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UNA DONNA, UNA PASSIONE Diana Palmer

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Diana Palmer

UNA DONNA, UNA PASSIONE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Dream's End

Silhouette Books © 1979 Diana Palmer

Traduzione di Laura Polli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly

gennaio 2011

Questo volume è stato impresso nel dicembre 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY SERIE JOLLY

ISSN 1122 - 5390 Periodico bisettimanale n. 2390 del 4/1/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/2/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Victoria, Texas. Eleanor Perrie smise di digitare sulla tastiera del computer e alzò lo sguardo. Durwood Magins, l'uomo di mezza età in abito grigio, seduto a poca distanza da lei sul divanetto dell'ufficio, guardava l'orologio ogni minuto, un chiaro segno di impa-zienza. Reprimendo un sorriso, Eleanor premette un tasto dell'interfono che metteva in comunicazione l'uffi-cio in cui lei lavorava con i vari ambienti della ranch house. «Che c'è?» rispose un istante dopo una voce ma-schile. «Il soufflé è cotto a puntino, signor Matherson» annunciò Eleanor sottovoce. «Bello gonfio e dorato in superficie.» La risposta fu una risatina ed Eleanor non fece fa-tica a immaginare l'espressione divertita del suo ca-po a quella notizia. «Vengo subito, signorina Perrie.» «Ci conto» replicò lei in tono mielato, prima di interrompere la comunicazione. Dopodiché lanciò

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un'occhiata all'uomo in grigio e sorrise. Quell'e-spressione le illuminò il viso, incorniciato da capelli neri raccolti alla base della nuca e i grandi occhi verdi, nascosti dietro le lenti degli occhiali dalla pe-sante montatura scura. «Il signor Matherson sarà qui fra un minuto» av-vertì alzando leggermente la voce, per farsi udire dal suo ospite. «Grazie» rispose Magins, chiaramente agitato. «Una delle cavalle Appaloosa ha avuto un pule-dro stamattina, e il signor Matherson sta controllan-do personalmente la situazione» aggiunse Eleanor, per cercare di distrarlo. «Capisco» annuì il suo interlocutore, con un sor-riso forzato. No, non capisci affatto, pensò Eleanor con una punta di divertimento, riprendendo a digitare sulla tastiera. Curry Matherson sapeva come ottenere sempre quello che voleva, e quel tale lo avrebbe scoperto presto. Curry aveva in progetto di costruire degli uffici su un terreno che apparteneva a quel piccolo specu-latore. A patto, naturalmente, che Durwood Magins si lasciasse convincere a vendere a un prezzo equo e non alla cifra esorbitante che aveva chiesto. Stanco di negoziare, quella mattina Curry aveva telefonato per comunicare a Magins che aveva tro-vato un altro terreno su cui costruire. Un quarto d'ora più tardi Magins era piombato al ranch e adesso stava aspettando che Curry lo rice-vesse. Quest'ultimo, che aveva assistito solo come spet-tatore al parto della cavalla, lo stava facendo atten-

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dere ormai da più di due ore, per metterlo di propo-sito a disagio. Eleanor guardò l'avido signor Magins con un mi-sto di compassione e divertimento. A quanto pareva, la sua avarizia si era trasforma-ta nella sua peggiore nemica. Avrebbe fatto meglio ad accettare la proposta di Curry, anziché contende-re con lui. Il suo capo era un vero e proprio esperto in quel genere di tattiche, concluse Eleanor. Cinque minuti dopo Curry entrò nell'ufficio con un'espressione soddisfatta negli occhi grigi che gli illuminavano il bel viso abbronzato, incorniciato da folti capelli scuri. Alto com'era, e muscoloso per via del lavoro manuale che svolgeva al ranch, a dir po-co torreggiava su Magins, che era di piccola statura. Eleanor si sforzò inutilmente di non fissare con insistenza Curry mentre i due uomini si scambiava-no una stretta di mano e alcuni convenevoli. Aveva avuto un vero e proprio colpo di fulmine per Curry Matherson, il giorno stesso che lui l'aveva assunta come segretaria, circa tre anni prima... Quel giorno, rammentò, Curry non era stato di buon umore e lei, oltre a subire l'impatto del suo fa-scino virile, si era lasciata anche un po' intimidire da quel fusto alto e bruno. La tentazione era stata quella di marciare fuori dalla porta il più rapida-mente possibile e sparire. Ma, a quell'epoca, aveva appena perso i suoi genitori e il disperato bisogno di un lavoro l'aveva convinta a restare. Adesso, ripensandoci, non poté fare a meno di stupirsi per la propria determinazione. Quarta in lista d'attesa per il colloquio prelimina-re, le tre donne che l'avevano preceduta erano state

