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Anno II, Numero 6 Febbraio-Marzo 2009 PERIODICO DI INFORMAZIONE GRATUITO della FENEAL-UIL CAMPANIA feneal uil in Campania Poste Italiane S.p.A.-Spedizione in abbonamento postale- D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 e 3, Aut: CNS/CBPA-NA/239/08 Rimettiamoli in campo GIOVANI E OPERAI INSIEME: ECCO COME CONQUISTARE IL FUTURO .ANGELETTI: Nuovi contratti, salari più alti .REA: La politica campana non si autoassolva .DE SILVA: Ridere della precarietà? Si può

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rivista job numero 6

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Anno II, Numero 6Febbraio-Marzo 2009

PERIODICO DI INFORMAZIONE GRATUITOdella FENEAL-UIL CAMPANIA

feneal uil in Campania

PosteItaliane

S.p.A.-S

pedizioneinab

bonamentopostale-

D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004

n.46)a

rt.1,comma2e3,Aut:C

NS/CBPA

-NA/239/08

Rimettiamoliin campoGIOVANI E OPERAI INSIEME: ECCO COME CONQUISTARE IL FUTURO

.ANGELETTI: Nuovi contratti, salari più alti.REA: La politica campana non si autoassolva.DE SILVA: Ridere della precarietà? Si può

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Questa è un’immagine del passato. Suggestiva e preoccupante allo stesso tempo. Perché rivederla eanalizzarla oggi apre un ventaglio infinito di riflessioni sul mondo del lavoro e sulla capacità del ci-nema iraccontare la società. Il grande attoreGianmariaVolontè recita la parte dell'operaio nel film del1972 "La classe operaia va in paradiso" del regista Elio Petri: urla tramite il megafono, uno di queistrumenti - come i tazebao, i volantini, i bollettini - desueti ma che rappresentavano la volontà dei la-voratori di farsi sentire, di conquistare diritti, di acquisire una coscienza pubblica. E politica. Perché"La classe operaia va in paradiso", come "Le mani sulla città" o "Indagine su un cittadino al di sopradi ogni sospetto", erano film politici a tutto tondo, che si accattivavano sì il favore popolare con tesispesso propagandistiche,ma facevano rumore provando a scuotere gli animi sopiti. La domanda è du-plice: esiste ancora un operaio che urla dentro o fuori dalla fabbrica per rivendicare i diritti di classe,non esistendo più le classi sociali? Ed esiste ancora il cinema capace di raccontare la vita che ci scorreintorno?Nessuno vive più in prima linea, nessuno più sembra avere interesse a descrivere di che vive.

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Job Feneal Uil in CampaniaNumero 6 - Febbraio-Marzo 2009Periodico bimestraledi informazione gratuitodella Feneal Uil CampaniaTestata registratapresso il Tribunale di Napoli(iscr. n. 7 del 29/01/2008)

Direttore editoriale:Emilio CorrealeDirettore responsabile:Carlo PorcaroEditore:Feneal-Uil Campania,Corso Arnaldo Lucci, 121 80142 NapoliRedazione:Dario De SimoneLiliana PalermoP.G.CorrealeGrafica:Antonio Massa, Claudia NoliContatti redazione:Corso Arnaldo Lucci, 121 80142 Napoli.Tel/Fax: 081-269115e-mail: [email protected] internet:www.fenealuilcampania.itCoordinamento: PK s.r.l.Stampa:Litografia Buonaurio srl,via Trav. 4 novembre 6,80026 Casoria (Na)Tiratura: 5000 copie

Giornale chiuso in redazioneil 20 febbraio 2009

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Anna ReaLa classe politica locale non puòcontinuare ad autoassolversi.È tempo di nuovi volti

Franco GulloLe imprese devono intenderela sicurezza come investimento

Giovanni CotroneoPositivo il bilancio dell’Ancein materia di sicurezza

AntonioCorrealeIl sindacato faccia lasua parte in questo mo-mento di crisi: stop alle polemiche,c’è bisogno di coesione

Diego De SilvaVi insegno a sorrideredella precarietà

A cavallo dell’HondaDue ragazzi napoletani al serviziodella casa automobilisticanipponica grazie ai videoin computer grafica

30 IL SOCIOLOGO CARAMIELLO«I nuovi media porterannopiù democrazia in politica»

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16

32IN

TE

RV

EN

TI

7 L’editoriale9 Il filo di job20 Il racconto

42 L’intervista/spettacoloi Trettrè

46 Libri, dischi, film50 Attualità51 Consigli fiscaliR

UB

RIC

HELuigi Angeletti

Con i nuovi contratti di lavorocresceranno i salari reali

Guglielmo LoyAdesso è il momento diriformare gli ammortizzatorisociali

DALLA SEDE

22 Caserta T. Di Marco

23 Salerno L. Ciancio

24 Avellino F. De Feo

25 Benevento A. Lanzetta

17

49

40

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La Feneal Uildella Campaniacambia sede:vi aspettiamoin via Brin 69 a Napoli

Anche la redazionedi Job si sposta:

numero di telefonoe mail restano

invariati

[email protected]

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l’ editoriale

[CARLO PORCARO]

Frullato di nullaLa soglia del pudore non è scesa, sta sotto terraE la tv ha reso la “prostituzione” una tendenza

Laprostituzione di per sé non è rea-to, si sa. Lo è il suo sfruttamento.Giusto, giustissimo. Ma la prosti-

tuzione non è più soltanto la mercifica-zione del proprio corpo per le strade del-le città o in luoghi privati, da parte per lopiù di donne immigrate che subiscono leangherie della criminalità organizzata; laprostituzione è ormai un fenomeno so-ciale, una tendenza che si manifesta conuno strumento tecnologico “surrogato”della realtà: la televisione. La tv ha sdo-ganato il concetto di prostituzione allar-gandone i confini, l'ha reso lecito, legit-timo, persino fonte di vantaggi economicie sociali (si guadagna molto, si fanno leamicizie giuste, si fa carriera). Lungi dal-l'intraprendere analisi moralistiche (nonsiamo eticamente in grado di elaborarle),si rifletta su come i media – nelle tra-smissioni di intrattenimento, ma anche neitalk show (vedi le belle donne di cui sicontorna addirittura il giornalista piùpolitico che ci sia, Santoro ad “Annoze-ro”) – propagandi un modo di essere benpreciso: conta l’aspetto estetico, il corpo,il sex appeal. Il resto, viene dopo. Mol-

to dopo, oppure mai. Come nelle vetrinediAmsterdam, il tubo catodico promuo-ve la “nuova” prostituzione. I realityhanno ingigantito questo fenomeno natoa metà anni'80 con la tv commerciale cheha rotto alcuni tabù, fino a frantumarli.Ora tra Rai e tv privata non c'è alcuna dif-ferenza: hanno sdoganato definitiva-mente l'offerta di sé stessi agli altri sen-za puntare su qualità, competenza, espe-rienza, gavetta, studi. Sono perdite di tem-po, anzi ostacoli verso il successo. L'e-sempio della prostituzione credo sia em-blematico di uno scadimento dei valorinella società moderna: la soglia del pudoreè scesa fino a scomparire sotto terra. Ladignità delle persone - soprattutto dei ruo-li pubblici che in qualsiasi modo rivestono- non è contemplata come indicatore di di-rezione: non è un freno, i comportamen-ti sono orientati solo ed esclusivamentedal proprio tornaconto personale. Nellavita pubblica, nessuno si dimette. Nessunosi autogiudica e lascia l'incarico che ri-copre per liberarsi da ogni sospetto. Chinon ha commesso nulla di male, deve di-fendersi in tutti modi, per carità. Ma ungesto, a volte, può avere un valore sim-bolico più alto di ogni parola. Giudicarese stessi prima che lo facciano gli altri,magari con metodi populistici, sarebbesintomo di un'Italia migliore. Prima cheil popolo passi dall'osanna alla ghigliot-tina, ci sono molti gradini intermedi.

L'uomo che vede entrambi i lati di unaquestione è un uomo che non vedeassolutamente nulla

Oscar Wilde

la citazione

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Vannovengonoogni tanto si fermanoe quando si fermanosono nere come il corvosembra che ti guardano con malocchio

Certe volte sono bianchee corronoe prendono la forma dell’aironeo della pecorao di qualche altra bestiama questo lo vedono meglio i bambiniche giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumoreprima di arrivaree la terra si tremae gli animali si stanno zitticerte volte ti avvisano con rumore

Vannovengonoritornanoe magari si fermano tanti giorniche non vedi più il sole e le stellee ti sembra di non conoscere piùil posto dove stai

Vannovengonoper una veramille sono fintee si mettono li tra noi e il cielo

Le nuvole

Da un’intervista televisiva a Fabrizio De An-dré: “Sia il titolo che la chiave di lettura sonostati presi a prestito dall’omonima commediadi Aristofane. Queste nuvole sono da inten-dersi come quei personaggi ingombranti edincombenti sulla nostra vita economica, politi-ca e sociale, il cui ruolo fondamentale sembraessere quello di mettersi fra noi ed il cielo pernasconderci la luce del sole, come fanno quel-le nuvole che vanno e vengono senza darcinemmeno il conforto di una goccia di pioggia.Sotto questo via vai di cirri, di nembi, di cu-muli, si muove il popolo che, per quanto gli èancora concesso, continua, però, a farsi i fat-ti suoi e, purtroppo, non dimostra una grandevocazione alla protesta”.

Ricordo di Faber a pagina 58

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Operaiestudentiunitinella lotta.Que-sto carovecchio slogan, gridatone-gli affollati cortei chepercorrevano

le strade delle nostre città, con un ritmo in-cessantee inunflussocontinuo, richiamaallamemoria i tempi dello straordinario fervo-re che coinvolgeva tutti, indifferentementedallacollocazionepoliticaesociale,negli anniormai lontani della democrazia partecipata.Apensarci, una fiumanadi gente, forse l’in-teropopolo, che si riversavaper strada, con-siderata luogo ideale dove si svolge la sto-ria, dove certamente allora si sentiva la ne-cessitàdi esserci, di impegnarsi, inprimaper-sonae insiemeagli altri, permanifestare ipro-pri ideali ed il bisognodi cambiare la società.Gli studenti aderivano inmassa agli scioperisindacali, aggiungendo alle loro ragioni unpo’di sostanzaculturale, spesso teneramentefanatica epresuntuosa, e i tanti giovani ope-rai, nelle affollate sezioni di partito, eranocompiaciutidellamitizzazionedella lorocon-dizione e, quindi, dell’attenzione ad essi de-dicata,maessendogliunicipossessoridi red-dito, svolgevano anche la benefica funzio-nedi graditi finanziatori del tempo liberodeitantissimi amici acquisiti, studenti e squat-trinati. In fondo questo slogan, allora orgo-gliosamente urlato dai giovani e dai lavora-tori, mette in luce, oggi, una verità che an-drebbeconsideratanella suavenatura attualee non tanto per richiamare una reminiscen-zanostalgica. In fondoallanostrademocrazia,oggi,mancanogli uni egli altri.Nonchenonci siano affatto.Mancaquella loro grandio-

sa capacità di essere detentori della culturadel futuro edella speranzadi unmondomi-gliore che riuscirono ad affermare allora.Cichiediamodove sono?Cosa è successo peraverli resi così apatici ed inoffensivi? So-prattutto, perché è successo? Chi ne è re-sponsabile? Mentre scrivo, mi vengono inmente alcuni avvenimenti appena accaduti,che, nonostante la loro vistosa gravità, nonhanno scatenato nessuna reazione di popo-lo,ma solo inefficaci comunicati di partito,ai quali, ormai, tutto è delegato.All’attaccoalla Costituzione, che a forza qualcunovuole considerare superata e damodificareinbaseallamodernaculturadel “grande fra-tello”, alle gaffe internazionali, che metto-no alla berlina la nostra credibilità agli oc-chidelmondo,all’incapacitàdiaffrontareconserietà e concretezza condivisa, a differen-zadi altri paesi, questa gravissimacrisi eco-nomica che il mondo sta attraversando,alla voglia irrefrenabile di legiferare a pro-prio vantaggio e contro chi non sta con loro,a tutto ciò non è corrisposta una adeguata emanifesta indignazionepopolare, anzi l’au-toreprincipaledi questo sostanziale attentatoai fondamenti della nostra democrazia, ad-diritturaè statopremiatoconunulteriore suc-cessoelettorale inSardegna.Lamaggioranzadegli italiani, anchemoltadiquellaparte che,permero autolesionismo, nonneottienebe-nefici, staconquestadestrae,perciò,conque-sta destra sta anche lamaggioranza dei gio-vani e degli operai. Dove sono?Cosa li tie-ne fermi, a guardare le nuvole, che “vanno,

vengono”?Perchéhanno smessodi agire, diessere protagonisti del cambiamento?Enri-coBerlinguer, in una famosa intervista rila-sciataadOrianaFallaci sulCorrieredella sera,il 26 luglio 1980, profetizzò quanto poi ab-biamoverificato nella storia recente del no-stro paese, suscitando allora non pocheperplessità in granparte della sinistra italia-na. Oltre all’annuncio dello strappo defini-tivocon l’UnioneSovietica, disse, infatti, chealla sinistra italiananon sarebbebastato rag-giungere il 51% del consenso degli elettoriper governare il Paese. Per questo era ne-cessario, allora come oggi, che riuscisse adesprimersi eadaffermarsi, lacomponente so-ciale, detentricedella culturadel lavoroedelprogresso, capace di farla diventare culturaegemone. Solo essa poteva sconfiggerequella formadi restaurazione culturale, cheera già in atto, indotta dalle forze più biechee retrive del capitalismo, fondata sulla mi-stificazione del valore della libertà, imba-stardito congli interessi e la futilità del con-sumismo ed, oggi, della televisione com-merciale. La crisi del PartitoDemocratico edella sinistra in generale, quindi, non è tan-to dovuta alle divisioni interneo al difetto dicarisma dei loro dirigenti,ma è proprio do-vuta al sopimento di quelle coscienze, al-l’assenza di protagonismodegli attori prin-cipali di ogni processodemocratico.Ripor-tiamoli in campo, lavoratori e studenti,uniamone ancora le loro aspirazioni. Ri-prendiamo a parlare di futuro. E la Politicaed il sindacato imparino di nuovo a farlo.

[EMILIO CORREALE]

Operai e studentiuniti nella lotta

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Sono trascorsi oltre quindici annida quello storico luglio 1993,quando sindacati e imprese, in-

sieme al governo guidato dall'allora Pre-sidente del Consiglio, Carlo AzeglioCiampi, firmarono il Protocollo sullapolitica dei redditi. Quell'intesa fu per-sino oggetto di studio da parte di altriPaesi: rappresentò, infatti, uno stru-mento efficace per un sistema di re-lazioni sindacali funzionale al risana-mento della finanza pubblica. Già dal1998, tuttavia, emersero segnali circal'opportunità di alcune modifiche. E conl'avvento dell'Euro, quell'opportunitàsi è trasformata in necessità: il nuovocontesto economico esigeva un nuo-vo modello contrattuale. Un primo ten-tativo fu fatto nel 2004. Ma il netto ri-fiuto ad affrontare la questione, da par-te del segretario generale della Cgil,Guglielmo Epifani, impedì il raggiun-gimento dell'obiettivo. Da qual mo-mento, vari incontri e diversi tentativisi sono susseguiti con ciclica regola-rità sino a giungere, nella primavera del-

lo scorso anno all'avvio di una lungatrattativa con la nuova Presidente diConfindustria, Emma Marcegaglia. Gliesiti noti sono quelli della sera del 22gennaio 2009. A Palazzo Chigi è statofirmato l'accordo per la riforma del si-stema contrattuale. La Cgil si è chiamatafuori. Ma il mondo del lavoro, ora, hacomunque un nuovo modello contrat-tuale. Abbiamo approfondito il tema conil segretario generale della Uil, LuigiAngeletti.Segretario Angeletti, qual è la pri-

ma conseguenza di questo accordo?«La prima immediata conseguenza di

questo accordo è che viene "rottama-to" il modello del 1993 basato sull'in-flazione programmata e, dunque, sulpresupposto che le retribuzioni dei la-voratori dipendessero da una decisio-ne politica o. se si preferisce, dai rap-porti tra sindacato, imprese e gover-no. Il Protocollo del luglio 1993 è sta-to una pietra miliare nella storia sin-dacale del nostro Paese: si prefiggeval'obiettivo di risanare la finanza pubblicae di disinflazionare l'economia. Quel-l'obiettivo è stato raggiunto ma quellostrumento, dunque, già da molti annia questa parte, ha esaurito la sua fun-zione. E' successo così che, conti-nuando ad applicare, in un diversocontesto economico, la strumentazio-ne tecnica del vecchio modello si siadeterminata la sistematica program-

mazione della riduzione dei salari.Oggi invece serve un nuovo modelloche sia funzionale ad un nuovo obiet-tivo: quello della ripresa e della crescitaeconomica. Con questa riforma, le re-tribuzioni saranno legate a quanto ef-fettivamente saliranno i prezzi: lavo-ro e salario riacquistano dignità».Si può dire a questo punto che i la-

voratori guadagneranno di più?«Non c'è alcun dubbio: cresceranno

i salari reali. E' un accordo che cam-bia il modo di retribuire il lavoro e locambia in meglio. Potremo finalmenteuscire dalla trappola di bassi salari ebassa produttività».Prima parlava di rottamazione del

tasso di inflazione programmata:viene introdotto l’Ipca. Di che cosa sitratta?«E' il nuovo indice previsionale, l'in-

dice dei prezzi al consumo armonizzatoin ambito europeo. Abbiamo anchefatto una simulazione che dà concre-tamente l'idea del vantaggio economi-co di questo nuovo modello. Nel trien-nio 2009-2011, il Tip sarebbe pari al4,6%; l'Ipca, invece, già depurato daicosti dell'energia, sarebbe pari al 6,7%.Una differenza in positivo, dunque,

l’intervento

[INTERVISTA A LUIGI ANGELETTI] (segretario generale Uil)

Il protocollosiglato nel ‘93è stato decisivo

ma ha esauritola sua funzione

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Contratto, Angeletti:«Aumenterannoi salari reali»

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del 2,1% che, tenuto conto di un sa-lario medio di una categoria contrattualemedia, equivarrebbe ad un ulteriore in-cremento di circa 400 euro annui».E questo solo con riferimento al

contratto nazionale che, avrà unadurata triennale e che prevede pe-raltro anche un meccanismo di re-cupero certo tra inflazione previstae quella effettiva. Ma poi c'è anche lacontrattazione di secondo livello.«Sì, una contrattazione che potrà es-

sere aziendale o territoriale, la più dif-fusa e capillare possibile anche graziead un sistema di incentivi fiscali chela renderanno più conveniente anche peril datore di lavoro. Senza contare chelì dove si farà solo la contrattazione na-zionale quest'ultima dovrà prevedere unelemento retributivo di garanzia. In-somma, lo ribadisco, i salari reali dei la-voratori aumenteranno».E allora perché la Cgil anche que-

sta volta non ha firmato l’accordo?«Bisognerebbe chiederlo a loro».C’è una diversità di vedute evi-

dente: giusto?«Io registro il fatto che, negli ultimi

tempi, la Cgil non ha più firmato un'in-tesa. Ma voglio anche ricordare unfatto storico».A che cosa si riferisce?«Al luglio del 1992, quando fu sot-

toscritto quello che potremmo definireil primo capitolo della precedente rifor-ma contrattuale, portata poi a compi-mento con il Protocollo del 1993, an-che in quella circostanza ci fu unadrammatizzazione: l'allora Segretariogenerale della Cgil, Bruno Trentin,firmò e si dimise, proprio perché ci fuuna forte opposizione di una parte ri-levante della sua Organizzazione.Poi tutto rientrò. Oggi la Cgil è contrariaal nuovo accordo e difende quello del92-93, ormai datato e superato dal-l'attuale contesto sociale ed economico.

Prima o poi, come è già accaduto inmolte altre circostanze in passato, laCgil firmerà».La confederazione di Epifani ha

chiesto un referendum. Qual è la

sua opinione in merito a questa pos-sibilità avanzata dai vostri colleghidella Cgil?«Si potrebbe anche fare ma servirebbe

la reciprocità».In che senso?«Noi abbiamo firmato un accordo che

la Cgil non condivide e vuole che an-che i suoi iscritti giudichino questa scel-ta. Può andar bene, ma ad un patto».A che cosa pensa in particolare?

«Anche i nostri iscritti possano giu-dicare le loro decisioni che noi non con-dividiamo. Se, ad esempio, dichiaranouno sciopero, su questa scelta devonopotersi esprimere anche i nostri asso-ciati».

