L' Altare Preistorico Di Monte D' Accoddi

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Collana Archeologia Guide E Itinerari - 29 - L' Altare Preistorico Di Monte D' Accoddi (Ercole Contu)

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L’ALTARE PREISTORICO DI MONTE D’ACCODDI

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In copertina:

Veduta aerea di Monte d’Accoddi

ISBN 88-7138-206-4

© Copyright 2000 by Carlo Delfino editore, Via Rolando 11/A, 07100 Sassari

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SARDEGNA ARCHEOLOGICA

Guide e Itinerari

Carlo Delfino editore

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L’altare preistorico diMONTE D’ACCODDI

Ercole Contu

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Studi e ricerche

Il territorio dove sorge l’altare preistorico di Monte d’Accoddi cor-risponde grosso modo a quella parte della Flumenàrgia di Sassari in cuiappunto e situato questo monumento, che per sé si trova a circa 11 kmda Sassari (ma si specificherà meglio a suo luogo), a mezza strada frale città di Sassari e Portotorres, sulla sinistra della camionabile.

Delle principali caratteristiche di tale monumento si parlerà nellepagine a ciò dedicate in fondo a questa guida: mentre ora, allo scopodi un miglior ambientamento, verrà dato invece preliminarmente unosguardo alla zona nel suo insieme e agli studi e le ricerche su di essa.

Tale zona, che, al fine di semplificare e limitare il discorso e la stes-sa illustrazione sulla carta, abbiamo voluto arbitrariamente isolaredalle sub-regioni circostanti, comprende un rettangolo di territorio,posto all’incirca fra poco oltre il Rio d’Ottava e poco oltre la super-strada statale 131, tra la cantoniera di Li Pedriazzi o Pidriazzi (km225,800) e il bivio di Platamona (km 219), presso la borgata di Ottava.Questo quadrilatero misura all’incirca da nord a sud km 4,600 e tra-sversalmente km 4. Esso fa parte per 1/5 (tratto settentrionale) del ter-ritorio comunale di Portotorres e per il restante di quello di Sassari.Nelle vecchie carte dell’I.G.M. era compreso tra i Fogli 179, II, NE e180, III, NO; mentre nelle nuove carte dello stesso dell’I.G.M. è com-presa fra i Fogli 441, III, e 459, IV.

Di fatto i nomi di alcuni monumenti erano già presenti nella parteredatta dall’Angius del Dizionario del Casalis. La zona risultava inclu-sa nella “Carta delle Nurre”, redatta da Filippo Nissardi agli inizi delXX secolo per il noto volume di Giovanni Pinza per l’Accademia deiLincei, con il nome di Flumenàrgia di Sassari e Nurra di Portotorres.Circa nello stesso momento la si può trovare nell’Elenco EdificiMonumentali, che è appunto del 1902.

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Gli studi di questa parte del territorio più sopra specificata non sonocomunque anteriori al 1947-48, quando gli viene dedicata una tesi dilaurea (M. Valeria Delrio) presso l’Università di Cagliari, pubblicata inriassunto da Giovanni Lilliu su Studi Sardi nel 1950. Quindi se neoccupò chi scrive nel 1952 e 1954 (e sino al presente) – e in seguitomoltissimi altri autori, come può vedersi nella bibliografia che qui sipresenta – in corrispondenza degli scavi sia di Monte d’Accoddi chedegli ipogei di Ponte Secco e Marinaru.

In particolare sono da mettere in evidenza i contributi di Santo Tiné(dal 1979 al 1992), che pure condusse appositi scavi a Monted’Accoddi; M. Luisa Ferrarese Ceruti, che scavò a Su CrucifissuMannu e Portotorres e a Ponte Secco (dal 1972 al 1990); GiuseppaTanda, che scavò anche una tomba della “necropoli di Monted’Accoddi” (dal 1976 al 1998); Paola Basoli (1989); e infine, ancoracon una tesi di laurea sulla Nurra e zone contermini, Elisabetta Alba(1994).

Nessuna particolare indagine comunque è stata condotta sui nuraghidi questa zona, noti già dagli inizi del ’900, ma piuttosto in rovina giàda allora. Per cui, sia con il monumento principe di Monte d’Accoddi,sia con gli altri, lo studio sul terreno si è limitata solo all’epoca ante-riore ai nuraghi; e, quando ha interessato altri ambiti cronologici, si ètrattato solo di ritrovamenti casuali.

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Fig. 1. La Regione di Monte d’Accoddi e i suoi monumenti: 1. Nuragheddu diLi Pedriazzi; 2. Necropoli ipogeica Su Crucifissu Mannu; 3. Necropoli ipo-geica Li Lioni; 4. Nuraghe La Camusina; 5. Nuraghe La Luzzana di Chercu;6. Nuraghe Figga; 7. Nuraghe Cherchi; 8. Villa romana Ponte Giogante; 9.Nuraghe Ferro; 10. Necropoli ipogeica Monte d’Accoddi; 11. Insediamentopreistorico Monte d’Accoddi; 12. Menhir Monte d’Accoddi; 13. Ipogei diMarinaru; 14. Necropoli ipogeica di Ponte Secco; 15. Menhir Frades Muros;16. Dolmen Frades Muros; 17. Necropoli ipogeica Su Jaiu; 18. Necropoli ipo-geica Sant’Ambrogio; 19. Necropoli ipogeica di Spina Santa.

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Le necropoli ed altre testimonianze archeologichedel territorio

Se oltre ai monumenti di epoca prenuragica si aggiungono anche inuraghi, si arriva, più o meno, a una trentina di monumenti, nella stri-scia di terreno sopraindicata.

Si tratta in particolare, procedendo da nord a sud, almeno dellenecropoli ipogeiche di Li Lioni e Su Crucifissu Mannu (Portotorres); diMonte d’Accoddi, Ponte Secco e Sant’Ambrogio(Sassari); delle domusde janas di Marinaru e delle necropoli Su Jau e Spina Santa (Sassari);di menhir e dolmen di Frades Muros o Mereos(Sassari), altare preisto-rico e vari menhir di Monte d’Accoddi (Sassari); e ancora, sempre danord a sud, dei seguenti monumenti nuragici: Nuragheddu di LiPedriazzi, Nuraghe La Camusina, Nuraghe La Luzzana di Chercu,Nuraghe Figga, Nuraghe Cherchi, Nuraghe Ferro. Infine circa 500 m anord-ovest del Nuraghe Ferro (l’unico di cui è riportato il nome sullacarta dell’I. G. M.) sono i resti della villa romana di Ponte Giogante.

Chiaramente, come si è accennato, i resti monumentali prenuragiciche permettono un più ampio discorso riguardano il culto dei morti(cioè particolarmente tombe ipogeiche e relative necropoli) e, come sispecificherà meglio più avanti, sono da mettere in relazione con l’abi-tato che si estendeva intorno all’altare di Monte d’Accoddi, con altrivicini che ancora non sono stati individuati e con lo stesso altare.

Certamente le meglio riferibili a chi abitava intorno all’altare sonole tombe di quella che è detta appunto “Necropoli di Monted’Accoddi”, a 500 m ad ovest-nord-ovest. Mentre la necropoli di PonteSecco è a 670 m a est e le poche tombe di Marinaru stanno circa aduguale distanza, ma a nord.

Le altre più note necropoli ubicate intorno al monumento principa-le sono quelle di Sant’Ambrogio (1,400 km circa a sud), Su CrucifissuMannu (2, 350 km circa a nord-nord-ovest), Li Lioni (1,700 km circaa ovest-nord-ovest). Per sé la struttura megalitica di Frades Mereos èinvece situata a circa 700 m a sud-sud-ovest, ma oltre la vallata del Riod’Ottava. Praticamente la maggior parte dei monumenti che ci interes-sano sono ubicati a sinistra cioè a sud della superstrada 131, che con-duce da Sassari a Portotorres (anzi i nuraghi si addensano quasi esclu-sivamente, nel tratto più occidentale della zona in esame, lungo i bordi

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dei costoni che circondano le strette anse del Rio d’Ottava); con l’ec-cezione solo delle necropoli di Su Crucifissu Mannu e di Marinaru, chestanno a destra, cioè rispettivamente a nord-ovest e a ovest. Per cui, pervisitare gli altri, è bene tenere presente che, essendo divisa longitudi-nalmente la superstrada da un’alta barriera metallica (o guard-rail) ènecessario raggiungere prima il bivio con isola spartitraffico diBancali-Sorso, che è situato al km. 223; e da qui voltare a sinistra, sesi va alla necropoli di Monte d’Accoddi, o tornare indietro sulla oppo-sta corsia di marcia, se si vuole visitare Monte d’Accoddi stesso(monumento) o Ponte Secco.

Tutti i costoni calcarei che circondano il basso altopiano sul qualesorge l’altare di Monte d’Accoddi sono punteggiati dalle aperture qua-drangolari delle tombe che si aprono direttamente sulla campagna, cono senza padiglione d’accesso, mentre sulla parte superiore degli stessicostoni altre se ne trovano, con l’ingresso raggiungibile da un pozzet-to scavato nella roccia calcarea, ossatura geologica dell’intera regione.Purtroppo la fitta vegetazione e l’interramento, prodottisi naturalmen-te, nascondono assai spesso un numero anche elevato di tombe. Per cuinon sempre è possibile definire, neppure con una certa approssimazio-ne, l’ampiezza reale di ogni singola necropoli ed il numero delle suetombe e dei vani interni, spesso rovinati per crollo o disfacimento natu-rale della roccia.

