Istorie, Costumi E Curiosità Del Matrimonio

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La gente si sposa, ma in realtà non conosce la storia del matrimonio o perché ci sono alcuni riti o usanze . In teoria, un matrimonio è definito come una "istituzione sociale" che crea un vincolo nuziale tra i suoi membri , un legame socialmente riconosciuto , sia per legge o per consuetudine .

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La gente si sposa, , , , ma in realtà non conosce la storia del matrimonio o perché ci sono alcuni riti o usanze. . . . In teoria, , , , un matrimonio è definito come una "istituzione sociale" che

crea un vincolo nuziale tra i suoi membri, , , , un legame socialmente riconosciuto, , , , sia per

legge o per consuetudine....

In questo blog, , , , oltre a mostrare la tendenza, , , , cosa è di moda, vorrei anche sottolineare la storia di questo rito magico, , , , mio marito

afferma che "il passato è passato e dobbiamo lasciarlo là" " " " .. Invece penso che non

dovremmo agire come robot, non fa mai male sapere come e dove questo protocollo è nato cosi come tutto ciò che ha a che fare con

questo cerimoniale ...

A poco a poco spero di raccogliere una documentazione completa che descriva da dove vengono diversi costumi che servono ad assecondare il matrimonio religioso e civile.

Buona Lettura!!

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Questo non è un libro,è solo un compendio d’informazioni prese da esperienze, libri, internet, e ordinate nel blog: http://matrimonioeuntoccodiclasse.blogspot.it per future letture

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L’anello matrimoniale, usato generalmente negli sposalizi cristiani fin dal secolo IX, risale in realtà agli antichi Egizi, gli antichi egiziani avevano una sorta di moneta foro al centro che era indossato come un anello. Durante la cerimonia nuziale lo sposo metteva questa moneta-anello al dito della sposa per indicare che avrebbe diviso con lei la sua ricchezza. Veniva posto all'anulare della sposa perché si riteneva che per quel dito passasse una vena che andava direttamente al cuore. L'anello fatto d'oro, il più resistente dei metalli, conferisce a chi lo porta le doti di una perfetta e durevole unione. Di qui, appunto, nasce la superstizione che la rottura delle fedi preannunci disastri.

Un’altra teoria dice che l’anello viene portato all’anulare sinistro poiché già nell’antica liturgia cattolica il prete che celebrava il matrimonio nella benedizione toccava le prime tre dita della mano sinistra degli sposi, invocando il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, infilando quindi le fedi nuziali nel quarto dito della mano sinistra dello sposo e della sposa. Nelle culture panellenico (tutti i popoli greci antichi) e celtiche (popoli indioeuropei che, nel periodo di massimo splendore (IV-III secolo a.C), erano estesi in un'ampia area dell'Europa), si usava l'antico simbolo dell'ouroboros, il serpente che divora la propria coda, era anche un tema molto usato nelle fedi di ferro nell'antica Roma. L'Ouroboros è un simbolo di creazione e distruzione che rappresenta un ciclo in costante rinnovamento, e anche il principio della vita che alimenta continuamente se stessa. Rappresenta anche la speranza di un lungo matrimonio che viene costantemente rinnovata. Gli anelli di nozze

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celtiche erano spesso riccamente decorati con nodi e disegni geometrici ed hanno una lunga storia e un significato fondamentale per l'arte di questi popoli. Questi disegni erano per lo più vegetali, suggerendo orecchini e sarmento. La bella simmetria di questi modelli intrecciati non è quadrata, rigida o formale ma organico, fluente, un riflesso stilizzato delle curve e spirali trovati in natura. I nodi celtici che impreziosiscono gli anelli indicano le idee di primavera, fertilità e il risveglio eterno della forza vitale, tutti i concetti che sono strettamente legate ad una vita feconda insieme. Nel XVII° e XVIII° secolo gli anelli con pietre incastonati divennero molto popolari, per distinguerli dagli altri anelli, la fede aveva un disegno semplice che risaltava immediatamente. La tendenza moderna è quella di portare una fede elegante di linee semplici, fatta di platino, oro bianco, giallo, oro rosa con diamanti all'esterno o all'interno (questi sono di solito di grandezza inferiore). Si consiglia che l'anello di fidanzamento e la fede siano di materiale uguale cosi starannon bene insieme. All'interno della fede gli sposi possono far incidere una frase, la data di matrimonio o il loro nome. Molte case costruttori danno la possibilità alla coppia di progettare le loro fede e trasformale in pezzi unici. La tradizione vuole che le fede degli sposi siano dello stesso modello ma ognuno può scegliere quella che più piace.

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Vediamo ora tra i miei appunti che cosa ho, ha! sì! La storia del matrimonio!, non troppo lungo!, Inizio con un aneddoto un po 'corto .. la storia di come nasce l'usanza di regalare l’anello di fidanzamento e il significato delle pietre utilizzate. Fin dal tempo dell’antica Roma l’anello era il pegno d’amore che il fidanzato donava alla propria amata. Allora esso non era di nobile metallo, nondimeno era portatore di quella promessa che suggellava un impegno per la vita: il matrimonio.

La storia ci informa che la tradizione dell’anello di fidanzamento fu importata dall’Egitto, questa come tante altre è arrivata a noi attraverso il Mar Mediterraneo, contenitore e veicolo di storie e di leggende. Fino al 1400 raramente l’anello fu di oro, più spesso era di un qualsiasi metallo, ma da allora in poi chi poteva impreziosire il semplice cerchietto d’oro lo arricchiva di una luminosissima gemma: il diamante, che irradiò col suo splendore la mano delle giovani promesse e divenne l’anello di fidanzamento così come si intende ai giorni nostri. Il primo a regalare un solitario di diamante come anello di fidanzamento fu L’arciduca Massimiliano d’Austria che donò a Maria di Borgogna nel 1477 un anello d’oro sovrastato da un diamante.

Il Significato Delle Pietre:

RUBINO - è la 'Regina delle gemme' sinonimo di passione, di forza, di potere è la pietra che dona energia ed è indicata alle persone che vogliono avere successo nella vita. Nelle miniere questa pietra è ormai quasi esaurita e quelle che troviamo in commercio molto spesso sono recuperate da gioielli antichi.

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ZAFFIRO - sinonimo di fedeltà e fiducia. Questa pietra, usata un tempo come anello di fidanzamento, può avere colorazioni differenti (rosso, verde,giallo) ma la più utilizzata è quella dalle tonalità blu. Gli zaffiri si trovano sempre più raramente nelle miniere di India, Russia, Australia e Brasile. SMERALDO - il colore verde è da sempre sinonimo di speranza ed è considerata la pietra della fertilità. Solitamente presenta delle inclusioni al suo interno mentre lo smeraldo puro è più raro e ha un valore immenso. Il colore verde varia d'intensità a seconda della percentuale di cromo presente nello smeraldo.

ACQUAMARINA - chi la riceve come pegno d fidanzamento, avrà un matrimonio felice e di lunga durata. E' indicata per le persone che amano la tranquillità e la meditazione inoltre trasmette serenità e aiuta la creatività.

OPALE - regalare un anello con questa pietra vuol dire voler dimostrare amore sincero. Gli antichi credevano che aiutasse la memoria e aumentasse la capacità di decisione. L'Opale di Fuoco è rarissimo ad ha colorazioni vicine al giallo, al rosso e all'arancio. DIAMANTE - porta solidità in amore. Il diamante assume differenti colorazioni, le più comuni sono quelle tendenti al giallo e al bianco mentre più rare sono i diamanti rosa, viola, rossi, verdi o azzurri o i pregiati diamanti neri. TURCHESE - è la pietra più antica infatti i primi gioielli realizzati con il turchese risalgono agli Egizi. Aiuta a tenere lontane le energie negative e per questo motivo è indicato per tutti i segni zodiacali. Ad oggi la maggior parte degli anelli di fidanzamento hanno un diamante. Gli antichi Greci pensavano che i diamanti fossero le lacrime degli dei mentre i Romani che fossero frammenti di stelle cadenti. Una volta ricevuto l'anello di fidanzamento non si deve togliere se non il giorno del matrimonio quando la sposa dovrebbe avere le mani nude ma s’indossa insieme alla fede dopo il giorno del si.

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Per conoscere a fondo tutti gli aspetti del matrimonio può essere interessante andare indietro nel tempo e capire cosa è cambiato nel corso degli anni…Nella storia antica, i matrimoni non avevano niente a che vedere con le cerimonie odierne. Una fanciulla poteva essere costretta, contro la sua volontà, ad essere data come promessa sposa ad un ragazzo. Il matrimonio vero e proprio era poi perfezionato quando la donna si trasferiva dalla famiglia del marito. Oppure poteva anche essere la diretta conseguenza di un atto di compravendita tra un marito patrizio (appartenente ad una classe sociale dell'antica Roma) e una moglie plebea. In ogni caso, i matrimoni non erano liberi come ai giorni nostri. I padri degli sposi prendevano le decisioni e cercavano sempre di cogliere al balzo le grandi opportunità economiche che potevano nascere da un matrimonio. Nel codice di Hammurabi, che regnò in Mesopotamia dal 1792 al 1750 a. C., è scritto che il matrimonio è valido se c’è un contratto scritto, con il quale l’uomo compra la moglie. Con diverse varianti, questa caratteristica è presente in tutte le società primitive: il matrimonio comporta il passaggio di una persona da un gruppo sociale all’altro e la prole apparterrà socialmente a uno solo dei due coniugi. Per questo sono necessari accordi e compensazioni tra le famiglie degli sposi. Di norma c’è un pagamento in bestiame, attrezzi, denaro alla famiglia di lei, oppure servizi (il genero coltiva il campo del suocero). Alcune curiosità:

Presso alcune popolazioni africane esiste il conguaglio sociale: due fratelli si scambiano reciprocamente le sorelle.

Nell'antico Egitto il re era considerato di sangue divino, figlio del dio; per mantenere intatta la purezza di tale discendenza, egli sposava solitamente una sorella, una sorellastra o parente stretta.

In Grecia veniva inizialmente pattuita la dote, e si procedeva poi alla promessa formale. Il giorno del matrimonio si celebrava un sacrificio nuziale agli dei protettori del matrimonio, e quindi si offriva un banchetto. La sera, un corteo accompagnava la sposa alla casa dello sposo; sulla soglia della casa, gli sposi erano coronati di frutti simboleggianti fecondità.

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Nella cultura Inca il re prendeva come promessa sposa sua sorella maggiore, non poteva mischiare il suo sangue con le altre famiglie. Lo stato pianificava delle date specifiche ogni uno o due anni. Arrivavano tutti nella piazza principale in ogni capoluogo di provincia, dove si formavano file in base al sesso, rango e di parentela, per essere abbinati e sposati dall’Inka.

Nella cultura azteca la coppia alloggiava dentro una camera per quattro giorni, dedicati alla penitenza, al digiuno e la preghiera agli dei. I sacerdoti preparano i letti. Quello dello sposo era ornato di piume e quello della sposa con una pietra preziosa. La festa si concludeva con i regali per gli ospiti.

Nella cultura Maya il genero rimaneva nella casa dei genitori della moglie, lavorava per loro per sei o sette anni. La suocera curava che sua figlia desse da magiare e bere al giovane marito, come segno di riconoscimento del matrimonio. Tuttavia, se il giovane marito smetteva di lavorare durante il tempo concordato, potevano buttarlo fuori di casa.

In India lo sposo concludeva le nozze portando la sposa sulle spalle fino al suo villaggio.

In Portogallo il sacerdote legava insieme le mani degli sposi con un pezzo di stoffa.

In Cina li legava con i capelli.

In Inghilterra gli sposi mettevano l'anello nuziale al pollice.

In Francia, durante il medioevo, la sposa baciava il piede del marito

In Groenlandia lo sposo prendeva la sposa per i capelli e la trascinava nella capanna.

In Tibet, per risparmiare sulla dote, i fratelli condividevano la stessa moglie.

In alcune zone dell'Africa, prima di sposarsi, un uomo doveva andare a letto con la futura suocera.

Nelle Isole Gilbert (sedici atolli e un'isola alta nel centro dell'Oceano Pacifico), se un uomo era attratto da una ragazza doveva sposare anche le sue sorelle.