(A.P.)

l’intervento

Il referendumdella Cgil si può

anche fare ma siesprimano purei nostri iscritti

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In questi ultimi mesi durante i qualiabbiamo assistito all’insanabile ca-duta della classe dirigente di Napo-

li e Campania (dalla vergognosa vicen-da rifiuti fino alle scandalose indagini an-cora in corso sull’appalto del globalservice sulle strade cittadine) dopo leauto-assoluzioni senza rimorsi dei no-stri politici, le manifestazioni popola-ri di forte dissenso sotto il palazzo di go-verno e le dimenticate promesse “rina-scimentali” di chi ha il vinavil sulla pol-trona e non riesce più a lasciarla, la do-manda che spesso ho sentito, con un cer-to scetticismo misto a delusione, è que-sta: esiste ancora un centrosinistra? Io,piuttosto, mi sono chiesta, con maggio-re preoccupazione, guardando al pano-rama partenopeo e campano, se esiste an-cora la politica. Per politica non intendoquella di cui attualmente siamo vittimeforzate per volere “maiestatis”, ma quel-la con la “P” maiuscola; quella per cuiil mandato primario era e resta il benes-sere della collettività, della cittadinanza.Una politica non autoreferenziale néammantata di vuota presunzione, ma cheabbia l’etica della responsabilità e la re-sponsabilità dell’etica negli atteggia-menti, nelle scelte e nelle decisioni;una politica che sia nuovamente consa-pevole di avere nelle proprie mani il benecomune e non l’interesse ad personam oad familiam. Faccio riferimento a que-sti valori quando penso alla politica. E

questi, a mio parere, sono la forma edil contenuto che il centrosinistra ed unanuova classe dirigente devono recupe-rare. Non credo che il centro sinistra siaal capolinea come non credo lo sia il Par-tito Democratico; pur tuttavia, quest’ul-timo non è riuscito a dispiegare fino infondo il suo progetto iniziale di partitonuovo, riformista ed europeo e non è sta-to ancora in grado di rappresentare unarisposta alternativa alla crisi della poli-tica, attraverso il doveroso cambiamen-to di azioni e volti. La mancanza di unapolitica corretta ed attenta alle esigenzedella collettività non è un j’accuse rivoltosolo al centrosinistra, ma anche all’as-sente o meglio al consenziente centro-destra locale che, adesso, sembra de-starsi dal lungo sonno per “movimen-tarsi” attraverso querelle in Parlamentocontro il Comune e la Regione o per an-ticipare la campagna elettorale per le Pro-vinciali, con manifesti e slogan ad effetto.Eppure lo stesso centrodestra fino a ierinon è stato in grado né di denunciare, nédi attivare proposte alternative alla

concorrenza. La sfida che la politica, cosìcome il Sindacato, si ritrova a dover fron-teggiare in questo momento storico è dav-vero ardua e complicata. Siamo di fron-te ad una crisi internazionale di portataenorme e di cui ancora non conosciamopicchi e conseguenze. I primi effettisono le migliaia di cassa integrazione chestanno cadendo come piombo sulla vitadelle famiglie italiane, una produttivitàpraticamente allo stallo e settori portan-ti della nostra economia disastrati. Il set-tore edile, ad esempio, da sempre sen-tinella dello sviluppo, è oramai da anniin profondo collasso: opere ferme, pro-getti che non decollano e, nelle miglio-ri ipotesi, lavori non pagati.Nelle regioni del Mezzogiorno ogni ef-

fetto appena elencato è triplicato. Se lacrisi resta l’ostacolo più grosso da su-perare, ce ne sono altri da non sottova-lutare e che riguardano ugualmente il fu-turo della Campania e delle altre regio-ni del Sud: il federalismo fiscale e la co-siddetta questione meridionale. C’è unfilo rosso che unisce la riconversione del-la crisi, il federalismo fiscale e la que-stione meridionale ed è quello dellosviluppo e della crescita delle regionidel Mezzogiorno. La politica e i suoi rap-

l’intervento

[ANNA REA] (segretaria generale Uil Campania)

Il Pd non è alcapolinea madi certo bisogna

cambiare leazioni e i volti

«La classe politicadella Campania nonsi autoassolva»

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presentanti devono essere consapevoliche se ognuna di queste questioni nonè riempita di azioni e strumenti a favo-re di un’autoctona e decisiva ricchezzadel Sud , non fa altro che perseverare nel-l’errore e nell’incapacità, dimostrata dadecenni , che vede ancora oggi le regionidel Mezzogiorno in un’insostenibile edinsanabile “questione meridionale”. Nonsi può affrontare la crisi se non si partedalle zone maggiormente colpite; cosìcome non si può fare politica ignorandometà del Paese. La sfida della nuova clas-se dirigente deve essere proprio il Mez-zogiorno e non come semplice ed effi-mera trovata di “marketing politico edelettorale”, ma come obiettivo da rag-giungere per il bene della cittadinanza lo-cale e nazionale. Lo stesso federalismofiscale, che ha appena superato il primopassaggio al Senato, non può essere pro-posto al Sud e quindi all’Italia con ter-mini e strategie così sommarie e gene-riche. In certi passi si eludono comple-tamente decisioni e misure importanti.Apartire dalla copertura finanziaria del di-segno di legge stesso (che non è cosa da

poco se si vuole scongiurare l’aumentodelle tasse nelle diverse regioni), la nonprevista riforma delle istituzioni locali,l’incomprensibile azione del fondo pe-requativo, (ovvero l’utilizzo di quelle ri-sorse che dovrebbero sostenere le regionipiù deboli), fino alla mancanza di fi-nanziamenti per investimenti considerati“non essenziali”, come industria, com-mercio ed agricoltura, ma che per il Mez-zogiorno dovrebbero essere il punto dipartenza di uno sviluppo mai decollato.Il federalismo fiscale è una riforma im-portante che va a modificare completa-mente le nostre strutture, le capacità deinostri enti locali, la gestione delle risor-se, il rapporto stesso con i cittadini e i di-versi servizi ad essi erogati. I principi difondo del federalismo fiscale non sonoerrati, ma gli stessi diventano inappli-cabili prima ancora che ingiusti, senza ledoverose e profonde modifiche. Pur tut-tavia , se non si avvia una revisione del“fare” e soprattutto del “fare bene”, co-minciando dal rinnovamento di unaclasse dirigente autorevole, capace edignitosa, rischiamo di alimentare quel-

l’idea malsana per cui il Sud risulta es-sere spendaccione ed assistito. Il silen-zio-assenso della politica, che sia didestra o di centrosinistra, non esonera dal-le responsabilità e dalle conseguenze del-le decisioni, anche di quelle mai prese.Gli uomini e le donne della politica han-no il privilegio e l’onere importante di go-vernare il nostro Paese anche se negli ul-timi tempi qualcuno, “irritato” e conegoismo campanilistico, si sta contrap-ponendo alle esigenze, che non sono solomeridionali, ma appartengono all’inte-ra nazione. Serve una sana politica na-zionale e locale, azioni delle forze socialied imprenditoriali con indirizzi ben pre-cisi e con la consapevolezza che senzaun Sud moderno, innovativo e competi-tivo questo Paese non esce dalla crisi.Non possiamo insomma rischiare di di-venire un’appendice dell’Europa , visteanche le decisioni che in materia di an-ticrisi sono state prese negli altri Paesi eu-ropei, Germania in testa, i quali hannoprivilegiato il lavoro e l’unità del Pae-se. Siamomodesti una volta tanto e pren-diamo esempio dagli altri.

l’intervento

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Il federalismo

La riforma delloStato in senso fe-derale prevede in-nanzitutto unanuova ripartizionedelle risorse finanziarie tra levarie Regioni d’Italia: resterannoin percentuale molto più alta, ri-spetto a quella attuale, sul terri-torio che le produce (pagandoregolarmente le tasse). In questomodo, gli enti locali saranno mag-giormente responsabilizzati infase di spesa; ma il vero rischio èdi veder aumentare il divario trale regioni più ricche e le areesvantaggiate del Paese. Ecco per-ché il Mezzogiorno potrebbe su-bire inizialmente effetti negatividal federalismo fiscale.

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Tutto il mondo in questi giorni stafacendo previsioni su quanti e chipotrebbero essere i soggetti coin-

volti dalla crisi che, già in atto, inte-resserà almeno il prossimo biennio.Quali gli strumenti da mettere in cam-po per cercare di tamponare questo mo-mento e quante le risorse di cui si avràbisogno? Su questi temi sta ragionan-do anche l’Italia che, non meno preoc-cupata degli altri Paesi, sta cercando dirimediare in breve tempo ad un deficitdi strumenti sociali e di sostegno al red-dito, che non le consentono di esserepronta ad affrontare con tempestività unmomento di crisi come quello attuale.A differenza di altri Paesi, oltre ad undebito pubblico ampiamente sopra lamedia europea, non abbiamo un soste-gno al reddito garantito che permetta,a chiunque, di poter avere un sostegnoanche in assenza di lavoro; non abbia-mo una cassa integrazione estesa atutti i settori indipendentemente dallagrandezza aziendale; siamo sprovvistidi aiuti nei confronti di alcuni lavora-tori, soprattutto a termine, nel caso incui perdano il lavoro; c’è poi un’ampiaplatea di lavoratori che un lavoro lo han-no ma “non dichiarato”, molti dei qua-li immigrati, e per i quali non esiste-ranno forme di tutela. L’Italia è il Pae-se dalle tante tipologie di ingresso nelmondo del lavoro, ma dagli scarsi stru-menti di sostegno al reddito dei lavo-

ratori nel caso di uscita. Forse, e para-dossalmente, all’Italia serviva un mo-mento di crisi per capire quanto sia ne-cessario estendere tutele a chi ne è pri-vo. È da anni che, come Uil, diciamoche vi è la necessità di una riforma de-gli ammortizzatori sociali. In un mo-mento come questo, occorre continua-re a far camminare la macchina dell’e-conomia, e non fermarla. Occorre evi-tare il rischio che le aziende chiudanoo che licenzino, perché la conseguen-za immediata sarebbe lo stato di di-soccupazione di tantissimi e troppi la-

voratori, molti dei quali sprovvisti,come detto, di sostegno al reddito. Il pri-mo obiettivo deve essere quello di evi-tare la cessazione del rapporto, dimantenere il filo che lo lega all’azien-da, anche in una fase di sospensione la-vorativa. Questo si potrà raggiungere,oltre che attraverso, ad esempio, una in-novata e sostenuta funzione dei contrattidi solidarietà (accompagnati da una for-mazione adeguata), allargando, appun-

to la platea di persone “aiutate” nellafase di sospensione dal lavoro. Loscorso 29 gennaio è stata approvata laLegge di conversione del Decreto Leg-ge 185/08 che delinea innovativi inter-venti per far fronte alla crisi occupa-zionale. Ciò attraverso l’estensione diammortizzatori sociali a lavoratori che,in assenza di una riforma ad hoc, nonpotrebbero beneficiarne (apprendisti,aziende al di sotto dei 15 dipendenti,collaboratori a progetto). Molto im-portante è la nuova mission di cui sa-ranno investiti gli Enti Bilaterali: po-tremmo definirlo un Ente “a causa mi-sta” che, oltre a mantenere la sua naturadi erogatore di formazione ed altreazioni di integrazione al welfare, divieneun soggetto volto a fornire un “sostegnoal reddito” a chi perde il posto di lavo-ro. La nostra posizione, come sindaca-to, è che non debbano esserci “figli diun Dio minore” e che prima o poi sigiunga ad estendere ''a tutti i lavorato-ri italiani'' il sostegno al reddito. Maquali saranno i costi della crisi? Diffi-cile prevederli poiché gli effetti dellastessa crisi sono imprevedibili. Noicrediamo che, ora più di prima, in unmomento come questo occorra “fare si-

[GUGLIELMO LOY] (segretario nazionale Uil)

«Ammortizzatori sociali:l’ora di riformarli»

l’intervento

Estendere letutele a tutti per

rendere menopesanti gli

effetti della crisi

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stema” tra Stato, Autonomie locali eParti sociali ed economiche. Il Gover-no, da parte sua, deve aumentare glistanziamenti nazionali per gli ammor-tizzatori sociali, dare certezze sul cor-retto utilizzo del Fondo per le Aree Sot-toutilizzate (Fas), rendere più flessibi-li i parametri del Patto di stabilità pergli investimenti, tarare alcuni inter-venti sui settori più esposti alla crisicome l’auto e le costruzioni dove sonoa rischio, per il 2009, circa 260 mila po-sti di lavoro. In questo caso a fianco allegrandi opere strategiche nazionali è ne-cessario far partire le piccole e medieopere che sono più facilmente cantie-rabili nel breve periodo, ed in gran par-te di competenza delle Autonomie lo-cali. Far ripartire le opere infrastruttu-rali significa anche far diminuire il nu-mero di ore di cassa integrazione che nelsolo 2008 sono state 223milioni con unacrescita, rispetto al 2007 del 24,6%.L’aumento ha riguardato sia la cassa in-tegrazione ordinaria (+60,4% rispetto alnumero di ore del 2007), sia straordi-naria (+1,24%). Il fenomeno della cas-sa integrazione, e del suo aumento dianno in anno, ha investito tutte le re-gioni. Le Marche e la Basilicata sono leregioni dove l’aumento di ore, rispetto

al 2007, si è fatto sentire maggiormen-te: l’aumento è stato del 104%. La Ca-labria è invece l’unica regione interes-sata da una diminuzione di ore (9,57%).L’insieme dei dati Inps, che abbiamoelaborato come Uil sulla cassa inte-grazione del 2008 conferma, in parti-colare, la drammatica crisi economicae sociale del Mezzogiorno, ma mette an-che in evidenza come la crisi stia co-minciando a colpire il tessuto industrialedel Centro Nord. Per questo, anche inprevisione dell’attuazione del federa-lismo fiscale, occorre mettere in cam-po politiche straordinarie per lo sviluppodel Mezzogiorno ma, è anche necessa-rio che lo stesso Mezzogiorno si aiutida solo. La crisi è globale ma il suo im-patto è articolato e si lega ad ogni sin-gola realtà che vive diverse situazioni:aree con uno strutturato tessuto indu-striale, aree con alto tasso di disoccu-pazione, presenza, o meno, di grandi im-prese manifatturiere come la Fiat, retedi piccole imprese consolidate. Ed an-che le risposte, inevitabilmente, nonpossono che essere, oltre che generali,anche “territoriali”. Sul primo versan-te, occorre aumentare, come detto, glistanziamenti nazionali, oggi ancora in-sufficienti, per gli ammortizzatori so-

ciali, con allargamento significativodella platea dei beneficiari. Sul versanteterritoriale, necessita che Comuni, Pro-vince e, soprattutto, Regioni possano edebbano compartecipare ai processi diGoverno della crisi riprogrammando lapropria azione per adeguarla ad unarealtà che questi dati, drammatica-mente, confermano come preoccupan-te. Serve, dunque, un’azione straordi-naria di formazione e riqualificazionenelle fasi di inoccupazione, più am-mortizzatori sociali, sostegno alle fascedeboli del mondo del lavoro, sviluppodell’azione solidaristica degli Enti Bi-laterali promossi da imprese e sindacati.E tutti, come detto, dovranno parteci-pare con reale spirito cooperativo a que-sta difficile battaglia.

l’intervento

Cassa integrazione in Campania

Le ore di Cassa integrazione nel 2008 in Campania sono state complessivamente 23.283.042 (corrispondenti al 10,4%del totale nazionale) con un aumento rispetto al 2007 del 13,4%. A livello provinciale il numero più alto di ore autoriz-zate si concentra a Napoli (7.741.702 ore con un aumento del 40% rispetto al 2007) e a Caserta (7.609.312 con un au-mento del 4,7% rispetto al 2007).Per quanto riguarda le singole gestioni, nel 2008, in Campania sono state autorizzate 9.355.160 ore di cassa integra-zione ordinaria (corrispondenti all’8,2% del totale nazionale con una diminuzione rispetto al 2007 del 3,5%) e13.927.882 ore di cassa integrazione straordinaria (corrispondenti al 12,7% del totale nazionale con una diminuzionedel 3,5% rispetto al 2007).

Settore dell’ediliziaIn Campania, nel 2008, sono state autorizzate complessivamente 3.809.877 ore di Cassa integrazione (con una diminu-zione rispetto al 2007 del 14%). L’incidenza della Cassa integrazione sia ordinaria che straordinaria nel settore dell’edili-zia, incide sul totale regionale del 16,4%.Nel dettaglio sono state autorizzate 3.405.472 ore di gestione ordinaria (con una diminuzione del 7,3% rispetto l’annoprecedente) e 404.505 ore di gestione straordinaria (con una diminuzione del 46,8% rispetto al 2007). L’incidenzadella Cassa integrazione ordinaria nel settore edile incide del 36,4% sul totale regionale della CIG ordinaria; mentre laCassa integrazione straordinaria regionale nel settore edile, incide del 2,9% sul totale regionale della CIG straordinaria.

Lo stabilimento della Fiat di Mirafiori

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Apoco meno di un anno dal varodel D.l.g.s. N° 81/08 attuativodella Legge Delega N° 23/07,

è tempo di lanciare un messaggio for-te e chiaro a tutti i soggetti interessatial tema sicurezza allo scopo di richia-mare la loro attenzione ed impegno sul-la necessità di dare più efficacia alla ge-stione della legge stessa.A tale riguardo credo che lo slogan

più efficace possa essere proprio la pa-rola “Attuare, Attuare, Attuare”. Ilcompito non è tra i più facili e non bi-sogna dare nulla per scontato, proprioper questo è necessario che ciascuno,nessuno escluso, Governo, imprese,sindacato e lavoratori, facciano la loroparte assumendosi le rispettive re-sponsabilità in coerenza con lo spiritoed i principi contenuti nella Legge De-lega N° 23 e riconfermati nel D.lgs N°81. A questi principi auspichiamo si at-tengano il Ministero del Lavoro dellaSalute e delle Politiche Sociali e la Con-ferenza delle Regioni e delle ProvinceAutonome, nel corso del confrontocon le organizzazioni sindacali in pre-parazione del varo dei decreti attuatividella Legge stessa.È opportuno sollecitare da un lato i

Decreti attuativi e dall’altro l’appro-vazione di linee guida, là dove sono pre-viste, quale strumento di riferimentooperativo per una buona, coerente ed ef-ficace gestione della sicurezza sul la-

voro. Vi è poi il rischio che si manife-sti un altro problema, ossia che qual-cuno, anche in buona fede, pensi che lalegge sulla sicurezza sia ancora in di-scussione, mentre è in vigore da un pez-zo; mi sembra questa un’altra buona ra-gione per accelerare la giusta conclu-sione dei lavori sui diversi tavoli. Vo-glio considerare di buon auspicio il De-creto ministeriale del 3 dicembre scor-so con il quale, finalmente, viene rico-stituita, con la composizione tripartitaprevista dal D.lgs.N°81/2008, la com-missione permanente per la salute e si-curezza sul lavoro, ai cui componenti

auguro buon lavoro. Spero, inoltre,che il confronto tra le Parti sociali perla condivisione di un avviso comune fi-nisca positivamente e che permetta diritrovare lo spirito che favorisca il su-peramento delle difficoltà nelle relazioniindustriali nel campo della sicurez-za.Un ritrovato clima costruttivo tra leParti sociali credo favorirebbe la ge-stione efficace della legge che, richie-

derebbe, inoltre, un salto culturale e diqualità dell’impresa stessa. L’impresa,infatti, dovrebbe concepire la sicurez-za non come costo, ma come investi-mento. Nel settore delle costruzioni, labilateralità vanta una lunga e positivastoria ed esperienza; forte di questo pa-trimonio di conoscenza ed esperienzainvito tutti a riflettere senza riserve men-tali e valutare come e dove è possibilecostituirla. Questo strumento è formi-dabile per un’azione di sensibilizza-zione, informazione e formazione dei la-voratori e degli attori della sicurezza chela legge prevede. Le Parti sociali con-tinueranno e svolgere il loro ruolo diagente contrattuale e di soggetto sociale,mentre l’ente bilaterale gestirà i pro-grammi informativi e formativi con-cordati tra le parti stesse.Credo che soprattutto questa sia la

strada per contribuire alla diffusione del-la cultura della sicurezza sui luoghi dilavoro; nel settore delle costruzioni adesempio i risultati sono positivi; infat-ti, possiamo affermare di aver contri-buito alla diminuzione degli infortuniad iniziare da quelli mortali e questo èuno stimolo per andare avanti e faresempre di più e meglio.

[FRANCO GULLO] (segretario nazionale Feneal Uil)

«Sicurezza sul lavoro:attuare la legge»

l’intervento

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Le impresecapiscano che lasicurezza è un

investimento,non un costo

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Ilmiomandato di Presidente Regionaledell’Ance Campania volge al termineed è il momento dei consuntivi.Anzi-

tutto proprio il rapporto con le organizza-zioni sindacali: da sempre la collaborazioneè stata stretta e leale; insieme abbiamo af-frontato a più riprese il problema della si-curezza sul lavoro e della emersione dal la-voro nero. Con orgoglio posso affermareche, come membro fondatore dell’Agen-zia per la Sicurezza voluta dall’Ance, ab-biamo lavorato per la diffusione della cul-tura della sicurezza nelle scuole di ogni or-dine e grado.Abbiamo assegnato a Vero-na delle borse di studio e per il 2009 si pre-vede che lo sforzo si sposti su base regio-nale, con la concessione di borse di studioper i diversi livelli di istruzione. I vincitoridelle borse parteciperanno poi all’asse-gnazione delle borse finali nazionali, in unaselezione interregionale. Molto abbiamofatto, ma, come sempre, ci si accorge chemolto di più si sarebbe potuto fare. Il ram-marico è di non essere riuscito a far sì chefinalmente il Formedil regionale potessedivenire una realtà operativa ed operante.

