veneziapassando dal Palazzo del SeminarioArcivescovile voluto da San CarloBorromeo, osserveremo la “crocetta” diPorta Orientale e il suo leggendario leone,raggiungeremo il Duomo per scoprire lavetrata di Santa Caterina - progettatadall’Arcimboldo - e le trasformazionicinquecentesche, termineremo infine travia Omenoni e Palazzo Marino, perammirare due dei più interessanti esempidi architettura civile del XVI secolo.

Durata: 3 oreCosto: € 90 + € 1,20 a ragazzo per il noleggio obbligatorio delle radio cuffie in Duomo.

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L’intervista d’autore

GIORGIO LUCINI E UN “VIAGGIO”NELLA RACCOLTA DI FAMIGLIA

Il nonno Achille - il Lucini di primagenerazione - fondò l’«Officinad’arte grafica Lucini», a Milano,

nel 1924. Il figlio Ferruccio - il Lucinidi seconda generazione - mandòavanti l’azienda fino al 1980. E il nipote Giorgio - il Lucini di terzae, per sfortuna dinastica, ultimagenerazione - l’ha guidata per oltretrent’anni, fino a oggi. Tutti e treinsieme, i Lucini hanno creatoun’opera d’arte: l’immenso patrimoniodi libri stampato sotto l’omonimomarchio tipografico: il meglio di Scheiwiller, le “idee di carta” piùoriginali di Gio Ponti e Bruno Munari,le opere di cinque premi Nobel, da Quasimodo alla Szymborska, e poilibri illeggibili, libri sonori, le favolecancellate di Emilio Isgrò, i libricinidel premio Bagutta, decine di rivisted’arte, architettura e design, la collana di volumetti fotograficidiretta da Ferdinando Scianna per Sciardelli, le monografie aziendaliPirelli, Olivetti, Merloni...

In quasi un secolo hanno vistopassare sotto i loro «torchi» le paginepiù belle dal punto di vista letterarioe dal punto di vista grafico del Novecento italiano: fra libri,plaquette, riviste, brochure, cataloghie volumi d’arte i Lucini hannosfornato oltre 5000 “titoli” e qualchemilione di “pezzi” stampati.

Una collezione di famigliaeccezionale, che nella sua totalità(oltre a una straordinaria sezione di circa 8mila volumi dedicata

elusivamente alla letteratura di viaggio) è oggi nelle manilibridinose di Giorgio Lucini, l’ultimodella casata: 70 anni, migliaia di progetti e di libri realizzati e altrettanti ancora da inventare,impaginare e stampare.

Come mi sono venute le idee piùbelle che ho realizzato? Seguendo unconsiglio che, da piccolo, mi diede BrunoMunari, che da noi era di casa: “Quandodevi fare una cosa, pensa alla normalità.E poi fai il contrario”. Lui lo applicava al suo lavoro di “creativo”, e io l’ho messoin pratica nel mio mestiere di stampatore,ma non solo: ad esempio, noi Lucini, da decenni, imbottigliamo un prosecco di Valdobbiadene doc, prodotto in “pezzi”limitati, con un’etichetta appositamentedisegnata ogni anno, da trent’anni, da un maestro della grafica mondiale:Bob Noorda, Walter Ballmer, Italo Lupi,Alan Fletcher... Bottiglie esclusive che regaliamo a nostri migliori clienti.

Ma non a Natale, troppo banale... si ricordi la regola della normalità... ma a maggio, quando inizia a fare caldo.Molto chic.

Cosa rende così chic l’«Officinad’arte grafica Lucini», tanto che tuttii grandi editori, scrittori e artistivogliono stampare i loro libri da voi?

Forse il fatto che fin dagli inizi, quiall’Officina Lucini, la mentalità è rimastaartigianale, ma la tecnologia è semprestata la più avanzata del momento. Il cliente arriva da noi con il testo e leimmagini da stampare, ma su come farloci pensiamo noi. Diciamo che ci siamosempre riservati una discreta autonomiacreativa... Una lezione imparata dal nonno e trasmessa a mio padre e me,quando nel Dopoguerra cominciò a collaborare con pittori, architetti,fotografi, graphic designer. Quandolavorava con il mitico Studio Buggeri di Milano, quando iniziò a stampareriviste come Domus, Casabella...

E cos’altro le ha insegnato suopadre?

Soprattutto una cosa: che il graficoè un sarto che veste le idee. E di idee noiLucini ne abbiamo vestite parecchie,cercando sempre di farlo nel modo più elegante.

Esempi?La rivista Lidel, la prima stampata

dall’Officina d’arte grafica Lucini, nel 1924, o l’Apocalisse delle Edizioni dellaChimera con le litografie di Giorgio

di luigi mascheroni

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De Chirico del ‘41, piuttosto che i libriilleggibili di Bruno Munari finiti anche al MoMA di New York. Ancora: il libricinoconcettuale dell’artista Vincenzo Agnetti,le bibliofollie di Scheiwiller e quelle per lestrenne di Paolo Franci, e poi le Trentaduevariazioni di Eugenio Montale del 1973stampata con 32 colori diversi, l’AlfabetoLucini progettato da Munari nell’87, i primi libri di poesia di Nicola Crocetti...

C’è anche il volumetto Vecchiaauto “fatto in casa” nel 1961 contesti e illustrazioni di Dino Buzzati?

Io ero giovanissimo, e mimandarono a fargli vedere le bozze.C’erano un paio di “vedove”, la riga di testo finale di un paragrafo isolataall’inizio di una pagina, una cosaassolutamente da evitare... Ma comefacevo a dire a Buzzati di togliere unaparola? Lui capisce il mio imbarazzo, mi guarda, prende la matita e inizia a cancellare un aggettivo qua, uno là: “A tagliare si migliora sempre”, mi dice.

Lei non è solo un maestronell’arte della stampa, ma anche un autore

Mah, insomma! Diciamo che mi sono inventato un’opera un po’

da Pordenone, dalle opere di MatteoRicci sulla Cina fino ai libri di BruceChatwin.. e poi diari, memorie, trattati digeografia, saggi di antropologia.

Il più prezioso che possiede?Forse un manoscritto acquistato

tanti tanti anni fa in una libreria-bazar a Bombay: il diario di viaggio datato1820, di una lady vittoriana, moglie di un ufficiale inglese di stanza in India: è un manoscritto con splendidi acquarelli,mai stampato. Lo portai via per pochisoldi dicendo al librario: It’s not a book!

E il libro a cui è piùaffezionato?

Un quadernetto di un bambinodogon, del Mali, su cui aveva disegnato a colori tutte le maschere del suo popolo!Me lo vendette lui stesso. Gli lasciaiqualche soldo in più, ma lui mi rincorseper darmi il resto. Il quaderno ovviamenteè un pezzo unico, ma quello che non haprezzo è l’emozione che provai quel giorno. Comunque, è una delle cosepiù preziose della mia biblioteca.

Ma nella sua biblioteca c’èanche qualcosa di molto “particolare”che pochi possono permettersi.

Sì. Un bibliotecario... Una cosamolto chic.

curiosa: L’agenda del tempo libero, che riporta in calendario solo i giorni di festa.

Ed è anche bibliofilo? Oltrel’opera omnia stampata dalle OfficineLucini, che farebbe perdere la testa a qualsiasi collezionista, lei ha unabiblioteca personale di 20mila volumi,quasi metà dei quali sono di viaggio.

Sì, ho diversi “fondi”: letteratura,libri d’arte, libri di fotografia - circa2mila - ma soprattutto libri di viaggio,oltre 8mila, dai testi di Ibn Battuta,l’esploratore marocchino di origineberbera considerato il Marco Polo arabo,alle relazioni di viaggio di Odorico

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6.000 spot grL’impegno di Med

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atuiti all’anno

6.000i passaggi tv che Mediaset, in collaborazione con

Publitalia’80, dedica ogni anno a campagne di carattere sociale.

Gli spot sono assegnati gratuitamente ad associazioni ed enti

no profit che necessitano di visibilità per le proprie attività.

250i soggetti interessati nel 2008 da questa iniziativa.

Inoltre la Direzione Creativa Mediaset produce ogni anno,

utilizzando le proprie risorse, campagne per sensibilizzare

l'opinione pubblica su temi di carattere civile e sociale.

3società - RTI SpA, Mondadori SpA e Medusa SpA costituite

nella Onlus Mediafriends per svolgere attività di ideazione,

realizzazione e promozione di eventi per la raccolta

fondi da destinare a progetti di interesse collettivo.

iaset per il sociale

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ANDANDO PER MOSTREDa Leonardo e Michelangelo a Rauschenberge Dalì, passando per scatti e fogli d’autore

Sembrerebbe impossibile, in questianni di installazioni monumentali,opere interattive e multicolori

composizioni al neon, poter realizzareuna grande mostra di interesseinternazionale con poche e datate “carte”.Ma quando questi fogli hanno qualchesecolo di età, e soprattutto quando

portano in calce le firme di Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, le cose cambiano come per magia. A maggior ragione, poi, se un solopercorso espositivo mette a confronto la mano dei due genii mentre simisurano con quanto di più immediato e “artigianale” ci sia, il disegno.

Ecco quello che succede con “Lascuola del mondo - Disegni di Leonardoe di Michelangelo a confronto” (a cura di Pietro C. Marani e Pina Ragionieri),ospitata presso Casa Buonarroti a Firenzee progettata grazie alla collaborazionedella stessa con la Veneranda BibliotecaAmbrosiana di Milano.

Ventidue disegni in tutto - dodicidi Leonardo e dieci di Michelangelo - per una piccola mostra di straordinarioimpatto, che va ben al di là dall’essereun semplice antipasto della grandeesposizione di disegni dei due maestriche si aprirà ai Musei Capitolini di Romail prossimo ottobre.

La mostra prende il la - e il titolo -da alcuni interessanti progetti eseguiti da Leonardo e da Michelangelo per gli affreschi sul tema della Battagliadi Anghiari e della Battaglia di Cascinache i due dovevano dipingere, a gara,nella Sala del Maggior Consiglio, oggi

Salone dei Cinquecento, in PalazzoVecchio a Firenze. Nessuna delle dueopere fu portata a compimento, ma gli “studi” furono importanti e ammiratissimi, tanto che BenvenutoCellini li definì la «scuola del mondo».

I disegni in arrivo da Milano,comunque, rappresentano quasi tutte le tecniche adottate da Leonardo nel corso della sua carriera, mentre quellimichelangioleschi hanno anche lo scopodi mettere in evidenza alcuni momentisalienti della biografia del Maestro.

LEONARDO E MICHELANGELO,I “MAESTRI” DEL DISEGNO

Qui sopra: Michelangelo Buonarroti, Nudo di schiena, 1504 - 1505

A sinistra: Leonardo da Vinci, Studio di una mezza figura di profilo, ca. 1500 - 1510

Sotto: Michelangelo Buonarroti, Studio di gambe, 1524 - 1525

LA SCUOLA DELMONDO. DISEGNI DI LEONARDO E DI MICHELANGELO A CONFRONTOFIRENZE,CASA BUONARROTI, FINO AL 1° AGOSTO

Info: tel. 055 241752www.casabuonarroti.it

di matteo tosi

la Biblioteca di via Senato Milano – aprile 2011

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DALÌ E RAUSCHENBERG ALCOSPETTO DELL’“INFERNO”

Come dimostrato anche dalsuccesso di pubblico della nostra“Dante e l’Islam”, il sommo poeta

e la sua Commedia continuano a saperparlare alla gente e a stimolare interessenei critici e curatori più diversi tra loro.

Senza muoverci da Milano, adessoè la volta della Fondazione ArnaldoPomodoro con “L’Inferno di DanteAlighieri nelle opere di Salvador Dalì

e Robert Rauschenberg” (fino al 17luglio; info: tel. 02.89075394 -www.fondazionearnaldopomodoro.it).

Trentaquattro xilografie a 35colori del maestro surrealista spagnolo(delle 100 tavole da lui concepite sul tema), infatti, e altrettante serigrafie del maestro statunitense per eccellenza, rileggono la primacantica dantesca, caratterizzata per le sue descrizioni cruente e terrificanti, popolate da dannati e demoni, personaggi storici e figure mitologiche, condottieri antichi

e servi della fede, poeti e filosofi, tutti condannati al patimento nella voragine dolorosa di cerchi egironi, balze e dirupi, fiumi e cascate.