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“Il nodo del TILMANTLI”. mostra le usanze del matrimonio azteco. Un uomo ed una donna, legati assieme, ascoltano i discorsi pronunciati

dalle vecchie donne, che erano le sensali del matrimonio.

1.- Il matrimonio nella Grecia antica: Il matrimonio di norma veniva celebrato in casa del marito e in un periodo fausto, ad esempio gennaio era il mese propizio al matrimonio dedicato a Giunone, protettrice della nascite. Prima della celebrazione avvenivano i classici riti sacrificali agli dei ed un bagno nelle acque di un fiume. Il matrimonio avveniva solo dopo l'istituzione fra il padre della sposa (o colui che ne aveva la potestà) e lo sposo con il quale la sposa veniva promessa al suo futuro marito. Tuttavia tale contratto non stabiliva di per sé la convalida del matrimonio, poiché esso era considerato valido solo se, a seguito della consegna della promessa sposa al futuro sposo, i due davano inizio alla convivenza; qualora ciò non avvenisse, il matrimonio non sussisteva. Viceversa, se una coppia intraprendeva la convivenza senza aver prima istituito l'unione era considerata illegittima. Dopo la cerimonia vi era un banchetto organizzato dal padre dello sposo, alla fine del banchetto partiva il corteo nuziale, con gli sposi in testa seguiti da parenti ed invitati, arrivati nella nuova dimora il marito dopo aver sprangato l’uscio portava la sua consorte nel talamo e qui veniva consumata la prima notte, dopodiché la donna riceveva doni dal marito, dai parenti e dagli amici. La continuata coabitazione dei coniugi era, nell'antica Grecia, l'elemento essenziale per stabilire la sussistenza di un matrimonio; qualora, infatti, la

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convivenza fra gli sposi fosse interrotta, il matrimonio stesso era considerato sciolto. In tre casi la convivenza poteva essere interrotta: Se la moglie abbandonava il marito e non aveva più intenzione di tornare a vivere con lui. Se il marito rimandava la propria moglie a casa sua, dai propri genitori. Se il padre della moglie, o chi ne avesse l'autorità, avesse imposto alla moglie di separarsi dal proprio marito (tale interferenza era permessa solo secondo certi termini di legge). Esistevano quattro categorie di donne nella Grecia antica: La moglie: essa era “adibita” solamente alla procreazione degli eredi, non aveva alcun diritto e non partecipava alla vita sociale, che era appannaggio esclusivo del mondo maschile. Veniva destinata al futuro marito fin dalla più tenera età e si sposava attorno ai quattordici anni. La concubina: nella maggior parte dei casi si trattava di una donna non greca e il suo ruolo, riconosciuto anche dalla moglie era quello di amante ufficiale. I suoi doveri erano comparabili a quelli di una moglie ma non godeva degli stessi diritti civili. L’etera, la donna del piacere: era una donna molto colta e fungeva da accompagnatrice del maschio nella vita sociale. Era pagata per i servizi che rendeva all’uomo a cui apparteneva ed era tenuta in grande considerazione. La prostituta: anch’essa era una compagna per il piacere, ma, a differenza dell’etera, era solitamente molto povera ed il suo “luogo di lavoro” era la strada. 2.- Il matrimonio nella Roma antica: (dal 753 a.C. al 476 d.C.). Il diritto romano obbligava alla monogamia, mentre ammetteva la prostituzione, il concubinato, il sesso extraconiugale, il sesso omosessuale e il sesso con gli schiavi. Nella Roma arcaica una figlia, ancora giovanissima, poteva essere promessa in sposa o fidanzata a un giovane anche contro la propria volontà e questo rito era giuridicamente valido; consisteva in un vero e proprio impegno, perseguibile in caso di inadempimento, vincolava la donna ad una sorta di fedeltà pre-matrimoniale nei confronti del futuro sposo. Il matrimonio si perfezionava con il trasferimento della donna dalla famiglia paterna a quella del marito. Il fidanzato consegnava alla ragazza un pegno per garantire

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l'adempimento della sua promessa di matrimonio, un anello che lei si metteva all'anulare della mano sinistra. I matrimoni insomma venivano decisi dai parenti dei due giovani e i motivi erano sempre di natura economica. La donna non era libera e non era equiparata all’uomo. Non era sancita la libertà equa dei due sessi. A 12 anni una donna poteva essere ceduta dal padre al marito. Il marito poteva esprimere il suo giudizio sulla morte della moglie o non riconoscere il figlio appena nato. Se veniva riconosciuto, il figlio veniva alzato in braccio, altrimenti veniva abbandonato nelle piazze o per la città. Il marito inoltre poteva ripudiare la donna divenuta sua sposa quante volte voleva e cambiarla frequentemente. Le justae nuptiae (giuste nozze) erano tuttavia riservate ai soli cittadini romani; era questo l'unico matrimonio riconosciuto dal diritto. In tutti gli altri casi, (un cittadino e una non-cittadina, o una schiava) il matrimonio non era riconosciuto, e i bambini nati da tali unioni erano illegittimi. Nel caso degli schiavi, il loro padrone poteva accordargli il contubernium, unione senza valore giuridico, così come poteva romperlo. La forma più completa del matrimonio è quella detta perconfarreationem, dal panis farreus, un pane preparato con l’antico cereale, il farro, che viene mangiato dagli sposi, appena entrati nella nuova casa. Accanto a questo rito di matrimonio, sempre seguito dal patriziato, si hanno altre due forme meno solenni: la coemptio, una vendita simbolica con la quale il padre cede la figlia allo sposo mediante un compenso pecuniario, e l’usus, una specie di sanatoria di una condizione di fatto, per cui diventa moglie la donna che abbia abitato con un uomo per un anno intero senza interruzione di tre notti consecutive. Seppur sposata, la moglie restava sempre sotto la potestà del suocero. Fu con gli ordinamenti dell'antica Roma che, almeno fra le culture mediterranee, ebbe diffusione un criterio distintivo della famiglia "legalizzata" dal rito pubblico. Il matrimonio faceva parte dei doveri del cittadino romano. La data della cerimonia e il suo svolgimento erano soggetti ai presagi degli auguri, come lo erano tutte le azioni della vita di un Romano. La sposa era vestita di bianco, coperta da un velo, che veniva tolto il giorno dopo la consumazione del matrimonio ed era di colore giallo zafferano (a simboleggiare il fuoco di Vesta, la dea che proteggeva il focolare domestico). Sui capelli, pettinati con sei trecce in onore delle vergini vestali sacerdotesse consacrate alla dea Vesta. A Romolo, primo re di Roma, o al suo successore,

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Numa Pompilio), si posava una corona formata da gigli, grano, rosmarino e mirto (simboli di purezza, fertilità, virilità maschile e lunga vita). La formula matrimoniale latina, nella sua estrema concisione, "Ubi tu Gaius, ego Gaia" (Dove tu, Gaio (Gaio o Caio è nome latino) sei, lì io, Gaia (Caia), sarò), sintetizza la condizione della donna che la pronunziava e che con questa dichiarazione si sottometteva alla potestà del marito. É ben nota la definizione del giurista romano Modestino (Giurista di origine ellenica, vissuto nel III sec. d.C., funzionario dell’amministrazione imperiale), secondo cui nuptiae sunt coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio ("le nozze sono l'unione tra uomo e donna implicante un consorzio di tutta la vita, retta dal diritto divino e umano").

3.- Il matrimonio nell'alto medioevo: (Periodo dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente, avvenuta nel 476, all'anno 1000 circa(V – X)). Si parla allora di “strategia matrimoniale”, la ricerca del coniuge avveniva all’interno della stessa discendenza per evitare dispersione del patrimonio familiare. Il matrimonio aveva lo scopo di assicurare successori e di migliorare e consolidare la posizione sociale ed economica della famiglia. Il matrimonio era un passo decisivo nella vita di un individuo:non era determinato dall’amore, ma da precise strategie di alleanze. Il Medioevo vide svilupparsi in Occidente le fasi aspre di un conflitto tra due poteri: profano e religioso. Il potere profano era fondato sulle leggi; il potere religioso era fondato sull'azione del clero che cercava di far divenire il matrimonio un costume sacramentalmente fondato. Nel corso di questa secolare competizione il potere religioso tendeva a sovrapporsi al potere civile: era l'epoca di una progressiva cristianizzazione dell'istituto matrimoniale. Il modello laico aveva il compito di preservare, nel corso delle generazioni, il permanere di un sistema di produzione; il modello ecclesiastico aveva il compito extratemporale di tenere a freno gli istinti, di respingere il male, contenendo entro stretti limiti gli straripamenti della sessualità. Il modello "un uomo-una donna" per il matrimonio cristiano fu difeso da Sant'Agostino ((354-439) definito come il padre del pensiero occidentale), con la sua lettera Il buono del matrimonio. Per scoraggiare la poligamia, egli

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scrisse "era permesso tra padri antichi: se è permesso anche ora, io non vorrei pronunciarmi frettolosamente. Perché non c'è ora necessità di generare figli, come c'era allora, quando, anche se le mogli portavano figli, era permesso, al fine di avere una posterità più numerosa, sposare altre mogli, cose che ora certamente non è legale". I sermoni dalle lettere di S. Agostino furono popolari ed influenti. Nel 534 l'imperatore romano Giustiniano condannò il sesso al di fuori di quello dei confini matrimoniali tra uomo e donna. Il Codice Giustiniano fu la base della giurisprudenza europea per un millennio. Il matrimonio divenne una cerimonia privata, che si svolgeva al domicilio della futura sposa, e dava luogo a dei ricongiungimenti familiari. Talvolta era impartita una benedizione, ma senza che essa avesse valore ufficiale. Il matrimonio era un mutuo contratto, scritto e firmato. Veniva sancito dalla reciproca promessa verbale della coppia che sarebbero stati sposati l'un l'altra; la presenza di un sacerdote o di altri testimoni non era richiesta se le circostanze la impedivano. Questa promessa era conosciuta come il "verbum". In seguito, con il declino dell'impero romano, l'abitudine di firmare uno scritto scomparve progressivamente, solo i testimoni potevano giustificare l’esistenza dell’unione, lasciando il posto a numerosi abusi. I matrimoni «segreti», i «ratti» (senza il consenso dei genitori della ragazza) e i divorzi divennero frequenti. Si conosce, ad esempio, il caso del rapimento di Matilde da parte di Guglielmo il Conquistatore, e le 5 spose e la mezza dozzina di concubine di Carlo Magno. 4.- Il matrimonio nel basso medioevo: (Periodo XI-XV). Si cercavano parentele con i lignaggi prestigiosi, che consentissero un allargamento degli interessi economici e finanziari della nuova famiglia. Cosi si vedevano giovani ragazze dai quindici anni in su che sposavano signori dai sessant'anni in poi, da parte dei mariti si evidenziava una sorta di protezionismo paterno, e si preoccupavano di insegnare alle giovane moglie come dovevano comportarsi. Erano particolarmente indulgenti lasciando coltivare i propri interessi e assecondandole nella richiesta di istruzione.

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V.Pukirev."Matrimonio Incompatibile".1862

Con il concilio Lateranense IV nel 1215, la Chiesa cattolica regolò ufficialmente il matrimonio per la prima volta. Con l’avvento del Cristianesimo e delle invasioni Barbariche, la pratica del matrimonio assunse un aspetto privato, svolto nella dimora della futura sposa. Comparvero anche i testimoni, che appunto dovevano testimoniare la validità dell’unione tra uomo e donna che si era appena formata. Infine, poco a poco il matrimonio prese la forma attuale. In particolare il Cristianesimo introdusse alcuni concetti che sono alla base del matrimonio, come lo intendiamo ai giorni nostri:

Libertà di scelta. Ciascuna persona deve scegliere liberamente il suo coniuge e non devono più esistere matrimoni combinati.

Obbligo alla fedeltà reciproca. Ciascun coniuge deve restare fedele al proprio marito o moglie per tutta la vita.

Indissolubilità fino alla morte del coniuge. Solo dopo in caso di morte è possibile risposarsi con un’altra persona.

Bisogna accogliere i figli che nasceranno ed educarli con amore.

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Impose l'uso delle pubblicazioni (per evitare i matrimoni clandestini).

Fu solennemente proclamato che il matrimonio tra cristiani è un sacramento.

Fu imposta un'età minima per gli sposi (per evitare il matrimonio di bambini, e in particolare di ragazze molto giovani).