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molto meglio vestite e truccate, e tutte più esperte professionalmente di lei, la classica diciottenne ap-pena diplomata, timida e insicura. Eleanor ricordò che per il colloquio aveva scelto un semplice abito di cotone verde menta e dei san-dali bianchi. Aveva raccolto i capelli in uno chignon perché quella pettinatura l'aveva fatta sem-brare più matura della sua età, e non si era data nep-pure la pena di togliere gli occhiali dalla pesante montatura scura che le davano vagamente l'aria di un gufo. In genere gli occhiali le servivano solo per legge-re da vicino, ma per lei rappresentavano una specie di barriera di sicurezza, e li indossava sempre, an-che se non era affatto necessario. Le sue compagne di liceo si erano sempre stupite del fatto che lei, al contrario delle altre ragazze, non avesse mai cercato di migliorare o enfatizzare il proprio aspetto fisico. Peggio ancora, era convinta di non avere proprio nulla da valorizzare. Inoltre, a causa della rigida e-ducazione che le aveva impartito sua madre, non aveva mai avuto i classici filarini adolescenziali e non aveva mai baciato un uomo. La sua vita era sta-ta sempre caratterizzata da casa e studio prima, da casa e lavoro in seguito. Curry Matherson l'aveva degnata appena di u-n'occhiata quando era entrata il primo giorno nel suo studio e si era seduta di fronte a lui. Per quanto la riguardava, invece, quel fusto alto e bruno aveva fatto un'impressione fulminante su di lei. Al punto che non aveva neppure capito la prima domanda da lui rivoltole, dopo avere letto i dati per-

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sonali sul suo curriculum, per avere conferma di quanto era scritto sul foglio. «Ti ho chiesto» le aveva ripetuto, senza dissimu-lare la propria impazienza, «quali sono le tue espe-rienze professionali. Non c'è scritto nulla qui» ave-va aggiunto, indicando il curriculum. «Terminato il liceo, ho lavorato tre mesi come segretaria per mio padre» aveva risposto, cercando di non mettersi a piangere. Pensare a suo padre le faceva sempre quell'effetto. «Tenevo la contabilità, sbrigavo la corrispondenza... cose del genere.» «Immagino tu non abbia ancora vent'anni, signo-rina...» Curry aveva dato un'occhiata al curriculum. «Perrie, esatto?» «Ho diciotto anni compiuti, signor Matherson» gli aveva confermato. «Diciotto anni» aveva ripetuto lui sottovoce, in uno strano tono. «Hai un fidanzato?» Lei aveva scosso il capo, sorpresa da quella do-manda. «Perché no?» aveva insistito Curry, osservandola attentamente. «Non ti piacciono gli uomini?» «I-io... Come dice, scusi?» aveva balbettato lei, imbarazzata. Inaspettatamente l'espressione di lui si era addol-cita. «Ho capito, non mi farai gli occhi dolci e non sarò costretto a tenerti continuamente a bada, vero, Eleanor Perrie?» «Riguardo a questo, può stare tranquillo» aveva replicato. «Chi si crede di essere, signor Mather-son? Con il dovuto rispetto, non la trovo così attra-ente... Inoltre è troppo vecchio per i miei gusti» a-veva aggiunto, mentendo spudoratamente.