La formazione delle maestranze è uncompito irrinunciabile ed il coordina-mento ed il controllo che il Formedil puòesplicare sono un valore aggiunto, ancheconsiderata la possibilità di colloquio conil corrispondenteAssessorato regionale, conil quale fino ad ora i rapporti sono stati scar-si.Allora occorre andare avanti con deci-sione, lavorare per dare al Formedil re-gionale una sede, una struttura ed unnuovo impulso. Con le Associazioni ter-ritoriali abbiamo svolto un’azione unita-ria nei confronti dei problemi comuni del-la nostra regione: lunga è stata la battagliaper la Legge regionale sui Lavori Pubbli-ci, che ha infine visto la luce, pur se in unaversione da noi fortemente contestata. E co-munque non viene applicata,mancando tral’altro del Regolamento attuativo.Anomalaè d’altronde la situazione della nostra re-gione, che vede la mancanza di un asses-sore ai Lavori Pubblici da oltre un anno,mai sostituito. L’altra grande battaglia si èsvolta sul Piano casa. Siamo stati i primia gettare l’allarme su una situazione che dacrisi può diventare emergenza: nella nostraregione, da stime condivise, mancano ol-tre 400mila alloggi e le risorse pubblichesono praticamente inesistenti, oltre alla pre-senza di vincoli di ogni genere. Finalmentesono state emesse le linee guida per il Pia-no casa e sono stati attivati i primi bandidi interesse per la costruzione di abitazio-ni in regime di edilizia agevolata e con-venzionata. L’Ance Campania si è affac-

ciata sul panorama internazionale: in Bul-garia è nato il grande progetto per lo svi-luppo del turismo integrato di questo Pae-se, cofinanziato dalla Regione Campaniae daAnce Campania e sviluppato in col-laborazione con la Sovrintendenza diPompei.Adesso partirà la seconda fase, conun progetto pilota a cura della Sovrinten-denza di Pompei su un sito archeologicoe quindi - usando i cospicui fondi europeidi cui la Bulgaria è beneficiaria - partirannole opere per infrastrutture e potenziamen-to del patrimonio turistico. Sarà un gran-de bacino di lavoro per tutte le imprese eci auguriamo che le società campane sap-piano approfittare di questa occasioneche abbiamo costruito con tanta cura.Nell’attuale profonda crisi, che vede unaforte contrazione deimercati pubblico e pri-vato, con conseguente perdita di posti dilavoro, occorre un coinvolgimento di tut-ti, a partire dalle Istituzioni troppo poco at-tente ai nostri problemi ed incapaci di pro-grammare a lunga scadenza.Con i nostri investimenti in idee, pro-

getti e risorse umane, con le realizzazio-ni concrete, e con il confronto continuo conle Istituzioni, dimostreremo la volontà diuscire dagli stereotipi negativi che sempreci hanno identificato.

l’intervento

[GIOVANNI COTRONEO] (presidente Ance Campania)

Abbiamoindividuato lostrumento

per formare lemaestranze

«Ance: bilancio positivoOra il Formedil»

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Per iniziare una consapevole ana-lisi su ciò che la politica è di-ventata nella nostra realtà dob-

biamo in primis ricordare quale sia l’an-tico e nobile significato di questo ter-mine. La politica è l’ “Arte di governarela società” che come fine principale haquello di incidere al meglio sulla di-stribuzione delle risorse, materiali edimmateriali, della e per la collettivitàstessa. Il mezzo per traguardare questofine non è altro che l’insieme delle isti-tuzioni politiche incarnate da personeelette con un sistema (più o meno) de-mocratico.Già è possibile intravedere lo stri-

dente contrasto delle quotidiane vicendepolitiche del nostro paese e, in parti-colar modo, della nostra regione ri-spetto a questo semplice assunto. Il pri-mo evidente elemento è lo scambio delfine con il mezzo. I nostri politici nonfanno altro che utilizzare le risorse del-la collettività (mezzo) per gestire le isti-tuzioni, quindi gestire loro stessi ed illoro potere attraverso i loro incarichi

(fine). È questo il significato vero deltermine “autoreferenzialità” tanto usa-to ed abusato anche dagli stessi politi-ci per inscenare una falsa ed ipocrita au-tocritica.E ciò non è nemmeno l’aspetto più

deteriore della questione rispetto allagestione individualistica del potere;oggi la concorrenza nell’agone politi-co è basata non sulla capacità del po-litico di turno di convincere le perso-ne sulla bontà delle proprie idee eazioni o sulle diverse sfumature ideo-logiche (rimaste solo nei proclami e neidocumenti ufficiali), ma sull’abilitànel raccogliere consenso attraversol’appoggio dei grandi potentati eco-nomici, le pratiche clientelari, il votodi scambio, la distribuzione di pre-bende. Ma qual è l’origine di questo de-cadimento, che potremmo definire,con sommaria sintesi, di tipo cultura-le? Sicuramente un fattore ha pesato no-tevolmente, come anche altri hanno fat-to notare: la caduta delle ideologie.Quella tensione spirituale e sociale

che gli ideali racchiusi in ogni ideo-logia, a prescindere dai fini ultimi, por-tavano con sé sembra essersi smarritain favore di una ricerca spasmodica deltornaconto individuale e di posizioni diprivilegio, quasi come se quel “ram-pantismo” amorale degli anni ’80 si fos-se trasferito dalla sfera privata a quel-la pubblica. Una volta acquisiti i ruo-

li chiave ed i conseguenti privilegi laspinta all'autoconservazione di questeclassi dirigenti impedisce quel natura-le rinnovamento che è la migliore ga-ranzia, lo strumento necessario al ser-vizio di una sana democrazia per otte-nere ed assicurarsi il contributo dellemigliori intelligenze che la societàpuò esprimere permettendo così unaevoluzione positiva della stessa.Ma c’è un elemento comune che

probabilmente è proprio alla base di tut-ti i mali descritti in precedenza e su cuidobbiamo riflettere con grande se-rietà: l’abbassamento del tasso di mo-ralità. Non trovo altre parole per de-scrivere questo fenomeno che tocca tut-ti i campi della società, politica in par-ticolare. La vertiginosa caduta di que-sto “indicatore” dei principi e dei va-lori elaborati dal pensiero moderno, chedovrebbe essere la base del comporta-mento umano, rischierà, senza un rea-le cambiamento di rotta, di minarequella coesione sociale che è il fonda-mento della convivenza civile. Spettaalla parte sana della società accollarsila responsabilità di invertire la rotta, farcambiare l’ordine sociale nei limitidel possibile.

l’intervento

[LUCIANO CALEMME] (segretario Cpo Uil Campania)

In troppi nellaclasse politicapensano solo

ad acquisiree gestire potere

«Scadimento dei valori:il male della politica»

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L’ACCORDO SOTTOSCRIT-TO IL 22 GENNAIO 2009TRA GOVERNO E SINDA-

CATI SULLARIFORMADEI CON-TRATTI DI LAVORO È STATODE-FINITO «STORICO». PERCHÉ?Perché questo accordo sostituisce le in-tese del 1993, rivoluzionando le relazioniindustriali e modernizzando tutti i mec-canismi contrattuali in vigore in Italia.Arriva dopo anni di tentativi, sempre fal-liti, di cambiare le regole e di bracci diferro tra imprese e rappresentanti delmondo del lavoro.

QUALI SONO LE NOVITÀ PRIN-CIPALI DELLA RIFORMA?Innanzitutto la durata dei contratti col-lettivi nazionali non è più di 4 anni (2+2per la parte salariale) ma di tre anni, siaper la parte normativa che per quella sa-lariale: avranno la funzione di «garan-tire la certezza dei trattamenti economicie normativi per tutti i lavoratori del set-tore ovunque impiegati nel territorio na-

zionale». Poi cambia il metodo di cal-colo degli aumenti e viene potenziata lacontrattazione di secondo livello, quel-la che si fa sul territorio e che ne rece-pisce le specificità.

COMECAMBIAILMECCANISMODI CALCOLO DELL'INFLAZIO-NE (AUMENTO DEI PREZZI)?Il calcolo dell'incremento salariale d'o-ra in poi avverrà in base ad un indice diinflazione previsionale, l'Ipca, che so-stituisce il precedente riferimento al l'in-flazione programmata fissata ogni annodal governo col documento di pro-grammazione economica. In questomodo, in particolare, i sindacati si li-berano dall'obbligo di sottostare allescelte del governo, cui spetta indicare gliobiettivi programmatici di conteni-mento dei prezzi fissando spesso un li-vello di inflazione programmata moltopiù basso rispetto alle tendenze corren-ti. Il nuovo indice, viveceversa sarà cal-colato da un soggetto terzo rispetto a im-prese e sindacati e si otterrà sottraendodalla dinamica dei prezzi correnti gli in-crementi fatti registrare dai beni ener-getici importati, gas e petrolio in primis.Dovrebbe essere più vicino al carovitareale.

COME CAMBIANO GLI INCEN-TIVI PER IL SECONDO LIVELLOCONTRATTUALE?

L'intesa prevede di «incrementare,ren-dere strutturali, certe e facilmente ac-cessibili» tutte le misure volte a incen-tivare, in termini di riduzione di tasse econtributi, la contrattazione di secondolivello che collega incentivi economicial raggiungimento di obiettivi di pro-duttività, redditività, qualità, efficienza,efficacia.

COME SI TRATTERÀ IL SECON-DO LIVELLONELSETTORE PUB-BLICO?Nel settore del lavoro pubblico, l'in-centivo fiscale-contributivo sarà con-cesso «gradualmente e compatibilmen-te con i vincoli di finanza pubblica», aipremi legati alla produttività e qualità.

E I LAVORATORI CHE NON GO-DONO DI QUESTO DIRITTO?È prevista una clausola di garanzia cheassicurerà quote aggiuntive di salarionella misura e alle condizioni concordatenei contratti nazionali, per equiparare itrattamenti a quelli degli altri.

DOVE SI POSSONO REPERIRENEL DETTAGLIO TUTTE LEINFORMAZIONI SULLA RIFOR-MA?Si possono ottenere negli sportelli deisindacati ma anche sul sito internetdella Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri (www.governo.it).

la bussola

Nuovi contratti di lavoro:le risposte a tutti i quesiti

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Cognome, Russo. Nome, Gio-vanni. Di anni, …. La scenasembrava di altri tempi, proprio

come nella vecchia e tenera commediateatrale, quando nell’ultimo atto spes-so si ritrovavano tutti i personaggi al po-sto di polizia, individuato come il luo-go naturale e più legittimato a ripristi-nare la vita reale e a portare a lieto com-pimento la vicenda farsesca, fino aquel punto rappresentata col solo pro-posito di far ridere lo spettatore. In ef-fetti il sovraintendente che si affanna-va sbuffando per non essere sopraffat-to dal malefico computer, che proprionon ne voleva sapere di funzionarecome voleva lui, sembrava davvero unodi quei personaggi scarpettiani, quellopoco furbo, rigorosamente bifolco ecafone, sicuramente inadatto a misurarsicon le moderne tecnologie. La suamano gigantesca, infatti, martirizzavaletteralmente il minuscolo mouse, che,poveretto, veniva ripetutamente male-detto, nonostante stesse eseguendo sol-tanto il goffo movimento che gli veni-va imposto. Davanti a questa persona indivisa, un enorme ammasso di vita in-significante, intriso di cultura campa-gnola guastata dal linguaggio dellescartoffie in carta bollata, c’era dachiedersi come mai fosse possibile av-

vertire quell’inspiegabile timore reve-renziale che sempre sovviene neglispiriti semplici al cospetto dell’autoritàcostituita. Quella, poi, era una autoritàsenza autorevolezza, per di più sgarbatae arrogante. Giovanni pensava: “Que-sto è un fesso, eppure si sente un pa-dreterno. Forse perché immagina chetutta la gente che gli passa davanti, perun motivo o per un altro, è sempre in di-fetto”. Forse anche dentro di lui, cosìcome in tutti gli stupidi e i superficia-li, scatta il pregiudizio sui napoletaniche usano la furbizia solo per aggirarele leggi e per avere immeritati vantag-gi fuori dalle regole. Comunque, pro-prio perché così miserevole, non pote-va che essere che lui l’ideale testimo-ne di una situazione così anomala e pa-radossale che vedeva nello stesso postodi polizia del pronto soccorso, entram-bi dolenti, bendati e acciaccati, sial’aggredito che l’aggressore. Propriocosì.A quel tizio non gliene era andata

bene una. Non solo aveva sbagliato l’o-biettivo della sua rapina, che proprionon lo avrebbe arricchito, trattandosi diGiovanni, ma, dopo averlo tramortito,era scappato come un forsennato, cre-dendo di averla fatta grossa, puntandodiritto contro un’auto che neanche ave-

va visto, rimanendone, per colmo disbadataggine, inevitabilmente travolto.Non proprio un genio del male, quindi,ma solo un reietto, un violento, accecatopiù dalla sua grottesca stupidità che dal-la sua indole a delinquere. Ora stava lìdavanti a lamentarsi per il dolore, que-sto sì sincero, ma anche per tentare,come fanno quei bambini furbi e catti-vi, predisposti all’inganno, di impieto-sire chi in quel momento poteva deter-minare la sua punizione. Il sovrainten-dente, dopo avere verbalizzato le di-chiarazioni dei soccorritori, che eranoanche stati testimoni oculari della rapinae della violenza subita da Giovanni, ri-volto a quest’ultimo, gli chiese cosa in-tendesse fare con il suo feritore, guar-dandolo come per dire: “Ma non vediche sta male. In fondo gli basta questocome lezione. Perché non lo lasci an-dare, anziché denunciarlo?” Il tizio, pa-lesemente incoraggiato da questaespressione del poliziotto, suo insperatoalleato, subito sbottò: “Piensaci buonoa chello che fai . Io tengo ‘e figli”. Gio-vanni rimase qualche momento sospe-so nei suoi pensieri, poi fissò dritto ne-gli occhi il mascalzone e severoesclamò: “E tu ci hai pensato ai figlimiei, quando mi hai rapinato e mi haicogliuto (colpito) in capo? Niente da

il racconto

Giovannitra garantismoe giustizialismo7°PUNTATA

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fare, brigadiè! Io lo denuncio a chi-st’omme ‘e niente!”. Il tizio fece perscagliarsi contro Giovanni, subito bloc-cato dall’appuntato che lo sorvegliava:“Ma tu sei un infame!” gridò. Giovan-ni rimase impassibile, per nulla inti-morito. Poi si alzò dalla sedia, come percomiziare, e con tono severo, tale da at-tirare il massimo dell’attenzione daparte di tutti i presenti, disse: “L’infa-me sei tu”. “La verità? Mi avete scoc-ciato, tu e tutti gli “stronzilli” come te,che, fin quando sono armati, fanno i pre-potenti e offendono la povera gente, poiquando vanno nello stretto, fanno le pe-core, chiedono la comprensione perchéci hanno famiglia. Solo allora si ricor-dano dei figli. E già: sono delinquentiper necessità. E basta! E anche noi fi-niamola, una volta per tutte, di giusti-ficare così questi “fetentoni”, che han-no rovinato la nostra città. Dobbiamocapire che se non ci stesse questa“monnezza” staremmo tutti quanti me-glio. Io ai figli miei ci penso con il la-voro e con il sudore della mia fronte equando il lavoro non lo tengo, non pen-so ad altro che a cercarlo, fin quandonon lo trovo. Così posso crescerli benee guardarli negli occhi”.

Leone di Sant’Anna

Dopo la Conferenza organizzativa, Giovanni cam-mina e pensa. Riflette su concetti alti, sull’ingiu-stizia delle diseguaglianze, ma s’imbatte nelladrammatica realtà. Vittima di un tentativo di ra-pina, viene ferito e resta a terra sanguinante.

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Giovanni torna a casa a capo chino e deve direalla famiglia che è stato licenziato. Per fortunatroverà conforto nella comprensiva moglie Rita epoi deciderà di andare alla Feneal Uil per essereaiutato.

Giovanni assiste ad una riunione del Consigliogenerale della Feneal Uil. È lì che trova non soloun aiuto concreto e preziosi consigli ma ancheun’atmosfera amichevole. E così, Giovanni s’i-scrive al sindacato…

E’ passato qualche mese e Giovanni, che intantoè diventato rappresentante sindacale in un can-tiere, riceve la visita di Don Salvatore che tornada Milano dove sta lavorando e sta notando tuttele differenze rispetto a Napoli.

Giovanni torna a casa con l’animo più leggero.Ma per strada incontra Don Salvatore, l’uomoche gli aveva insegnato il mestiere, mentre frugatra i rifiuti perché da due anni ha perso il lavoro.Giovanni lo invita a seguirlo al sindacato

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Giovanni si libera degli antichi complessi e, graziealla sua elezione a delegato di Napoli alla Confe-renza di organizzazione nazionale della FenealUil, ritrova passione e orgoglio. Ascolta tutti i de-legati tra la gente, ma avverte qualche disagio.

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il racconto

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Perilmercato delle costruzioni si pro-spettano anni duri. Lo rivelano i datidel Cresme (Centro di ricerche

economiche sociali di mercato per l’edi-lizia ed il territorio) che ha evidenziato unquadro composto da poche luci e molteombre, con proiezioni negative per laproduzione residenziale e non residenziale,le opere pubbliche e l’immobiliare.La crisi eccezionale condiziona pesan-

temente il settore delle costruzioni: non soloperché alla base della crisi c’è lo scoppiodella bolla speculativa immobiliare, operché si incide sul basilare ruolo che il cre-dito gioca nel processo edilizio, ma per-ché incide su una domanda già in flessio-ne, riducendone ulteriormente la capacitàdi spesa e minandone il clima di fiducia.Lo scenario delineato nelle 600 pagine

del rapporto è preoccupante. Per il trien-nio 2008-2010 si profila una flessione del13% delle quantità prodotte nel 2007. Inparticolare il triennio vedrà una caduta del30% delle nuove costruzioni residenziali;ulteriori contrazioni nella nuova produzionenon residenziale (-5,4% nel 2008, -7,5%nel 2009) che farebbero pensare alla ne-cessità di un intervento di politica indu-striale, anche se si attende l’inizio della ri-presa nel 2010; una flessione delle nuoveopere del genio civile: contenuta nel2008, ma ben più importante nel biennio2009-2010 (rispettivamente –5,8% e –3,8%) in attesa della ripresa nel 2011; ladifficile flessione del mercato della ri-

qualificazione, dopo la ripresa del 2006 edel 2007, nel 2008 e nel 2009 e l’ipotesidi fuoriuscita dalla crisi nel 2010. Nel pri-mo semestre del 2008, secondo i dati del-l’Osservatorio del Mercato Immobiliaredell’Agenzia del Territorio del Ministerodelle Finanze, le compravendite di abita-zioni sono diminuite del 14% rispetto alcorrispondente semestre del 2007. Non sipuò dire che si tratta di una frenata mor-bida. Su base annua ilmercato immobiliareperderebbe 116.000 compravendite sulle828.000 del 2007.Nel mercato delle opere pubbliche, nel

2008 gli investimenti sono ammontati a piùdi 45miliardi di euro, con una flessione diun punto percentuale in valori costanti. Daidati del Cresme emerge, inoltre, come nel2008, la crescita delmercato delle gare perla realizzazione di opere pubbliche sia tut-ta da attribuire alla ripresa dei progetti digrande dimensione. L’analisi delle tipologiedimensionali mostra, infatti, la contrazio-ne delle gare di importo inferiore a 5 mi-lioni di euro (-5% per numero e -2,1% perimporto) a fronte di una sensibile cresci-ta delle gare per grandi opere (+10% pernumero e +12,4% per importo). In parti-colare l’espansione del mercato dellegrandi opere di importo superiore a 15mi-lioni di euro, ma soprattutto a quelle su-periori ai 50milioni di euro, è strettamentecollegata al successo dei nuovimercati delpartenariato pubblico e privato, dell’appaltointegrato e dei servizi di manutenzione e

gestione, mentre frena il ricorso al con-traente generale. Purtroppo lo scenario di-segnato dalle rilevazioni contenute nel rap-porto non lascia presagire nulla di buono.Tutti gli indicatori nazionali ed interna-zionali, come la produzione di cemento emateriali da costruzione, la crisi della fi-nanzamondiale, la scarsa coesione istitu-zionale, la crisi del settore immobiliare conil contemporaneo aumento dell’invendu-to ed altri squilibri territoriali, lasciano pre-vedere una caduta del settore per il 2009e per il 2010, con prospettive incerte peril 2011.Noi riteniamo che sia necessario soste-

nere il mercato delle opere pubbliche perla sua capacità anticongiunturale preve-dendo un calo degli addetti non tanto nel-le grandi opere, che riusciranno a mante-nere un sostanziale equilibrio occupazio-nale grazie almassiccio intervento del par-tenariato pubblico e privato, quanto nellamanodopera dei cantieri di piccole e me-die dimensioni che, alimentati da bandi digara emessi da Comuni, Regioni e Pro-vince, subiranno un rallentamento nellaspesa dovuto ai minori trasferimenti di ri-sorse. I dati dell’Osservatorio indicano unarecessione che ha iniziato a farsi sentire eche prelude ad una caduta occupazionaleche si aggraverà nel corso del 2009; que-sto, naturalmente, tra disomogeneità re-lative all’occupazione dei lavoratori italianie stranieri, all’andamento degli infortuni,e alla regolarità delle imprese.