La conoscenza solo parziale si deve anche al fatto che l’esplorazio-ne scientifica, come si può dedurre anche da quanto si dirà, è statasinora piuttosto limitata.

Anche perciò, si parlerà qui di seguito principalmente di tre necro-poli – solo in parte visitabili – e di alcune tombe di un gruppo isolato.Sono tutte, appunto, di tipo ipogeico, cioè scavate nella viva roccia ecostituite da varie camerette o celle, collegate fra loro. In Sardegnavengono chiamate domus de janas, cioè case di fate e streghe, ma glistudiosi le definiscono ipogei funerari o grotticelle artificiali. Si trattadi tombe, anche nel caso in cui, veniva riprodotta, per vari elementi, lacasa del morto. Solo che, di seppellimenti, queste tombe ne accoglie-vano molto più d’uno, come le cappelle di famiglia dei nostri cimiteri.

Tutte queste domus de janas appartengono alla Cultura di Ozieri, delNeolitico Recente, e perciò vengono datate fra il 4000 e il 3200 circaav. C. Ma furono riusate anche nelle culture successive e talora anchein epoca romana e medioevale.

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È bene tenere presente che le tombe in questione, con l’eccezione diquelle di Su Crucifissu Mannu (che stanno per diventare di proprietàdello Stato), si trovano in terreno privato o per quasi tutte comunque lavisita comporta l’attraversamento di terreni privati; per cui si consigliaa chi volesse visitarle (e spesso ne vale la pena!) la massima discre-zione e prudenza, preavvisandone, ove possibile, i privati possessori.Prudenza ancora maggiore è necessaria per la Necropoli di Monted’Accoddi, data la notevole vicinanza al tracciato della ferrovia che daSassari conduce a Portotorres.

Non dovrebbe essere necessario invece raccomandare il massimorispetto di questi resti ed evitare di farsi tentare dall’eseguire in essiscavi o recuperi abusivi.

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Fig. 2. Necropoli ipogeica di Monte d’Accoddi: la Tomba del Capo: cella hcon portello di ingresso con pilastro decorato da schemi multipli di teste ecorna bovine.

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La necropoli di Monte d’Accoddi

La necropoli di Monte d’Accoddi – raggiungibile con difficoltà acausa della ferrovia, di cui occupa in parte il terreno – è costituita daalmeno otto ipogei. Essa è situata circa 1 km a sud-est del casello fer-roviario che guarda il passaggio a livello della strada che porta daSorso a Bancali e che si diparte sulla sinistra, come si è accennato, dal-l’isola spartitraffico della provinciale Sassari-Portotorres posta al km223; questo spartitraffico dista circa a 13 km da Sassari e 6 daPortotorres e km 1,300 dal casello.

Di questi ipogei è particolarmente degna di nota la Tomba I o Tombadel Capo, con nove ambienti rettilinei, disposti intorno ad uno mag-giore centrale. Nella cella principale del piano inferiore si hanno, aimitazione di una casa, due pilastri rettangolari. Sulla parete di fondo

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Fig. 3. Necropoli ipogeica di Monte d’Accoddi: la Tomba del Capo: cella hcon portello di ingresso e pilastro decorato da schemi multipli di teste e cornabovini in rilievo. La fossa in primo piano è medievale.

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Fig. 4. Necropoli ipogeica di Monte d’Accoddi: pianta e sezione della TombaI o Tomba del Capo.

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Fig. 5. Necropoli ipogeica di Monte d’Accoddi: Tomba II, idolo di DeaMadre.

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Fig. 6. Necropoli ipogeica di Monte d’Accoddi: Tomba IV o dei “Tavoli daOfferta”, pianta (si svolge su due piani).

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compare una «falsa porta», posta tra i due ingressi ad altrettante celle,dei quali uno presenta scorniciature e l’altro immette in una cella conunico pilastro. Questo e decorato su una faccia da alcune figure sche-matiche bovine (pròtomi) scolpite, sovrapposte verticalmente; e sul-l’altra da numerose corna bovine a falce di luna. Altre corna a falce diluna si osservano alla sinistra del portellino che introduce in due cellein successione.

A lato del pilastro si nota una vasca rettangolare da attribuirsi a riu-tilizzo in epoca tardo-antica, forse bizantina, per una sepoltura.

Nelle tombe II e III, interessate da interventi di scavo archeologico,sono stati rinvenuti idoli di tipo «cicladico» in calcite di Dea Madre,del tipo «a traforo», nonché altri materiali, soprattutto ceramici, di cul-tura Ozieri, Filigosa, Abealzu e Bonnànaro, oltre che Monte Claro eCampaniforme: il che significa che furono scavate durante la culturaOzieri e riutilizzate a lungo anche in quelle successive.

Nella Tomba III venne trovato un frammento ceramico con incisauna figuretta maschile, incrostata di ocra rossa, nell’atto di brandireforse una lancia.

Notevole complessità, con tredici celle disposte su due piani ecamera principale (h) con due pilastri, ritroviamo nella Tomba IV oTomba dei Tavoli d’Offerta (ora pressoché inaccessibile). Sulle paretie sui pilastri essa conserva motivi corniformi di stile rettilineo e anco-riformi: questi ultimi interpretati come figure umane filiformi, moltostilizzate. Quelli erroneamente qui chiamati “tavoli per le offerta” sonodei semplici banconi per i defunti, ben diversi dagli sgabelli con piediche vedremo nella Tomba IIA di Ponte Secco.

L’area complessivamente occupata è di circa m 16x6. L’ambienterettangolare con pilastri misura circa m 4x4.

Questa e le tombe che si aprono sul pianoro e intorno a esso sonomolto degradate dagli agenti atmosferici e dalla mano dell’uomo.

Si notano particolari piani rialzati, ingressi slargati e gradini, mentredel primitivo impianto residuano le caratteristiche nicchie «a uovo».

Gli ambienti da a ad e, molto semplici, per lo più curvilinei, picco-li e irregolari, fanno parte dell’impianto superiore (forse il più antico),mentre quelli, più geometrizzanti, più grandi e più complessi, da f adm di quello inferiore.

Forse più che di una tomba a due piani potrebbe trattarsi di duetombe distinte, il cui collegamento sarebbe da attribuire al caso.

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Fig. 7. Necropoli ipogeica di Ponte Secco: pianta della Tomba I.

Fig. 8. Necropoli ipogeica di Ponte Secco: pianta e sezione della Tomba II.

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La necropoli di Ponte Secco

La necropoli di Ponte Secco, sita sul lato sinistro della superstradaSassari-Portotorres al Km 221,580, è costituita da tredici ipogei che siaprono sul costone calcareo.

Di questi l’attuale Tomba I, accuratamente lavorata a martellina,presenta un breve corridoio con un lato semicircolare e l’altro rettili-neo, schema di pianta rettilineo e planimetria a sviluppo longitudinalecon due vani, portelli quadrati con scorniciature superiori e laterali.

Sulle pareti laterali dell’anticella sono scolpite protomi bovine ditipo triangolare, senza corna.

La seguente Tomba II o Tomba «Bassu» (che fu esplorata archeolo-gicamente da me nel 1952), benché fosse stata riutilizzata in EtàRomana, portò al rinvenimento di resti di inumati preistorici, accom-pagnati da un frammento di idolo di Dea Madre in calcare bianco, dauna placca rettangolare di pietra forata (cosiddetto brassard o braccia-le d’arciere), da una punta di freccia in selce, da numerosi elementiellittici forati di collana e bottoni perforati, tratti da conchiglie; il tuttoassieme a frammenti di vasi di Cultura Ozieri e Campaniforme.

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Fig. 9. Necropoli ipogeica di Ponte Secco. Tomba II o Bassu. Bottoni eBrassard.

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Questa tomba, che è costituita da otto vani, sette dei quali distribui-ti intorno a quello centrale, presenta ambienti prevalentemente rettili-nei: uno, di forma ellittica, mostra i solchi del piccone di pietra – stru-mento di cui si rinvennero due esemplari anche nella tomba XVI di SuCrucifissu Mannu, che vedremo dopo – col quale fu realizzata, ma nonportata a finimento. L’insieme si estende entro uno spazio di circa m10x10.

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Fig. 10. Necropoli ipogeica di Ponte Secco (Sassari): Tomba IIA o “Tombadelle Protomi”: pianta.

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Fig. 11. Necropoli ipogeica di Ponte Secco (Sassari): Tomba IIA o “Tombadelle Protomi”, portello, protomi e tavolo da offerte.

Fig. 12. Necropoli ipogeica di Ponte Secco (Sassari): Tomba IIA o “Tombadelle Protomi”, portello, protomi e tavolo da offerte.

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Quindi viene la Tomba IIA o Tomba delle Protomi, che si apre adalcuni metri di altezza sul piano di campagna. È un ipogeo molto inte-ressante anche se ha subito un forte degrado. La pianta complessa, chesi sviluppa intorno a due vani centrali, presenta tredici ambienti dipianta curvilinea; forse realizzati in due momenti successivi. Si esten-de per uno spazio di circa m 8x10.

Dall’anticella si sale, per due gradini risparmiati nella roccia, aglialtri vani interni.

