Italo Calvino rivisitato. Lezioni americane ed...

83
Faculiteit Letteren en Wijsbegeerte Tesi di laurea 2007-2008 Italo Calvino rivisitato. Lezioni americane ed engagement Eline Renard Promotor: Prof. dr. S. Verhulst Master Italiaans-Nederlands Letteratura italiana

Transcript of Italo Calvino rivisitato. Lezioni americane ed...

Faculiteit Letteren en Wijsbegeerte

Tesi di laurea

2007-2008

Italo Calvino rivisitato.

Lezioni americane ed engagement

Eline Renard Promotor: Prof. dr. S. Verhulst Master Italiaans-Nederlands Letteratura italiana

Premessa Vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuta ed aiutata durante la lavorazione

di questa tesi. Grazie alla loro collaborazione sono riuscita a portare a termine con successo

questo lavoro.

Innanzitutto, vorrei ringraziare la Prof. dr. Sabine Verhulst che mi ha dato l’opportunità di

scrivere una tesi su Italo Calvino e mi ha lasciato una grande libertà nella scelta delle

tematiche. Grazie per il Suo supporto e la Sua pazienza.

Un’altra persona che mi ha molto incoraggiata e aiutata è Sarah Decombel a cui sono molto

riconoscente per la sua assistenza e pazienza.

Ci sono ancora tantissime persone a cui sono grata per il loro aiuto e il loro supporto:

I miei genitori, la mia matrigna, mio fratello, la mia sorellastra e il mio fratellastro che hanno

cercato di aiutare dove potevano.

Mattias, la persona in cui ho sempre trovato conforto.

I miei amici e le mie amiche che non mi hanno visto tanto ultimamente, ma hanno comunque

continuato a incoraggiarmi fino all’ultimo giorno.

Francesca e Elisa, le mie più care amiche italiane che hanno sempre cercato di rispondere a

tutte le mie domande.

In breve, ringrazio tutte le persone che mi stanno a cuore e che mi hanno aiutata,

incoraggiata e sostenuta. Grazie a loro, ho potuto concludere al meglio questa tesi.

Indice

Introduzione ........................................................................................................................ 1

Capitolo 1: Lezioni americane............................................................................................ 6

1.1 Che cosa sono le Lezioni americane ? .......................................................................... 6

1.2 Engagement nelle Lezioni americane ......................................................................... 13

Capitolo 2: Engagement e Rapidità/Visibilità ................................................................. 17

2.1 Impegno politico e sociale ......................................................................................... 18

2.1.1 Impegno e fiction in Il sentiero dei nidi di ragno ................................................ 19

a) Il realismo fiabesco .................................................................................................. 20

b) Perché Pin? ............................................................................................................. 23

c) Rapidità in Il sentiero dei nidi di ragno.................................................................... 27

d) Visibilità in Il sentiero dei nidi di ragno .................................................................. 29

2.2 Punto di svolta: aumento graduale dell’impegno letterario e enfasi sul fantastico ....... 32

2.2.1 Fiction e impegno in Il barone rampante ........................................................... 33

a) Impegno politico? ........................................................................................... 35

b) Il setting fantastico ......................................................................................... 36

c) Impegno letterario e la posizione dello scrittore .............................................. 39

d) Rapidità e Visibilità in Il barone rampante ..................................................... 41

Capitolo 3: Rapidità e Visibilità come strumenti di analisi............................................. 44

3.1 Rapidità ..................................................................................................................... 45

3.2 Visibilità ................................................................................................................... 51

Capitolo 4: Rapidità e Visibilità applicate a due opere calviniane ................................. 57

4.1 Fiabe italiane - Rapidità ............................................................................................ 57

4.2 Le Cosmicomiche - Visibilità ..................................................................................... 66

Conclusione ....................................................................................................................... 74

Bibliografia ........................................................................................................................ 77

1

Introduzione

Italo Calvino è indubitabilmente considerato tra i più grandi scrittori del Novecento

letterario italiano. Egli ricopre una posizione unica nel panorama italiano per la varietà della

sua opera, la sua evoluzione poetica e la sua voce particolare predominante nei dibattiti e

nelle polemiche letterarie del Novecento.

In questa tesi si toccheranno alcuni temi chiave per l’intera opera calviniana. Si cercherà di

seguire e capire certi cambiamenti di poetica, rispecchiati in alcuni romanzi di Calvino. Tale

operazione si potrebbe definire un’analisi retrospettiva, dato che ha trovato il suo punto di

partenza nell’ultima opera che Calvino ha scritto durante la sua vita, le Lezioni americane.

Sei proposte per il prossimo millennio. Questa opera ricopre una posizione chiave nella sua

attività di scrittore, anche poiché in essa Calvino ha l’ultima possibilità di esporre le sue

preferenze a riguardo della letteratura e della poetica. Il lavoro presente si è concentrato su

due lezioni in particolare, Rapidità e Visibilità. Calvino valuta questi due valori in base alla

(propria) letteratura fantastica. Proiettando le due lezioni sulle sue opere precedenti, si è

osservato che la rapidità e la visibilità, in quanto qualità letterarie, sono effettivamente più

esplicitamente presenti nelle opere in cui la componente fantastica domina sulla componente

realistica.1 A seconda vista si è notato un altro fattore considerevole nelle Lezioni

americane, il fatto che Calvino commenti e critichi alcuni aspetti della cultura e della società

attuale, alla luce dei valori vantati. Alla dimensione letteraria, in cui lo scrittore cerca di

additare le qualità letterarie indispensabili nella prospettiva del prossimo millennio, si

aggiunge quindi una dimensione sociale, culturale e critica che rivela un certo grado di

impegno in Calvino. Per questo motivo si è anche esaminato nel lavoro presente,

l’engagement, ossia l’impegno2 in Calvino, mediante alcune delle sue opere.

A scanso di equivoci si chiarirà il concetto di impegno, le forme derivate, impegno politico e

sociale e impegno letterario, e altri termini e concetti a cui si richiamerà nel corso del lavoro

presente.

1 Si intende il termine «fantastico» semplicemente come la variante aggettivale di «fantasia» e «realistico» come la variante aggettivale di «realtà» senza che si riferisca alla corrente artistica chiamata Realismo. 2 I termini «engagement» e «impegno» sono intercambiabili . Si alternano senza nessuna implicazione di significato.

2

Impegno si presenta come un termine problematico per due ragioni notevoli. In primo luogo,

Jennifer Burns ha osservato che il concetto di impegno, non si è mai fissato nella letteratura

come dogma chiaro e preciso.3 Il termino arrivò in Italia nel 1946 mediante la rivista

Politecnico in cui era pubblicata la presentazione di un’altra rivista Les temps modernes

diretta dal grande filosofo, scrittore e esistenzialista francese Jean-Paul Sartre.4 In questo

manifesto Sartre usava il termine engagement con cui indica, secondo Giuseppe Petronio:

«un modo di porsi di fronte alla vita e all’arte del tutto antitetico a quello che lui [Sartre] chiamava “borghese” e “analitico”, quello che in Italia era stato teorizzato dai rondisti, e poi dagli ermetici e da ogni altro gruppo o genere di formalisti»5

Secondo Sartre lo scrittore doveva respirare l’aria dell’epoca in cui viveva e identificarsi con

essa. L’impegno di cui parlava, aveva innanzitutto un carattere filosofico. In questo senso

Petronio precisa: «l’impegno era una scelta di vita, una visione del mondo e quindi anche del

compito che è assegnato a chi scrive, e dunque anche una poetica»6.

In secondo luogo si deve tener presente che il termine engagement, ossia impegno, racchiude

forme svariate di impegno: s’intende l’impegno politico e sociale ma anche l’impegno

letterario. Visto che il concetto di impegno arriva in Italia durante il periodo tumultuoso del

dopoguerra, la natura filosofica del termine è stata sostituita da una natura politica e sociale.

Di solito, quando si usa il termine impegno in contesti letterari, si intende l’impegno politico

e sociale degli anni quaranta e cinquanta, collegato alla corrente del neorealismo7. Gli

scrittori che aderivano all’impegno politico e sociale cercavano di rappresentare nei loro

scritti la realtà attuale e di raggiungere attraverso le loro opere un pubblico non

esclusivamente letterario, allo scopo di cambiare il mondo degradato in cui vivevano8:

«Raccontare dunque non sé ma il mondo, il “reale”: per conoscerlo, per rendersi conto di

quanto era successo, per cambiarlo»9 e «”utilizzare” il linguaggio per trasformare la parola

in “azione”, cosicché la letteratura acquisiti rilievo dinamico nel conflitto sociale»10.

Nel corso degli anni cambiò qualcosa, in particolare per Calvino: egli non si accontentava

più di riconoscere e capire il mondo, ma si rende conto, come precisa la Burns, che tra

3 J. Burns, Fragments of impegno, Leeds, Northern University Press, 2001, p. 37. 4 G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1994, p. 23. 5 Ivi, p. 24. 6 Ivi, p. 26, corsivo suo. 7 Per una descrizione di “neorealismo” vedi p. 16 della tesi. 8 G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, cit., p. 27, 35. 9 Ivi, p. 28. 10 V. Roda (a cura di), Manuale di italianistica, Bologna, Bononia University Press, 2005, p. 324.

3

conoscere il mondo reale e poter cambiarlo vi è un’immensa differenza.11 Il mondo reale

non gli bastava più e Calvino attenua la sua ambizione di risolvere i problemi del mondo

attuale tramite la letteratura. In un saggio del 2000, la Burns osserva:

«His believe that literature can act to solve social problems has diminished, but he retains none the less a faith in the power of literature to educate people in their attitude towards those problems»12

Calvino non perde mai la sua fiducia nella forza della letteratura, una fiducia che ritornerà

poi nella sua opera finale, Lezioni americane. Tuttavia, l’urgenza di rappresentare la realtà in

modo realistico, si placa e da ora in poi Calvino inizia a scrivere opere in cui la componente

fantastica predomina e comincia inoltre a interessarsi nella teoria letteraria.13 Calvino si fa

problemi di natura teoretica e formale, questioni letterarie e formali che lo preoccupavano e

che Petronio descrive come “formalistiche”:

«l’artista che cerca tormentosamente le parole (e i metri, le figure retoriche, i modi narrativi, le mille e mille diavolerie) che gli sono necessarie per dire le cose che vuole dire»14

Da quel momento, Calvino non riesce più a liberarsi di questi problemi e di queste idee e

comincia a affrontarlinei suoi romanzi. Lo scrittore riesce più adeguatamente a trasmettere il

suo messaggio in una letteratura in cui la componente fantastica domina e integra certi

questioni letterari nelle sue opere come si vedrà ne Il barone rampante. D’ora in avanti, non

si può più parlare di impegno politico e sociale ma di impegno letterario, visto che considera

la letteratura nella letteratura. Tuttavia, si deve sottolineare che queste due forme di impegno

non si escludono, però una delle due si presenta generalmente come dominante.

Nel lavoro presente si usa anche il termine fiction. L’uso di questo termine avviene sempre

in relazione con la componente fantastica. Al fine di non creare confusione, si deve

interpretare fiction nel senso di «genere letterario (…) che si basa sulla narrazione di fatti

inventati»15. Dal momento in cui la componente fantastica prevale su quella realistica, ci si è

permesso di indicare l’opera esaminata come un esempio di fiction. Visto che nelle lezioni

Rapidità e Visibilità Calvino si riferisce principalmente a esempi di letteratura fantastica, si

è creato un legame tra la presenza di elementi di rapidità e di visibilità e la letteratura

fantastica. Di seguito si proverà a trovare tali elementi di rapidità e di visibilità ne Il sentiero

11 J. Burns, Fragments of impegno, cit., p. 23. 12 J. Burns, «Telling Tales about “Impegno”: Commitment and Hindsight in Vittorini and Calvino», The

Modern Language Review, 2000, 4, p. 1002. 13 Ibidem. 14 G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, cit., p. 42. 15 M. Cannella (a cura di), Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, Bologna, Zanichelli, 2006, p. 701.

4

dei nidi di ragno del 1947, un’opera che appartiene al periodo neorealista di Calvino e ne Il

barone rampante del 1957, un’opera scritta durante il periodo in cui Calvino si allontanava

dal neorealismo e integrava sempre più elementi fantastici nella sua letteratura. Si cercherà

poi di approfondire e analizzare le lezioni, Rapidità e Visibilità, per applicarle

rispettivamente a due opere calviniane: il lavoro di riscrittura di fiabe, Fiabe italiane, e

un’opera del 1965, Le Cosmicomiche.

Dato che si toccherà nell’analisi della Visibilità il tema dell’immaginazione, conviene

chiarire brevemente il concetto di immaginazione come verrà usato nel terzo capitolo e

indicare la differenza tra immaginazione e fantasia. A prima vista entrambi i termini

sembrano riferirsi allo stesso significato, cioè la capacità di

«rappresentarsi oggetti non forniti allo stato attuale dalla sensazione, oggetti che non sono presenti davanti a noi nel momento in cui vi entriamo in rapporto»16

Nonostante questa prima impressione, i due termini non si possono usare con lo stesso

significato. Vi è una differenza fondamentale per cui i due termini non si possono usare

indifferentemente. La maggiore differenza, come indica Christophe Bouriau17, sta nel fatto

che nel concetto di immaginazione si trovi l’idea di “formare qualcosa”, un’idea che non

viene implicata dal concetto di fantasia.18 Il fatto che nell’immaginazione si cerca di

“formare qualcosa” indica che si è guidati dalla ragione e che si prende di mira uno scopo

mentre la fantasia non sia guidata o controllata dalla ragione ma si manifesta piuttosto come

una caratteristica del sogno.19 La ragione fondamentale per cui si affronta nella lezione sulla

visibilità il concetto di immaginazione e non quello di fantasia è che

«dans le terme d’imagination, il y a l’idée d’une “vision”: une chose est en vue, au moins sous forme d’ébauche, et c’est cette vue qui va guider le travail de l’artiste ou de l’artisan. Le terme fantaisie en revanche n’implique pas l’idée d’une chose en vue (à réaliser)»20

La ragione e «la “vision” d’une chose en image»21 fanno dell’immaginazione quello che

Calvino indica come il «pensare per immagini»22.

16 M. Sanna, Immaginazione, Napoli, Alfredo Guida, 2007, p. 8. 17 C. Bouriau, Qu’est-ce que l’imagination ?, Paris, Librairie Philosophique J. Vrin, 2003. 18 Ivi, p. 43. 19 Ivi, p. 42-43. 20 Ibidem. 21 Ibidem. 22 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Oscar Mondadori, 2002, p. 103,corsivo suo.

5

Nel primo capitolo si parlerà dunque delle Lezioni americane in generale. Nella prima parte

del capitolo si tratterà l’intenzione alla base dell’opera saggistica dello scrittore, verranno

esposte le quattro interpretazioni dell’opera formulate da Wladimir Krysinski e si affronterà

il tema dell’incompiutezza delle Lezioni americane. In seguito si descriveranno le diverse

rielaborazioni strutturali dell’opera rivelate da Mario Barenghi e si passerà in rassegna le

lezioni che non verranno esaminate in maniera approfondita: Leggerezza, Esattezza e

Molteplicità. La seconda parte del capitolo sarà poi dedicata al tema dell’engagement nelle

Lezioni americane.

Il secondo capitolo è diviso in due parti. In primo luogo si analizzerà il romanzo con cui

Calvino ha esordito, Il sentiero dei nidi di ragno, alla luce dell’impegno politico e sociale. Si

inizierà con la presentazione della tematica principale del romanzo, la Resistenza, per poi

rivelare come e perché Calvino ha innestato una componente fiabesca nel suo romanzo

neorealistico. In seguiti si focalizzerà l’attenzione sul protagonista e sulla componente

autobiografica dell’opera. In conclusione verranno riferiti alcuni elementi di rapidità e di

visibilità ritrovati in questo romanzo. Nella seconda parte del capitolo si tenterà di

dimostrare l’aumento graduale dell’impegno letterario e la maggiore presenza di elementi

fantastici nelle opere di Calvino a partire dalla stesura de I nostri antenati. Analizzando Il

barone rampante si vedrà che l’engagement in questo romanzo è di stampo completamente

differente di quello costatato ne Il sentiero dei nidi di ragno. Si indicheranno alcuni resti

dell’impegno sociopolitico e i loro significati. Di seguito si esaminerà il setting nel romanzo

e il paragone tra la posizione e il punto di vista del barone rampante e quello del poeta-

scrittore. Per concludere si analizzeranno gli elementi di rapidità e di visibilità in questo

romanzo.

Nel terzo capitolo verranno prese in esame due Lezioni americane: Rapidità e Visibilità. Si

cercherà di analizzare e approfondire le due lezione in tal modo che potranno servire come

strumenti di analisi nel capitolo finale.

L’ultimo capitolo sarà dedicato all’applicazione delle due lezioni, esaminate nel capitolo

precedente, a due opere calviniane. Si tratta quindi di un’analisi retrospettiva: tramite la

conoscenza acquisita dall’analisi delle due lezioni si cercherà di rintracciare la realizzazione

di entrambi i valori. Si applicherà la lezione sulla rapidità alle Fiabe italiane e si concluderà

con l’analisi de Le Cosmicomiche alla luce della lezione sulla visibilità.

6

Capitolo 1 : Lezioni americane

1.1 Che cosa sono le Lezioni americane ?

Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio è l’ultima opera di Italo Calvino.

L’autore ci ha lavorato fino all’ultimo giorno della sua vita. Fu pubblicata postuma, prima in

inglese, Six memos for the next millennium, e di seguito, con modificazioni e rielaborazioni

condotte da Mario Barenghi, in italiano nel maggio del 1988 presso l’editore Garzanti di

Milano.1

Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio è l’opera che Calvino ha scritto

come risposta all’invito dell’Università di Harvard a Cambridge nel Massachusetts. Calvino

fu invitato, primo fra gli scrittori italiani, a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures

per l’anno accademico 1985-1986. Si era impegnato, in maniera quasi ossessiva, come

testimonia sua moglie Esther Calvino2, nello spiegare ed illustrare i sei valori letterari che

secondo lui andavano conservati nel millennio seguente. Nei suoi appunti Mario Barenghi ha

sottolineato la cura e l’attenzione meticolosa con cui l’autore ha scelto, organizzato ed

esemplificato i valori adeguati per il prossimo millennio : la leggerezza, la rapidità,

l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza. Le prime cinque lezioni furono scritte

in Italia, mentre Calvino aveva progettato di scrivere la sesta ed ultima lezione, Consistency,

in loco. Poco prima di partire per gli Stati Uniti fu colpito da infarto e morì nella notte tra il

18 e il 19 settembre. Di conseguenza la sua poetica non fu mai completata. Per via della

morte precoce dello scrittore il libro è spesso stato accolto presso la critica come il

testamento letterario di Italo Calvino.

Dopo una grande carriera come scrittore e saggista, le Lezioni americane sono state percepite

come testo chiave per comprendere appieno l’intera opera calviniana3, essendo questa

l’ultima opera in cui Calvino delinea le sue convinzioni poetiche. Le Lezioni americane

formano un unicum per il modo disteso ed elaborato in cui lo scrittore passa in rassegna le

proprie opere narrative.4

1 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. V. 2 Ibidem. 3 De Caprio, Caterina e Olivieri, Ugo Maria (a cura di), Il fantastico e il visibile, Napoli, Libreria Dante e Descartes, 2000, p. 64. 4 C.R. Frisch, «Review: Six memos for the next millennium», MLN, 1989, 1, p. 262-263.

7

L’intenzione che aveva Calvino con queste lezioni sembra assai chiara a prima vista. Il titolo

inglese e in particolare il fatto che scrivesse queste lezioni per tenere le Charles Eliot Norton

Poetry Lectures all’università rivelano il carattere persuasivo e lo scopo didattico dell’opera.

Ciò è inoltre confermato dal piccolo commento aggiunto dallo scrittore stesso nei suoi

appunti preparatori alle Lezioni americane: «in tutte un richiamo alla insostituibilità della

letteratura e della lettura in un mondo che non vorrà più leggere»5. In questo commento

risulta evidente il rilievo sociale che Calvino attribuiva alla letteratura, un impegno sociale e

letterario di cui si parlerà più estesamente nel secondo capitolo.

Il tema dell’intenzione risulta comunque più problematico di quanto non possa sembrare a

prima vista. Mario Barenghi è riuscito a dimostrare l’importanza del titolo che Calvino

scelse per le sue lezioni. Negli appunti ritrovati ci sono alcuni titoli alternativi. Barenghi6

scopre un’evoluzione nella scelta del titolo fino a quello definitivo con cui l’opera viene

indicata oggi. Il primo titolo fu Six literary legacies for the incomming millennium. Tranne la

parola ‘legacies’, non sembra tanto diverso dal titolo adoperato oggi. I termini alternativi

furono ‘some values’ e ‘memos’. La sostituzione di ‘legacies’ con ‘memos’ è rilevante in

quanto attesta il carattere aperto e assolutamente non dogmatico delle lezioni. Il fatto che

Barenghi abbia delineato questa evoluzione e abbia di conseguenza lumeggiato un aspetto

notevole dell’intenzione di Calvino apre la discussione.

Tanti critici si sono chiesti come leggere e percepire le Lezioni americane, proprio per via

della libertà di interpretazione offerta da questa opera. Si può concludere che la varietà e la

ricchezza delle Lezioni americane portano a chiamarle un’opera multinterpretabile. Il critico

Krysinski ha provato a concretizzare questa varietà di interpretazioni. Egli sostiene che

esistono quattro contesti diversi alla luce di cui si può considerare l’opera. Queste quattro

possibilità non formano un elenco esaustivo, ma danno un’idea assai generale delle diverse

letture a cui si prestano le Lezioni americane. In primo luogo Krysinski presenta le lezioni

come un corso di letteratura universale.7 Sembra grosso modo che Calvino cercasse di

mettere in risalto alcune opere (francesi, americane, inglesi, spagnole,...) imperniandosi su

questi sei valori ritenuti fondamentali. Emerge dunque il problema della soggettività con cui

Calvino sceglie e di conseguenza favorisce certi autori. La seconda possibilità si concentra

5 M. Barenghi (a cura di), Italo Calvino. Saggi 1945-1985, Milano, Arnoldo Mondadori, 1995, p. 2961. 6 Ivi, p. 2965. 7 W. Krysinski, «Rereading the Memorable “Memos” or How to Read “Lezioni americane”», Rivista di Studi

Italiani, 2003, 2, p.177-178.

8

sulla soggettività suddetta e definisce l’opera come un’esposizione della visione personale

sulla letteratura propria a Calvino.8 Significa che lo scrittore vuole innanzitutto difendere i

valori prescelti e appoggia la sua argomentazione con esempi di grandi scrittori al fine di

convincere il suo pubblico. Per la terza interpretazione Krysinki vede nelle Lezioni

americane l’esposizione utopica del libro ideale tramite questi sei valori indispensabili.9

L’ultima possibilità fornita da Krysinski sembra quasi un’accusa. Krysinski descrive l’opera,

in quest’ultima interpretazione, come un’autodifesa e un’autoriflessione, adottando un tono

pressappoco negativo.10 Il motivo principale per questa interpretazione deriva dal fatto che

Calvino citi spesso le proprie opere per illustrare i valori che sta difendendo. In questa tesi si

aderirà all’ultima interpretazione di Krysinski in quanto autoriflessione, pur senza tener

conto del tono leggermente negativo. Vent’anni dopo la prima pubblicazione italiana sembra

ormai chiaro che Calvino abbia esibito molto di se stesso nel dare vita alla propria opera.

Nonostante la sua angoscia nel rivolgersi al pubblico e le sue difficoltà con gli scritti

autobiografici, si può considerare quest’opera la più aperta, diretta e in un certo senso anche

la più onesta dei suoi saggi poetici. Un libro rilevatore, come lo chiama Domenico Scarpa,

non soltanto perché Calvino rivela un po’ chi è, ma soprattutto perché espone e difende cosa

vuole e chi ha provato di essere.11

Vi sono parecchie caratteristiche che segnano quest’opera e che hanno contribuito a

popolarizzare questa rassegna di poetica basata su sei fondamenti. In Calvino colpisce

sempre la naturalità e l’oralità della scrittura. Egli immerge il lettore in un mondo diverso,

particolare ma sempre abbastanza riconoscibile e riesce a captare l’attenzione del lettore.

Come rimarca giustamente Scarpa, le Lezioni americane come tante altre opere calviniane

testimoniano un entusiasmo insaziabile con cui l’autore riesce a trascinare i suoi lettori.12

Generalizzando si potrebbe considerare questo entusiasmo il segreto del successo di Calvino.

Come accennato prima, queste lezioni si possono infatti considerare un compendio della sua

attività saggistica.13 Un’opera in cui si riannodano tutti i fili della poetica calviniana, ma che

rimane per certi versi enigmatica, in particolare per quanto riguarda l’incompiutezza

dell’opera dovuta alla morte precoce dell’autore. La lezione mancante, Consistency, ha

8 Ivi, p.178-181. 9 Ivi, p. 182-183. 10 Ivi. p. 183-184. 11 D. Scarpa, Italo Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999, p. 145. 12 Ivi, p. 144. 13 Ivi, p. 145.

