Introduzione teologico-storica alla liturgia

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  • 7/28/2019 Introduzione teologico-storica alla liturgia

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    CORSI DI LITURGIA

    e

    TEOLOGIA SACRAMENTARIA

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    INTRODUZIONE

    TEOLOGICO - STORICA

    ALLA LITURGIA

    Dispense scolastiche a curadel prof. MAGNOLI don CLAUDIO

    Milano FTIS / ISSR2012

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    PREMESSE

    METODOLOGICHE

    Ritengo opportuno iniziare con alcune premesse di carattere metodologico, che ci

    aiutino a inquadrare il senso e lo scopo della disciplina sacra liturgia, come viene de-nominata nel piano di studi per gli studentati e le facolt teologiche1.

    1. Lo studio della liturgia nelle indicazioni del Magistero

    Al Concilio di Trento, le indicazioni per la formazione dei futuri pastori riguardantila liturgia si limitano a chiedere una certa formazione pratica. Cos la liturgia divennesostanzialmente una scientia rubricarum e, per lungo tempo, non ci si pose il problemadi un suo organico inserimento nel programma degli studi teologici.

    1.1. La Deus scientiarum Dominus

    Con la Costituzione Deus Scientiarum Dominus (1931) di papa Pio XI lo studiodella liturgia fu reso obbligatorio nel curricolo degli studi teologici, bench soltantocome disciplina ausiliare accanto allarcheologia cristiana. Essa conservava la suaqualifica di scienza delle rubriche, ma si sviluppava sempre di pi come disciplina stori-ca. Le diverse componenti della liturgia cristiana dovevano essere studiate nella lorogenesi e nel loro sviluppo storico, avvalendosi di tutti gli strumenti della scienza storicae in particolare delle antiche fonti liturgiche, che erano state riscoperte e si andavano

    pubblicando.

    1.2. Sacrosanctum Concilium (= SC) 16

    La riscoperta della liturgia come fatto primariamente teologico (la sacra liturgia pertanto il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre come capo della Chie-

    sa, il culto che la societ dei fedeli rende al suo Capo e, per mezzo di Lui, all eterno

    Padre), promossa da papa Pio XII nellenciclicaMediator Dei (1947) a seguito delleriflessioni maturate nellambito del Movimento liturgico, apriva la strada anche al ri-

    pensamento dello studio (e dellinsegnamento) della sacra liturgia e alla ridefinizionedella sua collocazione allinterno del complesso degli studi teologici.

    La semina compiuta dal Movimento liturgico e da papa Pio XII giunse a matura-zione nel Concilio Vaticano II (1962-1965). La costituzione sulla sacra liturgia2 trattesplicitamente dellinsegnamento della liturgia nei seminari, negli studentati e nelle fa-colt teologiche al n. 16, subito dopo aver indagato sulla natura (teologica) della sacraliturgia e sulla sua importanza per la vita della Chiesa. Tre i dati da rilevare: - ungiudizio di merito sulla disciplina liturgica; - unindicazione generale sulla metodologia

    1 Cf BONACCORSO GIORGIO, Introduzione allo studio della liturgia = Caro Salutis Cardo. Sussidi 1,Messaggero, Padova 1990, pp. 40-43.

    2

    Per una prima introduzione: DONGHI ANTONIO, Costituzione conciliare sulla sacra liturgia Sacro-sanctum Concilium, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1986, pp. 144.

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    di insegnamento; - unindicazione di raccordo tra la disciplina liturgica e le altre disci-pline teologiche.

    Giudizio di merito

    Nei seminari e negli studentati religiosi la sacra liturgia va computata tra lematerie necessarie e pi importanti; nelle facolt teologiche tra le materie

    principali.

    Veniva superata la qualifica di disciplina ausiliare, anche se obbligatoria, in usodallaDeus Scientiarum Dominus (1931), per accedere alla nuova qualifica di disciplinanecessaria o principale. Non era data la ragione precisa di questa promozione del-la liturgia allinterno degli studi teologici, ma sicuramente essa conseguiva al recuperodella sua natura teologica, messa in evidenza dai numeri precedenti (SC, nn. 5-13).

    Metodologia d insegnamento

    La liturgia va insegnata sia sotto l aspetto teologico e storico sia sotto

    l aspetto spirituale, pastorale, giuridico.

    Laffermazione era importante per diversi motivi. Veniva anzitutto riconosciuta lacaratteristica interdisciplinare dello studio liturgico. In secondo luogo viene proposto unribaltamento di prospettiva. Laspetto giuridico - cerimoniale, che pure non pu esseredisatteso nel complesso degli studi liturgici, era posposto a quello teologico - storico -spirituale - pastorale, dichiarando cos quasi un ordine di importanza e di precedenza.

    Raccordo interdisciplinare

    I professori delle altre materie abbiano cura di mettere in rilievo, ciascuno

    secondo le intrinseche esigenze della sua disciplina, il mistero di Cristo e la

    storia della salvezza, cos che risulti chiara la loro connessione con la liturgia

    e l unit fondamentale della formazione sacerdotale.

    Venivano menzionate esplicitamente la teologia dogmatica, la sacra scrittura, lateologia spirituale e la teologia pastorale. Tutte queste discipline convergono sul misterodi Cristo e sulla storia della salvezza, al centro della quale si colloca il mistero di Cristo.La disciplina liturgica incontra tale mistero in quel momento fontale e culminantedellautorealizzarsi della Chiesa che la celebrazione liturgico - sacramentale.

    Si pu ricostruire dalla mens conciliare un itinerario del tipo: il mistero di Cristo,studiato nelle fonti rivelate (sacra scrittura) e nella dottrina cristiana dogmaticamenteformulato (teologia sistematica), compreso nel suo attuarsi sacramentalmente (sacra li-turgia - teologia sacramentaria) perch informi di s la vita e lazione della Chiesa (teo-logia pastorale) e la vita e lazione dei singoli christifideles (teologia spirituale).

    1.3. La Ratio fundamentalis (1970)

    La nuova impostazione del testo conciliare entr nel Regolamento Fondamentale

    per la formazione sacerdotale (normalmente citato come Ratio Fundamentalis), il do-

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    cumento emanato dalla Congregazione per lIstruzione Cattolica in data 6 gennaio 1970per ripensare complessivamente la formazione dei futuri presbiteri dopo la grande assiseconciliare3. Nonostante la sua destinazione primaria alla formazione del clero, la sezio-ne riguardante gli studi teologici estensibile anche alla formazione teologica dei reli-giosi e dei laici impegnati nelle Facolt Teologiche e negli Istituti di Scienze Religiose.

    Dopo aver dato conferma che la sacra liturgia deve essere ora considerata unadelle materie principali allinterno degli studi teologici, il n. 79 afferma:

    Perci deve essere presentata non soltanto sotto l aspetto giuridico, ma so-

    prattutto sotto l aspetto teologico, spirituale e pastorale, in connessione con le

    altre discipline, in modo che gli alunni conoscano prima di tutto in qual modo

    i misteri della salvezza siano presenti e operino nelle azioni liturgiche. Inoltre,

    spiegati i testi sia dell oriente che dell occidente, la sacra liturgia sia illustra-

    ta come un locus theologicus di particolare importanza, attraverso il quale siesprime la fede della Chiesa e la sua vita spirituale. Infine devono essere

    esposte agli alunni le norme riguardanti la riforma liturgica, affinch capi-

    scano meglio gli adattamenti o i cambiamenti stabiliti dalla Chiesa; siano an-che in grado di discernere le cose che possono essere legittimamente mutate;

    e, in mezzo ai problemi pi gravi e pi difficili oggi spesso dibattuti, sappiano

    distinguere la parte immutabile della liturgia, in quanto di istituzione divina,

    dalle altre parti che possono andare soggette a mutamenti.

    Veniva presentata in termini molto chiari la priorit dellapproccio teologico - spi-rituale - pastorale alla liturgia, rispetto allapproccio giuridico - cerimoniale, lasciandoimplicito il riferimento allapproccio storico, data la sua regolare presenza nei documen-ti precedenti e in quelli successivi.