Tutt’uno con il percorsoespositivo, un grande libro su cuivengono proiettate immagini e parole di famosi attori e letterati(Giorgio Albertazzi, Carmelo Bene,Roberto Benigni, Vittorio Gassman,Vittorio Sermonti), che si alternano nella lettura del Canto V dell’Inferno, in cui proprio un libro diviene il protagonista degli avvenimenti che

coinvolgono i due amantiPaolo e Francesca.Se il “delirare”del pittorecatalanotrasfigura ledescrizionidantesche in tavolesimboliche

che abitano un mondo farsesco e inquietante, l’attualità entra di prepotenza nel passato storicodella Commedia rivisitata da Rauschenberg con ritagli di giornale che ricompongono criticamente unarealtà conflittuale e contraddittoria.

F ino al 29 maggio, ilMuseo Diocesanodi Milano ospita

“Tra arte e design - Viveree pensare in carta e car-tone”, una sorta di puntopunto sull’estetica dellacarta, riciclata e non solo,con 23 designer di sicurarilievanza internazionale

- da Frank O. Gehry aGiorgio Caporaso - e 21artisti tra cui Chris Gil-mour, Pietro Ruffo e Peri-no&Vele.Essenzialità, rigore, so-brietà ma anche emozio-ni, coraggio e innovazio-ne emergono dalle operedi questi creativi che de-

clinano la carta in ogget-ti nomadi, minimali, ca-paci di generare socialità,ma ricchi di sentimento.Info: tel. 02.89420019.

“L’ESTETICA DELLA CARTA” NEL DESIGNINTERNAZIONALE E NELL’ARTE PIÙ GIOVANE

Il Festival Biblico di Vi-cenza rinnova la pro-pria felice collabora-

zione con la Mostra In-ternazionale di illustra-zione per l’Infanzia diSarmede, in provincia diTreviso. L’esposizione (fi-no al 22 maggio) si snodalungo 71 illustrazioni difiabe e racconti dall’Asia,Oceania e Regioni Arti-che, 3 tavole originali delracconto di Stepan Zavrel“Nonno Tommaso” e un

percorso didattico cheguiderà i visitatori allascoperta della lotta delbene contro il male, del-l’origine dell’universo,

dell’importanza di ascol-tare chi ha più esperienzadi noi, e del rapporto del-l’uomo con la natura econ i suoi simili. Il tutto,con un linguaggio adattoa bambini e ragazzi, macapace di diventare sti-molo anche per gli adulti,in modo da recuperareuna forma di educazionee di relazione della qualesi stanno riscoprendo im-portanza ed efficacia.www.festivalbiblico.it

A VICENZA, IL FESTIVAL BIBLICO SI CONCEDE UN’ANTEPRIMA“ILLUSTRATA” ALL’INSEGNA DEI PIÙ GIOVANI E NON SOLO

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LA VITA DI FERNANDA PIVANOTRA PAGINE E FOTOGRAFIE

“F ernanda Pivano. Viaggi,cose, persone”: ecco il titolo della grande esposizione

che la Galleria Gruppo CreditoValtellinese nel Refettorio delle Stelline,a Milano, dedica al ricordo della grandegiornalista, saggista e traduttrice che per sessant’anni è stata uno deiprincipali ponti cultural-letterari tra Italia e Stati Uniti.

La mostra (fino al 18 agosto, suocompleanno; info: tel. 02.48008015)raccoglie documenti originali - in parteinediti -, immagini fotografiche,dattiloscritti e testi autografi di grandiscrittori per rendere conto dellestraordinarie frequentazioni -intellettuali e non solo - che la scrittriceha intessuto con le grandi penned’Oltreoceano, facendo scoprire a interegenerazioni di italiani “nomi” comeErnest Hemingway, Sherwood Anderson,Francis Scott Fitzgerald, Henry Miller,William Faulkner, Gertrude Stein, Charles

Bukowski o, ancora, Allen Ginsberg, JackKerouac, Gregory Corso, WilliamBurroughs, Erica Jong, Jay McInerney e Breat Easton Ellis.

Suggestive le loro poesie, le lorolettere - su tutte quelle mai pubblicatedi Cesare Pavese - e i disegni dedicati a lei dai mostri sacri del Novecento, ma anche le fotografie dei suoi viaggi, i suoi ritratti firmati da Guido Harari e alcuni articoli particolarmentesignificativi, come “Grazie, Fernanda” di Jay McInerney apparso nel 1995 sul "New Yorker".

Belli anche i gioielli “etnici”raccolti nei suoi infiniti viaggi intorno al mondo, e ancora più particolari quellidisegnati per lei da Arnaldo Pomodoroed Ettore Sottsass. A quattro mani con quest’ultimo, la Pivano creò anche le riviste East 128, tra cui il quartonumero inedito, e Pianeta Fresco,ovviamente anch’esse esposte.

Reggio nell’Emilia èla città dove è na-to il tricolore. Per i

150 dell’unità, allora,non poteva che dedicareun prestigioso appunta-mento culturale ai coloridella bandiera. Ed ecco iltema “Verde, bianco, ros-so” di questa sesta edi-

zione dell’ormai consue-to cartellone internazio-nale di “Fotografia Euro-pea” (dal 6 maggio al 12giugno; info: tel. 0522.456249). Numerosissi-me e di qualità le mostreche contribuiscono a re-stituire una sorta di “fo-tografia dell’Italia”,

comprensiva di una ri-flessione storico-criticasulla fotografia italiana. IChiostri di San Pietro so-no il fulcro dell’evento.

REGGIO EMILIA FESTEGGIA IL “PROPRIO”TRICOLORE A TUTTA FOTOGRAFIA

Poteva sembrare unprogetto troppoconcettuale o “di

nicchia” per prosperare inanni come quelli correnti,ma “DAB3 Design perArtshop e Bookshop"giunge alla suaterza edizione. Lamanifestazionemodenese (Gal-leria Civica, dal30 aprile al 19giugno; info: tel.059. 2032604)

presenta i prototipi sele-zionati all’interno dell’o-monimo concorso nazio-nale, esponendo le operedi 38 designer e artisti,tra singoli e gruppi, indi-viduate tra quelle di 153

partecipanti. Il tema, na-turalmente, quello del ri-lancio e del “rinnovo” de-gli oggetti da commer-cializzare negli artshop enei bookshop di collezionie musei vari. Oltre all’as-segnazione del “Premiospeciale MiBAC“, sceltodalla giuria, quattro pro-getti sono stati indivi-duati da un’azienda na-zionale, la Raggio Verde,per essere messi in produ-zione e commercializzati.

DESIGN: PASSA DA PALAZZO SANTA MARGHERITA A MODENA IL FUTURO DEGLI ARTSHOP E BOOKSHOP DEI NOSTRI MUSEI

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Agnese Takeda martire delGiappone emblema d’onore

La prima edizione del dramma del ferrarese Alfonso Varano

BvS: libri illustrati

Varano, Alfonso (1705-1788). Agnese martire delGiappone. Tragedia. Parma,Stamperia Reale e GiambattistaBodoni, 1783.

In 4to grande, [8], IX, [1],122, [2] p., [1] tavola conantiporta incisa in rame daGiovan Battista Galli su disegnodi Emilio Manfredi. Al centrodel frontespizio una vignettaincisa in rame da AndreaBolzoni su disegno di FrancescoPellegrini. Esemplare su cartabianca a pieni margini inlegatura in mezza pellemarezzata con fregi in oro aldorso e nome dell’autore in orosu tassello in pelle rossa. Piattiin carta marmorizzata, taglirossi. Brooks 234: “Bel libroadorno di un’antiporta incisa da Galli, vignetta da Bolzoni,ritratto di Pio VI a medaglione,5 capilettera incisi e 2 culs-de-lamp. È dedicato a Pio VIdall’autore, Alfonso Varano di Camarino”.

Prima edizione della terza tra-gedia dello scrittore ferrare-se Alfonso Varano dei Duchi

di Camerino, che narra la storia diAgnese Takeda, moglie di SimoneTakeda Gchioye- prefetto del reFingo- e della loro conversione allafede cristiana. La conversione alcristianesimo del Giappone fu con-dotta dal 1549 da San Francesco Sa-verio e dopo 60 anni circa si scatena-rono in Giappone repressioni e per-secuzioni da parte dello Shogungiapponese; fu proprio ciò a cui fusottoposto Simone con la condannaa morte il giorno 9 dicembre 1603.Agnese, dopo aver assistito alla de-capitazione del marito, ne raccolsela testa stringendola al petto, e si ab-bandonò al proprio destino che lavide martire poche ore dopo nellostesso giorno.

La tragedia di Alfonso Varanointroduce il personaggio di Neita,sorella di Agnese, che cerca di con-vincerla a rinnegare la fede cristianae tornare all’adorazione degli deiAmida e Xaca, ma i suoi tentativi so-no vani e la fede di Agnese è così te-nace, forte e fiera pur nel suo marti-rio, che finisce per convertire anchela sorella Neita.

Questa tragedia, come fu perla seconda tragedia di Varano, ovve-ro Giovanni di Giscala (1754), ebbecome fonte l’opera sulla storia delGiappone di Giovanni Crasset e apagina V dell’edizione bodoniana sitrovano infatti le Notizie cavate dallastoria della chiesa del Giappone del P.Gioanni Crasset. Nella dedica al Pa-pa, Varano citando la sua preceden-te tragedia Gioanni di Giscala scrisse:“ho giudicato esser più dover mioche ardimento questa nuova Trage-dia, che chiamar posso derivantedall’altra, alla SANTITA’ VO-STRA di umilmente presentare” (p.[4]) e prosegue “mi parve, che la de-dicazione del Martirio d’unaDONNA GIAPPONESE, vedovain giovanile età, e d’assai distintacondizione, e bellezza, espresso dame in questa Tragedia, potesse allaSANTITA’ VOSTRA ragionevol-mente convenire” (p . [5]).

�Alfonso Varano, considerato

il maggior esponente dell’Arcadia“lugubre” ferrarese, rivela un’in-confondibile tonalità gotica ancheattraverso lo spoglio dei titoli dellasua ricca biblioteca studiata da Do-

A sinistra: Antiporta incisa in rameda Giovan Battista Galli su disegno di Emilio Manfredi

CHIARA BONFATTI

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natella Capodarca in Rinascimento eArcadia nella vita letteraria ferraresedel Settecento. La biblioteca del Varano.L’Accademia della Villa. Gli Uominiillustri di Ferrara, Modena, Mucchieditore, 1986, (Società e cultura delSettecento in Emilia Romagna.Studi e Ricerche) che alle p. 17-18informa: “Una sezione della biblio-teca è costituita dal corpus dei viag-gi: un complesso di scritture chehanno per oggetto le relazioni deiviaggi e le descrizioni di nuove terrescoperte e di nuove genti, diverse daquelle europee. A prima vista, si po-trebbe pensare a una manifestazio-ne di quel gusto per l’esotico che ca-ratterizza alcune opere letterariedel Settecento. Ma la loro colloca-zione storiografica è anteriore allanascita dell’esotismo pittoresco, e iloro testi evocano piuttosto l’incon-fondibile mestizia di una geografiaarcheologica, di tono secentesco,magari sostenuta dalla nozione deldiverso nei confronti degli abitantidi quelle terre remote. L’interesseper il diverso è ricondotto dal Vara-no alla consapevolezza di una di-stanza geografica e antropologicache solo lo studio attento delle fontiletterarie può in parte colmare: leopere erudite del celebre padre aba-te Calmet possono introdurci nelmisterioso universo del popolo in-diano, la Storia della Chiesa delGiappone del padre GiovanniCrasset ci rivela l’esteriorità enig-matica dei riti, della lingua, dell’in-dole dei giapponesi”.