Nelle pareti laterali e in quella frontale dell’anticella è presente unaricca ornamentazione in rilievo, di carattere cultuale, costituita damotivi scolpiti, che sono formati da tavole d’offerta e da quattro file ditre rappresentazioni bovine sovrapposte. I simboli zoomorfi sono limi-tati alla parte più bassa dell’ambiente; ma il forte degrado e la man-canza della volta, con la conseguenza anche di un ristagno d’acquapiovana, portano a non escludere che in antico fossero anche piùnumerosi. Queste protomi sono ubicate nella parete tra le due tavoled’offerta, spazio che è anche quello tra le due celle.

Le figure residue in rilievo, di natura zoomorfa, che sono 21, dispo-ste l’una sull’altra e sistemate in tre gruppi distinti, sono rese con lo stilenaturalistico. La figura più bassa è anche quella di maggiori dimensioni.Tali figurazioni sono anche poste in modo da incorniciare le piccoleporte centrali, differenziandole così, in senso protettivo magico-religio-so e funzionale dalle altre che sono all’interno del complesso funerario.

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Fig. 13. Necropoli ipogeicadi Ponte Secco (Sassari):Tomba III. Pianta

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In particolare nella cella più interna si hanno, sopraelevati sul pianodel pavimento e risparmiati nella roccia, dei settori che delimitanodegli spazi per le offerte funerarie.

La Tomba III presenta un singolare ingresso circolare sopraelevatosul piano di campagna inquadrato in una cornice negativa quadrata,schemi di pianta rettilinei e schema planimetrico generale a «T». Ilportello, che dall’anticella introduce nella cella principale, ha un’ana-loga cornice e superiormente un architrave in rilievo. Due gradini, unosemicircolare e l’altro rettangolare, introducono nella cella principale,che presenta pilastro quadrangolare e tre celle ad alcova (disposte acroce) di pianta subrettangolare con portellini trapezoidali.

In corrispondenza rispettivamente degli ingressi alle celle laterali edi fondo, due semipilastrini in rilievo e un incavo sulla parete fungonoda gradini per salire ai vani posti più in alto.

Quasi a significare l’indubbio rapporto fra il mondo dei morti equello dei vivi, il singolare ingresso circolare di questa tomba inqua-dra l’Altare di M. d’Accoddi che si scorge in lontananza.

Da questa tomba vengono una pietre sacra ellittica (un betilino) inarenaria e tre idoli di Dea Madre di tipo “cicladico”.

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Fig. 14. Necropoli ipogeica di Ponte Secco (Sassari): Tomba III: cella prin-cipale con gradini e pilastro.

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La Tomba IV si apre su un piano superiore rispetto a quelle citate.Sono visibili le tracce di un corridoio interrato. L’attuale ingresso «a

padiglione» era probabilmente l’anticella semicircolare. Sulla parete difondo sono due aperture: una sopraelevata in parte erosa e l’altra ampiache introducono nella cella principale, dove a imitazione della casa, sihanno una colonna circolare e la volta-tetto a unico spiovente (cioècome quello ipotizzato per la Capanna dello Stregone di Monted’Accoddi).

Immediatamente a destra, questa cella comunica con un’altra semi-circolare, che ha un ingresso sul «padiglione». Ancora a destra si apreun ingresso ad una cella semicircolare che comunica a sua volta conun’altra rettangolare.

Sulla parete di fondo un portello trapezoidale, sormontato da dupli-ce schema, in rilievo, di doppie corna bovine angolari, introduce in unacella rettangolare. Sempre sulla parete di fondo verso l’angolo sinistroun portello immette in un ambiente semicircolare.

Sulla parete sinistra e sulla parete di ingresso, a sinistra, sono duenicchie interrate. Si tratta quindi di un ipogeo a schema spaziale mistocon planimetria a sviluppo centralizzato e sette vani: il degrado dellaroccia e l’interramento impediscono una lettura più precisa.

Molto guasta è la Tomba VI o Tomba del Capovolto, la quale dovevaavere una complessità e una tipologia forse non molto dissimile dalla“Tomba delle Protomi” e derivare dall’ampliamento di una grotta natu-rale (rielaborata in seguito anche in Età Romana). È comunque da citar-si per dei motivi figurativi schematici incisi: sulla parete di fondo, sullasinistra del portello, nel piccolo padiglione che precede la sepoltura, unancoriforme rettilineo associato con un antropomorfo capovolto (quin-di morto), a “candelabro” con bracci curvilinei; mentre, sopra un por-tello, si hanno doppie corna rettilinee. Tutti simboli religiosi o magico-rituali che dovevano proteggere la sepoltura.

Accanto si aveva anche un certo numero di concavità a calotta (cop-pelle), parimenti di significato sacro.

Tutti i suddetti schemi figurativi si ritrovano in altri ipogei dellaSardegna, come quello dell’Emiciclo di Sas Concas a Oniferi-NU,nella grotta di Luzzanas-Ozieri-SS, sulle statue-menhir di Laconi-NUe altrove; ma compaiono anche su un minuscolo peso da telaio in ter-racotta trovato a Monte d’Accoddi.

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Figg. 16. Ponte secco: tomba VI o del Capovolto.

Figg. 15. Necropoli ipogeica di Ponte Secco (Sassari). Tomba IV: le doppiecorna in rilievo e la colonna.

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Fig. 17. Marinaru (Sassari): Tomba Amorelli. Idoletto “Cicladico”.

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Le quattro tombe di Marinaru

L’ipogeo che qui viene presentato porta il nome di Tomba I o TombaAmorelli e fa parte di un sepolcreto con altre tre domus de janas nonancora esplorate. Si apre circa una trentina di m a nord della super-

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Fig. 18. Marinaru (Sassari): Tomba Amorelli. Pianta.

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strada, all’altezza all’incirca del km 222,300, più o meno di fronte allastrada che conduce all’altare di Monte d’Accoddi (cioè a circa 800 ma Nord di esso). Io stesso procedetti nel 1953 alla sua esplorazione, cheportò a ritrovamenti straordinari; costituiti fra l’altro dai resti umani didue sepolture, con il corredo di tre vasi campaniformi interi decorati edi un idoletto “cicladico” in marmo di Dea Madre. Ma la tomba era piùantica, essendo stata realizzata durante la Cultura di Ozieri.

Furono gli aratri da scasso a mettere in evidenza sul piano calcareoil pozzetto di accesso alla tomba, che risultò composta di tre ambienti:due dei quali circolari e l’ultimo (ove apparve il ricco corredo) diforma bislunga, che si allarga verso la parte terminale.

Il tutto è inseribile in uno spazio di circa m 7x4.Ora è segnata da un certo accumulo di pietre e terra, che la ostruisce,

in mezzo a un campo coltivato, e perciò risulta momentaneamente inac-cessibile; ma si prevede che verrà liberata fra breve dalle ostruzioni.

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Fig. 19. Marinaru (Sassari): Tomba I o “Tomba Amorelli”: pianta e posizio-ne dei reperti (1, 2, 3: vasi “campaniformi” decorati; 8: idoletto “cicladico”).

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Fig. 21. Marinaru (Sassari): Tomba Amorelli: ciotola e vasi campaniformidecorati.

Fig. 20 Marinaru (Sassari): Tomba Amorelli o Tomba I: vasi non decorati.

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Fig. 22. Porto Torres, Su Crucifissu Mannu. “Rotaie” di carri di età romana,sopra le tombe preistoriche.

Fig. 23. Porto Torres, Necropoli di Su Crucifissu Mannu: Tomba VIII.

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Fig. 24. Porto Torres. Necropoli di Su Crucifissu Mannu: tombe VIII (a),XII (b), e I (c). Planimetria.

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La necropoli di Su Crucifissu Mannu

Questa necropoli, costituita da 22 tombe, si sviluppa sulla sommitàdi una morbida conformazione rocciosa calcarea ed è situata circa 400m a nord del km 224,100 della superstrada che va da Sassari aPortotorres. Vi si giunge per un viottolo sterrato, che costeggia unafabbrica di catrami, girando a sinistra del medesimo.

Le tombe ipogeiche sono di varia grandezza e di varia tipologia. Matutte originariamente appartenevano alla Cultura di Ozieri; benché ilriutilizzo, sino e soprattutto in epoca di Bonnànaro, nonché in quelli diMonte Claro e del Vaso Campaniforme, fosse stato massiccio.

Quasi tutte mostrano un impianto a pianta centrale, con ingresso apozzetto o calatoia; e tre, la VIII, la XII e la XIII mostrano che il poz-zetto si trasformò a un certo punto in lungo e stretto corridoio (talorasolo simbolico). In quasi tutti gli ipogei una serie di vani si apre lungole pareti di una grande cella centrale (talora provvista di pilastri) pre-ceduta da una piccola anticella. È lo stesso schema di pianta anche dialtre necropoli della Sardegna e che abbiamo già visto a Ponte Secco.

Fra le tombe più ampie e complesse è da porre la Tomba XIII, che ècostituita da 14 ambienti tendenti alla forma rettangolare (distribuitiintorno a due vani principali). L’insieme è realizzato entro uno spaziodi circa m 11x11. Vi dà accesso (come si è accennato e similmente allaTomba XII), eccezionalmente per la zona di Monte d’Accoddi, unlungo corridoio, trasformazione di una calatoia ellittica.

I migliori risultati si ebbero con l’esplorazione della Tomba XVI, chefu interessata soprattutto dal rinvenimento di abbondanti ceramiche diCultura Bonnànaro, ma non mancavano bottoni a calotta sferica, fora-ti, e quattro brassard del “Vaso Campaniforme”. Questa tomba è costi-tuita da una calatoia tondeggiante e tre vani pressoché rettangolari, ilprincipale dei quali presenta al centro un pilastro rettangolare.L’insieme si estende entro un’area di circa m 12x16.