    Affermare la priorit dellapproccio teologico - spirituale - pastorale alla liturgianon significava dare adito a una pratica dimenticanza dellapproccio giuridico, ma ope-rare questultimo, tuttaltro che secondario, sul fondamento di quello; problematizzareeventualmente questultimo e le sue concrete determinazioni alla luce di quello.

    Entro lapproccio teologico - spirituale - pastorale la chiave di volta risultava esserelapprofondimento della valenza misterico - sacramentale della liturgia: In modo chegli alunni conoscano in qual modo i misteri della salvezza siano presenti e operanti nel-

    le azioni liturgiche.Cera poi una presa di posizione sullimportanza della liturgia (e in particolare dei

    testi eucologico - liturgici) nellambito dei loci theologici. La teologia sistematica nonpu e non deve dimenticare la liturgia (in particolare i testi liturgici delloriente e

    delloccidente) nellelaborazione della sua sintesi, ma deve riferirsi a essa come a unodegli ambiti privilegiati di espressione della fede e della vita spirituale della Chiesa. qui sottesa la volont di promuovere una pi fattiva collaborazione di studio tra la teo-logia dogmatico - sistematica, in tutte le sue specifiche branchie, e la scienza liturgica.

    Lultimo capoverso sottolineava, infine, lesito pratico-pastorale dellinsegnamentodella liturgia nei seminari, negli studentati religiosi e nelle facolt teologiche. Esso ri-guardava la conoscenza della riforma liturgica e delle sue motivazioni, compresa la ca-

    pacit di discernimento tra lessenziale o immutabile e il contingente o mutabile, in vi-sta delleducazione liturgica dei fedeli.

    3

    Il testo in Enchiridion Vaticanum 3. Documenti ufficiali della Santa Sede 1968-1970, Dehoniane,Bologna 1976, nn. 1796-1947.

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    1.4. La Formazione liturgica nei Seminari (1979)

    Lultimo documento che prendiamo in considerazione lIstruzione della Congre-

    gazione per lEducazione Cattolica su La formazione liturgica nei Seminari (3 giugno1979)4, nel quale giungeva a maturazione il percorso intrapreso sulla spinta delle indi-cazioni conciliari. Anche in questo caso, gli orientamenti riguardanti lo studio della li-turgia non sono rimasti appannaggio esclusivo della formazione dei futuri presbiteri, mahanno indicato la strada ai religiosi e ai laici che studiano teologia nelle Facolt Teolo-giche e negli Istituti di Scienze Religiose.

    Al n. 44, presentando loggetto proprio e il fine dellinsegnamento della liturgia neiseminari, si diceva tra laltro:

    La liturgia deve essere insegnata in modo che corrisponda pienamente alle

    necessit odierne: in questo campo si deve tenere presente, innanzitutto,l aspetto teologico, pastorale ed ecumenico... Anche il dialogo ecumenico,

    promosso dallo stesso Concilio Vaticano II, richiede un accurata preparazio-

    ne nella liturgia. Esso infatti suscita molte e difficili questioni circa la liturgia,

    alla cui adeguata valutazione bisogna che gli alunni siano preparati.

    Era questo il primo invito ufficiale a occuparsi di ecumenismo nello studio dellaliturgia. La Sede Apostolica voleva qui dare atto dellimportanza del momento liturgiconel dialogo ecumenico, e, per questo, chiedeva una solida formazione liturgica, per laquale i candidati al sacerdozio potessero discernere i tentativi liturgici promossi in cam-

    po ecumenico.

    Un secondo elemento di novit in questo testo era costituito dallattenzione accor-data ai risultati sicuri delle scienze umane:

    Per una pi approfondita trattazione teologica della liturgia e per la soluzio-

    ne di molte difficolt, che si presentano ai pastori d anime nell organizzazione

    e nella promozione della vita liturgica, devono essere giustamente stimati i ri-

    sultati sicuri delle moderne scienze umane, quali l antropologia, la sociologia,

    la linguistica, la storia comparata delle religioni, ecc..., che in vari casi offro-

    no non poca luce, sempre per nei limiti imposti dall indole soprannaturale

    della liturgia

    .Il documento riconosceva per la prima volta in modo ufficiale la pertinenza di un

    approccio alla realt liturgica che valorizzasse lapporto dei risultati sicuri delle cosid-dette scienze umane, sia in ordine alla conoscenza dellindole soprannaturale della li-turgia (= teologia liturgica), sia in vista di una rinnovata comprensione della pastoraleliturgica. Esso dovrebbe risultare particolarmente utile nel lavoro di chiarificazione del-la complessa questione del linguaggio rituale, implicato in tutto lagire liturgico - sa-cramentale cristiano.

    4

    Il testo in Enchiridion Vaticanum 6. Documenti ufficiali della Santa Sede 1977-1979, Dehoniane,Bologna 1980, nn. 1550-1704.

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    1.5. Rilievi conclusivi

    - Da questa breve (e incompleta) rassegna di documenti magisteriali risulta definiti-vamente acquisita alla coscienza ecclesiale contemporanea la collocazione degli studi li-

    turgici nellambito generale delle discipline teologiche. Resta difficile, invece, la deter-minazione precisa dello spazio formale che la scienza liturgica occupa nellintero dellateologia. Da una parte, infatti, i documenti presi in esame sembrano riservare alla scien-za liturgica uno spazio autonomo di sapere, adeguatamente distinto sia dalla dogmaticasacramentaria, o sistematica dei sacramenti, sia dalla teologia pratico - pastorale.Dallaltra, per, e siamo soprattutto allinterpretazione dei documenti pi recenti, lascienza liturgica pare ricondotta allalveo pi generale della teologia pratico - pastorale,anche se come uno dei suoi filoni portanti e costitutivi.

    - La complessit delloggetto proprio della scienza liturgica invoca di sua naturalapporto di molteplici approcci metodologici e disciplinari. Ne facciamo qui di seguito

    una rapida rassegna.

    Prospettiva cerimoniale rubricale: lo studio delle rubriche (= le scritte in rosso dellibro liturgico) per determinare lesatta esecuzione del cerimoniale in riferimento ai varimomenti celebrativi e ai vari ministeri5.

    Prospettiva giuridico disciplinare: lo studio delle norme che regolano il complessodella vita liturgica in ordine alla validit e liceit dei suoi vari elementi (cf il Libro IVdel Codice di Diritto Canonico del 19836).

    Prospettiva storica: si sviluppa in due branchie che possiamo chiamare archeologico fi-lologica ed ermeneutico valutativa. La prima si preoccupa di ricostruire i contesti origi-nali di un dato rito o testo7; la seconda tenta un giudizio di valore in rapporto al senso

    originario della liturgia cristiana e in rapporto alla rilevanza per l

    oggi ecclesiale

    8

    . Prospettiva teologica: si sviluppa almeno in cinque direzioni, fondamentale, sacramen-tale, pastorale, spirituale, ecumenica. Nellambito della teologia fondamentale si affron-

    5 Un esempio: Dizionario pratico di liturgia romana, a cura di LESAGE ROBERT, Studium, Roma

    1956, pp. 501.6 Il testo in Enchiridion Vaticanum 8. Documenti ufficiali della Santa Sede 1982-1983. Il codice di

    Diritto Canonico, Dehoniane, Bologna 41991, Cann. 834-1253.7 Due esempi classici: RIGHETTI MARIO, Manuale di storia liturgica, 4 Voll., Ancora, Milano

    1950ss., pp. 2950 [ristampa anastatica del 2005]; JUNGMANN JOSEF ANDREAS,Missarum sollemnia.Origini liturgia storia e teologia della messa romana, 2 Voll. Marietti, Genova 1953-1954, pp. 396+ 406.