Fu regolamentato l'annullamento del matrimonio in caso di invalidità del sacramento: violenze sulla persona, rapimento, non consumazione, matrimonio clandestino.

5.- Il matrimonio nell'era moderna: (Dagli ultimi anni del XV secolo alla fine del XVIII o inizi del XIX secolo, periodo conosciuto come Rinascimento) Con la riforma protestante negli stati in cui il sovrano, aveva scelto la confessione cristiana riformata, il compito della registrazione dei matrimoni e della loro regolamentazione passò allo stato. Dal Seicento molti dei paesi europei protestanti videro una pesante presenza dello stato nel matrimonio. Negli stati cattolici furono invece riconosciuti i pronunciamenti del Concilio di Trento, che rinforzò la regolamentazione del sacramento del matrimonio: celebrazione davanti ad un parroco e a dei testimoni, obbligo per gli sposi di registrare la propria unione in un registro conservato nella parrocchia, divieto di coabitazione al di fuori del matrimonio (per evitare il concubinato e i figli illegittimi). Emblematica fu l’istituzione del matrimonio civile nel 1782 da parte dell’imperatore d’Austria Giuseppe II, ma ancora più significativa fu l’impronta sulla scena matrimoniale della Francia rivoluzionaria: il matrimonio viene considerato un contratto e per questo si introduce anche il divorzio, esso fu introdotto con il “Codice Napoleone”, ma ufficialmente la legge fu poi introdotta dopo la seconda guerra mondiale. (1791-92). Sulla scena non solo hanno cominciato a profilarsi le figure di giovani costretti dai genitori a sposarsi con una certa persona per ragioni di interesse, ma anche quelle di poveri impossibilitati a regolarizzare i loro amori poiché privi di mezzi. Il convento diviene un simbolo nell’Età moderna, attraverso il suo ruolo di chiaro strumento sociale; infatti molte ragazze adolescenti, prima di decidere il “loro” futuro (negli interessi della famiglia d’origine), venivano «parcheggiate» in convento per scegliere opportunamente il loro futuro.

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Il matrimonio diviene la tappa culminante nella vita di una ragazza, e per raggiungere tale scopo non esita ad essere anche impiegata in un lavoro lontano dalla sua famiglia d’origine e dalla sua terra natia, pur di mettere insieme la “dote”: uno strumento indispensabile per contrarre il matrimonio. Altra situazione investe la donna appartenente ai ceti alti: negli ambienti nobili, più illuminati, conquista più autonomia, infatti si moltiplicano le donne intellettuali. 6.- Il matrimonio nell'era contemporanea: (Dal fine del XVIII o inizi del XIX secolo). Erano di solito gli uffici ecclesiastici a rendere ufficiali i matrimoni con la loro registrazione agli effetti civili. Avvenne perciò un passo significativo verso una chiara separazione tra chiesa e stato, un indebolimento del ruolo delle chiese cristiane in Germania, quando il Cancelliere Otto von Bismarck introdusse lo Zivilehe (matrimonio civile) nel 1875. Questa legge rese la dichiarazione del matrimonio davanti ad un ufficiale dell'amministrazione civile (affermando entrambi gli sposi la volontà di sposarsi) la procedura per rendere un matrimonio legalmente valido e ridusse il matrimonio religioso ad una mera cerimonia privata. 7.- Il matrimonio ai giorni nostri: Molte delle assunzioni della società riguardo la natura e lo scopo del matrimonio e della famiglia sono cambiate e stanno ancora cambiando. A differenza di quanto avveniva in passato il matrimonio non è più una tappa obbligata nella vita dell'individuo. Dall’anno 2005 è cambiata la formula del consenso matrimoniale, passando da “Io prendo te come mia/mio sposa/o...” a “Io accolgo te come mia/mio sposa/sposo...” visto che il verbo accogliere risulta molto più adatto per una persona e non implica il possesso di uno dell’altro, ma sottolinea proprio la maggiore spontaneità del futuro rapporto tra i coniugi. Infine, al giorno d’oggi, sta un po’ crollando la vecchia concezione del matrimonio inteso in origine come il solo legame possibile tra un uomo e una donna. Da un lato c’è chi vorrebbe maggiore flessibilità, chiedendo l’estensione del matrimonio anche alle coppie omosessuali, la possibilità di affidare loro dei bambini e la formalizzazione delle unioni di fatto, senza il vincolo del matrimonio. D’altra parte c’è chi vorrebbe mantenere un approccio

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tradizionalista, limitando il matrimonio solo alle unioni tra uomo e donna, come è sempre stato.

Tra le variazioni avvenute nel matrimonio occidentale:

Diversamente dal XIX secolo, la donna, non l'uomo, ottiene l'affidamento dei figli in oltre l'80% dei casi di divorzio.

Entrambi i coniugi hanno il dovere formale di sostegno ai figli (non più solo il marito).

I figli nati fuori dal matrimonio hanno gli stessi diritti di sostegno dei figli nati all'interno del matrimonio.

Nella maggior parte degli stati lo stupro all'interno del matrimonio viene punito legalmente. Il marito non può più punire fisicamente la propria moglie.

Le proprietà acquisite dopo il matrimonio non appartengono al solo titolare. Queste proprietà sono considerate coniugali e devono essere condivise dai coniugi secondo la legge della comproprietà o un'equa distribuzione giudiziale.

Gli sposi possono scegliere la modalità di beni separati.

Alcuni paesi celebrano matrimoni tra persona dello stesso sesso.

In alcuni Paesi, il fatto che la sposa non sia vergine il giorno delle nozze è causa sufficiente perché la sposa possa essere ripudiata dal marito. Questa è una delle cause dell'aumento di richieste di ricostruzione chirurgica dell'imene, anche in Europa.

Un fenomeno economico è presentare ricorso alle agenzie matrimoniali per trovare la persona da sposare.

In Italia dall’inchiesta fatta nel 2010 dall’Istituto Nazionale di Ricerca e Statistica (ISTAT), emergono dati interessanti, ad esempio, la crisi del matrimonio in Italia (fenomeno comune ad altri paesi occidentali), da circa 419.000 del 1972 si passa a 217.076 matrimoni nel 2010. Un altro dato

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rilevante di questo fenomeno è rappresentato dall'età media in cui si contrae matrimonio, che nel 2009 è stata di 31 anni per gli uomini celibi e 27 per le donne nubili. Da un’altra parte, se è vero che ci si sposa meno, è altrettanto vero che ci si sposa "meglio". L'evento differito nel tempo, in attesa del momento giusto, frutto di una scelta consapevole di coppie "mature", spesso provenienti da un'esperienza di convivenza, non viene lasciato al caso. Le indagini mostrano che gli italiani nonostante i cambiamenti del modo di vivere sono ben disposti nei confronti dell’istituzione del “matrimonio”.

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Per la Roma antica il matrimonio ha essenzialmente una funzione sociale, è il legame che sancisce l'alleanza dei nuclei familiari. Le unioni vengono stabilite quando i futuri sposi sono ancora bambini, scelte che maturano per la tutela e la promozione di precisi interessi sociali, economici e politici.

La sposa, che riceveva il proprio abito in dono dalla famiglia d'origine, nel giorno del matrimonio indossava una tunica di colore bianco, chiusa dal cosiddetto 'nodo d'Ercole' un nodo che non poteva essere sciolto da nessuno se non dallo sposo. I capelli le venivano acconciati e raccolti facendo sei trecce per rendere onore alle Vergini vestali, quindi le veniva posta sul capo una corona realizzata intrecciando dei gigli, come simbolo di purezza, spighe di grano di buon auspicio per la fertilità, del mirto per la longevità e rami di rosmarino a simboleggiare la virilità maschile. La sposa inoltre portava un velo di colore simile al giallo dello zafferano, una tinta che simboleggiava il fuoco di Vesta, Dea protettrice del focolare; il velo poteva essere tolto solo dopo che il matrimonio era stato consumato.

I matrimoni effettuati durante e immediatamente dopo il Medioevo, soprattutto fra le classi sociali più abbienti, rappresentavano molto più che la semplice unione fra due persone, per la stesa ragioni che nella Roma antica si trattavano di legami di interesse di carattere politico o economico, pertanto la sposa non rappresentava soltanto se stessa, ma l'intera famiglia, e per tale ragione doveva apparire nella migliore luce possibile. Erano quindi scelti vestiti dai colori accesi e dai materiali pregiati. Non era raro che una sposa indossasse abiti di velluto o seta e spesso persino pellicce. Nelle classi sociali meno facoltose, le spose tentavano al massimo delle proprie possibilità di "copiare" l'abbigliamento delle spose delle famiglie ricche. Nel corso dei secoli, è rimasta la tendenza a vestire la sposa, al meglio che la condizione economica famigliare potesse permettere.

A partire dal X secolo il matrimonio assume, come sacramento religioso e come atto che sancisce un legame fra due persone, un importanza più sentita, non a caso in questo periodo la religione istituisce una cerimonia apposita per la

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celebrazione dei matrimoni. La sposa in questo periodo non segue uno stile particolare nella scelta dell'abito, semplicemente indossa il suo capo più bello ed importante, un abito che vestirà ancora in tutte quelle circostanze che richiederanno un abbigliamento particolarmente elegante, generalmente si trattavano di abiti dai colori caldi e accesi.

Durante il Rinascimento gli abiti da sposa seguivano le mode del momento: le donne nobili indossavano costosissimi broccati d'oro e d'argento, mentre le più umile indossavano un abito che dopo servisse per le loro attività quotidiane.

Il primo abito da sposa documentato é quello della principessa Filippa, figlia di Enrico IV d'Inghilterra, che nel matrimonio con Eric di Danimarca nel 1406 indossò una tunica e un mantello di seta bianca bordati di pelliccia di vaio e di ermellino.

L'uso dello strascico, o "coda", appare nel XVI secolo. Dal modello di abito nuziale che la sposa porta si può desumere a quale classe sociale appartiene: quanto più lo strascico è lungo e decorato tanto più è sintomo di ricchezza e di prestigio sociale. Le maniche, solitamente molto attillate, costituiscono un vero e proprio tesoro per via dei suntuosi ricami e delle pietre preziose incastonate.

Altra donna a vestire di bianco fu Maria I di Scozia, quando sposò Francesco II di Francia. Nel suo caso però non si trattò di una tradizione, ma di una precisa scelta della regina. Le nozze vennero celebrate il 24 aprile 1558, nella Cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Secondo il resoconto ufficiale, le nozze furono «un evento di raro splendore». Il corteo nuziale era aperto dai principi reali sontuosamente vestiti, poi, cardinali, vescovi, abati; giunse in seguito il Delfino, scortato dai suoi fratelli minori, la madre della sposa che aveva alla sua destra il re e a sinistra il cardinale di Lorena, poi Caterina de' Medici, le principesse e le dame di corte «tutte meravigliosamente acconciate». La sposa era vestita con un abito candido, particolare che fu visto come di cattivo auspicio, poiché il bianco era il tipico colore del lutto per le regine di Francia. Mentre il corteo entrava in chiesa, gli araldi urlarono «Largesse!» e vennero lanciate manciate di monete d'oro e d'argento alla folla, provocando un tumulto. Dopo le nozze, vi furono la cena, una parata di navi ed il ballo.

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Nel Seicento, segnato da profonde lacerazioni religiose, le feste diventarono più intime. Si investirono soldi per il corredo e la dote, e l'abito era poi utilizzato anche dopo il matrimonio.

La vera moda del abito bianco da sposa la impose, inavvertitamente, la regina Vittoria d'Inghilterra nel 1840, quando sposò Alberto di Sassonia in un abito bianco ricamato in oro. La scelta del suo abito rivelò che la sua idea di matrimonio era molto diversa da quella delle spose reali che l'avevano preceduta. Tutti i suoi consiglieri le suggerivano mantelli di velluto rosso decorati di ermellino, Vittoria però, per cui il matrimonio non era un evento politico ma personale, rifiutò il protocollo e optò invece per un semplice abito di seta color bianco avorio. L'abito bianco divenne un'opzione molto popolare fra le spose, negli anni successivi tutte le nobile donne indossavano abiti da sposa con questa tonalità aggiungendo veli di pizzo antichi famigliari. La tradizione dell'abito bianco è stata

tramandata sino ad oggi, anche se va precisato che prima del matrimonio della regina Vittoria, era possibile scegliere per il matrimonio qualunque colore, ad eccezione del nero (colore dei funerali). In seguito, si è diffusa la convinzione che la scelta del colore bianco rappresentasse la verginità, benché al colore blu fosse associata la purezza. Nel Settecento, si indossarono abiti dai motivi floreali. In Francia nacque lo “Stile Impero”, tagliato sotto il seno per evidenziare meno i fianchi larghi e l'addome pronunciato, realizzato con tinte pastello. Nell'Ottocento, ebbero origine le tradizioni, come l'abito lungo e bianco, i guanti, il ricevimento e la torta nuziale. Benché a metà del XIX secolo si sia diffusa l'abitudine ad indossare abiti lunghi ed ampi, simili a quelli in voga dell’epoca vittoriana, in realtà lo stile dell'abito da sposa è generalmente molto legato alla moda del periodo.