9

messo in crisi l’intera critica calviniana. Come rivela il titolo, questa sesta lezione avrebbe

trattato la coerenza come valore letterario. Mario Barenghi ha svelato e commentato il lavoro

preparatorio delle lezioni e ha perfino indicato alcuni accenni a questa sesta lezione

inesistente. La mancanza della sesta lezione ha spinto molti critici a fare delle congetture. Di

Consistency Calvino ha lasciato pochi appunti. L’unica cosa su cui non esiste neanche il

minimo dubbio è che lo scrittore avrebbe illustrato il valore della coerenza con almeno tre

testi significativi: Amerika di Franz Kafka, Bartleby, the Scrivener di Herman Melville e

Wakefield di Nathaniel Hawthorne. Come presume Barenghi, Consistency avrebbe fornito la

soluzione ad alcuni problemi irrisolti e avrebbe offerto una sintesi conclusiva dell’opera di

poetica e dei sei valori basilari. Inizialmente Calvino aveva l’intenzione di dedicare un’intera

lezione al problema del cominciare e del finire, ma cambiò idea progettando di riassumere

questa lezione già scritta e di integrarla nella sesta lezione. Il fatto che Calvino reputasse il

tema degno di una delle sei conferenze mostra come l’inizio e la fine di un testo risultassero

di grande rilievo per lui. Si può presupporre che Calvino, se avesse potuto, avrebbe curato il

finale con grande precisione e con un entusiasmo contagioso. Questa fine, questa ultima

lezione, sarebbe probabilmente stata un punto d’arrivo in cui lo scrittore sarebbe riuscito a

far confluire le cinque lezioni precedenti.14 Sembra probabile che Calvino, parlando di

coerenza, avrebbe al tempo stesso provato a dare coerenza alla sua opera come nelle lezioni

precedenti cercava di approfondire ed illustrare i valori applicandoli contemporaneamente

alle lezioni stesse. Analogamente Cesare Garboli, nella sua recensione delle Lezioni

americane, osserva come Calvino «parla con esattezza dell’esattezza, con rapidità della

rapidità, con molteplicità della molteplicità, ecc. ecc.»15.

Se si interpreta il termine consistency come «la connessione logica tra le parti d’un tutto»16,

come suggerisce Domenico Scarpa, si riesce a evidenziare l’importanza che Calvino

attribuisce al susseguirsi armonico e logico delle singole lezioni. Le diverse riorganizzazioni

delle lezioni, rimarcate negli appunti, mostrano come Calvino non volesse soltanto difendere

sei valori autonomi, ma l’insieme di questi valori interdipendenti, un insieme coerente.

Mario Barenghi ha fornito una panoramica delle diverse rielaborazioni strutturali ritrovate

negli appunti di Calvino. Questa rassegna dimostra che gli spostamenti, le eliminazioni e gli

scambi nell’organizzazione delle lezioni sono avvenuti prevalentemente per ragioni

14 M. Barenghi, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 37-38. 15 C. Garboli, «Plutone nella rete», L’Indice, 1988, 10, p. 12-13. 16 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 91.

10

tematiche. Un altro esempio rilevante che illustra la propensione calviniana per la coerenza e

per l’armonia è il suo stile organizzativo. La struttura delle prime due lezioni (Leggerezza e

Rapidità) è contrassegnata da coppie antinomiche. Calvino sostiene la necessità della

rapidità, tuttavia senza escludere l’indugio, considerando i due valori come due lati opposti

di un’unica qualità. Nella terza lezione, Esattezza, lo scrittore cambia procedimento

organizzativo. Come precisa Barenghi17, in questa conferenza accenna al valore opposto

unicamente per rafforzare l’importanza del valore prediletto. Nelle ultime due lezione

(Visibilità e Molteplicità) adopera poi la tecnica dell’enumerazione. Dato che dagli appunti

preparatori delle Lezioni americane e dall’organizzazione interna delle conferenze si può

dedurre la perseveranza con cui Calvino applicava il valore della coerenza, non sembra

esagerato ipotizzare che l’ultima lezione sarebbe stata di grandissimo rilievo per l’intera

opera.

In questa tesi ci si concentrerà su due lezioni in particolare: Rapidità e Visibilità. Visto che

Calvino dava molto peso all’idea della coerenza, sembra opportuno di passare in rassegna le

lezioni che non verranno esaminate in modo approfondito: Leggerezza, Esattezza e

Molteplicità. La lezione sulla leggerezza è indubbiamente quella più analizzata e

approfondita nella critica ed è anche la conferenza cui Calvino ha consacrato molto tempo:

dei 5 block-notes di appunti preparatori, Lightness occupa gran parte del primo block-notes e

parti sparsi negli altri.18 La lezione con cui aveva iniziato sarà anche quella con cui decise di

aprire il ciclo di sei conferenze. Nelle prime parole Calvino presenta la qualità della

leggerezza in relazione al proprio contrario, il peso, e descrive la leggerezza come una

«sottrazione di peso»19. Tutti sono in cerca di leggerezza, pone Calvino, perché fornisce

l’unico rimedio con cui si riesce ad allontanarsi dal peso della vita, della realtà e della

storia.20 Alla fine della lezione specifica i quattro fili che hanno intrecciato la sua conferenza

sulla leggerezza, focalizzandosi in quarto luogo sul filo con cui aveva iniziato il suo

discorso: «la letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come

reazione al peso di vivere»21. Un filo conduttore che rintraccia in uno dei suoi grandi

maestri, Giacomo Leopardi, che era più che nessun altro cosciente dell’«insostenibile peso

17 M. Barenghi, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», cit., p. 36-37. 18 M. Barenghi (a cura di), Italo Calvino. Saggi 1945-1985,cit., p. 2959. 19 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 7. 20 A. De Vivo, «Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino», Italica, 1995, 1, p. 91. 21 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 33.

11

del vivere»22. Leopardi raffigurava nelle sue poesie e nelle sue osservazioni zibaldoniane, la

felicità e il piacere che considerava irraggiungibili se non in modo passeggero, con immagini

contraddistinte da una leggerezza sia fisica sia mentale:

«La celebrazione zibaldoniana della sveltezza sia fisica sia mentale, del movimento rapido e spontaneo, non mirato, mera espressione dell’energia vitale quale può osservarsi presso fanciulli, uccelli o cavalli»

23

La terza conferenza prova a difendere l’importanza dell’esattezza. All’inizio della

conferenza Calvino spiega che cosa intende precisamente con questo termine, specificando i

tre sensi che attribuisce alla parola ‘esattezza’: la precisione nella struttura di un’opera, il

suscitare immagini icastiche e l’impiego di un linguaggio esatto. Si nota subito che lo

scrittore tratta la sua conferenza sull’esattezza con esattezza, come si è accennato prima.

Calvino illustra estesamente la necessità di un valore come l’esattezza in un contesto

letterario e motiva anche la sua scelta in senso morale. Si scruterà questa argomento più

avanti nel capitolo. Calvino ribadisce la sua argomentazione in favore dell’esattezza

proponendo come pionieri del culto dell’ esattezza due grandi scrittori: Edgar Allan Poe e di

nuovo Giacomo Leopardi.24 Per quanto riguarda le proprie opere, lo scrittore allude a due

esempi: Le città invisibili (1972) e Palomar (1983) in cui, a suo avviso, l’esattezza gioca un

ruolo significativo. Secondo Frisch25 ne Le città invisibili come in Se una notte d’inverno un

viaggiatore (1979) l’esattezza è stata cospicua in quanto l’autore ha sperimentato con la

struttura narrativa dei due racconti. In Palomar e nel saggio Collezione di sabbia del 1984

Calvino si è dedicato soprattutto all’arte della descrizione. L’interpretazione di Frisch

rispecchia assai accuratamente la suddivisione di cui Calvino parla alla fine della terza

lezione. Per le proprie opere lo scrittore indica due direzioni in cui ha condotto il suo lavoro

sull’esattezza: da una parte ha cercato di convertire avvenimenti in schemi teorici e dall’altra

ha provato, tramite l’aiuto di parole, a illuminare l’aspetto sensibile delle cose con la

maggior precisione possibile.26 Si vede come queste due opzioni si riferiscano entrambe a

forme di conoscenza. In questa linea di razionalità Calvino confessa che tramite la lingua

non si può approdare a una forma pura di esattezza: in alcuni casi la lingua comunica più di

quanto sia necessario, in altri casi la lingua risulta lacunosa. Neppure in questa lezione

22 Ivi, p.30. 23 S. Verhulst, La «stanca fantasia. Studi leopardiani», Milano, Franco Angeli, 2005, p. 53. 24 J. Cannon, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», Annali d’Italianistica, 1991, 9, p. 202. 25 C.R. Frisch, «Review: Six memos for the next millennium», cit., p. 261. 26 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 82.

12

Calvino esclude il valore opposto ma al contrario, adopera questo valore per consolidare il

suo elogio dell’esattezza. Lo scrittore dimostra che si riesce soltanto a parlare del vago

facendo leva sul valore dell’esattezza: per cogliere appieno il significato di ‘vago’ occorre

quindi una descrizione molto precisa.

L’ultima lezione che Calvino ha scritto tratta il valore della molteplicità. La lezione si apre

con un brano di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda, uno dei

romanzi preferiti di Calvino e l’esempio per eccellenza del valore che difende in questa

conferenza. In questa lezione Calvino parla soprattutto della letteratura del ventesimo secolo

in poi. In questo contesto esalta

«il romanzo contemporaneo come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessioni tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo»27

L’immagine dell’enciclopedia romanzesca viene specificata verso la fine della lezione come

un’enciclopedia necessariamente aperta. Si tratta quindi di un’operazione utopica visto che

presuppone la presenza di un’infinità entro un modello circoscritto. Calvino vuole

evidenziare che l’ambizione di abbracciare una totalità nella forma di un’enciclopedia risulta

irrealizzabile. Questa considerazione può perfino spiegare la sua propensione per i romanzi

incompleti di Gadda.28 Dopo aver preso in esame parecchi esempi di molteplicità letteraria,

lo scrittore rimarca la possibilità di una classificazione in quattro categorie. La prima

categoria riguarda il testo unitario: si tratta di testi che pur essendo unitari si possono

interpretare su diversi livelli. Questo tipo di testi è caratterizzato da un’unica voce narrante

in opposizione ai testi plurimi della seconda categoria che sono contrassegnati da una

pluralità di soggetti in un modello dialogico.29 La terza categoria comprende le opere che

non riescono a prendere forma perché mirano a racchiudere tutto il possibile, come

nell’opera sopraccitata di Gadda. L’ultima categoria contiene i testi non sistematici e

discontinui come quelli di Paul Valéry.

27 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 115-116. 28 J. Cannon, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», cit., p. 206. 29 Michail Bachtin chiama questa forma dialogica, polifonica o carnevalesca. (I. Calvino, Lezioni americane.

Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 128.)

13

1.2. Engagement nelle Lezioni americane

Visto che nel secondo capitolo si analizzerà l’impegno in alcune opere calviniane e si

proverà a dimostrare l’evoluzione da impegno sociopolitico a impegno letterario in relazione

alle qualità di visibilità e rapidità, pare conveniente approfondire il tema dell’impegno nelle

Lezioni americane stesse.

In vari passi dell’opera, Calvino critica la società, sia quella odierna sia quella futura. Quasi

ogni valore che propone per il prossimo millennio viene motivato non solo letterariamente

ma anche sul piano esistenziale e socioculturale. Ogni valore si rivela quindi dotato di

un’interpretazione estetica e di una dimensione etica. Calvino aveva progettato con le

Lezioni americane più che un corso di letteratura come supponeva Krysinski30 (cf. 1.1). Lo

scrittore ha assunto la responsabilità di collocare i valori estetici in un quadro generale e

sociale, volendo spronare così gli studenti-ascoltatori e i lettori a rendersi conto delle mille

difficoltà tra cui la gente del prossimo millennio si sarebbe dovuta destreggiare. Si vedrà che

la combinazione di un certo estetismo con elementi etici, come si ritrova nelle Lezioni

americane, si imponga quale caratteristica ricorrente in tutte le sue opere precedenti.

Dall’intento dell’opera spunta l’ambizione di impegno coltivata da Calvino con queste

lezioni. Nella prima parte di questo capitolo si è toccato il tema dell’intenzione che aveva

Calvino scrivendo le Lezioni americane e si è accennato alla discussione che questo

argomento ha provocato presso la critica. Le uniche certezze circa la vera e propria

intenzione dello scrittore, ce le procura egli stesso nella nota introduttiva alle sue conferenze:

si preoccupa della «sorte della letteratura e del libro nell’era tecnologica cosiddetta

postindustriale»31. Lo scrittore ci confida inoltre:

«Vorrei dunque dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o qualità o specificità della letteratura che mi stanno particolarmente a cuore, cercando di situarle nella prospettiva del nuovo millennio»32

L’introduzione riporta da un lato il compito estetico e letterario che lo scrittore prende di

mira e dall’altro lato la sua inquietudine per il futuro di questa disciplina culturale da lui

prediletta, la letteratura, la cui conservazione viene minacciata in un mondo dai valori

cambianti.

Nella lezione sulla rapidità si incontra un intero passo in cui Calvino considera la società

30 W. Krysinski, «Rereading the Memorable “Memos” or How to Read “Lezioni americane”», cit., p.177-178. 31 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. XLV. 32 Ibidem.

14

moderna in chiave critica. Dopo aver dato parecchi esempi tratti da grandi scrittori con lo

scopo di mostrare l’importanza della rapidità come valore letterario, lo scrittore cerca di

cambiare rotta e aggiunge una ragione morale alla sua apologia della rapidità. Indirettamente

egli incolpa i media superpotenti del golfo di degradamento e di uniformazione che si attesta

nella comunicazione in generale. Per Calvino l’eccentricità della letteratura deve

contrapporsi a tale appiattimento e celebrare le deformità, le anomalie, ecc. della lingua

scritta.33 L’autore evidenzia anche la percezione moderna del concetto di rapidità. Viviamo

in una società in cui la velocità si è imposta come garanzia di qualità e anche se la velocità

non garantisce sempre una buona qualità, essa viene spesso anteposta alla qualità nell’attuale

età economica. Dagli anni ottanta del ventesimo secolo in poi si sono acquisiti nuovi mezzi

di comunicazione che hanno promosso l’idea della velocità. Oggi si lotta contro una terribile

mancanza di tempo che ci costringe a risparmiare tempo in tutto quello che facciamo. In

questo contesto di aumento della velocità Calvino ha rimarcato che la misurabilità e

l’accelerazione riescono soltanto a confermarsi nel loro mero significato materiale e

tecnologico. La velocità mentale34 invece non si presta ad essere misurata e non riesce a

captarsi nella sua specificità. Lo scrittore esalta la velocità perché sostiene che un

ragionamento veloce, pur non essendo sempre il ragionamento corretto o migliore, evoca un

senso di peculiarità e di originalità.35

Nella lezione seguente Calvino si concentra sul valore dell’ esattezza. In questa conferenza si

manifesta il criticismo più dichiarato di tutte le lezioni. Lo scrittore illustra come l’apologia

dell’esattezza è necessaria per ostacolare il movimento deleterio che condiziona la nostra

società :

«A volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio»36

Calvino nota un impulso generalizzante che deforma, banalizza e abbrutisce il linguaggio di

oggidì. Benché l’autore espliciti di non voler esplorare le origini di questo sviluppo negativo,

indica però chiaramente dove si situano i potenziali responsabili: «nella politica,

nell’ideologia, nell’uniformità burocratica, nell’omogeneizzazione dei mass-media, nella

diffusione scolastica della media cultura»37. Questa critica combacia perfettamente con

33 Ivi, p. 52. 34 Ivi, p. 53. 35 Ibidem. 36Ivi, p. 66. 37 Ibidem.

15

l’accusa della lezione precedente: l’appiattimento del linguaggio fino ad un’ uniformità

generale nella comunicazione coincide con l’uso casuale e negligente della lingua di cui

Calvino parla in questa lezione sull’esattezza. La peste di cui lo scrittore parla, si manifesta

su tre livelli: nel linguaggio, nelle immagini e nel mondo. L’origine del decadimento del

linguaggio è già stata precisata. Nel mondo delle immagini Calvino addita come colpevole

principale l’influsso dei media. Ogni giorno ciascuno di noi viene sottoposto ad un flusso di

immagini proveniente dalla TV, dall’internet, dai giornali, dalla pubblicità stradale, ecc. La

maggior parte di queste immagini si possono chiamare vuote; senza significato. Infine

Calvino accantona l’inconsistenza nella lingua e nelle immagini e si concentra su quella

maggiore nel mondo, nella vita e nella storia. Tranne occuparsi del problema stesso o della

provenienza di questo problema, lo scrittore tenta di trovare una soluzione adeguata. Calvino

argomenta che l’unico rimedio per questo problema è la letteratura. Secondo lui solo la

letteratura ha la forza di ostacolare questo movimento incessante di declino.38

L’ ultimo esempio che illustra l’impegno delle Lezioni americane si trova nella lezione sulla

visibilità. In questa conferenza Calvino enuclea i problemi dell’immaginazione: lo scrittore

teme la perdita di questa facoltà, secondo lui, indispensabile, che si dice ‘il potere di

immaginare’. La cultura popolare odierna ci sommerge di immagini. Tra queste immagini ci

sono spesso raffigurazioni di cose che non abbiamo mai visto dal vivo, o peggio ancora di

cose che non abbiamo mai pensato. L’uomo vive in una cultura di immagini prefabbricate

che gli tolgono il compito di immaginarsi cose o fenomeni mai vissuti o testimoniati.39 La

ragione per la quale Calvino difende il valore della visibilità sembra chiarissima a prima

vista: la sua intera opera è pervasa da elementi fantastici, procedimenti immaginosi, figure

allegoriche, ecc. La componente immaginativa è sempre presente nei suoi lavori, affiancata

da un impegno celato o ostentato. Anche in questo contesto la difesa letteraria della visibilità

è accompagnata da una sensibilizzazione ai pericoli prodotti da una cultura eccessivamente

visiva. Calvino precisa:

«Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini»40

38 Ivi, p. 67. 39 Ivi, p. 103. 40 Ibidem.

16

In tutti i passi sopraccitati si nota che Calvino non critica soltanto il mondo che lo circonda e

la vita a cui partecipa ma cerca di informare il suo pubblico che certi valori non possono

andare persi nella letteratura come nella nostra percezione del mondo. Ogni commento

critico è seguito da una prova della sua volontà di risolvere il cosiddetto problema. Albert

De Vivo41 conclude nel suo saggio Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino che le

cinque conferenze risentono di una visione pessimistica. De Vivo motiva questa presa di

posizione osservando le cause dei problemi, indicate da Calvino:

«Le cause sono la politica, l’ideologia, la mediocrità del sistema educativo e la cultura di massa, specie quella visiva, che Calvino ritiene responsabile per l’automatismo, l’omologazione e l’alienazione che affliggono la vita soprattutto nei paesi più industriali»42

Visto che Calvino non si limita a criticare, ma prova a cercare una soluzione per ogni

problema toccato, sembra leggermente esagerato etichettare le lezioni come pessimistiche.

Secondo Calvino la soluzione per tutti i problemi affrontati durante le lezioni è

semplicemente la letteratura. L’autore vuole mostrare che la letteratura aiuta a preservare e

coltivare quei valori che la politica, l’ideologia, insomma tutte le cause citate da De Vivo,

mettono a repentaglio. Per di più il pessimismo che De Vivo attribuisce alle conferenze non

collima con l’ottica che Calvino espone nella nota introduttiva: «La mia fiducia nel futuro

della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi

mezzi specifici»43. Calvino ha un’alta concezione della letteratura, la concepisce pure come

“salvatrice” di una società decadente. Per quanto riguarda la sua visione del mondo e della

vita De Vivo ha ragione di dire che Calvino non è più quell’idealista che fu magari in un

primo tempo, ma non vi sono dubbi che lo scrittore non sia un pessimista che ha perso ogni

speranza nel futuro millennio. Grazia alla letteratura, Calvino guarda con fiducia al futuro

del mondo.

41 A. De Vivo, «Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino», cit., p. 91-104. 42 Ivi, p. 98. 43 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. XLV.

17

Capitolo 2: Engagement e Rapidità/Visibilità

I ragionamenti a cui Calvino ricorre frequentemente nelle Lezioni americane sono da un lato

basati sulla ratio e dall’altro sull’immaginazione, due elementi che contrassegnano l’intera

opera calviniana. Si è già accennato nell’introduzione di questa tesi, alla combinazione

tipicamente calviniana di elementi realistici e elementi fantastici. Quando Calvino tenta di

rappresentare la realtà, la raffigurazione è sempre pervasa da elementi fantastici. Giorgio

Pullini precisa che Calvino riproduce la realtà come gli si presenta agli occhi.1 Questo

implica che anche gli elementi fantastici creati nell’immaginazione calviniana vengono

integrati nella rappresentazione della realtà. Il risultato è una realtà non realistica ma

fantastica e deformata. Tale rappresentazione dimostra l’impegno e il criticismo di Calvino.

Tramite la componente fantastica Calvino è in grado di inserire nelle sue opere, una visione

critica e impegnata della realtà. Tanti critici hanno obiettato l’impossibile concordia tra uno

scrittore impegnato e uno scrittore di opere fantastiche, visto che queste opere fantastiche

sono basate su fatti inventati e si possono indicare come esempi di fiction. All’idea di fiction,

i critici hanno automaticamente legato una specie di escapismo, e hanno di conseguenza

contrapposto i due termini: impegno e fiction. Invece di considerare i concetti di impegno e

fiction in una relazione di opposizione conviene piuttosto vederli in una relazione di

interdipendenza, ossia una relazione dialettica. Anche secondo Teresa de Lauretis2 tale

interpretazione è necessaria per comprendere appieno il messaggio che Calvino ha voluto

integrare nelle sue opere e trasmettere con esse.

In questo capitolo si proverà ad indagare l’interdipendenza tra la rappresentazione della

realtà e la componente fantastica. Il primo fattore verrà interpretato in quanto

rappresentazione realistica impegnata; si cercheranno degli elementi sociopolitici dotati di

connotazioni critiche che Calvino ha voluto inserire nelle sue opere. Per quanto riguarda la

componente fantastica, ci si concentrerà soprattutto su due parametri: la rapidità e la

visibilità. Questi parametri verranno interpretati in base alle omonime conferenze delle

Lezioni americane. Si delineerà l’evoluzione da engagement politico e sociale a engagement

letterario e si dimostra che questa evoluzione coincide con l’evoluzione da opere realistiche

1 S. Adler, Calvino. The writer as fablemaker, Maryland USA, José Porrúa Turanzas, 1979, p. 134-135. 2 T. de Lauretis, «Narrative discourse in Calvino: Praxis or Poiesis», Publications of the Modern Language

Association of America, 1975, 3, p. 414.

18

a opere in cui la dimensione fantastica predomina. Vi è importante sottolineare che

l’engagement e la presenza di una componente fantastica non si escludono.

In primo luogo si esaminerà il romanzo con cui Calvino ha esordito, Il sentiero dei nidi di

ragno, che è un’opera con un alto grado di engagement politico e sociale. In seguito si

osserverà un aumento graduale dell’impegno letterario a scapito dell’impegno sociopolitico.

Si impiegherà un'altra opera per illustrare questa evoluzione, cioè Il barone rampante.

Tramite questo romanzo si deluciderà anche il trapasso da romanzi prevalentemente realistici

e a romanzi in cui lo scrittore pone l’enfasi sulla dimensione fantastica.

2.1 Impegno politico e sociale

Per Calvino gli anni della seconda guerra mondiale furono gli anni della sua formazione. La

sua carriera universitaria fu interrotta nel 1943. In quell’anno Calvino, disgustato dalla

politica di Mussolini, era tornato a Sanremo e si era legato ad un gruppo di partigiani. Presto

fu catturato da seguaci di Mussolini ma riuscì a scappare e nel 1944, Calvino non esitò a

partecipare alla lotta sul campo di battaglia.3 Insieme con il fratello sedicenne si unisce alla

seconda divisione di assalto, chiamata ‘Garibaldi’, con cui combatterà fino alla liberazione.4

Dopo la Resistenza Calvino rimase membro del Partito comunista italiano fino al 1957.

Nel dopoguerra Calvino pubblicava le sue opere più impegnate politicamente. L’autore fu

colpito dagli eventi traumatici che aveva visto e vissuto durante la guerra. Una letteratura

impegnata, cinica ma anche leggermente idealista, fu la risposta appropriata a tale esperienza

dolorosa, spiega Calvino stesso in un’intervista del 1982 con William Weaver5, il suo fedele

traduttore inglese:

«I tried to grasp the meaning of the terrible traumas I had lived through, especially the German occupation. So politics, in the first place of my adult life, had a great importance. In fact, I joined the Communist Party»6

Come accennato prima, soprattutto nella fase iniziale della sua attività di scrittore, Calvino fa

mostra di un engagement politico e sociale. Per il resto della sua carriera, la critica

rimanderà a questo periodo giovanile. Alla luce della prima opera letteraria di uno scrittore

debuttante i critici si formano spesso (ingiustamente) già un’idea delle sue opere future. Per

3 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, Ravenna, Longo Editore, 1981, p. 16. 4 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. XIV. 5 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, Toronto, Dovehouse Editions, 1989, p. 17-31. 6 Ivi, p. 29.

19

quanto riguarda il giovane Calvino, non fu altrimenti: certi critici furono delusi per via delle

sue opere seguenti che non rispondevano alle aspettative di grande impegno, ma si

presentavano con uno slancio sempre più fantastico. Calvino testimonia di questi pregiudizi

nella prefazione del suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno scritta nel 1964:

« (…) il primo libro sarebbe meglio non averlo mai scritto. Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita, il primo libro già ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’esser definito; e questa definizione poi dovrai portartela dietro per la vita, cercando di darne conferma o approfondimento o correzione o smentita, ma mai piú riuscendo a prescinderne»7

2.1.1 Impegno e fiction in Il sentiero dei nidi di ragno

La storia di Pin si svolge durante gli anni bellici: un periodo di povertà, marginalità e

disperazione. Pin è un ragazzo di dodici anni che vive insieme alla sorella prostituta. Il

ragazzo non si comporta come un bambino della sua età ma vive secondo malcostumi adulti:

bestemmia, beve, fuma ecc. Non gioca con i suoi coetanei, ma considera gli uomini

dell’osteria i suoi amici. Questi uomini gli suggeriscono di rubare la pistola del tedesco che

visita spesso la sorella. Sotto pressione, Pin decide di passare all’azione; ruba la pistola e la

nasconde in un posto segreto: il sentiero dei nidi di ragno. Subito il ragazzo viene catturato,

ma insieme a Lupo Rosso, un partigiano di sedici anni, riesce a scappare dalla prigione.