    8 Qualche esempio in questa direzione: NEUNHEUSERBURKHARDT, Storia della liturgia attraverso leepoche culturali = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 11, CLV-Edizioni Liturgiche,Roma 21983, pp. 158; CATTANEO ENRICO, Il culto cristiano in occidente. Note storiche= Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 13, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 21984, pp.658; WEGMAN HERMAN, Christian Worship in East and West. A Study Guide to Liturgical History ,Liturgical, Collegeville (Minnesota) 1990, pp. 390; METZGER MARCEL, Storia della liturgia. Legrandi tappe, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1995, pp. 224; BASURKO XABIER, Historia de laliturgia = Biblioteca Lturgica 28, Centre de Pastoral Liturgica, Barcelona 2006, pp. 720;BRADSHAW PAUL, Alle origini del culto cristiano. Fonti e metodi per lo studio della liturgia deiprimi secoli = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 46, Libreria Editrice Vaticana, Roma - Citt

    del Vaticano 2007, pp. 268; PECKLERS KEITH F.,Atlante storico della liturgia, Jaca Book, Milano2012, pp. 260.

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    ta la questione della rilevanza del rito cristiano per la fede9. Nellambito della teologiasacramentaria si studia la connessione tra forma liturgica e sacramento cristiano, dettoin altro modo, la struttura sacramentale della liturgia. Nellambito della teologia pasto-rale, si approfondisce la qualit celebrativa della liturgia (o celebrabilit del rito) in or-dine alla sua efficacia pastorale. Nellambito della teologia spirituale si mette a tema ladimensione liturgica della vita spirituale, superando lidea che la spiritualit liturgica siauna delle tante possibili vie spirituali10. Nellambito infine della teologia ecumenica siapprofondisce il versante liturgico del cammino verso lunit della Chiesa, distinguendotra unit e uniformit11.

    Prospettiva antropologica. Di sviluppo pi recente oggi particolarmente coltivata a trelivelli. Il livello religionista (studio comparato delle religioni), grazie al quale si posso-no evidenziare similitudini e differenze rituali tra le diverse esperienze religiose12; il li-vello linguistico comunicativo (studio della liturgia come atto eminentemente comuni-cazionale), grazie al quale con lapporto delle cosiddette scienze umane (sociologia,

    psicologia, linguistica, semiotica, ecc) si possono evidenziare le qualit e i difetticomunicativi del rito celebrato13; il livello teologico pastorale, grazie al quale possibi-le enucleare le leggi di una buona qualit celebrativa che permette di accedere al miste-

    ro celebrato. In questo ambito si sviluppa anche la ricerca sul tema dell

    inculturazionedella liturgia nelle diverse realt ecclesiali14. Prospettiva ludico estetica. lo studio della liturgia come ambito di esperienza artistica

    in cui la poesia, il canto e la musica, larchitettura, la scultura e la pittura hanno parte at-tiva di grande rilevanza15.

    - I documenti magisteriali recensiti appaiono concordi nel collocare al vertice del sa-pere liturgico la comprensione propriamente teologica della liturgia o teologia liturgi-ca, preceduta e sorretta da unaccurata indagine storico - critica, sia diacronica che sin-cronica, sullintera tradizione liturgica delloriente e delloccidente (storia della litur-gia). In tal modo luna (teologia liturgica) e laltra (storia della liturgia) non costituisco-

    no il tutto della scienza liturgica, ma il momento centrale e il nucleo portante.

    9 Cf GRILLO ANDREA, Teologia fondamentale e liturgia il rapporto tra immediatezza e mediazionenella riflessione teologica = Caro Salutis Cardo. Studi 10, Messaggero, Padova 1995, pp. 285;GRILLO ANDREA, Introduzione alla teologia liturgica. Approccio teorico alla liturgia e ai sacra-menti cristiani = Caro Salutis Cardo. Sussidi 3, Messaggero, Padova 1999, pp. 287.

    10 Per le quattro dimensioni insieme (fondamentale, sacramentaria, pastorale, spirituale) si vedalormai classico VAGAGGINI CIPRIANO, Senso teologico della liturgia. Saggio di liturgia teologicagenerale, Paoline, Roma, 41965, pp. 930, testo che ha preparato il Concilio e lo ha reso pienamentecomprensibile.

    11 Un esempio illuminante in ALLMEN JEAN-JACQUES VON, Celebrare la salvezza. Dottrina e prassi

    del culto cristiano, Elle Di Ci, Leuman (Torino) 1986, pp. 223.12 BOUYERLOUIS,Il rito e l uomo. Sacralit naturale e liturgia, Morcelliana, Brescia 1964, pp. 275;TERRIN ALDONATALE, Il rito. Antropologia e fenomenologia della ritualit = Le Scienze Umane,Morcelliana, Brescia 1999, pp. 444;Enciclopedia delle religioni 2.Il rito. Oggetti, atti, cerimonie, acura di ELIADE MIRCEA, Jaca Book, Milano 1994, pp. 634.

    13 Cf BONACCORSO GIORGIO, Il rito e l altro. La liturgia come tempo, linguaggio e azione= Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 13, Libreria Editrice Vaticana, Roma - Citt del Vatica-no 2001, pp. 400; BONACCORSO GIORGIO,La liturgia e la fede. La teologia e l antropologia del rito= Caro Salutis Cardo. Sussidi 8, Messaggero, Padova 2005, pp. 270.

    14 Assemblea santa. Manuale di liturgia pastorale, a cura di GELINEAU JOSEPH, Dehoniane, Bologna1991, pp. 620.

    15 Cf CATTANEO ENRICO, Arte e liturgia. Dalle origini al Vaticano II, Vita e Pensiero, Milano 1982,

    pp. 236; GATTI VINCENZO, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione, Dehoniane, Bologna 2001,pp. 236.

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    - Lattenzione allapporto delle scienze umane per lo studio della liturgia comparesolo negli ultimi documenti citati e sollecita un cammino di ricerca ancora piuttosto ini-ziale. Pur muovendo da una pi attenta considerazione della base antropologica e cultu-rale della ritualit cristiana, essa persegue un incremente dello studio della sacra liturgia

    dal punto di vista propriamente pastorale.

    Ecco allora delineato il nostro itinerario di studio: unintroduzione teologica e sto-rica alla liturgia aperta a una prospettiva anche antropologico-pastorale. Partiremo dallasintesi teologica sulla liturgia fatta al Concilio Vaticano II per ripercorrere le principalitappe storiche che lhanno preceduta. Tre saggi monografici, uno sullanno liturgico(cap. VII), uno sulla liturgia delle ore (cap. VIII) e uno sul Lezionario ambrosiano rin-novato (cap. IX) concluderanno il nostro percorso di studio.

    *****

    INDICAZIONI PER L ESAME

    Lesame comporta lo studio delle dispense, pi una lettura a scelta tra quelle qui indi-cate:

    GUARDINI ROMANO,Lo spirito della liturgia I santi segni, Morcelliana, Brescia 1980[loriginale tedesco Vom Geist del Liturgie del 1919], capp. IV-VI, pp. 63-106;

    BONACCORSO GIORGIO, La liturgia e la fede. La teologia e l antropologia del rito= Caro Salutis Cardo. Sussidi 8, Messaggero, Padova 2005, cap. VIII, pp. 189-233;

    PECKLERS KEITH, Liturgia. La dimensione storica e teologica del culto cristiano e lesfide del domani [loriginale inglese Worship del 2003] = Giornale di Teologia 326,Queriniana, Brescia 2007, cap. I, pp. 9-45;

    TOMATIS PAOLO,La festa dei sensi. Riflessioni sulla festa cristiana = Spiritualit delnostro tempo. Terza serie, Cittadella, Assisi 2010, capp. 3-6, pp. 37-75;

    RATZINGERJOSEPH,Lo spirito della liturgia [loriginale tedescoDer Geist der Liturgie.Eine Einfhrung del 2000], in Teologia liturgica = Opera Omnia 11, Libreria Edi-trice Vaticana, Roma 2010, cap. IV [la forma della liturgia], pp. 152-211.

    BOSELLI GOFFREDO,Il senso spirituale della liturgia = Liturgia e Vita, Qiqajon, Comu-nit di Bose. Magnano (BI) 2011,capp. IX-X, pp. 183-233.

    PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI

    Dizionari- Liturgia (San Paolo) 2001;- Dizionario della Liturgia Ambrosiana (Ned) 1996.