Per la Cultura di Bonnànaro è stato possibile constatare un singolarerituale, che porta a circondare e ricoprire i crani con un cerchio di pietre. Uncranio umano presenta documentazione di trapanazione curativa, in vivo.

Fra le sepolture, quelle che si trovano ubicate nell’estremo limitesettentrionale della necropoli mostrano una planimetria diversa da

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quelle descritte, cioè disarticolata nella disposizione degli ambientisepolcrali. È questo il caso della Tomba III, che trova confronto nellaTomba Amorelli di Marinaru, nonostante sia di pianta più complessa.

Da tombe non precisate di Su Crucifissu Mannu vengono anche treidoletti “cicladici” con la figura della Dea Madre.

Tra gli elementi di culto restituiti dalla necropoli di Su Crucifissu,inoltre, va citata la tomba VIII, dove si ha una duplice rappresentazio-ne corniforme a schema rigido, che sovrasta il portello che si apre nellaparete fondale del vano centrale. Altre due rappresentazioni bovineaffiancate, di stile curvilineo, ornano la parete destra di un vano secon-dario della tomba XXI.

Molto interessanti – ma non preistoriche e sovrastanti alle tombestesse – sono anche, sul piano di roccia, le tracce (profondi solchiparalleli o “rotaie”) di slitte o carri per il trasporto di blocchi.Risalgono ad età romana e medioevale e dovevano servire per realiz-zare gli edifici della vicina Portotorres(Turris Libisonis). Ricordanoconsimili esempi dell’Isola di Malta (p. es. Boschetto).

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Fig. 25. SuCrucifissu Mannu(Porto Torres):cranio trapanatodalla Tomba XVI.

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L’altare di Monte d’Accoddi e il territorio circostante

Gli scavi e le ricerche

La collinetta che verrà a corrispondere all’altare preistorico diMonte d’Accoddi, è situata a 11 km da Sassari ed esattamente al km222,350 della superstrada 131, Sassari-Portotorres, sul lato sinistro;mentre da Portotorres dista circa 8 km e in, linea d’aria, circa km 5,5dallo stagno e dalla spiaggia di Platamona. Sia per ovvie ragioni disicurezza che comunque per la barriera metallica, che divide le corsiedi traffico, è necessario provenire da Portotorres (e allora il monumen-to si troverà sulla destra) o, se si viene da Sassari, proseguire, come siè detto, sino al bivio di Bancali e da qui imboccare la corsia inversa dimarcia, tornando indietro di circa due chilometri.

Il monumento – che da lontano appare come un leggero rilievo col-linoso sovrastato da ferri e transenne- si trova a circa 800 m dallasuperstrada ed è accessibile da una bella strada lastricata. A circa metàdi un percorso rettilineo si trova, nel posto di una vecchia cava, ungrande parcheggio. Quindi si procede a piedi su un’agevole pedonalesino ad un’area recintata e con cancello in ferro.

L’accesso agli scavi – gestito attualmente, anno 2000, dalla CooperativaTellus – può avvenire dalle 9 alle 17 (orario invernale) e dalle 9 alle 18(orario primaverile ed estivo) in tutti i giorni, compresi i festivi.

Nel sito esiste un Antiquarium dove sono esposti pannelli didatticiche illustrano i risultati dello scavo, la successione delle varie fasi delmonumento ed alcune riproduzioni dei reperti.

Sono invece esposti al Museo Nazionale G. Antonio Sanna diSassari altri pannelli didattici, purtroppo eccessivamente grandi, e unbel plastico di tipo tradizionale, in pietra, ed anche, sospeso per ariacome un fantasma, un moderno ologramma, nonché una scelta piutto-sto scarsa dei circa 6000 pezzi ritrovati durante gli scavi.

Come si è già accennato, le ricerche e gli scavi archeologici ebberoqui inizio verso il 1952 e proseguirono, in varie fasi, ad opera di chiscrive, sino al 1958; e furono ripresi ed estesi successivamente, cioèdal 1979 al 1989, dal Prof. Santo Tinè, dell’Università di Genova, edalla sua équipe.

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Fig. 26. Monte d’Accoddi. Gli archeologi M. Teresa Amorelli, Tea Coco,Massimo Pallottino, Gennaro Pesce, Giovanni Lilliu ed Ercole Contu, pressoil menhir “femminile” nel 1954.

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Fig. 27. Monte d’Accoddi. Veduta della collina da sud-ovest.

Fig. 28. Monte d’Accoddi. Veduta della collina da nord.

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Lo scopo iniziale era appunto quello di stabilire il significato di unacollinetta, chiaramente artificiale, denominata Monte d’Accoddi, che,unica e isolata (punto trigonometrico con la quota di m 75 s. l. m.), sielevava ancora per circa 6-7 m (circa m 8 in antico) su un’ampia eabbastanza regolare piana calcarea, compresa in parte tra la ferroviaSassari-Portotorres e la strada camionabile, poi divenuta superstrada,avente lo stesso percorso. Come si è già accennato, solo qualche km inpiù segna la distanza della zona e della collina da Sassari rispetto aPortotorres.

Il professore e Ministro, allora, della Pubblica Istruzione, AntonioSegni, che più tardi diverrà Presidente della Repubblica, amante del-l’archeologia e conoscitore della terra sarda, e di questa zona in parti-colare, prese a cuore le ricerche e ne garantì il finanziamento.

Egli riteneva che la collinetta fosse una specie di tumulo, come quel-li notissimi dell’Etruria. Fin dal 1900 gli archeologi, invece, ragionan-do per analogia, erano sicuri che si trattasse delle rovine molto degra-date di un qualunque nuraghe: uno dei 7000 nuraghi (torri e castellipreistorici) che si trovano sparsi per tutta la Sardegna; oppure, piùlimitatamente, uno dei 284 di cui è costellata la Nurra, una sub-regio-ne geografica compresa appunto fra Sassari, Portotorres, Alghero eOlmedo, e di cui la zona in questione fa parte integrante. Anzi alriguardo occorre tener presente che entro il raggio di qualche chilome-tro dal monumento si hanno quattro o cinque nuraghi, che addiritturadiventano una decina se si considera la zona della Flumenàrgia ripor-tata nella cartina di questa guida.

Ma gli scavi dimostrarono che, archeologi e no, si sbagliavano tuttiquanti.

Alla fine apparve chiaro che la collina non solo non nascondeva unnuraghe ma era stata prodotta dalle rovine di un eccezionale, ed anco-ra unico, monumento, sorto, come si dirà meglio più avanti, almenocirca 1600 anni prima dei più antichi nuraghi. Si trattava, cioè, di unacostruzione appartenente alla cultura di Ozieri, del Neolitico Recente,proseguita in qualche modo in tempi successivi, ma andata in disuso ein rovina prima dell’Età Nuragica (che ha inizio col Bronzo Medio).La rovina alla quale si è accennato non era dovuta solo all’azione deltempo e degli agenti atmosferici, ma anche ad un’ampia e profondatrincea circolare, scavata per all’artiglieria, nei fianchi della collina,durante l’ultima guerra.

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Fig. 30. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta aerea da nord-est.

Fig. 29. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta aerea da nord.

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Come l’origine della collinetta, persino il nome, “Monted’Accoddi”, risultava piuttosto misterioso. E di esso si avevano anchealtre versioni, come Monti d’Agodi (nel recente catasto) o Montid’Agoddi o Monte d’Acode o Monte La Corra (sulle cartedell’I.G.M.). Intanto nessuno si meravigliava della denominazione di“monte”, che in Sardegna, che di monti veri ne ha pochi, viene dataanche alle colline (anzi in Gallura sta a significare persino solo “unapietra”). Più problematica appariva la seconda parte del nome, chevenne fatta derivare da un’erba (kòdoro, cioè terebinto) o da “luogo diraccolta”(accoddi) o da corno (la corra) o, addirittura, dall’espressio-ne che in sardo si usa per dire “facciamo l’amore?”! Solo di recente ilProf. Virgilio Tetti ha potuto accertare che il nome più antico docu-mentato nelle carte catastali è “Monte de Code”, che significava

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Fig. 31. Altare prenuragico di Monte d’Accoddi: veduta aerea prima degliscavi Tinè.

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“Monte-collina delle pietre” (coda/e = pietra/e). Il riferimento alla pie-tra si ritrova anche nella traduzione spagnola, risalente al ‘600, delcondaghe medievale di San Michele di Salvennor, con la quale la col-lina viene chiamata “Monton de la Piedra”.

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Fig. 32. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: pianta e ricostruzione ideale dellaseconda fase (scavi Contu). A destra Capanna dello Stregone (da Contu 1998).

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Infatti, con le poche pietre ancora affioranti, è proprio questo l’a-spetto che, prima degli scavi archeologici, presentava, come si è accen-nato, la collinetta; e ancora solo in parte conserva a chi la osservi dalontano, da nord, arrivando dalla superstrada. Da vicino – e in specieda sud – non si può evitare la disturbante presenza di una intelaiaturain ferro, che copre i recenti scavi del Prof. Tinè e sostituisce – volen-do interpretarne l’antico aspetto – la parte superiore della collina; ana-logo effetto negativo producono una scala in pietra ed altre recentiricostruzioni in muratura.