«La crisi è arrivata:ora intervenga lo Stato»

dalla sede - caserta

di TOMMASO DI MARCO (segretario Feneal Uil Caserta)

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dalla sede - salerno

di LUIGI CIANCIO (segretario Feneal Uil Salerno)

«Si scelgano le opere utiliper salvare i lavoratori»

Il nostro paese, già da tempo in cadu-ta libera, vede l’acuirsi di una crisi eco-nomica, finanziaria e dei consumi

devastante che coinvolge tutte le attivitàimprenditoriali e commerciali compresequelle mai sfiorate dalle crisi. Ogni gior-no migliaia di lavoratori vengono espul-si dai luoghi di lavoro andando ad in-grossare le file dei disoccupati e dei cas-sintegrati. I numeri reali annichiliscono pre-visioni, statistiche e gli istituti di rileva-mento dati.Manifatturiero -30%, auto -40%, l’edi-

lizia, solo nell’ultimo trimestre del 2008,ha perso 30.000 addetti e per tutto il 2009,se il trend non cambierà, perderà tra i200.000 ai 250.000 occupati tra lavoratoridipendenti ed artigiani. Una crisi senza pre-cedenti della quale nessuno dei vari eco-nomisti aveva segnalato gravità, vastità edurata, mentre oggi continuano ad affan-narsi ad indicare ricette poco credibili espesso contraddittorie. In virtù di tale sce-nario, parti sociali, amministratori e poli-tici debbono opportunamente cercare diriappropriarsi del proprio ruolo e dello spa-zio originario. Insomma bisogna mettereal centro della discussione la questione dellavoro produttivo, delle infrastrutture e delcosto del lavoro partendo dalla detassa-zione dei redditi dipendenti senza fare de-magogie.Abbiamo bisogno di obiettivimi-rati e concreti sapendo che non si può fal-lire. È in pericolo il futuro di milioni di fa-miglie! Da ciò scaturisce l’esigenza di una

ricerca rigorosa e puntuale di tutte le ope-re finanziate, facilmente finanziabili ed ap-paltabili, le sole in grado di creare nel-l’immediato posti di lavoro e nell’insiemeammodernare e dare valore aggiunto a va-ste aree del nostro Paese, che sempre di piùsi distaccano dalle regioni forti, naziona-li ed europee. Inoltre c’è l’urgenza di daredimostrazione di efficienza amministrativa,gestionale e capacità di spesa delle risor-se comunitarie. Tutto ciò per attrarre in-vestimenti per creare prodotti di qualità edare competitività alle infrastrutture ri-cettive. Logicamente va superata l’emer-genza legalità. Non è con i pannucci cal-di della formazione o con un continuo ri-corso alla cassa integrazione (a Salerno nelsolo mese di gennaio + 1.200% di Cig ri-spetto allo stesso mese del 2009 e la per-dita di cento posti di lavoro al giorno) chepossiamo arrestare l’avvitamento elicoi-dale della crisi. Dovremmo chiedere so-luzioni immediate almeno per intravede-re il fondo della crisi. In questa ottica se-gnaliamo i ritardi abissali sulla gestione deifondi comunitari. La provincia di Salernodovrebbe essere interessata ad impegna-re i fondi europei 2007/2013 attraversoprogetti assegnati dagli enti locali o me-diante la programmazione propria di Pa-lazzo Santa Lucia; nel contempo sono an-cora in fase di definizione alcuni stanzia-menti di risorse legate ad Agenda 2000-2006.Ad esse andrebbero aggiunte, in quo-ta parte, i trasferimenti economici derivanti

dai Fondi Fas per il Mezzogiorno (ulti-mamente saccheggiati a più riprese dal go-verno centrale), stanziamenti Cipe e prov-videnze derivanti dall’accordo Governo-Regione.Inoltre, in tutto il territorio salernitano

sono presenti delle opere ancora in fase distallo mentre altre, come il Convento delSan Nicola (finanziato con i fondi della41/86) diventano residuati storici. Esistonointerventi mai avviati pur in presenza diaccordi siglati mentre altri, come la Cit-tadella Giudiziaria e il PalaSalerno, sonobloccati per questioni derivanti dalla cri-si economica che ha colpito le imprese,mentre la Metropolitana Leggera di Sa-lerno (in forte ritardo) mette a rischio i fi-nanziamenti per il prosieguo dell’opera perPontecagnano ed in seguito per l’aeroportoSalerno Costa d’Amalfi, chiuso dopo po-chimesi dall’avvio emesso alla berlina perla mancanza di supporti viari adeguati.Aseguire segnaliamo alcune opere cantie-rabili nel breve emedio termine: Interventiporto via Ligea; Raccordo autostradale Sa-lerno -Avellino; Svincolo Pontecagnanoper l’aeroporto di Salerno Costa d’Amal-fi; Linea ferroviaria Battipaglia - Potenza(collegamento Sicignano - Lagonegro); In-terporto di Battipaglia; Snodo intermodale- retroporto della Valle dell’Irno; La cittàdei Giovani a Baronissi; Strada a scorri-mento veloce Battipaglia -Agropoli; Cittàdella Scuola di Sarno; Svincoli della Sa-lerno – Reggio Calabria.

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dalla sede - avellino

di FRANCO DE FEO (segretario Feneal Uil Avellino)

«Ad Avellino una passerellaelettorale del Governo»

Inpasserella elettorale il Governo Ber-lusconi ha visitato Avellino ed hainaugurato la ristrutturata sede della

Prefettura, con una squadra di Ministri eSottosegretari guidati dalMinistro per l’at-tuazione del programma, Gianfranco Ro-tondi, di origini irpine ma politicamenteemigrato al Nord. Doveva essere un “Go-vernincontra” di “ascolto” dei soggetti im-pegnati sul territorio, dagli imprenditori ailavoratori ed alle loro organizzazioni di ca-tegoria; è stato, invece, un evento media-tico di comunicazione dell’impegno delGoverno e dei risultati raggiunti nel primosemestre di attività.Al teatro Gesualdo diAvellino, il gior-

no 2 febbraio, si è consumata una mani-festazione politica ad effetto, interventi al-ternati di Ministri e Sottosegretari, inter-vallati da un comizio telefonico del premierBerlusconi e da rappresentanti del mondodella produzione e del lavoro, dalla Con-findustria al rappresentante dell’area so-lofrana della concia, dalla Cisl ed Ugl lo-cali, con gli amministratori locali a far dacontorno alla scena. Forte il dissenso del-le altre sigle sindacali dei lavoratori, in par-ticolare la Uil e la Cgil hanno decisamentecontestato le scelte organizzative che re-legavano la presenza del sindacato in unperiodo residuale del confronto senza i ne-cessari e sufficienti “spazi di ascolto” perl’illustrazione dei problemi del territorio,delle difficoltà occupazionali e delle ri-vendicazioni ambientali. In luogo della

“passerella politica” bisognava determinarele condizioni positive per confrontarsicon le parti sociali e le Istituzioni locali peranalizzare i punti di crisi della produzio-ne industriale e le condizioni di disagio col-lettivo in una provincia interna della Cam-pania che continua a soffrire delle sceltenapolicentriche del Governo e della Re-gione.Considerato che nessun rappresentante

delGoverno ha assunto impegni precisi perl’Irpinia siamo impazienti di conoscere leiniziative che saranno assunte per dare ri-sposte e svolte significative all’economiache stagna, all’apparato industriale che nonriesce a garantire la necessaria stabilità oc-cupazionale con continuo ricorso allaCassa integrazione ed in generale agli am-mortizzatori sociali.Il settore dell’edilizia e delle costruzio-

ni, poco garantito sul versante degli am-mortizzatori sociali, è in una condizione digrande difficoltà per il completamento dimolti cantieri e per gli scarsi finanziamentistatali, regionali ed europei per le grandiinfrastrutture di comunicazione che do-vrebbero completare il grande progetto dicollegamento dell’Irpinia e delle sue areeindustriali aimaggiori assi autostradali, fer-roviari e telematici.I fondi Fas, destinati alle aree sottosvi-

luppate, devono essere canalizzati percompletare, soprattutto o soltanto nelMezzogiorno, le infrastrutture per lo svi-luppo che si possono identificare nell’ul-

timazione dell’asse Sudest con il collega-mento della Salerno-Reggio Calabria allaNapoli-Bari a mezzo della strada a scor-rimento veloce Contursi-Grottaminardacon il completamento dell’ultimo tratto daLioni alla Valle Ufita.Nella cittadina della Valle dell’Ufita si

potrà utilizzare la collocazione baricentricarispetto alla Baronia ed alla zona dell’A-rianese per la localizzazione della piat-taforma logistica a servizio dell’Alta ca-pacità, assolutamente indispensabile per ga-rantire i necessari collegamenti ferrovia-ri verso i mercati nazionali ed internazio-nali. Ulteriori iniziative dovranno essereassunte per una piena rivalutazione delletratte ferroviarie Avellino-Rocchetta edAvellino-Salerno, rispettivamente, perscopi turistici ed al servizio del polo uni-versitario di Fisciano. Bisogna interveni-re per finanziare e cantierizzare gli ultimilotti della strada a scorrimento veloce Cer-vinara-Pianodardine per determinare unasse di collegamento e spostamento di uo-mini, mezzi e merci tra la Valle Caudinae l’agglomerato industriale di Avellino.Dopo tanto “fiato alle trombe” della pro-

paganda politica, il Governo dia solleci-tamente risposte all’Irpinia e guardi con at-tenzione allo sviluppo infrastrutturale edindustriale e dia anche garanzie agli am-ministratori ed ai cittadini dell’Alta Irpi-nia fortemente preoccupati per la costru-zione di discariche in zone assolutamen-te incontaminate sul versante ambientale.

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dalla sede - benevento

di ANDREA LANZETTA (segretario Feneal Uil Benevento)

«Nel Sannio è necessariapiù specializzazione»

L’evoluzione del mercato del lavo-ro con una diversa connotazionedella richiesta delle imprese ha

determinato il ricorso ad una forza lavo-ro con competenze diversificate non sem-pre collegate alle mansioni tradizional-mente svolte dai lavoratori né tantomenoalle loro qualifiche.La necessità di nuove competenze è una

questione che non può essere più trattatacon superficialità e approssimazione. Se sianalizza il mercato sannita, focalizzandol’attenzione sulla componente lavoratori,partendo da quelli iscritti presso la Cassaedile di Benevento, nel periodo 2000-2008,si osserva un trend crescente delle unità la-vorative che arrivano a raggiungere cir-ca 6.000 unità, con dati relativi alle qua-lifiche degli occupati che fanno registra-re nel 2008 una percentuale di operai co-muni molto elevata (57,5%) mentre glioperai qualificati sono solo il 26,5 %; glioperai specializzati l’11% e gli operai diIV livello l’1,2 %. A fronte di una forzalavoro non specializzata, le aziende delSannio dichiarano di avere necessità di fi-gure professionali polivalenti, in posses-so di competenze diversificate solo in par-te riconducibili a quelle tradizionali del-l’edilizia.È interessante notare come si registrino

delle differenze a seconda della dimensioneaziendale. Le aziende di dimensioni piùpiccole, ovvero con un numero di dipen-denti che non supera le 3 unità, richiedo-

no ai lavoratori competenze attinenti al ci-clo produttivo edile. Queste imprese mi-rano a qualificare ed a consolidare le at-tività che già svolgono. Accanto a quelletradizionali, quindi, hanno bisogno dicompetenze che introducano elementi digestione aziendale e che servano allo svi-luppo dei processi produttivi capaci di mi-gliorare la propria organizzazione. Leaziende più strutturate manifestano, invece,la necessità di sviluppare competenze su-periori, più avanzate, non riscontrabili traquelle possedute dalle risorse umane giàpresenti in azienda. Nello scenario evo-lutivo del settore edile assume, quindi, sem-premaggiore importanza la presenza nel-le imprese di competenze distintive, alloscopo di perseguire in modo sempre piùefficace ed efficiente le finalità di inno-vazione e competitività. Sembrerebbe,però, esistere un divario tra le competen-ze possedute dai lavoratori e quelle di cuigli imprenditori dichiarano di avere biso-gno. Per colmare tale divario è fonda-mentale l’avvio di un progetto formativodiffuso e reiterato. La formazione rivesteun ruolo strategico per rispondere ai bisognidi adattamento delle imprese e di svilup-po delle competenze dei lavoratori. Inve-stire in capitale umano è l’unicomodo peraffrontare le sfide dei mutamenti tecno-logici, organizzativi e di mercato. Unprogetto formativo che per essere effica-ce deve essere realizzato inmodo da tenerconto delle conoscenze del lavoratore, del-

le sue modalità di apprendimento e dellesue esperienze lavorative.Un lavoratore ac-quisisce conoscenze e competenze non solonel contesto lavorativoma anche nella suaquotidianità. La sfida è quella del passaggioda una formazione standardizzata ad unapersonalizzata, definita sulle diverse esi-genze dei singoli siano essi lavoratori o im-prese. Unamodalità per venire incontro atali esigenze è programmare percorsi for-mativi articolati per unità di competenzecapitalizzabili. L'unità di competenza ca-pitalizzabile è un insieme di competenzeautonomamente significativo, riconoscibiledal mondo del lavoro come componentespecifica di professionalità, ed identifica-bile, dall'impresa e dal sistema della for-mazione, quale risultato atteso di un pro-cesso formativo. Propedeutico a tale azio-ne formativa è un sistematico ed ap-profondito bilancio delle competenze vol-to ad individuare il sapere e le abilità giàpossedute dal lavoratore. Un’impostazio-ne che permette anche di venire incontroalle esigenze delle imprese. L’aziendaedile tipica della Provincia di Benevento,infatti, è una ditta individuale con al più cin-que dipendenti. Si tratta per lo più di im-prese di piccole e piccolissime dimensio-ni e queste caratteristiche aziendali non per-mettono di potersi privare per lunghi pe-riodi di una risorsa, nemmeno per la par-tecipazione a corsi di formazione. Per que-sto si rende necessario un sempremaggioreraccordo tra gli attori del sistema.

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l’indagine

Che fatica diventare adulti. È unaconsapevolezza che nutrono igiovani, ma anche i loro genitori.

Con un interrogativo comune, spesso in-consapevole: quali sono i valori di ri-ferimento? O meglio, ce ne sono anco-ra? Un’illuminante risposta del giorna-lista e scrittore Michele Serra sul “Ve-nerdì” di Repubblica ci fornisce qual-che elemento in più. Alla lettera invia-tagli da un gruppo di studenti di un li-ceo scientifico veronese sul tema del ni-chilismo (assenza di valori e vuoto so-ciale, appunto), del consumismo sfre-nato, del concetto di responsabilità in-dividuale e collettiva, Serra sottolinea

che “è molto difficile crescere in una so-cietà dai valori incerti: si fatica a fareproprie idee appassionanti, a criticarlee a rigettarle”. Inevitabile il paragone colpassato. “Chi, come me, fu ragazzo piùdi trent’anni fa, trovò nella societàadulta modelli ancora molto solidi, va-lori religiosi, politici e familiari con-solidati. Prendere posizione era naturale:accettare o rinnegare l’insegnamento deipadri e delle madri, le regole, i giudizie i pregiudizi di quell’Italia, era tutt’u-no con la propria formazione persona-le. Crisi dell’adolescenza e crisi della so-cietà tradizionale si intersecavano econfondevano”. E oggi? “Oggi la società- non a caso definita liquida - non con-sente queste prove. Non oppone ecces-siva resistenza alle cosiddette trasgres-sioni, e nel contempo non offre grandeappiglio a chi cerca valori appaganti. Edunque presumo che la crescita perso-nale dei ragazzi sia affidata soprattuttoa un faticoso fai da te empirico, quasi

privo di riferimenti ideologici e politi-ci, affidato a una navigazione a vista chedifficilmente consente di sentirsi pro ocontro, e più spesso fa sì che ci sentasenza”. Secondo Serra “la solitudine deiragazzi ha molti svantaggi, ma consenteun vantaggio innegabile: l’orgoglio didover crescere con mezzi propri e a pro-prie spese senza stampelle ideologiche,senza supporti prefabbricati, in un cam-mino senz’altro faticoso, ma avventu-roso, e fondato sulle capacità persona-li, sullo slancio individuale”. Il giorna-lista conclude quindi con un messaggiocarico di ottimismo: “L’amore per lavita, che giustamente indicano come an-titetico al nichilismo, non dipende tan-to dalle condizioni ideologiche o dallecircostanze sociali, quanto dalla gene-rosità di ciascuno, e dallo sguardo cheè in grado di posare sul mondo. Se nonne possediamo, non possiamo imputarneagli altri la mancanza, ma solo a noistessi”. I ragazzi oggi comunicano con

le chat su internet, Face-book, sms, insomma semprepiù spesso con i nuovi mez-zi tecnologici. Ma attenzio-ne ad additare i nuovi mediacome portatori di per sè didisvalori: allontanano dalcontatto fisico, dall’uma-nità, ma chi oggi riesce in-vece a garantirli? Il dibatti-to è aperto.

Contestare i genitori?Non è più trasgressivo

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Dal primo conflitto mondiale con Sordi e Gassmanal fumetto, passando per i capolavori americani

Guerra e cinema costituiscono unbinomio indissolubile. La dram-maticità, la crudezza, la capacità

di commuovere e sensibilizzare, fanno delracconto bellico un genere che ha con-tribuito alla fortuna del cinema sin daglialbori; non solo per gli incassi al botte-ghino, ma anche per una continua evo-luzione del mezzo tecnico. La spettaco-larità del racconto bellico esige, infatti,una sempre maggiore innovazione delletecniche cinematografiche: mobilitazio-ne delle masse, esplosioni, macabre sce-ne sanguinarie, combattimenti e quant’al-tro di tragico possa capitare in guerra,spingono i creatori del film, che tendo-no sempre ad unamaggiore veridicità del-le scene, a sperimentare nuovi espe-dienti per soddisfare la loro ricerca delreale. Ma il cinema di guerra non è solospettacolo. Spesso usato per fini propa-gandistici, risulta l’arma in più nellemani di chi detiene il potere. Questo ge-

nere, infatti, per la sua capacità di porrespesso in chiara evidenza la distinzionetra bene e male, si presta come un ottimomodificatore di coscienze. L’eroe buono,che combatte o si sacrifica per la patriao per i compagni, contro il “nemico ag-gressore”, è fonte di ispirazione per il pub-blico in sala che si identifica condividendoi valori di cui il personaggio si fa porta-tore. In questi casi, analizzando la pelli-cola in modo più approfondito, la tramadel film perde rilevanza; ciò che conta èil momento in cui il film è stato girato, ilcontesto storico. Per quanto possa esse-re verosimile, per quanto possa raccon-tare fatti realmente accaduti, che esso siaun film-documentario, denuncia o stori-co, è sempre frutto di ricostruzioni più omeno arbitrarie, dettate spesso dallepressioni politiche del momento. E’ il casodel Vietnam, dell’Iraq, della Palestina, maanche delle due guerre mondiali.

Pgc

Un giorno l’albero risorgerà,risorgerà l’albero,

e le fronde crescerannocontro il sole,

saranno verdi ancora una voltae sorrideranno le foglie.