Nell’avviso al lettore AlfonsoVarano rivela l’importanza che l’o-pera di Crasset ebbe per la stesura diquella che lui riteneva essere la pri-ma opera teatrale a stampa riguar-dante un fatto giapponese e, perpermettere al proprio lettore di im-

medesimarsi nella realtà da lui con-templata, inserì nella propria edi-zione alcune Notizie da lui stessotratte dalla traduzione italiana del-l’opera sulla Storia della Chiesa delGiappone, impressa a Venezia dalBaglioni in 4 volumi. Il Varano rac-conta inoltre al Lettore: “Tra quelleEroine del Cristianesimo occupaun luogo distinto Agnese, Damad’alto affare di Giatossiria sua pa-tria, dove sotto l’impero del tirannoDaifusama compiè il corso della suavita mortale con glorioso Martirio.[…] L’azione poi è nel Giappone, ilcui primario Nume è Amida, avutoin quella venerazione da’ Giappo-nesi, in che avevasi Giove dai Greci,e dai Romani. Oltracciò il suicidiopassa tra i Giapponesi per un eroi-smo, che presso loro forma il carat-tere d’un uom d’onore, che è la pas-sione più viva, che in quell’Imperoinfiammi con trasporto ogni generedi persone […]” (p. I-III).

Da Crasset trasse inoltre noti-zia del fatto che la storia del marti-rio di Agnese fu tramandata dallelettere di monsignor LodovicoCerqueira vescovo di Funai inGiappone e rivelò inoltre che Simo-ne prima di morire recise i capelli diAgnese; lei stessa lo pregò moltissi-mo volendogli con ciò dimostrare lasua volontà di rimanere vedova finoalla morte. Si trattava infatti di unuso giapponese atto a simboleggia-re un voto di castità. Un’altra infor-mazione che Alfonso Varano trasseda Giovanni Crasset riguardava ledonne che accompagnarono Agne-se vestite tutte dei loro abiti più bel-li. Una delle caratteristiche del po-polo giapponese è poi abilmentedescritta a p. VII e proviene dalTom. I, cart. 52 del Crasset: “Lapassione dominante de’ Giapponesi

è quella dell’onore. Non v’è Nazio-ne, che più di questa sia avida di glo-ria, e sensibile al disprezzo. Il puntod’onore li regge, e dà l’impulso atutte le loro azioni. Come tutti fan-no professione d’acquistar dellagloria, e vogliono distinguersi colmerito, tutti soddisfanno con esat-tezza al loro dovere, e ben si guarda-no dal dire, e dal fare cosa, che of-fenda ogni poco le regole del deco-ro”.

�La tragedia di Alfonso Varano

si svolge attraverso 5 atti che vedo-no protagonisti i seguenti attori:Agnese, vedova di Simone già Pre-fetto dell’Armi del Re di Fingo; Ca-dimiro, governatore di Giatossira eil cui vero nome fu Cacuzaimone;Neita, sorella d’Agnese, e moglie diAchito Principe di Mongama; San-goro bonzo d’Amida, e fratello diConsugedono re di Fingo; Anna,confidente d’Agnese; Gecivo, pa-rente di Simone; Gerosuno, aposta-ta, prefetto dell’Armi del Re; Mi-chele, paggio d’Agnese; un capitanodi soldati e un coro di donne cristia-ne. La scena si svolge nel Palazzo diSimone nella città di Giatossira nelRegno di Fingo. Nella scena terzadel quinto atto il capitano legge adAgnese la sentenza del re: “Consu-gedono Re di Fingo intima la meri-tata morte all’empia Agnese ostina-ta di Cristo, e rea seguace, che su lacroce dèe trafitta il petto a colpi d’a-ste esalar l’anima infame nemica de-gli Dei”, ma i soldati devono essereincitati dal capitano: “E qual torporv’istupidisce, e vieta legar le mani aduna donna imbelle? Ubbidite” e in-calzati dalla stessa Agnese che escla-ma: “E che tardate?” L’apice didrammaticità è raggiunto poi dalla

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sorella Neita che nella quinta scenadello stesso atto dice: “Adesso dun-que Perisce Agnese? Oh fosse mor-ta almeno, come il consorte suo, permano amica con la recisa testa! Chein tal guisa spiran pur anche i re; macon infame supplizio sol dei masna-dier più vili Agnese muore. Ah! Noil’abbiam perduta per sempre… Ohcare mie Donne… per sempre”.

�Andando alla ricerca di esegeti

e commentatori della vita e delleopere di Alfonso Varano ci si è im-battuti nelle parole del chierico re-golare somasco Emilio Arisio nel-l’opera Della vita e delle opere di Al-fonso Varano discorso del p. Emilio Ari-sio c.r. somasco professore di belle letterenel pontificio nobile collegio clementino.Roma, tipografia delle belle arti,1862, p.27 (Estr. Dal Giornale Ar-cadico tomo CLXXIII) AriosteaM.F. 352 22.

Del testo biografico di Arisiosi leggano le seguenti parole attra-verso le quali l’autore affrontaun’analisi dell’Agnese: “Né conten-to il nostro a questi due esperimen-ti [i.e. Demetrio (1749) e Giovanni diGiscala (1754)] e, anche una terzatragedia volle dettare, che tutta sidovesse vestire di quel suo caro spi-rito di religione. Adunque pigliò asoggetto Agnese martire del Giap-pone; ove allontanando, ei dice,ogni amor profano che non fa alla cata-strofe di un martirio, volli toccare icuori per forma tale che gli animicristiani nelle sole idee di religioneintesi, si partissero fermamente mi-gliorati [nota a piè di pagina: Pref.dell’autore nell’Agnese]. E la provagli riuscì, pare a me, assai bene; per-ché quantunque non vi abbia quelribollimento e moto che nelle altre,

ma vi è quasi un’estasi soave nel do-lore, donde s’ingenerano altri af-fetti violenti meno, ma non menoefficaci e forti. Ma benché un’auradolcissima discorra per tutto ilcomponimento; né manchino so-spensioni d’animo veementi inNeita sorella di Agnese, ed inAgnese istessa in contemplazionedei suoi servi; tuttavia nell’ultimoatto pare che il lume della religionetutto avvolga nella sua luce, ed ilpoeta accenda ed affini vie più l’ani-mo, la lingua, il verso (p. 17-18).[…] Propostosi così questo argo-mento, che per varietà e grandezzanon ha termine o fondo, chiaro è al-la bella prima che egli doveva cor-rere per ogni genere di stile: e vidiscorse in vero con piede libero esicuro. Poiché ora lo vedi procede-re piano soavissimo e mesto che

quasi arriva alla dolcezza del Pe-trarca; ora arma di sdegno il verso efulmina e tuona e scolpisce fiera-mente; ora piglia audacissimi voliquali i lirici sogliono, e travolve l’I-stro, avvezzo a scuoter di Traiano ilponte. Spesso costringe la sua fogae filosofeggia, e sì sottilmente di-stingue e scioglie, che lo direstinulla invidiare all’Alighieri dove èpiù diligente disputatore: taloracolla morte del pio guerriero e diquella madre infelice e della infantaLuigia tutto ti immerge in profon-da pietà, e ti confonde di tristezza.Anche è virtù in lui singolare de-scrivere le cose naturali; e tu qua ecolà vi ammiri e fate morgane etempeste, e la terribilità de’ terre-muoti, e la giocondità delle auroreboreali, e la difformità de’ dirupi, ele impressioni ed i moti fatti daglielementi negli uomini, nelle belve,nelle piante, posti per forma che èuna bellezza, un incanto a conside-rare” (p. 20-21). A ciò si aggiunga-no la finezza della lingua e la curadello stile, ornato e semplice.

�Negli ultimi anni della sua vita

Alfonso Varano trattò con l’editoreGiambattista Bodoni la pubblica-zione di tutti i suoi scritti. Bodonipensò inizialmente a un impiantoeditoriale così prezioso che nonvenne mai portato a termine a causadei costi troppo elevati. In seguitoperò pubblicò le opere di Varanonei tre volumetti stampati nel 1788e nel 1789. Varano partecipò soloalla correzione del primo volume acausa di gravi problemi di salute chelo condussero alla morte il 18 giu-gno del 1788 e giace da allora nellacappella della Madonna della Cat-tedrale di Ferrara.

Frontespizio dell’edizione con vignetta incisa in rame da Andrea Bolzoni su disegno di Francesco Pellegrini

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I falsi codici arabi del notoabate Giuseppe Vella

Storia di un’impostura che fece chiacchierare la Sicilia illuminista

BvS: rarità per bibliofili

Ogni società genera il tipo di impostura che le si addice.

Leonardo Sciascia, Il Consiglio d’Egitto

Imodi di passare alla storia sonomolteplici, ma quello vissuto dalprotagonista di questa vicenda

fu senza dubbio efficace. Sullo sfon-do di una Sicilia settecentesca per-corsa dal vento leggero dell’Illumi-nismo, l’allora sconosciuto Giusep-pe Vella (1749-1814) attirò su di sé ilplauso dei nobili salotti e il furore de-gli accademici con la singolare tra-duzione di due codici medioevali.L’eco dei fatti attraversò i salottimondani del continente, scandaliz-zò le conversazioni intellettuali,venne filtrata dalla satira di poeticontemporanei; le cronache deltempo, tra tutte la penna pungente diDomenico Scinà, ne riportano i det-tagli, mentre nel Novecento la figuradell’abate cattura Leonardo Sciasciache la traspone nel suo Il Consigliod’Egitto.

Quasi a erigersi come parados-so, quello passato alla storia come se-colo della ragion pura e dei lumi, fuanche il secolo di avventurieri lette-rari e falsari, e la Sicilia, così ricca dimemorie e di testimonianze di un

mo, dove usufruisce di un legato per-petuo di messe quotidiane ereditatoda una zia suora e sbarca il lunariovendendo numeri del lotto ai concit-tadini dei quartieri poveri.

L’ora d’ingresso di Vella nellastoria scocca il 17 dicembre 1782,quando l’ambasciatore del Maroccoè costretto a riparare fortunosamen-te a Palermo e viene di conseguenzaaccolto con i massimi onori dalle au-torità del Regno. In una città cheaveva dimenticato l’arabo nonostan-te una fertile dominazione, le originimaltesi di Vella e la sua basilare co-noscenza dell’idioma orientale glivalsero l’incarico di fare da interpre-te e da accompagnatore ai luoghid’interesse dell’isola, tra i quali ilmonastero di S. Martino, dove l’in-teresse dell’ambasciatore cade su di-versi codici arabi.

L’occasione diventa il la propi-zio per segnare l’inizio dell’“arabicaimpostura”: dopo la partenza del le-gato, Vella finge un’intensa attivitàepistolare con l’ambasciatore, dallaquale sarebbe scaturita la presuntaconferma che quella che in realtà erauna comune biografia del profetaMaometto fosse un registro di can-celleria araba in Sicilia, e dunque unprezioso documento storico della

passato ormai tramontato, così no-stalgica di una grandezza ormai per-duta, si proponeva come locus amoe-nus per falsi letterari clamorosi. Giàannoverata in esperimenti seicente-schi (la “combricola” di falsari di Ot-tavio D’Arcangelo e Pietro Carrera),di quest’ “arte equivoca” si dimostròmaestro Giuseppe Vella, uomo ca-pace di cogliere l’occasione buona edi sfruttarla sapientemente.

Geniale e intraprendente, sitrasferisce nel 1780 da Malta a Paler-

ARIANNA CALÒ

Ritratto a olio dell’abate GiuseppeVella.

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dominazione araba sull’isola. Il ve-scovo di Eraclea, monsignor AlfonsoAiroldi (1729-1817), prese sotto lasua protezione Giuseppe Vella, cu-rando e patrocinando la pubblica-zione a sue spese della traduzione delfamoso manoscritto arabo, il cui pri-mo volume vide la luce nel 1789 conil titolo di Codice diplomatico di Siciliasotto il governo degli Arabi.