L’idea che dovesse essere un nuraghe o qualcosa di simile prevale-va a tal punto che, sia chi scrive che, successivamente, il Prof. Tinè siaffannarono invano a ricercare l’accesso ad un supposto – e alla finerisultato inesistente – vano-cella interno, che è sempre presente neinuraghi. Solo più tardi chi scrive poté accertare che si trattava invecedi un terrapieno, delimitato da una semplice camicia di muro rozzo,fatto per sostenere una terrazza, sulla quale in qualche modo venivanocelebrati dei riti. Questa costruzione aveva forma troncopiramidale edera preceduta, a sud, da una lunga rampa d’accesso: cioè era qualcosadi simile a quello che in ambito mesopotamico viene definito altare aterrazza.

Il visitatore, per avere una visione iniziale molto ampia di tutto l’in-sieme, dovrà posizionarsi tra il punto più basso della rampa el’Antiquarium.

Solo parecchi anni dopo – in verità con un intervento un po’ rischio-so per il monumento – Prof. Tinè trovò che l’altare messo in luce dachi scrive era stato preceduto da un altro più piccolo e più basso, diuguale forma, inglobato in quello successivo.

Sia i risultati delle mie scoperte che quelli successivi erano e resta-no talmente singolari che ancora non smettono di stupire.

Il tronco di piramide più recente misurava alla base m 37,50x30,50,rispettivamente nel lato settentrionale e in quello orientale. La ramparisultava lunga m 41,50 e larga da un minimo di m 7 a sud ad un mas-simo di m 13,50 al punto di appoggio al lato meridionale della pirami-de. La lunghezza dell’insieme era ed è di m 75 e l’area occupata dicirca 1600 mq. Le murature del monumento (che si conservano anco-ra a sud-est per un’altezza di m 5,40) sono costituite da blocchi irre-golari di calcare, disposti in filari altrettanto irregolari, con i blocchisuperiori non appoggiati sulla giuntura di quelli inferiori; come invece

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risulta comune nelle belle strutture nuragiche. La presenza, a circa uncentinaio di m più a nord, di alcuni massi erratici indica la possibiledislocazione dell’antica cava.

Le murature in questione, variamente inclinate per ragioni di stati-ca, erano costituite (a differenza di quelle nuragiche che hanno duefacce di muro) dalle sole pietre a vista ed avevano la funzione princi-pale di incamiciare e sostenere un ammasso stratificato di terra e pie-trame, suddiviso in cassoni di contenimento. Queste pietre a vista non

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Fig. 33. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: planimetrie della Fase I (A) e II (B)(Tinè).

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hanno grandezza eccessiva, visto che misurano in media m0,63x0,48x0,39, e di rado raggiungono m 1,10x1,95x1,20.

La rampa era stata costruita con la stessa tecnica e fu aggiunta, pocodopo il primo filare, alla parte principale troncopiramidale; per questa

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Fig. 34. Altare prenuragico di Monte d’Accoddi: assonometria ipotetica delle duefasi (Tinè).

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ragione aveva anche esercitato funzione di piano inclinato per edifica-re il resto dell’edificio principale.

La scoperta, fatta dal Prof. Santo Tinè, dentro la costruzione piùgrande che avevo già messo in luce, riguardava un minore ma molto

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Fig. 35. Altare prenuragico di Monte d’Accoddi: planimetria dopo il restauro (Tinè).

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Fig. 37. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta aerea da ovest.

Fig. 36. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta aerea da nord-ovest.

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Fig. 39. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta aerea da sud.

Fig. 38. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta aerea da sud-ovest.

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simile altare a terrazza (più spettacolare per tecnica costruttiva e deco-razione con intonaco delle facciate), alto m 5,50, costituito da una piat-taforma quadrangolare di m 23,80 x 27,40, su cui si elevava una cellarettangolare, di m 12,50 x m 7,25 e a cui si accedeva con una rampalarga m 5,5 e lunga m 25 circa.

La cella costituiva in origine il principale luogo di culto, il sacello; diquesta struttura, intonacata ed affrescata con colore rosso ocra (il cosid-detto tempio rosso), rimangono il pavimento, ugualmente intonacato edipinto di rosso, ed il muro perimetrale, alto ora circa cm 70, con ilvarco dell’accesso fiancheggiato anteriormente da due buche di palo, diun piccolo portico. A differenza del resto degli scavi, totalmente all’a-ria aperta, questa parte più antica, che è ora nascosta da una strutturametallica di protezione ed è provvista di un’apposita scala, non è attual-mente visitabile, ma lo sarà di certo fra non molto, seppure accompa-gnati dal personale di custodia della Cooperativa Tellus.

Restano notevoli dubbi circa la forma originaria dell’altare a terraz-za più recente: il restauro attuale è stato fatto ritenendo che ci fosseroelementi per credere che la piramide fosse a gradoni (sul tipo più omeno, per intenderci, della piramide egizia di Geser a Sakkara); men-tre io propendo per l’ipotesi che le pareti esterne avessero solo dueinclinazioni diverse (sul tipo di una piramide di Dahsciur) e due diver-se murature: più grosse e meno inclinate quelle inferiori, con blocca-me molto più piccolo e profilo più inclinato quelle superiori.

Cronologia

Prima ancora delle analisi col carbonio radioattivo (C14), le capanne,gli oggetti sacri e rituali e i materiali d’uso comune, trovati tutt’intorno,garantivano circa l’attribuzione a un’epoca anteriore ai nuraghi: cioè altempo delle cosiddette “Culture” di Ozieri, di Filigosa e di Abealzu, chesi situano nel tempo compreso fra il Neolitico Recente e l’Età del Rame.

La cronologia col Radiocarbonio (“calibrata”, cioè corretta, come siusa fare, con i cerchi di crescita degli alberi) della cultura di Ozieri sisitua fra il 4.000 e il 3.200 circa av. C. e quella delle culture successi-ve di Filigosa e Abealzu fra il 3.200 e il 2.700 circa av. C. Alla fase piùevoluta della prima “cultura” appartengono il primo altare a terrazza edi resti di un villaggio più antico sul quale lo stesso altare pare fosse

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Fig. 40. Monte d’Accoddi: fase del “tempio rosso”. Ricostruzione ideale (Tinè) (vedifig. 29.a).

Fig. 41. Monte d’Accoddi: tempio-altare della II fase. Ricostruzione ideale (Tinè)(vedi fig. 29b).

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stato edificato (forse più o meno intono al 3200-2900), mentre sono daattribuire alle altre culture, in fasi distinte, l’altare più recente (eretto alcu-ni secoli dopo, con la cultura Filigosa) e infine le capanne con resti diCultura Abealzu (intorno al 2700 av. C.). Non mancano anche tracce difrequentazioni più recenti, quali quelle di Monte Claro, del “VasoCampaniforme” e di “Bonnànaro”; per non parlare di quelle, molto rare,nuragiche, fenicio-puniche (vago di collana in pasta di vetro), dell’EtàRomana (vetri e monete) e Medioevale (anello di bronzo con � �, cioèAlfa Omega, simbolo del Cristo e della vita ne L’Apocalisse).

Proprio a ridosso dell’altare, ma a contatto della viva roccia, il Prof.S. Tiné pare abbia rinvenuto tracce della cultura di San Ciriaco (inizi delNeolitico Recente), mentre un vero e proprio accumulo di ceramiche conqueste caratteristiche io rinvenni nel cosiddetto “Saggio E.T.F.A.S.” neipressi della zona ove era venuto in luce il cosiddetto omphalos.

Altri resti monumentali

Nei pressi della grande rampa, ad oriente di essa e a circa 5 m didistanza, è possibile vedere un lastrone trapezoidale, forse una tavolaper offerte (sorretta da tre appoggi piuttosto irregolari) o un dolmen, dicompatta pietra calcarea, che misura m 3,15x3,20 e pesa circa t 8,226.Presenta ai bordi sette fori, simili a buche di biliardo, forse creati perlegarvi delle vittime per sacrifici cruenti (anche umani?). Al di sotto èun inghiottitoio naturale, forse utilizzato per il culto della Madre Terrao del sotterraneo mondo dei morti. Questa lastra deve ritenersi con-temporanea all’altare a terrazza più recente.

Un’altra tavola da offerte in trachite, più piccola e più semplice, diforma irregolare (m 2,80x2,18; peso t 2,702), fu trovata quasi addossoalla rampa, dallo stesso lato.

Al lato opposto della rampa si trova invece un menhir, una lungapietra calcarea squadrata, alta m 4,44 (peso t 5,753), che fu trovatarovesciata e solo da poco è stata rialzata. Sia la lastra di trachite che ilmenhir sembrano appartenere ad un momento antecedente (quello deltempio rosso) rispetto al lastrone calcareo, e ci confermano anch’essiche il luogo era considerato sacro ancor prima, almeno, che fosse eret-to l’altare più recente.

Tutte queste cose sono visibili nella loro posizione originaria.

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Fig. 42. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: il grande lastrone forato.

Fig. 43. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: il grande lastrone forato (par-ticolare).

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Fig. 44. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: A-B, il grande lastrone fora-to (veduta e sezioni); C, l’altare in trachite sul fianco orientale della rampa.

N

A C

B

0 1 2 m

0 5 10 20cm

SEZIONE NW-S

SEZIONE E-W

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Vicino al grande lastrone, ma del tutto fuori posto (anche se perragioni di migliore conservazione), perché proveniente da oltre il muroorientale di recinzione della zona archeologica, si trova una bella pie-tra calcarea lavorata, di forma sferoidale, simile al cappello di unfungo: è alta m 0, 90, ha la circonferenza di m 4,85 e pesa circa t 1,3.È indubbiamente una pietra sacra, come in Grecia l’omphalos di Delfi(ombelico del mondo), e non sappiamo se anch’essa venisse coperta dauna rete di seta e bagnata dal sangue degli agnelli. Ma neanche l’ipo-tesi, da qualcuno prospettata, di un simbolo solare si può escludere.