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«Vecchio? Santo cielo, ragazzina, quanti anni credi che abbia?» era insorto Curry. Lei aveva approfittato di quella domanda per os-servarlo un istante, indugiando per qualche incon-scia ragione sulla sua bocca. «Almeno trenta» aveva risposto con sincerità. «Ne ho trentadue» aveva precisato Curry, acci-gliandosi di nuovo. «Ma finora nessuna donna mi aveva mai fatto capire che sono pronto per la lista d'attesa alla casa di riposo.» Imbarazzata, lei aveva abbassato lo sguardo. «Fiorellino... Legno verde» aveva mormorato in-vece Curry, con una risatina, riferendosi al vestito che indossava. «Come posso scartarti?» «Vuol dire che sono assunta?» aveva replicato, speranzosa. «Tutti abbiamo dei momenti di debolezza» aveva annuito lui. «Spero di non pentirmene... Hai idea di cosa significhi essere una segretaria personale? Do-vrai stare sempre a mia disposizione. Potrei aver bi-sogno di dettarti una lettera anche all'una di notte.» «Non c'è problema» gli aveva assicurato. «Ri-mango sempre alzata fino a tardi la sera.» «Di solito è una cosa che piace ai bambini» l'a-veva canzonata Curry, in tono divertito. «Okay, do-vrai trasferirti al ranch. Vitto e alloggio compresi.» Era stato quello l'inizio poco felice di una colla-borazione che si era rivelata invece stabile e soddi-sfacente per entrambe le parti. Eleanor conosceva il suo capo come pochissime altre donne. Nel tempo lo aveva visto stanco, felice, di buono e di cattivo umore, annoiato e raramente persino giù di morale.

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Insomma, dopo tre anni conosceva il carattere di Curry Matherson, intuiva i suoi stati d'animo come avrebbe potuto fare una moglie. E con il passare del tempo il colpo di fulmine per la sua prestanza fisica si era trasformato in un legame molto più profondo e maturo. Si era innamorata di lui. Al punto che ormai pa-ragonava ogni altro uomo a lui anche se, da quando lo conosceva, a Curry non mancavano certo le av-venture. Mentre lei, senza un filo di trucco, sempre vestita casual con i capelli raccolti alla base della nuca e gli occhiali che le nascondevano gli occhi e il viso, era rimasta la classica ragazza di campagna. Le amichette di Curry, quando arrivavano al ranch, la valutavano con un'occhiata e concludeva-no che non rappresentava un pericolo. Anzi, alcune cercavano di ingraziarsi la sua sim-patia, sperando di guadagnarsi un'alleata che le aiu-tasse a tenerlo al laccio. Finora, però, nessuna ci era riuscita. Alla fine, si concludeva sempre che Curry le chiedeva di ordinare una dozzina di rose dal fiorista e di spedirlo a qualche indirizzo. Un implicito messaggio di congedo, una silenzio-sa ripulsa, inappellabile come una sentenza di mor-te. Eppure erano tutte splendide ragazze, eleganti e sofisticate... Non c'era dubbio, infatti, che a Curry piacesse molto quel genere di donne bellissime e disinvolte. Non lo aveva mai visto dare appuntamento a qual-cuna che non fosse meno che statuaria. Be', a dire il vero, in qualità di assistente persona-

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le lo aveva accompagnato qualche volta a cene di lavoro e cocktail party... Ma lei aveva sempre in-dossato qualcosa di semplice e poco vistoso, adatto al ruolo che ricopriva. Nonostante ciò, le platoniche relazioni con il suo capo erano estremamente gradevoli e gratificanti. Forse perché rifiutava anche di ammettere i senti-menti che provava per lui. Aveva imparato molti anni prima, infatti, a non pretendere mai troppo dal-la vita. Le delusioni le avevano insegnato che nutri-re troppi sogni erano una garanzia per l'infelicità... Curry, adesso, stava congedando Durwood Ma-gins, e quel particolare la riportò bruscamente alla realtà. «Sei un vero tagliagole» disse a Curry, con e-spressione divertita, quando l'ospite se ne fu andato. «Saresti stato bene a fare il pirata su qualche velie-ro, due o tre secoli fa.» «Probabilmente sì» ammise lui, accennando un sorriso. «Che c'è, ragazzina? Qualcosa turba la tua coscienza per il modo in cui sono riuscito a convin-cere Magins?» «Grazie a te, non ho più una coscienza» rispose lei nello stesso tono. «Ormai sono completamente corrotta.» «Ne dubito» obiettò Curry ridendo. «Per favore, telefona a Mandy e dille che stasera passerò a pren-derla più tardi» disse, nominando la sua ultima fiamma. «Devo incontrare prima Jack Smith. Dopo due mesi di trattative pare sia finalmente pronto a scendere a patti per quella puledra che voglio.» «Scommetto che Amanda non la prenderà affatto bene» previde Eleanor. «Devo proprio dirle che dai