Come il monsignore, uomo diprofonda cultura e conoscenza dellequestioni orientali, fosse cadutonell’imbroglio del monaco, divenneoggetto di lunghe interpretazioniper i due secoli successivi, a impo-stura svelata; di fatto, l’ingenuamancanza di senso critico gli fecescrivere: «E la fortuna mi diede laconoscenza del Sac. D. GiuseppeVella intendente della lingua arabaOccidentale, e di quegli antichi ca-ratteri, il quale prestandosi per con-discendenza al mio desiderio miaprì in prima la via a trovare Codicinella Biblioteca del Monasterio di S.Martino, e si addossò poi l’aspro epenoso travaglio della interpreta-zione. […] Questo codice non è cheun registro della Cancelleria Arabadel Governo della Sicilia, dove sonocopiate e trascritti tutti gli ordini, eprovvidenze dante fino dal princi-pio, che ne fecero gli arabi coman-danti la invasione e Conquista, eprosiegue per tutto il tempo, che lagovernarono […] Sono registrati inquesto egualmente gli ordini direttia subalterni Emiri, e le risposte, co-

municando tutto ciò, che convenivasapere, o eseguire: in somma tutte lelettere, che contengono il dirittopubblico di Sicilia a que’ tempi, dis-posto nelli modi, che accomodavan-si ai loro usi e costumi»1.

Se la pubblicazione valse la fa-ma e gli onori all’abate Vella, conl’attribuzione di una cattedra di lin-gua araba all’università e la riscossio-ne dei commenti favorevoli di OlaoGerardo Tychsen, indiscussa autori-tà olandese nel campo degli studi

orientale e di arabistica, il sospettoche la traduzione potesse essere falsaavanzava in altre schiere di studiosi.Il primo a mormorare contro la ge-nuinità del codice martiniano fu Ro-sario Gregorio, messosi per l’occa-sione a studiare arabo, seguito a pocoa poco da Giovanni Simone Assema-ni, da De Guignes da Parigi, fino agiungere ad una pubblicazione infrancese che, per l’epoca, ebbe unacerta rilevanza: a firma di un certoDe Veillant da Malta, conteneva

Frontespizio della prima edizione deIl libro del Consiglio di Egitto tradottoda Giuseppe Vella cappellano del Sac.Ordine Gerosolimitano, abate di S.Pancrazio. Palermo; Stamperia reale;1793

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strali ferocissimi contro Vella e la suaopera, giudicata insostenibile dalpunto di vista del contenuto e igno-rante dello stile e della grammaticaaraba. Nonostante le molte veritàcontenute, il mittente della letteravenne poi identificato con Gregorio,ormai noto come nemico personaledell’abate, e l’insieme delle critichefu privato del carattere scientifico ericondotto a basse e meschine rivali-

tà fra studiosi.Ormai Vella godeva dei pro-

speri risultati del proprio inganno:pienamente accolto nella “repubbli-ca delle lettere”, coccolato dai salottinobili, incassava il plauso dei gover-nanti della propria isola d’origine e lecare preoccupazioni del pontefice,timoroso che gli occhi non si affati-cassero nel lungo lavoro di minuzio-sa traduzione.

Il lancio de Il Consiglio d’Egittonel 1793 fu altrettanto clamoroso, equesta volta fu un pieno “merito” diGiuseppe Vella: senza ormai il bi-sogno della dotta protezione di Ai-roldi, dava ora alle stampe un altrodocumento essenziale a decifrare isecoli bui del primo medioevo sici-liano: «il quale contiene tutte lelettere d’affari, che per lo spazio dipresso a quaranta cinque anni furo-no scritte tra’ Sultani d’Egitto, il fa-moso Roberto Guiscardo, il granConte Ruggiero, ed il di lui figliodello stesso nome, che fondò poi lamonarchia della Sicilia e prese ilprimo titolo Reale»2.

La dedicatoria alla Corona glivalse una splendida veste editoriale:del testo infatti vennero stampatedue versioni (la prima in folio con te-sto arabo a fronte e la seconda in-quarto, con il solo testo italiano) coni caratteri di Giambattista Bodoniappositamente fatti giungere in Sici-lia da Parma; ma non solo, la ricono-scenza a Vella si esternò anche con laconcessione della Abbadia di S. Pan-crazio e una pingue pensione.

Riconoscimenti eccessivi daparte del sovrano forse, se l’opera diVella fosse ricondotta a un pianounicamente storico e letterario; einvece, la sua capitale importanzasta nell’aver intercettato e conden-sato gli umori e le fratture politichedella società siciliana, di aver messola sua conoscenza della lingua arabaal servizio del «campanilismo e delsenso di orgoglio nazionale del pae-se che lo ospitava»3. Già il Codice di-plomatico di Sicilia aveva destato l’en-tusiasmo di valenti pensatori politi-ci (tra cui Giovanni Evangelista diBlasi, poi a capo di una congiura chegli valse la ghigliottina) per le fini te-si politiche che vi potevano essere

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lette: stabilire che fossero stati gliArabi a inaugurare la storia moder-na di Sicilia, le cui vicende dunqueavrebbero avuto un seguito diversoda quelle delle altre parti del regno,equivaleva a sottrarre l’isola dal di-ritto pubblico napoletano; allo stes-so modo, Il Consiglio d’Egitto, dimo-strando che molti privilegi baronaliavessero avuto origine durante ladominazione normanna, prestava ilfianco alla politica illuminata del-l’assolutismo borbonico, impegna-to a erodere i privilegi feudali.

E non fu certamente un casoche l’edizione del primo volumevenne inoltre fortemente caldeg-giata da Francesco Carelli, la cuigentilezza l’abate ricorda nei rin-graziamenti a stampa: «gentilezzache accompagna la molta dottrina e

l’indefesso studio di don FrancescoCarelli, segretario di questo Gover-no di Sicilia che io vanto per miosingolare amico»4; tutt’altro, nonc’è alcun dubbio che la pubblicazio-ne del Consiglio d’Egitto venne favo-rita dalla protezione del vicerèFrancesco d’Aquino, principe diCaramanico e dal suo segretario. Lostesso che poi lasciò cadere nel vuo-to le accorate richieste d’aiuto giun-te dall’abate Vella quando rinchiusonel castello di Palermo.

La pubblicazione del secondotomo del Consiglio era prevista per il1794, ma non ebbe mai luogo. Levoci e i sospetti che avevano annun-ciato la pubblicazione del Codice di-plomatico ritornarono ancora, que-sta volta più insistenti. Uno studio-so tedesco, Joseph Hager, venne in-

caricato di esaminare gli originalimanoscritti arabi e di stenderne unarelazione; alla richiesta, Vella in-ventò scuse, pose tempo in mezzo,lamentò impedimenti di salute finoa simulare il furto dei codici, trovatainfelice per una mente che in prece-denza si era rivelata ben più acuta.

Da quel momento iniziò la ca-duta e la sfortuna dell’abate, rapida erovinosa quanto veloci e fulmineifurono l’ascesa e il successo. Hagerstese un’impietosa perizia, elencan-do con minuzia tutte le modalitàdella «minsogna saracina», confer-mata dai rilievi che monsignor Ger-mano Adami, ottimo conoscitoredell’arabo, studiò su esplicita richie-sta del re. Scrive Hager: «è talmentefalsificato [il codice martiniano]mediante caratteri nuovi soprappo-sti, inchiostro recente ed innumera-bili lineole, e punti oziosi insertivi,che dà a vedere ad ogni conoscitorelo sforzo malizioso di volerlo rende-re intellegibile per così velare più fa-cilmente le sue fallacie»5.

L’intera classe intellettuale pa-lermitana guidata da Rosario Gre-gorio si vendicò con rancore control’oscuro monaco maltese per il dis-credito ordito da un Cagliostro let-terario, e non meno tollerante fu Mi-chele Amari descrivendo l’abate co-me «digiuno di ogni erudizione, mafurbo, baldanzoso, sfacciato, ciarla-tano»6. Non tutti i critici e letteratipartecipano tuttavia al coro delladamnatio memoriae: a distanza di duesecoli qualcuno, come Mira, sospen-de il giudizio; altri abbandonano i to-ni collerici e spendono parole paca-te, altri ancora riabilitano il funam-bolo della storia siciliana, che quan-tomeno dotato di fantasia e di fortis-simo ingegno, «certo doveva essereun personaggio interessante»7.

NOTE1 A. Airoldi, Codice diplomatico di Sicilia,

Palermo, 1789, c. *2v.2 G. Vella, Il Consiglio d’Egitto, Palermo,

1793, p. vj.3 D. Scinà, A. Baviera Albanese, L’arabica

impostura, Palermo, 1978, p. 114.4 G. Vella, Il Consiglio d’Egitto, op. cit., p.

xjv.5 In D. Scinà, Prospetto della storia lette-

raria di Sicilia […], Palermo, 1824-27, III, p.187.

6 M. Amari, Storia dei musulmani di Sici-lia, Firenze, 1854, III, p. 9.

7 G. Moncada Lo Giudice Monforte, Unabiblioteca siciliana, Roma 2001, p. 692.

A sinistra: incisione di Melchiorre Di Bella nel Codice diplomatico di Sicilia a riprodurre una carta del codice arabo conservato nel monastero benedettino di San Martino delle Scale.A destra: frontespizio del Codicediplomatico di Sicilia sotto il governodegli arabi pubblicato per opera e studio di Alfonso Airoldi arcivescovodi Eraclea, giudice dell’apostolicalegazione, e della regia monarchia nel Regno di Sicilia. Palermo; Reale Stamperia; 1789-1792.

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Due sorsi di “Caffè” nella Milano asburgica

Cenni di storia dell’ “incunabolo” del giornalismo d’opinione

BvS: dall’Emeroteca

«In essa bottega vi sono co-modi sedili, vi si respiraun’aria sempre tepida e

profumata che consola; la notte è il-luminata, cosicché brilla in ogni par-te l’iride negli specchi e ne’ cristallisospesi intorno le pareti e in mezzola bottega; in essa bottega chi vuoleleggere trova sempre i fogli di novel-le politiche […] e simili buone rac-colte di novelle interessanti, le qualifanno che gli uomini che in primaerano Romani, Fiorentini, Genove-si o Lombardi, ora sieno tutti pressoa poco Europei; […] in essa bottegaper fine si radunano alcuni uomini,altri ragionevoli, altri irragionevoli,si discorre, si parla, si scherza, si stasul serio; ed io, che per naturale in-clinazione parlo poco, mi sono com-piaciuto di registrare tutte le sceneinteressanti che vi vedo accadere etutt’i discorsi che vi ascolto degni da

vulgare le idee illuministe, che si sa-rebbero dovute concretizzare nellaformazione di una rinnovata co-scienza politica, lavorarono innan-zitutto i membri dell’Accademia deiPugni, nata nell’inverno 1761-1762su iniziativa di Pietro Verri. Di que-sta facevano parte: Alessandro Ver-ri, Cesare Beccaria, Luigi Lamber-tenghi e Giambattista Biffi – que-st’ultimo non partecipò mai diretta-mente all’attività del giornale –. Aloro si aggiunsero nel 1763 AlfonsoLongo e Giuseppe Marsilio Viscon-ti di Saliceto, cugino di Beccaria. Trai caffettisti si annoverarono però an-che collaboratori esterni all’Acca-demia: Carlo Sebastiano Franci,Pier Francesco Secco, ovvero PietroSecchi, Paolo Frisi, Ruggero Bosco-vich, Gian Rinaldo Carli, FrançoisBaillou e Giuseppe Colpani.

“Il Caffè” sarebbe dovutouscire il primo, il 10 e il 20 di ognimese, cadenza solo inizialmente ri-spettata. Si stabilì una tiratura di 500copie per foglio (non molte, ma nep-pure poche) e l’abbonamento costa-va uno scudo all’anno. L’impresavenne finanziata dall’abate Giusep-pe Palazzi, membro dell’Accademiadei Trasformati. Le otto pagine dacui ciascun foglio era composto

registrarsi; e siccome mi trovo d’a-verne già messi in ordine vari, così lidò alle stampe col titolo Il Caffè, poi-ché appunto sono nati in una bottegadi caffè».1 È con queste parole chePietro Verri, nel 1764, introdusse ipropri lettori nella bottega di caffèdel greco Demetrio, ideale rappre-sentazione della redazione del pe-riodico milanese che, tra il 1764 e il1766, alimentò il dibattito politico eculturale nella Milano asburgica enon solo, costituendosi come un ve-ro e proprio “incunabolo” del gior-nalismo italiano moderno.