Una piccola pietra sacra sferoide in calcare (circa m 0,60 di diame-tro) è stata rinvenuta di recente nella zona da cui proviene il cosiddet-to omphafos, ed è stata sistemata accanto allo stesso.

Per considerare meglio tutte insieme le più significative pietre sacreè bene citare anche le tre stele in pietra calcarea venute in luce nei mieiscavi e in quelli successivi: una, frammentaria (m 0,40x0,36), presen-ta un disegno con losanga e spirali e fu recuperata entro la granderampa; la seconda (alta m 1,15) presenta una figura femminile filifor-me stilizzata, in rilievo, e fu trovata nei pressi della faccia settentrio-

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Fig. 45. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta da sud-est. In primopiano il cosiddetto omphalos e a destra un’altra pietra sferoidale.

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Fig. 46. Altare prenuragico di Monte d’Accoddi: menhir presso il lato occi-dentale della rampa.

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nale della seconda piramide; la terza, di forma piatta ellittica (m0,28x0,18) e segnata da tredici scanalature parallele di incerto signifi-cato, attraversate da almeno altre due perpendicolari, proviene dall’an-golo sud-est della piramide più recente.

I cinque menhir

In un terreno ricchissimo di tracce archeologiche (in specie le splen-dide ceramiche con decorazione incisa della cultura di Ozieri), posto aun centinaio di metri dal lato orientale dell’altare a terrazza, oltre unmuraccio recente che segna il confine fra la zona degli scavi e il terrenodella Riforma Agraria (E.T.F.A.S.), non lontano dal punto di provenien-za del blocco sferoidale, erano apparsi altri due menhir o “perdas fittas”,cilindroidi. Siccome si trovarono rovesciati, vennero raddrizzati e sonotuttora visibili nell’antica posizione originaria. Uno, alto m 1,90, è diarenaria e l’altro, alto m 2,30, di calcare: di colore bruno-rossastro ilprimo e bianco il secondo, forse a significare e rappresentare rispettiva-mente l’uomo e la donna o corrispondenti esseri divini o antenati «eroiz-zati»; o ancora, semplicemente, considerata la forma e indipendente-mente dal colore, la forza generativa della natura espressa dal fallo.

Nella zona circostante è possibile visitare anche almeno altri tremenhir: uno dei quali è situato in località Cabula Muntones (circa km6,5 a ovest-nord-ovest di Monte d’Accoddi), nel sito di un villaggiopreistorico, posto al confine fra Sassari e Portotorres; gli altri due sonosituati in tutt’altra direzione, ma con indubbio collegamento visivo eorientamento in rapporto all’altare di Monte d’Accoddi, circa due o trekm in linea d’aria, in località Frades Mereos (o Muros), su un altopia-no calcareo all’incirca di uguale livello, più o meno esattamente a suddel grande monumento, in asse con la rampa, oltre la ferrovia ed il Riod’Ottava. Ad essi si affiancano i resti di un dolmen.

Il villaggio

Tra il menhir rovesciato ed il fianco occidentale della grande rampa,ma in un livello inferiore rispetto ad essa, venne alla luce, infossato nelterreno, un “magazzino” di cinque giare in terracotta (con manici dello

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Fig. 47. Monte d’Accoddi: il menhir “maschile” o, arenaria bruna e, sullosfondo, quello “femminile” in calcare.

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stile di Ozieri) per conservare derrate alimentari. Le giare erano alli-neate pressoché regolarmente (lungo l’ asse nord-ovest-sud-est),secondo un uso molto documentato nella preistoria di tutto ilMediterraneo orientale.

Non lontano era anche un blocco trachitico con una parete internacilindrica, forse servito a rivestire un pozzo o a proteggere una giara.

Nella zona da cui proviene l’omphalos fu trovato anche un bacile-frantoio, sporco di ocra rossa, in trachite, di m 1,40x1,04.

Tralascio di parlare, perché i resti visibili sono estremamente scarsi,del resto del villaggio (di circa 22.000 mq) che dovette in parte precede-re anche l’altare più antico, mentre non si può non considerare la valen-za, anche architettonica, che presentano i numerosi resti murari di capan-ne, con pareti quasi sempre rettilinee, che circondano, senza mai appog-giarvisi, l’altare e la rampa più recenti e giungono sin nei pressi dellastrone con fori. Questi resti murari si conservano per poco più di unfilare di rozze pietre di modesta grandezza (circa m 0,30x0,40), che

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Fig. 48. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: la Capanna dello Stregone,pianta e ricostruzione ideale (da Contu 1998).

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costituiva l’appoggio di costruzioni che, nella muratura superiore, dove-vano essere fatte di mattoni crudi o di canne o frasche con intonaco difango (si sono trovate varie impronte su argilla bruciata). Anche i tetti,provvisti di uno o due spioventi, dovevano essere fatti prevalentementedi frasche. Un vero e proprio villaggetto di capanne (in gran parte anco-ra da esplorare): forse un villaggio-santuario, come quelli che resistonoancora oggi in Sardegna sotto il nome di cumbessias.

Queste capanne di Monte d’Accoddi presentavano il pavimento fattocon brecciame fino di calcare.

Nella Capanna dd, situata tra i due lastroni, si conservava ancora ilfocolare rettangolare, con bordo in rilievo, fatto di argilla.

La più interessante di tutte è la Capanna p-s, detta anche Capannadella Stregone, situata vicino all’angolo nord-est della piramide tronca.Di essa residuano la base dei muri ed il perimetro esterno pressoché tra-pezoidale. Presenta al suo interno cinque ambienti di forma irregolare,tendente al parallelepipedo. Il tetto doveva avere un unico spiovente,dato che un muro è più grosso degli altri.

Questa capanna, abbandonata perché distrutta da un incendio (inten-zionale?), conservava in posto tutto il suo antico corredo, soprattutto interracotta: cioè un centinaio circa fra vasi grandi e piccoli (persino un tri-pode ancora in piedi sul focolare), nonché un idoletto femminile e unpeso da telaio con disegno di dischi pendenti; e inoltre molte macine dipietra ed altre cose ancora. In particolare il suo nome, così suggestivo, sideve a una punta di corno bovino e ad alcune conchiglie marine bivalvetrovate entro una brocca, capovolta per l’incendio.

Di conchiglie, persino ancora ammucchiate (quali resti di pasti sacri)accanto a ceneri e carboni, se ne sono trovate in abbondanza in tutta l’a-rea intorno al grande altare a terrazza; e numerosi erano anche i resti dipasto di altro tipo, comprendenti più o meno gli stessi mammiferi attuali,domestici e selvatici, e lumache; oltre che ricci di mare, cozze, orate ecc.e persino grandi bocconi conici di mare o Charonia, usati anche comestrumento per suono a fiato, cioè come bùccina. Si è rinvenuto, inoltre unnumero insolito di punte di freccia e lame di coltelli in pietra scheggiata(selce ed ossidiana) e di accette in pietra levigata (una delle quali decora-ta con incisione a spina-pesce). Riunito dentro un vaso, si trovò anche ungruppo di otto pesi, a forma di rene, di un primitivo telaio verticale.

A qualche centinaio di m verso nord-est venne trovato, nel terrenoE.T.F.A.S., un vasetto di terracotta, la cui bocca, formata da un diafram-

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Fig. 49. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: la Capanna dd (vista daovest) ed altri resti di abitazioni.

Fig. 50. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: la Capanna dello Stregonedopo gli scavi (vista da nord). Resti odierni.

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ma con molti fori, consente di ipotizzare un uso come saliera o qualco-sa di simile (ma qualcuno ha pensato anche che fosse un bruciaprofumi).Più attinenti alla religione sono altri rinvenimenti fatti vicino all’altare,come statuette in pietra femminili di tipo “cicladico” ed uno straordina-rio ciotolone di terracotta con incisa una scena di danza.

A questi insediamenti abitativi apparteneva anche una buca circola-re scavata nella roccia, una specie di silo per derrate alimentari, di circaun metro di diametro, a forma all’incirca di calotta sferica (profondaattualmente m 0,40 circa). Fu messa in luce casualmente, a circa 450metri a nord est del grande altare, in conseguenza di una cava di cal-care, aperta in epoca recente (e dove è ora il parcheggio), lungo la stra-da che conduce agli scavi.

La tomba del fanciullo

La pietra ellittica, segnata da tredici incisioni parallele, di cui si èdetto più sopra, poteva essere la stele della sepoltura di un fanciullo di

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Fig. 51. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: il tripode e la ciotola di culturaBonnànaro, dalla Tomba del Fanciullo nell’angolo sud-est della piramide tronca.

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Fig. 53. Sassari, altare preistorico di Monte d’Acccoddi: stele in granito con figu-ra femminile in rilievo; veduta frontale e retroprospetto. Dal tempio della II fase.

Fig. 52. Frammento di testa di statua con volto stilizzato dal “Tempio Rosso”di Monte d’Accoddi.

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Fig. 54. Sassari. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: veduta dell’angolosud-est. In primo piano i materiali scartati durante gli scavi Contu.

Fig. 55. Sassari. Altare preistoricodi Monte d’Accoddi: stele in calcarecon incisioni parallele (dalla Tombadel Fanciullo?).