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la precedenza a una cavalla piuttosto che a lei?» ag-giunse, con una punta di malizia. «Ci penserò io più tardi a lisciarle le piume» re-plicò Curry tranquillamente. Quelle parole le provocarono un assurdo guizzo di gelosia, che tuttavia riuscì a nascondere, come al solito, dietro a un sorriso. «Le telefono subito» annuì. «A che ora posso dir-le di aspettarti?» «Verso le sette» rispose lui, dirigendosi verso la porta. Eleanor rimase un istante a guardarlo mentre si allontanava. Ormai erano quasi sei mesi che Curry faceva coppia fissa con Amanda Mitchell, un vero e proprio record per un rubacuori come lui. Difficile dire, tuttavia, se nutrisse sentimenti più profondi nei confronti della stupenda top model dai capelli rosso tiziano che era la sua fidanzata di tur-no. Di sicuro non aveva timore a lasciare che lei lo aspettasse, come quella sera. Curry era il classico tipo d'uomo sicuro di sé, il quale dava sempre per scontato che gli altri com-prendessero le sue esigenze. A cominciare dai suoi collaboratori e dalla sua segretaria, fino alle sue a-michette. Una sicurezza che sconfinava con l'arroganza, concluse Eleanor, chiedendosi come facesse un tipo vivace ed egocentrico come Amanda Mitchell a sopportare un atteggiamento del genere. Soprattutto considerando che le sarebbe bastato schioccare le dita per avere ai suoi piedi almeno una dozzina di uomini ogni sera. A quanto pareva, però, l'unico uomo che voleva

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era Curry Matherson. E se non gli avesse stretto troppo il morso, forse sarebbe riuscita a tenerselo. Per un po' di tempo, almeno. Lei, infatti, sapeva per esperienza che le avventu-re sentimentali di Curry non duravano mai a lungo. Amanda era solo la sua ultima conquista in ordine di tempo, niente di più. Eleanor compose il numero di telefono di Aman-da e le riferì quello che le aveva detto Curry. «Comportamento tipicamente maschile» com-mentò Amanda. «Possibile che Curry non riesca a dimenticare i suoi cavalli neppure per una sera?» sospirò sconsolata. «Ma tu come fai a sopportarlo?» «Ho l'esaurimento nervoso perenne» rise Eleanor, che non poteva fare a meno di trovare simpatica la top model, una rossa dal carattere solare ed estro-verso. «Ci credo... Okay, di' a quell'incorreggibile bruto che non l'aspetterò. Non se lo merita.» «Riferirò» le promise Eleanor. «Davvero avrai il coraggio di farlo? In questo ca-so, scommetto che gli verrà un colpo per la sorpre-sa» replicò Amanda. «A volte ho l'impressione che Curry ti consideri una specie di zerbino. Perché gli permetti di calpestarti in quel modo? Di non tenere conto delle tue esigenze? È una cosa insopportabi-le!» «Quando mi ha assunta mi ha avvertito che sa-rebbe stato molto esigente e io ho accettato. Avevo disperatamente bisogno di un lavoro» le spiegò Ele-anor. «Ma ti assicuro che Curry non sverrebbe se gli rispondessi per le rime. Cosa direbbero i suoi di-pendenti se venissero a saperlo?» aggiunse ridendo.