FADWA TOQANpoetessa palestinese

mass media

Guerra nel cinema:tra realtà e finzione

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«Lapolitica vista dall'interno?Pensavo si svolgesse so-prattutto nelle sezioni». È

una frase celebre quella che pronunciaSilvio Orlando in un film che nel 1991anticipò Tangentopoli. Con "Il porta-borse", Daniele Lucchetti portò sulgrande schermo una pesante denunciadel malcostume politico, ma disegnò an-che l'Italia della fine degli anni '80, quel-

la che si accingeva a vivere il periododella disillusione. La politica all'inter-no delle sezioni era quella contrappo-sta alla politica nei night club; la sce-na simbolo è ambientata in un localenotturno in cui l'entourage di un mini-stro conclude l'ennesima giornata distressante campagna elettorale. Il mi-nistro è interpretato da Nanni Morettiche a quell'osservazione risponde de-ciso: «Le sezioni? Mica siamo neglianni '50». Ed è vero. L'Italia era giàcambiata venti anni fa: alle manifesta-zioni e alle violenze di piazza del de-cennio precedente aveva fatto seguitoil cosiddetto "ritorno nel privato". Nul-la in confronto a quanto sarebbe acca-duto nel decennio successivo. Eppureil periodo di Tangentopoli aveva riav-

vicinato una parte della società civilealla politica, se non altro per la porta-ta mediatica: in tv, in radio e sui gior-nali era massiccio lo spazio dedicato allapolitica o, per meglio dire, alle disav-venture di aveva fatto politica ed era fi-nito in carcere. Ma ad una spinta inizialefece seguito un progressivo allontana-mento. Eppure nella seconda metà de-gli anni '90 non sono stati pochi gli epi-sodi che devono far riflettere sul con-cetto di partecipazione alla politica: nelnovembre del 1996, i partiti del Polodella Libertà organizzano a Roma unagigantesca manifestazione contro ilGoverno Prodi; complice la figura ca-rismatica di Silvio Berlusconi, da pocosulla scena politica, si assiste all'inva-sione di piazza San Giovanni, luogo sto-

il fatto

Giovani lontani daipartiti: preferisconoi movimenti antimafiacome “Addio pizzo”o “Ammazzateci tutti”

Dalle sezioni a internet:la politica si fa nel privato

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ricamente caro alla Sinistra. Nel mar-zo del 2002, quasi due milioni di per-sone invadono la zona del Circo Mas-simo per aderire alla manifestazionepromossa dai sindacati e da tutta la Si-nistra contro l'abolizione dell'articolo 18dello Statuto dei lavoratori. Negli ulti-mi anni, la partecipazione alla politicasi è lentamente trasformata. E c'è chiparla di un nuovo "ritorno nel privato",dove il privato è rappresentato dalla gitafuori porta, dal film in pay tv o in dvd,dai sempre più frequenti e demenzialireality show.Anche i centri sociali, tornati di

moda nella seconda metà degli anni ’90,restano marginali. È il trionfo della di-sgregazione, frutto di una crescente sfi-ducia nelle politica e anche nella pos-sibilità che la politica riesca a prende-re decisioni in grado di incidere sullapropria esistenza. Lo confermano re-centi sondaggi: 7 giovani su 10 espri-mono rabbia e noia, ma anche indiffe-renza e diffidenza nei confronti della po-litica. L'aggregazione riguarda casiisolati, spesso legati alle associazioni diquartiere che in realtà confermano unaderiva egoistica traducibile nella frase:«penso alla difesa del mio "giardino",il resto non mi riguarda». Anche l'as-sociazionismo invisibile è legato a si-tuazioni specifiche e molto spessostrettamente connesse a fatti locali.Eppure, al Sud non mancano apprez-zabili iniziative che hanno meritato laribalta nazionale: i giovani siciliani di"Addio pizzo" e i ragazzi di "Ammaz-zateci tutti" sono le più note tra quelleincentrate sulla lotta alle mafie, setto-re in cui l’associazionismo è piuttostoflorido. Un capitolo a parte andrebbe de-dicato alla degenerazione del mondo de-gli ultrà del calcio, forse il sintomo dimalessere più evidente ma anche più va-riegato e complesso da spiegare. E in-ternet? Non si sottrae a questa tenden-

za. E non può sostituirsi né alle sezio-ni degli anni '50, né ai night club,quelli frequentati soprattutto dai ram-panti negli anni '80. Digitando la parola"politica" nella ricerca di gruppi del so-cial network "Facebook", nei primidieci risultati figurano il gruppo "Ta-gliamo gli sprechi della politica" (5milaiscritti), "Questa classe politica non mirappresenta" (2mila iscritti), "Quelli che

vorrebbero mandare la classe politicaitaliana a zappare" (8mila iscritti). Igruppi con nomi e intenti più proposi-tivi e costruttivi sono numerosi maraccolgono poche decine di iscrizioni.La fanno da padroni quelli che si ri-trovano uniti da ciò che non vogliono,forse l'unico vero modo di aggregare.

Dario De Simone

il fatto

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il colloquio

Luigi Cara-miello è pro-fessore di

Sociologia dell’Artee della Letteratura al-l’Università FedericoII di Napoli. Grandeesperto di comunica-zione, è stato autoredi programmi ra-

diofonici della Rai. Ha anche realizzato nume-rosi studi, pubblicati soprattutto su rivistespecializzate, intorno ai fenomeni e alle strut-ture del comportamento e della comunicazionesociale. È stato anche opinionista del Corrieredella Sera, de l’Unità e lo è del quotidiano IlMattino. È particolarmente apprezzato dagli stu-denti per la capacità di comunicare con i giovaniinterpretando il loro linguaggio, ma anche i lorocostumi e il disagio giovanile nell’era moderna.Professor Caramiello, negli ultimi decenni

si sono radicalmente modificati i luoghi d’ag-gregazione fino alla scomparsa delle vecchiesezioni di partito. C’entrano anche le nuovetecnologie?«Non credo. È un sentire comune che però

non coincide con la realtà. È indiscutibile che lenuove tecnologie abbiano modificato le moda-lità di aggregazione soprattutto dei giovani, manon è vero che le vecchie modalità sono scom-parse».Ma stanno scomparendo le sezioni.

«Certo, questo è chiaro a tutti. Però non èsuccesso negli ultimi anni. Le vecchie sezioni dipartito erano state messe in crisi, molto primadell’avvento e della diffusione di internet, dallatelevisione e soprattutto dalla radicale trasfor-mazione delle classi sociali che ha ristrutturatoil modo di stare insieme. E quindi sono cambiatii luoghi di aggregazione. Si pensi, ad esempio,ai quartieri Bagnoli e Fuorigrotta, costruiti in-torno ad una fabbrica come l’Italsider che davalavoro, in certi periodi, a quasi 100mila operai;la sede dell’Arci, il sindacato, la parrocchia e ivari centri culturali erano il prolungamento dellavoro in fabbrica. Ma quella realtà non esistepiù: sono quasi del tutto scomparsi i grandi nu-clei industriali e si è passati ad una società do-minata dalle piccole e medie imprese; dunque, ivecchi assetti, se si escludono alcuni casi inEmilia e Toscana, sono stati stravolti».Dovremmo essere nostalgici delle vecchie

sezioni di partito o dei cortei oceanici di untempo?«E di cosa? Forse della foto di Stalin, del

quadro di Lenin o del busto di Mussolini espo-sto dai reduci di Salò? Non credo si possa averenostalgia di tutto questo».Ma i partiti, anche se non espongono più

questi simboli nelle nuove sedi, non sembranocapaci di interpretare il cambiamento, op-pure non sono intenzionati a cambiare più ditanto: un’impressione giusta?«Questo è evidente. I partiti, al giorno d’oggi,

pensano soprattutto ad “estorcere” quote di rap-presentanza per spartirsi il potere in tutti gli enti.Negli Stati Uniti c’è l’ottimo esempio della retemezza telematica e mezza fisica del Partito De-mocratico Americano. In Italia, invece, non sisa neanche cosa siano i partiti, quale sia la loronatura: a volte sembrano associazioni privatenelle quali tutti parlano di elezioni primarie epoi ricorrono a finti tesseramenti, finte iscri-zioni. Questo è in linea con quanto accadevanella cosiddetta Prima Repubblica, quando siportavano gli anziani, che giocavano a carte neicentri d’aggregazione, a votare durante le as-semblee dei grandi partiti».Saranno internet e gli altri nuovi mezzi di

comunicazione (come i social network) a ren-dere migliore la società del futuro oppure ipartiti tenteranno di strumentalizzere anche

«Le vecchie sezioni dipartito erano già statesvuotate dalla politicain televisione e dallostravolgimento dellavoro. Ma l’Italia è

molto indietro rispettoagli Stati Uniti»

Il sociologo Caramiello:Nuovi media, più democrazia«I luoghi di aggregazione sono cambiati a causa delle grandi trasformazioniSaranno i partiti ad adattarsi e non i cittadini: gli Usa siano da esempio»

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la Rete per continuare a gestire il potere?«È veramente difficile fare previsioni al

giorno d’oggi senza correre il rischio di fare lafine di tutti quegli economisti che hanno man-dato in bancarotta molti enti locali con la lorovisione della finanza pubblica. Nessuno sa cosadavvero potrà succedere negli anni difficili checi attendono. Però, nutro un certo ottimismoanche per ragioni di carattere storico: i nuovimezzi di comunicazione hanno sempre prodottoun beneficio per le masse e le comunità. Inrealtà, una prima forma del genere, anche semolto diversa, fu l’alfabetizzazione diffusa chepoi, qualche anno più avanti, avrebbe portatoalla grande svolta del suffragio universale».

Quindi la storia si sta ripetendo, e si ripe-terà, grazie alle nuove tecnologie nel campodella comunicazione?«Credo proprio di sì e credo che già stia suc-

cedendo. Non penso che i politicanti riuscirannoa fagocitare e strumentalizzare i nuovi media.Anzi, è molto probabile che le nuove tecnologieriusciranno a travolgere gli ultimi totalitarismidel pianeta, dal post-comunismo cinese alle Re-pubbliche islamiche fino alla finta democraziarussa. I comitati di censura, anche se molto ag-guerriti, non riusciranno a resistere molto alungo, almeno me l’auguro».

Dario De Simone

il colloquio

Pd, una fecondazione in vitroEra meglio il muro di Berlino?

Berlusconi vince, la sinistra cambialeader. Il primo decide, la seconda ri-mugina. È tutta qui la storia della po-litica italiana degli ultimi 15 anni, egli eventi recenti (dimissioni di Vel-troni da segretario del Pd e scontroistituzionale premier-Capo dello Sta-to) stanno lì a dimostrarlo con eviden-za. Berlusconi ha creato un partito dalnulla, Forza Italia, un altro (il Pdl)dalla fusione tra Forza Italia e Allean-za Nazionale; il centrosinistra, orfanodelle ideologie del Novecento, ha pro-vato una fecondazione in vitro, un’o-perazione da laboratorio, in quantotale moderna ma assai rischiosa.L’obiettivo degli eredi della scuola de-mocristiana progressista e del Pci eracostruire un nuovo soggetto. Bene, macon quale identità non si è ancoracompreso. Ispirandosi a quali valori?Per difendere chi, gli operai che nonci sono più e votano Legaoppure i giovani che a stento ricorda-no Berlinguer e il Muro di Berlino.Ecco, quel muro fisico testimonia ladivisione del mondo,la contrapposizione formale e sostan-ziale tra due modi di intendere la so-cietà, l’economia, i rapporti umani.Caduto il Muro con la gioia dei fautoridel capitalismo, si è fatto una gran fa-tica a liberarsi delle macerie.Chi aveva 20 anni nel ’68, ora fa an-cora politica in prima linea: è questol’errore. Non capire che, non perché igiovani siano un valore positivo di persé, il mondo è davvero cambiato: se-gue traiettorie non decifrabili con glischemi del passato.La bufera giudiziariadi Tangentopoli ha fatto implodere unsistema per molti versi deprecabile,ma quale alternativa è stata costruita. Imuri davano paradossalmente più si-curezza?

(ca.po.)

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Giorgio Napolitano in visita alla sezione del PCI di San Giovanni a Teduccio nel 1977.In alto una manifestazione studentesca degli anni ‘60.

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Èil momento di darsi da fare e diguardare al futuro. Ogni giornogli osservatori dell’economia

ci danno brutte notizie. All’Istat, che ciparla del crollo della produzione esoprattutto degli ordinativi, si aggiun-gono il Fondo monetario e l’Ocse,che disegnano scenari negativi di lun-ga durata per le economie più svilup-pate nel mondo. Tutte queste, poi, sistanno banalmente affannando per af-fermare politiche protezionistiche peril proprio prodotto interno, che sono,invece, inutili e spesso controprodu-centi. La nostra Banca d’Italia, per di

più, ci ammonisce sul fatto che nel2009 il Pil del nostro paese sarà nega-tivo per almeno due punti percentuali.E certo non ci può consolare né l’am-piezza della crisi internazionale, nél’osservazione, che pure qualcuno fa,secondo la quale ci sono paesi che stan-no peggio di noi. Ci deve allarmare, in-vece, che, secondo una convinzione dif-fusa, per il 2009 sia gli Stati Uniti diObama che la Germania della Merkeled anche l’Asia della impetuosa Cina,non saranno in condizione di determi-nare una ripresa significativa. Tuttopare rinviato al 2010, salvo imprevisti.Sarebbe importante che l’Europa gio-casse ora la carta della coesione perconcertare interventi di politica eco-nomica in grado di sostenere la do-manda e di offrire un solido sostegnoa lavoratori ed aziende in difficoltà.Così come sarebbe auspicabile che inItalia si mettessero da parte, final-mente per il bene del paese, molte po-lemiche politiche e le inutili contrap-posizioni, tali da impedire decisionicondivise, almeno sul piano sociale,contro la recessione. Purtroppo, persenso realistico, l’auspicio di tali sce-nari, è francamente difficile e certa-mente non è alle porte. Bisogna, quin-di, capire come attraversare questodifficile 2009, senza costi troppo pe-santi sul piano economico e sociale. In-tanto bisogna evitare il rischio di li-

mitarsi a navigare nelle acque bassedella crisi, cercando di contenere i dan-ni e sperando che altri paesi ci trasci-nino con il loro dinamismo economi-co fuori dalla fase recessiva. Sarebbeun errore fatale: l’Italia - lo sappiamobene - entra in questa crisi con un’e-conomia più lenta degli altri grandi pae-si europei, con forti ritardi strutturali,con disuguaglianze sociali ed econo-miche fra Nord e Sud in aumento, conun gap sulla ricerca e sulla competiti-vità, che ci viene rimproverato conti-nuamente.Non vorremmo che questo atteg-

giamento ci pilotasse verso il 2010 conquesti stessi limiti. Se così fosse, ilprezzo che pagheremmo alla crisi ciporterebbe davvero molto indietro.C’è da dire di più che, se è vero,come sembra, che quest’anno il Pil po-trebbe attestarsi a -2%, questo dato, peril Sud, potrebbe essere ancora più gra-ve, fino a sfiorare un -3%. Quanto tem-po ci vorrebbe, allora, per recuperareil terreno perduto? E quante migliaia digiovani meridionali continuerebbero arisalire lo Stivale in cerca di lavoro, se-guendo le orme di quei 600mila italianiche li hanno preceduti negli ultimi 10anni? E quale livello toccherebbe la di-soccupazione? E, poi, cosa ne sarebbedi quell’immigrazione, quella che cer-ca onestamente di integrarsi nel nostroPaese e che potrebbe, invece, ritrovarsi

l’intervento

[ANTONIO CORREALE] (segretario organizzativo Feneal Uil)

Si mettanoda parte le

polemiche sterili:c’è bisognodi coesione

«Ora il sindacato deverimboccarsi le maniche»

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in buona parte senza lavoro e magaricostretta a ripiegare in un sommerso an-cora più esteso di oggi? È vero che nonva agitata, come uno spauracchio, laprospettiva di 15-18 mesi all’insegnadella deflazione, ma è anche vero cheessa non deve essere nemmeno, irre-sponsabilmente e beffardamente, mi-nimizzata, così come nemmeno va mi-nimizzato, da parte del Governo, il Pilnegativo.L’inflazione probabilmente conti-

nuerà a frenare, e con questi chiari diluna nel mondo è difficile ipotizzarenuove impennate del petrolio, comequello che lo hanno portato nel 2008 a150 dollari al barile. Lo stesso calo deltasso Euribor, per i mutui, potrebbeconfermarsi, almeno nel breve periodo.Il clima di incertezza generale, la man-canza di fiducia nel futuro, la vasta areadella precarietà del mondo del lavoro,fanno il resto. La crisi, quindi, potrebbeavere tempi lunghi, ma potrebbe anchecostituire il contesto nel quale agire, perporre mano, se qualcuno se ne rendesseconto, alle questioni più serie della no-stra vita economica. Del resto, solo seguardiamo ai redditi di lavoratori e pen-sionati, possiamo comprendere facil-mente che non si può rimanere fermi.La crisi dei consumi riflette il forte

disagio sociale, espresso da salari epensioni sempre più svuotati del lorovalore e fortemente assottigliati datasse, tariffe e balzelli locali, impla-cabili nelle loro dinamiche. La que-stione salariale e fiscale, perciò, non èstata finora affrontata dall’attuale Go-verno con serietà e decisione, e i recentiprovvedimenti per la famiglia e la so-cial card, non l’hanno nemmeno scal-fita, creando per giunta anche una for-te disparità di trattamento. Ed anche sulpiano produttivo, vediamo che si cer-ca solo di correre ai ripari affrontandoad esempio la crisi dell’auto. Potrebbe

essere anche giusto, ma non dimenti-chiamo che non ci sono solo le grandiaziende, che tra l’altro, ci pare, sonostate pure deluse dagli ultimi incontri.Se si vuole evitare tracolli occupazio-nali, bisogna intervenire anche a so-stegno delle tante piccole e medie im-prese, con tanti più lavoratori in diffi-coltà, come è il caso del nostro setto-re.L’Italia, perciò, non può fronteg-

giare la crisi solo con qualche risorsain più per la Cassa integrazione o conqualche spicciolo di assistenza, dato amacchia di leopardo. Serve una terapiad’urto che sia in grado, soprattutto, didare forza a quei volani dello sviluppoche, più di altri, possono aiutarci a con-tenere gli effetti negativi della reces-sione: innanzitutto edilizia e grandiopere, poi, piccole imprese, turismo edambiente, solo per citare qualche ca-pitolo. Nel contempo non deve, però,cessare mai l’azione per ridurre tangi-bilmente gli infortuni sul lavoro e percolpire le responsabilità. Così come nonva disatteso il nodo della integrazionedei lavoratori immigrati: non è conqualche balzello in più, di marca le-

ghista, che si risolve il problema del-la sicurezza per tutti. È una via sba-gliata. Bisogna invece immaginareuno sviluppo delle città, soprattutto del-le grandi città, senza ghetti, capaci digarantire la convivenza all’insegnadel reciproco rispetto, colpendo con-temporaneamente, con severità e conintransigenza, quel bordo criminaledella immigrazione, purtroppo, semprepiù presente e diffuso in Italia. È un fat-to, quindi, che superare questa crisi eritrovare un Paese vitale è una neces-sità per il mondo del lavoro, per i no-stri giovani, per le tante famiglie checontano su redditi modesti e che pos-sono sperare in un destino migliore,solo se il nostro Paese riprende a cre-scere.Perciò, mai come in questo momen-

to, c’è bisogno di coesione, perché pro-prio la coesione può diventare unacategoria importante e la chiave di vol-ta dell’economia. Coesione per far ri-partire la crescita, coesione per rim-boccarsi le maniche, coesione per farescelte anche difficili. Dobbiamo rico-noscere che l’economia italiana non èfacile da governare: spaccata come è in

l’intervento

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due territorialmente, con un sistema dif-fuso di piccole aziende che non haeguali, con poca ricerca e con un si-stema infrastrutturale che non l’avvi-cina, come dovrebbe, all’Europa. Perdi più deve reggere ad una concorren-za e ad una aggressività dei mercatiesteri assai più incalzante e spietata deidecenni scorsi. La coesione che au-spichiamo non vuol dire, certo, unani-mismo o disconoscere le differenze dischieramento politico o ideale. Lasemplificazione imperfetta del nostrosistema politico, finora, però, non è riu-scita a delineare una dialettica fra i par-titi in grado di privilegiare la costru-zione di un’Italia più moderna, ma an-che più giusta.C’è ancora molta confusione e per

noi è legittimo segnalare quanto evi-dente, in questa situazione, sia la man-canza dell’apporto di un riformismo lai-co ed avanzato. In verità, spinte rifor-miste ci sono in entrambi i due schie-

ramenti ed a sprazzi riescono a darequalche contributo. Ma, senza unagrande realtà riformista questo quadropolitico sta dimostrando di non esserein grado di raggiungere un equilibriostabile. Almeno finora. La nostra au-tonomia ci porta a dire che se comun-que ci sarà una evoluzione delle duemaggiori forze politiche che si fron-teggiano, verso esperienze davveronuove, sarà un bene per la nostra so-cietà. Ora però dobbiamo rimarcare chemolta della politica, con la quale ab-biamo a che fare, si trova ancora so-spesa in mezzo al guado, anche se unsegnale interessante arriva, comun-que, dalla conclusione al Senato delconfronto parlamentare sul federalismo.A questo proposito noi riteniamo

che la scommessa del federalismo nonpuò esser vinta senza l’assunzione diresponsabilità da parte di istituzioni epartiti. Intanto, vanno risolte le nume-rose ambiguità relative alla sua intro-

duzione, sui suoi effettivi costi, sui ti-mori che, alla fine, si possa registrare,per famiglie ed imprese, un saldo fi-scale in perdita, aumentando il rischiodi un’ulteriore propagazione di iniquitàsociale. Ma detto questo, se coniu-ghiamo le nuove regole della contrat-tazione ed i nuovi compiti che il fede-ralismo fiscale detta a tutti, istituzionie forze politiche e sociali, ci rendiamoconto che si avvia una stagione moltoimpegnativa, soprattutto per il sindacatoche deve formarsi per interagire concentri di governo assai più autonomidel passato.Proprio per questo, allora, il sinda-

cato, ed anche la Feneal Uil, il nostrosindacato di categoria, è chiamato nonsolo a riaffermare il proprio sacrosan-to ruolo salariale, ma anche la voca-zione ad una confederalità, che vuoldire, in tempi di crisi, capacità di af-frontare le grandi questioni economi-che e sociali senza delegarle ad altri.