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Fig. 56. Sassari. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: la Capanna delloStregone durante lo scavo (da est-sud-est).

Fig. 57. Sassari. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: l’omphalos e il baci-le, disegno e sezione.,

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Fig. 59. Sassari. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: la Capanna delloStregone durante lo scavo: veduta di vaso tripode e di una ciotola.

Fig. 58. Sassari. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: la Capanna delloStregone durante lo scavo: veduta di vaso tripode, macinello e peso da telaio.

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Fig. 60. Sassari, altare prenuragico di Monte d’Acccoddi: ciotola di culturadi Ozieri con figure umane schematiche (ricostruita). Fase “tempio rosso”.

Fig. 61. Altare preistorico di Monte d’Accoddi: due dei pesi da telaio a renein terracotta trovati nel ripostiglio sul fianco orientale della rampa.

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sei anni, rinvenuta all’interno del riempimento dell’angolo sud-est dellapiramide. Per misteriose ragioni (di culto?), tale sepoltura era costituitadal solo cranio – di tipo corto, cioè brachicefalo e affetto da appiatti-mento congenito della volta cranica (platicefalia) –, coperto, quasi comeun elmo, da un vaso a tripode di terracotta e con accanto una ciotola.

Appare comunque chiaro che non può essere considerato un sacrifi-cio di fondazione, perché il seppellimento, a poche decine di centime-tri di profondità e a più di tre metri dalle fondamenta, era stato effet-tuato, dagli uomini della cultura di Bonnànaro (1800-1600 av.C),quando il grande altare era già da tempo crollato e abbandonato.

Interpretazione e confronti

Quindi ci troviamo di fronte, sia nel caso del monumento più antico(col tempio rosso) che in quello successivo messo in luce dai mieiscavi (che doveva presentare un “tempio” analogo), ad un altare a ter-razza con rampa cerimoniale d’accesso: un luogo sacro, un santuarioal quale i fedeli dovevano accorrere, data la sua unicità e rilevanza,forse da tutta la Sardegna.

Anche se per qualche dato architettonico formale abbiamo accenna-to alle piramidi d’Egitto, sembrerebbe più appropriato accostare lastruttura monumentale sarda alle mastabe, per essere anch’esse dellepiramidi tronche. Anzi, a Sakkara, la vera piramide si sviluppa da unasemplice mastaba, alla quale si sovrappone. Ma le mastabe e le pira-midi sono tombe e non presentano alcuna rampa esterna in salita perl’accesso; rampa che si ritrova invece, sempre nella valle del Nilo, neitempli funerari di Montuohtep e Hascepsut a Deir-el-Bahari. La salitasimboleggia l’ascesa verso la divinità.

Una migliore interpretazione è suggerita invece dai confronti con iltipo più elementare di torri sacre, provviste di rampe, gradoni ecc.,della Mesopotamia: le ziqqurat. La più famosa, oltre quella di Ur, è piùnota dalla Bibbia, come torre di babele, cioè torre di Babilonia. Tutteziqqurat piuttosto complesse, e, come anche quelle analoghe di assur eKorsabad, appartenenti al terzo millennio; e quella di Aqar Quf, è addi-rittura del secondo. Ma il raffronto che pare più significativo, almenoper la maggiore semplicità, è quello con la ziqqurat di Anu, a Uruk.Anche l’epoca potrebbe più o meno corrispondervi.

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Come queste, anche la piramide tronca di Monte d’Accoddi doveva,probabilmente, servire per le feste sacre dell’inizio dell’anno agrario,nelle quali si svolgevano riti propiziatori della fertilità, quali il matri-monio del Cielo con la Terra: raffigurato, questo, da una donna che –secondo Erodoto, storico greco del V sec. av. C. – si univa a un perso-naggio divino o a chi lo rappresentava. La ziqqurat era il tempio-torredel dio solare Belo o Baal o Marduk.

Un altro confronto piuttosto sorprendente richiama l’altare cheJaveh impone di costruire a Mosé (Esodo, XX, 24-26): dandogli ancheprecise disposizioni sulla utilizzazione di pietre rozze o terra e sullemodalità di accedervi a mezzo di una rampa senza gradini; questoaffinché, per la corta tunica, non si generasse scandalo. E siamo intor-no al 2200 circa av. C.

Per completezza, non è da trascurare anche l’accostamento concostruzioni molto più recenti e ancora più lontane, cioè con gli altari aterrazza – anche sovrapposti – precolombiani, dei Maya e degliAztechi; le cui civiltà si sviluppano, rispettivamente, si badi bene, dal250 avanti C. sino al 900 o al 1500 dopo C.! Ma il confronto si potreb-be allargare anche a civiltà precolombiane dell’Oklahoma ed Alabama

Pur se non mancano studiosi ancora affascinati dall’ipotesi dellasuesposta provenienza dalla Mesopotamia, chi scrive invece in questianni si è andato convincendo che tutto ciò può solo significare come –con uguali propositi, mezzi e necessità, in tempi e luoghi diversi – gliuomini possano aver creato cose somiglianti e allo stesso tempo straor-dinarie e meravigliose senza che esse avessero nessun vero rapportofra loro. Perciò non è errato parlare di “miracolo” per il monumento diMonte d’Accoddi!

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Fig. 62.Sassari. Altarepreistorico diMonted’Accoddi:peso da telaiodalla Capannadello Stregone.

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Glossario

Abealzu (Cultura di) Cultura dell’Età del Rame della Sardegna.

Allée couverte Sinonimo di tomba dolmenica a galleria.

Aniconico Detto di cippo non figurato.

Anticella La prima stanzetta o vano di una tomba ipo-geica con più vani.

Assise (o filare) Fila orizzontale di pietre di una struttura muraria.

Atrio (o vestibolo) Spazio davanti all’ingresso di una costruzione.

Betilo Pietra eretta, spesso lavorata, ritenuta essere“abitazione del dio”. Il termine è di originesemitica (beth-’el), ma in Sardegna è usatosia riferito a manifestazioni delle culture pre-nuragiche, sia nuragiche e fenicio-puniche.

Bonnanaro (Cultura di) Cultura che caratterizza l’Età del BronzoAntico della Sardegna.

Brassard Placca generalmente quadrangolare in pietracon fori pervii alle estremità, interpretatacomunemente come salvapolso.

Calcolitico È sinonimo di Età del Rame o Eneolitico.

Campaniforme Cultura che prende il nome dalla forma cera-(Cultura del vaso) mica più caratterizzante, il bicchiere a cam-

pana rovesciata. È diffusa nell’Europa occi-dentale e centrale, dalla Scozia alla Sicilia. Iportatori di questo vaso diffusero le tecnichedella metallurgia del rame.

Carbonio 14 Sistema di datazione assoluta, basato sulla(Datazione al) determinazione della radioattività residua del

Carbonio, per il calcolo del tempo trascorsodalla morte di un organismo vivente. In ar-cheologia questo metodo è usato per stabilirela data di un campione organico (legno, osso,etc.) che si rinviene durante uno scavo.

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Cultura L’insieme delle attività umane rappresentatedai manufatti (cultura materiale) e dalle cre-denze (culti, riti, etc.) proprie di una società.

Dolmen Tomba megalitica a camera, di pianta rettan-golare o poligonale.

Domus de janas Letteralmente “casa delle fate”, indica letombe preistoriche sarde, d’età neolitica e cal-colitica, scavate nella roccia, spesso articolatein molti ambienti intercomunicanti. Talvoltaesse sono arricchite da motivi architettonici esimbolici dipinti o scolpiti (teste bovine,corna, spirali, elementi del tetto e delle pareti,etc.).

Dromos Corridoio di accesso a camera funeraria: èusato per elemento strutturale di grotticellaartificiale o sepoltura megalitica.

Eneolitico Età del Rame, detto anche Calcolitico.

Facies Aspetto particolare e distinto di una cultura.

Falsa porta Finta porta, scolpita, incisa o dipinta sullaparete di fondo del vano maggiore nelle “do-mus de janas”.

Filare (o assise) Allineamento di una fila orizzontale di pietredella muratura.

Filigosa (o Cultura di) Cultura della Sardegna dell’Età del Rame.

Fittile Sinonimo di oggetto in terracotta, argilla, etc.

Inumazione Rito funerario che implica deposizione delcadavere in una tomba.

Ipogeo Architettura sotterranea, grotticella artificiale.

Lesena Fascia verticale in rilievo, semipilastro.

Megalitico Dicesi di opera muraria fatta con grandi lastreimpiegate a secco, e cioè senza l’uso di malta.

Menhir Monolite di varia forma, assai spesso allun-

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gata, infitto verticalmente nel terreno ed aven-te funzione sacrale o funeraria. Di difficiledatazione, non è da confondersi con i betili, diforma conica o troncoconica, e attribuibili adetà nuragica. I menhir in Sardegna apparten-gono al mondo prenuragico.

Monte Claro Aspetto culturale dell’Eneolitico in Sardegna.(Cultura di)

Necropoli Letteralmente: “città dei morti”. Ampia areadestinata a sepolture.

Neolitico Letteralmente: Età della pietra nuova. Dicesiper quell’età che vede il sorgere dell’agri-coltura e dell’allevamento del bestiame, e cheutilizza la pietra levigata per la produzione diarmi e strumenti.

Ologramma Figura in rilievo proiettata nell’aria tramitel’olografia, tecnica che utilizza le radiazioniprodotte da un laser.