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    Grandi collane

    - Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia (Roma, CLV Edizioni Liturgi-che);

    - Caro Salutis Cardo. Contributi (Padova, Istituto di Pastorale Liturgica Mes-saggero);

    - Caro Salutis Cardo. Studi (Padova, Istituto di Pastorale Liturgica Messaggero);- Caro Salutis Cardo. Sussidi (Padova, Istituto di Pastorale Liturgica Messagge-ro);

    - Monumenta Studia Instrumenta Liturgica (Roma, Libreria Editrice Vaticana).Manuali

    - Anamnesis. Introduzione storico teologica alla liturgia, 8 Voll., Marietti, CasaleMonferrato (AL) 1974-1990;

    - Assemblea santa. manuale di liturgia pastorale, a cura di JOSEPH GELINEAU,Dehoniane, Bologna 1991, pp. 620;

    - La celebrazione della Chiesa 3 Voll., a cura di DIONISIO BOROBIO, Elle Di Ci,Leumann (Torino 1992-1994;

    - La Chiesa in preghiera. Introduzione alla liturgia 4 Voll., a cura di AIM-GEORGES MARTIMORT, Queriniana, Brescia 1984-1987;

    - Nelle vostre assemblee. Teologia pastorale delle celebrazioni liturgiche, 2 Voll.Queriniana 1984-1986;

    - Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 3 Voll. Piemme, Casale Monferrato (AL)1998.

    Riviste in italiano, francese, inglese e spagnolo

    - La vita in Cristo e nella Chiesa- Liturgia (Centro Azione Liturgica)- Rivista di Pastorale Liturgica- Rivista Liturgica- La Maison-Dieu- Worship- Phase

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    CAPITOLO I

    LA VISIONE TEOLOGICA DELLA LITURGIA

    SECONDO IL CONCILIO VATICANO II

    Il Concilio Ecumenico Vaticano II fu inaugurato l11 ottobre del 1962 e lo schemadella Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium dalle parole iniziali fu il primo a essere discusso e approvato. La data ufficiale della sua promulgazione fu il4 dicembre 1963, a quattro secoli esatti dalla chiusura del Concilio di Trento1.

    Con questa prima Costituzione conciliare veniva proposta una visione teologica,spirituale e pastorale cos profondamente rinnovata della liturgia che, attingendoalloriginaria impostazione biblica e patristica, dava il via alla pi completa e organicariforma liturgica del Rito Romano e del Rito Ambrosiano che la storia della Chiesa lati-na abbia conosciuto.

    Essa consta di un proemio (i nn. 1-4) e di sette capitoli (i nn. 5-130), di cui il primo(nn. 5-46) pu essere considerato a tutti gli effetti la magna charta per una comprensio-ne propriamente teologica, pastorale e spirituale della liturgia.

    I primi 9 numeri del capitolo I (nn. 5-13) riflettono sulla natura della liturgia cat-tolica, e lo fanno non a partire da una definizione filosofica o religionista di culto, mamuovendo piuttosto dal dinamismo storico - salvifico della rivelazione cristiana, dina-mismo che ha la sua continua attualit proprio nellazione liturgico-sacramentale.

    Partiamo dunque da questi numeri per tratteggiare le coordinate fondamentali dellavisione teologica della liturgia che sta a fondamento di tutto il nostro percorso storico. questa lintroduzione teologica necessaria, perch tutte le tappe storiche che studieremovengano delineate in un costante confronto con il senso originale di ci che la Chiesa

    chiama Sacra Liturgia.

    1. Il punto di partenza

    Abbandonando il procedimento usato nella manualistica teologica, e ancora sog-giacente allo schema di pensiero dellenciclicaMediator Dei (1947), di parlare della li-turgia partendo da schemi gi precompresi (culto interno/culto esterno; culto priva-to/culto pubblico), il discorso conciliare prende le mosse dalla dimensione storico - sal-vifica della rivelazione cristiana, inserendo il fatto liturgico in un contesto fortementedinamico:

    Dio, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenzadella verit (1Tm 2, 4),dopo avere a pi riprese e in pi modi parlato untempo ai padri per il tramite dei profeti(Ebr 1, 1), quando venne la pienezzadei tempi, mand il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, adannunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, medicodella carne e dello spirito, mediatore di Dio e degli uomini. Infatti la suaumanit, nell unit della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvez-

    1 Il testo della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium lo si pu leggere, tra laltro, in Enchi-

    ridion Vaticanum 1.Documenti ufficiali del Concilio Vaticano II (1962-1965), Dehoniane, Bologna101976, pp. 14-95.

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    za. Per cui in Cristo avvenne il perfetto compimento della nostra riconcilia-zione e ci fu data la pienezza del culto divino (Sacramentario Veronese, n.1265). Quest opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di

    Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolodell Antico Testamento, stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per

    mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione e gloriosaascensione, mistero con il quale morendo ha distrutto la nostra morte e risor-gendo ci ha ridonato la vita (Messale Romano - Prefazio pasquale I). Infattidal costato di Cristo dormiente sulla croce scaturito il mirabile sacramentodella Chiesa" (SC, n. 5).

    Dopo aver enunciato lintenzione ultima del progetto divino nei confrontidellumanit (Dio vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza del-la verit), il testo conciliare ripercorre a grandi arcate le tappe storiche attraverso lequali Dio ha dato attuazione al suo progetto, tappe storiche che, in quanto tempi di unarivelazione divina, sono da intendersi come momenti di una storia di salvezza, ossia

    come misteri della salvezza.Il testo accenna appena al tempo della preparazione come tempo della comunica-zione profetica e delle gesta divine operate nel popolo dell antico testamento, per sof-fermarsi invece in modo pi ampio e articolato a considerare il tempo della pienezza deitempi, al vertice del quale sta come compimento ultimo e definitivo il mistero pasqualedella sua beata passione, resurrezione dai morti e gloriosa ascensione.

    In questa ricapitolazione dei principali eventi della storia della salvezza, secondoun procedimento che sar confermato e approfondito sia nellaLumen Gentium che nella

    Dei Verbum, emergono tre importanti sottolineature specifiche che faranno da raccordotematico tra il mistero di Cristo dispiegato nella storia e il mistero di Cristo celebratonella Chiesa.

    a) La prima riguarda lumanit di Cristo, ipostaticamente unita alla divinit del Verbo. questa umanit, nella sua visibilit e debolezza, a essere lo strumento o, in termini

    pi compiuti, il sacramento della nostra salvezza. Il concilio vuole in tal modo insi-nuare lidea che la logica della sacramentalit (la salvezza si attua per il tramite di realtsensibili), che presiede al mistero liturgico, anticipata e fondata nel misterodellincarnazione, cio in quel singolarissimo connubio di umanit e divinit, che lavicenda umana di Ges. cos istituita una profonda analogia tra la logicadellincarnazione e la logica della celebrazione liturgico-sacramentale.

    b) La seconda sottolineatura specifica riguarda la duplice linea di comprensionedellefficacia salvifica dellevento cristologico: Cristo, nella sua incarnazione, porta

    contemporaneamente a compimento 1) la nostra riconciliazione (linea discendente) e 2)la nostra capacit di rendere culto a Dio (linea ascendente); e, nella sua Pasqua, attua 1)la piena redenzione delluomo (linea discendente) e 2) la perfetta glorificazione di Dio(linea ascendente). La distinzione delle due linee non ha ovviamente alcun intento con-trappositivo, dal momento che il culto perfetto in Cristo viene a coincidere con lattosalvifico per eccellenza, cio lofferta di s sullaltare della croce. Essa invece funzio-nale a mostrare linterazione dellumano e del divino nellopera della salvezza: nella li-nea discendente Cristo opera soprattutto in forza della sua consustanzialit al Padre,mentre nella linea ascendente egli opera soprattutto in forza della sua consustanzialitcon lumano (il termine consustanzialit usato nei due casi in maniera asimmetrica).I numeri 7 e 10 riprenderanno il binomio santificazione degli uomini - glorificazione di

    Dio, originariamente applicato allopera salvifica di Cristo, e lo estenderanno a ogni

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    azione liturgica della Chiesa, in special modo alla celebrazione eucaristica, mostrandoancora una volta la profonda connessione tra levento cristologico e levento liturgico -sacramentale.

    c) Lultima sottolineatura specifica riguarda la rilettura in chiave sacramentaledellintera realt ecclesiale (Dal costato di Cristo dormiente sulla croce scaturito ilmirabile sacramento di tutta la Chiesa), rilettura che sar confermatanellaffermazione iniziale dellaLumen Gentium: E siccome la Chiesa in Cristo comesacramento, cio segno e strumento dell intima unione con Dio e dell unit di tutto ilgenere umano... (LG, n. 1). Risulta del tutto evidente, nel passaggio finale di SC, n. 5,lintenzione conciliare di fondare gli atti liturgico-sacramentali, in quanto atti ecclesiali,non primariamente ed esclusivamente sulla dimensione societaria ed esteriore dellacompagine ecclesiale, bens sulla sua dimensione sacramentale, attraverso la quale

    possibile dare pi facilmente ragione della continuit tra mistero di Cristo e il misterodella Chiesa: Per una non debole analogia, quindi (la Chiesa) paragonata al misterodel Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta al servizio del Verbo divino comevivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, in modo non dissimilel organismo sociale della Chiesa al servizio dello Spirito di Cristo che lo vivifica, perla crescita del corpo (LG, n. 8).