Incontrando un altro partigiano, Cugino, vicino al suo posto segreto, Pin viene introdotto

nella vita partigiana dove gli è permesso di stare nel gruppo più debole di partigiani. Per via

di un tradimento, i suoi compagni sono costretti a partire in battaglia ma a Pin non viene

concesso di partecipare. Dopo un litigio, Pin ‘diserta’ e si precipita al suo luogo magico dove

non ritrova più la pistola. La scopre a casa della sorella, la recupera e ritorna

immediatamente al sentiero dove incontra di nuovo Cugino. Il tema principale di questo

romanzo è indiscutibilmente la guerra partigiana. Per questo e per altri motivi come il

periodo in cui l’opera è stata scritta, il clima predominante, ecc. si deve interpretare e

considerare il primo romanzo calviniano alla luce del neorealismo. Anche se l’opera va

collocata nella tradizione neorealista non si riesce a etichettare quest’opera come

caratteristica della corrente letteraria:

«Il neorealismo del dopoguerra, permeato da un’accesa vocazione moralistica, poneva al centro dell’interesse una realtà esclusiva, unica, quella sociale, basata soprattutto sull’analisi dei conflitti di

7 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Giulio Einaudi, 1964, p. 22-23.

20

classe, che puntava tutto sul documento e la cronaca; i contenuti assumevano un’importanza primaria sulle strutture narrative in una situazione di alta tensione»8

Il Sentiero dei nidi ragno è stato scritto nella tradizione del neorealismo, tratta il tema più

neorealista che ci fosse, la Resistenza, ma la linea narrativa e il punto di vista narrativo

sembrano predominare sulla tematica neorealista. Pur essendo una delle opere più impegnate

di Calvino, si costata dal primo istante che in questo libro non si tratta di un neorealismo

documentario. Benché si tocchino le tematiche tipiche del neorealismo, la carica realistica è

insidiata da diversi elementi fantastici.

a) Il realismo fiabesco9

Come accennato prima, il libro si contraddistingue per la commistione di due stili10: lo stile

realistico e quello fiabesco.11 Con questa combinazione lo scrittore chiarisce implicitamente

la tesi che sostiene. Calvino mostra il suo scontento poiché disapprova la tendenza corrente

di esaltare tramite la letteratura il movimento della Resistenza a favore della politica di

sinistra. Soprattutto il PCI si serviva dell’eroismo della lotta partigiana per consolidare la

propria posizione politica dominante.12

Calvino toglie al tema della Resistenza, il grado di serietà che gli viene di solito attribuito.

Questo non significa che lo scrittore non considera la Resistenza degna di rispetto visto che

egli testimonia il grande impatto che la sua esperienza personale nella Resistenza ha avuto su

di lui.

«Avevamo vissuto la guerra, e noi piú giovani – che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano – non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, “bruciati”, ma vincitori (…) Non era facile ottimismo , però, o gratuita euforia; tutt’altro: quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero (…) Molte cose nacquero da quel clima, e anche il piglio dei miei primi racconti e del primo romanzo»13

8 T. Iermano, Prosatori e narratori del pieno e del secondo novecento, in E. Malato (a cura di), Storia della

letterature italiana, vol. IX Il Novecento, Roma, Salerno Editrice, 2000, p. 733. 9 “Fiabesco” significa «Tipico della fiaba» (M. Cannella (a cura di), Lo Zingarelli, cit., p. 698.) Si intende “fiaba” come «racconto fantastico d’origine popolare (…) è pervenuto mediante una tradizione orale e vi agiscono non animali ma esseri soprannaturali come streghe, orchi, fate, gnomi» (Farina, Giulia e Dossi, Eugenia (a cura di), Enciclopedia della letteratura, Torino, Garzanti, 1997, p. 356.) 10 «Stile non è solo scrivere – usare la lingua in un certo modo – ma è vedere il mondo e raccontarlo, comunicare la propria visione delle cose, o meglio la differenza qualitativa esistente nel modo in cui il mondo ci appare» (C.S. Nobili, Il lavoro della scrittura, Milano, Sansoni, 1999, p. 140-141.) 11 U. Musarra-Schrøder, Italo Calvino, in Van den Bossche, Bart e Musarra, Franco (a cura di), Italiaanse

literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven, Peeters, 2004, p. 143. 12 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 19-20. 13 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 7.

21

Si tratta in realtà di una doppia spinta di engagement in questo primo romanzo. Da un lato

Calvino sceglie, nella linea del movimento neorealistico, di affrontare un evento

sociopolitico della sua propria esperienza, ma dall’altro lato rimprovera, indirettamente, la

funzione di esaltazione che viene attribuita alla letteratura mediante questo tema. Tra l’altro

per queste ragioni opta per una fusione di due stili a prima vista contrastanti. Un suo caro

amico e maestro durante questo periodo, Elio Vittorini, definisce le spinte apparentemente

contraddittorie nelle opere calviniane come «realismo a carica fiabesca»14 e «fiaba a carica

realistica»15. È stato Cesare Pavese il primo a individuare, nella sua recensione a Il sentiero

dei nidi di ragno, gli elementi fiabeschi che Calvino aveva inserito nelle sua opera.16

L’autore stesso testimonia, nella prefazione del libro, di non aver aderito a questa carica

fiabesca in modo consapevole, ma dal momento che Pavese aveva assegnato questa

caratteristica alla sua prima opera ha cercato di venir incontro a questa definizione.17

Il processo con cui Calvino elabora la fusione tra questi due stili richiede la nostra

attenzione. Il punto di partenza è di natura impegnata: Calvino parte dalla realtà

sociopolitica, ma adopera un punto di vista deformante, quello del protagonista Pin. In

questo modo sin dall’inizio del romanzo inserisce uno sguardo alienante verso la realtà.

Calvino mantiene lo scopo di engagement politico, in quanto tratta il tema del movimento

della Resistenza. La realtà narrata viene da un lato infantilizzata e dall’altro lato aggravata

visto che si narra attraverso l’esperienza di un bambino. Da dodicenne, Pin non è in grado di

capire la serietà del mondo adulto, e in particolare della guerra adulta. Anche se Pin vaga in

un mondo adulto non ha ancora acquistato la maturità per capire certi concetti adulti come

l’amore, la morte, le donne, il sesso e la guerra. Calvino attribuisce al suo protagonista una

posizione solitaria. Pin dice di non voler stare con i ragazzi della sua età benché neanche loro

accettino la sua compagnia. Il ragazzo desidera stare con ‘i grandi’, ma non appartiene

neppure a quel mondo complesso: «Ma i ragazzi non vogliono bene a Pin: è l’amico dei

grandi, Pin, sa dire ai grandi cose che li fanno ridere e arrabbiare, non come loro che non

capiscono nulla quando parlano i grandi»18. Il protagonista oscilla tra due mondi: il mondo

fantastico dell’immaginazione infantile e il mondo reale e serio degli adulti. Le situazioni e

14 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 24. 15 Ibidem. 16 C. Calligaris, Italo Calvino, Milano, Mursia, 1985, p. 9. 17 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 17. 18 Ivi, p. 35.

22

gli eventi adulti di cui il bambino è testimone, acquisiscono così una connotazione fantastica.

Diversi passi nel libro mostrano il divario e il ravvicinamento tra questi due mondi. Si

proverà in seguito a delineare alcuni di questi esempi al riguardo. Un tipico esempio della

combinazione di realtà seria e immaginazione fanciullesca sono le canzoni di Pin. Il ragazzo

canta le canzoni che gli sono state insegnate dai grandi dell’osteria che frequenta. Queste

canzoni hanno la cadenza tipica della ninnananna o di altre canzoncine infantili ma si

riferiscono a temi adulti come il sesso o la morte e vengono spesso usate al fine di insultare o

offendere qualcuno. Anche secondo Isabelle Lavergne19 esiste un vera e propria simbiosi tra

la componente realistica e quella fantastica. Lavergne sostiene che parecchie volte si riesce a

differenziare i due mondi. Vi è ad esempio l’aria fiabesca del passo in cui Lupo Rosso e Pin

scappano di prigione seguito dal disincanto che Pin prova quando viene abbandonato da

Lupo Rosso.20 Mentre i due ragazzi sopraccitati aspettano nel loro nascondiglio che la via si

liberi, Lupo Rosso inizia a scrivere degli slogan antifascisti con un pezzo di carbone, Pin lo

imita, ma al contrario fa disegni irrisori e osceni. Tramite questo passo Calvino esemplifica

sia la perseveranza dei partigiani sia la fanciullezza spensierata. Quando Pin entra in contatto

con i partigiani, cerca di profilarsi come un adulto e di partecipare alle conversazioni. Il

ragazzo non capisce le tipiche parole partigiane, ma fa finta di capirle per appartenere a quel

mondo misterioso da cui i bambini vengono di solito esclusi. Presso i ragazzi della sua età si

vanta del fatto che lui conosce parole che questi adulti usano, mentre in realtà neanche lui

riesce a cogliere il significato di queste parole:

«Passa un ragazzo con gli occhiali e le calze lunghe: Battistino. - Battistino, lo sai che cos’è un gap21?

Battistino batte gli occhi, curioso: - No, dimmi: cos’è? Pin comincia a sghignazzare: - Vallo un po’ a chiedere a tua madre cos’è il gap! Digli: mamma, me lo regali un gap? Diglielo un po’: vedrai che te lo spiega!»22

Pin vive insieme con la sorella in un ambito marginale. Lei si guadagna il pane facendo la

prostituta presso i tedeschi e i fascisti. Pin non si rende conto della connotazione negativa

che tale professione comporta e senza pudore chiede fieramente a tutte le persone che

incontra se conoscono sua sorella detto «la Nera di Carruggio Lungo»23. Adottando il punto

di vista di un bambino, Calvino riesce a evidenziare la gravità della situazione, ma nello

19 I. Lavergne, «Le fiabe sono vere», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 7-8. 20 Ivi, p. 7. 21 Gap: Gruppi di azione partigiana (G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, cit., p. 34) 22 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 39. 23 Ivi, p. 64.

23

stesso tempo riesce a relativizzare la serietà tramite l’ “innocenza” puerile. Anche

Calligaris24 addita un passo nel libro in cui la fiaba si mostra in pieno splendore: la storia

dell’esecuzione di Pelle, il traditore. Lupo Rosso racconta la storia con tantissima suspense.

Parla di uomini in impermeabili di cui non rivela i nomi, che seguono il traditore fino al

momento in cui riescono a intrappolarlo, stando tutti intorno a lui. Come un narratore

onnisciente riproduce anche i pensieri che attraversavano la mente di Pelle negli ultimi

momenti della sua vita. Tutto quello che racconta punta ad una resa dei conti, ma Lupo

Rosso usa elementi misteriosi per ottenere un effetto di suspense. Il narratore chiude il

racconto dicendo: «E uno di loro, non si sa chi, ha sparato»25. In questo modo invoca un’aria

magica e misteriosa, abbastanza frequente nelle fiabe. Un ultimo esempio in cui si vede

chiaramente la presenza della fiaba riguarda il passo in cui Pin cammina di notte per il

bosco. Egli, come tutti i ragazzi della sua età, ha paura di perdersi. Pin segna il suo tragitto

lasciando cadere noccioli di ciliegie26 come fanno Hänsel und Gretel con delle briciole di

pane, nella fiaba dei fratelli Grimm.

b) Perché Pin?

Si è mostrato che nel primo romanzo calviniano si tratti di una fusione di due stili: lo stile

realistico e quello fiabesco. La componente fiabesca viene introdotta nel romanzo attraverso

la figura di Pin. Anche in altre situazioni salta fuori questa componente, come nella storia di

Lupo Rosso, ma di solito gli elementi fantastici sono strettamente legati al protagonista

dodicenne.

È fondamentale capire i motivi per i quali lo scrittore abbia scelto un bambino orfano,

marginale e maleducato come protagonista del suo libro e perché ha sistematicamente

mantenuto questa connessione tra il ragazzino e la componente fiabesca nel suo romanzo.

Dopo la lettura di questo romanzo, ci si potrebbe chiedere con quale personaggio l’autore si

è maggiormente identificato. La verità è che Calvino ha creato in questo libro personaggi in

una situazione troppo seria, triste e innanzitutto troppo reale per combaciare con personaggi

fantastici, ma nello stesso tempo non si prestano all’identificazione per via della loro

caratterizzazione caricaturale. Calvino dichiara nella prefazione che per i personaggi del

24 Calligaris, Italo Calvino, cit., p. 11. 25 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 175. 26 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 891.

24

“gruppo del Dritto”, la compagnia di partigiani con cui sta Pin, si è basato sui caratteri dei

propri compagni di battaglia.27 In effetti, Calvino ha ridotto questi caratteri famigliari ai tratti

che lo colpivano e ha di seguito enfatizzato questi tratti fino a renderli caratteri marginali e

caricaturali. Quando Claude Imberty28 ha cercato a dimostrare l’eccentricità di Calvino come

scrittore, il critico ha usato i personaggi de Il Sentiero dei nidi di ragno per ribadire la sua

tesi. Imberty descrive un tale personaggio come «eccentrico»29, nel senso di “ personaggio

atipico”. Soprattutto per quanto riguarda i personaggi de Il Sentiero dei nidi di ragno questa

definizione risulta molto convincente. Come detto prima, Calvino voleva rompere con certe

convenzioni e scrivere contro le aspettative di esaltazione che furono predominanti nel clima

del dopoguerra. Si aspettava nella letteratura di questo periodo una rappresentazione della

guerra partigiana con degli eroi gloriosi e vincenti; eroi di cui si poteva andare orgogliosi.

Gli “eroi” che Calvino rappresenta in questo romanzo sono esattamente all’opposto di quelli

che si aspettava. Ogni personaggio nella brigata del Dritto si può collocare nella malavita o

nella marginalità. Prima della guerra non furono nessuno, durante la guerra non erano grandi

eroi e dopo la guerra tornavano alla loro vita banale di prima. Quello che Calvino voleva

probabilmente dimostrare è il fatto che anche questi uomini, essendo nessuno, credendo in

nulla, hanno comunque contribuito alla vittoria del movimento partigiano.

Calvino aveva scelto inizialmente di scrivere un libro sulla sua esperienza nella Resistenza.30

Questo compito comportava due ostacoli. In primo luogo vi era la difficoltà di riprodurre un

momento storico e di riuscire a captare in modo rappresentativo la totalità della Resistenza.

Il secondo problema consisteva nel grado di coinvolgimento da introdurre nella

rappresentazione di tale momento storico. Calvino ha potuto superare questi problemi

tramite la scelta del suo protagonista. La figura di Pin giustifica in gran parte la

frammentarietà della trama e legittima anche il fatto che la narrazione di questo evento risulti

storicamente incompleta. Dato che la storia viene narrata attraverso l’esperienza di Pin lo

scrittore non si è sentito obbligato a colmare le lacune nella storia. Con i personaggi atipici e

il punto di vista narrante alienante Calvino ricopre una posizione eccezionale nel dibattito

ideologico. Lo scrittore sceglie personaggi marginali per contestare gli eroi ‘positivi’ che

vengono di solito raffigurati nella letteratura resistenziale e opta per la prospettiva narrante

27 Ivi, p. 14-15. 28 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 31-49. 29 Ivi, p. 32. 30 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 19.

25

di un bambino. Proprio per via dell’età e della povera educazione di Pin, Calvino riesce ad

appropriarsi una posizione neutrale nel dibattito ideologico. Pin non ha la minima idea degli

obbiettivi dei partigiani combattenti e non si rende conto della serietà e della gravità della

guerra. Come sostiene Calligaris, Calvino ha scelto volutamente un punto di vista infantile

così da poter riportare «il protagonista del romanzo al livello minimo (o nullo) di coscienza

di classe, o comunque storico-politica in generale»31. Però conviene anche sottolineare che la

coscienza politica non è completamente assente nell’opera. Lo scrittore aveva comunque

bisogno di inserire alcune pagine di stampo ideologico. Egli ha scelto di concentrare il

dibattito ideologico in un unico capitolo, il famoso capitolo nono.32 Attraverso il

personaggio di Kim, uno studente-partigiano, Calvino ha inserito nel libro un punto di vista

razionale che ha portato diversi critici a identificare Kim con lo scrittore stesso. Calvino

spiega:

«Per soddisfare la necessità dell’innesto ideologico, io ricorsi all’espediente di concentrare le riflessioni teoriche in un capitolo che si distacca dal tono degli altri, il IX, quello delle riflessioni del commissario Kim, quasi una prefazione inserita in mezzo al romanzo»33

Il secondo problema riguarda la quantità di dati biografici che Calvino ha inserito nella sua

opera. Come si è accennato prima, l’autore aveva inizialmente l’intenzione di narrare la sua

esperienza personale nella guerra partigiana. Dopo parecchi tentativi si rendeva conto che

non ci sarebbe riuscito. Pin fu l’alternativa ideale per raccontare una storia che gli stava

vicino al cuore, ma senza che il protagonista personificasse lo scrittore. Calvino precisa nella

prefazione del ’64:

«Per mesi, dopo la fine della guerra, avevo provato a raccontare l’esperienza partigiana in prima persona, o con un protagonista simile a me. (…) Quando cominciai a scrivere storie in cui non entravo io, tutto prese a funzionare: il linguaggio, il ritmo, il taglio erano esatti, funzionali; piú lo facevo oggettivo, anonimo, piú il racconto mi dava soddisfazione»34

Sembra chiaro che con Pin, Calvino avesse provato a distanziarsi dalla sua esperienza

personale ma nello stesso tempo provava ad avvicinarsi all’essenza che voleva trasmettere

con questo romanzo. La componente autobiografica si è spesso risultata problematica

durante la sua carriera di scrittore. Solo poche volte Calvino è riuscito a superare questa

difficoltà e a scrivere di sé. L’autore non faceva mistero dell’angoscia che gli dava. Non

sopportava nemmeno le interviste a cui doveva comunque cedere ogni tanto contro la sua

31 Calligaris, Italo Calvino, cit., p. 14-15. 32 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 891. 33 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 11. 34 Ivi, p. 19.

26

volontà. In una lettera del ’64 a Germana Pescio Bottino scrive:

«Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quel che vuol sapere, e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura»35

Alla fine della sua vita ha comunque provato ad affrontare di petto questo suo problema.

Come si è detto nel primo capitolo, Calvino cercava sempre di trovare una soluzione per i

suoi problemi e questo non cambiò mai:

«forse è questo l’ostacolo che mi ha impedito sinora d’impegnarmi a fondo nell’autobiografia per quanto sia da più di vent’anni che faccio dei tentativi in questo senso; ma non voglio anticipare un lavoro in fieri.»36

Sfortunatamente, l’opera a cui allude nella lezione scartata Cominciare e finire delle Lezioni

americane non fu mai ritrovata.

Alcuni critici, come Marco Belpoliti37, hanno rilevato che Pin potrebbe riferirsi alla figura

del puer senex. Questa immagine antica del giovane/bambino vecchio simboleggia la

gioventù fisica in combinazione con la saggezza della vecchiaia: l’«unione della forza fisica

giovanile e della maturità del giudizio caratteristica dell’uomo attempato»38. Risulta chiaro

che la figura di Pin non può essere interpretata esattamente in questo senso. La suggestione

dell’immagine del puer senex viene dalla combinazione di una situazione guerresca e di

conseguenza seria e adulta e un ragazzino di dodici anni. Infatti l’immagine di Pin non

combacia con quella del puer senex. Nel caso di Pin si tratta di un bambino che rimane

bambino e non trova la forza per crescere e per raggiungere un’età più matura. Oltre a ciò, le

persone del gruppo del Dritto che Pin frequenta sono esattamente il contrario del puer senex:

fisicamente hanno raggiunto la maturità, ma mentalmente neanche loro sono stati in grado di

superare la fase giovanile. Isabella Lavergne39 sostiene che alla fine del libro Calvino ha

voluto simboleggiare il fallimento di Pin nel suo diventare adulto. Il romanzo finisce con Pin

e Cugino che camminano. Cugino avrebbe dovuto guidare Pin verso la maturità. Il cammino

simboleggia il fatto che niente sia cambiato: Pin continua la sua vita ingenua e spensierata

esattamente come prima.

L’ultima ragione per cui Calvino ha scelto Pin come protagonista è semplicemente il caso.40

Questa motivazione, indicata dallo scrittore stesso nella prefazione del ‘64, sottolinea

35 I. Calvino, Lezioni americane Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. IX, corsivo suo. 36 Ivi, p. 154-155. 37 M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996, p. 12. 38 S. Verhulst, La «stanca fantasia. Studi leopardiani», cit., p. 30. 39 I. Lavergne, «Le fiabe sono vere», cit., p. 9. 40 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 15.

27

l’importanza della casualità ne Il sentiero dei nidi di ragno. Le ‘decisioni’ di Pin sono spesso

guidate dal caso. Pin diventa partigiano perché gli viene suggerito di rubare la pistola. In

prigione incontra un partigiano con cui riesce a fuggire. Nel suo posto segreto, il sentiero dei

nidi di ragno, incontra Cugino che lo introduce nella vita partigiana. Quello che gli capita,

non accade per forza di scelta o per via delle sue convinzioni, ma meramente per caso.

Diventa evidente quando Pin suggerisce che gli sarebbe pure piaciuto di stare con ‘i neri’:

«In fondo a Pin piacerebbe essere nella brigata nera, girare tutto bardato di teschi e di caricatori da mitra, far paura alla gente e stare in mezzo agli anziani come uno dei loro, legato a loro da quella barriera d’odio che li separa dagli altri uomini. Forse, ripensandoci, deciderà d’entrare nella brigata nera»41

Secondo Kathryn Hume42, la maggior parte dei partigiani nel gruppo del Dritto sono

diventati partigiani per caso. L’importanza per loro, e anche per Pin, è lo spirito di gruppo e

il fatto di appartenere a un gruppo. In teoria non avrebbe fatto nessuna differenza per loro

appartenere ad un gruppo diverso come quello dei fascisti.

c) Rapidità in Il sentiero dei nidi di ragno

Nelle Lezioni americane, Calvino comincia la lezione sulla rapidità con una vecchia

leggenda su Carlo Magno.43 Lo scrittore usa questo esempio innanzitutto per illustrare la

funzione e l’importanza dell’economia e della sinteticità nella narrativa. Diventa subito

evidente che questa leggenda viene portata avanti con l’aiuto di un oggetto magico44. Il

problema iniziale; l’innamoramento di Carlo Magno per una ragazza tedesca, il problema di

necrofilia; il fatto che dopo la morte della ragazza l’imperatore non volesse più allontanarsi

dal suo corpo, la questione omosessuale; Carlo Magno che si innamora del suo arcivescovo

Turpino, e la tragedia finale; Carlo Magno che si innamora del lago e rimane vicino alle sue

rive fino alla sua morte, sono tutti problemi causati dalla forza magica dell’anello misterioso.

Secondo Elisabetta Menetti, l’anello simboleggia il legame e la fedeltà.45 Calvino precisa,

nella conferenza sulla rapidità, che si tratta di un legame narrativo realizzato attraverso la

41 Ivi, p. 61. 42 K. Hume, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, Oxford, Claredon Press, 1992, p. 90. 43 I. Calvino, Lezioni americane Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 39. 44 «Gli oggetti magici, e anche miracolosi, sono oggetti perduti, dispersi e ritrovati nell’infinito spazio narrativo dell’universo di finzione. Si trovano nelle leggende, nelle fiabe, nei miti, nelle novelle, nei racconti, nei romanzi in versi e in prosa» (E. Menetti, Oggetti magici, in Anselmi, Gian Mario e Ruozzi, Gino (a cura), Oggetti della letteratura italiana, Roma, Carocci, 2008, p. 112.) 45 E. Menetti, Oggetti magici, in Anselmi, Gian Mario e Ruozzi, Gino (a cura), Oggetti della letteratura

italiana, cit., p. 116.

28

presenza dell’anello magico. In seguito lo scrittore generalizza l’idea dell’oggetto magico ed

è convinto che questo ragionamento possa valere per qualsiasi oggetto in qualsiasi

narrazione:

«Diremmo che dal momento in cui un oggetto compare in una narrazione, si carica d’una forza speciale, diventa come il polo d’un campo magnetico, un nodo d’una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo d’un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico»46

L’oggetto stabilisce quindi un legame tra le diverse vicende della storia e funge come il

motore che spinge avanti la narrazione. Tale oggetto magico, che incoraggia il ritmo e la

velocità della narrazione, è molto caratteristico per alcuni generi di fiction: le fiabe, i

folktales, ecc.

Anche in Il sentiero dei nidi di ragno vi è un oggetto che assume una funzione simile a

quella degli oggetti magici, la pistola rubata. Questa pistola ha senz’altro un ruolo principale

nella storia. La vera e propria azione del romanzo comincia quando Pin ruba la pistola di un

tedesco mentre quello sta a letto con sua sorella. A causa del furto della pistola il ragazzino

viene arrestato. In galera entra per la prima volta in contatto con veri partigiani reclusi. Dopo

la sua evasione Pin ritorna al sentiero, dove aveva nascosto la pistola, e proprio lì incontra

Cugino che lo introduce nel gruppo del Dritto. Pin si vanta della sua pistola presso Pelle

dicendo che nessuno la potrà mai trovare perché è nascosta in un posto segreto. Si saprà poi

dopo che Pelle ha cercato e trovato la pistola e l’ha ‘regalata’ alla sorella di Pin dicendo

«cosí resta in famiglia»47. Dopo un litigio anche Pin ‘diserta’ e fugge al sentiero, dove non

ritrova più la pistola. Il ragazzo torna a casa, recupera la pistola e ritorna al sentiero dove

incontra di nuovo Cugino. Anche l’ultima azione del romanzo è legata alla pistola: Cugino,

odiatore di donne, vuole andare dalla sorella di Pin per ragioni sessuali. Pin gli presta la

pistola per proteggersi quando va in giro per il paese. Si vede che quasi ogni azione nel libro

è legata alla presenza della pistola. Pin la considera un oggetto magico, cerca di proteggerla,

nasconderla e ritrovarla. Anche in questo senso il romanzo assomiglia al genere della fiaba.