Ortostato Larga pietra o lastra, disposta verticalmente.

Ossidiana Vetro vulcanico, di colore grigio-nero, uti-lizzato nell’antichità per la fabbricazione diarmi e strumenti. In Sardegna ne sono assai ric-che le pendici del Monte Arci (Oristano), da cuiveniva commercializzata fino all’Italiacentro-settentrionale, alla Corsica, alla Francia.

Ozieri (Cultura di) Cultura del Neolitico Recente della Sardegna.

Paleolitico La più antica età dell’uomo, detta anche Etàdella pietra scheggiata. Dicesi per quell’etànella quale l’uomo viveva di un’economia diraccolta (caccia, pesca, raccolta di tuberi efrutti, etc.).

Padiglione Nelle “domus de janas”, vestibolo coperto conuna sorta di tettoia scavata nella roccia.

Parasta Lesena, semi-pilastro.

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Petroglifi Motivi dipinti o incisi nella roccia.

Pianta a T Schema planimetrico tipico di molti ipogeisardi nel quale la seconda stanza, a pianta ret-tangolare o trapezoidale, è disposta in sensotrasversale rispetto all’asse longitudinale dellatomba.

Pietra fitta Detto anche menhir. Monolite infitto verti-calmente nel terreno, con funzione sacrale ofuneraria.

Prospezione Rilevamento di emergenze e dati archeologi-archeologica ci effettuato sul terreno senza opera di scavo.

Protome Parte anteriore di un animale, limitatamentealla testa (protome bovina o taurina: figurafrontale, di solito raffigurata in bassorilievonegli ipogei, della testa di un bue o di un toro).

Ripostiglio Insieme di materiale metallico o di altra natu-ra (monete, bronzi, metallo prezioso, cerami-che, etc.) depositato sotto terra oppure occul-tato nelle murature. Spesso il ripostiglio è rac-chiuso in un recipiente di terracotta.

Sa Turricula Facies culturale degli inizi del Bronzo Medio(Facies di) della Sardegna.

Sepoltura primaria La deposizione di un cadavere in un sepolcro,subito dopo la morte del soggetto. Può essere,a seconda della posizione, una deposizionedistesa, flessa (con le gambe ripiegate) o ran-nicchiata, supina o sul fianco.

Sepoltura secondaria La deposizione delle sole ossa di un defunto,dopo la scarnificazione operata per esposizio-ne, cremazione, etc.

Stratigrafia II sovrapporsi in un sito di depositi naturali oartificiali. L’accumulo di rifiuti, documentatodai resti della cultura materiale o da quelli dipasto, forma uno strato archeologico. Un tempo-

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raneo abbandono del sito in questione è docu-mentato da terra sterile. Gli strati più bassi sonoquelli più antichi, mentre man mano che si saleci si avvicina sempre più alle epoche attuali.

Strato archeologico L’accumulo dei rifiuti di un sito nel qualel’uomo ha soggiornato forma uno strato ar-cheologico.

Trilite Struttura formata da due pietre ortostatiche,spesso megalitiche, unite da una terza pietraorizzontale, posta ad architrave, poggiatasulle due precedenti.

Tumulo Agglomerato di terra e pietre, spesso contenu-to da una fila di massi (peristalite), che ricoprele sepolture megalitiche subaeree (dolmen,allées couvertes, tombe di giganti, etc.) for-mando una collinetta.

Vestibolo (o atrio) Spazio davanti all’ingresso di una costru-zione.

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V. TETTI, Osservazioni sul condaghe di San Michele di Salvenero, Sassari1998, pp. 235-237, 285, n. 256: “El Monton de la Piedra”. La corrispon-dente dizione del catasto ottocentesco”Monte de Code” mi è stata invecesegnalata verbalmente dallo stesso prof. Virgilio Tetti. Sulla regolarità inambito sassarese dell’esito linguistico del toponimo attuale concorda pie-namente anche il Prof. Giulio Paulis, glottologo delle Università di Cagliarie Sassari, da me consultato.

J.E.S. THOMPSON, La civiltà maya, (The Rise and Fall of Maya Civilisation,1954, 1966 by the Univ. of Oklahoma Press), Torino 1970, trad. U.Tolomei: pp. 48, 51, tav. 5 c. (piramidi che ne contenevano altre più anti-che); pp. 72-74, figg. 7-8 (tempio-altare piramodale di Palenque con tombasottostante).

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M.L. FERRARESE CERUTI, Archeologia della Sardegna preistorica e protosto-rica, Nuoro 1997 (a quattro anni dalla sua scomparsa, sono interamenteriportati, a cura di A. ANTONA e F. LO SCHIAVO, gli studi pubblicati dal-l’autrice, ivi compresi quelli più sopra elencati).

G. LILLIU, Monumenti antichi barbaricini, “Quaderni”, SoprintendenzaArcheologica per Sassari e Nuoro, n.10, 1981: catalogo menhir.

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P. MELIS, Sardegna. Carta archeologica, Delfino, Sassari 1995.V. RIU, V. VENTURA, Il fascino di Monte d’Accoddi, “Bollettino della Società

Sarda di Scienze Naturali”, 1970, A. IV, n. Vll, pp. 3-23. È molto probabi-le che, nel caso di un ipogeo su due piani – quello di della cosiddetta“Tomba dei Tavoli d’Offerta”, di cui qui presento la pianta degli autori conleggere modifiche nella grafica –, si tratti solo di due tombe scavate inmomenti successivi, e solo casualmente e di recente venute a collegarsil’una all’altra per la rottura di una parete divisoria.

G. TANDA, Monte d’Accoddi-Sassari, tomba II, in AA.VV., Nuove Testi-monianze Archeologiche della Sardegna Centro-Settentrionale,Soprintendenza Antichità Sassari e Nuoro, Sassari 1976, pp. 35-37.

G. TANDA, Arte preistorica in Sardegna. Le figurazioni taurine scolpitenell’Algherese nel quadro delle rappresentazioni figurate degli ipogeisardi a “domus de janas”, “Quaderni” della Soprintendenza ai BeniArcheologici per Province di Sassari e Nuoro, n 5, 1977.

G. TANDA, L’arte delle domus de janas nelle immagini di Jngeborg Mangold,Sassari 1985.

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Foto e disegni

Elisabetta Alba, 1 (Carta archeologica elaborata da E. Contu)Gavino Brundu, 42, 43, 45, 46, 47Archivio Ercole Contu, 26, 27, 28, 54Archivio Carlo Delfino editore, 31Archivio Soprintendenza archeologica di Sassari e Nuoro, 12, 24, 25, 48, 49, 50,

52, 55, 56, 58, 59, 62Francesco Carta, 4 e 6 (da Riu-Ventura 1970), 8 (da Contu 1955), 10 e 16 (da

Ferrarese Ceruti 1991), 18-19 (da Contu 1955), 33-35 (da Tiné 1992), 40, 41,44, 53, 57

Giovanni Garroni, 11, 13Domenico Marras, 2Alberto Moravetti, 5, 17, 36-39Giuseppe Rassu, 7, 14, 15Raimondo Santucci, 20-23, 30, 51, 60, 61

Ringraziamenti

Sono particolarmente grato alla Soprintendenza Archeologica delle Province diSassari e Nuoro, nella persona del Soprintendente Dott.ssa Francesca Manconi perla cortese disponibilità e la collaborazione ed ogni particolare autorizzazione for-nitemi; nonché al personale della stessa Soprintendenza: e in specie al Dott.Gianmario Demartis e al Signori Stefano Flore.

La carta archeologica della zona di Monte d’Accoddi è stata redatta dalla gen-tile Dott.ssa Elisabetta Alba.

Il suggerimento sulla corretta etimologia del toponimo “Monte d’Accoddi”(confermata poi dal glottologo Prof. Giulio Paulis) lo debbo all’amico Prof.Virgilio Tetti.

Al Geometra Giampaolo Ennas, Dirigente della Sezione staccata dell’A.N.A.S.di Sassari sono debitore dell’aggiornamento dei dati chilometrici che permettonodi situare i vari monumenti in relazione alla nuova Superstrada 131; mentre ilProf. Giuseppe Scanu, dell’Istituto e Laboratorio di Geografia della Facoltà diLettere di Sassari, mi ha concesso l’uso delle nuove carte dell’I G.M.

Debbo invece una primaria revisione del testo al Prof. Bachisio Solinas, cheugualmente ringrazio.

Un grazie particolare va all’Editore Carlo Delfino e al Direttore della collanaProf. Alberto Moravetti per la loro pazienza e comprensione e per avermi fornitotutti i materiali e sussidi utili per una buona riuscita del presente lavoro.

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Indice

STUDI E RICERCHE p. 5

LE NECROPOLI ED ALTRE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE

DEL TERRITORIO 8

LA NECROPOLI DI MONTE D’ACCODDI 11

LA NECROPOLI DI PONTE SECCO 17

LA QUATTRO TOMBE DI MARINARU 25

LA NECROPOLI DI SU CRUCIFISSU MANNU 30

L’ALTARE DI MONTE D’ACCODDI E IL TERRITORIO CIRCOSTANTE 32Gli scavi e le ricerche 32Cronologia 45Altri resti monumentali 47I cinque menhir 52Il villaggio 52La tomba del fanciullo 57Interpretazione e confronti 63

GLOSSARIO 65

BIBLIOGRAFIA 70

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Finito di stampare nel mese di giugno 2000presso A.G.E., Via P.R. Pirotta 20-22, Roma