    2. La liturgia ultimo momento nella storia della salvezza

    Istituendo questa continuit e compenetrazione tra levento cristologico e leventoecclesiologico, per cui il tempo della Chiesa non un tempo qualitativo ulteriore rispet-to alla pienezza dei tempi, ma la sua progressiva dilatazione, il concilio ha aperto lastrada a una comprensione rinnovata della liturgia, che pone in primo piano la sua va-

    lenza misterico-sacramentale facendo del momento celebrativo un continuo oggi disalvezza:

    Perci, come il Cristo fu inviato dal Padre, cos anch egli ha inviato gli apo-stoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perch, predicando il vangelo a tutti gliuomini, annunciassero che il figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ciha liberati dal potere di satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno delPadre, ma anche perch attuassero, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti,sui quali si impernia tutta la vita liturgica, l opera della salvezza che annun-ciavano SC, n. 6).

    Con SC, n. 6 si passa decisamente dal piano del mistero-evento al piano dei mi-steri-celebrati2. Le azioni liturgico - sacramentali vengono presentate come parte inte-grante e costitutiva della missione della Chiesa, la quale appare a sua volta il prolunga-mento sacramentale della missione del Cristo. In riferimento alla parte iniziale delnumero 6, sopra riportata, possiamo fare alcune significative annotazioni.

    a) La prima riguarda la relazione che intercorre tra il momento dellannuncio / predi-cazione del vangelo della salvezza e gli atti liturgico - sacramentali. Il testo sopra citato

    2 Riprendo qui una terminologia incontrata in RUFFINI ELISEO, Spirito Santo e realt sacramentale.Linee di ricerca storico-teologica, in Spirito Santo e liturgia. Atti della XII Settimana di studio

    dell Associazione Professori di Liturgia. Valdragone (San Martino): 22-26 agosto 1983 = Studi diliturgia. Nuova Serie 12, Marietti, Casale Monferrato (AL), 1983, pp. 28-32.

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    chiarisce che la missione affidata da Cristo alla Chiesa comprende, in modo del tuttonecessario, sia lannuncio della Parola che la celebrazione dei Sacramenti, e ne studia irapporti. Lannuncio della salvezza (il figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ciha liberati dal potere di Satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre) hauna sua precedenza logica e cronologica rispetto allazione liturgico - sacramentale, ma

    non in s completo e concluso. Esso tende di sua natura a compiersi nelle celebrazioniliturgico - sacramentali della Chiesa, grazie alle quali giunge a effettiva attuazione lasalvezza annunciata.

    b) Ne consegue, ed la seconda e pi importante notazione, che la celebrazione litur-gica pensata veramente come momento della e nella rivelazione cristiana (mo-mento della e nella storia della salvezza), non nel senso di rappresentare un novumsalvifico qualitativamente diverso dal novum cristologico, ma nel senso di rendere oggidisponibile a tutti, mediante la sua struttura sacramentale, la definitiva realt salvifica diCristo. Nelloggi della Chiesa la liturgia dunque, in analogia con levento pasquale dacui scaturisce e sul fondamento di quellevento, un autentico avvenimento di salvezza.

    L

    abate Salvatore Marsili (1910-1983), uno dei liturgisti italiani pi significativi delNovecento, amava parlare della liturgia come di momento-sintesi e momento ulti-mo della storia della salvezza, in quanto il suo compito quello di ultimare gradual-mente nei singoli e nellintera umanit limmagine piena del Cristo pasquale3.

    c) Merita infine di essere raccolta la notazione sul sacrificio e sui sacramenticome elementi sui quali si impernia tutta la vita liturgica. dichiarata, seppure di pas-saggio, la centralit delle celebrazioni sacramentali nel complesso degli atti che vannosotto il nome di liturgia, con linvito, almeno implicito, a raccordare maggiormente, dal

    punto di vista della comprensione teologica, il tema sacramenti con il tema liturgia.Anche se la liturgia ha uno spettro pi ampio di manifestazioni rispetto al settenariosacramentale (si pensi a tutta la struttura dellanno liturgico, alla liturgia delle ore, ai riti

    liturgici della dedicazione di una Chiesa, della professione religiosa, delle esequie,ecc...), essa ha nelle azioni sacramentali il suo nucleo essenziale e irrinunciabile, dalquale tutto scaturisce e a cui tutto tende.

    3. La presenza personale di Cristo nella liturgia

    Arrivati a questo punto era necessario procedere oltre e interrogarsi sulle ragioniche fondano la possibilit che la liturgia sia realmente nella Chiesa lattuazionedellopera di salvezza compiuta da Cristo nella sua Pasqua. SC, n. 7 sincarica di formu-lare una risposta plausibile a questa domanda attraverso la dottrina della presenza diCristo nella liturgia.

    Essa riprende e approfondisce un importante passaggio della Mediator Dei4, chefaceva tesoro, a sua volta, delle riflessioni maturate in seno al movimento liturgico gra-

    3 Cf MARSILI SALVATORE, La liturgia, momento storico della salvezza, in Anmnesis 1. La liturgia

    momento nella storia della salvezza, Marietti, Torino 1974, pp. 91-92.4 In ogni azione liturgica, quindi, insieme con la Chiesa presente il divino fondatore: Cristo pre-

    sente nell augusto sacrificio dell altare sia nella persona del suo ministro, sia massimamente, sottole specie eucaristiche; presente nei sacramenti con la virt che in essi trasfonde perch sianostrumenti efficaci di santit; presente infine nelle lodi e nelle suppliche a Dio rivolte, come sta

    scritto: Dove sono due o tre adunati nel mio nome, ivi io sono in mezzo a essi (Mt 18, 20)

    (En-chiridion delle Encicliche 6. Pio XII 1939-1958, Dehoniane, Bologna 1995, n. 449).

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    zie, soprattutto, al pensiero dei liturgisti benedettini Lambert Beauduin (1873-1960) eOdo Casel (1886-1948):

    Per realizzare un opera cos grande, Cristo sempre presente nella suaChiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. presente nel sacrificio dellamessa sia nella persona del ministro, egli che, offertosi una volta sulla croce,offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti (Concilio di Trento), siasoprattutto sotto le specie eucaristiche. presente con la sua virt nei sacra-menti, in modo che quando uno battezza Cristo stesso che battezza(SantAgostino). presente nella sua parola, giacch lui che parla quandonella Chiesa si legge la sacra Scrittura. presente infine quando la Chiesa

    prega e loda, egli che ha promesso: Dove sono due o tre riuniti nel mio no-me, l sono io in mezzo a loro (Mt 18, 20) (SC, n. 7)5.

    Prendendo le mosse dalla lucida consapevolezza che il momento liturgico - sacra-mentale momento decisivo, anche se non esaustivo, dellesistenza della Chiesa e del

    suo ministero di salvezza, il testo conciliare dichiara dapprima la perenne e indefettibilepresenza di Cristo alla Chiesa, per poi affermare che una tale presenza si d in mododel tutto speciale nelle azioni liturgiche.

