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Implant JOURNAL Implant JOURNAL a cura di BIOMAX n. 02—2017 Vent'anni di attività congressuale a servizio dell’implantologia italiana Formazione su misura BIOMAX Ti guidiamo verso il futuro Il primo Congresso Internazionale di Terapia Implantare Biomax si svolse nel lontano 1996 ad Abano Terme. Non fu facile mettere in campo un panel di relatori con materiale clinico convalidato e soprattutto di pronto utilizzo clinico. Senza indugio Biomax scelse un gruppo di relatori internazionali in grado di illustrare sia temi basilari che metodiche innovative. A quei tempi l’implantologia era ancora alla ricerca di una propria collocazione tra le discipline odontoiatriche e a Boston, New York e UCLA c’erano degli ottimi ricercatori, clinici e do- centi. Proprio una delle università di Boston, diretta dal prof. Kramer, aveva iniziato ad integrare con successo la terapia implanta- re nei piani di trattamento parodontali. E fu proprio il professor Kramer il primo relatore ufficiale ad essere invitato da Biomax. L’ade- sione del Professor Kramer e la sponsoriz- zazione ufficiale da parte della Federazione Europea di Parodontologia ci aprirono molte porte. La stesura di quel primo programma divenne il modello di tutti i nostri programmi futuri, in grado di arricchire la conoscenza scientifica, biologica e clinica e offrire spunti terapeutici di immediata utilità. Il titolo del primo congresso fu “Osteointe- grazione, rigenerazione e biologia ossea: dalla sperimentazione alla pratica clinica”. A quei tempi la sfida implantare consisteva semplicemente in come meglio ottenere una buona integrazione con un corretto appron- tamento del sito implantare. Invitammo sia i luminari di allora dell’integrazione ossea e della rigenerazione tissutale (Giorgio Vogel, James Mellonig, Robert Summers, Kenneth Malament, Richard Lazzara) sia ricercato- ri sulla stimolazione dei tessuti ossei e sul- la guarigione ossea (Marc Charette; Paul Ducheyne; Robert Valentini). Si parlò per la prima volta in assoluto in Italia di protei- ne morfogenetiche, di fattori di crescita, dell’osteotomia di Summers e di membrane “elettricamente caricate”. La formula inno- vativa di programma con contenuto clinico, biologico e scientifico ottenne riscontri che andarono oltre ogni previsione. Ad Abano, avemmo 940 partecipanti stupiti e soddi- sfatti. A dirigere I lavori come moderatori in

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1 ImplantJOURNAL

Implant JOURNALa cura di BIOMAX

n. 02—2017

Vent'anni di attività congressualea servizio dell’implantologia italiana

Formazione su misura BIOMAXTi guidiamo verso il futuro

Il primo Congresso Internazionale di Terapia Implantare Biomax si svolse nel lontano 1996 ad Abano Terme.Non fu facile mettere in campo un panel di relatori con materiale clinico convalidato e soprattutto di pronto utilizzo clinico. Senza indugio Biomax scelse un gruppo di relatori internazionali in grado di illustrare sia temi basilari che metodiche innovative. A quei tempi l’implantologia era ancora alla ricerca di una propria collocazione tra le discipline odontoiatriche e a Boston, New York e UCLA c’erano degli ottimi ricercatori, clinici e do-centi. Proprio una delle università di Boston, diretta dal prof. Kramer, aveva iniziato ad integrare con successo la terapia implanta-re nei piani di trattamento parodontali. E fu proprio il professor Kramer il primo relatore ufficiale ad essere invitato da Biomax. L’ade-sione del Professor Kramer e la sponsoriz-zazione ufficiale da parte della Federazione Europea di Parodontologia ci aprirono molte porte. La stesura di quel primo programma divenne il modello di tutti i nostri programmi futuri, in grado di arricchire la conoscenza

scientifica, biologica e clinica e offrire spunti terapeutici di immediata utilità.Il titolo del primo congresso fu “Osteointe-grazione, rigenerazione e biologia ossea: dalla sperimentazione alla pratica clinica”. A quei tempi la sfida implantare consisteva semplicemente in come meglio ottenere una buona integrazione con un corretto appron-tamento del sito implantare. Invitammo sia i luminari di allora dell’integrazione ossea e della rigenerazione tissutale (Giorgio Vogel, James Mellonig, Robert Summers, Kenneth Malament, Richard Lazzara) sia ricercato-ri sulla stimolazione dei tessuti ossei e sul-la guarigione ossea (Marc Charette; Paul Ducheyne; Robert Valentini). Si parlò per la prima volta in assoluto in Italia di protei-ne morfogenetiche, di fattori di crescita, dell’osteotomia di Summers e di membrane “elettricamente caricate”. La formula inno-vativa di programma con contenuto clinico, biologico e scientifico ottenne riscontri che andarono oltre ogni previsione. Ad Abano, avemmo 940 partecipanti stupiti e soddi-sfatti. A dirigere I lavori come moderatori in

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Vent'anni di attività congressualea servizio dell’implantologia italiana

quel primo congresso ci furono professioni-sti del calibro di Giampiero Cordioli, Giano Ricci, Gianfranco Carnevale, Marcello Calan-driello, Gianfranco Di Febo, Tiziano Testori e Roberto Weinstein.Dal 1996 ad oggi tutti i congressi Biomax sono stati strutturati con la stessa formula: un mix di innovazione, clinica e ricerca scien-tifica. Così facendo, ogni anno siamo riusciti a confezionare temi ed argomenti di grande interesse, contribuendo non poco all’aggior-namento ed alla formazione professionale di migliaia di clinici italiani. I nostri congres-si sono diventati momenti di illustrazione e valutazione dei più significativi traguardi dell’implantologia orale, strumenti utili per mantenere il passo con la rapida evoluzione del settore, lezioni per comprendere nuovi protocolli e migliorare la propria pratica cli-nica. Ai nostri congressi sono stati illustrati in anteprima tutti i passi avanti del proto-collo implantare: dalle superfici bioattive all’uso clinico del PRP, dalla piezochirurgia alla distrazione osteogenica, dal platform-switching alle protesi biologicamente guida-te, dal carico precoce al carico immediato, dalle nano-superfici alla chirurgia flapless e post-estrattiva, dal Columbus Bridge alla chirurgia guidata. Obiettivo costante di ogni congresso è stato quello di puntualizzare come e quanto la terapia implantare negli ultimi anni sia stata influenzata, guidata e trasformata da nuovi concetti di biologia e biomeccanica. A questo scopo ai congressi Biomax sono stati spesso invitati a relaziona-re scienziati e ricercatori in ingegneria tissu-tale come Samuel Lynch, Charles Vacanti, Ulf Wikesjo e Pamela Yelick, ed in biomeccanica come Paul Ducheyne, John Davies, Connie Drisko, Peter Gerke.Le prime nove edizioni del Congresso Inter-nazionale Biomax si tennero presso il Centro Congressi di Abano Terme (1996-2006); nel 2007, in occasione della sua decima edizio-ne, il congresso si spostò nella sede attuale, il Palazzo della Gran Guardia di Verona, per venire incontro alla grande richiesta di parte-cipazione da parte dei clinici.

Numerosi i partner commerciali e culturali dei congressi internazionali Biomax che si sono susseguiti negli anni: primo in assoluto la 3i Implant Innovations con il fondatore dr. Richard Lazzara, quindi la Biomet 3i, la Zim-mer Biomet, Quintessenza Internazionale e la NY University.Ad Abano e a Verona sono stati introdotti per la prima volta concetti, protocolli, tecni-che ed accorgimenti di successo; si è parlato per la prima volta di PRP (Marx ed Anitua); di piezochirurgia (Vercelotti), di carico imme-diato e rialzo di seno (Testori); di interdisci-plinarità di trattamento (Salama, Amato); di platform switching (Lazzara), di nanosuper-fici (Davies), di impianti postestrattivi (Vin-cenzi, Cardaropoli), di strategie di comunica-zione con i pazienti (Ferrari), di restauri totali immediati (Tealdo, Pera).