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Il Novecento, funestato dalle due tragiche guerre mondiali, cambiò definitivamente, nel bene e nel male, i rapporti con gli altri e il modo di vivere. Per la sposa della classe media è stato più pratico vestirsi con colori scuri, invece di chiaro. Il motivo principale era economica. Una sposa comune sceglieva un abito che potessi utilizzato anche in altre occasioni speciali. Negli anni Venti il vestito nuziale divenne più corto e si allungò il velo; interprete del nuovo stile femminile fu “Coco Chanel”. Le spose vestivano abiti corti davanti, con un lungo strascico, spesso abbinato ad un cappello cloche. Per tradizione l'abito da sposa è di colore bianco, benché sia possibile spaziare in un raggio di colori che includono anche tonalità come l'avorio, il crema, l'ecru ecc.

A metà degli anni Trenta, il famoso matrimonio della principessa Marina di Grecia con il Duca di Kent (1934) lanciò un nuovo look, infatti la sposa indossa un abito a guaina di lamé bianco e argento, con lunghe maniche aderenti, e strascico fino a terra, in testa una tiara di diamanti con un velo di tulle lungo oltre tre metri. Con la seconda guerra mondiale per evidenti ragioni economiche l’abito da sposa si prestava o noleggiava. Dopo la guerra, negli anni Cinquanta, Christian Dior impose un'immagine femminile a vita sottile, seno alto e rotondo, gonna larga, con sottogonna, bustino aderente e ampia scollatura.

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In passato, in tanti paesi, le donne si sposavano con il costume regionale o un simile costume a quello di ogni giorno ma fatto con tessuti pregiati, con decorazioni più ricche e articolate. Ad esempio nella Spagna nel tempo delle nostre bisnonne e nonne le donne si sposavano con un abito colore nero, solo le nobile si sposavano di bianco.

Alcuni abiti famosi: Il 12 settembre del 1953 Jacqueline Kennedy indossava un abito con maxi gonna della designer newyorkese Ann Lowe quando ha sposato John F Kennedy.

Audrey Hepburn nel suo matrimonio con Mel Ferrer nel 1954 in Svizzera. Disegnato da Givenchy, vita stretta, gonna in volo.

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Nel 1956 Grace Kelly sposò il principe Ranieri di Monaco: il suo abito fu confezionato con 25 metri di raso di seta, 25 di taffetas, cento metri di tulle e trecento metri di pizzo antico. Dagli anni Sessanta in poi, con l'avvento del femminismo e con la rivoluzione sessuale, l'abito non ha più uno stile preciso. Per la scelta del colore del vestito da sposa, ci sono superstizioni popolari che indicano quali sono quelli fortunati e quelli da evitare.

il più favorito anche dalla sorte è ovviamente il bianco;

il blu indica sincerità da parte della sposa;

il verde timidezza;

il nero pentimento;

l'avorio preannuncia una vita turbolenta;

il marrone e il grigio predicono che gli sposi andranno a vivere lontano o in campagna;

il rosa predice una perdita economica;

il rosso è desiderio e passione;

il giallo mancanza di stima da parte della sposa. Tutti gli invitati sono tenuti ad evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, così come sarebbe, per tradizione, da evitare il nero, anche se oggi quest'ultimo colore è molto usato, soprattutto nel caso di ricevimenti serali.

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Un altro abito da sposa molto importante è quel della principessa Diana, indossato in occasione delle nozze nel 1981 con il principe Carlo d’Inghilterra, fu fatto realizzare da David ed Elizabeth Emanuel. Il sontuoso vestito di seta, con le maniche a sbuffo bordate di pizzo e il collo increspato, era rivestito di minuscole perline i paillettes e aveva uno strascico di sette metri e mezzo, il più lungo nella storia dei matrimoni reali: d’analoga lunghezza era il velo di tulle antico color avorio. Come portafortuna, un minuscolo ferro di cavallo in oro e diamanti e un fiocco azzurro cucito in vita.

Attualmente l'abito bianco è inteso semplicemente come la scelta più tradizionale per il matrimonio, e non necessariamente come simbolo di purezza.

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Il primo velo da Sposa risale al tempo dei Romani quando le giovani che salivano all’altare erano solite indossare il Flammeum, un velo leggero che copriva loro il volto durante la cerimonia nuziale. I primi veli della storia furono realizzati con una sottile garza, preferibilmente rossa, ma anche arancio o gialla, a simboleggiare i colori accesi del fuoco. Il Flammeum era considerato un indumento di buon auspicio e l’importanza di tale accessorio nel rito nuziale era tale che per la donna al posto del verbo ‘sposarsi’ si usasse il verbo ‘nubere’, il cui significato è anche ‘prendere il velo, velarsi’.

Ai tempi degli antichi romani i matrimoni erano spesso combinati dalle famiglie, sia per motivi politici, sia per motivi di interesse. Proprio per questo

motivo i due sposi fino al giorno del si non si incontravano e, i genitori degli sposi, coprivano il volto della sposa con un velo in modo da coprire le sembianze reali. In questo modo lo sposo, una volta sull'altare, non poteva più tornare indietro perché ormai la cerimonia era iniziata.

Nel Medioevo il velo da sposa era fatto di tanti strati di lino sovrapposti, fissati alla testa attraverso fili d’oro e di perline. Il velo serviva a proteggere la sposa dal malocchio e dalla mala sorte, e a nasconderla agli occhi del marito finché il rito nuziale non avesse avuto termine. In passato, e per tutto il corso della storia in cui i matrimoni sono stati combinati, lo scopo del velo da sposa è stato funzionale più che decorativo: il vero scopo del velo era quello di nascondere la sposa dalla vista del futuro marito fino a compimento della

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cerimonia. Nel Rinascimento la cerimonia nuziale divenne un vero e proprio momento sociale per dare spazio allo sfarzo e ai lustrini. Di pari passo anche il velo da sposa fu riconsiderato, divenne un accessorio di bellezza realizzato in tessuti pregiati, colorato e lungo oltre l’abito da sposa.

Nell’Ottocento, pieno Romanticismo, nascono buona parte delle tradizioni legate al matrimonio, tradizioni che ancor oggi conserviamo, quali ad esempio l’abito bianco lungo (riconosciuto dalla Chiesa Cattolica come colore del

candore, della purezza, della verginità), il velo da sposa ad esso coordinato, i guanti, la torta nuziale ed il ricevimento.

È nel Novecento che si può parlare di una vera e propria moda nell’abbigliamento nuziale, di una serie di tendenze che prendono piede e si modificano di decennio in decennio. Questo vale anche per il velo da sposa, la cui presenza, fattezza e lunghezza dipenderanno da fattori storici ed economici, da gusti personali, nuove idee di nascenti stilisti, fu in questo momento che il velo da sposa divenne un accessorio inscindibile dall’abito da sposa. Tracciando una storia della moda femminile di questo secolo si scopre che, negli anni ’20 il velo da sposa era solitamente fatto da un unico strato a formare un lungo strascico ed ingemmato con preziosi ricami.

Negli anni ’30 il velo da sposa diviene corto e fissato alle acconciature, diventate nel frattempo più complesse, da diademi e perline. Più che a coprire il volto, il velo ha raggiunto la sua funzione di accessorio.

Arrivano gli anni ’50 che riportano in vita una moda sposa elegante e sofisticata, curata nei minimi dettagli, la moda sposa si orienta verso un ritorno al Romanticismo: tornano gonne ampie ed il velo torna lungo fino ai piedi.

Negli Anni 60 l’abito da sposa acquista quella valenza di unicità che ha ancora oggi: abito da indossare una sola volta nella vita, per la propria cerimonia nuziale. Le linee tornano alla semplicità ed il velo si adatta allo stile: decorativo sul capo della sposa, scende in forme lineari e naturali. Gli Anni Settanta sono

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gli anni del ritorno al colore: avorio e panna fanno il loro ingresso, così come nuovi materiali che provengono dalla moda di tutti i giorni. L’abito diventa più comodo e segue lo stile della sposa, così come il velo diventa una scelta personale di colei che lo indosserà sull'altare.

Gli Anni 80 sono gli anni dei vestiti a sirena e delle fogge molto lavorate; lo stesso dicasi anche per le acconciature, che svettano verso l’alto o somigliano a dei capolavori di scultura. Il velo si fa quindi da parte, per lasciare spazio al volto della sposa e alle ardite acconciature. Libere da matrimoni combinati, le spose degli Anni Ottanta scelgono se celarsi fino al momento del bacio o mostrarsi agli invitati.

In molte famiglie era usanza tramandare il velo da sposa di madre in figlia purché avesse avuto un matrimonio felice.

Col tempo il velo nuziale ha assunto un significato ben diverso. Esso per un certo periodo ha rappresentato la purezza della sposa, ma al giorno d’oggi viene indossato più che altro come elemento decorativo dell’abito da sposa, una sorta di “di più”.

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Le damigelle d'onore: La storia della damigella d'onore varia secondo le culture, religioni ed epoche. Al tempo dell'antica Roma, inizialmente, le damigelle formavano una specie di fanteria della sposa, quando tradizionalmente andavano al luogo di nascita dello sposo per la cerimonia nuziale. Lo scopo originale delle damigelle d'onore era di vestire esattamente come la sposa al fine di proteggerla. Quindi la sposa sarebbe stata confusa con le damigelle d'onore e nessuno poteva sapere chi era la reale sposa e farle del male, rapirla o rubare la sua dote. Inoltre, le damigelle d'onore erano lì per confondere ogni spirito malvagio .. Per questa ragione, seguono il passaggio della sposa all'altare per prendersi cura di lei in ogni momento.

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Le damigelle d'onore sono noti anche come Madrina d'Onore, per la sua natura protettiva, ricordI la fata madrina di Cenerentola?. La Madrina d'Onore dovrebbe aiutare la sposa a vestirsi e prepararsi per il matrimonio (come accade oggi in molti casi), così come aiutare a realizzare la corona della sposa. Una ghirlanda di fiori ed erbe che era un’altra protezione progettata per allontanare gli spiriti maligni.

Ci sono prove storiche del ruolo di damigella d'onore nelle diverse culture e religioni del mondo addirittura anche prima del Medioevo, ma fu durante questo periodo che la pratica ha avuto più forza e si è istituzionalizzata in tutta Europa, trasferendosi più tardi al continente americano con la scoperta dell'America.

In Spagna le damigelle d'onore sono due o più giovani donne che accompagnano la sposa nel suo viaggio lungo la navata. Le damigelle accompagnano la sposa durante tutta la processione, da quando sale in macchina fino a quando si avvicina l'altare dove la aiutano in ogni momento con l’abito, velo e tutti gli altri elementi.

In altri paesi, le damigelle d'onore acquistano una più importante missione quindi aumentato il numero di ragazze. Le damigelle d'onore non solo hanno la missione di tenere ad occhio il vestito della sposa, ma anche per aiutarla a vestirsi, preparare e portare gli invitati nei suoi posti in chiesa e banchetto. Ad esempio, gli americani e latinoamericani sono circondati da un battaglione di damigelle che vestite uguale e in coppia con i cavalieri d’onore (bridesman) aprono la corte nuziale. La sposa sceglie diverse amiche e parenti stretti per essere le sue damigelle. Di solito sono giovani ragazze che hanno la responsabilità di aiutare la sposa nella preparazione delle nozze ed essere un punto d’appoggio in un giorno così importante per lei. Non esiste un numero minimo o massimo di damigelle d'onore, ma l'etichetta anglosassone calcola queste in base al numero d’ospiti, una damigella d'onore per ogni 50 persone. Eppure è la sposa che decide quante damigelle avrà.