    Alla tesi generale esso fa seguire un elenco esemplificativo di ambiti liturgici incui la presenza di Cristo si manifesta e si attua, un quadro, gi ben delineato, ma ancora

    provvisorio, delle molteplici presenze di Cristo nella liturgia. Come si pu notare ladizione del testo conciliare si conserva piuttosto indeterminata ed evita accuratamente didare una qualifica pi precisa alle diverse presenze. La discussione in aula conciliarenon aveva infatti raggiunto una sufficiente chiarificazione teologica al riguardo. Qual-cosa della mens conciliare traspare per sia dallordine con cui vengono elencate le di-verse presenze (sacrificio della messa, sacramenti, parola, assemblea liturgica) sia, so-

    prattutto, dalla dichiarata preminenza della presenza sotto le specie eucaristiche ri-spetto a ogni altro tipo di presenza, in particolare rispetto a quella del ministro ordinato.Precedenza e primato delleucaristia stanno cio a indicare che la tematica della pre-senza di Cristo nella liturgia va compresa a partire dal mistero della presenza eucari-stica, che di ogni altra forma di presenza di Cristo alla sua Chiesa rappresenta il prin-ceps analogatum.

    La cosa stata confermata da Paolo VI nellenciclicaMysterium Fidei del 25 mag-gio 19656, la quale, tornando con una certa ampiezza sullargomento delle presenze diCristo alla Chiesa cos si esprime:

    Queste varie maniere di presenza riempiono l animo di stupore e offrono alla

    contemplazione il mistero della Chiesa. Ma ben altro il modo, veramente su-

    5 Per un approfondimento personale del tema della presenza di Cristo nella liturgia si vedano le se-

    guenti indicazioni: CUVA ARMANDO, La presenza di Cristo nella liturgia, Roma 1973; SARTOREDOMENICO,La molteplice presenza di Cristo nella recente riflessione teologica, in Cristologia e li-turgia. Atti dell VIII settimana di studio dell Associazione Professori di Liturgia. Costabissara (Vi-cenza): 27-31 agosto 1979 = Studi di Liturgia 8, Dehoniane, Bologna 1980, pp. 231-258; G ALOTJEAN,La cristologia nella Sacrosanctum Concilium, in Costituzione conciliare Sacrosanctum Con-cilium. Studi = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 38, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma1986, pp. 163-170.

    6 Il testo dellenciclica in PAOLO VI,Mysterium fidei. Dottrina e culto della Santissima Eucaristia, in

    Enchiridion delle Encicliche 7. Giovanni XXIII, Paolo VI (1958-1978) edizione bilingue, a cura diERMINIO LORA RITA SIMIONATI, Dehoniane, Bologna 1994, nn. 845-919.

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    blime, con cui Cristo presente alla sua Chiesa nel sacramentodell eucaristia, che perci tra gli altri sacramenti pi soave per la devozio-ne, pi bello per lintelligenza, pi santo per il contenuto (Egidio Romano);contiene infatti lo stesso Cristo ed quasi la perfezione della vita spirituale eil fine di tutti i sacramenti (san Tommaso dAquino). Tale presenza si dice

    reale non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per anto-nomasia perch anche corporale e sostanziale, e in forza di essa Cristo,Uomo-Dio, tutto intero si fa presente (n. 20).

    Laffermazione conclusiva di Paolo VI un utile complemento al testo conciliare.Da una parte, egli estende il concetto di presenza reale alle molteplici presenze di cui

    parla Sacrosanctum Concilium, denunciando linsufficienza di uninterpretazione insenso puramente simbolico o morale. Dallaltra egli puntualizza leccellenza della pre-senza reale sotto le specie eucaristiche, richiamandosi al concetto del tutto peculiare di

    presenza substantialis (o ad modum substantiae). In questo maniera egli introduce unaanalogia di proporzione tra la presenza eucaristica e gli altri tipi di presenza, che si

    gioca sulle diverse modalit di presenza e sulle diverse conseguenze che esse com-portano nellambito della Chiesa e delle sue celebrazioni. La prima (presenza eucaristi-ca) corporale e sostanziale e dunque, finch permangono le specie cui inerisce,stabile e permanente, le altre (presenza nel ministro delleucaristia e degli altri sacra-menti, nella parola proclamata e nellassemblea adunata) non si danno per mutamento disostanza della realt cui la persona di Cristo inerisce (qualche autore parla di presenzefunzionali) e sono perci transeunti, cio si danno solo nella celebrazione in atto.

    Passando dalla teoria generale della presenza di Cristo nelle azioni liturgiche dellaChiesa alle determinazioni pi specifiche contenute nel testo conciliare fermiamo la no-stra attenzione sulla presenza nel ministro (delleucaristia e degli altri sacramenti), nella

    parola proclamata e nellassemblea adunata, rinviando al corso apposito di sacramenta-ria per la trattazione della presenza per antonomasia. Utilizzo in questa parte alcune

    pagine del citato articolo di Jean Galot:

    3.1. La presenza nella persona del ministro

    Prima di parlare di ci che abitualmente viene chiamata la presenza eucari-stica, ossia la presenza del Corpo e del Sangue di Cristo, il Concilio affermala presenza di Cristo nella persona del ministro. Logicamente questa deve es-sere indicata in primo luogo, perch essa che permette alle parole del pretedi produrre come effetto la presenza del Corpo e del Sangue del Signore. La

    presenza prima trascina la seconda anche se questa di molto differente. Per

    comprendere la presenza di Cristo nel ministro, bisogna riportarsi partico-larmente alle parole della consacrazione: Questo il mio corpo, Questo il mio sangue. Queste parole hanno un significato solo in quanto il preterappresenta Cristo (in forza dello Spirito santo ricevuto nellordinazione e at-tualmente operante nellazione liturgica che si esercita aggiunta mia): pi

    precisamente si deve dire che Cristo che per bocca del suo ministro pronun-cia le parole concernenti il suo Corpo e il suo Sangue, conferendo lorol efficacia. La rappresentazione di Cristo tramite il prete deve essere una

    presenza, poich solo Cristo stesso padrone della realt del suo Corpo e delsuo Sangue. Il ruolo del ministro non si definisce soltanto dalle parole dellaconsacrazione. Esso consiste nell offerta del sacrificio che perpetua il sa-

    crificio della croce (SC, n. 47): ugualmente da questo punto di vista la presen-

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    za di Cristo essenziale, come lo indica la citazione del concilio di Trento:colui che ora offre per il ministero dei sacerdoti, il medesimo che allora of-

    fr se stesso sulla croce. Trento aggiunge che la vittima la stessa e che soloil modo d offerta differente. Nell eucaristia il modo sacramentale, mentresulla croce si trattava di un offerta fatta nel corso della storia terrena e una

    volta per tutte. Se l offerta del sacrificio della messa identica a quella dellacroce, ci significa che Ges deve essere presente nel ministro per compierelui steso l offerta con la mediazione del prete. Questo genere di presenza si ri-trova anche negli altri sacramenti, come si ricorda in seguito: Egli presen-te con la sua potenza (in sua virtute: pneumatologia implicita, secondo lusofrequente di identificare lo Spirito Santo come dunamis-virtus-potentia - ag-giunta mia) nei sacramenti, cosicch quando uno battezza Cristo che battez-

    za.