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l’intervento

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Sappiamo bene che anche la vita sin-dacale non è facile di questi tempi: lanostra cultura riformista ci porta adire che si deve sempre guardare alconcreto, che guardando alla situa-zione data, si devono raggiungere ri-sultati tangibili con il governo e con lecontroparti. Siamo convinti, ad esem-pio, che l’ intesa sui nuovi modelli con-trattuali, in un momento di crisi tan-to difficile, è un buon segnale ed un ri-sultato utile per i lavoratori. Non di-mentichiamo che la contrattazione,negli ultimi anni, era sempre più insi-diata da tentazioni di delegittimazionedel sindacato.L’auspicio è che ora prevalga l’au-

tonomia di giudizio dalla politica an-che nella Cgil, non volendo affatto di-menticare che la presentazione delleprossime piattaforme saranno il primobanco di prova per l’intesa. Ma dettoquesto, siamo comunque convinti che,anche questa volta, come in altri pas-saggi complessi dei rapporti sindaca-li, la consapevolezza di garantire ai la-voratori tutte le tutele, di cui hanno bi-sogno, spingerà le nostre tre Confede-razioni a mantenere aperte le ragionidel dialogo.L’agenda dei lavori, del resto, re-

clama una presenza attiva del sindacato:le priorità non possono prescindere dainterventi a favore dei redditi da lavo-ro e da pensione, per le infrastrutture,per dotare il paese di una scuola ed unaricerca efficaci, ma anche per garantirsimaggiore autonomia sul piano ener-getico, visti i condizionamenti inter-nazionali sempre più inquietanti. Si de-vono sfruttare meglio le fonti alterna-

tive, per modernizzare la nostra vitacollettiva, ma anche per recuperare al-cuni valori etici nell’economia e nellafinanza. Il nostro settore è già entratoin una nuova fase di seria difficoltà. Lasfida che la crisi dell’economia ci pro-pone, è impegnativa: chiudono le im-prese, si fermano i cantieri, gli Enti lo-cali non hanno soldi per i lavori, lo Sta-to non riesce a spendere come è avve-nuto in passato.

È, perciò, tempo di rimboccarsi lemaniche, è tempo di proporre pro-grammi di svolta, scelte coraggiose,proposte in grado di scuotere il tessu-to sociale del Paese in senso positivo.

C’è bisogno di un cambio di passo, diun forte senso di responsabilità, di undialogo sociale più costruttivo, e ov-viamente di decisioni rapide: la crisisarà lunga, ma il tempo per ridimen-sionarla, invece, è poco. E proprio per-ché lo scenario economico, politico esociale con cui dobbiamo misuracinon è di poco conto, il nostro sindacatodeve dare prova della solidità che ha ac-quisito nel corso degli anni e deve met-tere a frutto, la grande coesione che haispirato la conduzione del nostro sin-dacato durante questi ultimi decenni,sia sul piano politico ed organizzativo,

sia su quello della gestione ammini-strativa. Il fine concreto rimane sem-pre quello di vedere ancora più estesatra i lavoratori la effettiva rappresen-tanza e l’essenzialità delle nostre pro-poste. Dobbiamo riconoscere a noistessi che, per questo fondamentaleobiettivo, abbiamo lavorato, in questianni, con grande soddisfazione, peravere raggiunto traguardi inimmagi-nabili, con un livello di partecipazio-ne di tutte le strutture, sempre crescentee positiva, dovuta all’azione tenace econvinta del gruppo dirigente, a di-mostrazione del grande livello quali-tativo da esso acquisito.Ciò nonostante, noi possiamo fare

molto di più, perché siamo nelle con-dizioni di fare molto di più. Oggi, piùche mai, le condizioni in cui versa l’in-tero sindacato, in considerazione del-le acute differenze, ancora di più acui-te in questi giorni, consentono, siaalla nostra confederazione, e sicura-mente alla nostra Federazione, un’oc-casione fantastica per diventare il pun-to di riferimento privilegiato per chicrede nelle ragioni del riformismo.In effetti, l’esperienza che abbiamo

maturato, ci induce ad esaltare la no-stra identità di forza riformista, dedi-ta al miglioramento delle condizioni divita e di lavoro dei lavoratori, e allo svi-luppo civile ed economico della nostrasocietà. Questo è un motivo in più checi incita ad essere più forti e più pre-senti: per noi stessi, per crescere e perconsolidarci, ma soprattutto per inter-pretare sempre meglio la funzione ori-ginale che svolgiamo nella categoria,a favore dei lavoratori.

l’intervento

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Servono subitointerventi a

favore dei redditida lavoro

e da pensione

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disegni di PGC

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ka

UnioneSovietica

del resto

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Ragazzi,adesso

una domanda facilefacile:quali sono inomi dei sette

nani?

Ehmmmm...

Struffolo..,Datolo..,

Strummolo...,Cucciolo...,Frungolo...,Bombolo...,Sbaglialo.

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chi èDiego De Silva

Diego De Silva, salernitano di adozione, ha pubblicato da Einaudi i romanzi “La donna di scorta” (2001),“Certi bambini” (2001), “Voglio guardare” (2002), Da un'altra carne (2004) e l'ultimo “Non avevo capitoniente” (2007, Premio Napoli; finalista premio Recanati; finalista premio Strega 2008). Da “Certi bambini”è stato tratto nel 2004 il film omonimo dei fratelli Frazzi, vincitore di numerosi premi nazionali e internazio-nali, fra cui due David di Donatello. Ha sceneggiato “Il coraggio di Angela” sulla lotta al racket.

De Silva: «Vi insegno comesorridere della precarietà»

lo scrittorel’intervista

Diego De Silva è lo scrittore del-la porta accanto. Ti fa sorride-re, riflettere e angosciare allo

stesso tempo come un buon amico du-rante una chiacchierata davanti ad unbicchiere di vino. Ti sa far compagnia,con le sue storie parallelamente semplicie profonde, ma anche svegliarti con unpaio di schiaffoni. Nell’ultimo libro“Non avevo capito niente” ha sublima-to la semplicità che lo contraddistingue,facendosi apprezzare con il passaparo-la, quello strumento che i grandi stra-teghi del marketing non riescono anco-ra ad afferrare. Il personaggio dell’ultimafatica letteraria si chiama VincenzoMalinconico: è un avvocato napoletanoquarantenne, separato e con due figli;non naviga in buone acque, lavora pocoe male, arreda casa e studio con mobi-li Ikea, è ancora innamorato della mo-glie con cui si incontra clandestinamente.Ma la sua vita piatta ha una serie di sus-sulti, quando si stanca di subire le an-

gherie della vita e della cafonaggine dif-fusa della nostra società. Da qui parto-no una serie di avventure che portano illettore in un vortice di sorprese, alla finedel quale ci si ritrova spesso fino all’i-dentificazione. Si parla di camorra e dirapporti umani con una leggerezza ed unhumor irresistibili, dove aspetti serissi-mi della vita quotidiana derisi per le lorogrossolane assurdità, incongruenze e pergli aspetti ridicoli. “Si finisce per ap-passionarsi alle vicende del protagoni-sta, la cui umiltà ne giustifica i continuierrori. E poi la voglia di non soggiace-re alle prepotenze, cosa che in qualchemodo ne sortisce un effetto positivo sul-la sua immagine, una sorta di rivincitadi tutti i fantozzi del mondo. L’autore siconcede delle digressioni periodichetra un capitolo e l’altro, dei pensieri avoce alta del protagonista sui massimisistemi, sui temi che la storia gli solle-cita” è scritto in un illuminanante com-mento di una rivista letteraria. De Sil-

va è, insomma, uno di noi. Con quellabrillantezza lucida che in tanti vorrem-mo avere.De Silva, noi ci occupiamo di lavo-

ro, in particolare di quello edile, unodei più faticosi che ci sia. Quali ri-flessioni ti ispira? Scriveresti insom-ma un film su questo tema, tu che faianche lo sceneggiatore per il cinemae la televisione?«No, non credo lo scriverei, perché

non è materia che conosco. Per presta-re attenzione a una storia raccontata devosentirla vera, cioè passata attraverso

A sinistra,Diego De Silva.Nella pagina afianco,i protagonisti dellafiction “Il coraggiodi Angela” e ilregista napoletanoFrancescoPatierno.

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Premio Napoli, quando la letteratura si tuffa nella società

Il Premio Napoli, che Diego De Silva ha vinto nell’ultima edizione del 2008, nasce dal risveglio culturale campano del1954. Inizialmente era conosciuto come il premio Nove Muse, una musa per ogni disciplina culturale: Polimnia (narrativa),Clio (storia e giornalismo), Urania (scienze), Erato (poesia), Melpomene (teatro), Talia (cinema), Euterpe (musica), Cal-liope (televisione) e Tersicore (danza). Suddivisione che però fu presto abbandonata (1956) per una struttura più libera edi ampio respiro. Diventerà Premio Napoli nel 1960, con sede a Palazzo Reale in Piazza del Plebiscito. Nel 1961 vieneeretto a ente morale con decreto del Presidente della Repubblica (5 giugno 1961, n. 900). Opera sotto l'alto Patronato delCapo dello Stato. Oltre alla diffusione della lettura e della cultura, la Fondazione annovera tra i suoi intenti una particolareattenzione al sociale, promuovendo costantemente, attraverso l’organizzazione di convegni e dibattiti, una lettura dei di-versi fenomeni legati al peculiare contesto storico ed economico del Mezzogiorno e, allo stesso tempo, incoraggiando poli-tiche di recupero e di pianificazione dello sviluppo, basate soprattutto su un rilancio effettivo della cultura meridionale.Nasce, così, nel 1974, la sezione “Meridionalistica”, accompagnata da un premio speciale dedicato alle tesi di laurea checostituiscono un contributo scientifico legato a queste tematiche. Nell’estate 2002 il nuovo gruppo di lavoro (presidentedelegato dal sindaco di Napoli: Ermanno Rea; Segretario generale Donatella Trotta) apre il nuovo corso della FondazionePremio Napoli, che si pone l’obiettivo di una reale apertura delle attività della Fondazione alla città. La sfida da vincere èquella di restituire alla cultura letteraria un ruolo di aggregazione e di scambio: non discorso autoreferenziale ma stru-mento di socializzazione e di conoscenza. II Premio Napoli non è un concorso letterario e non ha perciò un bando. Nonsono, infatti, né gli editori né gli autori a proporre le loro candidature, bensì la sua Giuria tecnica che seleziona le opere fi-naliste, individuandole tra quelle uscite nel periodo che va dal 1 aprile al 31 marzo dell'anno in corso.

un’esperienza viva e diretta».In “Non avevo capito niente” emer-

ge la precarietà come caratteristica or-mai del nostro tempo: inevitabile?«Inevitabile se - come nel caso del mio

romanzo - si parla di contemporaneità.Ormai la precarietà non ha a che vede-re soltanto con il lavoro, ma investe l’in-tera condizione esistenziale. Gli stessisentimenti ne sono condizionati, e im-parano a sopravvivere in questa tragi-comica consapevolezza».La felicità che cercano spesso in-

vano i tuoi personaggi in che cosa ri-siede secondo la tua ottica di scritto-re?«Essenzialmente, nel non essere soli.

Che non vuol dire ritrovarsi in compa-gnia di chiunque».

Trascinandoti su un piano politico-sociale, da scrittore dalle grandi ca-pacità descrittive ma dotato anche diironia, come vedi Napoli e la Cam-pania in questa fase?«Non dorme mai veramente. Si appi-

sola spesso, però. A volte si sveglia disoprassalto e s’incazza, ma alla fine nonsi scompone più di tanto. Per certi ver-si».Per intenderci: Napoli dorme o è

uguale a se stessa?«È una città tremendamente british».Hai vinto premi e ottenuto grandi

riconoscimenti (dal tuo ultimo libroverrà fuori un film, e leggendolo si po-teva ampiamente prevedere): oradove stai volgendo lo sguardo?«Aun altro romanzo, che avrà di nuo-

vo l’avvocato Malinconico come pro-tagonista. Poi lavorerò alla sceneggia-tura del prossimo film di Francesco Pa-tierno».Vivi ancora a Salerno che è diven-

tata (con il sindaco Vincenzo DeLuca, il ministro Mara Carfagna,l’architetto spagnolo che ha trasfor-mato la città Oriol Bohigas etc) un po’caput mundi?«Sì, vivo ancora a Salerno, anche se

mi divido abbastanza equamente con

Roma. “Caput mundi” proprio non di-rei; semmai, è una città che si è difesacon una certa ostinazione dalla derivache nei mesi recenti ha travolto Napo-li, con la faccenda dei rifiuti e tutte lespeculazioni politiche conseguenti, sucui pure ci sarebbe tanto da dire».

Carlo Porcaro

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Erano tra i pilastri di “Drive In”, ilprogramma di Italia1 che fece epo-ca nella televisione degli anni ‘80.

Sono stati tra i primi napoletani a far rideredagli schermi della cosiddetta tv com-merciale. E facevano ridere davvero, conquegli atteggiamenti, con l’espressione ti-picamente partenopea, spesso con un gi-gantesco poster di Maradona sullo sfondo.E con quella frase “A me me pare ‘nastrun....” che resta nella storia. Erano glianni ‘70 quandoMirko Setaro, originariodi San DomenicoMaggiore, EdoardoRo-mano e Gino Cogliandro, entrambi deiQuartieri Spagnoli, si ritrovarono a fre-quentare lo stesso locale a Parco Mar-gherita; qualche esibizione scatenò applausie consensi. E nacquero i “Trettrè”. Un so-dalizio vincente per quasi un ventennio.OraMirko è un apprezzato autore diMediaset,Edoardo ha recitato in diversi film di PupiAvati. A svelare i retroscena è Gino Co-gliandro, ad inizio febbraio impegnato alTroisi di Fuorigrotta con la sua commedia

“Otello ma non troppo”.Aquei tempi, la parolaccia in tv faceva

quasi scandalo.«Quella frase uscì fuori contempora-

neamente a me e a Mirko durante le pro-ve di una delle prime puntate della secondaserie. Fu il nostro commento ad una gagproposta da Edoardo. Tutto lo studio riseper dieci minuti. Il regista Beppe Recchiaci propose di usarla come tormentone, mapassò qualche settimana perché era laprima volta che in televisione si usava de-liberatamente una parolaccia e a queitempi c’era una autocensura sul linguag-gio molto rigida. Poi ci decidemmo e l’I-talia intera adottò quell’espressione. Itempi sono cambiati: oggi se ne sentonodi tutti i colori anche nella fascia cosiddettaprotetta».Avevate già capito a quel tempo che

Ezio Greggio avrebbe sfondato o è sta-ta una sorpresa?«Nessuna sorpresa. Ezio Greggio in-

sieme ad Antonio Ricci e Giancarlo Ni-

cotra, era uno degli autori del programma,aveva tanta gavetta alle spalle, ma si ca-piva che sarebbe arrivato lontano. Inrealtà, il suo successo è quasi totalmentetelevisivo e molto legato al binomio conRicci. Dopo Drive In fece un’altra tra-smissione di medio successo come“Odiens” conGianfrancoD’Angelo ed unaesordiente Lorella Cuccarini. Ci sono sta-ti i film e qualche fiction, ma il suo suc-cesso sta soprattutto in Striscia, program-ma non a caso diAntonio Ricci».Si dice che ormai la televisione italiana

in chiaro si può guardare dalle 23 alle8. E iTrettrè si vedono proprio nelle re-pliche notturne di vecchi programmi.«La televisione attuale si è livellata

verso il basso. I reality poi le hanno datoil colpo di grazia. Una volta ogni rete ave-va una sua identità; ti aspettavi quindi daItalia1, da Canale5 o da Rai1 un certo tipodi programma, sempremolto in linea conle scelte artistiche della rete. Oggi qua-lunque programma va su qualunque rete,quindi si nota la differenza con program-mi più originali e meglio costruiti. Persi-no un vecchissimo programma come“StudioUno”, nonostante siano passati 30anni, si lascia guardare volentieri. L’avventodella televisione digitale con tanti canalimonotematici ha ulteriormente allontana-to lo spettatore più esigente dalla cosidet-ta televisione in chiaro. Oramai sono mi-lioni gli spettatori che si sintonizzano

chi èGino Cogliandro

Con Edoardo Romano e Mirko Setaro ha formato i“Trettrè”: dopo gli anni d’oro a Drive In e al Tg dellevacanze, hanno partecipato a Buona Domenica suCanale5. Presenza fissa in diverse edizioni di Forum,Cogliando negli ultimi anni si è dedicato al teatro.

l’artistal’intervista

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«Trettrè, quante risatein quei mitici anni ‘80»

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solo su History Channel e Gambero Ros-so.Avolte di notte mi rivedo in tv e devodire che mi sorprendo a sorridere».Negli anni ‘80, Berlusconi ha cambiato

la storia d’Italia con le sue tv che han-no spinto anche la Rai a rinnovarsi. Poicos’è successo?«Il grande merito delle tv di Berlusco-

ni è stato proprio costringere la Rai ad ade-guarsi sia nella qualità che nella quantitàdei programmi. Il livello è cresciuto tan-tissimo in poco tempo, fino a quandoBer-lusconi ha preferito la politica alla tv; e nelcambio ci abbiamo perso tutti».Se si esclude qualche partecipazione

ad alcuni film con parti di secondo pia-no, siete comparsi poco sul grandeschermo.«Una scelta dettata soprattutto dalla

mancanza di tempo.All’epoca partecipa-vamo sempre ad almeno due trasmissio-ni che ci impegnavano per almeno diecimesi. In più facevamo tante serate in giroper l’Italia. Proposte cinematografiche nesono arrivate, ma avremmo dovuto ri-nunciare a fare televisione per la quale cisentivamo più tagliati».All’inizio degli anni ‘90 avete prova-

to l’avventura in Rai.«Era il 1991 ed era scaduto il nostro con-

tratto conMediaset. Fu una bellissima espe-rienza perché “Raimondo” era un pro-gramma tutto nostro in prima serata. Pino

Daniele scrisse per noi lasigla ‘O Scarrafone.

Il programma

andò benissimo, ma ci sentivamo un po’spersi perché in Rai era tutto molto più ri-gido e non c’era l’atmosfera scanzonata diMediaset dove conoscevamo tutti ed eraun po’casa nostra. Poi subito dopo la pri-ma puntata ci telefonò Berlusconi in per-sona chiedendoci di tornare "a casa" e cioffrì la conduzione del Tg delle vacanzee la co-conduzione insieme conMarcoCo-lumbro e Lorella Cuccarini di “Buona do-menica” che stava nascendo proprio a queltempo».Quanto devi al fatto di essere nato

dove la teatralità si respira nell’aria?«Praticamente tutto. Con il tempo ho ac-

quisito esperienza e tecnica, ma la base ladevo allamia città. Sono sempre stato con-vinto che il 90% dei napoletani sarebbe ingrado di recitare e far ridere più dime; l'al-tro 10% già lo fa».Il cabaret va bene sia nei teatri che in

televisione, ai limiti dell’indigestione.«Il problema è tutto nei tempi. Una vol-

ta i comici facevano gli sketch, dovevanosaper costruire una storia divertente di seiminuti con un inizio, un durante e un finaleforte. Oggi il cabaret ti lascia un paio dimi-nuti, troppo poco per esprimersi al meglio.Ci sono troppe ripetizioni, troppi sfigati,troppe battute rubate l’uno agli altri».Eppure tira a livello di ascolti.«Rischio di dire una cosa antipatica, ma

il motivo è il gusto della gente. Soprattuttoquello dei giovani va verso il banale,verso la battuta scontata e un po’volgare.E' un discorso simile a quello dei pro-grammi di bassa qualità: si fanno perchéil gusto dello spettatore è di bassa qualità.Anche se a volte mi chiedo se non sia sta-ta la bassa qualità ad aver abbassato il li-vello degli spettatori».

Avete individuato qualche erede?«Anche se la loro comicità è profonda-

mente diversa dalla nostra, iDiteloVoi sonobravi, originali ematuri per una popolaritànazionale».C’è un nuovo ritorno nel privato da

parte dei giovani?«In un’epoca buia ed incerta sembra l’u-

nica possibilità. L’impegno sociale è im-portante,ma io credo che soprattutto in unacittà come Napoli sarebbe già un enormepasso avanti se si facesse il proprio dove-re: mettersi il casco, non andare “a due oa tre” sul motorino, non buttare le carte aterra, non parcheggiare in seconda fila».Laureati precari, operai a nero e

tanti emigranti. Scenario inquietante?«La grande crisi di questo periodo sta

solo mettendo in risalto un vecchio pro-blema. I figli dei miei fratelli si sono si-stemati emigrando. Ho vissuto per 20 annitra Milano e Monza e spesso mi chiedocosa abbiamo quelli del Nord più di noi.Ai vertici dimolte aziende del Nord ci sonomeridionali capaci e molto apprezzati datutti. La verità è che i danni e gli orrori fat-ti dall’Unità d’Italia in poi al nostro Suddalla classe dirigente sono incalcolabili.Napoli ha i mezzi per diventare un polo diattrazione turistica senza eguali. Ognivolta che passo per Rimini e Riccione michiedo come siano riusciti a costruire unimpero turistico praticamente basato sulnulla».Cosa avreste fatto se i Trettrè non

avessero sfondato nello spettacolo?«Penso che avremmo continuato nel no-

stro lavoro:Mirko insegnava, Edoardo eracapoarea di una multinazionale e io face-vo lo skipper».

Dario De Simone

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l’atletal’intervista

chi è Potito Starace

Nato aCervinara, principale centro della Valle Caudina, 28 anni, è considerato tra i mi-gliori tennisti italiani dell’ultimo ventennio. La sua esplosione nel 2004 con la brillante par-tecipazione al torneo di Roland Garros. Sulla terra rossa ha sempre messo in difficoltà ilnumero 1 Nadal, anche alle ultime Olimpiadi di Pechino. Il padre Angelantonio ha dapoco scritto un libro che ripercorre le tappe principali di una carriera strepitosa.