Nelle fiabe vi è spesso un oggetto che si deve conquistare e proteggere con la vita. Questo

oggetto può essere una chiave, un gioiello ma anche la donna amata, la figlia del re, ecc. Nel

caso di Pin si tratta di una pistola P. 38 ed è proprio qua che riappare la componente

realistica del romanzo: l’idea che un bambino possiede una pistola, suscita presso il lettore

46 Ivi, p. 41. 47 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 190.

29

un sentimento di paura, disgusto e incredulità. Quando Pin gioca con la pistola sembra che

egli stesso si renda conto della linea sottilissima tra gioco e realtà48:

«Pin la punta prima contro il tubo della grondaia, a bruciapelo sulla lamiera, poi contro un dito, un suo dito, e fa la faccia feroce tirando indietro la testa e dicendo tra i denti «la borsa o la vita», poi trova una scarpa vecchia e la punta contro la scarpa vecchia (…) È una cosa molto divertente (…) e una pistola, un oggetto cosí misterioso, quasi irreale (…) Ma a un certo punto Pin non resiste piú alla tentazione e si punta la pistola contro la tempia: è una cosa cha dà le vertigini. (…) Ora Pin ha giocato con la pistola vera, ha giocato abbastanza»49

Agli occhi di Pin anche il combattimento partigiano non è altro che un gioco serio.50

Giuseppe Bonura51 precisa che lo schema della fiaba come descritto da Vladimir Propp si

ritrova nel tragitto di questo oggetto “magico”, visto che porta al protagonista compagnia e

potere.

d) Visibilità in Il sentiero dei nidi di ragno

Nella quarta conferenza delle Lezioni americane Calvino si concentra sulla visibilità come

valore fondamentale della letteratura. Il tema chiave di questa lezione è l’immaginazione. Lo

scrittore tenta di descrivere il processo dell’immaginare analizzando i procedimenti da lui

usati durante la sua attività di scrittore. A questo proposito egli parla soltanto delle sue opere

fantastiche e esclude così, implicitamente, il suo primo romanzo. Si impongono comunque

alcuni paragoni tra il processo di lavoro che descrive per le sue opere fantastiche e quello del

suo primo romanzo, in particolare per quanto riguarda il momento creativo dell’ideazione

del libro. Nella lezione sulla visibilità Calvino dichiara che alla base di ogni suo racconto

fantastico stava un’immagine «carica di significato».52 Si è già accennato che per la scrittura

de Il Sentiero dei nidi di ragno, egli è partito dalla sua esperienza personale ma a un certo

punto ha cambiato rotta e ha cercato di adottare un punto di partenza più oggettivo. Non si

può negare che l’esperienza personale dello scrittore sia stato cruciale per il romanzo, ma è

lo stesso chiaro che Calvino abbia anche cercato di distanziarsi dall’esperienza che voleva

raccontare. Nella prefazione del ’64 cerca di spiegare il processo di scrittura per

l’elaborazione de Il sentiero dei nidi di ragno:

48 I. Lavergne, «Le fiabe sono vere», cit., p. 6. 49 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 45-46. 50 G. Bertone (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, Genova, Marietti, 1988, p. 22. 51 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, Milano, Mursia, 1972, p. 47. 52 I. Calvino, Lezioni americane Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 99.

30

«partii da quel personaggio di monello, cioè da un elemento d’osservazione diretta della realtà, un modo di muoversi, di parlare, di tenere un rapporto con i grandi, e, per dargli un sostegno romanzesco, inventai la storia della sorella, della pistola rubata al tedesco»53

Si osserva che anche per il suo primo romanzo lo scrittore ha utilizzato il procedimento che

descrive nella lezione sulla visibilità: è partito da un’immagine attorno a cui si è poi

sviluppato il resto della narrazione. Si può considerare questa somiglianza con il processo di

lavoro dei suoi libri fantastici, un’altra prova per il fatto che la componente fantastica è di

grande rilievo ne Il sentiero dei nidi di ragno.

Vi è un altro elemento importante ne Il sentiero dei nidi di ragno che diventerà un motivo

ricorrente nelle sue opere successive, il ‘voyeurismo’. Marco Belpoliti54 ha individuato

questa forma di ‘guardare’, esaminando le diverse forme di ‘vedere’, ‘guardare’, ‘visibilità’,

ecc. che si ritrovano nell’intera opera calviniana.

In Il sentiero dei nidi di ragno, Pin sembra molto appassionato, ma nello stesso tempo

disgustato, dal sesso, essendo un’attività adulta che non riesce a capire. Secondo Lucia Re55

si tratta di un voyeurismo particolare: Pin guarda l’attività sessuale ma non riesce a vederla

realmente. In questo senso si può parlare di ‘voyeurismo cieco’: ogni volta che guarda e

cerca di capire l’atto sessuale, il ragazzo fallisce. Quanto più si sforzi a capire, tanto meno

riesce effettivamente a capire. Lo spiare lo rende quindi cieco, nel senso figurato. Il

voyeurismo di Pin è tra l’altro dovuto alla sua curiosità fanciullesca. Lui prova ad esempio

ad osservare l’azione adulterina di Dritto e Giglia, la moglie del cuoco Mancino, e spesso

spia anche la sorella mentre sta con diversi clienti:

«Di là c’è la camera di sua sorella filtrata dalle fessure del tramezzo, fessure da farsi venire gli occhi strabici a girarli per vedere tutt’intorno. La spiegazione di tutte le cose dal mondo è lí dietro quel tramezzo; Pin ci ha passato ore e ore fin da bambino e ci ha fatto gli occhi come punte da spilli; tutto quel che succede là dentro lui lo sa, pure ancora la spiegazione del perché gli sfugge»56

Nei libri di Calvino i motivi del ‘vedere’ e del ‘guardare’ risultano spesso importanti. Come

si è già detto, la lezione sulla visibilità è completamente dedicata al tema

dell’immaginazione. Domenico Scarpa, che usa i termini fantasia e immaginazione come

sinonimi, sostiene che per Calvino «la fantasia, dunque, è visibilità»57. Scarpa precisa:

53 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 15. 54 M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, cit., p. 12. 55 L. Re, Calvino and the Age of Neorealism: Fables of Estrangement, Stanford, Stanford university press, 1990, p. 278. 56 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 42. 57 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 122.

31

«Fantasia vuol dire pensare per immagini, capacità di tradurre in immagini gli stimoli che il mondo ci propone: per cui essa è innanzitutto sguardo, in particolare quello sguardo straniato che ci permette di vedere il mondo (esterno e interiore) diversamente dall’ordinario»58

Questa osservazione descrive perfettamente il punto di vista che Calvino usa ne Il Sentiero

dei nidi di ragno. Con il personaggio di Pin, Calvino ha scelto un punto di vista, ossia uno

sguardo, alienante che si ritroverà nella maggior parte dei suoi romanzi successivi.

58 Ibidem, corsivo suo.

32

2.2 Il punto di svolta: dominio graduale dell’impegno letterario e enfasi sul fantastico

In 2.1.1 si è dimostrato che Il Sentiero dei nidi di ragno è stato concepito come un’opera

impegnata. Anche se lo scrittore non ha optato di adottare un punto di vista personale o

autobiografico, egli è indiscutibilmente stato spinto dalla propria esperienza durante la

guerra partigiana.

Nella seconda parte di questo capitolo si cercherà di evidenziare un cambiamento

nell’intenzione dello scrittore a partire della stesura de I nostri antenati. Attraverso le

citazioni tratte dalla prefazione de Il sentiero dei nidi di ragno, scritta diciassette anni dopo

la pubblicazione del romanzo, è diventato chiaro che Calvino non approvava più le sue prese

di posizione di allora. Dalla prima pubblicazione all’edizione del ’64 si osserva un

cambiamento di poetica. Nel 1960 Calvino raccoglie la cosiddetta ‘trilogia araldica’ sotto il

titolo I nostri antenati. Questa trilogia comprende Il visconte dimezzato pubblicato nel 1952,

Il barone rampante uscito nel 1956 e Il cavaliere inesistente del 1959.59 Nelle Lezioni

americane Calvino dichiara di considerare questi tre racconti le sue prime storie

fantastiche.60 Lo scrittore sostiene di aver scritto queste storie in base a tre immagini, rivelate

già dai titoli, che si erano formate nella sua immaginazione:

«Per esempio, una di queste immagini è stata un uomo tagliato in due metà che continuano a vivere indipendentemente; un altro esempio poteva essere il ragazzo che s’arrampica su un albero e poi passa da un albero all’altro senza più scendere in terra; un’altra ancora un’armatura vuota che si muove e parla come ci fosse dentro qualcuno»61

Si tratta quindi di tre immagini irrealistiche e fantastiche. Tuttavia non sono frutti di una

fantasia abbondante o esempi di escapismo, queste immagini dovevano trasmettere un

significato sottointeso. Sono immagini che si presentano cariche di significato62 e perciò si

possono interpretare come rappresentazioni allegoriche.

In questo sottocapitolo ci si limiterà ad una delle tre storie: Il barone rampante.

Lumeggiando il doppio senso di questa storia si cercherà di dimostrare che l’engagement che

si riscontra ne Il barone rampante è di stampo completamente differente da quello costatato

ne Il sentiero dei nidi di ragno. Tramite questi due romanzi, distanti da quasi dieci anni, si

sarà in grado di illustrare il passaggio da engagement politico e sociale a engagement

letterario e sociale.

59 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, cit., p. 65-67. 60 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 99. 61 Ibidem. 62 Ibidem.

33

2.2.1 Fiction e impegno in Il barone rampante

Vent’anni fa, Cesare Garboli63 espresse la sua incredulità nel confronto di parecchi critici

che sostenevano l’abisso incolmabile che si era formato tra il giovane Calvino de Il sentiero

dei nidi di ragno e il Calvino ‘nuovo’. Secondo Garboli non si tratta di una rotazione di 180

gradi. Egli sostiene che il Calvino dell’ideologia di impegno politico e sociale non è tanto

differente dal Calvino delle Lezioni americane.64 Una completa confutazione della sua tesi

non è possibile ma è altresì impossibile negare la rottura che si è affermata, a proposito

dell’engagement, tra lo scrittore de Il sentiero dei nidi di ragno e le opere successive.

Il barone rampante è probabilmente il primo libro di Calvino in cui si riesce a individuare

chiaramente questo cambiamento di poetica. Già nel suo primo romanzo si notava che

Calvino non riusciva a prendere posizione nella polemica sulla Resistenza. Lo scrittore non

voleva negare la Resistenza come tematica nel suo romanzo ma non voleva neanche esaltare

la Resistenza tramite la sua letteratura e aiutare così il PCI a consolidare la sua posizione

politica dominante. Quello che funzionava meglio per Calvino fu l’adozione di un punto di

vista alienante verso la realtà. La tecnica del punto di vista straniante ritorna più

dichiaratamente nelle sua opere successive. Nella nota aggiunta alla pubblicazione de I

nostri antenati nel 1960, egli testimonia:

«Io, prima, facevo dei racconti “neorealistici”, come si diceva allora. Cioè raccontavo delle storie successe non a me ma ad altri, o che immaginavo che fossero successe o potessero succedere, e questi altri erano gente, come si dice, “del popolo”, ma sempre un po’ degli irregolari, comunque persone curiose»65

Dall’inizio della sua carriera come scrittore, Calvino prediligeva i personaggi straordinari o,

come precisa Claude Imberty, i personaggi eccentrici.66 Nel ciclo de I nostri antenati la

propensione calviniana per questi personaggi eccentrici è ancora più esplicitamente presente.

La differenza più flagrante in confronto a Il sentiero dei nidi di ragno sta nel fatto che

Calvino si sia allontanato dalla crudele verità della realtà. Si è distanziato dai fatti socio-

politici e si è congedato dalla parte più estrema della sua coscienza politica per abbracciare

un mondo più fantastico e meno mimetico. Nondimeno la realtà (storica) continua ad essere

presente: ne Il barone rampante si trovano fatti veri, personaggi storici, ecc. Però Calvino

manipola questa realtà, la contamina con degli elementi fantastici al fine di alleggerire la

63 C. Garboli, «Plutone nella rete», cit., p. 12-13. 64 Ivi, cit., p. 12. 65 I. Calvino, I nostri antenati, Torino, Giulio Einaudi, 1960, p. 353. 66 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 32.

34

serietà della realtà. Nonostante la dominante componente fantastica, l’opera non si può

interpretare come un esempio di letteratura escapista visto che trasmette, attraverso gli

elementi fantastici, un messaggio prestabilito. Una parte della serietà realistica viene

scambiata per una dimensione giocherellone che permette a Calvino di passare il suo

messaggio in maniera più adeguata. Rocco Capozzi67 afferma che in Il barone rampante,

Calvino cerca di allontanarsi dalla realtà e prova di « trasmettere il messaggio tramite la

“leggerezza” della scrittura»68. Capozzi allude ai giochi linguistici, ai giochi di parole, al

legame tra scienza, letteratura e al comico; tutte tecniche che Calvino approfondirà negli

anni sessanta, dopo aver vissuto l’esperienza dell’avanguardia parigina strutturalista. Ne Il

barone rampante si presentano già i primi esempi di questo modo di giocare con la lingua

anche se questa nuova dimensione non è il cambiamento più rivelatore de Il barone

rampante. La particolarità de Il barone rampante, entro certi limiti anche rintracciabile ne Il

visconte dimezzato, è il fatto che Calvino pone più l’enfasi sulla dimensione fantastica nella

sua storia. Come indica Capozzi:

«la concretezza e pesantezza della realtà socio-politica e, in genere, la rappresentazione/mimesi del reale, vengono alleggerite per mezzo della dimensione fantastica»69

Anche se è molto presente il mondo fantastico in questo libro e lo schema della storia è

quello della fiaba70 si ritrova sempre la presenza di un Calvino ideologicamente engagé che

non ha mai rifiutato o negato la realtà.71 La differenza sta nel fatto che l’engagement del

primo Calvino si è sviluppato in un engagement di stampo diverso. Ne Il sentiero dei nidi di

ragno è determinante la situazione politica e sociale di allora: Calvino ha tematizzato un

soggetto che concerneva il popolo d’Italia in un certo momento storico. Ne Il barone

rampante il suo engagement non riguarda più un tema politico o storico benché lo scrittore

passi in rassegna diversi eventi storici. Calvino non fugge la realtà ma usa il fantastico per

mostrare una realtà più intensa e più vera. Allo scopo di raggiungere questo effetto, Calvino

richiede dai suoi lettori una grande attenzione per scoprire i significati sottointesi che ha

voluto integrare nella sua opera.72 In questo senso l’opera è stata qualificata dalla critica

67 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», Rivista di Studi

italiani, 2003, 2, p. 79-103. 68 Ivi, p. 84. 69 Ivi, p. 85. 70 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, cit., p. 69. 71 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 92. 72 Ivi, cit., p. 98.

35

come allegorica73.74 Con la figura di Cosimo Piovasco di Rondò che vive una vita intera

sugli alberi, Calvino ha tematizzato la relazione dialettica tra individualità e solidarietà e più

implicitamente ancora, la posizione di Cosimo simboleggia il ruolo del poeta oppure dello

scrittore nella società moderna:

«Sempre pero sapendo che per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato dagli altri, d’imporre testardamente a sé e agli altri quella sua incomoda singolarità e solitudine in tutte le ore e in tutti i momenti della sua vita, così come è vocazione del poeta, dell’esploratore, del rivoluzionario»75

In questo romanzo si parla quindi della letteratura, dello scrittore, della sua posizione nella

società, ecc. L’engagement in questo libro è di stampo completamente diverso

dall’engagement nel primo romanzo calviniano, si tratta qua di un engagement letterario. Si

cercherà in seguito di esplicitare il legame allegorico e di rivelare la posizione di Calvino nel

dibattito letterario. Si proverà a rintracciare alcuni restanti del suo impegno sociopolitico e

indagarsi sul loro vero significato. Anche il setting del libro è completamente diverso da

quello del primo romanzo. La scelta di collocare la storia nel Settecento è confortata da

motivi tematici. Infine si analizzerà l’importanza della rapidità e della visibilità in questo

romanzo. Per quanto riguarda la trama si riesce a ricapitolare questo libro in due frasi:

All’età di dodici anni, Cosimo Piovasco di Rondò, figlio del Barone d’Ombrosa, rifiuta di

mangiare il suo piatto di lumache e, inizialmente come atto di ribellione, decide di vivere

sugli alberi per il resto della sua vita. Il fratello minore, Biagio, trascrive le vicende della vita

del barone rampante, da quello che ha potuto vedere lui e da quello che gli è stato suggerito

da Cosimo stesso.76

a) Impegno politico?

Si vuole dimostrare che da I nostri antenati in poi, la tematica politica ha una rilevanza

periferica in confronto alla tematica della letteratura in sé. Ne Il barone rampante non la

situazione politica degli anni cinquanta ma quella del Settecento è presente nella narrazione.

Alcuni critici hanno cercato di raccordare certi eventi settecenteschi alle polemiche degli

73 «Un testo allegorico consente due significati, e anzi due significati realizzati sistematicamente in tutti gli elementi rilevanti del testo. Nella tradizione esegetica questi due significati vengono designati come significato verbale (sensus litteralis, historia, verbum) e come significato in stretto senso allegorico (sensus allegoricus,

sensus translatus)» (R. Ceserani, Guido allo studio della letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 264, corsivo suo.) 74 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 36. 75 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 357, corsivo suo. 76 F. Di Carlo, Come leggere I nostri antenati di Italo Calvino, Milano, Mursia, 1978, p. 46-51.

36

anni cinquanta del ventesimo secolo. Secondo Imberty, la rivoluzione francese funge come

metafora nel romanzo per criticare i comunisti degli anni cinquanta.77 Imberty si basa sul

fatto biografico che nel 1956 Calvino si è distanziato dalle attività del PCI.78 Questa

congettura si rivela leggermente rischiata visto che Calvino non cercava di criticare il

comunismo in sé ma di condannare il meccanismo sottostante a questa ideologia. Durante la

Resistenza, Calvino ha combattuto per la causa comunista. Quando il partito comunista è

finalmente andato al potere, egli si è sentito tanto deluso da certi atteggiamenti e certe prese

di posizione che ha deciso di distanziarsi dalla vita partitica attiva. Analogamente Cosimo si

ribella contro i nobili durante la rivoluzione francese, malgrado il suo titolo di barone, ma

dopo l’arrivo delle truppe francesi che avessero dovuto cambiare le cose, Cosimo si è reso

conto che non ci sarebbe cambiato nulla. Calvino critica quindi, non il PCI, non la

rivoluzione francese, ma il meccanismo sottostante dei movimenti di liberazione e il fatto

che portano ineluttabilmente ad un risultato deludente. Il criticismo di questo tipo di

meccanismo chiarisce e motiva la posizione periferica che sia Calvino sia Cosimo hanno

scelto. Ne consegue che questa critica, che a prima vista sembrava una prova

dell’engagement politico calviniano, si rivela però una spiegazione della posizione dello

scrittore nella società ed è quindi un esempio di engagement letterario.

a) Il setting fantastico

La componente fantastica gioca un ruolo fondamentale in Il barone rampante. Tuttavia

bisogna sottolineare che si tratta di un fantastico ponderato. Nell’introduzione di questa tesi,

si è spiegato la differenza tra fantasia e immaginazione. Visto che tutti gli elementi fantastici

usati da Calvino in questo libro sono guidati dalla ragione, si può concludere che per la

stesura di questo romanzo, lo scrittore ha fatto appello alla sua immaginazione e non alla sua

fantasia. Il grado di sensatezza nel romanzo dimostra che lo scrittore non ha reciso tutti i

vincoli con la realtà. I legami con la realtà sono necessari per riuscire a trasmettere il suo

messaggio. Si può considerare il fatto che Calvino non si distacci completamente dalla

realtà, un indizio dell’intenzione impegnata dello scrittore. Ciò viene confermato da

Leonardo Sciascia nella sua recensione de Il barone rampante del 1957. Egli valuta

l’immaginazione di Calvino come molto libera, ma assolutamente non ‘disimpegnata’ e

77 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 37. 78 Ibidem.

37

aggiunge che anche l’interpretazione opposta, accogliere Il barone rampante come una mera

dichiarazione morale, non sia appropriato.79 Si tratta quindi di nuovo di una combinazione di

elementi fantastici e realistici, come si era già attestato ne Il sentieri dei nidi di ragno, con

questa differenza che ne Il barone rampante la componente fantastica prevale su quella

realistica e l’impegno è di stampo diverso.

In confronto all’ambientazione de Il sentiero dei nidi di ragno, il setting de Il barone

rampante colpisce subito come molto fantastico. A partire dall’inizio del romanzo Calvino

gioca con questo equilibrio-squilibrio tra fiction e realtà. Dall’inizio del libro Calvino

annuncia il protagonista, il narratore, il periodo storico e l’evento attorno a cui si sviluppa

l’intera trama. Il romanzo comincia con: «Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco

di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi»80. In questa prima frase

Calvino introduce Cosimo come protagonista, rivela che la storia è collocata nel Settecento,

fa subito parlare Biagio, il fratello di Cosimo, e annuncia che un cambiamento sta per

arrivare. Il Settecento si dice anche il secolo dei Lumi; un secolo che si contraddistingue per

la sua straordinarietà; un «gran secolo d’eccentrici»81 come diceva Calvino stesso. Nel

Settecento azioni o persone eccentriche non furono qualcosa di anomalo o inconsueto. Il

secolo dei Lumi è fondato sulla ratio; una ratio tanto elaborata che portava l’intellettuale alle

idee più strane e alle concezioni di vita più stravaganti bensì ragionate che ci siano mai state:

il Settecento dell’immaginazione.

A prima vista Il barone rampante si presenta come una storia realistica. Dall’inizio Calvino

ha cercato di offrire al romanzo una dimensione realistica:

«un paesaggio e una natura, immaginari sí, ma descritti con precisione e nostalgia; una vicenda che si preoccupava di rendere giustificabile e verosimile perfino l’irrealtà della trovata iniziale»82

L’immagine di un ragazzo che si arrampica sugli alberi e decide di mai più scendere fu la

sua trovata iniziale e aveva secondo lo scrittore bisogno di un quadro realistico. Calvino ha

integrato la dimensione realistica tramite un incipit tradizionale. Come precisa Giugliana

Adamo83 si tratta di un incipit-data che si interpreta, nella letteratura, come una garanzia di

realtà e verosimiglianza.84 Questa sorta di incipit è tipica del genere del romanzo realistico. Il

79 S. Adler, Calvino. The writer as fablemaker, cit., p. 135. 80 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 75. 81 Ivi, p. 358. 82 Ibidem. 83 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», Strumenti critici, 2003, 1, p. 1-27. 84 Ivi, p. 10.

38

fatto che Calvino usa l’incipit proprio del codice del romanzo realistico, per il suo romanzo

fantastico, si può interpretare come un esempio di intertestualità85. Nella nota del 1960,

Calvino allude implicitamente alla componente realistica del suo romanzo dicendo:

«insomma, avevo finito per prender gusto al romanzo, nel senso piú tradizionale della

parola»86. Il romanzo nel senso più tradizionale è indubbiamente il romanzo realistico.

Calvino ricorre a questo tipo di incipit tradizionale con un’intenzione parodistica87 anche se

una dimensione realistica gli serviva per mantenere un certo grado di serietà nella storia. 88

Si vedrà dopo che questa serietà risulta necessaria nell’ottica dell’engagement letterario:

l’identificazione tra Calvino come scrittore e Cosimo come intellettuale e il paragone tra le

loro posizioni nella società non possono essere pienamente valorizzati in una storia

esclusivamente fantastica ma richiedono invece un certo grado di verosimiglianza. Tuttavia,

si è già detto che la componente fantastica predomina su quella realistica. Ne Il barone

rampante, e già ne Il visconte dimezzato, Calvino ha rotto completamente con l’ideologia e

la corrente del neorealismo. Come testimonia nella prefazione de Il sentiero dei nidi di

ragno, egli ha vanamente provato a scrivere una storia esclusivamente realistica. Durante il

processo di scrittura saltava sempre fuori una dimensione fantastica che non poteva negare.

Con la trilogia, I nostri antenati, Calvino dimostra di aver accettato completamente la sua

propensione per il genere fantastico.89 Come era il caso ne Il sentiero dei nidi di ragno,

anche in Il barone rampante la fiaba serva da modello per alcune vicende della narrazione.

Un esempio molto chiaro è lo scontro tra Cosimo e il gatto selvatico. Cosimo, ancora

ragazzo, vince il combattimento con il gatto selvatico come un colpo di fortuna. Egli fa

prova di un grande coraggio e di un’immensa tenacia che lo portano alla vittoria inaspettata.

Tale vittoria è un simbolo ricorrente della fiaba: l’eroe vive un momento di maturazione che

gli dà la fiducia in se stesso. 90 Ad un certo punto durante il combattimento Cosimo si trova

ad un bivio: può fare un salto fino a terra che, molto probabilmente, gli salverebbe la vita ma

invece decide di tener duro e di non saltare. Sarà questa scelta a portargli la vittoria. Tramite

la vittoria si conferma nella sua scelta esistenziale di non scendere mai più dagli alberi.

85 Intertestualità: «Il testo letterario farà riferimento non a una realtà materiale, concreta ed esterna al testo medesimo, ma ad altri testi» (A. Bernardelli, La narrazione, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1999, p. 110.) 86 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 358, corsivo suo. 87 Parodistica come aggettivo di parodia. Parodia è un «termine (…) designante un componimento letterario che contraffà con intento comico o satirico un’opera conosciuta» (Farina, Giulia e Dossi, Eugenia (a cura di), Enciclopedia della letteratura, cit., p. 776.) 88 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», cit., p. 12. 89 G., Bertone, (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, cit., p. 21. 90 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 42.