    3.2. La presenza nella parola proclamata

    L importanza della parola di Dio nella liturgia esige che venga ricordata lapresenza di Cristo nella proclamazione di questa parola. Su questo punto ilConcilio ha voluto completare quanto era stato gi detto nell enciclica Media-tor Dei. Una redazione preparatoria aveva enunciato l affermazione: luiche parla allorch nella Chiesa vengono lette e spiegate le parole della sacraScrittura. Ma poi vi sono state molte obiezioni da parte dei Padri del concilioche osservavano come il Cristo non parli nello stesso modo nella lettura e nel-la spiegazione della Scrittura. Nella redazione definitiva il concilio si limitaad affermare la presenza di Cristo nella lettura: presente nella sua parola,giacch lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. Vada s che il concilio non ha voluto negare una certa presenza di Cristo nel mi-

    nistro che spiega la Scrittura. Questa presenza analoga a quella funziona-le presente nei ministri dei sacramenti. Il Cristo parla in colui che proclamao predica la sua parola; la sua presenza potrebbe essere chiamata, pi speci-

    ficamente una presenza profetica. Ma vi qualcosa di pi nella lettura dellaScrittura: la parola letta quella di Cristo, in modo tale che lui pi imme-diatamente presente nella sua parola. La parola detta parola di Dio; nella

    prospettiva del mistero trinitario essa la parola del Padre che si esprime nelsuo Verbo per lo Spirito Santo. Il Cristo la Parola fatta carne; egli venutoa rivelare, con la sua presenza in mezzo agli uomini e con il suo linguaggioumano, quanto aveva rivelato prima mediante il linguaggio biblico. Questa

    piena rivelazione consegnata nel vangelo, nella testimonianza di coloro che

    raccolsero la sua dottrina. Perci Cristo parla nell Antico come nel NuovoTestamento. Quando la Scrittura viene letta in Chiesa, egli presente. La ca-ratteristica essenziale della rivelazione ch egli aveva dato agli uomini nel mi-stero dell Incarnazione era l identit della parola di Dio con la sua persona.

    Il Figlio di Dio si rivelava dando la sua presenza come verit fondamentale.Nella Chiesa egli continua a esprimersi assicurando questa stessa presenza. una presenza di rivelazione che lo fa parlare nella lettura della Scrittura.

    3.3. La presenza nell assemblea adunata in preghiera

    Se si vuole notare con pi precisione ci che ha di specifico questa presenza

    quando la Chiesa prega e canta, bisogna ricordare che Cristo stesso ha

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    fondato con la sua preghiera e le sue relazioni filiali col Padre il nuovo cultodegli adoratori del Padre in spirito e verit. Egli ha inaugurato il culto chesi poi sviluppato nella Chiesa, e in questo sviluppo resta presente, con una

    presenza che si pu chiamare cultuale. una presenza che anima l insiemedella liturgia. Questa presenza nella Chiesa significa che sempre il Cristo il

    primo agente della liturgia... Una spiegazione pi dettagliata ci stata fornitadal concilio sul ruolo di Cristo nell ufficio divino: Ges Cristo Sommo Sa-cerdote del nuovo ed eterno Testamento, assumendo la natura umana port inquesto esilio terreno quellinno che forma il canto eterno del cielo. Egli uniscea s tutta intera la comunit umana e se lassocia nel canto divino di questa sualode. Cristo continua in questo modo la sua opera sacerdotale per mezzo dellaChiesa, la quale non solo nella celebrazione eucaristica, ma anche in altri modie soprattutto col divino ufficio loda senza interruzione il Signore e intercede

    per la salute di tutto il mondo (SC, n. 83). L ufficio dunque (come ogni azioneliturgica) opera sia della Sposa che dello Sposo: Esso veramente voce

    personale della Sposa che parla allo Sposo, anzi preghiera di Cristo che, uni-

    to al suo Corpo, si rivolge al Padre (SC, n. 84).

    4. La definizione conciliare di liturgia

    Alla luce della dottrina della molteplice presenza reale e personale di Cristonellazione liturgica il concilio giunge finalmente a dare, nella seconda parte dello stes-so numero 7, una specie di definizione sia della liturgia in genere (definizione 1), siadella celebrazione liturgica in specie (definizione 2):

    Di fatto in quest opera cos grande, con la quale viene resa a Dio una gloria

    perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a s la Chiesa,sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rendeculto all eterno Padre.DEFINIZIONE 1: Giustamente perci la liturgia ritenuta quell eserciziodell ufficio sacerdotale di Ges Cristo [Iesu Christi sacerdotalis muneris exer-citatio] mediante il quale con segni sensibili [per signa sensibilia] viene signi-

    ficata [significatur] e, in modo proprio a ciascuno, realizzata [efficitur] la san-tificazione dell uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Ges Cristo, ciodal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale [integer cultus publi-cus].DEFINIZIONE 2: Perci ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo

    sacerdote e del suo corpo, che la Chiesa, azione sacra per eccellenza [ac-tio sacra praecellenter], e nessun altra azione della Chiesa ne uguaglial efficacia [efficacitatem adaequat] allo stesso titolo e allo stesso grado.

    Da questo tentativo di doppia definizione, che ancora una volta riprende e appro-fondisce il pensiero dellaMediator Dei, annotiamo:

    a) La liturgia un esercizio, cio unazione continuamente reiterata nel tempo e uncontinuo accadimento nel flusso dinamico della storia umana. Essa dunque un perennee rinnovato presente (e dovremmo subito aggiungere di salvezza) nel quale il pas-sato si d come memoria viva ed efficace e il futuro si schiude come anticipo e promes-sa.

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    b) Il soggetto integrale della liturgia Ges Cristo, in quanto sommo ed eterno sacer-dote della nuova ed eterna alleanza tra Dio e lumanit, che associa a s la Chiesa nellavariet delle sue membra e dei suoi ministeri. Detto in altro modo la liturgia operatagrazie allazione sacerdotale congiunta di Cristo, capo della Chiesa suo corpo, e dellemembra della Chiesa, nella diversit e complementarit della loro partecipazione al sa-

    cerdozio di Cristo. Perci ogni azione liturgica detta teandrica, cio umano-divina inquanto azione congiunta di Dio Padre, che per mezzo di Ges Cristo e nello Spirito San-to allopera nella celebrazione della Chiesa come attore principale, e della Chiesa che,nella visibilit dei suoi riti e dei suoi ministeri, rivela e attua lopera divina di salvezza.

    c) Lo specifico dellazione liturgica quello di esercitarsiper signa sensibilia (paroleche si odono, gesti che si vedono e avvengono in uno spazio e in un tempo, realt co-smico-naturali, persone visibili...) che, in forza della loro dipendenza originaria da Dio(creaturalit) e prolungando nella Chiesa la logica del mistero dellincarnazione, diven-tano realt significanti e agenti la salvezza, cio realt sacramentali7.

    d) Lo scopo e il fine dellazione liturgica lo stesso della Pasqua storica di Ges Cri-

    sto: la santificazione delluomo, secondo le caratteristiche di ciascuno, e la glorificazio-ne di Dio che, in continuit con la terminologia della tradizione, viene espressa con ilconcetto di culto pubblico integrale. Come ho gi accennato commentando SC, n. 5,la distinzione tra linea discendente e linea ascendente solo un modo per aiutare a com-

    prendere pi adeguatamente lunico mistero di salvezza. Se infatti in Cristo la perfettaglorificazione di Dio coincide con la sua assoluta santit anche in coloro che, mediantela liturgia, partecipano di Cristo, la glorificazione di Dio va di pari passo con loperadella loro santificazione. Resta vero che la Chiesa nel suo insieme, in quanto associataal suo Signore e salvatore, pu elevare un perfetto atto di culto alla gloria del Padre an-che se non tutti i singoli suoi membri sono giunti alla perfezione della santit cristiana 8.

    e) La sacralit di ogni celebrazione liturgica va dunque ribadita con grande forza, nonin ragione di categorie naturalistiche o filosofiche di sacro il tremendum e ilfa-scinans di cui parla Rudolf Otto9, ma in quanto in esse opera la santit personale diDio, che si resa visibile in Ges Cristo, ed stata partecipata alla Chiesa, una, santa,cattolica e apostolica: Perci ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sa-cerdote e del suo corpo, che la Chiesa, azione sacra per eccellenza. dunque ne-cessario attivare sempre, nei confronti della liturgia uno sguardo di ammirazione, un at-teggiamento di grande rispetto, stima e venerazione che alimenti la consapevolezza del

    7 Si veda la ripresa fatta dal Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) ai nn. 1189-1190: La cele-

    brazione liturgica comporta segni e simboli relativi alla creazione (luce, acqua, fuoco), alla vitaumana (lavare, ungere, spezzare il pane) e alla storia della salvezza (i riti della Pasqua). Inseritinel mondo della fede e assunti dalla forza dello Spirito Santo, questi elementi cosmici, questi ritiumani, queste gesta memorabili di Dio diventano portatori dell azione di salvezza e di santificazio-ne compiuta da Cristo. La liturgia della parola parte integrante della celebrazione. Il significatodella celebrazione viene espresso dalla parola di Dio che annunciata e dall impegno della fedeche a essa risponde.