Dal podio di Abano e Verona hanno relazio-nato sia illustri specialisti internazionali come Lazzara, Nevins, Salama, Garber, Grunder, Tarnow, Kahn, Huerzeler, Palacci, Zuhr e Nis-san, sia giovani emergenti di grande talento. Una della peculiarità dei nostri congressi è sempre stata quella di dare spazio a giova-ni e meno giovani che, pur avendo ottime qualità, non avevano trovato opportunità all’interno di società professionali. Verona ed Abano sono state importanti palestre per

molti ottimi relatori e docenti che nel tempo hanno continuato a crescere nella didattica e nell’oratoria (Cocchetto, Bevilacqua, Gianser-ra, Chierico, Amato, Cardaropoli, Brugnami, Caiazzo, Landi, Scutella, Mazzocco, Paniz, Gobbato).Osservando l’attuale scenario congressua-le italiano ed il parco relatori attivi, è palese come la Biomax sia stata per anni fucina e vivaio di molti relatori di successo. Di questo siamo particolarmente orgogliosi. Come sia-mo altrettanto orgogliosi di aver contribuito con i nostri congressi alla crescita professio-nale di migliaia di clinici. Titoli e programmi di questi venti anni rac-

contano la storia di come temi e priorità sia-no radicalmente cambiati nel tempo; siamo partiti dai canoni dell’osteointegrazione e della funzionalità, per arrivare alla chirurgia mininvasiva, alla chirurgia guidata passando per il carico immediato ed i nuovi canoni di estetica.La centralità del paziente nei nostri congres-si è una caratteristica che ci è sempre stata molto a cuore. Dai nostri podi hanno parlato molti pazienti implantari raccontando la pro-pria esperienza e le proprie testimonianze. Abbiamo enfatizzato l’importanza dell’empa-tia con il paziente, dell’abilità nel comunicare con successo con i pazienti e di rispondere

alle loro esigenze ed aspettative. Abbiamo il-lustrato anche i fattori di un efficace practice building, di come estendere il trattamento a più pazienti rendendolo socialmente più ac-cessibile.Nel tagliare il traguardo dei vent’anni ci sentiamo in dovere di ringraziare quanti dei nostri clienti e non clienti ci hanno voluto onorare con la loro presenza. Sappiamo di alcuni che hanno presenziato con ammire-vole costanza a tutti i diciannove congressi. Un esempio ammirevole è quello del dottor Oscar Campagnola di Roma, amico e profes-sionista serio e coscienzioso, che ci ha segui-to puntualmente ogni anno.

Infine, il costante successo dei nostri con-gressi è dovuto in gran parte al lavoro di un team ricco di talento, di dedizione e di pas-sione che è la Biomax. Ci consideriamo tutti fortunati di lavorare insieme da anni e di po-ter condividere ancora ogni giorno obiettivi e valori che ci motivano a crescere insieme e a meglio servire ogni giorno la nostra clientela.

Allora un affettuoso e grato “Happy Birthday” a tutti!

Aimetti 1998 Tealdo 2005 Davis 2000

Ricci; De Paoli 1998

Bianchessi; Coppola; Lazzara; Parodi 1998

Vincenzi; Cocchetto 1998

Meltzer 2000

Protocolli, tecnichee materiali implantari rivisitati a 30 anni dall’inizio dell’era Branemark:evoluzionidi successo

L’estetica implantare nell’era digitale

La tecnologia come fattore determinante di ogni fase della vita dell’impianto

Complicanze,problematiche e loro risoluzioni in terapia implantare

Integrazione tra inno-vazione tecnologica, eccellenza clinica ed accessibilità sociale alla terapia implan-tare

Nuove esigenze ed opportunità nel rapido evolversi della terapia implantare

Dalla salute orale alla salute totale del paziente implantare: la persona attorno alla bocca

One stop dentistry: come differenziare le prestazioni nello scenario socio-eco-nomico 2016-2020

2010

Verona2011

2011

Verona

Abano Terme

2012

Verona

2013

Verona

2014

Verona

2015

Verona

2016

Verona

Creazione, sviluppo e rispetto del sito implantare: idealiz-zazione estetica e realizzazione clinica

Consolidamento e perfezionamento dei risultati clinici implantari con pro-tocolli e tecnologie innovative

La condivisione di metodi consolidati per l’ottenimentodel successo estetico implantare

Convergenze operati-ve cliniche e tecnolo-giche per un modern piano di trattamento implantare

Trattamento del paziente a rischio: opportunitànell’utilizzo ditecniche mininvasive

La centralità del paziente nei processi decisionali e opera-tive clinici: dai piani di trattamento alla comunicazione

2003

Abano Terme

2004 2005

Abano Terme

2006

Abano Terme

2007

Verona

2008

Verona

2009

Verona

Osteointegrazione, rigenerazione e biologia ossea: dalla sperimentazione alla pratica clinica

Estetica implanatre e rigenerazione: oltrela funzione el’integrazione

La riabilitazionedentale comeobiettivointerdisciplinare

Da promessa ad applicazione clinica: l’evoluzione implan-tare continua

Ingegneria tissutale applicata nei piani di trattemento implan-tare e parodontale: prospetttive a brave e lungo termine

1996

Abano Terme

1997 1998

Abano Terme

1999

Abano Terme

2000

Abano Terme

2001

Abano Terme

2002

2002

24—26 SETTEMBRE 2015

VERONAPALAZZO DELLA GRAN GUARDIA

18°CONGRESSO INTERNAZIONALE DI TERAPIA IMPLANTARE

DALLASALUTE ORALE

ALLASALUTE TOTALEDEL PAZIENTEIMPLANTARE:

LA PERSONAATTORNO

ALLA BOCCA

177°°CCOONGR S IN ERNNAAZIONALEGRENG ESSSSOO INNTERRNGRENGG ESSSOO INNTERRNDDI TEERAAPIAA IMPLLANTTAARERATERRAPIAA IIMPPLANNTRAATEERAPIAA IIMMPPPLANNNT

NNUUO E EOOV ESIIGEENNZEEE EEOV ESIIGEENZEEEEDD OPPOOOP ORTTUUNITÀÀPPOOP ORRTTUUNITÀÀNNEEL RA ID EVOLVERRSSIAPL RAPIDDO EVVOLLVVEEERAPL RAPIDDOOO EVVOLLVEDDEELLLA TTERRAPIA IMPLAAANNTARRE A TLLLA TERRAAAPPIAA IMMPA TTLLA TERRRAPPIAA IMMP

02—04OTTOBRE2014

VERONAPALAZZO DELLA GRAN GUARDIA

16° CONGRESSOINTERNAZIONALEDI TERAPIA IMPLANTARE

The integration of technology, clinical excellence and a� ordable implant therapy

Ricordando Giampaolo

Palazzo della Gran Guardia VERONA19/20/21 settembre 2013

INTEGRAZIONE TRA INNOVAZIONETECNOLOGICA, ECCELLENZACLINICA ED ACCESSIBILITÀSOCIALE ALLA TERAPIAIMPLANTARE

15°CONGRESSOINTERNAZIONALEDI TERAPIA IMPLANTTAAARREECOMITATO SCIENTIFICO: HENRY SALAMAMA,,TIZIANO TESTORI, ROBERTO COCCHETTO

27/29 SETTEMBRE 2012Palazzo della Gran Guardia

VERONA

COMPLICANZE, PROBLEMATICHE

E LORO RISOLUZIONI IN TERAPIA

IMPLANTARE

COMPLICATIONS, PROBLEMS AND SOLUTIONS

IN IMPLANT THERAPY

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5 ImplantJOURNAL

02 CliniCalCaseRepoRt

Una metodica semplice e razionale:Full Vertical

AndreaFabianelli

EzioBruna

Fig.1

Fig.2

Fig.3

Fig.4

Fig.5 Fig.12

Fig.6a

Fig.8

Fig.9

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Fig.18

PasqualeCasaburo

IntroduzioneAttualmente l’odontoiatria sta sempre di più indirizzandosi nel mondo digitale, e tale cammino è probabilmente irreversibile. Tuttavia ad oggi sono ancora molti gli studi odontoiatrici che quotidianamente affronta-no la clinica implanto-protesica con sistemi analogici. Per tutti questi clinici avere una metodica affidabile, semplice e predicibile è certamente un qualcosa di desiderabile.Inoltre in questi ultimi anni si è visto un ri-torno ad un tipo di preparazione di pilastri, correlato ad una articolata e ben definita me-todica protesica, che prevede una chiusura su margini verticali non geometricamente definiti, genericamente definita come prepa-razione verticale o vertiprep. Tale metodica nasce da procedure protesiche utilizzate ne-gli Stati Uniti 1 e sviluppata e affinata in Italia da il gruppo di Porta Mascarella2 . Tale ap-proccio ha poi ottenuto notevole diffusione tra i dentisti grazie a ottimi relatori che la hanno divulgata in maniera massiva, tale da renderla veramente “popolare” e diffusissi-ma tra gli operatori odontoiatrici. Il poter trasferire queste conoscenze della protesi su denti naturali con margini di finitu-ra verticali alla protesi implantare può rende-re immediato e molto vantaggioso l’impiego di componentistica ad hoc, che permetta al clinico di trasportare le sue conoscenze pro-tesiche routinarie anche in ambiente implan-to-protesico, con immediati vantaggi per via della familiarità con i protocolli.Tra i vantaggi delle chiusure verticali su mon-coni implantari possiamo elencare:

il minore grado di compressione dall’in-terno del canale mucoso, in quanto i monconi sono più sottili e ciò permette la prova o la consegna senza la neces-sità assoluta dell’anestesiadurante la fase di maturazione dei tes-suti marginali una loro retrazione non porta alla esposizione della spalla con la necessità di ripreparare il monconela migliore chiusura marginale “di per sè” dovuta alla finitura verticale la maggiore facilità nell’identificare le frizioni interne alla corona e loro elimi-nazionela passivazione della travata resa più semplice sia prima che dopo la fusione il profilo sotto gengivale e di emergen-za eseguito sul provvisorio risulta più facile da gestire e modificare 3

Peculiarità della metodica Full VerticalQuesta metodica è tecnica analogica, idea-le per chi non è ancora passato a metodiche digitali. Nell’inserimento dell’impianto con tecnica one stage viene inizialmente applicata una vite di guarigione Curvomax, che permette, nella fase di riorganizzazione tissutale, una maggior disponibilità di tessuti nella area subcritica4. Tale disponibilità si concretizza in una maggior stabilità tissutale perimplan-tare nelle successive fasi protesiche.Risulta importante avere una sufficiente quantità di tessuti perimplantari anche per poter modificare i profili gengivali perico-ronali: 3 mm in altezza permettono di poter modificare adeguatamente i profili di emer-genza5.Ad integrazione avvenuta viene presa una impronta con materiali da impronta elasto-merici (polieteri o polivinisilossani) su por-taimpronte forato, individuale o del commer-cio (Fig 1).La metodica Full Vertical prevede l’utilizzo di monconi fresabili con un disegno particolare tale da poter ovviare anche all’ eventuale po-sizionamento fortemente angolato e quindi sfavorevole dell’impianto (Fig 2). Il laboratorio l’odontotecnico svilupperà l’im-pronta con il materiale di preferenza utiliz-zando però un analogo modificato, dedicato proprio a questa tecnica.L’analogo di laboratorio modificato permet-te al tecnico di fresare agevolmente il mon-cone fresabile senza danneggiare l’analogo stesso e di avere una emergenza conica fin dalla piattaforma dell’impianto, che presen-terà la caratteristica della platform switching, in quanto presenta un diametro in testa leg-germente ridotto rispetto alla piattaforma dell’impianto improntato, e dello stesso dia-metro (ridotto) del moncone fresabile.Questo analogo di laboratorio permette al tecnico di fresare in maniera ideale il monco-ne, che ha una base di 3,8 mm disegnata pro-prio per ottenere tale platform switching sugli impianti con piattaforma da 4,1. (Figg 3 e 4)La nostra preferenza va al fresabile in tita-nio dedicato con la sua morfologia peculiare, che ci permette una corretta angolazione del moncone stesso senza perdere in paralle-lismo delle pareti e conseguente riduzione della ritenzione.Inoltre questo particolare moncone fresabi-le permette di risolvere la maggior parte di disparallelismi tra impianti multipli e di cor-reggere gli assi dei monconi per un risultato finale idealeUna volta fresato il moncone il tecnico dise-gnerà il profilo di emergenza, farà il provvi-sorio e realizzerà la cappetta metallica da ce-ramizzare con tecniche analogiche o digitali.Quindi nell’appuntamento successivo il clini-co applicherà il moncone, serrerà la vite di connessione (preferibilmente una GoldTite) con una chiave dinamometrica, controllerà la cappetta e applicherà il provvisorio che con-dizionerà i tessuti 6.Da questo punto il clinico potrà gestire il caso in maniera simile alla protesi su dente naturale con margine verticale.All’appuntamento successivo la rimozione del provvisorio ci permetterà di riapplica-

re la cappa metallica e di valutare la giusta penetrazione nel canale mucoso stesso, pos-sibilmente simile al provvisorio. In questa fase sarà possibile eventualmente ridurre la penetrazione della struttura da ceramizzare nel canale mucoso stesso, accorciando il me-tallo. Successivamente una impronta di posi-zione con la cappa inserita permetterà al tec-nico di ceramizzare con profili di emergenza simili e di fare eventuali modifiche, di fatto riproducendo i risultati estetici e funzionali del provvisorio. Al successivo appuntamen-to verrà effettuata la prova biscotto, dove controlleremo la penetrazione nel canale mucoso, i profili di emergenza, l’estetica, i rapporti occlusali e interprossimali. Nell’ul-timo appuntamento il clinico non dovrà che cementare con del cemento adeguato ( con-sigliabile un cemento provvisorio) il manu-fatto. La ridotta penetrazione del manufatto definitivo (max un millimetro) e la assenza di profili con sottosquadri del moncone a finire permetteranno una agevole rimozione del cemento stessoUn ultimo vantaggio di questa metodica è il permettere un approccio “one time - one abutment”.

Caso clinicoIl paziente si presenta nel nostro studio per risolvere alcuni problemi di tipo conservativo e inserire alcuni impianti per delle edentulie intercalari (Fig 5).Nel quarto quadrante viene effettuato un overlay sull’elemento 47 e inserito un impian-to OSSEOTITE 4,1 x 10 mm con connessione interna Certain (Biomet 3i, USA), con tecnica one stage e vite di guarigione Curvomax -di Biomax SpA- (Figg 6 a;b).Dopo 3 mesi dalla chirurgia il paziente si presenta per l’impronta, che viene presa con portaimpronte individuale e polietere e un pick up dedicato alla tecnica Full Vertical (Fig 7). Viene provato il pilastro fresabile Tis-sueWide -di Biomax SpA- (Fig 8) per vedere se è possibile utilizzarlo per il caso specifico e il tutto viene inviato all’odontotecnico, as-sieme ad una registrazione occlusale in cera in occlusione abituale e un antagonista in al-ginato spatolato sotto vuoto per avere una qualità ottimale del modello antagonista.Il tecnico fresa il pilastro, condiziona ide-almente i tessuti attorno al pilastro stesso (Figg 9;10), crea una cappetta in lega nobile cerando direttamente sul pilastro fresato e per ultimo costruisce un provvisorio con le forme ed il colore di quello che successiva-mente sarà il manufatto definitivo. Nel suc-cessivo appuntamento al paziente viene av-vitato il pilastro (Figg 11;12) e serrata una vite GoldTite a 20 Ncm dopo controllo radiogra-fico per certificare il perfetto accoppiamento tra impianto e pilastro (Fig 13).Viene anche provato il fitting e la lunghezza della struttura sul pilastro. Per ultimo si ce-menta provvisoriamente il provvisorio dopo averlo tenuto in sede per qualche minuto al fine di farlo adattare bene ai tessuti e cala-re perfettamente sul pilastro. Dopo circa un mese il paziente viene fatto tornare in stu-dio, si rimuove il provvisorio e si applica la cappetta (Fig 14). Si appone un po’ di re-sina autopolimerizzante a livello occlusale della fusione per controllare la bontà della registrazione occlusale dei modelli di lavoro montati e si impronta il tutto. Il tecnico a que-sto punto ceramizza la cappetta e determina in maniera precisa la lunghezza della corona e la sua penetrazione nel solco. Nell’appun-tamento della prova biscotto viene controlla-ta dal clinico l’occlusione, i punti di contatto, il profilo di emergenza, la penetrazione nel solco del manufatto e l’estetica. Validata la corona a questo stadio, il tecnico effettua le eventuali correzioni e glasa il manufatto, do-rando il bordo della corona (Fig 15).La seduta di cementazione prevede l’utilizzo di un cemento provvisorio all’ ossido di Zinco ed Eugenolo. La particolare forma della co-rona e la sua modesta penetrazione nel sol-co rende facile e completa la rimozione del cemento. I risultati estetici, la morfologia dei profili di emergenza e l’integrazione tissutale sono visibili nelle foto finali (Figg 16;17;18).