Allo strumento ideato per di-

BEATRICE PORCHERA

A sinistra: ritratto xilografico di PietroVerri disegnato da F. Costantini e intagliato da E. Gamba per l’opera I quattro Verri (…), Milano, Franco Sciardelli, 1988.A destra: frontespizio del tomo Idell’edizione di Venezia, Pietro Pizzolato, 1766

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contenevano articoli di argomentovario: economia (Elementi del com-mercio, Tentativo analitico su i contrab-bandi, La coltivazione del tabacco), giu-risprudenza (Di Giustiniano e dellesue leggi, Ragionamento sulle leggi civi-li, Sulla interpretazione delle leggi),morale (Pensieri scritti da un buon uo-mo per instruzione di un buon giovine,Dell’ozio, Alcuni pensieri sull’originedegli errori), scienza (Dell’agricoltura,Osservazioni meteorologiche fatte inMilano, Sull’innesto del vaiuolo), lin-gua e letteratura (Rinunzia avantinotaio degli autori del presente foglio pe-riodico al Vocabolario della Crusca, Lacommedia, De’ fogli periodici, Della pa-tria degli italiani, I piaceri dell’imma-ginazione). Gli autori non apposeromai il loro nome per esteso in calceagli scritti, ma, seguendo un’usanzamolto in voga nel Settecento e man-tenuta anche nell’Ottocento – sipensi ad esempio al “Conciliatore” –utilizzarono una sigla: Paolo Frisiscelse una “x”.

La prima annata del periodi-co, dal primo giugno 1764 al 20maggio 1765 (in realtà giugno), co-

stituita da XXXVI fogli totali, uscìdai torchi bresciani di GiammariaRizzardi e fu venduta in Milanodallo stampatore e libraio Giusep-pe Galeazzi. Quest’ultimo si occu-pò inoltre della stampa dell’ottavopreliminare contenente il fronte-spizio, Al lettore, l’Indice dei discorsicontenuti in questo primo tomo, divisoper argomenti, e l’errata corrige.Agli abbonati venne inviata una co-pia della segnatura affinché potes-sero provvedere da sé alla legaturadei fogli in un unico tomo.

�L’impressione della seconda

annata, dal primo giugno 1765 al 20maggio 1766 (in realtà novembre),comprendente XXXVIII fogli, ven-ne invece completamente affidata almilanese Giuseppe Galeazzi. Già datempo Pietro Verri aveva mostrato ilproprio scontento nei confronti dellavoro operato da Rizzardi, lamen-tandosi dei molti errori, della man-cata puntualità, della cattiva qualitàdella carta e dei caratteri. Lo stam-patore bresciano era stato inizial-

A sinistra: antiporta e frontespiziodelle Opere di Cesare Beccariastampate a Napoli da Gravier nel 1770. A destra: frontespizio del tomo Idell’editio princeps del “Caffè”

mente scelto probabilmente dietrosuggerimento del concittadino ecollaboratore del “Caffè” GiuseppeColpani, con il preciso obiettivo disottrarre il giornale alla censuraasburgica. Ora veniva perseguito ilfine opposto: rientrare a Milano persfuggire ai censori veneti. La solu-zione in fine adottata permise al pe-riodico di rimanere in bilico tra ledue giurisdizioni: al frontespizio delsecondo tomo si indicò non il realeluogo di stampa, Milano, ma uno fit-tizio, di nuovo Brescia.

L’insieme di questi due tomi,datati rispettivamente 1765 e 1766,impressi da due differenti tipografi,di formato in quarto piccolo (18x25cm) e con il testo degli articoli impa-ginato su due colonne di 43 righeciascuna, costituì l’editio princeps del“Caffè”. A soli due anni dall’iniziodell’innovativa impresa, infatti, labottega di Demetrio chiudeva i bat-tenti. Il costo morale di questa “ces-sata attività” si può chiaramente cal-colare leggendo il preambolo Al let-tore redatto da Pietro Verri e postoall’inizio del secondo tomo: «Lapiccola società di amici che ha scrittiquesti fogli è disciolta; alcuni hannointrappreso un viaggio, altri sonoimpiegati in affari; vuole la necessitàche si termini un lavoro che secondoil progetto degli autori non doveva sìpresto chiudersi, e ciò accade neltempo in cui l’accoglimento favore-vole del pubblico più che mai invita-va a proseguirlo. […] Noi ringrazia-

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mo quelle anime gentili che si sonodegnate d’applaudire al nostro pro-getto e di fare coraggio a chi tentavadi accrescere la coltura degli ingegnie diminuire il numero de’ pregiudizivolgari. Sarà questa per sempre lapiù cara meta de’ nostri studi».2

Se la vita del periodico fu cosìbruscamente interrotta, una sortediversa toccò agli scritti in esso pub-blicati. Nello stesso 1766 venne im-pressa a Venezia presso Pietro Piz-zolato la prima ristampa integraledel “Caffè”, indicata dal tipografocome «seconda edizione», ma allaquale nessuno dei caffettisti preseparte. La pubblicazione presentavanel complesso alcuni difetti: dopo ilfoglio IV del tomo I si rinunciava al-la divisione in fogli, c’erano errorinelle sigle degli autori e di tanto intanto comparivano arbitrari inter-venti sul testo.

Nel 1804, invece, GiovanniSilvestri stampò a Milano in due vo-lumi Il Caffè ossia brevi e varii discorsidistribuiti in fogli periodici dal giugno1764 a tutto maggio 1765 e dal giugno1765 per un anno seguente. Malgradol’apparenza, questa edizione, impa-ginata su due colonne, non è com-pleta, mancando diversi testi intro-duttivi agli articoli e alcune note re-dazionali. L’editore inoltre, senzafornire alcun tipo di spiegazione,decise di operare una divisione inquattro semestri anziché in fogli.

Più numerose furono le edi-zioni parziali. Quasi tutto il primotomo venne riprodotto nel venezia-no “Corrier letterario” tra il 1766 eil 1768; sempre nel 1766 alcuni arti-coli tradotti comparvero nella “Ga-zette littéraire de l’Europe”; mentreuna selezione di trentuno scrittivenne pubblicata in tedesco a Zuri-go nel 1769.

Molti testi tratti dal “Caffè”furono inoltre ristampati all’inter-no di più ampie raccolte di operedei singoli collaboratori (ne cito so-lo alcune, scelte tra quelle conser-vate presso la nostra Biblioteca).Nel 1770 vennero editi a Napolipresso Gravier i due volumi delleOpere diverse di Cesare Beccaria,dove, nel secondo volume, furonoinseriti sei articoli. Nel 1818 Gio-vanni Silvestri pubblicò a Milano,nella sua “Biblioteca scelta di opereitaliane antiche e moderne”, i quat-tro volumi delle Opere filosofiche ed’economia politica di Pietro Verri.Nel primo, alle pagine 207-374,vennero riproposti quindici artico-li derivati dal “Caffè”, incluso, er-roneamente, Della patria degli ita-

liani di Gian Rinaldo Carli. Altri seiarticoli di Beccaria comparveronell’edizione delle Opere dell’auto-re curata da Pasquale Villari per Fe-lice Le Monnier di Firenze nel1854.

Nel 1829 uscirono invece daitorchi milanesi di Nicolò Bettoni isettantatre Articoli tratti dal “Caffè”,raccolti in quattro volumi. Solo nel1960, con l’edizione curata da Ser-gio Romagnoli per Feltrinelli sigiunse nuovamente a una riprodu-zione integrale del periodico illumi-nista. La prima edizione criticacomparve invece a Torino nel 1993,edita da Bollati Boringhieri e curata,oltre che da Romagnoli, da GianniFrancioni.

�Concludo questo percorso

editoriale facendo mio quanto bensottolineato nel testo introduttivoall’edizione di Bettoni del 1829 re-lativamente all’importanza che al“Caffè” è d’obbligo attribuire: «Noinon possiamo chiudere queste breviparole senza far aperto un pensieroche nasce spontaneo alla lettura diquesto Caffè nella mente di ognimilanese. Un siffatto insigne depo-sito di tante grandi ed utili verità, ditante altissime idee, di tanti acutissi-mi avvedimenti è tutto opera di no-stri concittadini, alcuni de’ qualis’acquistarono un nome che suonasolenne e riverito per tutto il mondoincivilito. Esso quindi è una delleprove più convincenti che noi pos-siamo addurre a ribattere quelle ac-cuse che contro l’indole del nostroanimo e del nostro ingegno si ripe-tono dall’invidia degli stranieri, edall’animosità provinciale, di cuiquest’Italia dovrà pentirsi ancorlungo tempo […]».3

NOTE1 [Introduzione], t. I, f. I, in «Il Caffè» 1764-

1766, a cura di G. Francioni, S. Romagnoli, To-rino, Bollati Boringhieri, 1993, p. 12.

2 Al lettore, t. II, in ibi, p. 407.3 Articoli tratti dal “Caffè”, vol. I, Milano,

Nicolò Bettoni, 1829, p. 5.

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1911: il primo Giubileodell’Italia Unita

Come le tre capitali vollero festeggiare i primi 50 anni d’Italia

BvS: dal Fondo Impresa

Nel 1911 in Italia si svolserotre Esposizioni Interna-zionali, esattamente a Ro-

ma, Torino e Firenze. L’anno sceltoper queste esposizioni non fu ca-suale, infatti si trattava del cinquan-tesimo anniversario dell’ Unità d’I-talia, un evento particolarmenteimportante da far conoscere anchea livello internazionale.

�A fare da sfondo a questi even-

ti non furono scelte tre città a casoma le capitali del Regno d’Italia:Torino appunto che fu Capitale dal1861 sino a quando non divenneCapitale dal 1865 sino al 1971, do-po appena tre anni, Firenze ed in fi-ne Roma che lo divenne nel1871.Così Ernesto Nathan, sinda-co di Roma, e Secondo Frola, sin-daco di Torino, il 15 gennaio 1908,annunciarono la proclamazionedelle feste commemorative per il1911, Cinquantenario dell’Unitàd’Italia, che si svolsero a Torino eRoma. Anche Firenze “con patriot-tico animo e con giusta baldanza”,secondo una annotazione della Ri-vista delle Esposizioni della Editri-ce Sonzogno, si propose nel 1910“per commemorare degnamente ilcinquantenario della proclamazio-

dai Fratelli Treves. Esemplare In-folio cm. 43, 432 p.; stampato sucarta patinata con due grossi pano-rami ripiegati più volte e centinaiadi foto e disegni in bianco e nero;legatura in mezzatela con applicataai piatti e al dorso la brossura dellarivista “Le esposizioni di Roma e Tori-no nel 1911: descritte ed illustrate”,edita da Sonzogno.

�La pubblicazione apparve

prima in forma periodica a fascicolisciolti, numerati da 1 a 27, dei qualii primi due apparsi a fine 1910 (no-vembre e dicembre) e tutti gli altrinel corso del 1911. In seguito ven-nero legati insieme e pubblicati daiFratelli Treves.

Attraverso innumerevoli ar-ticoli raccolti e ordinati da GuidoTreves, documenti fotografici e il-lustrazioni si ripercorrono le variefasi degli eventi che si tennero a To-rino, Roma e Firenze. La pubblica-zione degli articoli e dei testi segueun ordine cronologico dall’idea-zione dei vari eventi sino alla loroconclusione. Ma all’inizio del volu-me si trova l’indice degli articoli edelle incisioni così suddiviso:Esposizione di Roma: Mostra diBelle Arti a Valle Giulia; Mostra

ne del Regno”. Tutti questi eventi sono rac-

contati nel volume posseduto dallaBiblioteca di via Senato nel FondoImpresa: Le esposizioni del 1911: Ro-ma, Torino, Firenze: rassegna illu-strata delle mostre indette nelle tre ca-pitali per solennizzare il cinquantena-rio del Regno d’Italia, a cura di GuidoTreves ed edito a Milano nel 1911

GIACOMO CORVAGLIA

Sopra: il nuovo manifestodell'Esposizione Etnografica di Roma

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Retrospettiva a Castel Sant Ange-lo; Mostra Archeologica Alle Ter-me Diocleziane; Mostra Etnogra-fica e Regionale di Piazza D’Armi.Esposizione di Firenze: Mostra delRitratto Italiano; Mostra Retro-spettiva di Belle Arti; Mostra diFloricoltura. Esposizione di Tori-no: Padiglioni Italiani; PadiglioniEsteri; Inaugurazioni; Concorsi;Varietà.