Potito Starace, che storia:tennista per passionein una terra di calciatori

Unabella storia. Una storia che co-mincia dalla provincia e prose-gue nel mondo, è proprio il caso

di dire. Perché Potito Starace, 28 anni, daCervinara, il mondo l'ha conosciuto.Eccome. Lo gira da anni e in fondo l'in-canta pure. Da Roma alla Spagna fino aRoland Garros. È ritenuto il numero 1 deltennis italiano, proprio negli anni di unacrisi nera, manifestatasi anche attraver-so risultati poco confortanti in Coppa Da-vis. Ma lui, "Poto", fa quasi corsa a sè,incanta in tutte le manifestazioni alle qua-li partecipa; ha la sfortuna e il demeritodi perdere anche finali importanti. Nel-l'autunno del 2007, dopo le vittorie a Na-poli e a San Marino, diventa numero 27del mondo nella classifica Atp, un tra-guardo che da anni gli italiani non toc-cavano.È uno di quegli atleti che riescono ad

appassionare anche chi di tennis capiscepoco: preciso, coraggioso, freddo magrintoso, è ritenuto uno dei migliori

giocatori sulle superfici in terra. Ed è lì,sul terreno amico, che ha sempre messoin difficoltà il numero uno del mondo Ra-fael Nadal, costretto davvero a fare il "su-perman", in ossequio al suo soprannome,per batterlo. È successo anche recente-mente alle Olimpiadi di Pechino quandoPoto è riuscito a portare al terzo set ilmancino di Maiorca. Una sconfitta de-finita da tutti onorevole, dopo un sor-teggio sfortunato.In fondo, Starace è uno “strano” ten-

nista; come tutti i grandi, non rispondealle logiche comuni. Molto alto con i suoi190 centimetri, non ha un grande servi-zio, però è incredibilmente mobile eduttile. Insomma, un bel mix di qualità.Professionista dal 2001, dopo qualcheanno nel limbo dei tornei di medio livello,Potito Starace tocca il cielo con un ditonel 2004 quando arriva fino al terzo tur-no al mitico trofeo parigino di RolandGarros. Ed è qui che si chiude il raccontodel padreAngelantonio, che ha deciso di

fare della vita e della carriera del figlioun libro, scritto con il giornalista MarcoLobasso e dedicato al tennista FedericoLuzi, scomparso in autunno per unaleucemia fulminante. Potito gli ha dedi-cato una poesia che apre il libro. Il rica-vato della vendita andrà interamente a fi-nanziare la ricerca. Il giorno della pre-sentazione, lo scorso 28 gennaio, il cir-colo del tennis della Villa Comunale diNapoli è stato “invaso” da mezza Cer-vinara, orgogliosa del suo campione. Die-cimila abitanti, capoluogo della Valle

Quando eropiccolo ho

considerato questosport come un gioco.Forse è per questo chesono riuscitoa sfondare

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Caudina, è la terra d'origine di Potito. Maè anche una terra prodiga di atleti, so-prattutto di calciatori, tra i quali l'ex cen-travanti del Napoli, Pasquale Casale, ilportiere Beniamino Abate e il figlioIgnazio che gioca nel Torino. E tra l'al-tro, proprio con un ex calciatore (non unoqualsiasi) Starace si è scontrato pesan-temente un anno fa fino a rischiare l’in-cidente diplomatico: durante un torneo aBuenosAires, Potito fu ripetutamente in-sultato da DiegoArmandoMaradona chefaceva il tifo per il connazionale Nal-bandian. Tante polemiche, un mito chestava cadendo, poi le scuse del Pibe deOro. Una vicenda che si è chiusa in pocotempo, ma che aveva lasciato sbigottititutti gli sportivi campani.La sua è una favola più che una storia.

Tra gli episodi più gustosi del libro c’èil racconto di una giornata da spettatoreagli Internazionali di Roma. Potito era an-dato al Foro Italico con suo nonno, ma ilservizio d’ordine non aveva voluto far-li entrare nonostante il ragazzo già fos-se un tesserato della Federazione. “Leidovrà cambiare idea perché tra qualcheanno - disse nonno Potito - chiederà l’au-tografo a mio nipote dopo che avrà gio-cato sul campo principale”. Non era unveggente, ma solo un buon intenditore.Perché la nostra terra di talenti ne ha mol-ti, ma non li sa valorizzare.Ma è vero che papà voleva che gio-

cassi proprio a calcio?«Sì, perché papà aveva giocato ed era

allenatore. In realtà, quando ero piccoloho giocato tantissimo a calcio. Poi è ar-rivata la passione per il tennis, per for-tuna...»E com'è arrivata?«Non c'è stato un episodio scatenante

anche se è successo quasi all'improvvi-so; guardavo da tempo il tennis in tv. Perfortuna a Cervinara c'era un circolo per-ché tanti ragazzi giocavano in quel pe-riodo. Mi sono subito appassionato, eraamore vero tra me e il tennis».E quando hai capito che avresti po-

tuto fare il salto di qualità?«È successo lentamente. All'inizio,

quando ero ancora molto giovane, ho pen-sato soprattutto a divertirmi, anche se poici tieni sempre a vincere, ma senza chediventi un’ossessione. Ecco: la differenzal'ha fatta il mio considerare questo sportsolo un gioco. Ad un certo punto ho do-vuto fare le mie scelte e ho deciso di pro-vare a diventare qualcuno; sono uno chece l'ha fatta».Il libro racconta la tua vita fino alla

bella esperienza di RolandGarros. Poi

altri quattro anni di soddisfazioni.Ma ora? Che fase stai attraversandodal punto di vista sportivo?«Sono in un'età particolare. I tennisti

ormai sono tutti molto giovani. Io non losono più tanto, però neanche mi sentovecchio.Ame piace ancora giocare e cre-do che questa sia la cosa più importan-te. Tra l'altro, ho la fortuna di poter gi-rare il mondo».Altri giovani, invece, devono emi-

grare per lavorare. Hai mai pensato acosa avresti fatto se non fossi riuscitoa sfondare nel tennis?«Avolte ci penso, anche se le mie scel-

te sono state fatte tanto tempo fa. Avreicertamente continuato a studiare, mi sa-rei laureato per poi vedere dove la vita miavrebbe portato. Invece, la mia strada èstata un'altra, quello del tennis profes-sionistico, e mi è andata benissimo».Quanto devi alla tua famiglia?«Tutto. Mi hanno sempre sostenuto, mi

sono sempre stati vicini, nel bene e nelmale. La famiglia è la prima cosa quan-do sei ragazzino perché ti fa crescere. Eio sono cresciuto felice».

Dario De Simone

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LA RAGAZZA E L’INQUISITORE – NEREA RIESCO

Streghe, demoni, presunti incantesimi, tradimenti, amore, morte. Non è una storia fantastica,ma il romanzo della scrittrice spagnola Nerea Riesco “La ragazza e l’Inquisitore” che narra larealtà vissuta dalla Spagna nel 1600, quando uno spettro si aggirava sull’Europa, mietendovittime innocenti: la Suprema Inquisizione. A Logrono, nei Paesi Baschi, il cadavere di unadonna viene ritrovato in un fiume. Nonostante la dinamica faccia pensare a un delittocommesso dai seguaci del demonio, l’Inquisitore Salazar nutre forti dubbi a riguardo.Trasformandosi in un vero e proprio detective, le sue indagini si incroceranno con Maya, unaragazza di sedici anni, esperta nelle erbe e negli incantesimi che è alla ricerca di Ederra,splendida curandera che, dopo essere stata condannata a morte per stregoneria, è scomparsanel nulla. Salazar e Maya intraprendono un viaggio fatto di fame, malattie, tranelli, delusioni,ingiustizie e amori impossibili. Tutto incorniciato da un’accurata ricostruzione storica e da unanarrazione davvero imprevedibile con cui Nerea Riesco ha raccontato l’antichissima arte dellamanipolazione e la consapevolezza per i giusti che la verità è difficile da scorgere quando èviziata dalla follia e dalla paura.

VENUTO AL MONDO – MARGARET MAZZANTINI

Pace e guerra, amore e violenza, nascita e morte: il trionfo dei contrari rappresenta ilfilo conduttore di “Venuto al mondo”, il nuovo romanzo di Margaret Mazzantini. Tornata aSarajevo dopo il conflitto, la protagonista Gemma ritrova l’amore della sua vita Diego, ilfotografo delle pozzanghere. Sprovveduti e invecchiati, i due sentono il bisogno diinnalzare la loro storia d’amore verso il naturale e perfetto coronamento: la nascita di unfiglio. Di fronte alle oggettive difficoltà, Gemma cercherà la maternità con forza e rabbia,ingaggiando una vera e propria battaglia contro la natura ingrata e contro una scienzache troppe volte nega e fa soffrire . E così, ricordando le ferite fresche di una guerra cheancora arde sotto le macerie, la battaglia di Gemma diventa il simbolo della battaglia diun’intera città che cerca di risollevarsi dopo tanti orrori. Il ventre della madre diventa lospecchio del ventre di Sarajevo, delle sue miserie, dei suoi infiniti lutti e dello sforzo disconfiggere la morte col suo acerrimo nemico: la nascita. La scrittura cruda edessenziale, cui l’autrice di “Non ti muovere” ci aveva già abituati, rende questo romanzoimpegnato contro le ipocrisie moderne e un benessere che nessuno sente veramenterealizzato. Un romanzo coinvolgente, ma anche duro come un macigno.

libritempo

UN PAESE DI BARONI - CASTALDO E CARLUCCI

Un lungo viaggio attraverso i mali dei nostri atenei, dominati dai cosiddetti "baroni". Unviaggio che fa tappa in diverse università italiane e racconta di poteri forti, scandaligiudiziari e inquietanti coincidenze. "Un paese di baroni", scritto dai giornalisti AntonioCastaldo e Davide Carlucci, non è solo un libro sui "figli di" che proliferano negli atenei,ma è anche un grido di dolore che coinvolge l'intero sistema universitario, mortificato dainteressi privati e da metodi che gli autori non esitano, con il supporto di inchiestegiudiziarie, a definire "mafiosi". In particolare, l'attenzione viene concentrata su tuttiquei ricercatori che attendono con pazienza infinita che venga il loro turno e a volte sonocostretti a subire ricatti; non denunciano per paura di gettare via anni di sacrifici, maquando la misura è colma ecco che vengono fuori le registrazioni video, le intercettazionie gli scandali. Tutto è nato a Bari quando la Facoltà di Medicina è stata interessata dauna maxi-inchiesta sui concorsi truccati. Da lì è partita un'attenta analisi di ciò chesuccede in Italia, da Milano a Messina passando per Roma e per Napoli. "Un paese diBaroni", edito da Chiarelettere, non ha paura di fare nomi e cognomi dei componentidelle caste che da decenni dominano nei vari atenei.

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TRACY CHAPMAN -OUR BRIGHT FUTURE

Pregevoleritornodiscograficoquello dellacantautriceafroamericana,che si esprimeal meglio dellesue qualitàchitarristiche,ma soprattuttovocali, ben delineate dal missaggio,e dal sound elettro-acustico privo disbavature. Abbellito da sfumaturestrumentali color pastello, l’album èdisseminato di canzoni di eccellentescrittura, dai tocchi poetici, e nontrascura i temi di attualità, come faintuire lo stesso titolo, “Our BrightFuture”, il nostro splendente futuro.Un nome ottimista e che strideprofondamente con la realesituazione del mondo attuale e chel’artista spiega in questo modo:“L’album prende il titolo da un pezzoche parla di guerra. Il poterecontinua a chiedere alla societàsoldati a getto continuo e questonon lascia spazio all’ottimismo”.

AFTERHOURS - I MILANESI AMMAZZANO IL SABATO

“I milanesi ammazzano il sabato” è l’ultimolavoro in studio dell’ormai affermata,nonsolo nel panorama alternativo (vedipartecipazione a Sanremo),band milaneseAfterhours. Un disco dalle sonorità sporchee decisamente rock and roll rispetto allavoro precedente “Ballata per la miapiccola iena”. Un disco dai testi ironici egraffianti :“E’ dura essere Silvan”sicuramente la più divertente,ma ancheimpregnato di titoli nostalgici :“RiprendereBerlino” o da ballate acustiche: “Musa dinessuno”. Manuel Agnelli e soci siconfermano come pilastri del rock alternativo, anche se la definizione èsgradita da quest’ultimi (ndr). Se desiderate un disco di puro rock androll,divertente,sarcastico,sporco,ma anche delicato,i milanesi ammazzano ilsabato è quello che fa per voi.

dischi

SETTE ANIME

Ben Thomas è un giovane uomo che hacommesso un tragico errore.Ossessionato dalla sua colpa è deciso aredimersi risanando la vita di settepersone meritevoli. Osservate eindividuate le sette anime, Ben si prendeamorevolmente cura di loro, donandogliuna parte di sé e una secondapossibilità. Ben, che si presenta come unangelo cui però, quando nessuno lovede, la sofferenza stravolge persino i lineamenti, non è solo unbenefattore disinteressato o un santo. Il suo incondizionato darsi,il suo voler restituire la vita sostituendosi a Dio, rispondesoprattutto al bisogno lacerante e insopportabile di pareggiare iconti con se stesso, tanto che incontrando inaspettatamentel´amore in una delle persone estranee da beneficiare, ne saràcompletamente sconvolto. Sarà infatti la bella Emily Posa, colpitaal cuore da Ben e da gravi scompensi cardiaci, a innamorarlo e adistrarlo dal suo disegno originale.

PRANZO DI FERRAGOSTO

Gianni, un uomo dimezz’età, figlio unico dimadre vedova, vive con suamadre in una vecchia casanel centro di Roma.Tiranneggiato da lei,nobildonna decaduta,trascina le sue giornate fra lefaccende domestiche el’osteria. Il giorno prima diFerragosto l’amministratoredel condominio gli proponedi tenere in casa la propriamamma per i due giorni divacanza. In cambio gliscalerà i debiti accumulati in anni sulle spesecondominiali. Gianni è costretto ad accettare. Atradimento, l’amministratore si presenta con duesignore, perché porta anche la zia che non sa dovecollocare. Gianni, travolto e annichilito dallo scontrofra i tre potenti caratteri, si adopera eroicamente perfarle contente. Accusa un malore e chiama un amicomedico che lo tranquillizza ma, implacabile, gli lasciala sua vecchia madre perché è di turno in ospedale.Gianni passa ventiquattr’ore d’ inferno. Quandoarriva il sospirato momento del congedo però lesignore cambiano le carte in tavola...

film

tempo

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Èiniziata una vera e propria corsacontro il tempo. Sono ormai di-verse le case produttrici che in

qualche modo tentano di miniaturizza-re il nostro caro telefono cellulare o ad-dirittura il computer al punto da poter-li indossare proprio come un orologio.Tra non molto tempo (al massimo entroun anno) daremo un’occhiata al nostropolso non solo per guardare l’ora, ma perpoter leggere e-mail, consultare googleed inviare sms. Colossi quali Microsoft,Seiko, LG, Hyundai e molte altri, pro-pongono soluzioni più o meno articolatee “futuristiche”. Schermi touch screendalle dimensioni di pochi pollici, foto-camere integrate, conversazioni assi-curate dalle reti di telefonia locale;non poteva di certo mancare la possi-bilità di ascoltare della buona musica informato mp3. Inoltre casa Microsoft haannunciato il progetto di lanciare un let-tore multimediale portatile ed una radiocollegata ad un simil-orologio da polso.Insomma, il palmare già sarà preistoriatra qualche mese. E soprattutto i giovanine saranno gli acquirenti. «L'unicoschermo che ti porti dietro e che puoi

sbirciare è quello che puoi portare al pol-so...» dice Bill Gates, il padre del gigantedell’informatica, Microsoft. In verità al-cuni prodotti della “famiglia” già sonodisponibili ed in vendita in Europa, traquesti sicuramente il semplice “pol-sofonino”, ma dovremo aspettare ancoraqualche mese per assistere al lancio deiprimi gioiellini multimediali, in gradodi connettersi alla rete in banda larga (inbasso: alcuni prototipi indossati ap-punto sul polso). Il tempo, come detto,corre e scorre insieme a noi, al nostrocorpo. Riusciremo a liberarci della tec-nologia?

tempo libero

Dal “polsofonino”al touch screen

In arrivo la nuovaversione diWindows

Dopo il flop di Windows Vista, lanota casa produttrice corre ai riparie lancia una nuova versione. Ilnuovo sistema opertivo della Mi-crosoft, infatti, sembra non aver ri-scontrato notevole successo separagonato al suo predecessoreWindows Xp. Tra meno di un annoprobabilmente nelle nostre case enegli uffici si potrà gestire il lavo-ro informatico attraverso una in-novativa tecnologia touch screen.Il nuovo Windows 7 infatti per-metterà all’utente di interagirecon il proprio computer semplice-mente toccando lo schermo inmodo da posizionare oggetti, im-magini, video e trasferire file solograzie al tocco di una o più dita.L’uscita, inzialmente prevista per il2010, secondo varie indiscrezioni,sarebbe anticipata entro la metàdel 2009.

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tempo libero

Michele e Simone, talenti al servizio della casa automobilistica giapponeseRealizzano spot in computer grafica: prossimamente al cinema e in tv?

Due napoletanicavalcano l’Honda

La filiale italiana della nota casadi motori giapponese Honda sce-glie nel vivaio dei giovani talenti

di Pozzuoli le figure professionali cheprogetteranno uno spot promozionaleper l’azienda. Sono, infatti, due ragaz-zi della provincia campana, MicheleD’Auria e Simone Prisco, ad aver en-tusiasmato i vertici della casa motoci-clistica con il loro spot animato (in alto,alcune immagini).Inizialmente richiesto come video

aziendale, da trasmettere solo per i di-pendenti dell’Honda, conquista a talpunto i dirigenti da far cambiare loro iltarget iniziale: da video aziendale a vi-deo istituzionale, ovvero mostrato an-che al di fuori del circuito delle azien-de. Interamente realizzato in computergrafica, il video ripercorre l’esperien-za onirica di un giovane Soichiro Hon-da, fondatore dell’omonima impresa,che lo porterà all’idea di applicare unmotore alla sua bicicletta. Niente di me-glio, dunque, per mettere in risalto ilbrand: “Honda, the power of dream” (lapotenza del sogno). Chi sembra segui-re questo slogan è sicuramente il rea-

lizzatore dei disegni dello spot, Simo-ne Prisco. Ventottenne di Pozzuoli, di-plomato all’Accademia di Belle Arti diNapoli, Simone ha intrapreso la carrieradi artista grafico, passando agilmentedalla pittura e incisione alla realizza-zione di siti web.Il passaggio dalla pratica dell’inci-

sione all’utilizzo della computer grafi-ca non è stato dettato da esigenze eco-nomiche come si potrebbe pensare.«Sono sempre stato affascinato daicartoni animati e ora il mezzo più ve-loce è farli al pc. La mia è stata una scel-ta emotiva, dettata dalla mia voglia disperimentare e cercare di capire comefunzionano le cose» spiega a Job. Ot-timista sul futuro e per nulla intimori-to dalla situazione occupazionale di Na-poli risponde: «Con internet sono cadutemolte barriere. Figurati, parte del videol’abbiamo realizzato tramite chat…Per il lavoro che faccio il luogo in cuiti trovi passa in secondo piano. Credoche il posto in cui una persona nasce èsempre il miglior posto per fare qual-cosa di buono». Bisogna proprio direche “qualcosa di buono” l’ha fatto, av-

valendosi della collaborazione non solodi un altro giovane talento come lui, Mi-chele D’Auria, scrittore e regista del vi-deo, bensì di Lino Cannavacciuolo,violinista affermato e compositore disuccesso, che ha curato le musichedello spot visibile per intero sul sitowww.micheledauria.com. Non si è an-cora certi riguardo la futura distribu-zione del video. Per il momento è sta-to realizzato solo un dvd. Ma ci aspet-tiamo presto di vederlo nelle sale ci-nematografiche o magari in tv. Resta co-munque questa una prima esperienza in-dimenticabile per il giovane Simone cheha già le idee chiare sul suo futuro (ilprossimo impegno è un video musica-le per il pianista Giovanni Allevi): «Sevolessi uno stipendio fisso lavorereicome creatore di siti web o in un’a-genzia grafica, ma non fa per me. Il miosogno è l’animazione. Frasi del tipo«qui non c’è lavoro, voglio un posto fis-so» non si addicono a tutti coloro chevivono di emozioni e hanno il dono ditrasmetterle agli altri».

Pgc

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«Modificare latarga nonconviene,perché prima opoi libecchiamo e da

una semplice contravvenzione si passaalla contestazione di un reato». Lapolizia locale mette in guardia i“furbetti delle targhe” che voglionoevitare la multa comminata tramite ilsistema tutor in autostrada. Oltre allaviolazione del codice della strada,infatti, viene contestata lamanomissione della targa, checomporta il suo sequestro e la denunciaall’autorità giudiziaria per i reati difalsità materiale ufficiale in certificati o

autorizzazioni amministrative. Fare ifurbi non conviene. Lo sa benel’automobilista che ha accumulato 12verbali per eccesso di velocità in unasola giornata sull’autostrada sfatandouna leggenda metropolitana: siccome iltutor aggancia all’ingresso e all’uscitadell’autostrada, si può correre senzalimiti ma se si fa una pausaall’Autogrill alla fine la media divelocità scende sotto i 130 chilometril’ora, limite imposto dalla legge.Sbagliato. I tutor sono collocati sulleautostrade ogni venti chilometri e sonoaccesi secondo schemi variabili. Per cuila media viene effettuata su un singolosegmento di strada, e non sull’interopercorso.