ConclusioniUn approccio con margine di chiusura ver-ticale è possibile anche in implantoprotesi. La possibilità di avere profili convessi in area subcritica e amplificata da pilastri di guari-gione Curvomax potrebbe permettere una miglior stabilità ed estetica ai tessuti stessi. Tale approccio presenta dei punti favorevoli di affinità con la metodica messa a punto in protesi su dentatura natural, tuttavia i profili di emergenza, a prescindere dal margine di chiusura, necessitano di una accurata gestio-ne dei tessuti molli per ottenere stabilità ed estetica

La curva del successo

Curvomax™ | Tissuemax™ | Tissueone™

Curvocast™ | Tissuewide™

Linea Protesica

Bibliografia

1-Amsterdam M. Periodontal prosthesis. Twenty-five years in retrospect.. Alpha Omegan. 1974 Dec;67(3):8-52.2- Di Febo G, Bedendo A, Romano F, Cairo F, Car-nevale G. Fixed prosthodontic treatment outco-mes in the long-term management of patients with periodontal disease: a 20-year follow-up report. Int J Prosthodont. 2015 May-Jun;28(3):246-51.3- Jemt T. Restoring the gingival contour by means of provisional resin crowns after single-implant treatment. Int J Periodontics Restorative Dent. 1999 Feb;19(1):20-9.4- Rompen E, Raepsaet N, Domken O, Touati B, Van Dooren E. Soft tissue stability at the facial aspect of gingivally converging abutments in the esthetic zone: a pilot clinical study. J Prosthet Dent. 2007 Jun;97(6 Suppl):S119-25.5- Small PN, Tarnow DP. Gingival recession around implants: a 1-year longitudinal prospective study. Int J Oral Maxillofac Implants. 2000 Jul-Aug;15(4):527-32.6- Parpaiola A, Sbricoli L, Guazzo R, Bressan E, Lops D. Managing the peri-implant mucosa: a cli-nically reliable method for optimizing soft tissue contours and emergence profile. J Esthet Restor Dent. 2013 Oct;25(5):317-23.

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Perché è importante usare strumenti nuovi e precisi in implantologia

Una costante attenzione alla sostituzione periodica delle frese per implantologia è di vitale importanza, perché succede pur-troppo non di rado che clinici esperti e ca-paci vadano incontro a complicanze perché non cambiano abbastanza spesso le frese. Tutte le case implantari più attente racco-mandano una sostituzione sistematica delle frese più utilizzate. Biomet 3i segue gli stan-dard di sicurezza più seri e rigorosi e con-siglia di sostituire le frese riutilizzabili ogni 15-20 procedure di preparazione di siti im-plantari, ai fini di evitare il surriscaldamento osseo.Una significativa pubblicazione intitolata “Il calore generato dalle frese implantari”1 con-ferma infatti questa necessità.Si tratta di una revisione retrospettiva della letteratura mondiale del periodo 1960–2013 che ha valutato i fattori che contribuisco-no al surriscaldamento del sito implantare. I 79 articoli analizzati, che rispondevano a severi criteri di inclusione, concordano che per tenere sotto controllo il tanto temuto surriscaldamento è fondamentale “l’esatta frequenza di sostituzione delle frese uti-lizzate”.La sostituzione delle frese e l’utilizzo di un torque indicator sono di vitale importanza per assicurare il successo dei trattamenti implantari e la sicurezza e soddisfazione dei suoi pazienti.

L’idea che ha portato allo sviluppo di queste nuove compo-nenti nasce dall’osservazione fatta da alcuni clinici sul com-portamento dei tessuti duri, comparando restauri realizzati su pilastri Low Profile con restauri realizzati direttamente sul piatto protesico dell’impianto, quindi senza l’interposizione di un pilastro.Il pilastro Low Profile inserito al momento della chirurgia e non più rimosso garantisce una maggiore stabilità dei tessuti, poiché il legame con l’epitelio giunzionale non verrà più disrotto dalle successive manovre protesiche, che ver-ranno invece realizzate sul pilastro conico ad un livello più coronale, senza quindi interferire con i meccanismi biologici di stabilizzazione dei tessuti duri e molli.Tutte le manovre protesiche che avvengono a livello della testa dell’impianto comportano multiple disconnessioni e riconnessioni dei pilastri che producono uno scivolamento apicale dell’epitelio giunzionale e conseguentemente una apicalizzazione della cresta ossea marginale (Rodriquez7).La letteratura ci fornisce anche altri interessanti spunti di riflessione sulla relazione pilastro implantare/tessuti perimplantari e in particolare sulla influenza che può avere la dimensione verticale e la forma di pilastri rispetto alla stabilita dell ‘osso marginale Galindo1 sostiene che l’altezza della spalla del pilastro im-plantare abbia una relazione con la perdita di osso margi-nale perimplantare in quanto un’altezza ridotta della spalla provoca un riassorbimento angolare dovuto ad una pros-simità del tessuto osseo con l’interfaccia corona-pilastro e la sua inevitabile carica batterica. Allontanando questa interfaccia dai tessuti duri si minimizzerebbe l’infiamma-zione causa del riassorbimento osseo a favore di un miglior mantenimento della cresta ossea marginale. L’altezza ideale della spalla individuata da Galindo è di 2 mm.Rodriguez2 ha osservato come l’utilizzo di un pilastro conico su una connessione con platform switching abbia portato ad un orientamento circolare e più coronale delle fibre di collagene, concorrendo alla stabilizzazione dei tessuti molli attorno alla riabilitazione, inibendone la migrazione apicale e proteggendo di conseguenza anche i livelli dei tessuti ossei.Cochran3 ha dimostrato come il ruolo del platform switching sia fondamentale nella riduzione dell’infiammazione margi-nale e nella costituzione di un’ampiezza biologica. è stato osservato come il tessuto connettivo possa estendersi co-ronalmente oltre l'interfaccia impianto pilastro. Questa mo-dificazione morfologica del tessuto rappresenta un cambia-mento significativo della reazione biologica all’ interfaccia e

Un’adeguata stabilità primaria è infatti uno dei requisiti principali per il successo implantare specialmente nei protocolli di carico immediato.Per ottenere un’ottimale stabilità primaria è indispensabile uno strumento preciso e il più semplice possibile.La chiave di controllo del torque H-TIRW permette di posizionare gli impianti in un intervallo di torque ottimale tra i 50 e i 90 Ncm, più che adeguato per il carico im-mediato e per il rispetto della integrità delle componenti e della salute dei tessuti.

Il fallimento di un impianto comporta sem-pre un disagio al paziente e, specialmente nei casi di carico immediato, provoca un danno economico importante al professionista. L’utilizzo della chiave H-TIRW e la sostitu-zione periodica delle frese aiutano a ridur-re al minimo i possibili fallimenti.