�Interessante la pubblicazione

dell’articolo Torino descritta da E.De Amicis così presentato: “Nel1880 in occasione della prima Mo-stra di Belle Arti in Torino, quel co-

dente e maestosa che al De Amicisfu cara sopra ogni altra; anzi – comecerti quadri che col tempo acqui-stano in bellezza, in intensità e infusione, - la prosa così viva e colori-ta del caro scrittore, sembra oggiancora più robusta e più armonica.Ora, mentre presso la Casa Trevesesce il volume LE TRE CAPITALI(che comprende con Roma e Firen-ze anche la prima capitale d’Italia),siamo lieti di offrire ai lettori diquesta rivista, in cui Torino ha tantaparte, la primizia di questa oppor-tuna esumazione”.

�L’esposizione di Torino ven-

mitato allestì un grosso volume,ove Torino è celebrata nella sua sto-ria, nelle sue bellezze artistiche enaturali, nei suoi monumenti, nellesue piazze e ne’ suoi giardini da in-signi scrittori, quali erano Berse-zio, Faldella, Giocosa , Marenco,Sacchetti ed altri. A Edmondo DeAmicis toccò il capitolo la “Città”.Oggi dopo 31 anni, quelle paginescritte con l’impeto del giovanileentusiasmo, conservano tanta fre-schezza di stile e varietà d’osserva-zione, che sembrano scritte ierimentre s’inaugurava la grandeEsposizione dell’Industria e delLavoro. Non una ruga in questaeloquente evocazione della città ri-

Sopra dall’alto: Panorama generale delle Esposizioni dell'Industria e del Lavoro a Torino e panorama generale delleEsposizioni di Roma

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ne ospitata nel Parco del Valentino,che è il più grande parco cittadinod’Italia. L’evento torinese venneinaugurato il 29 aprile 1911, allapresenza di sua Maestà VittorioEmanuele III, e dei rappresentantidei paesi ospiti.

�Tanti furono gli eventi colle-

gati all’esposizione, tra cui: mostre,esposizioni, concorsi, feste ma an-che dimostrazioni di nuove appa-recchiature elettriche e meccani-che. Importante tra le tante ricor-dare la “Gara d’aviazione Roma-Torino” che coincise con l’inaugu-razione del campo volo di Mirafio-ri. Tra aprile e maggio si tenneroanche numerosi concerti, tra questicinque furono diretti dal celebreArturo Toscanini. Importanti con-gressi si tennero in quei mesi, tracui il IX Congresso fra Industriali eCommercianti, ed il CongressoNazionale fra Costruttori Italiani.In ottobre si tenne anche il Con-gresso Interparlamentare della Pa-ce. Tante furono anche le garesportive all’interno di questo even-to e non mancarono anche le mo-stre curiose, come era costume del-le esposizioni dell’epoca.

A Roma i festeggiamenti per lecelebrazioni erano concentrati nel-la Mostra Etnografica e nella Mo-

stra Regionale, situate nella zonaurbanizzata dell’ex Piazza d’Armi, enelle iniziative collaterali organiz-zate sulla riva destra del Tevere.

Asse portante dell’interaesposizione era una sorta di viaggioattraverso l’Italia realizzato permezzo di quattordici padiglioni re-gionali, edifici che riproducevanogli elementi dei modelli classici dimaggiore bellezza della regione dirappresentanza, circondati da unaquarantina di “gruppi etnografici”che erano delle vere e proprie istan-tanee di vita quotidiana.

�La Mostra Etnografica, era

ospitata in due palazzi, il Palazzodelle Scuole e il Palazzo delle Ma-schere e del Costume. Nel Palazzodelle Scuole una sezione era riser-vata all’oreficeria, ad una collezio-ne di stecche da busto intarsiate, amobili, bastoni, coltelli e oggettid’uso della vita dei pastori, un’altrasezione, nello stesso Palazzo, eradedicata a modelli di carri e mac-chine per processione, ai presepi, aoggetti relativi alla religiosità po-

polare, agli ex voto, ai tatuaggi, aipani e ai dolci rituali. Un’altra se-zione era riservata alle insegne divenditori e di spettacoli popolari,alle ceramiche, ai tessuti e merletticon i rispettivi strumenti di lavoroed ai giocattoli.

�Nel Palazzo del Costume era-

no invece visibili i costumi e le ma-schere delle varie regioni indossatida centinaia di manichini di legno.Vi era in mostra anche l’iconografiapopolare curata da Francesco No-vati e da Achille Bertarelli con laraccolta di stampe popolari e la bi-blioteca di letteratura popolare diAlessandro d’Ancona e SalvatoreMarino.

A Firenze i 50 anni di Regnofurono celebrati con la “Mostra delRitratto italiano dalla fine del XVIsecolo al 1861”, che si tenne damarzo a luglio, e l’”Esposizione In-ternazionale di Floricoltura” che sisvolse a maggio.

In questo modo le tre Capitalivollero festeggiare il primo Giubi-leo dell’Unità d’Italia.

Nella pagina accanto: copertina volume; In questa pagina da sinistra: il nuovo manifesto per l’Esposizione di Torino; il manifesto per l’EsposizioneInternazionale dell’Umorismo a Rivoli

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“Contrafacte le sue lettere,contrafacti i suoi libri...”Astuzie e beffe di “pirati” scomunicati e perdonati

Da l’Erasmo: pagine scelte

IIl 17 ottobre 1502 Aldo Manu-zio, titolare della più prestigiosaofficina tipografica della Re-

pubblica di Venezia, indirizzava alSenato una appassionata supplicaper ottenere un rafforzamento delledifese dei suoi prodotti editoriali. Legaranzie che gli erano state concessein precedenza, infatti, si erano rive-late insufficienti, perché li vengonotolte le sue fatiche et guasto quelloche lui conza, come è stato fatto inBressa, che hano stampato una desue opere et falsato, dicendo impres-sum Florentiae; et al presente li sonostate contrafacte le sue lettere etmandate a Lione, et cum esse con-trafacto i suoi libri et più messoli elnome de esso Aldo et la sua epistolaet scripto stampato in Venetia in caxade Aldo Romano, et lì sono molte in-correctione che è vergogna de que-sta terra et de esso supplicante1.

�Fin quasi dall’apparire della

stampa a caratteri mobili, i tipografisi erano dovuti porre il problema ditutelare i propri investimenti nellanuova arte. Investimenti di per séesposti a gravi rischi anche in assenzadi concorrenza. L’impresa della Bib-

bia di Gutenberg pare si risolvesse inun fallimento economico per un im-previsto aumentare dei costi legato afattori quali la lentezza delle vendite,la percentuale di copie danneggiateo perdute, le spese di distribuzione.Anche ai tedeschi Sweynheym ePannartz, che per primi impiantaro-no un torchio di qua delle Alpi, sipresentarono analoghe e alla lungainsormontabili difficoltà.

Quando la stampa approdò aVenezia, il tipografo Giovanni daSpira volle che il suo primato in La-guna fosse sancito da un atto ufficialedella Repubblica. Chiese ed ottenneun’esclusiva, tecnicamente un ‘privi-legio’, per la propria professione: percinque anni a partire dal 1469 nessu-no avrebbe potuto stampare a Vene-zia o vendere nei territori della Sere-nissima libri stampati altrove, penauna multa e la perdita di libri e stru-menti di produzione.

Un simile provvedimento de-nunciava, però, una certa miopia nelvalutare le potenzialità del fenome-no della stampa, che ne sarebberostate inevitabilmente tarpate. E in-fatti, alla scomparsa prematura delloSpira in quello stesso anno, il privile-gio non fu rinnovato, in quella for-

ALESSANDRO LEDDA,appassionato di libri fin dalla piùtenera età - come lui stesso tienea sottolineare - collabora e hacollaborato con diversi istitutiuniversitari di ricerca nel campodella letteratua antica e moderna. In particolare, si èoccupato dei maestri della poesiaitaliana e delle antiche tradizionilettrarie della Sardegna, oltre chedi storia dell’editoria in genere.

ALESSANDRO LEDDA

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ma, a nessun altro stampatore,aprendo così la strada al libero mol-tiplicarsi delle tipografie in città2.

Ma non passò molto che il pri-vilegio di stampa ricomparve, in unaforma nuova, non più a sancire ilmonopolio di un’attività, ma a pro-teggere singole opere per un certonumero di anni (quelli stimati suffi-cienti allo smercio delle copie stam-pate), in modo che chi, autore, edito-re o tipografo, avesse impegnatotempo e denaro nella stampa diun’opera, non rischiasse di vederfrustrate le proprie speranze di gua-dagno per mano di qualcuno che silimitasse a duplicare il prodotto fini-to, oppure saturasse il mercato conesemplari di edizioni stampate altro-ve. Si ha notizia di un privilegio con-

cesso per la stampa del Breviario diWürzburg nel 1479 ai tipografiDold, Reiser e Beckenhub; per l’Ita-lia, lo stampatore Antonio Zarotoottenne nel 1481 che nel territorio diMilano nessun altro potesse stampa-re o vendere per sei anni la Sforziadedi Giovanni Simonetta; a Venezia,nel 1486, a Marcantonio Sabellicoveniva riconosciuta la proprietà in-tellettuale delle autografe Decades re-rum venetarum, alla cui stampa si sa-rebbe potuto procedere solo previasua autorizzazione3.

Il testo del privilegio, che dinorma comminava ai violatori unamulta e la perdita degli stampati, nonsempre veniva riportato nell’edizio-ne, ove più comunemente, almenoin Italia, si trova un riassunto, magari

in forma di ammonimento o, ancorapiù spesso, una formula sinteticaquale cum privilegio o cum gratia etprivilegio.

Il privilegio poteva essere effi-cace solo entro i confini territorialiche circoscrivevano l’autorità di chilo emanava. Estensione maggiorevantava in linea di principio il privi-legio pontificio, che, salvo diversaindicazione, si doveva intendereesteso a tutti i territori sottoposti al-l’autorità spirituale del papa. Pro-prio l’infrazione di un privilegio pa-pale diede luogo a quella che pare es-sere la più antica sanzione applicataper violazione del copyright nella sto-ria della tipografia italiana. L’umani-sta Filippo Beroaldo il Giovane ave-va ottenuto nel 1514 un privilegio

A sinistra: Marchio tipografico diAntonio Zaroto (Milano-Novi diModena, 1470-1508). Sotto: Marchiotipografico di Bernardino Misinta(Brescia-Cremona- Verona-Pavia,1490-1505). A destra: Marchiotipografico di Girolamo Soncino(Soncino-Brescia-Fano Pesaro-Ortona- Rimini- Cesena, 1488-1530)

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pontificio per la stampa di un’edizio-ne di Tacito (Roma, Etienne Guil-lery, 1515), comprendente i primi seilibri degli Annales, fino ad allora ine-diti, che erano stati tratti da un codi-ce di proprietà dello stesso ponteficeLeone X. A Milano, il tipografoAlessandro Minuziano faceva in mo-do di venire in possesso dei fogli viavia che essi passavano sotto i torchiromani, e cominciava a riprodurli.Non poté evitare di incorrere nellascomunica, pena prevista per chicontravvenisse al privilegio papale.La controversia ebbe, però, un lieto

fine: il Minuziano rivolse al pontefi-ce, il 31 marzo 1516, una supplicaper l’assoluzione, che gli veniva con-cessa, insieme all’autorizzazione adultimare la stampa, con documentodel 7 settembre 1516 firmato da Pie-tro Bembo e pubblicato in calce al-l’edizione, che finalmente vide la lu-ce nel 15174.

Spesso, piuttosto che la viola-zione ‘frontale’ del privilegio, si ten-tò la via dell’aggiramento. E così tor-niamo alle proteste di Aldo Manu-zio. Nella supplica al Senato vengo-no denunciate due violazioni delle

esclusive da lui detenute. Nel primocaso, bisogna ricordare che nel 1498dai torchi aldini era uscito, protettoda privilegio, il poderoso in folio de-gli Opera omnia di Angelo Poliziano,omaggio del grande editore all’uma-nista ammiratissimo, scomparsoquattro anni prima appena quaran-tenne. L’anno dopo eccone unareimpressione, pubblicata, stando alcolophon, da un Leonardo Arigi,nientemeno che a Firenze. Aldo videsubito che il prodotto non era fio-rentino, e non esitò a identificare inBrescia la sede dell’imbroglio. Auto-

Nella pagina accanto: Plinio, Historia naturalis, Venezia, Giovanni da Spira, 1469. Venezia, Biblioteca NazionaleMarciana. Sopra da sinistra: Marco Vergerio, Decachordum Christianum, Girolamo Soncino, Fano, 1507: frontespizio.Angelo Poliziano, Epistolae, in Opera, Venezia, Aldo Manuzio, 1498: c. a III

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NOTE1 Il testo è interamente pubblicato in H.G.