Le damigelle d'onore sono esistiti in tutte le culture in tutto il mondo, incluso il Giappone, così lontano dai costumi del mondo occidentale. Qui, il matrimonio tradizionale è cosi: la sposa va a casa della famiglia dello sposo con il suo corteo nuziale. Una volta a casa dello sposo è custodita per due amiche d'infanzia che intercedono per la sposa. Queste madrine della sposa sono conosciute come Farfalle (chou).

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"Flower Girl" o Damigella: Il rito cristiano cattolico originario del Medio Evo chiamava “damigella d’onore” ad una ragazza sotto i 12 anni con legame di sangue diretto con la sposa, poi nel XIX secolo il termine è stato mutato e cambiato a "Damigella" per unificare il nome con quel dato ai bambini che aprivano la corte chiamati "Paggetti". Il rito è stato adattato in culture anglosassone ampliando la gamma di persone che hanno costituito la corte della sposa, così la figura di "damigella d'onore" per riferirsi ad un adulto che accompagna la sposa e "Flower Girl" o Damigella per riferirsi alla ragazza che apre la corte e porta i fiori.

Molte culture del mondo assegnato il ruolo di " damigella d'onore " un effetto superstizioso, tra cui la cultura cristiana, si è ritenuto che portano buona fortuna alla coppia sposata e simboleggia fertilità e prole. Di solito si deve nominare damigella una ragazza nella famiglia della sposa con grado diretto di consanguineità come richiesto dal rituale di nozze. Essa rappresenta l'unità dei coniugi e pertanto deve avere collegamento diretto con la futura moglie, senno si nomina un’altra ragazza parente lontana o semplicemente un bambino fuori della famiglia, ma per molte comunità, soprattutto indù è un cattivo presagio che la "damigella d’onore" non sia un parente con legami di sangue diretto. Questa convinzione è strettamente legata al rituale Chamaya pernikahan (Trucco del matrimonio) attraverso cui un bambino diventa una damigella d'onore, se non c'è una ragazza in famiglia, evitando così la sfortuna sulla coppia, mentre ricevono la benedizione del Bhagavathy - la dea indù della femminilità.

Cavalieri d’Onore: I ruoli dei cavalieri d'onore si sono completamente trasformati nel corso della storia. È interessante notare che in passato questi signori erano amici dello sposo che l’aiutavano nella gestione del rapimento della sposa per poi sposarla. Naturalmente, la famiglia della sposa si sono opposti, con scontri frequenti, in modo che il fidanzato aveva bisogno di protezione. Questi compagni erano dunque una sorta d’accompagnatori e padrini dello sposo. Ma questo era così nei tempi antichi, primitivi. Nei tempi moderni, i cavalieri d'onore hanno funzioni simili a quelle delle damigelle d'onore, dove damigella d'onore e cavaliere fanno coppia ma senza in realtà esserlo. I cavalieri d'onore sono scelti tra i fratelli e cugini delle parti o, in mancanza, gli amici dello sposo.

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Testimone: Con la caduta dell'Impero Romano, la pratica di firmare uno scritto per legalizzare il matrimonio stava scomparendo, allora si aveva il bisogno dei testimoni che potessero provare l'esistenza dell’unione. Cosi i cavalieri d'onore sono passati a testimoniare il matrimonio e sono diventati Groomsman/Best man o Testimone dello sposo.

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Campana porta Riso usata nei matrimoni Venezuelani

É consuetudine gettare una manciata di riso sugli sposi quando lasciano la chiesa o municipio. L’origine di questo gesto si trova nella regione asiatica dove il riso è un elemento essenziale della loro dieta e un segno di fertilità. Si lancia nella speranza che la coppia abbia dei figli. In Indonesia, ad esempio il lancio del riso serviva a trattenere l'anima dello sposo che altrimenti, subito dopo il rito, sarebbe fuggita via senza mai fare ritorno.

La credenza che questo rito abbia l’origine nella tradizione cinese la racconta un’antica leggenda che narra come il Genio Buono, alla vista dei contadini colpiti da una grave carestia, sia stato mosso a pietà e abbia chiesto loro di irrigare i campi con l’acqua del fiume in cui egli disperse i propri denti. L’acqua trasformò i denti in semi, da cui germogliarono migliaia di piante di riso, che sfamarono l’intera popolazione. Il riso da allora divenne simbolo d’abbondanza e prosperità e lanciarlo sugli sposi equivale ad augurare loro un futuro di felicità e soddisfazioni.

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C’è anche chi sostiene, invece, che l’usanza del lancio del riso abbia origini Romane. Si dice, infatti, che per tradizione nell’Antica Roma si lanciasse del grano sugli sposi (sempre come augurio di fertilità). Il “cambio di cereali” è avvenuto nel momento in cui il riso è diventato più reperibile del grano (avere del riso in casa è semplice…reperire del grano potrebbe essere un problema). Ma quest’ipotesi riguardo alla tradizione del lancio del riso sugli sposi sembra meno certa rispetto all’anteriore.

Altri raccontano che il lancio del riso o coriandoli sul corteo nuziale, nasce da un vecchio rito greco secondo il quale, per propiziare la fertilità, si facevano piovere sulla coppia dei dolci.

Nei matrimoni venezuelani, ad esempio, è abitudine appendere una campana con dentro del riso il quale è liberato al passo degli sposi generando una pioggia bianca. La tradizione del lancio del riso al giorno d'oggi è cambiata, però, il riso si colora e non è più bianco, per coloro che non amano particolarmente il riso, esso si rimpiazza con dei coriandoli o petali di fiori. Si usa anche (per divieto di lanciare il riso o petali davanti la chiesa o municipio) sostituire il riso con bolle di sapone, magari in flaconcini personalizzati col nome degli sposi.

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La parola confetto deriva dal latino confectum, participio passato di conficere, e significa preparato, confezionato. Nel Medioevo ci si riferiva con questo termine alle confetture o alla frutta secca ricoperta di miele, non al confetto così come lo conosciamo oggi. Ma quando sono nati i confetti? Collocare in un’epoca ben precisa la loro nascita quale prodotto dolciario è assai difficile. Sembra che il primo confetto, indirizzato a soli fini terapeutici (il preparato era ricoperto da un guscio dolce per renderlo più gradevole), sia stato inventato da

un tal arabo di nome Al Razi (ma non esistono documenti che consentono di datare esattamente quest’invenzione). Secondo alcuni storici, che si avvalgono di testimonianze delle famiglie dei Fabi (447 a.C.) e di Apicio (14-37 d.C.), gli antenati dei nostri confetti esistevano già in epoca romana per festeggiare nascite e matrimoni: erano allora realizzati con anime di mandorle, miele e farina. Bisogna ricordare, infatti, che fino al tardo 400 lo zucchero in Europa non esisteva. Solo in seguito alla scoperta delle Indie Occidentali divenne protagonista nella dolcificazione, relegando il miele ad un ruolo marginale. Contestualmente alla diffusione dei confetti tra le classi più abbienti, cambiò anche l’abitudine di chi li donava: non più gli invitati agli sposi, ma questi stessi ai loro ospiti. Di confetti si ha notizia a partire dal 1200 a Venezia, dove arrivavano dai mercati dall’estremo oriente. Era, infatti, in uso nell’impero bizantino gettare questi dolcetti dai balconi nobiliari, sul popolo festante durante i festeggiamenti carnasciali. Da qui l’origine del rivestimento duro, originariamente realizzato con miele indurito, che aveva lo scopo di migliorare la resistenza del confetto nell’impatto al suolo, preservandone l’integrità. Sempre al 1200 circa risale l’usanza di conservare i confetti in preziosi cofanetti, usanza che circa due secoli più tardi darà vita alla “bomboniera”. Il termine, infatti, deriva dal francese bon bon, ed indicava un piccolo e prezioso contenitore che donne e uomini nobili portavano con sé esibendolo con orgoglio. Era di gran moda, cesellato da abili orafi, quasi un’opera d’arte da ostentare. Era quindi un

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oggetto talmente importante che accompagnava lieti eventi come nascite, matrimoni e festeggiamenti. Intorno al 1400 ogni ricevimento di gala doveva prevedere su ciascun tavolo ricche coppe contenenti confetti. La fabbricazione dei confetti moderni in Italia ebbe inizio a Sulmona nel XV secolo. Alcune testimonianze si trovano presso l’archivio del Comune in documenti datati 1492 – 1493. Da allora questi dolci hanno avuto molti estimatori. Si narra che fossero molto apprezzati da Napoleone, Luigi XIV e dalla regina Elisabetta. La letteratura francese del XIV secolo cita confetti al sapore di rosa, muschio e violetta. In Italia, poeti e scrittori come Manzoni, Leopardi, Carducci, Verga, Pascoli e D’annunzio hanno citato i confetti come dolci che arricchiscono pranzi importanti e cerimonie solenni. La tradizione vuole che il confetto usato per il matrimonio sia bianco, ad indicare la purezza della sposa, e che ogni anniversario di matrimonio abbia il suo colore specifico. Occorre però aspettare il XIX secolo per trovare traccia dei confetti colorati, infatti, la loro prima apparizione risale circa al 1820. A quest’epoca dobbiamo la vera e propria diffusione dei confetti. Infatti, con l’introduzione della produzione industriale, divennero un oggetto meno costoso e prezioso, quindi accessibile a tutti. Un’altra indicazione che viene dalla tradizione riguarda il numero dei confetti: cinque in ogni confezione come i doni della vita che si augurano agli sposi: salute, fertilità, longevità, felicità, ricchezza. Il numero può variare, ma, per essere di buon auspicio, dovrebbe rimanere dispari come auspicio di fertilità per gli sposi, che dunque non restino a lungo “pari”. Inoltre essi simboleggiano rispettivamente: salute, ricchezza, felicità, lunga vita e fertilità. I confetti possono essere di vari colori e ciascun colore, quando è offerto durante un'occasione, è appropriato per la cerimonia che s’intende festeggiare.

Bianchi per matrimonio, prima comunione, cresima (gialli per il secondo matrimonio).

Azzurri o Rosa per il battesimo.

Verdi per fidanzamento.

Rossi per laurea o compleanni.

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Rosa per nozze di cotone (1. anniversario).

Fucsia per nozze di seta (5. anniversario).

Giallo per nozze di stagno (10. anniversario).

Beige per nozze di porcellana (15. anniversario).

Giallo sole per nozze di cristallo (20. anniversario).

Argento per nozze di argento (25. anniversario).

Acquamarina per nozze di perle (30. anniversario).

Blu per nozze di zaffiro (35. anniversario).

Verde per nozze di smeraldo (40. anniversario).

Rosso per nozze di rubino (45. anniversario).

Oro per nozze d'oro (50. anniversario).

Avorio per nozze d'avorio (55. anniversario).

Bianco per nozze di diamante (60. anniversario) o altre ricorrenze di nozze (bomboniera).

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Bomboniera con pupazzi fatti a mano dagli artigiani peruviani

La bomboniera per il matrimonio è nata nella Francia nel ‘700. Pare che le origini francesi di questa parola "bombonnière" risalgano al XVIII secolo, quando si diffuse l'usanza di farne dono come piccolo, prezioso contenitore di dolci: i bonbon, appunto. Eppure l'uso della scatoletta (o coppa in miniatura), ricolma di raffinate golosità, appartiene anche ai secoli precedenti. La sua funzione era augurale, talvolta assumeva valenze simboliche di portafortuna, in altri casi era dichiaratamente connessa all'evento nuziale. Altra fonte cita che i nobili francesi erano soliti portare ai matrimoni alcuni cofanetti dove venivano poi inseriti dolcetti e caramelle.

In Italia, ad esempio già nel XV secolo, in occasione del fidanzamento, i futuri sposi e le loro famiglie, si scambiavano preziosi cofanetti portaconfetti. Inoltre, il fidanzato usava donare una 'coppa amatoria' alla donna. Si trattava in genere di un piatto in ceramica che raccoglieva nella concavità centrale alcuni

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confetti nuziali tra i quali si poteva scorgere un volto femminile o l'effige di una coniglia gravida dipinti sulla superficie interna della coppa insieme al nome dell'amata. Talvolta il promesso sposo invitava la compagna a bere insieme a lui dalla coppa stessa in segno d’affettuosa complicità per il fine propiziatorio del dono con cui si esprimeva il desiderio di assicurarsi fecondità e prosperità per il futuro matrimoniale.