1 / Mishra SK1, Chowdhary R. Heat generat-ed by dental implant drills during osteotomy-a review: heat generated by dental implant drills. J Indian Prosthodont Soc. 2014 Jun;14(2):131-43. doi: 10.1007/s13191-014-0350-6. Epub 2014 Feb 18)

ACT2010

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Impianto Conico

Monitoraggio usura frese QSD

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suggerisce che l'infiammazione marginale venga eliminata o notevolmente ridotta in questi disegni di impianto.Caram4, e Huh6 concordano che l’impiego di un profilo con-cavo influenza direttamente il rimodellamento del margine osseo inducendone un minore riassorbimento e un migliore attacco del tessuto connettivo attorno alla connessione implantare, inoltre lo spazio maggiore offerto ai tessuti molli ne aumenta il volume, il trofismo e la stabilità.Finelle5 mostra come la geometria del pilastro ed in par-ticolare l’angolo tra il profilo del pilastro e la piattaforma implantare possa influenzare il riassorbimento osseo; se l’angolo è inferiore a 90 gradi questa morfologia orizzon-tale “horizontal off-set” può lasciare meno spazio ad un appropriato adattamento dell’ampiezza biologica ed essere responsabile di un maggior riassorbimento osseo mentre un angolo ≥ di 90 gradi permetterebbe un migliore adatta-mento dell’ampiezza biologica con una miglior preservazio-ne dell’osso.Le nostre osservazioni cliniche hanno verificato quanto sopra citato dalla letteratura, infatti nei casi dove si sono utilizzati pilastri conici esagonali diritti di 2 mm inseriti al momento dell’inserimento degli impianti (sfruttando quindi il concetto del “one-time one-abutment”) abbiamo potuto verificare nel tempo un’impressionante stabilità del margine osseo accompagnata naturalmente da un perfetto stato di salute a livello dei tessuti molli. (Fig. 1)Abbiamo osservato invece come utilizzando del pilastri conici angolati (che in una porzione del perimetro implantare emergono con un profilo orizzontale e divergente ”horizontal off-set”) questa morfologia di fatto sia in grado di influen-zare un lieve riassorbimento dell‘osso (Fig. 2) (Finelle). La stessa osservazione è stata fatta quando abbiamo utilizza-to pilastri customizzati con profili molto divergenti (Fig. 3).

1 Galindo-Moreno P. et al. Prosthetic Abutment Heigth is a Key Factor in Peri-implant Marginal Bone Loss J.Dent Res 2014 Jul; 93 (7 Suppl) 80S-85S.2 Rodriguez Ciurana X. et Al. Arrangement of Peri-implant Connec-tive Tissue Fibers Around Platform-Switching Implant with Conical Abutments and Its Relationship to the Underlyng Bone: A Human Histologic Study. Int J Periodontics Restorative Dent 2016;36:533–36:53doi: 10.11607/prd.2580.3 Cochran DL et Al. Soft and hard tissue histologic dimensions around dental implants in the canine restored with smaller-diameter abutments: a paradigm shift in peri-implant biology. Int J Oral Maxil-lofac Implants. 2013 Mar-Apr;28(2):494-502. doi: 10.11607/jomi.3081.4 Caram SJ. Biologic width around different implant-abutment inter-face configurations. A radiographic evaluation of the effect of hori-zontal offset and concave abutment profile in the canine mandible. Int J Oral Maxillofac Implants 2014 Sep-Oct;29(5):1114-22.5 Finelle G. Peri-implant soft tissue and marginal bone adaptation on implant with non-matching healing abutments: micro-CT analysis Clin Oral Implants Res 2015 Apr;26(4):e42-6.6 Huh J-B et Al. Influence of Implant transmucosal design on early peri-implant tissue responses in beagle dogs Clin Oral Impl Res 25, 2014, 962- 968.7 Rodriquez et al. The effect of abutment dic/reconnections on peri-implant bone resorption: A radiologic study of platform-switched and non platform-switched implants placed in animals. Clin Oral Impl.Res 00, 2011, 1–7 doi: 10.1111/j.1600-0501.2011.02317.x

Sulla scorta delle suddette osservazioni cliniche e con il con-forto della letteratura si è sviluppata una componentistica che permettesse di cogliere i vantaggi legati ad una grande stabilità dei tessuti duri e molli a livello della giunzione impianto pilastro che -come sappiamo- è la zona di transi-zione in cui si gioca il successo nel tempo della riabilitazione implantoprotesica.Il sistema Tissueone™ si compone di una base transmucosa che viene avvitata all’impianto al momento della chirurgia e che non verrà più rimossa. Questo permetterà la creazione di un sigillo epiteliale che non verrà più violato e risulterà estremamente stabile. L’altezza della base è di un millimetro e mezzo, sufficiente ad allontanare la connessione corona—pilastro dal tessuto osseo e ad avere una agevole gestione protesica. Il profilo della base è conico/concavo per facilita-re l’orientamento circolare delle fibre collagene.Il piatto protesico della base porta una connessione prote-sica ed è filettato per accogliere una vite secondaria. Sono disponibili cappette di protezione in titanio che consentono di proteggere la connessione sino alla maturazione dei tessuti se non si procede immediatamente con la provviso-rizzazione degli impianti.Dato che la base transmucosa non può venire rimossa sono stati sviluppati un apposito transfer da impronta con un analogo dedicato, per permettere al tecnico di realizzare la protesi sui pilastri secondari. Il tecnico ha a disposizione un pilastro diritto e due pilastri angolati con base rotante su cui realizzare la protesi.La procedura di laboratorio è simile alla realizzazione di una protesi fissa (modellazione della struttura sui pilastri, fusione o fresatura della travata, realizzazione della parte estetica). Una volta realizzato il manufatto protesico questo verrà cementato ai pilastri avvitati sul modello. La struttura verrà poi smontata dal modello e verranno rimossi gli ec-cessi del cemento. A questo punto il tutto tornerà al clinico che provvederà all’avvitamento definitivo secondo il torque indicato e alla chiusura dei canali di accesso alle viti.Un altro vantaggio offerto dal Tissueone™ al clinico è pro-prio questa procedura di cementazione indiretta che pone al riparo l’operatore dai rischi legati alla cementazione nel cavo orale.Tale componentistica è da circa un anno oggetto di un protocollo di ricerca clinica che compara in due siti adiacenti questo nuovo pilastro rispetto al ben noto pilatro conico esagonale di 1mm; i dati preliminari mostrano un significati-vo mantenimento dell‘osso nel sito che ha ricevuto la nuova componente. Tali dati dovranno essere confermati da una maggior numero di casi e ad un tempo di almeno due anni.Fig.1: I pilasti con spalla di 2 mm di altezza sono stati inseriti durante la chi-

rurgia a distanza di 4 anni non è presente alcun riassorbimento del tessuto osseo

Fig.2: Riassorbimento sino alla prima spira sul lato eccentrico del mon-cone angolato

Fig.3: Corrispondenza tra il profilo d’emergenza e il profilo di riassorbimento

AndreaChierico

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8ImplantJOURNAL

9 ImplantJOURNAL

02 CliniCalCaseRepoRt Impianto post-estrattivo immediato con carico immediato

definitivo in 48 ore: un lavoro di squadra

GrazianoMontaruli*

Giuseppe Soldano

IntroduzioneSempre più frequentemente, nella pratica clinica quotidiana, particolari esigenze este-tiche e rapidità di intervento sono richieste anche da parte di pazienti non più giovani, spesso inseriti in un contesto sociale partico-larmente attivo.Il trattamento di questi casi richiede notevoli capacità tecniche da parte degli operato-ri, un intimo rapporto di collaborazione fra studio e laboratorio, materiali e strumenti di elevata affidabilità, senza sottovalutare la motivata abnegazione da parte del paziente.Già venti anni fa comparivano i primi inco-raggianti risultati relativi al posizionamento immediato di impianti in siti sottoposti ad estrazione. Da allora sono stati fatti degli importantissimi passi in avanti verso tassi di sopravvivenza e successo particolarmente elevati ed una sempre maggiore predicibilità di risultato1.Per quanto i carichi immediati possano es-sere a maggiore rischio di fallimento e di complicazioni rispetto a quelli differiti, non-dimeno i risultati estetici ottenuti sembrano essere migliori2.Una pianificazione pre-operatoria particolar-mente accurata, una tecnica chirurgica ade-guata, una gestione post-operatoria attenta ed una motivata collaborazione da parte del paziente nella gestione igienica dell’area chi-rurgica, sono tuttavia in grado di minimizza-re le complicazioni ed i fallimenti implantari3.A questo aggiungiamo anche una certa cura nella realizzazione della protesi implantare, con estrema attenzione ai carichi4 (specie nei movimenti in protrusiva e lateralità).In particolare il carico immediato non funzio-nale di un singolo impianto post-estrattivo in zona mascellare anteriore risulta essere un trattamento assolutamente predicibile5.Non solo, ma una protesizzazione immediata su impianto post-estrattivo immediato sem-bra essere una valida alternativa anche ad un posizionamento implantare anticipato6.Anche il posizionamento immediato del pi-lastro (non più rimosso) è in grado di contri-buire al mantenimento dell’osso peri-implan-tare7, e presumibilmente alla qualità ed alla stabilità dei tessuti molli peri-implantari.Tali positivi risultati sarebbero comunque operatore-dipendente ed in definitiva con-seguenti alle capacità ed all’esperienza ac-quisite dal chirurgo e dal protesista.Il posizionamento di un impianto immedia-tamente dopo una estrazione, così come un