Fletcher III, New Aldine studies, San Francisco,Bernard M. Rosenthal Inc., 1988, pp. 144 s.

2 R. Fulin, Documenti per servire alla storiadella tipografia veneziana, “Archivio veneto”,23 (1882), pp. 86-88, 99 s.

3 E. Armstrong, Before Copyright: theFrench Book-privilege system 1498-1526,Cambridge-New York- Port Chester-Mel-bourne-Sydney, Cambridge University Press,1990, pp. 1-7.

4 C. Dionisotti, Notizie di Alessandro Mi-nuziano, in Miscellanea Giovanni Mercati, IV,

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vati-cana, 1946, pp. 357-358; M.G. Blasio, Cumgratia et privilegio: programmi editoriali e po-litica pontificia 1487-1527, Roma, Roma nelRinascimento, 1988, pp. 39-76, 79, 85.

5 Si veda la scheda dell’edizione incrimi-nata in Catalogue of books printed in the XVth

century now in the British Museum, 12 voll.,London, The Trustees of the British Museum,1908-1985, VII, n. 992.

6 Le schede delle edizioni in Aldo Manuziotipografo 1494-1515, a cura di L. Bigliazzi-A.Dillon Bussi- G. Savino-P. Scapecchi, Firenze,Cantini, 1994.

7 In generale sull’attività di Aldo Manuziobasti qui il rimando a M. Lowry, Il mondo di Al-do Manuzio. Affari e cultura nella Venezia delRinascimento, Roma, Il Veltro, 20002; sullecontraffazioni lionesi delle stampe aldine D.J.Shaw, The Lyons counterfeit of Aldus’s Italic Type. A new cronology, in The Italian Book1465-1800. Studies presented to Dennis E.Rhodes on his 70th birthday, edited by D.V.Reidy, London, The British Library, 1993, pp. 117-133; il testo del Monitum è pubblica-to in A.A. Renouard, Annales de l’imprimeriedes Alde, Paris, J. Renouard, 1834, pp. 321-323.

re della illecita riproduzione era ineffetti, come è poi stato dimostrato,il tipografo Bernardino Misinta,probabile esecutore di una macchi-nazione ordita dai potenti fratelliBritannico, editori e tipografi bre-sciani. Giacché Brescia si trovava en-tro il territorio della Repubblica, sispiega che i fantasiosi dati di stampadel volume avrebbero dovuto garan-tire da ogni rivalsa i veri autori delmisfatto5.

�All’inizio del secolo nuovo, Al-

do Manuzio per primo ebbe l’idea dichiedere un privilegio per i caratteridi stampa oltre che per i titoli. Ispi-randosi alle migliori prove della cal-ligrafia coeva, aveva realizzato seriedi caratteri greci e latini che rincor-revano l’eleganza della corsiva ma-noscritta, con asse di scrittura incli-nato e armoniche legature tra le sin-gole lettere: «lettere cancellereschesive corsive latine bellissime, che pa-reno scritte a mano», per dirla con lesue parole. Il nuovo carattere era sta-to sperimentato nella silografia raffi-gurante santa Caterina da Siena in-serita nell’edizione delle sue lettere

nel 1500. L’anno successivo, il Virgi-lio interamente corsivo apriva la fa-mosa serie dei classici latini in 8°,mentre in analoga veste uscivano leedizioni di Petrarca e di Dante fruttodelle cure filologiche di Pietro Bem-bo (1501 e 1502)6.

Per tutelare l’invenzione, Aldoaveva chiesto al Senato un particola-re privilegio, concesso il 23 marzodel 1501, in cui non dimenticava dimettere al riparo anche l’altro ele-mento peculiare dei suoi nuovi libri,il formato tascabile (nessuno avreb-be potuto stampare le opere citatenel privilegio «in forma minor dequarto de foglio comun»).

Le imitazioni non si erano fatteattendere. Lo stesso Francesco Grif-fo da Bologna, intagliatore dei carat-teri aldini, lasciava in quei tempi Ve-nezia per Fano, prendendo a lavora-re per conto di Gershom Soncino,che nel 1503 stampava, in un nuovocorsivo, un Petrarca sprizzante vele-no proprio nei confronti di Aldo. Maa Lione accadeva di peggio: già dal1502 erano state impresse vere eproprie contraffazioni (cioè copie ti-pografiche che imitavano anche ilcarattere) degli in octavo aldini, che

tacevano i nomi dei veri stampatori eche, incontrollabilmente diffuse suibanchi dei librai, erano evidente-mente in grado di sottrarre agli ori-ginali significative quote di mercato.

La questione non era destinataad avere soluzioni definitive. Forseproprio l’anonimato di quelle stam-pe frustrò i tentativi di Aldo di inter-venire alla radice del problema (solodal colophon di uno Svetonio lionesedel 1508, stampato more aldino senzaperò esser copia di un’edizione real-mente esistente, si sarebbe affacciatoper la prima volta, quasi beffardo, ilnome di uno degli artefici, BalthazarGabbiano); si aggiunga che all’iniziodel Cinquecento nessun corpo giu-ridico veneziano aveva una specificacompetenza sulle cause inerenti lastampa. Così, nonostante il privile-gio fosse rinnovato e confermato dauna lettera dogale del 14 novembre1502, le contraffazioni lionesi conti-nuarono a dilagare. L’anno dopo, Al-do stampava un Monitum in Lugdu-nenses typographos, che conteneva l’e-lenco dei difetti delle edizioni pirata:risultato, i lionesi se ne servirono co-me di un errata corrige, e ripresero astampare7.

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Bettoni, Nicolò (1770-1842).Alcune verità ad Ugo Foscolo.

Brescia, Nicolò Bettoni, 1810.Prima edizione. Opuscolo di

32 p., non venale, in cui il brescianoNicolò Bettoni (editore dei Sepolcri)replica alle accuse sarcastiche rivol-tegli da Ugo Foscolo nell’articolosulla Traduzione dell’Odissea, pubbli-cato nel fascicolo IV di Aprile degliAnnali di scienze e lettere. Nuovo attodella poco edificante guerra lettera-ria che verrà da Foscolo definita«Eunucomachia». Lo scritto di Bet-toni è seguito, a p. 27, da un’Appendi-ce in cui si riporta fedelmente il testodell’articolo pubblicato sul CorriereMilanese n. 116 del 15 maggio 1810,nella rubrica Varietà, in cui si ironiz-za sullo scritto di Foscolo Traduzionede’ due primi canti dell’Odissea.

Acchiappati 65; Ottolini 185.(B.P.)

�Evola, Julius (1898-1974).Rivolta contro il mondo moderno.

Milano, Ulrico Hoepli, 1934.Prima edizione dell’opera

considerata la più importante di Ju-lius Evola. Completata tra la fine del

1931 e l’inizio del 1932, ribadisce laconvinzione dell’Autore del caratte-re regressivo della modernità, indi-cando i processi che hanno esercita-to un’azione distruttiva su ogni valo-re, ideale e forma di organizzazionesuperiore dell’esistenza. L’operaanalizza nella prima parte le catego-rie qualificanti “l’uomo tradiziona-le” e le antiche “razze divine”; nellaseconda, la genesi del mondo mo-derno e i processi a causa dei quali laciviltà tradizionale è crollata. Il ter-mine “rivolta”, tuttavia, come scrivelo stesso Evola, non corrisponde alcontenuto: «perché non si tratta diuno scritto polemico, l’istanza pole-mica, la “rivolta”, se mai, è implicita,è una ovvia conseguenza».

DBI 43, p. 575-580. (A.C.)

�Gioia, Melchiorre (1767-

1829)Idee sulle opinioni religiose e sul

clero cattolico. Milano, [s.n.], annoVIII [i.e. 1800].

Quasi certamente si tratta del-l’edizione originale, coincidendo ladata d’impressione con quella delladedica (22 fruttidoro anno VIII) in-

dirizzata Al vincitore di Marengo, cioèNapoleone. Il nome dell’Autorecompare nella sottoscrizione delladedica stessa. Libro anticlericale diGioia, commissionatogli dal gover-no repubblicano per 200 scudi mila-nesi (Cfr. M. Gioia, Opere minori,vol. III, p. 301 n.), mira a screditare icattolici sostenitori della controri-voluzione austro-russa, tra l’altroparagonando con estro le persecu-zioni dei primi cristiani a quelle sof-ferte dai rivoluzionari. L’autore di-chiara inoltre l’istituto monarchicocontrario per principio al Vangelo,auspicando per giunta la caduta tem-porale del Pontefice.

Casati III, 158: «Blasfemo».(B.P.)

�Lando, Ortensio (ca. 1512-ca.

1558).La sferza de scrittori antichi et

moderni di M. Anonimo di Utopia allaquale, è dal medesimo aggiunta una es-sortatione allo studio delle lettere. Ve-nezia, Andrea Arrivabene, 1550.

Prima edizione, pubblicata dalmilanese Ortensio Lando usando lopseudonimo “Anonimo di Utopia”

Recenti acquisizioni dellaBiblioteca di via Senato

Da una “prima” evoliana a una cinquecentesca difesa del fiorentino

Arianna Calò, GiacomoCorvaglia, Margherita Dell’Utri,

Annette Popel Pozzo e Beatrice Porchera

BvS: nuove schede

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in chiaro riferimento all’Utopia diTommaso Moro. Lando, infatti, nel1548 aveva presentato la prima edi-zione italiana del testo di Moro. LaSferza è «da collocare accanto allaBibliotheca universalis di ConradGesner e alla prima Libreria di A.F.Doni», in cui «il lettore si trova difronte a un enciclopedismo rove-sciato che accomuna, senza un veroprogetto classificatorio, da Aristote-le al Cinquecento, circa 450 autoriprevalentemente classici tra filosofi,poeti, storici, oratori, eruditi, giuri-sti” (DBI 63, p. 456).

Copia proveniente dalla bi-blioteca del libraio antiquario Giu-seppe Martini. (A.P.P. )

�Lando, Ortensio (ca. 1512-ca.

1558). Varii componimenti di M. Hort.

Lando. Nuovamenti venuti in luce.Quesiti amorosi, con le risposte. Dialogointitolato Ulisse. Ragionamento occorsotra un cavalliere, & un’huomo soletario.Alcune novelle. Alcune favole. Alcuniscroppoli, che sogliono occorrere nellacottidiana nostra lingua. Venezia, Ga-briel Giolito de Ferrari & fratelli,1552.

Prima edizione che contiene,oltre a un Ragionamento d’improntaautobiografica e ad un Dialogo intito-lato Ulisse, una collezione di novelle,dialoghi, favole e scherzi. Con una xi-lografia d’argomento cavalleresco apiena pagina sul verso della carta K5.

Esemplare proveniente dallabiblioteca del libraio antiquarioGiuseppe Martini. (A.P.P. )

�Lenzoni, Carlo (1501-1551). In difesa della lingua fiorentina,

et di Dante. Con le regole da far bella etnumerosa la prosa. Firenze, LorenzoTorrentino, 1556 (1557).

Frontespizio entro cornicemanieristica contenente lo stemmamediceo. Nell’opac delle bibliotecheitaliane viene indicata una variantecon la data del 1556 nel colophon.

Prima e unica edizione dell’o-pera in forma di dialogo, pubblicatapostuma a cura di Pier FrancescoGiambullari (con dedica a Miche-langelo Buonarroti) e Cosimo Bar-toli (con dedica a Cosimo II). L’edi-zione contiene anche l’Orazione diM. Cosimo Bartoli, sopra la morte diCarlo Lenzoni. L’opera rimasta in-compiuta nella terza parte che studiale regole, si inserisce «nel dibattitosulla lingua, rivendicandone la fio-rentinità viva e parlata contro le teo-rie letterarie del Bembo e del Tomi-tano, in una relazione che incontrò ilconsenso generale dell’Accademia eche presto si allargò, nel disegno del-l’autore, in una difesa anche di Dan-te» (Enc. Dantesca III, p. 623).