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«In questo caso, mi arrendo. Buona fortuna» le augurò Amanda. Dopo avere riagganciato, Eleanor sospirò, scuo-tendo il capo. Amanda aveva detto la pura verità. Non era facile andare d'accordo con Curry. Ma in certe occasioni lui si comportava con estrema genti-lezza. Come quando, per questioni urgenti, era co-stretto a farla lavorare fino a tardi. Curry aveva già lasciato il ranch per andare a vi-sionare la puledra di Jack Smith, quando un'auto di grossa cilindrata, una Buick ultimo modello, si fer-mò a poca distanza dall'edificio in cui c'erano gli uf-fici. Jim Black era meno alto di Curry, con un paio di occhi scuri e una folta capigliatura bionda che gli dava un aspetto vagamente leonino. «Credevo che a quest'ora avessi smesso di lavo-rare e stessi cenando» le disse il suo amico sorri-dendo. «Di solito è così, ma stasera Bessie ha una riu-nione in parrocchia e non mi sorride affatto l'idea di cenare da sola» gli spiegò. «Dopo che sarò riuscito a convincerti a lavorare per me, Bessie è la prossima in lista. È la miglior cuoca della contea» affermò Jim. «Curry si assicura sempre il meglio» dichiarò E-leanor. «Lo stesso vale per te, Norie» annuì Jim. «Perché non accetti la mia offerta? Ti compenserei meglio di Curry e ti concederei persino il fine settimana libe-ro.» «Non tentarmi» rispose Eleanor ridendo. «Prefe-

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risci cenare fuori o che prepari io qualcosa?» «Fuori, naturalmente. Non lavori già abbastanza, donna?» «Non mi sembra di esagerare» minimizzò lei. Lui sospirò, scuotendo il capo. «Che ne dici di andare a infilare qualcosa di carino?» «Non posso venire vestita così?» ribatté Eleanor, accennando al leggero abito giallo limone che in-dossava. «Ho intenzione di portarti al Limelight Club» re-plicò Jim in tono paziente. «E per una volta mi pia-cerebbe che tu indossassi qualcosa che ti valorizzi.» «Io?» domandò Eleanor sorpresa. «Sì, proprio tu. Perché non provi a uscire una se-ra con un aspetto diverso? Curry non ti vedrà, te lo garantisco.» «Mi stai chiedendo molto... Perché?» mormorò lei. «Semplice curiosità. Siamo amici da tanto tempo e non c'è nulla di male se per una volta mi accon-tenti.» «Non so se...» «Immagina sia un gioco. Pensa a te stessa come a un agente segreto che deve cambiare aspetto per compiere una missione importante.» A quelle parole, suo malgrado, Eleanor sorrise. «In questo caso... Mmh, vediamo... Ho un vestito che ho comprato e non ho mai messo.» «Lascia i capelli sciolti, mi raccomando, e togliti quegli occhiali che non hai affatto bisogno di porta-re sempre» aggiunse Jim. «Ehi, mi dici che cos'hai in mente?» gli domandò Eleanor, sorpresa.

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Lui assunse di colpo un'aria imbarazzata. Si co-noscevano da parecchio tempo e Jim non era mai riuscito a nasconderle nulla. Tra loro c'era quel ge-nere di amicizia fraterna che le scaldava il cuore. «Jim? Ti ho fatto una domanda» insistette, guar-dandolo negli occhi. «Okay» si arrese lui. «Ho bisogno del tuo aiuto. C'è una ragazza che...» Si interruppe, impacciato. «Vuoi farla ingelosire» intuì Eleanor. Jim arrossì leggermente. «Be', ecco, io...» «In questo caso, ti aiuto volentieri. Sei un amico, per te questo e altro» gli rispose sorridendo. «Ma non ti aspettare miracoli» aggiunse, cauta, alzando-si. Cinque minuti dopo Eleanor salì in camera sua, con il proposito di rendersi attraente per la prima volta in vita sua. Per lei si trattava di un'esperienza nuova ed emo-zionante. A peggiorare la situazione, provava il va-go presentimento che da quel momento qualcosa sa-rebbe profondamente e irrimediabilmente cambiato. Tuttavia non se la sentiva di deludere Jim, il qua-le in passato l'aveva sempre aiutata, soprattutto nel periodo difficile seguito alla perdita dei suoi genito-ri. Anche lui era un imprenditore, facoltoso quanto Curry, ma dal carattere molto più solare, pensò, sciogliendo i capelli.