MicheleLaurenziello*

* Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Direttore: Prof. Lorenzo Lo MuzioCattedra di Parodontologia (Modulo di Implantologia): Prof. Lucio Lo Russo

DaniloAltamura

Fig.1: Immagine intraorale frontale del caso clinico. In corrispondenza di 1.2 è evidente la presenza di una fi-stola

Fig.3: La radiografia endorale evidenzia un’area di radiotrasparenza in corrispondenza del terzo coronale della radice e dell’apice

Fig.4: Cross-section dell’area relativa a 1.2. Evidente la riduzione in altezza e l’esiguità della corticale vestibolare

Fig.2: OPT iniziale del caso eseguita a maggio 2017

carico protesico immediato, è possibile pur in presenza di una lesione peri-apicale8, sem-pre che si rispettino determinate procedure che facilitano l’osteointegrazione ed un buon risultato estetico.Infatti la possibilità di realizzare un carico immediato dipende da numerosi fattori fra i quali ricordiamo la qualità e la quantità di osso disponibile, la tipologia dell’impianto, la sottostrumentazione del sito implantare, una tecnica chirurgica con un basso impat-to traumatico, una buona stabilizzazione implantare (verificata con strumentazione adeguata) ed un posizionamento protesica-mente guidato.La protesizzazione immediata di un impianto post-estrattivo è il modo migliore per man-tenere i picchi ossei, con un effetto estetico elevato.Il caso che andiamo a descrivere si presen-ta particolarmente interessante perché ha richiesto una riabilitazione protesica imme-diata di un’area in cui erano presenti una le-sione infiammatoria periapicale ed una peri-radicolare. L’area è stata inoltre sottoposta a rigenerazione con sostituto osseo e mem-brana riassorbibile in collagene.Indispensabile è stato un meticoloso e pro-grammato lavoro di squadra per ottenere un risultato estetico e funzionale valido e pre-dicibile. Nella “squadra” dobbiamo necessa-riamente inserire i materiali e gli strumenti adoperati.Per la riabilitazione di tale caso clinico infat-ti sono stati utilizzati materiali accomunati dai medesimi elevati e comprovati conte-nuti tecnologici: impianto conico ad esago-no esterno con superficie ibrida T3, pilastro Curvomax™ con profilo di emergenza curvo, vetroceramica a base di disilicato di litio.

Materiali e metodiNel mese di marzo 2017 si presentava alla nostra osservazione una paziente di 74 anni di sesso femminile che richiedeva una visita specialistica a causa della presenza di una fi-stola in corrispondenza del terzo medio della radice di 1.2 (Fig.1). L’elemento dentario pre-sentava una mobilità preternaturale ed era dolente.Il sondaggio mesio-palatale risultava di 7mm ed induceva a pensare alla presenza di una frattura radicolare dello stesso.Alla anamnesi la paziente riferiva di essere cardiopatica e di assumere Coumadin, Con-gescor, Lanoxin, e Dibase per l’osteoporosi. La paziente non assumeva bisfosfonati.Simultaneamente si effettuava una orto-pantomografia (Fig.2) ed una radiografia endorale nella quale si evidenziava una ra-diotrasparenza in corrispondenza del ter-zo coronale della radice di 1.2 e dell’apice (Fig.3). Veniva inoltre prescritta terapia an-tibiotica (amoxicillina cpr 1gr per 6gg) e si richiedeva una CBCT.Dopo l’analisi della CBCT, in accordo con la paziente, si elaborava un piano di trattamen-to che prevedeva un intervento di avulsione di 1.2 con inserimento simultaneo di un im-pianto in titanio e carico immediato. Nella

sezione trasversale appariva evidente la ri-duzione in altezza e l’esiguità della corticale vestibolare (Fig.4).All’esame della TC cone-beam la densità ossea, verificata successivamente durante l’intervento, deponeva per un osso tipo D2 a livello dell’area di interesse chirurgico.Nel mese di maggio la paziente veniva quin-di sottoposta all’intervento programmato in zona 1.2 (Fig.5a).Su indicazione del cardiologo curante la pa-ziente assumeva Clexane 4000 U.I. per inie-zione sottocutanea in sostituzione del Cou-madin, da 3 giorni prima dell’intervento sino a 3 giorni dopo.Una volta rimosso con estrema attenzione l’incisivo laterale superiore di destra, cer-cando di provocare il minor danno possibile all’osso alveolare residuo (considerando la perdita già verificatasi a causa della lesio-ne infiammatoria successiva alla frattura), si procedeva ad una accurata toilette dell’al-veolo ed alla disepitalizzazione del margine gengivale.Immediatamente visibile il collasso dell’aspet-to vestibolare del sito di estrazione (Fig.6). L’elemento avulso si presentava suddiviso in tre parti (Fig.7).Successivamente si eseguiva un fresaggio seguendo un asse differente rispetto a quello dell’alveolo residuo, allo scopo di ricercare la maggiore stabilità primaria possibile.Dopo aver carotato l’osso con frese calibrate si procedeva con un torque di inserimento di 50Ncm all’avvitamento dell’impianto (Fig.8) che veniva completato manualmente.Durante l’inserimento dell’impianto, con il dispositivo di montaggio in situ, si invitava il paziente ripetutamente a chiudere in posizio-ne di massima intercuspidazione in modo da verificare il corretto posizionamento dell’im-pianto in senso mesio-distale ed occlusale. A seguire un controllo radiografico (Fig.9).La buona stabilità primaria dell’impianto era verificata strumentalmente (70 Ncm) con una chiave chirurgica di controllo torque.Grazie anche al particolare disegno dell’im-pianto utilizzato (BIOMET 3i™ NT413), di 4mm di diametro e 13mm di lunghezza, è stato possibile raggiungere questo obiettivo, fondamentale per la realizzazione di un cari-co immediato.L’impianto è stato posizionato palatalmente e circa 2 mm al di sotto della cresta ossea resi-dua dove visibile (Fig.10).Una volta registrata la posizione dell’impian-to con l’ausilio di un coping pick-up e di una dima di posizione in resina precedentemente realizzata (Fig.11), sull’impianto è stata avvita-ta una vite di guarigione dello stesso diame-tro dell’impianto (straight) ed altezza 3mm.Subito dopo l’inserimento della vite di gua-rigione è stato operato l’inserimento di una membrana in collagene riassorbibile e di un sostituto osseo in granuli (Fig.12).La convessità della superficie vestibolare dell’area è stata ricostituita nell’immediato grazie all’inserimento del materiale da rige-nerazione (Fig.13). Seguiva un ulteriore con-trollo radiografico (Fig.17).Due giorni dopo l’inserimento della fixture si procedeva alla consegna di un pilastro dritto in titanio Curvomax™ a connessione esterna con profilo di emergenza curvo (CV412) col-legato all’impianto per il tramite di una vite in titanio (VTTM) avvitata a 20 Ncm con chiave dinamometrica (Fig.14), in modo da determi-nare un pre-carico sull’impianto ed un valido impedimento ad eventuali svitamenti.Il profilo intramucoso concavo del pilastro Curvomax™, grazie alla riduzione del diame-tro del pilastro ed al suo particolare design, crea uno spazio entro il quale il tessuto molle peri-implantare può inserirsi guadagnando uno spessore ed una consistenza maggiori in grado di contrastare i fenomeni di recessione. Apprezzabile anche la possibilità di applica-

re il protocollo del platform switching con un diametro del pilastro leggermente ridotto ri-spetto a quello della piattaforma implantare.Sul pilastro protesico è stata cementata di-rettamente una corona in vetroceramica a base di disilicato di litio ottenuta con la tecni-ca della pressatura (Figg.15 e 16).La paziente, precedentemente istruita e mo-tivata ad una accurata igiene orale, è stata sottoposta ad un rigido protocollo di mante-nimento igienico domiciliare e professionale che ha previsto anche medicazioni con anti-settici (perossido di idrogeno e clorexidina digluconato) e soluzione fisiologica.A quattro giorni dall’intervento ed a due dalla consegna del manufatto è stato già possibi-le apprezzare una iniziale integrazione della corona con i tessuti mucosi peri-implantari (Fig.17), verificata anche ai successivi con-trolli programmati a 7 giorni (Fig.18), 1 mese (Fig.19), 3 mesi (Fig.20) con un buon trofi-smo dell’aspetto vestibolare dell’area sotto-posta ad intervento.La paziente è stata attualmente inserita in un programma di mantenimento igienico pro-fessionale da richiamo che prevede visite di controllo ogni tre mesi e sedute di igiene.