Berio 1542 (Opere su Dante),DBI 64, p. 395-397; Enc. DantescaIII, p. 623-624; Fiske II, p. 296.(A.P.P. )

�Leoni, Giovanni Battista (ca.

1542- ca. 1613).Considerationi di Gio. Battista

Leoni sopra l’Historia d’Italia di messerFrancesco Guicciardini. Venezia, Gio-lito de Ferrari, 1583.

Marca tipografica al frontespi-zio, in cornice figurata, e alla c. M8r,raffigurante la fenice, rivolta al sole,su fiamme che si sprigionano da unglobo alato recante le iniziali G.G.F;motto “semper eadem”.

Prima edizione. Di questa so-no segnalate nell’opac delle biblio-teche italiane due differenti emissio-ni. Quella indicata come variante B,a cui appartiene il nostro esemplare,presenta il primo fascicolo ricompo-

sto. Giovanni Battista Leoni, storicoe poligrafo forse d’origine padova-na, fu uno dei fondatori (1593) della“seconda” Accademia Veneziana. Isuoi cinque libri delle Considerationi,dedicati a Giacomo Boncompagniduca di Sora, ebbero altre due edi-zioni veneziane (1599 e 1600) e furo-no ristampati nelle edizioni dellaStoria d’Italia guicciardiniana delloStoer, nel 1645, e del Pasquali, nel1738-1739. (B.P.)

�Leopardi, Monaldo (1776-

1847).La città della filosofia. [s.l.] [i.e.

Pesaro], [s.n.] [i.e. Nobili], 1833.Si tratta con tutta probabilità

della prima edizione dell’opera. A p.402 dell’Autobiografia di MonaldoLeopardi con appendice di AlessandroAvoli (Roma, Befani, 1883) viene da-ta notizia della princeps della Cittàdella filosofiache fu stampata a Pesaroda Nobili nel gennaio del 1833, inottavo e di 44 p. L’ICCU, oltre aquesta edizione, ne censisce un’altradi 254 p., anch’essa posseduta dallanostra Biblioteca.

Leopardi, Autobiografia di Mo-naldo Leopardi, Roma, 1883; CLIOIV, p. 2601. (B.P.)

�Leopardi, Monaldo (1776-

1847).Considerazioni sulla storia d’Ita-

lia di Carlo Botta in continuazione diquella del Guicciardini. Venezia, An-tonio Rosa, 1834.

Edizione rarissima, censita inpochissime copie al mondo. L’attri-buzione al conte Monaldo Leopardiè confermata nell’Autobiografia (Ro-ma, Befani, 1883) dallo studio diAlessandro Avoli: a p. 403 si citano ifascicoli 36-39, 43-48, pubblicaticon il titolo Considerazioni sulla Isto-

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ria d’Italia di Carlo Botta su La Vocedella Ragione. La presente edizionenon è però citata nel novero delleedizioni conosciute; nella nota (2) ap. 404 si chiarisce: «Oltre l’edizionefatta a parte dal Nobili (senza nome,al solito, della tipografia e dell’edito-re), le Considerazioni furono stampa-te in Lugano dal Veladini nel 1834, inNapoli da Raffaello di Napoli 1835 ein Palermo nello stesso anno».

Leopardi, Autobiografia di Mo-naldo Leopardi, Roma, 1883. (A.C.)

�Martignoni, Massimo (a cura

di).La più amata dagli italiani: Sca-

volini 1961-2011: 50 anni di cucine.Milano, Skira, 2011.

Giubilare edito in occasionedei 50 anni di Scavolini. Il volume ri-percorre, attraverso una ricca docu-mentazione iconografica e storica, lastoria dell’impresa partendo dai pri-mi passi mossi negli anni Sessanta, aisuccessi commerciali degli anni Ot-tanta sino ad arrivare alle recenti col-laborazioni con designer internazio-nali del calibro di Giugiaro e Mi-chael Young. Il libro ha preziosi con-tributi di Philippe Daverio, GabrieleBasilico e Filippo Romano. (G.C.)

�Polo, Marco (1254-1324). Dell’isola di Madegascar. Illu-

strata da sei acqueforti di Fabrizio Cle-rici. Milano, all’Insegna del Pesced’Oro, Stamperia Valdonega di Ve-rona, 1955 (Serie incisioni originali).

Cartelletta contenente 6 ac-queforti originali fuori testo firmateda Fabrizio Clerici e raffiguranti:elefanti, la città fantastica, l’uccellorut, un cammello con gufo, dei pretie l’uccello rut con cavaliere. Le ac-queforti, su carta japon, sono stateimpresse a Roma presso la Calcogra-fia Nazionale nel marzo 1955. L’edi-

zione di questa cartelletta consta diottanta copie numerate e di cinquecopie contrassegnate con le lettereA, E, I, O, U. Il testo, pure su carta ja-pon, è stato impresso a Verona dallaStamperia Valdonega: Dell’isola diMadegascar è il capitolo CLXVII(CXCI) del Milione di Marco Polo,secondo il testo dell’Accademia dellaCrusca. Al verso del frontespizio de-dica manoscritta dell’Artista: «allaCarissima Letizia questo program-ma per il prossimo viaggio in mare iltuo affezionato amico Fabrizio».(M.D.U.)

�Sannazzaro, Jacopo (1458-

1530).Sonetti, e canzoni di M. Iacobo

Sannazaro gentilhuomo napolitano.Roma, Antonio Blado, 1530.

Probabile prima edizione,stampata postuma e censita in soledue copie in Italia presso la Bibliote-ca Vaticana e la Biblioteca NazionaleCentrale di Roma, uscita nello stessoanno dell’edizione di Napoli dai tor-chi di Giovanni Sultzbach. L’edizio-ne intitolata Sonetti e canzoni (che ri-chiama significativamente la sillogedi Sonetti e canzoni pubblicata daiGiunti a Firenze nel 1527) è divisa indue parti e comprende 101 componi-menti di diverso genere: sonetti, can-zoni, madrigali, capitoli in terzine.

Maria Corti, Sannazaro, Iacobo,in Dizionario critico della LetteraturaItaliana, 1986, vol. 4, p. 82-88.(A.P.P. )

�Teocrito; Rodio di Simmia;

Publio Virgilio Marone; Mosco;Bione Smirneo; Pileneo, Eritisco(Pagnini, Giuseppe Maria).

Teocrito, Mosco, Bione, Simmiagreco-latini con la Buccolica di Virgiliolatino-greca volgarizzati e forniti d’an-notazioni da Eritisco Pilenejo p. a. Par-

ma, dalla Stamperia Reale, 1780.L’opac delle biblioteche italiane

censisce 4 differenti varianti dell’edi-zione: la presente copia risponde allecaratteristiche della variante B, stam-pata su carta di formato maggiore (30cm) con filigrana costituita da crocedi Calvario con iniziali EDPM. Ope-ra stampata in greco, latino e italiano.Dedicatoria a Don Ferdinando Bor-bone, Infante di Spagna, Duca di Par-ma, Piacenza, Guastalla firmata daGiuseppe Maria Pagnini, carmelita-no della Congregazione mantovana,“volgarizzatore” dei componimenticlassici e citato al frontespizio con lopseudonimo di “Eritisco Pilenejo”.Alcuni dei componimenti di Simmiasi presentano ordinati in singolaricomposizioni grafiche che imitanol’oggetto del componimento stesso,così che le liriche concernenti le ali,un uovo, una scure, un Flauto di Pan eun’ara sono disposti entro figure aforma delle cose presentate.

Brooks, 170: «Gli esemplari incarta grande sono belli»; Brunet V,1786. (A.C.)

�Voltaire (pseud. Arouet, Fran-

çois Marie) (1694-1778).La Pucelle d’Orléans, Poëme en

vingt-un chants, avec des notes, auquelon a joint plusieurs pièces qui y ont rap-port. 2 voll. Londra [Reims], [s.n.][Cazin], 1780.

Si tratta di una delle più belleedizioni di Cazin, nel tipico formatoin-18mo, arricchita da incisioni inantiporta e in testa a ciascun canto.Dal Brissart-Binet, p. 88: «Magnifi-que édition, délicieuses gravures entête de chaque chant, sans nom dedessinateur ni de graveur, mais attri-buées à Duplessi-Bertaux».

Graesse VII, 393; Cohen522s.; Lewin 560; Brissart-Binet, p.88. (A.C.)

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la Biblioteca di via Senato Milano – aprile 2011 72

� Ho letto con grande interessenell’Editoriale dell’ultimo numero del “Bollettino” (marzo 2011), che laBiblioteca ha in corso di progettazionel’inizio di digitalizzazione delle sueopere più significative. Data ormail’abitudine di consultare testi in rete,vorrei sapere che cose intendetecon “opere più significative”?

Pietro Vailati, Ravenna

La Biblioteca dispone di importanti archivi e materialemanoscritto (Archivio GiuseppeMartini, Vincenzo Mortillaro,Curzio Malaparte, GiuseppeTomasi di Lampedusa, GiacomoManzù, Vinca Sorge Delfico, LuisBorges e Angelo Sommaruga), di libri a stampa estremamente raricon talvolta nessuna o una solacopia censita, e di fondispecializzati unici, come peresempio il Fondo dell’Impresa.Rendere consultabili questi testi in rete significa mettere a disposizione del pubblico unpatrimonio altrimenti difficilmenteaccessibile, annullando sia i vincoliconservativi (delicatezza e fragilitàdel materiale), sia i vincoli logistici(distanza dell’utente dalla nostrabiblioteca).

� Causa una serie di imprevisti, e senza trascurare una certa dose di miapigrizia, mi sono colpevolmente

Ringraziandola dell’interesse, ci dispiace doverla informare che la nostra Fondazione non prevede alcun tipo di venditadelle proprie pubblicazioni tramitecontrassegno. Ci preme comunque segnalarle che potrà trovare una copia del catalogo relativo alla mostra“Dante e l’Islam” in tutte le Librerie Mondadori d’Italia. La nostra speranza, comunque, è che possa passare ad acquistarloqui da noi, magari in occasionedella prossima mostra.

� Visitando la mostra “Dante e l’Islam” ho scoperto la vostraBiblioteca, dove ho sentito parlare di un “Teatro di Verdura”, senza però capire bene di cosa si tratti.

Sergio Rotondi

Aperto da giugno a settembre,seguendo ormai quella che è una tradizione per Milano (siamo,infatti, alla 14ma edizione), il Teatrodi Verdura è la rassegna teatraleestiva della nostra Fondazione.Anche quest’anno, con 30appuntamenti che trarranno spuntodalle pagine scritte e non solo della nostra Biblioteca, il Teatro di Verdura animerà le serate estivedei milanesi. Sul numero di maggiodel bollettino troverà lapresentazione della nuova edizione.

La pagina dei lettori

Se volete scrivere:[email protected]

Tutti i numeri sono scaricabili in formato pdf dal sito

www.bibliotecadiviasenato.it

Bibliofilia a chiare lettereDalla digitalizzazione dei nostri fondi al Teatro di Verdura

persa la vostra mostra “Dante e l’Islam”, di cui non ho sentito parlarealtro che bene e non solo su questogiornale. Per porre rimedio a questomio “errore”, vorrei almeno acquistareuna copia del relativo catalogo, ma nonabitando nei pressi di Milano, volevochiedervi se fosse possibile ordinarvelotramite spedizione.

Franca Migliorati

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Carina!ALLEGRA E SPENSIERATA

SEI CARINA

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n.4 – aprile 2011

la Biblioteca di via SenatoMilanomensile, anno iii

LA MOSTRALa Milanospagnola tracarte e mappe

UTOPIAPietro Aretino,antiCortegianod’eccellenza

NOVECENTOQuel Luraghiche fu managered editore

RARITÀL’abate Vella e quel falso cheispirò Sciascia

150°Le tre capitali eil giubileo 1911,il primo “unito”

Le memorie di una grandeMilano

Le memorie di una grandeMilano