39

b) Impegno letterario e la posizione dello scrittore

Non vi sono dubbi che in questo romanzo possiamo ritrovare un’identificazione tra il

protagonista del romanzo e lo scrittore. In questo libro si potrebbero indicare due

protagonisti: Cosimo, attorno a cui si sviluppa la trama, e Biagio che narra le avventure di

Cosimo. Biagio prova a dare una descrizione della vita straordinaria del fratello. Nella prima

metà del libro Biagio non sembra aver difficoltà a realizzare il suo progetto ma nel corso del

romanzo il narratore si rende conto che le avventure che sono state raccontate da Cosimo

non sono tanto affidabili:

«La storia che ora riferirò fu narrata da Cosimo in molte versioni differenti: mi terrò a quella piú ricca di particolari e meno illogica. Se pur è certo che mio fratello raccontando le sue avventure ci aggiungeva molto di sua testa, io, in mancanza d’altre fonti, cerco sempre di tenermi alla lettera di quel che lui diceva»91

Si tratta quindi di una fonte primaria assai dubbiosa e di un narratore che non mira alla

verità. Il lettore sta davanti una storia che, inizialmente, si è presentata come verosimile (cfr.

supra) e entro certi limiti anche oggettiva, ma che risulta ingannevole. La testimonianza è

diventata finzione e benché Biagio se ne rendi conto, non decide di raccontare soltanto i fatti

di cui lui è stato testimone ma sceglie di riferire le versioni più interessanti delle vicende.92

Cosimo e Biagio ricoprono un posizione completamente diversa nella narrazione. Cosimo,

come conferma Calvino stesso93, è un essere solitario. Il barone ha, coscientemente, scelto di

trascorrere la sua intera vita negli alberi. Lui ha scelto di vivere fuori dalla società: vive sugli

alberi mentre la vera vita sociale si sviluppa per terra. Comunque si intromette nella vita

sociale e si sente molto coinvolto nelle vicende sociali. Il ragionamento sottostante di

Calvino è il fatto che «per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato

dagli altri»94. Ne consegue che solo letteralmente, Cosimo ricopre una posizione fuori della

società. Il fratello Biagio mena una vita conforma alle aspettative della società. Conosce

bene il suo posto nella società e sceglie uno stile di vita tradizionale. Letteralmente egli fa

parte della società, però non si impegna nelle attività della società come Cosimo. Nel

romanzo il ruolo di Biagio si limita a quello di osservatore: osserva le azione del suo fratello

come osserva le attività nella società. Si potrebbe concludere che Cosimo vive fuori dalla

società, in senso letterale, come Biagio ricopre una posizione fuori dalla società in senso

91 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 167-168. 92 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 40. 93 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 358. 94 Ivi, p. 357, corsivo suo.

40

figurato. Per quanto riguarda la domanda “con chi si identificava Calvino” non esiste una

risposta univoca. Da un lato Calvino si avvicina al personaggio di Biagio in quanto anche lui

è un osservatore ma dall’altro lato assomiglia piuttosto a Cosimo per via della posizione

solitaria. Calvino stesso ha suggerito nell’introduzione della versione scolastica de Il barone

rampante che Cosimo è una rappresentazione allegorica del poeta.95 Visto che nelle Lezioni

americane Calvino equipara l’attività del poeta a quella dello scrittore, «Sono convinto che

scrivere prosa non dovrebbe essere diverso dallo scrivere poesia»96, sembra giustificato

interpretare la figura di Cosimo, non solo come rappresentazione allegorica del poeta ma

anche dello scrittore.

La parola chiave attorno a cui si stabilisce questo avvicinamento tra un uomo che vive negli

alberi e uno scrittore è la distanza97. Ed è con questo termine che entra in scena la questione

dell’engagement. Per Calvino lo scrittore deve distanziarsi dal mondo reale per poter mirare

quel mondo.98 Si rifugia nel mondo antitetico della fantasia per osservare da lì il mondo

reale. La posizione di Cosimo simboleggia quindi il punto di vista che lo scrittore deve

appropriarsi per guardare la realtà: un punto di vista distante e straniante. Su quest’idea

Calvino ritornerà parecchie volte nella sua carriera come scrittore, in particolare in una

conferenza tenuta a New York nel 1983, The Written and the Unwritten World, in cui dice:

«se dici che il tuo vero mondo è la pagina scritta, se solo là ti senti a tuo agio, perché vuoi staccartene, perché vuoi avventurarti in questo mondo vasto che non sei in grado di padroneggiare? La risposta è semplice: per scrivere. Perché sono uno scrittore. Quello che ci si aspetta da me è che mi guardi intorno e catturi delle rapide immagini di quel che succede, per poi tornare a chinarmi sulla mia scrivania e riprendere il lavoro. È per rimettere in moto la mia fabbrica di parole che devo estrarre nuovo combustibile dai pozzi del non scritto»99

Si tratta quindi implicitamente della relazione dialettica tra una posizione distante e l’attività

dello scrivere: come Cosimo, anche lo scrittore ha bisogna di una posizione isolata e solitaria

per raggiungere la prospettiva che lo aiuterà nella sua attività di scrittura. Il fatto che Calvino

tematizzi l’attività dello scrivere, diventa evidente alla fine del libro quando parla

allegoricamente della letteratura e della funzione dello scrittore:

«Ombrosa non c’è piú. Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spiumii, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli, forse c’era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d’inchiostro, come l’ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si

95 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 37. 96 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 56. 97 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 46. 98 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 38. 99 M. Barenghi (a cura), Italo Calvino. Saggi 1945-1985, cit., p. 1867.

41

sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s’intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito»100

Il mondo del barone Cosimo non esiste più, rivela il narratore, ed è esistito soltanto per

volontà dello scrittore. Quale è il valore di questa storia visto che si può a ridurre tutto

questo mondo ad alcuni tratti di inchiostro, sembra chiedersi Calvino.101 È morto il

protagonista Cosimo e con lui sparisce il mondo in cui viveva. La morte di Cosimo

simboleggia quindi la necessità di Calvino di accomiatarsi dalla storia come scrittore e

rappresenta la fine di questa storia come la fine di questo mondo. Così Calvino richiama

l’attenzione del lettore sulla finzione di questa storia, di questo mondo, di Cosimo e esplicita

la relazione problematica e offuscata tra il mondo dell’immaginazione e il mondo reale.

Il barone rampante tematizza l’attività dello scrivere, la figura e la posizione dello scrittore e

la relazione tra la componente fantastica e quella realistica nella letteratura. L’importanza

delle questioni politiche è minima e quasi inesistente. Soprattutto la fine del romanzo mostra

come l’interesse per le questioni morali e politiche, tanto presenti ne Il sentiero dei nidi di

ragno, è stata sostituita con un interesse per i problemi e le questioni della letteratura.102

L’impegno politico si è trasformato in un impegno letterario che, a partire da Il barone

rampante tornerà in ogni libro che Calvino scrive in vita sua. Il barone rampante segna

dunque un momento di transizione nella sua attività come scrittore.

Negli anni sessanta Calvino partecipa alle attività sperimentali dell’avanguardia parigina e si

concentra sulle problematiche della letteratura. Nelle opere scritte in questo periodo

l’impegno letterario si manifesta in maniera ancora più esplicita.103

c) Rapidità e Visibilità in Il barone rampante

Gli elementi principali di questa opera sono quattro: il personaggio Cosimo, la componente

fantastica, l’impegno letterario e le storie o i racconti di Cosimo. Per quanto riguarda il

valore della rapidità in questo libro, soprattutto l’ultimo elemento è di grande rilievo. Come

si è accennato prima, la rapidità e la visibilità, in quanto qualità letterarie, sono

maggiormente presenti in esempi di letteratura fantastica. Visto che in questo libro la

100 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 261. 101 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», cit., p. 17. 102 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 45. 103 G. Bertone, (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, cit., p. 25.

42

componente fantastica prevale sulla componente realistica, la caratteristica della rapidità

dovrebbe esser molto presente in questo romanzo. La rapidità si ritrova innanzitutto nel

susseguirsi delle avventure di Cosimo, raccontate da egli stesso o da Biagio, che fa pensare

alla catena di storie di Sheherazade in Mille ed una notte. Quando Cosimo racconta una delle

sue avventure, mette in rilievo le azioni dell’avventura e dà meno attenzione ai personaggi

della storia.104 In questo modo si stimola il ritmo veloce del racconto. Nella lezione sulla

rapidità, Calvino menziona l’esempio di Sheherazade e aggiunge:«È un segreto di ritmo, una

cattura del tempo»105. Si tratta della stessa cattura del tempo nei racconti di Cosimo. Il ritmo

svelto di cui parla Calvino, si attesta nelle storie raccontate da Cosimo ma non si ritrova

nella cornice del romanzo. Il libro ha una struttura tradizionale del tipo inzio-mezzo-fine.106

La storia inizia con il rifiuto del piatto di lumache e la decisione di vivere negli alberi e mai

più scendere. La parte centrale è costituita dalle vicende della vita di Cosimo e il libro finisce

con la morte di Cosimo. Ogni avventura è strutturata come un racconto ed è caratterizzata da

un ritmo veloce. Malgrado la rapidità dei racconti, la struttura sovrastante del romanzo è

caratterizzata da un certa lentezza e in questo senso le avventure di Cosimo si potrebbero

percepire come digressioni rallentanti. In ogni caso si tratta sempre di un’operazione sulla

durata; una caratteristica inerente ad ogni narrazione, come precisa Calvino nella lezione

sulla rapidità.107

Anche la visibilità gioca un ruolo rilevante ne Il barone rampante. Si è già rimarcato che

Calvino mette la visibilità in relazione con l’immaginazione (cf. 2.1.1d). Nella sua lezione

sulla visibilità egli cita l’esempio de Il barone rampante per illustrare come, alla base delle

sue storie fantastiche, ci sta sempre un’immagine.108 Come ne Il sentiero dei nidi di ragno,

anche in questo romanzo ci sono alcuni esempi di ‘voyeurismo’.109 Questa forma di visibilità

riguarda soprattutto Biagio nel suo ruolo di osservatore: egli osserva le azioni di Cosimo per

poi trascriverle, ma non interviene. Anche Cosimo si presenta alcune volte come osservatore

ma nel corso del libro diventa piuttosto un uomo dell’azione. All’inizio del libro Cosimo si

diverte, osservando la gente. La sua decisione di vivere negli alberi lo aveva messo in una

posizione dove nessuno lo vedeva ma da dove egli vedeva tutto e tutti:

104 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 42. 105 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 46. 106 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», cit., p. 3. 107 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 43. 108 Ivi, p. 99. 109 M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, cit., p. 12.

43

«Guardava tutto, e tutto era come niente. Tra i limoneti passava una donna con un cesto. Saliva un mulattiere per la china, reggendosi alla coda della mula. Non si videro tra loro; la donna, al rumore degli zoccoli ferrati, si voltò e si porse verso la strada, ma non fece in tempo. Si mise a cantare allora, ma il mulattiere passava già la svolta, tese l’orecchio, schioccò la frusta e alla mula disse: – Aah! – E tutto finí lí. Cosimo vedeva questo e quello»110

Già presto il suo carattere istintivo e impulsivo lo spinge a passare all’azione. Nel romanzo,

diverse avventure iniziano con la vista di qualcosa; ad esempio quando Cosimo, facendo la

guardia, vede nel cuore della notte il Cavalier Avvocato. Questa visione porterà alla scoperta

del tradimento del Cavalier Avvocato e infine alla sua morte. Anche la volontà di Cosimo di

‘vedere’ il famoso ladro Gian dei Brughi è l’inizio di una grande avventura.

Con le sue descrizioni dettagliate, Calvino spinge il lettore alla visualizzazione. Anche se

nessuno ha mai visto un uomo che salta da un albero all’altro, mangia, si innamora e va a

caccia negli alberi, ogni lettore è in grado di farsi un’immagine di Cosimo. Con la visibilità

della sua scrittura, Calvino aiuta il lettore a visualizzarsi eventi fantastici e straordinari.

110 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 84.

44

Capitolo 3: Rapidità e Visibilità come strumenti di analisi

In questo terzo capitolo si cercherà di analizzare adeguatamente la seconda e la quarta

lezione, rispettivamente Rapidità e Visibilità, cosicché si riesca di rintracciare questi due

valori, in due opere calviniane: le Fiabe italiane e Le Cosmicomiche.

Nel capitolo precedente si sono abbozzate le affinità di questi due valori con il genere

fantastico. Questo legame diventerà ancora più chiaro e esplicito mediante l’analisi delle due

lezioni e la loro applicazione alle opere sopraindicate.

Per evitare ogni rischio di riduzionismo è fondamentale sottolineare la coesione interna delle

Lezioni americane. Perciò isolare due lezioni in una totalità di cinque1 risulta un’operazione

assai difficile. Di conseguenza ci si soffermerà talvolta per evidenziare la connessione con

una lezione precedente, il preludio di un tema che verrà poi sviluppato in una lezione

successiva, alcune tematiche ricorrenti, ecc. L’isolamento di queste due lezione sembra

indirettamente concesso da Calvino stesso, dato che lo scrittore aveva l’intenzione di trattare

ogni valore separatamente nell’arco di sei conferenze all’università di Harvard. Si tratta di

cinque valori letterari e autonomi inglobati da quell’idea sottostante di conservazione per il

prossimo millennio. Si farà però particolarmente attenzione a non offendere in nessun modo

la cosiddetta «struttura ricorsiva delle Lezioni».2

Come si è detto parecchie volte prima, a Calvino non piaceva parlare di sé. Dal suo punto di

vista l’opera doveva stare al centro dell’attenzione e non la personalità dello scrittore. In

alcune interviste egli aveva precisato che tutto quello che è importante o necessario per la

lettura e la comprensione delle sue opere stava nel testo stesso. William Weaver, il suo

traduttore inglese, conferma che contrasta con la completezza e la perfezione dei libri

calviniani la lacunosità di tutte le interviste rilasciate dallo scrittore.3 Nel primo capitolo si è

parlato del fatto che le Lezioni americane siano state accolte come l’opera con il maggior

grado di allusioni autobiografiche. Accanto ai rimandi alle proprie opere, Calvino usa spesso

le visioni e le opere di altri scrittori per comunicare le proprie idee sulla letteratura. Egli

parla spesso attraverso le voci dei suoi scrittori preferiti.4

1 Visto che la sesta lezione non è mai stata scritta, consideriamo le lezioni cinque in totale. 2 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, Firenze, Firenze Atheneum, 2002, p. 125, corsivo suo. 3 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 21. 4 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 155.

45

Di conseguenza si deve tener presente il fatto che Calvino abbia preso minuziosamente in

considerazione ogni brano e ogni scrittore citato, visto che sia quelle opere sia gli scrittori gli

servivano da portavoci nelle sue Lezioni americane.

3.1 Rapidità

Calvino comincia la sua apologia della rapidità con l’esempio di una leggenda di Carlo

Magno. Passa in rassegna diverse versioni di questa leggenda e rivela ai lettori la sua

versione preferita, quella molto compatta del romantico francese Barbey d’Aurevilly.

Calvino usa la versione dello scrittore francese per illustrare la peculiarità del valore della

rapidità.

Due parametri segnano la sua interpretazione della rapidità: il ritmo e l’immaginazione.5 Il

ritmo della narrazione, interpretabile come una sorta di cadenza, è elaborato tramite il

susseguirsi degli avvenimenti narrati. L’austerità del racconto invece, stimola e dà libero

corso all’immaginazione del lettore. Già all’inizio della lezione si afferma il legame tra

rapidità e immaginazione. In questo modo viene annunciato la lezione sulla visibilità, visto

che l’immaginazione costituisce la tematica principale di questa quarta lezione. Calvino

illustra con la leggenda di Carlo Magno il processo di metamorfosi nella scrittura: le parole

si susseguono con un tale ritmo che il lettore riesce a trasformarle in una successione di

immagini. A questo punto entrano in scena la rapidità del ritmo ma anche la capacità

dell’immaginazione. Il ritmo prediletto da Calvino, è strettamente legato all’oggetto magico,

di cui si è già parlato a proposito de Il sentiero dei nidi di ragno. La successione delle

vicende, realizzata dall’oggetto magico, assume l’apparenza di una catena. Si tratta quindi di

un ritmo stabilito da una concatenazione che concede molto spazio all’immaginazione.

La lezione inizia come un’apologia della rapidità, ma presto diventa chiaro che Calvino non

si limita ad un’esaltazione della rapidità ma include nella sua lezione anche il valore

opposto, l’indugio. Nonostante questa ambivalenza, è evidente che lo scrittore favorisce la

rapidità però senza negare i piaceri dell’indugio. Calvino precisa:

«Con questo non voglio dire che la rapidità sia un valore in sé: il tempo narrativo può essere anche ritardante, o ciclico, o immobile. In ogni caso il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo»6

5 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 123. 6 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 43.

46

Si potrebbe argomentare che nel valore della rapidità, descritto come operazione sul tempo

narrato, sono anche incluse, entro certi limiti, alcune tecniche dell’indugio. Nella sua

raccomandazione della rapidità Calvino tollera unicamente le tecniche che promuovono o

che influenzano perlomeno il ritmo svelto della narrazione. Dal punto di vista calviniano le

uniche forme di indugio accettabili sono quelle funzionali.7 Nel genere della fiaba esistono

due processi, quasi antitetici, sulla durata che sono entrambe stimolanti per il ritmo della

fiaba. In primo luogo vi è la trascurabilità o la relatività di certi periodi di tempo. Quando

una principessa viene imprigionata per sette anni, questo lungo periodo passivo di

lamentazioni, tristezza, ecc. è di solito riportato con una singola frase nella fiaba. Il tempo

narrante/narrativo prevale sul tempo narrato/reale, perché il ritmo della fiaba si nutre con il

susseguirsi delle azioni. In secondo luogo vi è la ripetizione, una caratteristica spesso dovuta

alla natura orale delle fiabe. A prima vista la ripetizione sembra essere una tecnica di effetto

deleterio per il ritmo veloce di un racconto. Calvino invece, accosta la funzione della

ripetizione nella fiaba a quella della rima nella poesia. Nella poesia sono di solito le rime ad

elaborare la cadenza del poema, analogamente nel genere della fiaba le ripetizioni forniscono

il ritmo svelto. Si può concludere che sia l’accelerazione del tempo, esempio perfetto di

rapidità, sia la ripetizione, esempio di indugio, stimolano il ritmo della narrazione.

Nella lezione sulla rapidità si distingue una struttura tripartita. Nelle prime due parti Calvino

si concentra innanzitutto sul valore della rapidità benché si fermi, certe volte, sul valore

dell’indugio. Nella terza parte cerca di enucleare il problema dell’indugio e di raggiungere

un consenso. Piacentini individua una bipartizione nella struttura.8 Nella prima parte

Calvino si concentra esclusivamente sulla letteratura folklorica.9 Lo scrittore si interroga

essenzialmente sulle questioni stilistiche della rapidità e sul ritmo della letteratura tramite

quattro esempi di letteratura cosiddetta folklorica. Innanzitutto Calvino tocca il proprio

lavoro di trascrizione; le Fiabe italiane con cui riesce a illustrare l’economia espressiva della

fiaba. Il secondo esempio riguarda la fiaba famosissima di Charles Perrault: La Belle au bois

dormant. Calvino usa questo esempio per dimostrare la possibilità di fermare il tempo in una

fiaba. In terzo luogo egli mette in risalto la relatività del tempo con un brano tratto da Rip

Van Winkle di Washington Irving. E infine Calvino fa allusione alla tecnica, già citata nel

7 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 127. 8 Ivi, p. 137. 9 Ivi, p. 136-137.

47

capitolo precedente, di Sheherazade e Le mille e una notte per illustrare le «operazioni sulla

continuità e la discontinuità del tempo».10

La seconda parte è costituita, come indica Piacentini, da esempi di letteratura colta.11 Per

facilitare il trapasso dalla letteratura folklorica alla letteratura colta, Calvino sceglie una

novella del Decameron di Giovanni Boccaccio con cui illustra l’importanza della rapidità

nell’arte del racconto orale. In seguito esprime la sua ammirazione per un passo di The

English Mail-Coach di Thomas De Quincy e passa alla citazione di alcuni brani dello

Zibaldone di Pensieri di Giacomo Leopardi, l’autore più ammirato e più citato da Calvino

nelle Lezioni americane. Lo scittore chiude la fila di esempi di letteratura colta con il

Saggiatore di Galileo Galilei. In questa seconda parte, Calvino abbandona il concetto di

rapidità stilistica e si focalizza sulla sua seconda interpretazione di rapidità che introduce con

queste parole: «la velocità di cui si parla è una velocità mentale».12 Calvino arriva a questo

ragionamento deduttivo tramite la novella del Decameron in cui Boccaccio paragona la

novella, un genere svelto e breve, al cavallo. Con il brano tratto da De Quincey che descrive

una collisione, Calvino riesce ad evidenziare il legame tra la velocità fisica e la velocità

mentale nella letteratura colta. Tramite i pensieri di Leopardi in cui collega la velocità allo

stile poetico, Calvino ritorna sulla metafora del cavallo per la velocità mentale che è stata

usata per la prima volta, a suo avviso, da Galileo Galilei. Visto che si proverà ad applicare la

lezione sulla rapidità alle Fiabe italiane sarà di grande rilievo la prima parte della lezione

che si concentra sugli aspetti stilistici della rapidità.

Alla bipartizione di Piacentini si potrebbe aggiungere una terza parte. Come detto prima, in

questa parte Calvino concede un po’ di spazio al valore opposto, l’indugio. Però in

quest’ultima parte si nota anche un altro fenomeno. La parte finale della Rapidità è

contrassegnata da immagini «di’ordine mitologico-letterario ovvero emblematico»13 accanto

a nuovi esempi di scrittori noti come Laurence Sterne, Carlo Levi, Jorge Luis Borges, ecc.

La prima immagine è quella di Salviati e Sagredo. In questi due personaggi del Dialogo sui

massimi sistemi di Galileo Galilei, Calvino ritrova l’idea della rapidità mentale. Per Calvino i

due personaggi sono la personificazione di due sfaccettature del temperamento di Galileo.14

10 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 46. 11 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 137. 12 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 47. 13 M. Barenghi, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», cit., p. 36. 14 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 51.

48

Come si è sottolineato nell’introduzione di questo capitolo, Calvino usa spesso altri scrittori

per parlare sé, di conseguenza si possono interpretare Salviati e Sagredo come i due lati del

temperamento calviniano.15 Con Salviati e Sagredo lo scrittore introduce infatti la vera

contemplazione del proprio temperamento. Più avanti Calvino proporrà le figure di

Mercurio, Saturno e Vulcano per indicare certi aspetti del suo temperamento. Si tornerà su

questo argomento in seguito. Nell’interpretazione di Calvino

«Salviati è il ragionatore metodologicamente rigoroso, che procede lentamente e con prudenza; Sagredo è caratterizzato dal suo “velocissimo discorso”, da uno spirito più portato all’immaginazione»16

Da questa frase si deduce che Salviati personifica la ratio e Sagredo l’immaginazione. Questi

due poli si avvicinano più facilmente a Calvino, come scrittore, che a Galileo, in quanto

scienziato. Dai capitoli precedenti è diventato chiaro che le opere di Calvino oscillano

sempre tra il polo della ragione e quello dell’immaginazione. Si giunge quindi alla

conclusione che Calvino si serve della la coppia Salviati-Sagredo al fine di spiegare il

proprio temperamento. Salviati in quanto ragionatore, agisce con estrema cura e attenzione e

non precipita le cose ma procede lentamente mentre Sagredo è più impulsivo, immaginoso e

procede con una grande velocità. Si attesta quindi la combinazione di rapidità e indugio. Se

prima era chiaro che Calvino si sentiva più attratto dal concetto di rapidità, con questo

binomio che funge inoltre come preludio al suo motto «Festina lente»17 che si traduce come

affrettati lentamente, egli lo mette in dubbio. La connessione con la coppia Salviati-Sagredo

è molto evidente. Calvino rivela quanto questo motto è stato importante per lui dalla sua

giovinezza in poi. Tradizionalmente al motto è legata la coppia marina del delfino e

dell’àncora, ma Calvino decide di sostituirla con un'altra coppia, secondo lui, più

significativa, la coppia della farfalla e del granchio. Il fatto che lo scrittore assegni

un’immagine al motto indica il suo bisogno di visualizzare i suoi pensieri.18 I due valori,

rapidità e visibilità, sono quindi di nuovo congiunti. Vi è un motivo per cui Calvino

preferisce l’immagine della farfalla e del granchio a quella del delfino e dell’àncora.

L’accoppiamento della farfalla e del granchio provoca, secondo Calvino, una sensazione di

armonia. Ed è proprio su questa armonia tra rapidità e indugio che Calvino tornerà alla fine

15 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 141. 16 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 51. 17 Ivi, p. 55. 18 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 167.

49

della lezione, quando presenterà l’immagine del granchio in un altro contesto.

Un idea molto ricorrente nelle opere e nei saggi calviniani è quella del potenziale, ossia

dell’ipotetico. Tramite l’esempio di Jorge Luis Borges, uno scrittore molto ammirato da

Calvino, accenna all’idea della letteratura potenziale su cui tornerà nella Visibilità. Borges

compie un’operazione molto emblematica per il valore della rapidità: egli recensisce un libro

fittizio. Il libro in questione non è mai stato scritto, ma a Borges sarebbe piaciuto di aver

scritto questo romanzo. Da questo tipo di sintesi o concentrazione Calvino si sente attratto

in modo tale che nel corso della sua vita cercherà di raggiungere un risultato simile: «mi

limiterò a dirvi che sogno immense cosmologie, saghe ed epopee racchiuse nelle dimensioni

d’un epigramma»19.