Risultati e conclusioniEntro i limiti di questo lavoro possiamo affer-mare che una programmazione accurata, la selezione del paziente, l’esecuzione attenta delle manovre chirurgiche e dei manufatti chirurgici, è in grado di porre delle basi solide per ottenere il successo implantare anche in condizioni anatomiche, biologiche ed esteti-che difficili.Dal punto di vista clinico è possibile verificare l’assenza di qualunque segno di infiamma-zione a carico dei tessuti molli peri-implantari che evidenziano un buon grado di maturazio-ne (Fig.20).Il caso descritto presenta un follow-up di soli 3 mesi; per ciò stesso merita di essere valu-tato con un follow-up decisamente più lungo e rapportato a casi simili in un numero con-sistente.La letteratura ci dice che non vi sono dif-ferenze statisticamente significative circa fallimenti, complicazioni e soddisfazione del paziente fra impianti singoli posiziona-ti immediatamente, a 6 settimane o 4 mesi dall’estrazione di un elemento dentario; non-dimeno i fallimenti sono più frequenti nelle prime due condizioni9.Se i cambiamenti a livello osseo sono simili in tutte le tre procedure, i migliori risultati este-tici sono ottenuti nei casi di posizionamento immediato o immediato/differito (6 settima-ne) degli impianti9.Non solo, ma i risultati ottenuti da una im-plantologia post-estrattiva immediata e da una riabilitazione protesica immediata, spes-so associata ad una chirurgia minimamente invasiva, sono particolarmente promettenti nel mascellare anteriore10. Fondamentale tut-tavia una adeguata selezione del paziente.In definitiva il trattamento implantare post-estrattivo immediato presenta un tasso di sopravvivenza simile alle tecniche di posizio-namento implantare convenzionali, preser-vando tessuti duri e molli periimplantari11. La qualità del trattamento è inoltre migliorata dal carico funzionale immediato11.Nondimeno l’utilizzo di impianti dal design e dalla superficie performante, una tecnica chirurgica fine, il rispetto assoluto dei tessuti periimplantari, la qualità della componenti-stica protesica, la precisa esecuzione dei ma-nufatti dagli elevati standard estetici, sono capaci di assicurare la sopravvivenza delle fixtures in implantologia.Dalla sopravvivenza al successo implantare il passo è breve se siamo in grado di motiva-re il paziente ed applichiamo un programma post-operatorio a step ben individuati12.

Bibliografia

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Fig.5: T0: Visione vestibolare dell’area destina-ta all’intervento di chirurgia implan-taredella radice e dell’apice

Fig.6: L’alveolo subito dopo l’avulsione di 1.2. Evidente il collasso vestibolare subito dal tessuto

Fig.7: L’elemento avulso e diviso in tre parti

Fig.8: Visione ve-stibolare dell’area sottoposta a chi-rurgia implantare

Fig.9: Immagine radio-grafica della fixture subito dopo l’inserimento

Fig.10: L’impianto conico T3 è stato posizionato pala-talmente e con un asse distinto rispetto a quello dell’al-veolo residuo

Fig.11: La dima di posizione blocca il coping pick-up con resina a freddo a bassa contrazione

Fig.12: La mem-brana in collagene adeguatamente sagomata sta per essere inserita al di sotto della superficie mucosa mesio-vestibolare dell’alveolo

Fig.13: La convessità della superficie vestibolare dell’area è stata ricostituita grazie all’inserimento del materiale da rigenerazione

Fig.14: T1: visione vestibolare dell’area a 2 giorni dall’intervento con il pilastro Curvomax dritto appena montato

Fig.15: La corona in vetroceramica a base di disilicato di litio è stata applicata sul pilastro con cemento prov-visorio

Fig.16: L’immagine radio-grafica al momento della consegna del manufatto consente di verificare la presenza di cemento in eccesso

Fig.17: T2: visione vestibolare dell’area a 4 gior-ni dall’intervento

Fig.18: T3: visione vestibolare dell’area a 7 giorni dall’intervento

Fig.19: T4: visione vestibolare dell’area ad 1 mese dall’inter-vento

Fig.20: T5: vi-sione vestibolare dell’area a 3 mesi dall’intervento

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10ImplantJOURNAL

11 ImplantJOURNAL

03 CliniCalCaseRepoRt Rigenerativa ossea implantare con membrana riassorbibile

in collagene crosslincato: riscontro istologico a distanza

Alessandro Fasano

Introduzione

Le basi biologiche della rigenerazione ossea guidata (GBR) sono ormai consolidate e ben conosciute1. Il principio di base consiste nel creare uno spazio contiguo al tessuto osseo che possa contenere un coagulo di sangue meccanicamente protetto e isolato in modo stabile dal tessuto gengivale. Tale ambiente risulta dunque favorevole alla rigenerazio-ne ossea, consentendo la formazione di un pattern di guarigione che prevede la mi-grazione dagli spazi midollari del contiguo tessuto osseo di cellule con potenziale an-giogenetico ed osteogenetico2,3. In letteratura sono presenti innumerevoli studi che propongono tecniche cliniche e materiali diversi allo scopo di ottenere una rigenerazione dei tessuti duri dentali.In relazione ai materiali riempitivi il gold standard risulta essere l’osso autologo che presenta ottime capacità osteoinduttive e osteoconduttive4.Se da un punto di vista pratico le tecniche di rigenerazione ossea hanno dimostrato ele-vati tassi di successo con alta predicibilità5, da un punto di vista biologico i reperti isto-logici dimostrano una guarigione mediante apposizione di osso neoformato con pre-senza di sequestro di materiale da innesto6.Secondo studi condotti da Piattelli nel 2003 la quantità di materiale eterologo incapsu-lato rimasto varia dall’1 a 34%7.Di seguito viene riportato un caso in cui la rigenerazione ossea ha portato a rigenera-zione ossea senza il reperimento di materia-le riempitivo inglobato in cellule.

Descrizione del caso

La paziente S. R. si presenta alla nostra os-servazione lamentando dolenzia al secondo premolare mascellare di sinistra. All’esame obbiettivo si evidenzia la presenza di una fistola vestibolare. Con sondaggio puntifor-me di 15mm indice di frattura. (Fig. 1)Viene quindi effettuata una diagnosi di frat-tura verticale di radice.D’accordo con la paziente si prospetta l’estrazione dell’elemento dentario e la so-stituzione protesica dello stesso con un im-pianto.Durante l’intervento di estrazione si eviden-zia un’importante lesione ascessuale con