In Inghilterra invece, è noto quanto già nel XVI secolo fossero apprezzate le 'sweetmeat box' realizzate in materiali preziosi: argento dorato, talvolta oro con cristalli o pietre preziose. Per il capodanno del 1574, ad esempio, la Regina Elisabetta I ricevette in dono un certo numero di bomboniere come augurio per il nuovo anno. Inoltre, molte dame del seguito amavano degustare nella privacy delle loro stanze dolci confetti abitualmente conservati in scatolette gioiello.

Oggi la bomboniera per il matrimonio rappresenta un prezioso dono regalato agli invitati dagli sposi. Il dono serve a ricordare quel giorno di festa e viene donato direttamente dagli sposi a tutti coloro che hanno condiviso questo giorno di felicità con loro. Secondo la tradizione, il costo della bomboniera va sostenuto dalla sposa, anche se viene scelta da entrambi i fidanzati.

Solitamente, dopo il taglio della torta, gli sposi gireranno tra gli invitati e distribuiranno il dono, altrimenti il galateo impone che sia inviata venti giorni dopo il matrimonio.

La bomboniera è composta di tre elementi: i confetti (Vedere istoria dei confetti), un bigliettino con i nomi de battesimo degli sposi (prima quello di lei), e un oggetto regalo uguale per quasi tutti, già che teoricamente il galateo vuole che i testimoni e i parenti ricevano una bomboniera più preziosa.

La scelta della bomboniera dipende degli sposi. In tempi passati la bomboniera era un oggetto prezioso, generalmente en argento o cristallo, ai giorni nostri tutto è valido e il materiale non è più fondamentale, tutto dipende degli sposi. Posiamo trovare oggetti in cristallo, vetro Murano, argento, porcellana, ceramica, Swarovski, piccole botiglie di profumo firmati; anche vasi in terracotta, bottiglie di vino, candele, semi di piantine, piantine già cresciute, saponi, candelabri, cornici, orologi, prodotti d’agricoltura biologica (marmellata, miele) con etichette personalizzate. Va anche tanto di moda

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donare il budget destinato alle bomboniere ad associazioni benefiche ricevendo in cambio oggettini, bigliettini celebrativi o pergamene da consegnare agli invitati.

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Torta del matrimonio della Regina Isabel II con il Píncipe Felipe (1947)

Si dice che la torta nuziale è una tradizione che nacque nella Grecia. Le torte erano molto semplici, si fabbricavano a base di farina, orzo (simbolo della prosperità) e sale. Il risultato appariva in forma di un grosso pane. Ogni invitato doveva spezzare una fetta di questo pane sulla testa degli sposi per assicurare fertilità e felicità.

Invece, nella Roma antica si collocava il pane sulla testa della sposa ed era rotto su di essa come simbolo di fertilità. Gli ospiti, dopo di questo, raccoglievano le briciole giacché si riteneva che fosse un presagio di buona fortuna e poi li mangiavano.

Nell’Inghilterra, intorno al XVII secolo, gli ospiti del matrimonio, portavano piccole dolcetti e dovevano costruire una torre con tutti i panini. La leggenda assicurava che quanto più alta la torre, più felice sarebbe stato il matrimonio. Una volta terminata l’opera, gli sposi dovevano baciarsi sulla torta, prestando attenzione a non distruggerla. Riuscire nell’intento era garanzia di salute e felicità per tutta la vita. Si afferma che un francese ha visto quest’abitudine e ha deciso coprire la torre de dolcetti con la glassa facendo una spezie di torta unica.

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Ma solo nell’Ottocento nei paesi anglosassoni la torta nuziale assume l’aspetto odierno. In Italia fino alla prima metà del Novecento non aveva ancora avuto successo, infatti, i matrimoni terminavano con un semplice dessert. Ma è a partire dagli anni ’50 che l’uso della torta nuziale si diffonde diventando un elemento indispensabile per concludere al meglio il ricevimento nuziale.

In Inghilterra c’erano due usanza molto curiosa, che oggi si usano ancora. Una è quella di gettare per la finestra un piatto di torta, se il piatto si rompeva, significava che la sposa sarebbe felice con suo marito, il contrario significava un futuro incerto. D'altra parte, si metteva un anello all'interno della torta, l’invitato che lo trovava, aveva assicurato la felicità per un anno. La parte superiore della torta in genere viene mezza da parte per il battesimo del loro primo figlio o il primo anniversario.

La tradizione di mettere un anello dentro la torta la possiamo incontrare anche in Messico, Argentina, Paraguay e altri paesi latinoamericani, la chiamano "La tira de Cintas" (tirare il nastro), dove ogni giovane nubile prendeva un pezzo di nastro che usciva della torta sperando di tirare fuori l'anello che secondo la credenza popolare voleva dire essere "la prossima a sposarsi". Con il passo del tempo quest'abitudine è stata cambiata per altre usanze.

In alcuni paesi si crede che un pezzo di torta può trasmettere buona fortuna agli amici. Così gli ospiti viene dato un paio di fette da portare a casa, e inviano porzioni ai cari che non hanno potuto partecipare al banchetto.

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Questa volta voglio guardare ad un tempo lontano in cui gli indiani ancora non sapevano l’esistenza d’altre civiltà e loro a sua volta non erano a conoscenza degli indiani. Vediamo quindi com’era inteso il matrimonio nelle tre civiltà che abitavano nel Sud dell’America (Inca, Aztechi e Maya) prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo.

Illustrazione di Felipe Guamán Poma de Ayala (1615), cronista peruviano indiano dell'epoca coloniale.

Gli Inca: ("L'impero del Sole"): Era una piccola tribù d’origine incerta, si stabilirono nella Valle del Cuzco (Perù) poco prima del 1300. La vita degli Inca si sviluppava secondo le linee guida che tenevano in considerazione i momenti più importanti nella vita d’ogni essere umano. Era attribuita grande importanza al matrimonio, che assumeva un rango statale al momento che era legalizzato dai rappresentanti dell'Inca.

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Il matrimonio era molto diverso secondo la gerarchia sociale. Mentre gli uomini e le donne del popolo erano strettamente monogami, le classi privilegiate erano poligame. Gli Inca avevano una moglie principale e un numero variabile di concubine, la quantità di queste dipendeva de lo status sociale, gerarchia politica ed economica del marito, ma tutto controllato dallo Stato. Nel caso in cui il re concedesse una concubina ad un nobile, questa aveva un primato nella famiglia e in nessun caso poteva essere ripudiata.

Il re Inca si sposava con sua sorella maggiore, il suo sangue non poteva contaminarsi mescolandola con quella d’altre famiglie. Tuttavia, aveva il privilegio di avere varie concubine, ma solo un bambino nato dalla sorella poteva essere il suo erede. Il matrimonio reale era celebrato nel Tempio del Sole.

In materia d’istruzione dei figli, si dava particolare importanza all’educazione sessuale che era fornita da vedove esperte, in questo modo, i maschi acquistavano tutte le conoscenze necessarie per il matrimonio.

Il vincolo matrimoniale per gli Inca era una questione di stato, un atto amministrativo e non necessariamente religioso. Il matrimonio era lo stato normale del maschio adulto includendo i sacerdoti. Gli unici a non sposarsi erano gli asceti o eremiti e i gigolò dei tempi.

L'età per il matrimonio era compresa tra i 15 ei 20 anni per gli uomini e un po’ meno per le donne. L'interesse principale per un’unione consisteva nel fatto che la coppia appena formata riceveva dallo stato la sua parcella di terreno, semi e tutti gli elementi necessari per iniziare a produrre e dare i contributi. Inoltre, l'aumento del numero di persone era strategicamente importante per uno stato in piena espansione.

Le unioni si realizzavano con una cerimonia pubblica e con certa solennità. Lo sposo riceveva la sposa dalle mani del monarca Inca o un suo rappresentante, solo cosi diventava un atto legale. Lo stato stabiliva date specifiche ogni 1 o 2 anni. Andavano tutti nella piazza principale d’ogni capoluogo di provincia, dove formavano file separate in base al sesso, rango e parentela, per essere abbinati e sposati dall’Inca. Si doveva cogliere l'occasione di sposarsi. Gli anziani davano lezioni ai novelli sposi, mentre gli ospiti mangiavano e bevevano birra fino ad ubriacarsi.

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Le mogli dei monarchi o kuraka uscivano dalle akllahuasis (case delle scelte) e si procuravano i matrimoni tra parenti. Queste donne le chiamavano "Akllas" ed erano scelte per essere distribuite dai magistrati Inca come mogli o concubine, dovevano essere tra i 13 ei 15 anni d’età. Le altre donne non sposate rimanevano come "deposito" o "riserva" fino a quando l'Inca decideva a chi le consegnava. La gerarchia degli Inca era direttamente proporzionale al numero di donne che avevano, questo era un simbolo di potere. Ogni donna che possedevano era accompagnata con i terreni necessari per mantenere la famiglia e pagare le tasse.

Una curiosa forma di matrimonio era i matrimoni infantile effettuati tra i figli dei kuraka, la cui età variava da 5 a 9 anni. Tutte le cerimonie si svolgevano come si fossero adulti, ma la coppia continuava a vivere con i genitori fino alla prima mestruazione della donna e i riti della pubertà dell'uomo, fatto che permetteva consumare il matrimonio e cominciare a vivere formalmente e pagare le tasse allo Stato.

Un'altra variante del matrimonio governato dallo Stato era quella effettuata tra disabili, cosi si sposavano tra cechi, storpi, malformati, e così via. L'Inca dava loro casa, terreni, pascoli, e nelle cita formavano dei suburbi con loro. I lavori loro assegnati erano coerente con le proprie capacità e limiti, ma non erano esenti dalle tasse. C'era un proverbio Inca che diceva "sposati con il tuo uguale". Esisteva anche l'usanza che continua ancora oggi nel nord-ovest dell'Argentina ed è il matrimonio o unione di prova (servinacuy), dove la coppia conviveva per un tempo e se si aveva una buon’intesa tra i due potevano sposarsi legalmente, in caso contrario si separavano, di questa convivenza potevano nascere dei figli, ma questo fatto non è stato e non è condannato dalla società.

La verginità non fu mai apprezzata, in questo senso il cronista Bernabé Cobo (autore di: Storia del Nuovo Mondo, 1653) sostiene che "la verginità era vista come un handicap per le donne, l'indiano considerava che erano vergini solo coloro che non erano riuscite a farsi amare da nessuno". Altri scrittori citano esempi pittoreschi su di esso, come per esempio, si racconta dell’indiano che si oppone al matrimonio della sorella con un corteggiatore onorevole, sostenendo che i giovani non avevano avuto rapporti sessuali. Inoltre un marito litigando con la moglie, le rimproverava di non aver avuto amanti prima del matrimonio.

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Gli Aztechi ("Il Serpente Piumato"): Gli Aztechi o messica vissero nel Messico centrale e meridionale attuale dal secolo XIV al XVI.

Un giovane non poteva sposarsi prima di aver terminato gli studi, questo di

solito accadeva quando otteneva il certificato finale da parte degli insegnanti nel calmécac o telpochcalli. Per ottenere questo certificato, i genitori del giovane organizzavano un banchetto in onore degli insegnanti del ragazzo. A partir di allora, le famiglie erano libere per organizzare il matrimonio. Non era l'amore a

spingere l'unione, se non la loro condizione sociale ed economica.

Il matrimonio, come tutti gli atti rituali degli Aztechi, seguiva consolidati canoni. L'età indicata per l’uomo era tra 20 e 22 anni, e per le donne tra 17 e 18. Prima del matrimonio, un sacerdote era consultato per decidere se il destino della coppia era armonioso. Come accennato in precedenza, chi organizzava il matrimonio erano i genitori. Quelli del fidanzato sollecitavano la ragazza. Il primo tentativo dovrebbe sempre avere una risposta negativa, come atteggiamento di gran dignità, la seconda risposta era rinviata fino a consultare la volontà della sposa. Già ottenuto il consenso si dichiarava il giorno delle nozze, e quando arrivava la sposa era condotta con gran pompa, tra musica e gioia, alla casa dello sposo. Accompagnato dai suoi genitori, lo sposo giunse alla porta per incontrare la sua futura moglie con un turibolo in mano e circondato da persone che portavano torce. Dopo la mutua incensazione, lui prendeva la sposa per mano e la conduceva nella stanza in modo che si effettuasse il matrimonio.