L’armonia tra rapidità e indugio diventa ancora più evidente con l’esempio di Mercurio,

Saturno e Vulcano. Tramite le caratteristiche che lungo la storia sono state associate a questi

dei, Calvino prova di nuovo a parlare del proprio temperamento come scrittore. In un primo

momento contrappone Mercurio, il dio della comunicazione che grazie alle ali ai piedi si

muove tra i diversi mondi con un’estrema agilità, a Saturno, il dio «melanconico,

contemplativo, solitario»20 spesso associato al temperamento degli artisti. Calvino confessa:

«sono sempre stato anch’io un saturnino, qualsiasi maschera diversa abbia cercato d’indossare (…) sono un saturnino che sogna di essere mercuriale, e tutto ciò che scrivo risente di queste due spinte»21

Anche se ammette di essere un saturnino, lo scrittore introduce un altro dio a cui si sente

probabilmente ancora più vicino, Vulcano. Questo dio sta con Mercurio in un rapporto

ancora più antitetico che in quello di Mercurio e Saturno. Però, paradossalmente, Calvino

individua in questa contrapposizione anche un senso di complementarità. Dall’unione di

questi dei è scaturito un accordo armonico. Analogamente Calvino scrittore tenta di

raggiungere una stessa sintonia combinando i valori della rapidità e dell’indugio. Vulcano, in

quanto concentrazione, tenacia e disciplina, rappresenta la condizione necessaria per ottenere

la rapidità, l’agilità e la sveltezza di Mercurio, esattamente come «il lavoro dello scrittore

deve tener conto di tempi diversi: (…) un messaggio d’immediatezza ottenuto a forza

d’aggiustamenti pazienti e meticolosi»22. Questo suo ragionamento diventa evidente

leggendo la storia cinese con cui Calvino finisce la lezione. L’imperatore cinese chiede

19 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 58. 20 Ivi, p. 59. 21 Ivi, p. 59-60. 22 Ivi, p. 61.

50

all’artista Chuang-Tzu di designare un granchio. L’artista risponde di aver bisogno di cinque

anni e dopo di questo oltre cinque anni per mettere in atto questo impegno. Quando

l’imperatore ritorna dopo dieci anni, Chuang-Tzu prende il pennello e disegna, in un istante,

il granchio più bello che sia mai esistito. Qualche anno prima della stesura delle Lezioni

americane, Calvino racconta la stessa storia in un’intervista con Weaver, e aggiunge:

«I’m a slow starter. (…) But once I’ve started, then I can be quite fast. In other words, I write fast, but I have huge blank periods»23

Con le immagini della terza parte della lezione Calvino ha provato di lumeggiare un’idea

fondamentale della sua attività come scrittore: l’idea che si deve fare prova di un’estrema

maturità per arrivare ad un’armonia, o piuttosto un equilibrio tra rapidità e pazienza, ossia

indugio.24

Un ultimo riferimento biografico che può spiegare perché Calvino abbia scelto di difendere

la rapidità a e non l’indugio, è la sua propensione per le short stories. Quando scrive Calvino

ha come scopo di caricare il suo testo di una particolare densità. 25 Lo scrittore è convinto

che solo nel genere breve si riesca a suscitare appieno questa densità. Ribadisce la propria

predilezione citando altri grandi scrittori di short stories. La sua preferenza per il genere

breve e rapido si attesta in diverse sue opere: le Fiabe italiane, Le Cosmicomiche, Ti con

zero e, volendo, anche i dieci inizi che si trovano in Se una notte d’inverno un viaggiatore.

In conclusione segnaliamo che Cesare Garboli ha giustamente rimarcato una particolarità

molto importante delle Lezioni Americane: «Si tratta infatti di lezioni che sono,

puntualmente, una “mise en abyme”: Calvino vi parla con esattezza dell’esattezza, con

rapidità della rapidità, con molteplicità della molteplicità, ecc. ecc.»26 Per quanto riguarda la

lezione della rapidità Calvino è riuscito a integrare il ritmo veloce, che difende in questa

lezione, nei passaggi da un’immagine ad all’altra: da Salviati-Sagredo al motto Festina lente

alla coppia del granchio e della farfalla a Mercurio-Vulcano e così via. Queste immagini si

dissolvono l’una nell’altra acquistando in questo modo un ritmo che le avvicina a delle

metamorfosi, come sostiene Piacentini27.

23 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 24. 24 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 167. 25 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 56. 26 C. Garboli, «Plutone nella rete», cit., p. 12-13. 27 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 131.

51

3.2 Visibilità

La natura visiva delle opere di Calvino è uno degli elementi principali che distingue Calvino

da altri scrittori, benché alcuni critici abbiano considerato questa qualità una limitazione

artistica.28 Visto che Calvino è stato chiamato uno degli autori più visuali della letteratura

italiana29, non vi è alcun dubbio che questa lezione occupi una posizione fondamentale nella

poetica calviniana. Secondo Michel Nota30 «la littérature est pour l’auteur [Calvino], on le

sait également, un ouvroir d’images».31 Tale osservazione è rappresentativa per la

presupposta importanza del valore della visibilità in Calvino.

La lezione sulla visibilità viene annunciata nella seconda lezione, come si è detto prima, e

anche nella terza lezione Esattezza. Calvino dedica il finale di Esattezza alla figura intrigante

di Leonardo da Vinci. In quanto homo universalis, da Vinci si è dedicato alla pittura, la

scultura, la filosofia, la scienza, ecc., ma anche all’arte della scrittura. Nelle Lezioni

americane Calvino si riferisce a un momento specifico nella vita di Leonardo da Vinci,

tramite cui riesce ad anticipare la tematica della Visibilità. In un certo momento della vita,

Leonardo da Vinci ha avuto la visione di un mostro marino. Sul momento l’artista aveva

designato il mostro. Dopo, gli era venuto il bisogno di trascrivere questa visione in parole.

Malgrado tre tentativi, il pittore non riusciva a formulare una descrizione che ritenesse

soddisfacente. Il non essere in grado di rendere con parole quello che si vede

dettagliatamente nella mente, ossia nell’immaginazione, è la questione che viene trattata

nella lezione sulla visibilità.32

Si è notato come, nelle Lezioni americane, Calvino presti tanta attenzione alla genesi delle

sue opere. In particolare nella Visibilità, egli si concentra sul writing process in cui

l’immaginazione ha un ruolo attivo.33 Calvino individua due processi immaginativi antitetici

che caratterizzano l’ideazione e l’elaborazione delle sue opere narrative. Il primo trova il suo

punto di partenza nella parola, da cui nasce poi l’immagine. Questo processo si ritrova ad

esempio nella lettura di un’opera: le parole scritte nero su bianco spingono il lettore alla

28 S. Adler, Calvino. The writer as fablemaker, cit., p. 142. 29 M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, cit., p. X. 30 M. Nota, «A propos de "Lezioni americane" d'Italo Calvino», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 181-194. 31Ivi, p. 181. 32 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 398. 33 J. Cannon, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», Annali d’Italianistica, 1991, 9, p. 204.

52

visualizzazione. Il secondo processo d’immaginazione è quello caratteristico per la scrittura:

un’immagine, nata nella mente dello scrittore, si presenta carica di significato, suscitando

presso lo scrittore la necessità di tradurre quest’immagine in parole. Quest’ultimo processo si

verifica già all’inizio della lezione, nel ragionamento di Dante sulla fantasia e il primo

processo si reperisce nelle idee di Ignazio de Loyola.34 Nonostante il fatto che Calvino

avvicini il primo processo alla lettura e il secondo processo alla scrittura, lo scrittore si è

fatto guidare da questo primo processo, nella creazione de Le Cosmicomiche visto che la

lettura di un enunciato scientifico sta alla base di ciascuna delle cosmicomiche. Le parole

scientifiche evocavano presso Calvino un’immagine intrigante che lo scrittore ha cercato di

tradurre in parole. Queste ultime parole stimolano a loro volta l’immaginazione del lettore

finché anche lui o lei non riesca a formarsi un’immagine. Nell’analisi de Il barone rampante

si è già discusso sul fatto che Calvino avesse prima in mente l’immagine di un «ragazzo che

s’arrampica su un albero e poi passa da un albero all’altro senza più scendere in terra»35 che

poi lo portò all’ispirazione per la stesura dell’intera opera. I due processi, apparentemente

antitetici risultano entro certi limiti complementari. Calvino allude a un principio sovrastante

e fondamentale che, in un certo senso, collega questi due processi:

«dal momento in cui comincio a mettere nero su bianco, è la parola scritta che conta (…) Sarà la scrittura a guidare il racconto nella direzione in cui l’espressione verbale scorre più felicemente, e all’immaginazione visuale non resta che tenerla dietro»36

Nel momento in cui la scrittura prende il controllo, entra in scena quello che Calvino

descrive come la «mia intenzione nell’ordinare e dare un senso allo sviluppo della storia».37

Questo momento cruciale si presenta sia nel primo sia nel secondo processo.38 Calvino

segnala quindi il suo bisogno di limiti, regole e ordine. Una necessità che si riscontra

maggiormente ne Le Cosmicomiche. Questa occorrenza di un incanalamento teorico non può

che essere il risultato dell’influenza della littérature sous contraintes dell’OuLiPo, da cui

Calvino è stato attratto.39 L’OuLiPo era un gruppo parigino di letterati e matematici che

sperimentavano con la lingua e con le relazioni tra la letterature e la scienza.40 L’idea di

ordine e di intenzionalità calviniana può, entro certi limiti, esser messa in relazione con

34 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 408. 35 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 99. 36 Ivi, p. 100. 37 Ibidem. 38 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 419. 39 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 123. 40 Botta, Anna, «Calvino and the Oulipo: An Italian Ghost in the Combinatory Machine?», MLN, 1997, 1, p. 82.

53

alcune regole dell’OuLiPo, ma un’identificazione totale tra la poetica dell’OuLiPo e le idee

di Calvino non corrisponderebbe alla realtà. Calvino voleva dimostrare che il suo modo di

procedere non era guidato esclusivamente dall’ immaginazione o da libere associazioni ma

che si trattava di un procedimento ragionato.41

In questa lezione Calvino cerca di individuare quali sono le fonti della dimensione visuale

dell’immaginazione letteraria. Egli indica quattro elementi: «l’osservazione diretta del

mondo reale, la trasfigurazione fantasmatica e onirica, il mondo figurativo trasmesso dalla

cultura ai suoi vari livelli e un processo d’ astrazione, condensazione e interiorizzazione

dell’esperienza sensibile»42. Nella formazione dell’immaginazione entrano quindi le

immagini direttamente ricavate dalla realtà, quelle fornite dalla cultura e un’operazione di

trasfigurazione o astrazione che si potrebbe interpretare come una forma di estraniazione.

Nel capitolo precedente si è già riferito al punto di vista estraniante nelle opere di Calvino.

L’estraniazione, ossia lo straniamento, è una componente molto caratteristica della narrativa

fantastica calviniana. Già nella lezione sulla leggerezza viene toccato questo argomento.

Michel Nota43 insiste nel suo saggio, sul parallelismo tra il mito di Perseo e la Medusa e il

rapporto del poeta con il mondo. Egli sostiene che Calvino ha cercato di dimostrare che il

poeta, ossia lo scrittore, deve rifiutare di guardare il mondo in maniera frontale, come anche

Perseo fu costretto di evitare una visione diretta della Medusa. Bisogna guardare il mondo

indirettamente e da una distanza significativa. Tale sguardo crea un effetto alienante che

Calvino considera necessario nelle sue opere fantastiche in cui prova a rappresentare i mondi

possibili, nati nell’immaginazione dello scrittore. Lo sguardo estraniante, che non è altro che

un punto di vista diverso per guardare la realtà44, crea quindi questi mondi possibili

nell’immaginazione dello scrittore:

«è l’immaginazione come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere. (…) La fantasia è una specie di macchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono a un fine, o semplicemente sono le più interessanti, piacevoli, divertenti» 45

Poche pagine più avanti, Calvino precisa che questi mondi possibili dell’immaginazione si

sono fusi in un unico mondo; il mondo del potenziale che lo scrittore considera uno dei tre

mondi esistenti:

41 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 396, 426. 42 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 106. 43 M. Nota, «A propos de "Lezioni americane" d'Italo Calvino», cit., p. 184-185. 44 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 400. 45 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 102.

54

«La fantasia dell’artista è un mondo di potenzialità che nessuna opera riuscirà a mettere in atto; quello di cui facciamo esperienza vivendo è un altro mondo, che risponde ad altre forme d’ordine e di disordine; gli strati di parole che s’accumulano sulle pagine come gli strati di colore sulla tela sono un altro mondo ancora, anch’esso infinito, ma più governabile, meno refrattario a una forma.»46

Accanto al mondo del potenziale, Calvino individua anche il mondo del reale (mondo non

scritto) e il mondo delle parole (mondo scritto). Considerando questo passo, sembra

giustificato che nel suo saggio del 2003, Belpoliti47 definisca il saggio calviniano The

Written and the Unwritten World del ’83 una premessa alle Lezioni americane. Più corretto

ancora sarebbe definirlo una prefazione della Visibilità. Nella conferenza del ‘83, Calvino

sostiene che tra questi due mondi, anche se affini per alcuni aspetti, esiste un chiaro confine

che segna la loro diversità. Nelle Lezioni americane Calvino aggiunge a questi due mondi

separati un terzo mondo a se stante; il mondo del potenziale, ossia il mondo

dell’immaginazione. Ciascun mondo è caratterizzato dalle proprie peculiarità. Il mondo del

potenziale è formato innanzitutto dall’immaginazione, il mondo scritto è un mondo costituito

da parole mentre il mondo non scritto è modellato sulla realtà. Calvino si accorge che il

rapporto tra questi mondi si può descrivere come «indefinibile»48, ovvero «indecidibile»49.

Egli cerca di illustrare il rapporto tra l’immaginazione del mondo potenziale, la letteratura

del mondo scritto e la realtà del mondo non scritto tramite Le Chef-d’oeuvre inconnu di

Honoré de Balzac. Calvino interpreta la storia come una parabola della letteratura fantastica.

La storia è quella di Frenhofer, un pittore, che pensa di aver dipinto il quadro perfetto. La

pittura è composta da un misto di colori in cui si intravede un piede femminile. Nella prima

versione, due pittori colleghi riconoscono la magistralità del dipinto. Nella seconda versione,

si rivela già un senso di incomprensione e si conclude che Frenhofer deve essere un uomo

molto solitario; un mistico illuminato.50 Nella terza e ultima versione, non si porta rispetto

all’opera di Frenhofer che ormai è considerato pazzo. Piacentini51 interpreta queste versioni

come una parabola ordinata per gradi. Tra parola e realtà esiste un tramite: l’immagine.

L’immagine deriva direttamente dalla realtà. La parola si base su questa immagine e diventa

di conseguenza una rappresentazione al secondo livello: una rappresentazione della

46 Ivi, p. 109. 47 M. Belpoliti, «Calvino e la polvere: una lettura delle “Lezioni americane”», Rivista di Studi Italiani, 2003, 2, p. 173. 48 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 109. 49 Ibidem. 50 Ivi, p. 108. 51 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 453-461.

55

rappresentazione o come indica Piacentini: «La parola è un’immagine dell’immagine»52.

Inoltre bisogna tener presente che la parola non potrà mai raggiungere l’immaginazione

visiva come l’immagine non riuscirà mai a rappresentare la realtà in maniere esaustiva.

Calvino precisa che i tre mondi si intersecano infinitamente ma non saranno mai mondi

coincidenti.

Nel primo capitolo si è accennato alla ragione morale e sociale per cui Calvino ha integrato

la visibilità nel suo elenco di valori da salvare. Egli teme la perdita di una facoltà

fondamentale, la capacità di «pensare per immagini»53, a causa dell’influenza schiacciante

della nostra cultura visiva. Proprio per questo motivo Calvino propone una pedagogia

dell’immaginazione. Secondo lui, è assolutamente necessario coltivare e stimolare la facoltà

dell’immaginazione. Lo scrittore prova a ribadire il bisogno di una tale pedagogia parlando

della propria infanzia. Usa quindi la sua infanzia come una sorta di exemplum. Egli racconta

come da ragazzo, “leggeva” i comics54 americani del Corriere dei Piccoli, un settimanale per

bambini.55 Non sapendo leggere, guardava i disegni e fabbricava nella propria mente una

storia che poteva corrispondere a questi disegni. Lo scrittore cerca di dimostrare il plusvalore

che questa attività gli ha apportato:

«la lettura delle figure senza parole è stato certo per una scuola di fabulazione, di stilizzazione, di composizione dell’immagine»56

Durante la sua infanzia Calvino era affascinato da fumetti, questa attenzione si spostava

durante l’adolescenza ad una nuova passione, il cinema. Calvino nota che l’impatto che i

fumetti, o in generale il disegno, hanno avuto sopra di lui è stato più determinante di quello

del cinema. La sua prima pubblicazione, come rivela nel intervista con Weaver, fu infatti un

disegno, pubblicato all’età di undici anni.57 L’influenza del disegno e del fumetto colpisce

soprattutto nell’opera che si esaminerà nel capitolo seguente, Le Cosmicomiche.

Calvino chiude la lezione sulla visibilità in una maniera straordinaria. Dopo aver considerato

e descritto minuziosamente i tre mondi e i loro limiti, lo scrittore rivela la sua predilezione

per il mondo scritto:

52 Ivi, p. 455. 53 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 103, corsivo suo. 54 Comic è il termine inglese per fumetto di cui la Bernardelli dice «Nel mondo comtemporaneo una delle principali forme del "racconto per immagini" è il popolare fumetto – composto da una commistione di scrittura e di immagini» (A. Bernardelli, La narrazione, cit., p. 12, corsivo suo.) 55 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 104. 56Ivi, p. 105. 57 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 25.

56

«Comunque, tutte le «realtà» e le «fantasie» possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale»58

Anche se Calvino poneva prima che il rapporto tra i tre mondi è indefinibile, qua si rivela

che la scrittura occupa una posizione privilegiata nell’ottica calviniana, visto che secondo lo

scrittore sia l’immaginazione e sia la realtà, si possono tradurre in parole.59

58 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 110. 59 M. Belpoliti, «Calvino e la polvere: una lettura delle “Lezioni americane”», cit., p. 172.

57

Capitolo 4 : Rapidità e Visibilità applicate a due opere calviniane

In questo ultimo capitolo si analizzeranno i valori letterari, rapidità e visibilità, in due opere

calviniane: Fiabe italiane e Le Cosmicomiche. Si tratta infatti di un’analisi retrospettiva:

mediante la conoscenza acquisita attraverso la lettura e l’approfondimento delle due Lezioni

americane si cercherà di rintracciare la realizzazione di entrambi i valori nelle opere

sopracitate. Una doppia motivazione segna la scelta di queste due opere. In primo luogo si è

chiesto in quale opera calviniana la rapidità e la visibilità, in quanto qualità letterarie, sono

dichiaratamente presenti. Il primo criterio è quindi di natura intuitiva e si potrebbe

considerare un criterio arbitrario. Tale arbitrarietà è in gran parte inevitabile visto che

un’analisi retrospettiva sarebbe auspicabile per ogni opera calviniana. Rapidità e visibilità

sono qualità che caratterizzano l’intera opera calviniana. Di conseguenza si è cercata l’opera

che più si differisce dalle altre, per la presenza di una delle due qualità. In secondo luogo la

scelta è stata facilitata dall’intervento di Calvino stesso. Parecchie volte nelle Lezioni

americane lo scrittore cita le proprie opere, come illustrazioni di un certo valore. Nella

lezione sulla rapidità egli accenna al lavoro di trascrizione delle Fiabe italiane e nel quarta

lezione, Visibilità, Calvino parla del processo di immaginazione che stava alla base de Le

Cosmicomiche.

Si proverà a delineare i due valori nel processo di scrittura, nello stilo e nell’impostazione di

queste opere. Ci si soffermerà anche sul loro impatto in quanto portatrici del valore

individuato.

4.1 Fiabe italiane – Rapidità

Per un periodo di due anni, dal 1956 al 1958, Calvino si è dedicato alla stesura delle Fiabe

italiane.1 Questa stesura non era soltanto una questione di raccogliere le fiabe più belle in

Italia ma si trattava di un lavoro molto più impegnativo. Come descrive Calvino stesso nella

sua introduzione alle Fiabe italiane, era un «lavoro di “unificazione”, cioè di scegliere tra le

varianti, tradurre dove c’è da tradurre, riscrivere il già scritto in italiano»2.

1 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, cit., p. 58. 2 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane. Raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi

cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Mondadori, Milano, 1993, p. XI.

58

A Calvino non era stato assegnato il compito di raccogliere le fiabe disperse per l’Italia;

quello era il compito di Giuseppe Cocchiara.3 L’incarico di Calvino si “limitava” alla

selezione delle fiabe più interessanti e più rappresentate e alla riscrittura letteraria di quelle

fiabe selezionate. Calvino ha cercato di provvedere la raccolta di una certa unità. Anche se il

risultato è un insieme di racconti singolari, la lettura dell’opera fornisce un senso di unità.

Dato che Calvino non si è limitato ad una mera traduzione ma si è impegnato nella

realizzazione di un progetto più esteso, che risente dello stile tipico calviniano e della sua

poetica molto riconoscibile, è giustificato secondo Sarah Cruso4 di parlare delle «fiabe di

Calvino»5. Questa descrizione, adoperata già prima da Delio Cantimori6, premette di

analizzare le Fiabe italiane come un’opera esplicitamente calviniana nonostante il fatto che

siano stati narratori dispersi per tutta l’Italia a fornire il materiale narrativo. Essendo in gran

parte una riscrittura, si riuscirà, più adeguatamente ancora, a individuare gli aspetti su cui

Calvino si è concentrato e in particolare l’attenzione che ha prestato all’integrazione o alla

conservazione del valore della rapidità, tramite mezzi stilistici come la contaminazione di

diversi racconti, l’accelerazione del ritmo, l’omissione di dettagli considerati inutili, ecc.

L’incarico di compilare una raccolta di duecento fiabe italiane, gli è stato affidato da Giulio

Einaudi. Calvino pensava di non avere nessuna competenza in questa materia, ma accettò

comunque la sfida:

«Era per me – e me ne rendevo ben conto – un salto a freddo, come tuffarmi da un trampolino in un mare in cui da un secolo e mezzo si spinge solo gente che v’è attratto non dal piacere sportivo di nuotare tra onde insolite, ma da un richiamo del sangue (…) Invece io m’immergevo in questo mondo sottomarino disarmato d’ogni fiocina specialistica, sprovvisto d’occhiali dottrinari, neanche munito di quella bombola d’ossigeno che è l’entusiasmo»7

Calvino si è impegnato a fondo in questo progetto e nel corso di questi due anni si è

appassionato al genere della fiaba.8 Dopo un periodo di esitazione in cui non si sentiva

abbastanza esperto per condurre questo progetto a buon fine, Calvino ha dato prova di un

vero e proprio «tour de force»9, come precisa Lavagetto. In un arco di tempo brevissimo, lo

scrittore ha selezionato, adattato, ordinato, redatto, riletto e riscritto centinaia di fiabe al fine

di arrivare a un totale di duecento fiabe chiare, belle e letterarie.10 Si potrebbe concludere

3 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 897. 4 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane, Roma, Carocci, 2007. 5 Ivi, p. 19, corsivo suo. 6 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XXXVIII. 7 I. Calvino, Sulla Fiaba, Torino, Einaudi, 1988, p. 15-16. 8 Ivi, p. 16. 9 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XIV. 10 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 24.

59

che Calvino ha seguito l’esempio di Chuang-Tzu, (cf. 3.1), avendo dimostrato quella

combinazione armoniosa di indugio e rapidità. Dopo un lungo periodo di studio, Calvino è

passato alla realizzazione di questo progetto, si è impegnato intensivamente e ha lavorato ad

alta velocità.

Nell’introduzione Calvino sostiene che è stato una convinzione personale a spingerlo in

direzione di questa attività di riscrittura:

«È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza, quel qualcosa cui prima accennavo, quell’unica convinzione mia che mi spingeva al viaggio tra le fiabe; ed è che io credo questo: le fiabe sono vere»11

Questa battuta è stata interpretata e analizzata da vari studiosi. Ci sono diverse maniere in cui

si può interpretare questa frase. Alcuni critici12 hanno riferito alla componente allegorica

delle fiabe, indicando la morale della fiaba come la verità di cui Calvino parlava. Altri13

hanno interpretato questa frase con l’aiuto del resto del testo introduttivo. Con questa frase

Calvino ha, probabilmente, voluto sottolineare i significati sottointesi racchiusi nelle fiabe14

che riferiscono, non al mondo inesistente dei palazzi e delle principesse, ma al mondo

quotidiano e reale. Questi significati non sono sempre esplicitati sotto forma di una morale.

Si tratta di significati che ritornano, leggermente mutati, in ogni fiaba, e cercano di dare «una

spiegazione generale della vita»15. Calvino evidenzia quindi di nuovo il legame tra il mondo

fantastico e quello reale. Egli non cerca di rompere ogni legame con la realtà ma prova

sempre a stabilire e esplicitare la connessione tra questi due mondi apparentemente diversi.

Infine la frase, «le fiabe sono vere», si può anche interpretare in maniera completamente

diversa però molto rilevante alla luce della Rapidità. Calvino dice: le fiabe

«sono il catalogo di destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che è appunto il farsi di un destino: la giovinezza»16

Dalle Lezioni americane, in particolare dalla lezione sulla rapidità, si sa che Calvino è stato

attratto dal genere della fiaba innanzitutto per motivi stilistici. Alla luce di questa

conoscenza, Lavagetto17 ritiene legittimo supporre che con la descrizione «catalogo di

destini», Calvino intendesse un aspetto stilistico della fiaba. Secondo Lavagetto, lo scrittore

11 I. Calvino, Sulla Fiaba, cit., p. 19, corsivo mio. 12 Ad esempio JoAnn Cannon in Writer and Critic. 13 Ad esempio Dominico Scarpa in Italo Calvino. 14 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 898. 15 I. Calvino, Sulla Fiaba, cit., p. 19, corsivo mio. 16 Ibidem. 17 M. Lavagetto, Dovuto a Calvino, Torino, Bollati Boringhieri, 2001, p. 38.

60

percepisce l’universo della fiaba come un’enciclopedia di funzioni, e ogni fiaba si

caratterizza dalla maniera in cui queste funzioni vi sono presenti.18 Questa interpretazione

sembra corrispondere al ragionamento della quinta lezione delle Lezioni americane,

Molteplicità.