MaurizioNatale

osteolisi palato-vestibolare che ci impedi-sce di posizionare un impianto post estratti-vo a carico immediato. Mancando sicuramente la stabilita primaria necessaria per questo tipo di riabilitazione viene effettuata una semplice tecnica man-tenitiva dell’alveolo mediante antibiotico (minociclina cloridrato) e collagene (con-dress) fissato in sede alveolare con una su-tura incrociata 4.0 vicryl8. A 3 mesi di distanza si procede all’inseri-mento di un impianto Biomet 3i T3 4x13mm con tecnica sommersa associato a rigene-rativa orizzontale per la presenza di una fenestrazione vestibolare9. Dopo aver alle-stito un lembo a tutto spessore si posiziona l’impianto. A copertura della fenestrazione viene inserito materiale osteoconduttivo (Endobon Xenograft, Biomet 3i)10,11 e posi-zionata una membrana di collagene intrec-ciato (Osseoguard, Biomet 3i) a copertura dell’innesto. Per ottenere maggiore stabilità della membrana viene inserito un chiodino in titanio distalmente alla radice dell’1.4. Si procede quindi rilasciando il lembo con un incisione a tutto spessore del periostio me-sio distale con una lama da bisturi 15, per favorire la passivazione e la coronalizzazio-ne del lembo stesso, si esegue una prima linea di sutura a materassaio orizzontale e poi una serie di suture a punti staccati ,il tut-to eseguito con sutura riassorbibile(Vikryl 4 zeri, Johnson&Johnson International, Bel-gio)11,12,13.Ad otto mesi dall’intervento viene effettua-to il carico protesico mediante corona in metal ceramica.Ad un anno dal carico protesico la pazien-te si ripresenta in urgenza per un ascesso odontogeno a carico del primo molare ma-scellare di destra, ritrattato endodontica-mente 22 anni prima e che ora è diventato sintomatico. Viene prescritta una terapia antibiotica con-sistente in amoxicillina e acido clavulanico per sei giorni e si programma un intervento di apicectomia a carico della radice mesiale dell’1.6 per risolvere la lesione.Viene eseguito un lembo intrasulculare su 1.4 e paramarginale su 1.5, per preservare l’apparato giunzionale dell’impianto appena posizionato, il lembo procede su 1.6 con una incisione intrasulculare e infineviene esegui-to uno scarico verticale mesialmente a 1.4 .Vedendo la qualità della rigenerazione si decide di effettuare un’inziale prelievo os-seo mediante trephine del diametro di 5mm (komet dental, Germania) metà del prelievo in corrispondenza della lesione endodontica e una metà in corrispondenza dell’osso rigenerato 6.Si procede poi con l’intervento di chirurgia endodontica praticando la breccia ossea per evidenziare gli apici radicolari interes-sati dalla lesione, mediante fresa cilindrica al tungsteno montata su manipolo dritto a 50000 giri minuto sotto abbondante get-to di acqua sterile,si localizzano gli apici radicolari interessati dalla lesione, mediante retrotips ultrasonici satelek (p14d)(Acteon

Norwich Inghilterra) si praticano delle mi-crocavità di 3mm di profondità e si unisce con lo stesso inserto l’istmo del canale mv con mp.Il tutto viene disinfettato con clorexidina e viene evidenziato con blu di metilene. L’emostasi è mantenuta con solfato ferrico.Si esegue l’otturazione retrograda previa asciugatura delle cavita mediante micro-aspiratori e sigillate le cavita con cemento EBA14.Il reperto osseo viene successivamente inviato al patologo per effettuare esame istologico per valutare la qualità dell’osso rigenerato.L’esame istologico è stato eseguito sul tes-suto fissato in formalina, decalcificato in de-calcificante elettrolitico ed incluso in paraf-fina. Le sezioni ottenute sono state colorate con ematossilina-eosina. Ad una visione al microscopio del preparato ad ingrandimenti successivi (4X, 10X e 40X) si evidenzia un tessuto osseo neoformato di ottima qualità con presenza di osteoblasti e agglomerati di cellule ostoinducenti nella metà del prelievo non interessata dalla lesione apicale.

Discussione

Il caso in esame si presenta estremamente interessante da un punto di vista biologico. Da una revisione della letteratura si può notare come la guarigione di innesti ossei con materiale osteoinduttivo avvenga con un quadro di sequestro di materiale riem-pitivo15. Una percentuale variabile di materiale riem-pitivo viene sequestrata all’interno di osteo-citi inattivi come corpi estranei e mantenuta all’interno dell’osso rigenerato differenzian-do così l’osso neoformato dall’osso nativo.Il caso in esame presenta un grado di guari-gione differente.L'esame istologico del prelievo bioptico evi-denzia la presenza di matrice ossea com-patta a struttura lamellare comprendente rari osteociti e delimitata da una rima di osteoblasti che risultano maggiormente ad-

densati nelle aree di osteogenesi. In limitate aree del prelievo la struttura ossea risulta meno compatta e sede di rimaneggiamen-to. Il tessuto connettivo adiacente è rego-larmente abitato da elementi tipici di tipo mesenchimale. Non si osservano macrofagi con inclusi cellulari riferibili a sequestro di materiale riempitivo. Il reperto istologico indica pertanto che l'osso rigenerato è di qualità e quantità ottimali.Per motivi etici il prelievo è stato limitato alla radice mesiale del sesto in modo da ef-fettuare una corretta apicectomia. Il sito di prelievo risulta però essere idoneo in quan-to macroscopicamente si osserva osso rige-nerato e la quantità di osso prelevato risulta sufficiente per avere un campione significa-tivo dell’innesto.

Conclusioni

Il caso appena descritto risulta un reper-to occasionale di intervento eseguito nella pratica chirurgica dello studio professionale con materiali testati estremamente biocom-patibili la risposta biologica e istologica ottenuta nel caso seguente e assolutamen-te confortante per quella che è la nostra pratica quotidiana, sicuramente foriera di maggiori studi per valutare meglio le carat-teristiche biologiche ed osteoinduttive del materiale utilizzato.

Bibliografia

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Fig.1: Radiografia iniziale del caso

Fig.2: Dente estratto in cui è stata evidenziata la linea di frattura mediante colorazione con blu di toluidina

Fig.3: Visione intraorale del sito postestrattivo

Fig.4: Visione intraorale della deiscenza dopo l’inser-zione dell’impianto

Fig.5: Sito implantare con membrana posizionata

Fig.6: Radiografia dell’impianto inserito

Fig.7: Radiografia dell’impianto dopo il carico protesico

Fig.8: Visione intraorale

Fig.9: Visione intraoperatoria della rigenerazioen ossea

Fig.10: Sito di prelievo

Fig.11: Apicectomia della radice mesiale del primo mo-lare

Fig.12: Radiografia intraoperatoria dell’apicectomia

Figg. 13;14;15: Preparato istologico

4/ Buser D. 20 anni di rigenerazione ossea guidata in implantologia-seconda edizione. 2011 Quintessenza Edizioni.5/ Gottlow J. Guided tissue regeneration using bioresorbable and non-bioresorbable devices. Initial healing and long term results. J Periodontol 1993;64:1157-1165.6/ Meloni SM, Tallarico M, Lolli FM, Deledda A, PisanoM, Jovanovic SA. Postextraction socket preservation using epithelial connettive tissuw graft vs porcine collagen matrix, 1-year result of a randomized controlled trial. Eur J Oral Implant ;2015 Spring 8(1):39-40.7/ Piattelli Adriano. Biomateriali utilizzati in rige-nerazione ossea: risultati istologici. Implantologia Orale n.4 settembre 2003, 77-80.8/ Becker J, Al-Nawas B, Klein MO, Schliphake, Terheyden H, Schwarz F. Use of a new cross-linked collagen membrane for the treatment of dehiscence-type defects at titanium implants: a prospective ,randomized-controlled double-blin-ded clinical multi center study. Clin Oral Implant Res 2009;20:742-749.9/ Piattelli M, Favero GA, Scarano a, Orsini G, Piattelli A. Bone reactions to anorganic bovi-ne bone (Bio Oss) used in sinus augmentation procedures: A histologic long-term report of 20 cases in humans. Int J Oral Maxillofac Implants 1999;14:835-840.10/ Merli M, Moscatelli M , Breschi L, Mazzoni A, Negri M. Membrane e sostituti ossei in una proce-dura monofasica per l’incremento osseo orizzon-tale: un trial istologico controllato randomizzato a doppio cieco. Int J parodontologia e odontoiatria ricostruttiva, n°35 pp. 463-471.11/ Tinti C , Parma Benfenati S, Clinical classifica-tion of bone defects concerning the placement of dental implants. Int j periodontics restorative dent 2004;24:264-271.12/ Parma Benfenati S, Roncati M, Galletti P, Tinti C. Resorbable dome device and guided bone re-generation: an alternative bony defect treament around implants: a case series. Int j periodontics restorative dent. 2014 nov-dec;34(6):749-55.13/ Ammen BM, Ramel CF, Hammerle CH, Jung Re. Use of a new cross-linked collagen membrane for treatment of periimplant dehiscence defects: a randomized controlled double -blinded clinical trial. Eur J Oral Implantol 2011;4:87-100.14/ Gutman JL, Harrison JW. Posterior endodon-tic surgery: anatomical considerations and clinical tecniques. Int Endod J 1985; 18:8-34.15/ Nazirkar G, Singh S, Dole V, Nikam A. Effort-less effort in bone regeneration: A review. J Int

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