“Sa, una crociera da solo non me laposso permettere”. “Capisco, mal'annuncio era un po' ambiguo: non saràmica un gigolò?”. È questo lo scambiodi battute tra un uomo single poco piùche cinquantenne che ha fatto affiggereun annuncio nella vetrina di un’agenziadi viaggio a Napoli (“Single offresi perviaggio di crociera”) e una giovaneragazza che ha raccontato il contenutodella chiacchierata telefonica agli organidi informazione. “Ero disposto anche adividere la stanza con un uomo, ma nonsono gay e la compagnia di una giovanedonna la preferisco...”, ha detto il single

in cerca dicompagnia.“Certo, mi rendoconto”, harisposto laragazza. “Lacrociera me la

pago io...però incontriamoci,parliamone da vicino”, ha rilanciatol'uomo di mezz'età. “Ci penserò,grazie”, ha nicchiato la giovane.Insomma, in tempi di crisi economica -abbattutasi con maggiore virulenza sullaCampania - i napoletani si industriano.E trovano nuovi metodi per risparmiare.

Il presidente Usa BarackObama, durante la suacampagna elettorale puntòmolto sul suo programmariguardante la Green economy,l’economia ecosostenibile.Ora che è entrato alla CasaBianca, sta lavorando permettere in pratica le suepromesse.Sono già partite migliaia dilettere rivolte alle impreseamericane che sono in qualchemodo collegate al commerciodel Green. I dollari ci sono:non è stato ancora stabilitoesattamente quanto verràinvestito in questo campo, masi parla di una cifra abbastanzasolida. Ecco i tre punti dellastrategia del Green economy diObama: il building retrofitting,cioè mettere a posto i problemidi tante case americane (ariache filtra dalle finestre, dalleporte, dallo scantinato; caloreche scappa via dalle stanze perla stessa ragione); la secondariguarda le auto e la richiestadi renderle più efficienti emeno inquinanti, almeno del4%; mass transit, cioè iltrasporto pubblico.

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consigli fiscali

Famiglia e rottamazione:ecco come ottenere i bonus

PAGINA A CURA DELL’UFFICIOSTUDI FENEAL UIL CAMPANIA

Ecco le novità più importanti degli ul-timi mesi per i contribuenti italianiadottate da Governo e Parlamento.

BONUS FAMIGLIAI redditi da prendere in considerazionesono solo redditi da pensione, da la-voro dipendente o assimiliati e l’annodi riferimento può essere o il 2007 o il2008: 200 euro per pensionati unicicomponenti del nucleo familiare, se ilreddito non supera i 15.000 euro; 300euro per il nucleo familiare di duecomponenti, se il reddito complessivofamiliare non è superiore a 17.000euro; 450 euro per il nucleo familiaredi tre componenti, se il reddito com-plessivo non è superiore a 17.000euro; 500 euro per il nucleo familiaredi quattro componenti, se il redditocomplessivo non è superiore a 20.000euro; 600 euro per il nucleo familiaredi cinque componenti, se il redditocomplessivo non è superiore a 22.000euro; 1.000 euro per il nucleo fami-liare con portatori di handicap a ca-rico, se il reddito totale non supera i35.000 euro. Presentazione della ri-chiesta datore di lavoro o ente pensio-nistico entro il 28 febbraio 2009redditi 2007, entro il 31 marzo 2009redditi 2008; all’Agenzia delle Entrateentro il 30 aprile 2009 per i redditi2007 e entro il 30 giugno 2009 per iredditi 2008.

IL DECRETO ANTICRISIDetrazione Irpef del 20% sull’acquistodi mobili ed elettrodomestici pagatidall’entrata in vigore del decreto e finoal 31 dicembre 2009 finalizzati all’ar-redo di immobili oggetto degli inter-venti di ristrutturazione ediliziaagevolabili al 36% . Il pagamento deveessere effettuato con bonifico banca-rio o postale con le stesse modalità perla detrazione sulle ristrutturazioni edi-lizie. Spesa massima agevolabile suicui calcolare il 20% di detrazioneIrpef, è pari a 10.000 euro, quindi,l’importo massimo della riduzionedalle imposte è di 2.000 euro. Tale de-trazione deve essere ripartita in 10

quote annuali di pari importo, quindi,nel modello Unico o nel 730/2010. Lariduzione dell’Irpef del 2009 potrà es-sere al massimo di 200 euro.

BONUS ROTTAMAZIONEFino al 31 dicembre 2009 è previsto unbonus di 1.500 euro per l’acquistoauto euro 4 o 5 a fronte di rottamazio-ne di auto immatricolate fino al 31 di-cembre 1999; fino a 3500 euro per leauto verdi: il bonus è cumulabile conquello sulla rottamazione: da 1.500 a3.500 euro per auto tipo metano/elet-trico/idrogeno; da 1.500 a 2 mila europer le auto alimentate con Gpl; 500 euroa chi cambia un motociclo euro 0-1.

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SSaannttaa MMaarriiaaCCaappuuaa VVeetteerree

Adue passi da Caserta, nel cuore diTerra di Lavoro, sorge SantaMaria Capua Vetere. Il nome

deriva ovviamente dal legame con l'anti-ca Capua, della quale Sarebbe stata poi fra-zione fino all'Unità d'Italia. Poi il cambiodi denominazione da Santa Maria Mag-giore a quella attuale. Entrare nel borgoantico significa immergersi nella storia.Anche se quella storia è, in parte, anco-ra un mistero: basti pensare che solo cin-que anni fa, la scoperta di una struttura an-tichissima ha costretto gli storici ad esten-dere i confini della città, inizialmente mol-to più circoscritti. Cicerone l'aveva defi-nia "Altera Roma" (seconda Roma). San-ta Maria Capua Vetere è nota soprattuttoper il grande Anfiteatro Campano. È il piùantico anfiteatro romano e quasi certa-mente su quel modello fu poi costruito ilColosseo. Realizzata nel I secolo d.C., coni suoi 170 metri per 140, la struttura è laseconda per dimensione (dopo lo stessoColosseo) e fu restaurata dall'imperatore

Adriano, come testimonia un'epigrafe ri-trovata durante alcuni scavi nel 1726 e in-terpretata dall'archeologo Alessio Sim-maco Mazzocchi. È ritenuto un vero e pro-prio gioiello di architettura antica. È vi-sitato da migliaia di turisti, anche se lastruttura ha subito gravi danni durante levarie invasioni soprattutto in epoca me-dievale. Danneggiato ri-petutamente dai Vandali edai Saraceni dopo la ca-duta dell'Impero, fu anchedepredato dai cosiddetti"capuani fuoriusciti" chefondarono la nuova Ca-pua. Interessante anche lavisita al "Museo dei gla-diatori" e al "Museo gari-baldino". La città ospitaanche il Museo archeolo-gico dell'Antica Capuadove sono conservati i re-perti rinvenuti soprattuttonegli ultimi 50 anni. Nel

corso dell'ultimo ventennio, il piccolo pae-se si è sviluppato ed ora ospita il Tribu-nale e due facoltà della Seconda univer-sità di Napoli. Per arrivare a Santa MariaCapua Vetere: da Napoli imboccare l'au-tostrada A1 fino al nuovo svincolo checonduce direttamente nel centro antico at-traverso via Galatina.

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la gita

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la gita

MMoonntteellllaa

Èuno dei luoghi più noti dell'Ir-pinia, meta di tanti turisti cheaffollano la zona per tutto

l'anno. Ai piedi dei monti Terminio eCervialto sorge Montella, uno dei co-muni del Parco Nazionale dei MontiPicentini, in provincia di Avellino. Alcentro di una grande conca, il territo-rio è pieno di boschi ricchissimi difauna e flora selvatiche grazie all'am-biente ancora incontaminato. Diversigli avvistamenti del lupo appenninico,mentre negli anni '90 è tornata nellazona l'aquila reale; diversi anche gliesemplari di rettili e anfibi che popo-lano soprattutto le aree vicine ai corsid'acqua, il Calore e i suoi affluenti.Montella è terra di funghi, tartufi, ca-stagne, fragole e more. Il paese ha ori-gini antiche ed ha subito la forteinfluenza romana; a testimonianza diciò sono stati ritrovati diversi repertiarcheologici.Il suo sviluppo risale al Medioevo.

Ex feudo della famiglia Ruffo, poi deid'Aquino, dei Cavaniglia e dei Doriad'Angri, ospita diversi monumenti dinotevole valore artistico e architetto-nico. Su tutti il castello medievale e lachiesa di San Francesco a Folloni, cheospita il museo delle opere scampateal terremoto del 1980 e la cui costru-zione fu decisa dallo stesso San Fran-

cesco d'Assisi, impressionato dallabellezza dei luoghi; da visitare anche ilSantuario del Santissimo Salvatore, vi-sibile da gran parte della valle graziealla sua posizione che domina le zonesottostanti. Risale alla fine del XVIIIsecolo, è uno dei luoghi frequentatitutto l'anno soprattutto grazie al turi-smo religioso. Ma in generale, tutto ilterritorio circostante è visitato dai tu-risti, in particolare l'Altopiano di Ver-teglia, un luogo incontaminato cheriscuote successo tra gli amanti del

trekking, dell'ornitologia e dagliamanti della buona cucina. Gode di ot-tima fama anche l'artigianato locale.Nel 1980 fu pesantemente colpita dalterremoto: poche le vittime, ingenti idanni anche ai monumenti storici. Tra gli eventi più suggestivi c'è la

festa della "Vegna" durante il periodonatalizio. Per arrivare a Montella: daNapoli imboccare l'autostrada A16,uscire ad Avellino Est e svoltare per laStatale Ofantina Bis e percorrerla per24 chilometri.

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Forse il “senatur” Umberto Bossi,fondatore della Lega Nord, non sache sono a Benevento i veri di-

scendenti dei Longobardi. Questa città,quando essi furono sconfitti da Carlo Ma-gno (774), divenne la capitale del princi-pe Arechi, leggendario duca longobardoche legò il suo nome a numerosi interventidi ampliamento e abbellimento dellacittà: espanse la vecchia città romana, este-se nuove mura e fortificazioni nella par-te sud occidentale, edificò un nuovo pa-lazzo principesco la cui corte interna è an-cora oggi visibile in quella parte alta del-la città detta “piano di corte”. Arechi halegato il suo nome a ciò che resta in cittàdi longobardo anche se purtroppo terribili

terremoti hanno distrutto molti monu-menti; resta però, come splendida testi-monianza, il complesso monumentale diS.Sofia che comprende, oltre la chiesa ilcampanile antistante la piazza e l’ex mo-nastero. Il campanile odierno non è l’o-riginale perché il terremoto del 1688 lo di-strusse completamente: sappiamo però cheproteggeva la tomba di Arechi e oggi por-ta una lapide incastrata scritta in caratte-ri longobardi, importante testimonianzastorica che si è salvata dalla furia del ter-remoto. Il Monastero fu uno dei più im-portanti dell’Italia Meridionale, parago-nabile solo a quello di Montecassino e, sot-to la protezione di Arechi e dei suoi suc-cessori divenne un importantissimo luo-

go di studi e di cultura. Al suo interno ave-va una biblioteca nella quale venivano tra-scritti a mano libri e documenti importantie la cosa straordinaria è che ancora oggiin quelli che sono stati conservati possiamotrovare i caratteri della scrittura longobardae quindi sono unici e preziosissimi. Oggi,l’ex monastero ospita il Museo del San-nio ricco di testimonianze antichissime del-la storia del territorio, con il più consistentenucleo di sculture egizie mai trovate fuo-ri dall’Egitto che ci spinge ad immagina-re scenari culturali antichissimi, patrimoniodi questa città: si tratta di sfingi, falchi, di-vinità, obelischi, leoni. Il vero e propriogioiello monumentale lasciato dai Lon-gobardi è la chiesa di S.Sofia recentemente

la nostra storia

Un gioiello longobardo a Benevento

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dichiarata patrimonio dell’Unesco. Levicende storiche e i terremoti hanno mo-dificato non poco la chiesa che è stata ri-portata alla sua originaria struttura nel 1951da un rigoroso restauro. La chiesa è pic-cola, molto originale nella forma, perchépresenta al centro sei colonne antichissi-me circondate da un secondo anello di pi-lastri di pietra calcarea bianca e tuttiquesti elementi architettonici sorreggonoinsieme la cupola, collegati fra di loro daarchi di diverse altezze. Le mura perime-trali sono in parte circolari e in parte a stel-la, con nicchie ricavate negli spigoli.Una così grande varietà di forme creastraordinari effetti illusionistici che sonofrutto, però, di acuta e originale intelligenza

costruttiva. Anticamente tutta la chiesa eraricoperta da affreschi con le storie di Cri-sto e della Vergine, ma oggi ne sono ri-masti solo due frammenti bellissimi per lafattura, i colori, l’espressione. Il giudiziosui Longobardi lo lasciamo all’ “esperto”contemporaneo di quell’epoca, lo studiosoPaolo Diacono che così scrive di Bene-vento e dei suoi principi “…c’era questodi meraviglioso nel regno dei Longobar-di: non c’erano violenze, non si tramavanoinsidie, nessuno opprimeva gli altri in-giustamente, nessuno depredava, nonc’erano furti, non c’erano rapine; ognunoandava dove voleva, sicuro e senza alcuntimore. Dobbiamo tutti tornare ad esseredegni delle nostre origini”.

Liliana Palermo

1910 La cooperativa lavoratori della terra di Benevento stampa un bol-lettino mensile titolandolo “La Terra libera” con lo scopo di “incoraggiare losviluppo dell’agricoltura…elevare la classe più diseredata della società, i la-voratori della terra …..avere a cuore le nostre contrade le quali sono così ab-bandonate da avere il latifondo a brevissima distanza dalla città…”. Il progettodi questa associazione era quello di seguire il modello di cooperazione presentein Emilia. Si prevedevano semplicemente affittanze collettive da parte dei co-loni per migliorare la produttività e trasformare la proprietà terriera, fino ad al-lora lavorata da braccianti miserabili e senza diritti , ostaggi dei proprietari ter-rieri.

1920-40 Dopo la prima guerra mondiale le conquiste sociali ottenutedai contadini verranno man mano a diminuire, e la successiva violenza fascistaporterà all’arretramento e alla povertà; la guerra con tutti i suoi orrori renderàle condizioni dei lavoratori della terra ancora più difficili.

1945 -1950 L’Italia democratica affronta in Parlamento, finalmen-te, la questione agraria, arrivando, nel 1950 alla riforma; essa prevedeva l’e-sproprio e il frazionamento della grande proprietà terriera incolta e la succes-siva assegnazione della terra ai contadini. Nonostante le lotte, i morti, l’occu-pazione delle terre in alcune aree del Paese, le pressioni sul governo dei pro-prietari svuotarono di significato la riforma, solo in alcune zone correttamen-te applicata; non si riuscì a creare un largo ceto di piccoli proprietari terrie-ri,obbiettivo principale, e l’esodo dalle campagne riprese, incoraggiato dal-

l’industrializzazione degli anni ’60 che portò al declino delle aree agricole.

1980-2000 L’agricoltura, attraverso la giusta riconversione delle col-ture, punta ai prodotti di eccellenza, soprattutto olio e vino, vanto di questeterre, producendo finalmente ricchezza e sviluppo.

2004 Nasce in località Piano Cappelle di Benevento il Museo dell’agri-coltura del Sannio (nella foto), con l’esposizione di macchine agricole d’epo-ca, strumenti e attrezzi legati alla storia, alla cultura, alle radici, per preserva-re la “memoria” del territorio: operazione culturale importantissima perché lafatica di intere generazioni trova finalmente il giusto riconoscimento.

Le tappe dellariforma agraria

Scarponi da lavoro nei campinel Museo dell’agricoltura del Sannio

la nostra storia

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NAPOLITABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GENNAIO 2009

INDENNITA’ DI MENSAOPERAI € 3,92 giornaliere = 0,49 orarie IMPIEGATI € 84,77Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,16 giornaliere = € 0,27 orarie IMPIEGATI € 46,71 mensili

CASERTATABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GENNAIO 2009

INDENNITA’ DI MENSAOPERAI € 3,80 giornaliere = 0,475 orarie IMPIEGATI € 82,175Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,462 giornaliere = € 0,307 orarie IMPIEGATI € 53,24 mensili

BENEVENTOTABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GIUGNO 2008

INDENNITA’ DI MENSAOPERAI € 3,76 giornaliere = 0,47 orarie IMPIEGATI € 82,72Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,00 giornaliere = € 0,25 orarie IMPIEGATI € 44,00 mensili

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edilitabelle retributive

Indennità di mensa = € 66,00 mensiliIndennità di trasporto = € 1,92 per ogni giornata di effettiva presenza

AVELLINOTABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GENNAIO 2009

SALERNOTABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GENNAIO 2009

INDENNITA’ DI MENSAOPERAI € 4,80 giornaliere = 0,60 orarie

INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,24 giornaliere = € 0,28 orarie

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“Meglio la penombra del pen-siero delle luci del va-rietà” Sono passati dieci

anni da quella fredda mattina milanese nel-la quale se ne andò Fabrizio De Andrésconfitto da un male incurabile. Fabrizioperò non è stato dimenticato nemmeno perun giorno, fin da quell’affollatissimo fu-nerale nella sua Genova, quando l’Italiadelle canzonette e quella dei cantautori, sistrinse per salutarlo in un unico abbraccio.“Pensavo, è bello che dove finiscono le miedita debba in qualche modo incomincia-re una chitarra”. Mai verso fu così profe-tico. Fabrizio lo cantava in “Amico fra-gile” nel 1975, non immaginando il cari-co di eredità che avrebbe lasciato dopo lasua morte. Quasi impressiona quanto DeAndré continui ad essere attuale. Forse per-ché non è mai stato di moda. Del resto,come può esserlo un uomo genuinamen-te libero, nemico di etichette e schieramenti,tanto convinto nella redenzione dell’u-manità, quanto insofferente nei confrontidelle false ideologie e regole prestabilite?Tutto questo viene prepotentemente fuo-ri attraverso il ricordo degli amici ed unagran quantità di tributi in sua memoria. In-nanzitutto è opportuno segnalare il premioche porta il suo nome (Premio Fabrizio DeAndré), istituito nel 2001, senza contare laciclica uscita di dischi tributo, cover band,concerti, biografie, libri fotografici, mostre,film, documentari e altro materiale inedi-to tirato fuori da chi con Fabrizio collaborò.

Chissà cosa direbbe oggi ditutto questo; forse se la cave-rebbe con un “belìn” e una bat-tuta di spirito, per mascherare lasua proverbiale timidezza. Conuna punta di malignità si po-trebbe pensare ad uno sfrutta-mento della sua memoria. In-vece la sensazione è che ogni tri-buto nasca da sentimenti since-ri, perché Fabrizio era di tutti,come non manca occasione diricordare sua moglie Dori Ghez-zi. Proprio sua moglie è da anni impegnataa promuovere eventi ed iniziative attraversola Fondazione De Andrè che con grandeamore cura personalmente e ora proponeuna grande mostra, un viaggio multime-diale nella musica e nella vita di Fabrizio(Genova, Palazzo Ducale fino a maggio2009). Sempre grazie a Dori un altro do-cumentario lo riporta idealmente in vita. Iltitolo è inequivocabile “Effedia - Sulla miacattiva strada”. Senza voce narrante, divisoper capitoli, in cui vediamo De André rac-contarsi davanti alla telecamera di TeresaMarchesi del Tg3; il lavoro comprende an-che tre brani inediti e testimonianze di faneccellenti, tra cui un Wim Wenders che sidichiara missionario del messaggio diFabrizio e annuncia l’intenzione di orga-nizzare a New York un grande concerto insuo onore. Il suo lato politico è in qualchemodo celebrato attraverso due operazio-ni sicuramente non commerciali: un dop-

pio cd con libretto,con ben 37 brani ri-proposti da giovanimusicisti indipen-denti e vicini a realtàlibertarie cui Fabriziotanto si sentiva affi-ne (“Duemila papaveri rossi”). Il tutto pro-dotto e curato da Marco Pandin per la “non-etichetta” Stella Nera. Poi c’è il lavoro diGuido Harari, storico fotografo del rock,che insieme a Franz Di Cioccio, batteristae cantante della Premiata Forneria Marconi,ha rievocato in un libro intitolato: Fabri-zio De André & PFM. Evaporati in unanuvola Rock (edizioni Chiarelettere), la pri-ma volta di Fabrizio on the road, quella incui il cantautore si trovò coinvolto nel fol-le ma straordinario progetto della PFM diandare in tour insieme. Alla prossima Fa-ber.

Stanislao Nocera

il ricordo

Tributi a De André:Faber attuale senzaessere mai di moda

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Libertà

Adesso sono un angelo…Ora tutto è possibile

Posso volarePosso riposare

Posso festeggiare la mia vitaLibero di sognare

Libero di sentirmi felice nel mio cuoreLibero per sempre.

poesia del piccoloAlberto Cirillo,

undici anni,volato in cielo

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Via Brin 69 Napoli - 80142

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