Gli sposi si sedevano su un tappetino nuovo, ricamato con amore, preparato in anticipo vicino al fuoco. Dopo iniziava l'essenza della cerimonia: il sacerdote

"El nudo TILMANTLI"

(matrimonio Azteca),illustración del Código Mendocino , 1540)

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legava i vestiti degli sposi, e questi, tenendosi per mano, giravano sette volte intorno al fuoco bruciando incenso, elevando emozionate preghiere agli dei e facendosi regali. Poi arrivava la festa e la coppia si alimentava mutuamente seduti sul tappeto al centro della stanza. Gli ospiti s’installavano intorno a distanza, dopo potevano andare a ballare al patio quando il pulque (bevanda alcolica) aveva già fatto il suo effetto esilarante.

La coppia rimaneva in sala quattro giorni, dedicata alla penitenza, al digiuno e la preghiera agli dei. I sacerdoti preparavano i letti. Quello dello sposo era ornato di piume e quello della sposa con una pietra preziosa. La festa si concludeva con i regali per gli ospiti. Forse un rito così bello dovrebbe essere unico nella vita, ma tra gli Aztechi, soprattutto i nobili, era permessa la poligamia.

I Maya: ("Gli osservatori del Cielo"): La civiltà Maya abitava su una vasta regione conosciuta come Mesoamerica, il territorio oggi compreso da cinque stati del sud-est del Messico, che sono: Campeche, Chiapas, Quintana Roo, Tabasco e Yucatán, e nell’America Centrale, nei territori attuali del Belize, Guatemala, Honduras ed El Salvador, con una storia di circa 3.000 anni.

In questa civiltà erano i genitori ad interessarsi a trovare donna al figlio, scegliendo per i loro figli ragazze della stessa classe sociale e dello stesso paese. Inoltre, si riteneva meschino l’uomo che cerca compagna per se stesso o per i suoi figli, invece di chiedere i servizi di un sensale professionale chiamato "ah atanzah". Dopo aver scelto il sensale, si parlava della cerimonia e si fissava l'importo della dote. Questa consisteva, solitamente, in abbigliamento e altri articoli di poco valore, che erano pagati dal padre della fidanzata al padre dello sposo, da un altra parte, la madre dello sposo prepara i vestiti di suo figlio e sua futura nuora.

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Tutto questo è stato descritto dal Dr. Silvano G. Morley, un eminente studioso archeologo americano Maya nel suo libro "La civiltà Maya", che forse sia uno dei documenti storici più autorevole su questa civiltà. Lo studioso americano racconta anche, che il giorno della cerimonia, si trovavano tutti a casa del padre della sposa, dove il sacerdote pronunciava un discorso con i dettagli del patto coniugale, poi profumava la casa, diceva le sue preghiere e benediva la coppia. La cerimonia concludeva con un pasto che era offerto al pubblico. Da allora, il figlio rimaneva nella casa dei genitori della moglie, a lavorare per loro per sei o sette anni. Invece alla suocera apparteneva il compito di stare al pendente che sua figlia dessi cibi e bevande al giovane marito, come segno di riconoscimento del matrimonio. Tuttavia, se il giovane smetteva di lavorare durante il tempo concordato, potevano spingergli fuori di casa rimanendo in pratica divorziati. Anche se i Maya erano monogami, il divorzio tra loro era cosa molto semplice è accadeva di frequente. C’erano uomini che si sposavano 10 e 12 volte, e della stessa libertà godevano le donne per lasciare i loro mariti e prendere un altro. Fonti: http://www.antropologico.gov.ar http://mx.selecciones.com) http://yucatantoday.com/es) Traduzione dallo spagnolo K.S.R

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Mi ricordo che quando frequentavo i matrimoni da piccola, in un certo momento del rito si sentiva una sorta di tintinnio magico... era quando gli sposi scambiavano le monete. Oggi sono pochi i fidanzati che scelgono di continuare questa tradizione, tuttavia non cessa di essere un costume simbolico e pieno di significato.

Alcuni paesi dell'America Latina come Messico, Colombia, Venezuela e molti altri hanno ereditato quest’abitudine dalla Spagna. In realtà, questa pratica viene da tempo immemorabile. La tradizione dell'arra è nata in Oriente ed è raccolta dai Romani al fine di rafforzare l'accordo raggiunto tra i coniugi, era chiamata l'arra sponsalicia. È stabilita in Spagna con il Diritto Germanico-Visigoto e con il sostegno della Chiesa. Prima dell'introduzione degli anelli nella celebrazione dei matrimoni spagnoli, per il rito romano, esisteva solo l'arra come segno di scambio delle promesse. Nell’antica Spagna l'arra era adatta alla condizione della moglie, secondo era questa villana o contadina. La prima poteva ricevere come arra tre dei migliori possedimenti del marito, mentre alla contadina le era dato un campo per la semina e un cafisso di seme.. (Il cafisso designava una misura di capacità per cereali secchi, legumi, noci e altri; che è stato usato in Spagna e aveva la particolarità di che variava a seconda delle regioni). Fu verso il Medioevo che l'arra è stata sostituita dagli anelli rimanendo una scelta nel rituale. Ma che cosa è l'arra?, è composta da 12 monete “reali" d'oro o d'argento e una di bronzo o materiali meno nobili (alcuni usano tutte le monete dello stesso materiale). Le 13 monete ripresentano nel rito mozarabico, i beni ripartiti entro dodici mesi dell’anno e una in più da condividere con i poveri, inoltre rappresenta anche il numero della fortuna. La Chiesa cattolica, nella Spagna e

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altri paesi, adottò questa pratica e usa 13 monete a simboleggiare i beni che la nuova coppia condividerà.

Queste monete sono passate attraverso vari significati oltre al suddetto, un tempo rappresentavano una dote, in un altro un dono in segno d’apprezzamento della verginità della moglie, oggi l'arra significa, nel rituale religioso, piuttosto che la chiamata alla prosperità e buona fortuna, l'impegno della coppia ante Dio, di sforzarsi per rendere più prolifici i beni materiali e di lottare per che nulla manchi nella famiglia

che cominciano a formare; vale a dire un segno di reciproca assistenza tra gli sposi. Le monete che formano l'arra possono essere di diverso tipo, le più costose sono immerse in platino, oro o argento e spesso hanno un cuore di rame. Ci sono anche quelle più economiche, sono realizzate in nichel e hanno un secondo placcato in oro o argento secondo la preferenza della coppia. Possono essere stampate con i più diversi motivi; con rispetto alle loro dimensioni, tendono ad essere tra 1,5 cm e 3 cm di diametro, anche se non ci sono misure standard.

L’usanza vuole che l'arra sia pagata dallo sposo, ma in alcuni paesi è tradizione che siano i testimoni a regalarla o prestarla se sì da il caso. In altri casi è ereditata dai genitori ai figli diventando una tradizione. Le monete sono conservate curatamene dentro un vassoio poggiato su un piccolo cuscino bianco. A volte tende ad essere portata all'altare da uno dei paggetti che accompagnano gli sposi, ma sono i testimoni coloro che hanno il compito di

portare l'arra alla chiesa e consegnarla al parroco quando lo richieda.

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Il rituale inizia quando uno dei testimoni passa al sacerdote le monete, il prete le benedice e le consegna allo sposo, esso le passa alla sposa e lei le passa al suo fidanzato di nuovo. Il rito sarà più o meno come segue: *Sacerdote: "Benedici, Signore, quest’arra, che “nome della sposa e dello sposo” si consegnano, e versa su di loro l'abbondanza dei tuoi beni". *Sposo: (prende l'arra e la consegna alla sposa, dicendo: "nome della sposa”, “riceve quest'arra in pegno della benedizione di Dio e segno dei beni che condivideremo". *Sposa: (riconsegna l'arra ricevute allo sposo, dicendo: ”nome dello sposo”, “riceve quest'arra in pegno della benedizione di Dio e segno dei beni che condivideremo”.

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Preparare il corredo per la futura sposa è una tradizione che, negli ultimi tempi, si è andata perdendo. Ma un po' d’anni fa, rappresentava un elemento fondamentale per il matrimonio, era quasi tanto importante come il matrimonio stesso. Tradizionalmente, era la sposa che portava il corredo, si trattava di biancheria intima, biancheria per la casa (lenzuola, tovaglie, tovaglioli) e uno o più abiti, secondo la ricchezza della famiglia. Anche se nella tradizione ebraica è sempre l’uomo che porta con sé il corredo di biancheria da casa e da letto, mentre alla sposa resta in ogni modo quello di biancheria personale. Il corredo era preparato dai genitori per ogni figlia femmina, sin da bambina, a prescindere dalla classe sociale (spesso era necessaria tutta una stanza per contenere tutto il corredo preparato per le femmine da maritare). Il corredo, oltre ad essere un obbligo per la sposa, era l’elemento fondamentale per presentarsi bene ai nuovi parenti e a tutta la comunità. In realtà formava parte della “dote”, e molti anni fa, quando una ragazza di famiglia ricca si sposava, per trasportare tutto il corredo erano necessarie più carrozze ed una casa bella grande per riporlo, quella era la ricchezza della sposa. La presenza o meno di un ricco corredo non era soltanto un fatto individuale e, ovviamente, di prestigio della famiglia (il corredo era esibito pubblicamente prima del matrimonio), ma era vissuto dalla collettività come garanzia sociale, in quanto

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definizione dello status “maritabile” di un elemento della società e quindi, perpetuazione dell’ordine e della stabilità sociali. La consistenza e il numero dei capi dello stesso genere, presenti nel corredo, varia molto nel tempo. Nel 1466 il corredo di Nannina de’ Medici, sorella di Lorenzo il Magnifico, sposata con Bernardo Rucellai, e giudicato allora “ricchissimo”, conteneva una diecina di vesti da giorno, una sola camicia di tela bianca di “renza” (tela pregiata di sottile lino bianco, di Reims), quattro paia di guanti, otto di calze e un ventaglio ricamato, oltre a cuffie e cappelli. Un corredo storico, per la sua opulenza e splendore è quello allestito per Lucrezia Borgia, sposata nel 1502 con il futuro duca di Ferrara, e il cui elenco è custodito presso l’Archivio di Stato di Modena. Un altro corredo passato alla storia e quello veneziano della sposa Priuli Tiepolo del 1788, con 134 camicie (più 30 da notte). Anche quello della imperatrice Maria Luisa d'Austria (sposata per motivi politici con Napoleone I nel 1810) era costituito da 48 paia di scarpe, cappotti diversi e una quantità impressionante di scialli, cappelli, abiti, camicie e fazzoletti, un vero e proprio tripudio di pizzi, ricami, chiffon, velluto, l'ermellino. Ovviamente i corredi principeschi e reali hanno la loro maggiore consistenza negli abiti cosiddetti di rappresentanza della donna, normalmente dotati di finiture preziose, gioielli e accessori ad altissimo livello. Corredi principeschi a parte, un tempo la lunga preparazione del corredo avveniva all’interno delle mura domestiche, con l’eccezione d’alcuni capi molto pregiati (per la presenza di ricami e merletti), la cui confezionatura era caratteristica, in genere, d’ambienti “specializzati”, come i conventi femminili. In alcuni paesi, si cominciava a preoccuparsene già dal primo anno di vita della bambina per avere il tempo di eseguire con cura i particolari più minuziosi e poter ammortizzare negli anni le spese dell'esecuzione. Erano le madri, le nonne, le zie, che iniziano a scegliere accuratamente la biancheria. D'altra parte, le cose da preparare erano tante. Si prevedeva un baule di legno,

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possibilmente lavorato, sostituito in certe regioni da una caratteristica cassapanca, contenente il corredo per la casa e il corredo personale. I materiali più usati erano l'organza, il puro lino, la seta, il cottone, decorati dal gioco del bianco su bianco in prezioso bisso di fiandra, o con intarsi o ricami, orlati a mano e impreziositi dall’iniziale di lei sapientemente intrecciata, eventualmente, a quella di lui. La biancheria si componeva così di 8, 12, 16, 18, 20, 24 ed anche 30 capi di biancheria, rigorosamente sempre in numero pare.