Si può quindi concludere che la sua interesse per la fiaba era principalmente di natura

formale e stilistica. Era attratto dall’economia, ossia dalla rapidità, della fiaba che considera

una caratteristica intrinseca di questo genere. Nella Rapidità, Calvino parla dell’«economia

espressiva»19 della fiaba. Con questo termine indica che tutto quello che viene nominato

nella fiaba, ogni fatto narrativo, nome, luogo o dettaglio, ha una funzione rilevante e

necessaria. Ed è proprio questa economia espressiva a cui Calvino mirava: «The folktales’

economy of expression is one of my stylistic ideals»20.

È interessante chiedersi perché Giulio Einaudi abbia affidato questo incarico a Calvino.

Probabilmente Einaudi si è fatto guidare dalle opere precedenti di Calvino. Prima del 1954,

Calvino aveva pubblicato due opere in cui si sono osservati elementi fiabeschi. Si è già

sufficientemente insistito sulla componente fiabesca ne Il sentiero dei nidi di ragno che

Cesare Pavese ha descritto come «una favola di bosco»21. Anche ne Il visconte dimezzato,

pubblicato solo tre anni prima delle Fiabe italiane, si trovano elementi fiabeschi. Di

conseguenza la scelta per Calvino fu assai evidente. Prima delle Fiabe italiane, lo scrittore

coltivava già una predilezione per certi elementi che sono stati descritti dalla critica come

«fiabeschi». Nondimeno, l’esperienza di riscrittura delle fiabe ha sicuramente nutrito e

rinforzato questo suo interesse, in particolare per quanto riguarda la rapidità come qualità

stilistica. Questa impresa ha sicuramente marcato il resto della sua attività come scrittore.

Secondo Scarpa, si rintraccia in quest’opera «un catalogo completo dei suoi libri a venire»22.

Prima delle Fiabe italiane Calvino si limitava alle forme letterarie più tradizionali. Solo

dopo questa esperienza, e soprattutto negli anni sessanta, Calvino si è immerso nel mondo

dei short stories con Le Cosmicomiche, Ti con Zero, ecc. Lo scrittore è stato attratto

dall’economia, dal ritmo e dalla logica delle fiabe ed ha provato, nel suo lavoro di riscrittura,

a evidenziare questi aspetti, come si dimostrerà più avanti. Egli ha probabilmente

individuato questi elementi di rapidità durante la lettura e lo studio delle diverse fiabe e ha di

18 Ivi, p. 38. 19 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 44. 20 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 30. 21 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 7. 22 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 125.

61

seguito elaborato questi elementi durante la riscrittura finché gli siano sembrati abbastanza

valorizzati. Dopo due anni di esplorazione e di intenso studio nel mondo della fiaba, Calvino

stesso si chiede se riuscirà mai a uscire da questa esperienza:

«Ora, il viaggio tra le fiabe è finito, il libro è fatto, scrivo questa prefazione e ne son fuori: riuscirò a rimettere i piedi sulla terra?»23

Calvino annuncia quindi l’impatto di questa esperienza sulla scrittura delle sue opere

successive. Lo scrittore non riuscirà mai ad accomiatarsi definitivamente dall’universo della

fiaba. Secondo Lavagetto, il «rimettere i piedi sulla terra» è un’anticipazione del suo

romanzo successivo, Il barone rampante, in cui Cosimo decide di stare nel suo proprio

mondo e non più rimettere i piedi sulla terra.24 Le caratteristiche sopraccitate, che hanno

colpito lo scrittore durante il suo studio delle fiabe, influiranno ancora sulla poetica

presentata nelle Lezioni americane. In questo senso, la Cruso rimarca giustamente che il

lavoro di scrittura è stata due anni di apprendistato poetico per Calvino.25 Le Fiabe italiane

forniscono il materiale ideale per capire appieno alcune delle sue scelte di poetica, in

particolare quelle concernente la rapidità, che sembrano avere i fondamenti in quest’opera.

Per la Cruso, le qualità da conservare nel prossimo millennio, più dichiaratamente presenti

nelle Fiabe italiane, sono la molteplicità e l’esattezza.26 Questi valori sono effettivamente

presenti nelle Fiabe italiane, in particolare la molteplicità, come si è abbozzato prima.

Comunque, tra gli elementi caratterizzanti della fiaba che sono particolarmente presenti nella

riscrittura calviniana e hanno potuto influenzare lo scrittore durante la sua carriera, vi è

sicuramente presente il valore della rapidità. Anche la Cruso sembra d’accordo a questo

proposito. Passando in rassegna i cinque valori delle Lezioni americane applicati alle Fiabe

italiane, lei descrive tre qualità come caratteristiche del genere della fiaba: «La rapidità è

elemento fondante della fiaba (…) [la visibilità] È un attitudine specifica del fiabesco (…) È

insito nella struttura della fiabe il carattere “molteplice”»27 Come accennato prima, la

molteplicità nelle fiabe riguarda innanzitutto la composizione della fiaba e le funzioni come

individuate da Vladimir Propp28. La visibilità è caratteristica della fiaba, essendo un genere

23 I. Calvino, Sulla Fiaba, cit., p. 18. 24 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XIV. 25 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 8. 26 Ivi, p. 46. 27 Ivi, p. 105-106, corsivo mio. 28 In Morfologia della fiaba Vladimir Propp individua 31 funzioni nella fiaba: «Per funzione intendiamo l’operato d’un personaggio determinato dal punto di vista del suo significante per lo svolgimento della vicenda» (A. Bernardelli, La narrazione, cit., p. 29)

62

completamente pervaso da elementi fantastici originati dall’immaginazione. La rapidità,

infine, viene detto «elemento fondante», si tratta quindi di una caratteristica indispensabile

della fiaba innanzitutto sul livello stilistico.

Nella sua prefazione alle Fiabe italiane, Lavagetto29 individua quattro tipi di lettori. Fin qui

ci si è comportati come il secondo tipo di lettore, che cerca di intravedere il ruolo delle Fiabe

italiane nella carriera di Calvino come scrittore e di reperire quello che lo scrittore ha

imparato o assimilato da questa esperienza per quanto riguarda la rapidità. Per capire il ruolo

delle Fiabe italiane, si deve inoltre fare appello all’esperienza del terzo lettore che analizza i

diversi cambiamenti, eseguiti da Calvino, rispetto alla fiaba originale. Calvino interviene

parecchie volte in favore della rapidità. Si proverà in seguito di elencare alcuni degli

interventi che si possono collegare alla lezione sulla rapidità come analizzata nel terzo

capitolo.

Nell’analisi della seconda lezione, Rapidità, si è evidenziato che l’interpretazione calviniana

della rapidità è segnata da due elementi fondamentali: il ritmo e l’immaginazione. Il ritmo è

legato al susseguirsi delle azioni e per l’immaginazione è fondamentale l’austerità del

racconto. Tale sobrietà dà libero corso all’immaginazione dei lettori. Allo scopo di

raggiungere quest’austerità, Calvino si permette di eliminare ogni parola, fatto narrativo o

azione che considera ridondante ma anche di aggiungere elementi che favoriscono il ritmo

veloce della fiaba. La maggior parte dei titoli delle fiabe, attribuiti da Calvino, non

corrispondono a quelli delle fonti. Cristina Lavinio30 ha osservato che 74,1% dei titoli

calviniani differiscono dai titoli originali. Ovviamente si deve tener conto di diverse

gradazioni di cambiamenti. La studiosa aggiunge che i titoli calviniani sono generalmente

più lunghi da quelli indicati dalle fonti.31 A prima vista un prolungamento dei titoli sembra

andare contro il principio della rapidità. La Cruso ha dimostrato che Calvino cancella spesso

degli elementi metatestuali dai titoli originali.32 Ad esempio il titolo della fiaba 51 La fola

dèl Gob Tabagnein è stato ridotto da Calvino a Il gobbo Tabagnino.33

Per la Cruso i titoli

cambiati si caratterizzano soprattutto dalla loro unicità. A suo avviso Calvino cerca di

evidenziare nel titolo la peculiarità della fiaba.34 Ma la rielaborazione dei titoli risulta spesso

29 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XXI-XLVII. 30 C. Lavinio, «La formazione del titolo nel passaggio del racconto dall’oralità alla scrittura», La Ricerca

Folklorica, 1990, 21, p. 117. 31 Ivi, p. 118. 32 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 61. 33 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 1107. 34 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 61-62.

63

anche significante per quanto riguarda la rapidità. Calvino inserisce nel titolo i fatti più

rilevanti della fiaba. I titoli sono quindi contrassegnati da un’estrema sinteticità informativa,

ossia economia espressiva. Si riesce ad illustrare questa sinteticità confrontando alcuni titoli

originali con le loro rielaborazioni calviniane:

Titolo originale Titolo calviniano

n.11) Margheritina La bambina venduta con le pere

n.27) Una leggenda della Morte Il paese dove non si muore mai

n.108) Giuseppe Ciùfolo Giuseppe Ciufolo che se non zappava suonava lo zufolo

n.132) Storia d’una sirena La sposa sirena

Nella fiaba 11, Calvino cancella il nome proprio dal titolo ma aggiunge l’azione iniziale

della fiaba: una bambina nascosta in una corba di pere destinate per il re, si infila nel castello

del re dove diventa poi serva, soprannominata Perina. Dal titolo originale della fiaba 27,

Calvino conserva il tema della morte ma cancella l’elemento metatestuale. Il titolo

calviniano indica di nuovo l’azione con cui la fiaba inizia: un giovane non vuole morire e

decide di andare alla ricerca di un paese dove non si muore mai. La frase «il paese [ o posto]

dove non si muore mai»35 racchiude l’essenza della fiaba e viene ripetuta nove volte nel

corso del racconto. Per quanto riguarda la fiaba 108, Calvino aggiunge al titolo l’azione che

caratterizza il protagonista e accenna, indirettamente, all’oggetto magico, la zappa, che

porterà fortuna al protagonista. Dal titolo della fiaba 132, Calvino toglie di nuovo l’elemento

metatestuale e aggiunge una parola chiave, «sposa», che insieme alla parola «sirena»

sintetizza l’intera fiaba: la sposa di un marinaio, essendo stata infedele, viene buttata nel

mare dove le sirene la salvano e la trasformano in una sirena, alla fine della fiaba la sirena si

trasforma di nuovo in sposa e riunisce al marito. Si vede che Calvino cancella dai titoli, tutti

gli elementi che non gli sembrano funzionali e aggiunge elementi funzionali e significativi in

modo tale che riesce a racchiudere l’intera fiaba in una frase sola. Durante la stesura delle

Fiabe italiane, Calvino sembra già coltivare un’ambizione che descrive trent’anni dopo nella

lezione sulla rapidità: «Io vorrei mettere insieme una collezione di racconti d’una frase, o

d’una sola riga, se possibile»36.

35 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 168. 36 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 58.

64

Una seconda osservazione dei titoli rivela alcune similitudini tra i titoli delle fiabe e i titoli

della trilogia araldica. Anche questi titoli (Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il

cavaliere inesistente) sono contrassegnati da un’estrema sinteticità e riferiscono l’azione

principale della storia. Il fatto che Calvino avesse già pubblicato Il visconte dimezzato prima

della sua attività come narratore di fiabe, può avere due significati: da un lato può darsi che

Calvino sia sempre stato attratto dalla rapidità come valore letterario e dall’altro lato è

probabile che, attraverso la riscrittura delle fiabe, si sia reso conto della sua propensione per

la rapidità e influenzato dal genere della fiaba, abbia poi inventato gli altri due titoli.

Anche le formule di aperture delle fiabe sono contrassegnate da una stessa rapidità. Di solito

Calvino rivela spesso l’azione principale entro il primo paragrafo o a volte entro la prima

frase come nella fiaba 27. La prima frase di questa fiaba svela l’azione attorno a cui si

sviluppa l’intera fiaba:

«Un giorno, un giovane disse: - A me questa storia che tutti devono morire mi piace poco: voglio andare a cercare il paese dove non si muore mai»37

La Cruso38 precisa che Calvino stimola il ritmo veloce della fiaba mettendo l’azione in

primo piano. Parecchie volte lo scrittore cancella anche la tipica frase iniziale «c’era una

volta». Secondo la Cruso, questa frase ha un carattere magico; introduce il lettore in un

tempo e uno spazio fantastico e immaginario.39 Dato che lo scrittore non elimina questa

espressione iniziale in maniera conseguente, è possibile che pure Calvino consideri la frase

come magica. Di solito lo scrittore conserva tutti gli elementi della fiaba che ritiene

funzionali per la comprensione e la bellezza della fiaba.40 Significherebbe che Calvino

cancella la frase «c’era una volta» quando il trapasso dal mondo reale a quello immaginario

è già evidenziato da altri elementi narrativi. Nelle fiabe 11, 27, 108 e 132, la famosa frase si

attesta solo nell’ultima fiaba. Nella fiaba 132, Calvino ha effettivamente bisogno della frase

magica per sottolineare che si tratta di una storia immaginaria. Nelle altre fiabe non occorre

la frase visto che il tema della fiaba rivela la dimensione fantastica: un paese dove non si

muore mai o una zappa che zappa da sé, ecc. Senza la frase magica, i lettori o gli ascoltatori

della fiaba 132 potrebbero percepire la storia come reale:

«C’era una volta una bella donna sposa, e suo marito faceva il marinaio. Questo marinaio navigava e stava lontano anni e anni, e mentr’era via un Re di quel paese si innamorò della sposa e tanto disse tanto fece che la sposa scappò via con lui. Il marinaio quando sbarcò trovò la casa vuota. Passò un po’

37 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 168. 38 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 61. 39 Ivi, p. 71. 40 Ivi, p. 102.

65

di tempo, e quel Re si stancò della donna e la cacciò via. E lei, pentita, tornò dal marito, a inginocchiarsi davanti a lui e a chiedergli perdono»41

Calvino cerca la maniera più veloce per immergere il lettore nel mondo immaginario della

fiaba e riduce la fiaba al mero funzionale. La prima esigenza per raggiungere la cosiddetta

economia espressiva è la funzionalità. Di conseguenza ogni intervento calviniano in favore

della rapidità e del ritmo è contrassegnato da questa funzionalità.

Tre tecniche della rapidità sono particolarmente ricorrenti nelle Fiabe italiane:

l’accelerazione, il discorso diretto e paradossalmente anche la ripetizione. Sia Lavagetto42 sia

la Cruso43 hanno sottolineato l’importanza dell’accelerazione nelle fiabe di Calvino. Anche

la relatività e la trascurabilità del tempo, come spiegate nel capitolo precedente, giocano un

ruolo importante a questo proposito. Esistono tantissimi esempi di questa tecnica; ad

esempio nella fiaba 27, Il paese dove non si muore mai, Calvino riesce a far passare

centinaia di anni in solo quattro pagine. Il discorso diretto è molto frequente nei dialoghi

delle fiabe, e ha come funzione di sintetizzare la narrazione.44 Anche le ripetizioni sono

molto frequenti nelle Fiabe italiane. Si è osservato nel terzo capitolo che Calvino usa la

ripetizione per suscitare la cadenza, ossia il ritmo veloce che porta avanti la narrazione ma

evita le ripetizioni non funzionali. La fiaba 27 costituisce un bel esempio perché è impostata

sulla tecnica della ripetizione. Il giovane cerca il paese dove non si muore mai e incontra tre

vecchi con cui potrebbe sopravvivere rispettivamente cento, duecento e trecento anni, prima

di scoprire il posto dove si non muore mai. Gli incontri con questi tre uomini si svolgono

sempre nella stessa maniera e in questo modo Calvino riesce a suscitare il ritmo desiderato.

Calvino cancella quindi tutti i restanti della trasmissione orale visto che non hanno nessuna

funzione in una fiaba scritta45 e conserva le ripetizioni inserite come aiuto mnemotecnico e

quelle che agiscono in favore del ritmo, come nella fiaba 27.

41 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 716. 42 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XXXI. 43 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 88. 44 Ivi, p. 81. 45 Ivi, p. 75.

66

4.2 Le Cosmicomiche – Visibilità

Le Cosmicomiche sono state pubblicate nel novembre del 1965. L’opera contiene dodici

racconti, strutturati nella loro ordine di stesura ad eccezione di due racconti, I Dinosauri e La

spirale, che si sono scambiati di posto visto che Calvino voleva chiudere l’opera con La

spirale.46 I primi quattro racconti uscirono già un anno prima, nella rivista di Giambattista

Vicari, Il Caffè, in un numero dedicato a Calvino.47 Il titolo, Le Cosmicomiche, è composto

da due aggettivi: cosmico e comico. In un’intervista, di cui Calvino stesso preparò il testo di

base, egli spiega il titolo:

«Nell’elemento cosmico per me non entra tanto il richiamo dell’attualità «spaziale», quanto il tentativo di rimettermi in rapporto con qualcosa di molto più antico. Nell’uomo primitivo e nei classici il senso cosmico era l’atteggiamento più naturale; noi invece per affrontare le cose troppo grosse abbiamo bisogno d’uno schermo, d’un filtro, e questa è la funzione del comico»48

Il titolo rivela quindi un aspetto fondamentale dell’opera: Calvino usa il comico al fine di

rendere l’universo più afferrabile e comprensibile. Alla luce della Visibilità si possono

interpretare Le Cosmicomiche come una specie di visione, nel senso di «idea o

concezione»49. Si tratta quindi di una visione comica dell’universo, ossia del cosmo. Per via

della combinazione di una tematica cosmica e una visione comica, Le Cosmicomiche sono

state avvicinate, dalla critica, alle Operette morali di Giacomo Leopardi.50 Calvino stesso

rivela in Il Caffè, di esser stato ispirato tra l’altro da Leopardi.51

Ogni cosmicomica si presenta come la visualizzazione di un evento importante. Di solito si

tratta di un evento cruciale attraverso cui si è effettuato il passaggio da un’era all’altra nella

storia dell’universo.52 Questo momento cruciale è evocato all’inizio del racconto da una

breve introduzione scientifica, tratta da un libro scientifico, che ha ispirato Calvino nella

creazione del racconto. Come spiegato nel terzo capitolo, il brano scientifico evoca

nell’immaginazione dello scrittore un’immagine a partire da cui inizia il processo creativo.

Bertoni e Ferraro53 precisano che questo modo di procedere è basato sulla tecnica di

inversione del procedimento mimetico:

46 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 94. 47 Ibidem. 48 I. Calvino, Le Cosmicomiche, Milano, Oscar Mondadori, 2002, p. V, corsivo suo. 49 M. Cannella (a cura di), Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, cit., p. 2029. 50 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 908. 51 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 95. 52 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 49. 53 Bertoni, Roberto e Ferraro, Bruno, Calvino ludico. Riflessioni sul gioco in Calvino, Viareggio-Lucca, Mauro Barodi Editore, 2003.

67

«non indurre la narrativa dal mondo bensì far scaturire dei racconti di invenzione dalle tesi scientifiche citate in epigrafe a ciascuno di essi»54

In alcuni casi si tratta di fatti scientifici notori e divulgativi come ad esempio l’estinzione dei

dinosauri, una fase nella teoria dell’evoluzione della specie o la teoria del Big Bang. Calvino

reinterpreta queste tesi basilari della scienza che appartengono alla conoscenza collettiva

dell’uomo, collocando gli eventi “cosmici” in un altro contesto e guardandoli da un altro

punto di vista. Tale operazione si avvicina ad una delle soluzioni, indicate nella lezione sulla

visibilità, per garantire la sopravivenza della letteratura fantastica nel Duemila, un millennio

che, secondo Calvino, sarebbe dominato da una cultura visiva piena di immagini

prefabbricati55:

«Riciclare le immagini usate in un nuovo contesto che ne cambi il significato. Il post-modernism può essere considerato la tendenza a fare un uso ironico dell’immaginario dei mass media, oppure a immettere il gusto del meraviglioso ereditato dalla tradizione letteraria in meccanismi narrativi che ne accentuino l’estraneazione»56

Diversi critici hanno evidenziato sia il riuso di materiali con scopo parodico57 sia elementi

postmoderni58 ne Le Cosmicomiche.

Certi racconti sono basati su un fenomeno noto, altri invece sono ispirati a un fatto

scientifico molto più astratto e sconosciuto, come ad esempio l’idea darwiniana che la

distanza tra la terra e la luna si creò gradualmente o certe tesi della cibernetica, in entrambi i

casi emerge la difficoltà di descrivere questi fenomeni. Sono eventi, concetti e fatti talmente

astratti che concretizzarli comprensibilmente in forma letteraria risulta molto difficile.

Calvino prova a usare immagini familiari, limpidi e quotidiani al fine di descrivere

adeguatamente questi concetti scientifici. Un bel esempio si trova in Tutto in un punto, in cui

Calvino descrive la situazione prima del Big Bang. In questa fase di “indistinzione”, lo

scrittore immagina che tutto quello che sarebbe esistito nel futuro, potesse essere

raggruppato in un solo punto: «Ogni punto d’ognuno di noi coincideva con ogni punto di

ognuno degli altri in un punto unico che era quello in cui stavamo tutti»59. Ad un certo

momento, l’energia in quel punto fu talmente grande che qualsiasi azione bastava per

scatenare la grande esplosione, il Big Bang. Per rappresentare quel momento Calvino fa

54 Ivi, p. 35. 55 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 107. 56 Ibidem. 57 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, Milano, Marcos y Marcos, 1994, p. 26. 58 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 87. 59 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 45.

68

ricorso a un’immagine tipicamente italiana: fare la pasta. Un personaggio femminile, la

signora Ph(i)NKo, amata e ammirata da tutti, simboleggia quell’immensa fonte di energia.

Quando lei suggerisce di voler fare delle tagliatelle per tutti, si libera una quantità di energia,

che provoca il cosiddetto Big Bang:

«Bastò che a un certo momento lei dicesse: – Ragazzi, avessi un po’ di spazio, come mi piacerebbe farvi le tagliatelle. – E in quel momento tutti pensammo allo spazio che avrebbero occupato le tonde braccia di lei muovendosi (…) pensammo allo spazio che avrebbero occupato la farina, e il grano per fare la farina, e i campi per coltivare il grano (…) allo spazio che ci sarebbe voluto perché il Sole arrivasse con i suoi raggi a maturare il grano (…) e nello stesso tempo del pensarlo questo spazio inarrestabilmente si formava, nello stesso tempo in cui la signora Ph(i)NKo pronunciava quelle parole: – … le tagliatelle, ve’, ragazzi! – il punto che conteneva lei e noi tutti s’espandeva»60

Anche ne La distanza della Luna, Calvino usa immagini familiari per descrivere la forma

della luna, il suo odore e il latte lunare. Quest’ultimo viene ad esempio paragonato a una

specie di ricotta.

Capozzi61 ha sottolineato che la sottrazione di peso di cui Calvino parla nella lezione sulla

leggerezza, si ritrova chiaramente ne Le Cosmicomiche. In effetti, usando immagini

famigliari, Calvino riesce ad alleggerire il contenuto difficile e denso dell’evento cosmico. Si

attesta quindi una combinazione di leggerezza e visibilità in queste immagini. Queste

immagini familiari formano in parte il filtro di cui Calvino parla nell’intervista sopraccitata.

Esse sono necessarie per poter «affrontare le cose troppo grosse». Costituiscono il filtro o lo

schermo di cui l’«uomo primitivo» e i «classici» non avevano bisogno per mettersi «in

rapporto con qualcosa di molto più antico». Calvino sottolinea la necessità di quelle

immagini e dell’elemento comico per entrare in contatto con i sentimenti e gli eventi

primigeni da cui l’uomo moderno è molto distante. In questo senso, molti critici hanno

avvicinato i racconti cosmicomici al genere del mito. Secondo Rollo May62, uno

psicoanalista americano, il mito è un modo di dare un significato a un mondo

apparentemente insensato. In quanto racconto illustrativo, il mito cerca di stabilire un’unione

tra la vita interiore dell’essere umano e il mondo che lo circonda: «funziona come veicolo di

una serie di istruzioni fondamentali per la vita del singolo, sia in rapporto al mondo naturale

che lo circonda»63 come fanno ad esempio i miti cosmogonici che spiegano l’origine del

mondo64, «sia in relazione ai suoi simili con cui deve convivere»65. Anche se Le

60 Ivi, p. 49-50. 61 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 84-85. 62 R. May, The Cry for Myth, New York, Norton, 1991. 63 A. Bernardelli, La narrazione, cit., p. 9. 64 F. Decreus, Mythologie, vroeger en nu, Universiteit Gent, Vakgroep Latijn en Grieks, 2006-2007, Hoofdstuk 2: p. 5.

69

Cosmicomiche non sono miti in senso stretto, si avvicinano comunque a questo genere, visto

che descrivono le origini di diversi fenomeni e eventi come il Big Bang, il primo segno, i

colori nel mondo, ecc. Le Cosmicomiche sono definibili con un termine coniato da Kathryn

Hume, «mythological fables»66, per via della componente comica e fantastica che Calvino

cerca di integrare nei racconti. In Senza colori, la componente mitologica è chiaramente

presente. Il racconto descrive il momento in cui il mondo grigio, si è trasformato in un

mondo pieno di colori. Qfwfq e l’amata Ayl sono testimoni di questo momento evolutivo ma

reagiscono in maniera completamente contraria. In questo racconto Calvino ha inoltre

integrato un mito classico, quello di Orfeo e Euridice con cui esplicita il richiamo al mondo

mitologico.

