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Il Castello fatato - La storia

• Il Castello visconteo di Cislago, paese vicino a Saronno, appartenente ai Castelbarco ha dato ospitalità a ben 12 famiglie ebraiche in attesa di varcare il confine con la Svizzera

• Ogni grano di Rosario sulle persiane ne segnano le stanze

(da Vita a Cislago di Tinì Castelbarco,1963)

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Il Castello fatato - La storia

• Il comando di zona delle SS avrebbe voluto stanziarsi nel Castello ma con un “piccolo stratagemma” fu deviato a Varese

• Il Castello continuò a essere segnato come punto di riferimento sulle piante della RAF

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La Svizzera e i profughi all’epoca del

nazionalsocialismo• Le informazioni sulla deportazione e sullo sterminio degli ebrei giunsero in Svizzera durante l'estate del 1942

• Le autorità svizzere decisero di chiudere la frontiera accogliendo soltanto un piccolo numero di perseguitati e respingendo i «profughi solo per motivi razziali, ad esempio gli ebrei».

• Simbolo di tale politica diventò la «barca è piena».

  (Da Commissione Indipendente d’Esperti Svizzera – Seconda Guerra Mondiale, 1999)

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Il ruolo internazionale della Svizzera

• tradizione d’asilo• impegno umanitario legato alla

neutralità• obblighi internazionali (Comitato

internazionale C.R.I.)• importante piazza finanziaria.

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Le scelte politiche

• Lotta contro l’«inforestierimento» e contro la «giudaizzazione»

• Apposizione della «J» sui passaporti degli ebrei tedeschi dopo l’annessione dell’Austria al Reich (1938)

• Nell’estate 1942 le autorità elvetiche giunsero alla conclusione che per motivi militari, politici ed economici la Svizzera, salvo poche eccezioni, non poteva più accogliere altri profughi

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Responsabilità e solidarietà

• I responsabili militari suggerirono il respingimento sistematico al confine come misura atta a distogliere altri fuggiaschi

MA• singoli funzionari e moltissimi

privati cercarono di salvare i fuggitivi giunti alla frontiera Svizzera

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Responsabilità e solidarietà

• Per superare il confine, molti fuggiaschi si appoggiavano ai cosiddetti passatori, che agivano in parte per motivi finanziari, in parte per convincimenti politici, religiosi o umanitari

• sul lato svizzero, si incontravano funzionari che in certi casi mostravano comprensione e aiutavano, in altri reagivano nei loro confronti con inflessibilità talvolta anche con un disprezzo di matrice antisemita e con violenze fisiche

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I dati

• Dall’agosto 1942 il numero dei respinti alle frontiere subì un aumento massiccio e rimase elevato sino all’autunno 1943

• Dall’autunno 1943 le autorità passarono a una linea meno restrittiva

• Molti fuggiaschi giungono in Svizzera dalla frontiera italiana

• Agli ebrei venne riconosciuta la situazione di perseguitati come motivo di accoglimento solo nel luglio 1944

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I testimoni: la fugaLiliana Segre

“ Con fatica enorme, passammo il confine sulle montagne dietro a Ingiù, e arrivati in Svizzera ci pareva di sognare. Pochi passi in un bosco, bagnati e intirizziti (era il 7 dicembre 1943), poi ci imbattemmo in una sentinella che ci accompagnò al comando di Arzo (piccolo paese del Canton Ticino). Là un ufficiale svizzero-tedesco, subito odioso, non volle sentire né ragioni, né suppliche, né pianti…”

(Da Voci dalla Shoah, La Nuova Italia, 1995)

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I testimoni: l’arresto Goti Bauer

“Prima della partenza e si erano premurati di darci la metà di un santino staccato in due, in modo che la guida, al ritorno dalla missione, riportando il pezzo mancante, potesse provare a quelli del giorno dopo che tutto era andato liscio.

“Vi salutiamo qui, dateci la mezza figurina e buona fortuna”.

Di fatto, si voltarono, fecero un fischio e sparirono. Nel medesimo istante si udirono degli spari… circondati dalle guardie di finanza italiane, arrestati, portati in una caserma…”

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I testimoni: la salvezzaLiliana Treves Alcalay

“…Febbraio 1944. Alla mia destra scorsi una casa illuminata nascosta tra gli alberi innevati. Vi passammo vicinissimi perché potei scorgere al di là dei vetri due uomini. Era la casa frontaliera. Varcammo il confine. La neve era alta e facemmo fatica ad avanzare.

I passatori ci dissero che eravamo in Svizzera e che dovevamo proseguire da soli. Ci augurarono buona fortuna e si dileguarono nella notte….

"Mamma, ora mi posso chiamare Liliana Treves?"….”

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Le domande• Che cosa sarebbe successo se nell’estate

del 1942 fosse stata diversa la scelta svizzera di non chiudere le frontiere ai profughi perseguitati per motivi razziali?

• Che cosa sarebbe accaduto se fosse stata attuata in Svizzera una politica ispirata a precetti umanitari?

• Che cosa sarebbe accaduto se fosse scattata più diffusamente la molla della solidarietà per impedire lo sterminio degli ebrei?

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Il Castello fatatooggi

RIFLESSIONI Se nella Shoah pochi

sono stati i salvatori, come la contessina Tinì Castelbarco, benchè il loro esiguo numero non sia stato sufficiente ad evitare lo sterminio, essi hanno comunque consentito di salvare la fiducia nell’umanità.