Le donne di Peñaflor (Sevilla, Spagna) ricamando le diverse parti del corredo

Foto: http://lamemoriadelcuco.blogspot.com

Nei tempi delle nostre bisnonne, le donne della provincia, completato il lavoro dei campi e le faccende domestiche si riunivano nel pomeriggio. Le signore più esperte insegnavano le più piccole a ricamare e passavano ore sedute, parlando delle sue cose, mentre l'ago scorreva attraverso il tessuto. La preparazione del corredo era lenta, il ricamo era tutto a mano, punto per punto. Ma si approfittava questo momento anche per socializzare. Un corredo perfetto, secondo il galateo, includeva: Per il letto matrimoniale

Da 2 a 12 paia di lenzuola di lino Da 4 a 6 paia di lenzuola di misto lino Da 2 a 6 traverse di misto lino Da 4 a 24 federe di lino Da 8 a 12 federe di misto lino

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Da 2 a 4 coperte di misto lino Da 2 a 4 coperte di lana Da 1 a 2 coperte imbottite di piuma o lana Per letto singolo

Da 4 a 12 paia di lenzuola di misto lino Da 2 a 6 traverse di misto lino Da 2 a 6 federe di misto lino Da 2 a 6 coperte di lana Da 1 a 3 plaid di lana Da 1 a 2 coperte imbottite di piuma o lana Per il bagno

Da 12 a 18 asciugamani di lino Da 6 a 12 asciugamani di spugna Da 6 a 24 asciugamani ospiti di lino Da 4 a 12 lenzuola da bagno di misto lino o spugna Da 2 a 8 tappetini da bagno 12 asciugamani di misto lino Per la cucina

Da 4 a 12 asciugamani di misto lino Da 4 a 18 asciuga bicchieri di lino Da 6 a 18 asciuga piatti di misto lino Da 6 a 18 asciuga pentole di canapa Da 6 a 12 strofinacci da cucina Da 6 a 12 strofinacci da polvere Da 6 a 12 strofinacci per pavimenti Per la tavola

Da 1 a 4 servizi per 6 bianchi di lino Da 2 a 4 servizi per 6 colorati di misto lino Da 1 a 2 servizi per 12 bianchi di lino damascati o ricamati Da 1 a 4 servizi per 12 colorati di misto lino Da 2 a 6 servizi per carrello di lino Da 1 a 2 tovagliette da the di lino Da 1 a 2 tovagliette da the di misto lino

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Inoltre, va aggiunto anche il corredo personale della sposa che, oltre un ragionevole numero d’abiti nuovi, estivi ed invernali, includeva: 6 camicie da notte 4 sottovesti rosa o bianche 2 sottovesti nere 1 sottogonna bianca o rosa 1 sottogonna nera 6 reggiseni 2 o 3 reggiseni da sera 12 paia di slip 1 veste da camera di lana 1 veste da camera estiva 1 giacca da letto in seta 12 paia di calze 2 o 3 bustier Questa tradizione è continuata fino alla prima metà del XX secolo. Con il passare del tempo, il corredo ha finito per assottigliarsi, e poi per perdere la sua caratteristica di funzione sociale. Alla fine del ‘800 l'usanza di esporre il corredo divenne meno apprezzata, ed è stato in realtà considerata di cattivo gusto. Nel 1891, una rivista di moda negli stati uniti ha annunciato: "l’abitudine di esibire il corredo e i doni inviati dallo sposo, dai parenti e amici alla sposa è completamente caduta in disuso tra le persone raffinate". Alla fine del secolo, l'attenzione si è spostata dai vestiti stravaganti alla biancheria intima. La tendenza era quella di accumulare sufficiente che durassero alla sposa per il resto della sua vita.

Il corredo, attualmente, anche se in alcune culture come quella indiana è ancora una parte importante del matrimonio, è uno specchio dei tempi: le coppie trovano quello di cui hanno bisogno per vivere tra i due, entrambi lavorano, la biancheria si compra, si acquistano capi facilmente lavabili per poterli utilizzare in tutte le circostanze, le case sono più piccoli e non c'è spazio per conservare tanti capi. La

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maggior parte delle donne non crescono apprendendo le abilità di cucito, che erano così importanti nelle generazioni precedenti, una volta c’era anche maggiore attaccamento alle tradizioni, così il corredo per la casa si acquista quando l’immobile è pronto, in modo da sceglierlo in accordo con gli arredi. Si è passato dalla grande diffusione del corredo in bianco (dall’ultimo quarto del ‘700) alla diffusione di ditte specializzate, che propongono tanto di cataloghi e preventivi per corredi della più diversa portata. Il cambio culturale porta con se un concetto moderno di "corredo": si trasforma in una serie di capi pratici, qualitativamente buoni, coordinati tra loro e con il resto dell'ambiente che dovranno contribuire ad arredare. Per quanto riguarda agli indumenti intimi e vestiti, sono influenzati dai dettami della moda e del consumismo in generale.

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Qualcosa Blu, immagine by Oscar de la Renta:

http://oscarprgirl.tumblr.com

L'origine di questa tradizione inglese è molto antica e si basa su una frase che risale all'epoca vittoriana:

Something old, something new. Something borrowed, something blue. And a silver sixpence in your shoe.

Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo. Qualcosa di prestato, qualcosa di blu.

E una moneta da sei pence nella scarpa.

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La rima è stata rispettata per decenni dalle spose di tutte le parti, facendo il giro di tutto il mondo. Ci sono prove stampate in un'edizione del 1894 di un giornale di New York come già era diventata un'abitudine. Nessuna sposa, per gioco o per convinzioni, arriva all'altare senza rispettare questa tradizione, procurando questi cinque simboli pieni di magia e superstizione, alcuni sono stati imposti anche dalla moda o la tendenza. Un'altra usanza curiosa è stata il divieto di regalare perle alla sposa poiché una perla simboleggiava una lacrima, e quindi supponeva che regalare perle in occasione di un matrimonio, o addirittura farle vedere durante la cerimonia attirava la disgrazia e il pianto sui contraenti. D'altra parte, i diamanti erano considerati fonti di buona fortuna, quindi regalarli era qualcosa di molto appropriato. Ma cosa significano? Qualcosa di Nuovo: simboleggia l'ottimismo e la speranza per il futuro. Rappresenta fortuna ed esito per la futura vita coniugale. Alcune idee:

• Acquistare un nuovo rossetto (la sposa deve portarlo il gran giorno). • Un nuovo profumo per la sposa.

• Acquistare un gioiello per l'uso nel giorno del matrimonio, come un bracciale, orecchini, una collana.

• Collant di seta. • Costumi intimi. • L'abito da sposa o scarpe nuove. • Acquistare un ombrello, se piove o c’è tanto sole. • Una nuova auto per trasportare la sposa il giorno delle nozze.

Qualcosa di vecchio: simboleggia che i legami familiari e quello con gli amici non si rompono, ma solo si trasformano per adattarsi ad una nuova vita comune. Il legame con il passato che è lasciato alle spalle. L'idea è di ottenere un accessorio che sia stato usato da qualcuno felice in famiglia, un oggetto d’eredità, o un pezzo sentimentale che rappresenta il passato della sposa. Può essere un gioiello di famiglia o di un elemento come il velo della sposa, che per tradizione familiare viene trasmesso da madre a figlia. Se l’obbietto vecchio è stato anche prestato per l'occasione, svolgerà un

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duplice ruolo all'interno della tradizione. Altre idee per il giorno del matrimonio:

• L'uso di un’auto d'epoca per il trasporto della sposa. • Decorare con nastro di seta d'epoca il bouquet della sposa o l'abito da sposa.

• Usare un vecchio segnalibro per contrassegnare le letture della cerimonia.

• Per il cuscinetto degli anelli, usare un cuscino utilizzato durante l'infanzia.

• Un fazzoletto con il monogramma di un parente. • Un ciondolo con le foto dei loro genitori o nonni. • Alcun gioiello lasciato in eredità come un anello di fidanzamento o fede nuziale, una spilla, orecchini, bracciale, collana o forcine.

• Una vecchia spilla per cappello nel bouquet della sposa. • Cucire un bottone di un vecchio vestito all'interno del vestito da sposa. • La tiara, o il velo. • Guanti Vintage bianchi. • Alcuni pezzi di tessuto del vestito da sposa della madre o la nonna e cucirlo dentro del vestito dalla sposa.

Qualcosa di blu: Questa usanza nasce nell'antico Israele, dove le spose indossavano una banda blu a simboleggiare la purezza, l’amore e fedeltà. Oggi, la pratica si è limitata ad indossare qualcosa di blu, ma significa ancora fedeltà ed amore duraturo. Ci sono molti modi per integrare il colore blu il giorno del matrimonio. Potrebbe essere, ad esempio, il tema “Blue", è una bell’occasione per le spose che amano questo colore, così prendono il colore blu come uno dei colori delle nozze. Altre idee:

• Confetti blu • Una giarrettiera blu • Decorare con palloncini blu la reception • Fare indossare allo sposo un abito blu • Indossare un vestito da sposa blu o una striscia blu sul vestito • Nastri blu o fiori blu nel bouquet della sposa • Dipingere le unghie con lo smalto blu • Mettere mirtilli come centrotavola • Applicare ombretto blue

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• Utilizzare scarpe blu • Indossare uno zaffiro, opale, o gioielli colore acqua marina • Indossare un diadema con pietre blu • Costume intimi Blu • Un mazzo di fiori blu • Una sciarpa blu • Una penna blu per la firma del certificato di matrimonio

Qualcosa di prestato: rappresenta la convinzione che la felicità può essere attratta utilizzando qualcosa preso in prestito da qualcuno che è felicemente sposato. Oggi, è un simbolo d’amicizia da parte della persona che presta l’obbietto. L’articolo prestato può essere qualcosa di rilevante o rappresentativo per la persona che presta. L’obbietto in prestito deve essere restituito al proprietario, una nota di ringraziamento è sempre apprezzata e appropriata quando l'elemento preso in prestito viene restituito. Alcune idee:

• Una collana, orecchini, bracciale • L'abito da sposa prestato dalla madre, un’amica, una delle nonne o anche una bisnonna.

• Ornamenti per capelli • Una stola di pelliccia per un matrimonio invernale • Gioielli in prestito

E una moneta nella scarpa: come simbolo di prosperità e sicurezza economica per la nuova famiglia nel cammino che s’inizia. La moneta è tradizionalmente collocata dentro la scarpa sinistra della sposa, ma può anche essere cucita nell’orlo o il rivestimento del vestito. E i Matrimonio Reali?

Curiosamente, il vestito da sposa della principessa Diana ha riunito tutte le esigenze della rima tradizionale, "Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato, qualcosa di blu". Il "qualcosa di vecchio", un pezzo di pizzo della regina Maria I d'Inghilterra (regina d'Inghilterra e Irlanda dal 1553). Il "qualcosa di nuovo" era la seta. Il "qualcosa di prestato" era il

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diamante della famiglia Spencer che è stato incorporato nella tiara che portava Diana. La tiara era della decade del 1730 e fu ristrutturata nel ventesimo secolo. "qualcosa di blu" era invisibile. Era un ferro di cavallo d'oro attaccato all'interno del vestito con un nastro azzurro.

Anche la principessa Letizia di Spagna ha rispettato questa tradizione, "Qualcosa di vecchio" un ventaglio di fine dell’Ottocento, montato all’inglese, con stecche di madreperla e merletti ispirati nei modelli veneziani del XVII secolo, restaurato per l'occasione e appartenuto all’Infanta Isabel de Bourbon. "Qualcosa di nuovo" senza dubbio, l'abito da sposa. "Qualcosa di prestato" la diadema, la stessa che portava la regina Sofia nel suo matrimonio. "Qualcosa di blu" un piccolo fiocco nascosto nello strascico dell’abito.

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Anche Kate Middleton, come ogni sposa, ha compiuto con la tradizione: "Qualcosa di vecchio", l'abito da sposa ricamato con una tecnica tradizionale di merletto artigianale Carrickmacross che risale al 1800. "Qualcosa di nuovo", i suoi genitori le hanno regalato un paio d’orecchini di diamanti, con una foglia di quercia e un diamante al centro. "Qualcosa di prestato" la diadema in prestito dalla Regina Elisabetta II, è di Cartier 'Halo' del 1936. " Qualcosa di blu" non si vedeva, ma Kate Middleton aveva cucito un nastro blu dentro il suo vestito.