Il ricorso a immagini quotidiane crea ne Le Cosmicomiche un grado di «familiarizzazione»67,

che si rintraccia anche nella lingua impiegata e nell’atteggiamento della figura centrale,

Qfwfq, in quanto narratore. In questo libro, la scrittura di Calvino coincide per molti aspetti

con la lingua parlata.68 Si tratta di una lingua molto espressiva caratterizzata da parole

quotidiane, interiezioni, formule allocutive ecc. Anche la componente visiva è rappresentata

nella lingua attraverso le numerose descrizioni dettagliate. Mediante questa lingua, Calvino è

riuscito a ridurre l’universo a dimensioni domestiche e quotidiane, come precisa Giuseppe

Zaccaria.69 La cosiddetta familiarizzazione viene incoraggiata dalla maniera in cui Qfwfq

racconta le sue esperienze. Calvino crea l’illusione che Qfwfq si rivolge ad un pubblico70

tramite alcune battute tipiche della lingua parlata come «m’intendete» o «capite», e altre che

simulano una situazione di domanda-risposta come in Un segno nello spazio:

«Insomma, per essere il primo segno che si faceva nell’universo, o almeno nel circuito della Via Lattea, devo dire che venne molto bene. Visibile? Sì, bravo, e chi ce li aveva gli occhi per vedere, a quei tempi là? Niente era mai stato visto da niente, nemmeno si poneva la questione.»71

Nel terzo capitolo ci si è brevemente arrestato sull’alinea finale della lezione Visibilità, in cui

Calvino confronta i tre mondi individuati (il mondo reale, il mondo delle parole e il mondo

del potenziale) e conclude che la scrittura è capace di racchiudere contemporaneamente

elementi della realtà e parti della fantasia. Secondo Capozzi, si tratta di una fusione tra

65 Ibidem. 66 K. Hume, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, cit., p. 72. 67 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 29. 68 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 95. 69 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 908. 70 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 86. 71 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 34.

70

diversi elementi che risulta in una scrittura riflessiva, autoriflessiva e fantastica come quella

de Le Cosmicomiche.72 Avvicinare il finale della Visibilità a Le Cosmicomiche è innanzitutto

possibile grazie al gioco cosmicomico tra realtà e immaginazione. Tramite questo gioco

Calvino crea i mondi possibili, ossia il mondo del potenziale, di cui parla nella Visibilità. Ne

Le Cosmicomiche riesce a rappresentare «ciò che non è né è stato né forse sarà ma che

avrebbe potuto essere»73 come, ad esempio, in Senza colori, dove Calvino suggerisce la

possibilità di mondo in cui non esistono i colori. In Quanto scommettiamo, la questione dei

mondi possibili e del potenziale costituisce la tematica del racconto. Qfwfq e il Decano

(k)yK fanno delle scommesse sulle vicende nel mondo. Scommettono ad esempio se gli

Assiri avrebbero invaso la Mesopotamia o no, o se Arsenal avrebbe vinto la semifinale di

calcio contro Real Madrid. Calvino cerca di dimostrare che esistono degli scenari alternativi

che non sono mai diventati realtà ma che avrebbero potuto realizzarsi: «Scommettevamo

sugli avvenimenti che sarebbero o non sarebbero avvenuti»74. Calvino riesce a inventare

questi mondi possibili tramite il punto di vista di Qfwfq. Il successo de Le Cosmicomiche è

innanzitutto dovuto a questa figura straordinaria, un essere indefinito che si profila sia come

protagonista sia come narratore. Qfwfq sembra esser stato presente durante ogni

cambiamento cosmico rilevante nella storia dell’universo. Il suo nome bizzarro è un

palindromo ma anche una parola a specchio.75 Anche per quanto riguarda il nome del

protagonista Calvino privilegia l’aspetto visibile, visto che il nome, Qfwfq, si legge

facilmente ma risulta impossibile a pronunciare. Qfwfq è un personaggio che esiste

unicamente su carta, vive per raccontare le sue esperienze. Milanini76 precisa giustamente

che Qfwfq è un essere fatto di parole, che può sopravvivere esclusivamente nel mondo

scritto.

Si è già segnalato che ogni cosmicomica comincia con un brano scientifico in corsivo. La

prima frase del vero racconto è la reazione di Qfwfq sull’enunciato scientifico. In I

Dinosauri, il brano scientifico spiega l’estinzione dei dinosauri, su cui Qfwfq reagisce:

«Forse furono in capaci di adattarsi ai grandi cambiamenti di clima e di vegetazione che ebbero

luogo nel Cretaceo. Alla fine di quell’epoca erano tutti morti.

Tutti tranne me, - precisò Qfwfq – perché anch’io, per un certo periodo, sono stato dinosauro»77

72 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 82. 73 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 102. 74 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 86. 75 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 36. 76 Ibidem. 77 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 97, corsivo suo.

71

L’enunciato scientifico e le brevi interruzioni in corsivo (come precisò Qfwfq) presenti

all’inizio di ogni storia, rivelano la presenza di Calvino stesso come narratore

extradiegetico.78

Nei racconti Qfwfq adotta sempre un’apparenza diversa, come quella di mollusco, anfibia,

dinosauro, ecc. Tramite queste metamorfosi, Calvino riesce a parlare di periodi molto

distanti anche se la narrazione è collocata nel presente.79 Si possono di conseguenza

intravedere due Qfwfq; uno giovane e impulsivo che è il protagonista dei racconti e uno

vecchio che narra le vicende della sua gioventù. Per la Hume, è la natura meditativa del

vecchio Qfwfq narratore che dà alle esperienze del giovane Qfwfq un’aria mitologica.80

Qfwfq è caratterizzato come una creatura intelligente di cui non si sa però se sia umano o no.

Da un lato Calvino allontana il personaggio dalla specie umana ma dall’altro lato Qfwfq

sembra avere diversi sentimenti tipicamente umani come l’amore, la gelosia, l’invidia e la

tristezza. Di conseguenza parecchi critici hanno studiato l’antropomorfismo ne Le

Cosmicomiche. Nella lezione sulla visibilità, Calvino si sofferma un attimo su questo tema :

«la scienza m’interessa proprio nel mio sforzo per uscire da una conoscenza antropomorfa; ma nello stesso tempo sono convinto che la nostra immaginazione non può essere che antropomorfa; da ciò la mia scommessa di rappresentare antropomorficamente un universo in cui l’uomo non è mai esistito, anzi dove sembra estremamente improbabile che l’uomo possa mai esistere»81

Calvino si interessa quindi alla scienza perché non è sempre incentrata sull’esistenza umana

ma parla di un universo da cui l’uomo è in gran parte escluso. Secondo Scarpa, Calvino

crede che esista «un cosmo non-umano con il quale la storia umana deve, attimo per attimo,

realizzare una difficile convivenza e cercare un’ancor più difficile armonia»82. Calvino si

rende conto dell’impossibilità di raccontare questo cosmo non-umano ed è obbligato di

integrare delle immagini e delle percezioni umane visto che l’immaginazione e la

conoscenza dell’uomo sono a priori umane e non riescono a trapassare questa dimensione.83

Nella lezione sulla visibilità, Calvino parla delle sue “letture” d’infanzia e più

specificamente dei comics. Questa esperienza infantile è rintracciabile ne Le Cosmicomiche,

particolarmente per quanto riguarda la componente antropomorfica dell’opera. Nei comics si

ritrovano spesso personaggi non-umani che si comportano come se fossero esseri umani. Ad

78 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 23. 79 I. Lanslots, «Cognizioni e determinazioni calviniane», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 154. 80 K. Hume, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, cit., p. 65. 81 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 101. 82 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 95. 83 N. Turi, «Le Cosmicomiche e la metaletteratura», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 141.

72

esempio in Felix the Cat, un comic che Calvino “leggeva” da bambino nel Corriere dei

Piccoli84, un gatto che vive fra gli uomini, si comporta in maniera umana. Calvino si è

probabilmente ispirato a questo genere quando ha creato la figura Qfwfq.

Le Cosmicomiche sono raccontate da Qfwfq in prima persona. Egli descrive, commenta e

spiega quello che ha vissuto. Di nuovo Calvino ha optato per un punto di vista narrante

straordinario come ne Il sentiero dei nidi di ragno in cui mira la realtà attraverso gli occhi di

Pin o ne Il barone rampante dove Calvino fa parlare il fratello Biago e guarda la realtà

attraverso gli occhi di Cosimo. Si vede che anche in questa opera, Calvino usa il punto di

vista di Qfwfq al fine di creare un effetto straniante. Questa estraneazione non si limita

all’uso del personaggio Qfwfq ma viene anche suscitato dalla combinazione di scienza e

letteratura, come indica Milanini85. Iniziando ogni storia con una breve introduzione

scientifica, Calvino suggerisce di seguire il tipico procedimento scientifico: partire da un

fenomeno ignoto, spiegarlo e trasformare così il fenomeno ignoto in un fenomeno noto. Però

usando un personaggio straordinario come Qfwfq, Calvino inversa questo procedimento. Lo

scrittore guarda le cose quotidiane con gli occhi di Qfwfq, e rovescia così la prospettiva di

modo che le cose normali sembrano anomali.86

Verso la fine della lezione Visibilità, Calvino indica i quattro elementi che secondo lui

formano la parte visuale dell’immaginazione letteraria.87 Questi elementi son in gran parte

rintracciabili nelle dodici storie de Le Cosmicomiche. Egli descrive il primo elemento come

«l’osservazione diretta del mondo reale». Questa componente si avvicina alla maggiore fonte

di ispirazione de Le Cosmicomiche, cioè la scienza. Uno dei compiti della scienza si

costituisce nel cercare e nello spiegare dei fenomeni del mondo reale e oggettivo. La scienza

lavora sulla realtà e studia anche quelle parti della realtà che non si possono vedere a occhio

nudo, come i fenomeni cosmogonici. Il secondo elemento indicato da Calvino è «la

trasfigurazione fantasmatica e onirica». Si tratta di una dimensione suscitata dalla presenza

della figura Qfwfq e dalla sua identità ambigua. Per quanto riguarda l’identità umana di

Qfwfq, Calvino lascia i suoi lettori nell’incertezza e apre così la via all’immaginazione.

Scarpa conferma l’esistenza di una tale dimensione quando parla della «fantasia onirico-

erotico-cosmologica»88 de Le Cosmicomiche. La trasfigurazione si ritrova nel filtro comico e

84 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 104. 85 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 24. 86 Ibidem. 87 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 106. 88 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 94.

73

fantastico, di cui Calvino sottolinea la necessità, per mettersi in contatto con qualcosa di più

grande, qualcosa di difficilmente afferrabile. Il terzo elemento, «il mondo figurativo

trasmesso dalla cultura ai suoi vari livelli», si ritrova nelle immagini quotidiane che Calvino

recupera. Lo scrittore fa appello alla conoscenza collettiva dell’uomo, alle immagini e ai

concetti, come quello del Big Bang, che la cultura ci ha inculcato. Fa inoltre un ricorso a

elementi che appartengono a diversi livelli della cultura come la mitologia e il genere del

mito ma anche i comics. L’ultimo elemento a cui Calvino si riferisce è il «processo

d’astrazione, condensazione e interiorizzazione dell’esperienza sensibile». Ne Le

Cosmicomiche si possono individuare due tipi di «astrazione»; da un lato vi è l’astrazione

nel senso di obiettività, raggiunta mediante le introduzioni scientifiche, e dall’altro lato si

può interpretare l’astrazione come una forma di estraniazione, suscitata tramite il punto di

vista narrante di Qfwfq. La «condensazione» ne Le Cosmicomiche consiste nel fatto che si

tratta di short stories, l’unica forma, secondo Calvino, in cui si riesce a raggiungere quella

particolare densità desiderata.89 Infine si trova anche una componente «interiorizzante» visto

che Qfwfq racconta le sue storie a partire della propria esperienza.

Le Cosmicomiche sono sempre state indicate nella critica come il grande punto di svolta

nella carriera di Calvino. Da questa opera in poi i critici parlano di un «nuovo Calvino»90 e

anche dell’«ultimo Calvino»91. Egli stesso si è sempre voluto difendere contro i critici che lo

condannavano per aver sperimentato con la scrittura e la letteratura. Ne Le Cosmicomiche,

Qfwfq sta sempre dalla parte dell’evoluzione, mentre vi è spesso anche un personaggio

femminile che rifiuta di evolvere e si blocca in un momento di transizione evolutiva come in

Senza colori e ne Lo zio acquatico. Come Qfwfq, anche Calvino ha sempre scelto di andare

avanti, di evolvere, senza dimenticarsi delle esperienze del passato.92 Ne Le Cosmicomiche

Calvino tematizza e visualizza questa scelta, come lo fa simbolicamente alla fine de Lo zio

acquatico:

«Tutti costoro avevano qualcosa, lo so, che li rendeva in qualche modo superiori a me, sublimi, e che rendeva me, in confronto a loro, mediocre. Eppure non mi sarei cambiato con nessuno di loro»93

89 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 56. 90 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 79. 91 Botta, Anna, «Calvino and the Oulipo: An Italian Ghost in the Combinatory Machine?», cit., p. 81. 92 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 96-99. 93 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 83.

74

Conclusione

Nelle Lezioni americane Calvino indica i valori letterari che a suo avviso andavano

conservati nel millennio seguente. L’opera si presenta come un riepilogo delle sue

contribuzioni saggistiche e sottolinea il ruolo della letteratura nella società attuale e in quella

futura. Si è dimostrato nel primo capitolo che ogni valore promosso è dotato da

un’interpretazione estetica e una motivazione etica. La combinazione di una dimensione

estetica e una caratterizzazione etica è un procedimento che si ritrova in diverse opere

precedenti come dimostrato nelle analisi de Il sentiero dei nidi di ragno e de Il barone

rampante. Le qualità presentate dovevano ostacolare la decadenza della società e evitare la

scomparsa della letteratura. Nella terza lezione Calvino critica la rapidità come caratteristica

della cosiddetta meritocrazia odierna ed esalta una rapidità di stampo completamente

diverso. Con la sua apologia dell’esattezza cerca di combattere la trascuratezza e la

noncuranza nella lingua odierna e nella Visibilità propone una pedagogia dell’immagine al

fine di affrontare la cultura attuale pervasa da immagini prefabbricate. Considerato le

osservazioni e i commenti critici delle Lezioni americane si può concludere che Calvino è

stato uno scrittore engagé fino alla sua ultima opera.

Nel corso della sua attività di scrittore il suo engagement si è sviluppato da un engagement

politico e sociale a un engagement letterario. Si è cercato di evidenziare questa evoluzione

tramite l’analisi di due opere: Il sentiero dei nidi di ragno e Il barone rampante. Nelle analisi

si è inoltre provato a dimostrare che il passaggio da engagement politico e sociale a

engagement letterario è strettamente legato alla presenza di una componente realistica e di

una componente fantastica. Il sentiero dei nidi di ragno è contrassegnato da una

commistione di stili: lo stile realistico e quello fiabesco. La componente realistica si trova

soprattutto nella tematica del libro, nel capitolo nono, nella serietà della trama, nel clima in

cui il romanzo è stato scritto ecc. mentre la componente fiabesca è collegata alla figura di

Pin e alla presenza di un oggetto magico, la pistola, che stimola la rapidità della narrazione.

La visibilità de Il sentiero dei nidi di ragno si è individuato nel processo di creazione del

libro e nel “voyeurismo” di Pin. Nonostante la presenza di elementi fiabeschi, il primo

romanzo di Calvino è un bel esempio di impegno politico e sociale. Soprattutto gli elementi

realistici esibiscono il carattere politico e sociale dell’opera. L’analisi de Il barone rampante

75

ha rilevato l’aumento graduale dell’impegno letterario e una maggiore presenza di elementi

fantastici a partire da questa opera. Ne Il barone rampante Calvino sembra essersi

definitivamente allontanato dall’impegno politico del suo periodo neorealista. Si è notato

tramite un esempio arbitrario che gli elementi politici inseriti ne Il barone rampante non

sono motivati da un impegno politico ma sottolineano invece l’evoluzione verso un impegno

letterario. Il setting del libro ha dimostrato che Calvino non ha reciso tutti i vincoli con la

realtà anche se il setting risulta senz’altro più fantastico da quello de Il sentiero dei nidi di

ragno. Si è quindi costatato che in questo romanzo vi sono presenti sia elementi realistici, ad

esempio l’incipit realistico, sia elementi fantastici, come il combattimento tra Cosimo e il

gatto selvatico. Per via della maniera allegorica in cui Calvino parla dell’attività dello

scrivere, della posizione e della funzione dello scrittore e della relazione tra realtà e

immaginazione si può considerare il romanzo un esempio di impegno letterario. Nell’analisi

si è inoltre indicata la presenza della rapidità tramite le avventure raccontate da Cosimo e si è

segnalato un esempio di visibilità tramite il voyeurismo di Biagio e di Cosimo.

In seguito si sono esaminate due Lezioni americane, Rapidità e Visibilità, al fine di

applicarle a due opere calviniane. La lezione sulla rapidità si è divisa in tre parti. Nella prima

parte Calvino si concentra soprattutto sui piaceri della rapidità nella letteratura folklorica. La

seconda parte è dedicata alla velocità mentale analizzata tramite diversi esempi di letteratura

colta. Nell’ultima parte entra in scena il valore dell’indugio. Si è insistito sul fatto che

Calvino non escluda l’indugio dalla sua apologia della rapidità. La terza parte è inoltre

contrassegnata da immagini simboliche interpretate da Calvino. Si è cercato di cogliere il

significato delle tre parti, focalizzandosi soprattutto sulla prima e sulla terza parte. In seguito

si è analizzata la lezione sulla visibilità. Per poter capire appieno questa lezione ci si è prima

concentrato sul finale della lezione precedente, Esattezza. Visto che nella lezione Visibilità

Calvino tratta il tema dell’immaginazione si è provato a descrivere i due processi

immaginativi a cui Calvino ha fatto appello come scrittore e si è spiegata la dimensione

visuale dell’immaginazione. In seguito si sono approfondite la questione del punto di vista

straniante e l’idea calviniana dei mondi possibili. Si è inoltre provato a spiegare i tre mondi

(il mondo del potenziale, il mondo scritto e il mondo non scritto) individuati da Calvino. In

conclusione si è accennato all’importanza del fumetto per Calvino.

76

Nell’ultima parte del lavoro presente si è cercato di rintracciare il valore della rapidità nelle

Fiabe italiane. La rapidità in quanto valore letterario è dichiaratamente presente in questa

opera di riscrittura. Calvino dimostra di aver combinato i piaceri della rapidità e quelli

dell’indugio visto che si è premesso un lungo periodo di studio prima di iniziare l’attività di

riscrittura. Lo scrittore ha cercato di integrare e conservare nelle fiabe l’economia espressiva

di cui parla nella Rapidità. Questa economia si è individuata sia nei titoli sia nelle frasi

iniziali delle fiabe. Calvino ha inoltre tolto tutti gli elementi che riteneva inutili ed ha

aggiunto degli elementi che gli sembravano funzionali se non indispensabili. Allo scopo di

stimolare il ritmo della fiaba ha usato tre tecniche in particolare: l’accelerazione, il discorso

diretto e la ripetizione. Questa esperienza di riscrittura ha avuto un impatto considerevole

sulle opere successive di Calvino ed è probabilmente durante questo periodo che ha coltivato

la sua passione per i short stories. Per quanto riguarda il valore della visibilità ci si è

concentrato su Le Cosmicomiche. L’intera opera si può definire come una visione comica del

cosmo. Ogni racconto è la visualizzazione di un evento cosmico. Per la creazione dell’opera

Calvino ha fatto appello a uno dei processi immaginativi, come esposti nella lezione sulla

visibilità. Al fine di descrivere gli eventi cosmici assai astratti lo scrittore usa delle immagini

quotidiane come si è mostrato in Tutto in un punto. Ne Le Cosmicomiche lo scrittore

rappresenta i cosiddetti mondi possibili attraverso il punto di vista straniante di Qfwfq e

tematizza perfino il mondo del potenziale di cui parla nella Visibilità. Si ritrova anche

l’influenza del fumetto sia nel personaggio Qfwfq, sia nella componente antropomorfica

dell’opera. Infine si è riuscito a rintracciare ne Le Cosmicomiche i quattro elementi che

formano la parte visuale dell’immaginazione letteraria.

Dai risultati di questa analisi retrospettiva si può concludere che i due valori, rapidità e

visibilità, come presentati nelle lezioni omonime sono effettivamente presenti in queste due

opere calviniane e si possono anche ritrovare entro certi limiti ne Il sentiero dei nidi di ragno

e ne Il barone rampante. Per poter concludere che questi valori caratterizzano l’intera opera

calviniana converrebbero altri studi e altre analisi. Sarebbe ugualmente interessante di

applicare gli altri valori (leggerezza, esattezza e molteplicità) a queste ed altre opere

calviniane. Da questa analisi si può comunque concludere che la rapidità e la visibilità in

quanto qualità letterarie sono strettamente legate alla dimensione fantastica delle opere

esaminate.

77

Bibliografia

Adamo, Giuliana, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», Strumenti

critici, 2003, 1, p. 1-27. Adler, Sara Maria, Calvino. The writer as fablemaker, Maryland USA, José Porrúa Turanzas, 1979. Anselmi, Gian Mario e Ruozzi, Gino (a cura), Oggetti della letteratura italiana, Roma, Carocci, 2008. Barenghi, Mario (a cura), Italo Calvino. Saggi 1945-1985, Milano, Arnoldo Mondadori, 1995. Barenghi, Mario, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 27-42. Belpoliti, Marco, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996. Belpoliti, Marco, «Calvino e la polvere: una lettura delle “Lezioni americane”», Rivista di

Studi Italiani, 2003, 2, p. 164-174. Bernardelli, Anna, La narrazione, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1999. Bertone, Giorgio (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, Genova, Marietti, 1988. Bertoni, Roberto e Ferraro, Bruno, Calvino ludico. Riflessioni sul gioco in Calvino, Viareggio-Lucca, Mauro Barodi, 2003. Bonura, Giuseppe, Invito alla lettura di Calvino, Milano, Mursia, 1972-1983. Botta, Anna, «Calvino and the Oulipo: An Italian Ghost in the Combinatory Machine?», MLN, 1997, 1, p.81-89. Bouriau, Christophe, Qu’est-ce que l’imagination ?, Paris, Librairie Philosophique J. Vrin, 2003. Burns, Jennifer, «Telling Tales about “Impegno”: Commitment and Hindsight in Vittorini and Calvino», The Modern Language Review, 2000, 4, p. 992-1006. Burns, Jennifer, Fragments of impegno, Leeds, Northern University Press, 2001. Calligaris, Contardo, Italo Calvino, Milano, Mursia, 1985. Calvino, Italo, I nostri antenati, Torino, Giulio Einaudi, 1960. Calvino, Italo, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Giulio Einaudi, 1964.

78

Calvino, Italo, Sulla Fiaba, Torino, Einaudi, 1988. Calvino, Italo, Fiabe italiane. Raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento

anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Milano, Arnoldo Mondadori, 1993. Calvino, Italo, Le Cosmicomiche, Milano, Oscar Mondadori, 2002. Calvino, Italo, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Oscar Mondadori, 2002. Cannella, Mario (a cura di), Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana di Nicola

Zingarelli, Bologna, Zanichelli, 2006. Cannon, JoAnn, Italo Calvino : Writer and Critic, Ravenna, Longo, 1981. Cannon, JoAnn, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», Annali

d’Italianistica, 1991, 9, p. 198-210. Capozzi, Rocco, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e

nuove», Rivista di Studi italiani, 2003, 2, p. 79-103. Ceserani, Remo, Guido allo studio della letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999. Clerici, Luca e Falcetto, Bruno (a cura di), Calvino e il comico, Milano, Marcos y Marcos, 1994. Cruso, Sarah, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane, Roma, Carocci, 2007. De Caprio, Caterina e Olivieri, Ugo Maria (a cura di), Il fantastico e il visibile, Napoli, Libreria Dante e Descartes, 2000. Decreus, Freddy, Mythologie, vroeger en nu, Universiteit Gent, Vakgroep Latijn en Grieks, 2006-2007 (dispensa). De Vivo, Alberto, «Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino», Italica, 1995, 1, p. 91-104. Di Carlo, Franco, Come leggere I nostri antenati di Italo Calvino, Milano, Mursia, 1978. Farina, Giulia e Dossi, Eugenia (a cura di), Enciclopedia della letteratura, Milano, Garzanti, 2000. Frisch, Craig, «Review: Six memos for the next millennium», MLN, 1989, 1, p. 259-263. Garboli, Cesare, «Plutone nella rete», L’Indice, 1988, 10, p. 12-13. Hume, Kathryn, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, Oxford, Claredon Press, 1992.

79

Imberty, Claude, «Il Calvino eccentrico», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 31-49. Krysinski, Wladimir, «Rereading the Memorable Memos or How to Read “Lezioni americane”», Rivista di Studi Italiani, 2003, 2, p. 176-184. Lanslots, Inge, «Cognizioni e determinazioni calviniane», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 147-162. Lauretis, Teresa, de «Narrative discourse in Calvino: Praxis or Poiesis», Publications of the

Modern Language Association of America, 1975, 3, p. 414-425. Lavagetto, Mario, Dovuto a Calvino, Torino, Bollati Boringhieri, 2001. Lavergne, Isabelle, «Le fiabe sono vere», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 5-14. Lavinio, Cristina, «La formazione del titolo nel passaggio del racconto dall’oralità alla scrittura», La Ricerca Folklorica, 1990, 21, p. 115-120. Malato, Enrico (a cura di), Storia della letterature italiana, vol. IX Il Novecento, Roma, Salerno Editrice, 2000. May, Rollo, The Cry for Myth, New York, Norton, 1991. Nobili, Claudia Sebastiana, Il lavoro della scrittura, Milano, Sansoni, 1999. Nota, Michelle, «A propos de "Lezioni americane" d'Italo Calvino», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 181-194. Petronio, Giuseppe, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1994. Piacentini, Adriano, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino,

Firenze, Firenze Atheneum, 2002. Re, Lucia, Calvino and the Age of Neorealism: Fables of Estrangement, Stanford, Stanford university press, 1990. Ricci, Franco (a cura di), Calvino Revisited, Toronto, Dovehouse Editions, 1989. Roda, Vittorio (a cura di), Manuale di italianistica, Bologna, Bononia University Press, 2005. Sanna, Manuela, Immaginazione, Napoli, Alfredo Guida, 2007. Scarpa, Domenico, Italo Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999. Turi, Nicola, «Le Cosmicomiche e la metaletteratura», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 135-146.

80

Van den Bossche, Bart e Musarra, Franco (a cura di), Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2:

1945-2000, Leuven, Peeters, 2004. Verhulst, Sabine, La «stanca fantasia. Studi leopardiani», Milano, Franco Angeli, 2005.