    8 Si veda la ripresa fatta daIl Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (2005) al n. 218: Laliturgia la celebrazione del Mistero di Cristo e in particolare del suo Mistero Pasquale. In essa,mediante l esercizio dell ufficio sacerdotale di Ges Cristo, con segni si manifesta e si realizza lasantificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cio dal capo e dallemembra, il culto pubblico dovuto a Dio.

    9

    OTTO RUDOLF,Il sacro. L irrazionale nell idea del divino e la sua relazione al razionale, a cura diERNESTO BUONAIUTI = Campi del Sapere, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 191ss.

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    tesoro che essa racchiude, tesoro che la Chiesa, e ancora di pi il singolo sacerdote, chiamata a custodire con la massima cura e diligenza.

    5. La partecipazione dei fedeli all azione liturgica

    La santificazione delluomo e la glorificazione di Dio realizzati per mezzo delleazioni liturgiche raggiungono la loro piena efficacia per la vita della Chiesa quando i fe-deli, in risposta allopera divina, attivano tutte le disposizioni personali e comunitarienecessarie. Il testo conciliare, al n. 11, riassume il tema delle disposizioni personali ecomunitarie necessarie nel concetto di partecipazione dei fedeli allazione liturgica,una partecipazione che viene connotata da tre aggettivi: consapevole (conscia), attiva(actuosa) e fruttuosa (fructuosa):

    Ad ottenere... questa piena efficacia, necessario che i fedeli si accostino alla sa-cra liturgia con disposizioni d animo retto, conformino la loro mente alle parole e

    cooperino con la grazia divina per non riceverla invano. Perci i sacri pastori de-vono vigilare affinch nell azione liturgica non solo siano osservate le leggi per lavalida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente,attivamente e fruttuosamente.

    Si pu annotare che allinsistenza iniziale sulle disposizioni morali e spirituali deifedeli che si accostano alla sacra liturgia le disposizioni danimo retto, la conformitdella mente alle parole, secondo ladagio benedettino mens concordet voci, la coopera-zione con la grazia divina segue subito il richiamo al dovere dei pastori di vigilare, ol-tre che sullosservanza delle leggi liturgiche, anche e soprattutto sulla partecipazione deifedeli, perch sia consapevole, attiva e fruttuosa.

    Questi tre aggettivi, bench ben ponderati non sono assoluti. Al n. 14 la partecipa-zione diventa piena, consapevole e attiva e al n. 48 consapevole, pia e attiva. Qual-che anno dopo, nelle Premesse generali al Messale romano (1970) e ambrosiano (1976)si parler di una partecipazione consapevole, attiva e piena, esterna, interna, ardente difede, speranza, carit10. Come si pu vedere, a fronte della stabilit dei due aggettiviconsapevole e attiva, c un fluttuare del terzo, di volta in volta fruttuosa, pienao pia. La consapevolezza attiene alla sfera dellintelligenza, lattivit riguarda la sferadei sensi corporei in movimento, la fruttuosit e la piet appellano alla dimensionedelluomo interiore, allesercizio delle virt teologali e alla pratica delle virt. La pie-nezza della partecipazione data dal complesso di tutto questo, interiorit ed esteriorit,

    corpo e spirito, mente e cuore, insomma l

    uomo tutto intero.Il Concilio abbozza anche una risposta alla domanda circa il fondamento teologicodella partecipazione dei fedeli, cui va dedicata una specialissima cura nella riforma enell incremento della liturgia (SC, n. 14). Ecco come si esprime il testo conciliare:

    La madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quellapiena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che ri-chiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, stirpeeletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto (1Pt 2, 9; cf 2, 4-5) hadiritto e dovere in forza del battesimo (SC, n. 14).

    10 Sia il testo romano, sia il testo ambrosiano, riportano queste parole al n. 3.

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    b) La liturgia senza un costante esito vitale - esistenziale nella carit (preghiera - co-munione - diaconia) rischia lestetismo spirituale o lo spiritualismo misticizzante, per-ch perde di vista la novit del culto cristiano in spirito e verit. Ma anche la caritche non generata dalla celebrazione e non si rinnova nella celebrazione rischialefficentismo, ossia la produzione di unopera solo umana, non permeata da Dio, sor-

    gente viva della carit, che a noi si comunica nei sacramenti della Chiesa.Laffermazione della profondissima interdipendenza dellannuncio, della liturgia edella carit nella missione della Chiesa non impedisce al testo conciliare di riconoscereche la liturgia culmen et fons dellazione della Chiesa, proprio perch solo in essa e

    per mezzo di essa data alla Chiesa la possibilit del tutto singolare di avere parte og-gi al mistero del suo Signore, nella memoria di ci che egli ha compiuto e nellaepiclesi del suo Spirito che d la vita.

    7. La reformabilit della liturgia

    Grazie a questa visione teologica della liturgia il concilio ha preso la solenne deci-sione di avviare la riforma dei riti e delle preghiere che compongono le diverse celebra-zioni liturgiche, distinguendo tra la parte immutabile e le parti suscettibili di cam-

    biamenti. quanto ha cos bene sintetizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1205:

    Nella liturgia, e segnatamente in quella dei sacramenti, c una parte immutabile, per-ch di istituzione divina, di cui la Chiesa custode, e ci sono parti suscettibili di cam-biamenti, che essa ha il potere, e talvolta anche il dovere, di adattare alle culture dei

    popoli recentemente evangelizzati.

    La stessa visione teologica della liturgia ha ancora permesso di guardare con fidu-cia allesistenza di tradizioni liturgiche diverse nellambito della Chiesa Cattolica, comeil Rito Ambrosiano distinto dal Rito Romano (cf SC, n. 4).

    ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica, ai nn. 1208-1209, a darne la sintesipi matura: Le diverse tradizioni liturgiche, o riti legittimamente riconosciuti, in quan-to significano e comunicano lo stesso mistero di Cristo, manifestano la cattolicit dellaChiesa. Il criterio che assicura l unit nella pluriformit delle tradizioni liturgiche la

    fedelt alla Tradizione Apostolica, ossia: la comunione nella fede e nei sacramenti ri-cevuti dagli Apostoli, comunione che significata e garantita dalla successione aposto-lica.

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    CAPITOLO II

    LA LITURGIA DELLE ORIGINI CRISTIANE

    Litinerario storico - teologico che ci accingiamo a percorre prende le mosse dallostudio del culto nel Nuovo Testamento (= NT). I documenti neotestamentari, corposcritturistico della pienezza della rivelazione divina, sono infatti la prima fonte da cuiattingere il fatto o i fatti della liturgia cristiana e la loro comprensione credente.

    Dopo unessenziale ricognizione dei fatti rito-cultuali del NT, dai quali si evin-cer una ricca strutturazione liturgica del cristianesimo delle origini, tenteremo di recu-

    perare la novit del concetto neotestamentario di culto, operando due saggi di appro-fondimento: 1) uno studio del modo con cui il NT utilizza il vocabolario cultuale gene-rale (leiturga - latrea); 2) uno studio della rilettura neotestamentaria degli istituti rito-cultuali universalmente conosciuti a livello religioso e specificamente codificati

    nell

    esperienza religiosa di Israele: sacrificio, altare, tempio, sacerdozio.

    1. La prassi rito-cultuale nel Nuovo Testamento

    Se il libro degli Atti degli Apostoli ci informa che i primi cristiani di Gerusalemmecontinuavano ad avere una certa familiarit con la prassi cultuale giudaica, in particolarecon la frequentazione del Tempio (cf At 2, 46; 5, 42; cf. anche Lc 24, 53), con altrettan-ta chiarezza ci mostra la nascita e lo sviluppo di una vita liturgica (rito-cultuale) sem-

    pre pi autonoma e svincolata dalleredit giudaica1.

    1.1. Gli atti rito-cultuali

    Gli atti rito-cultuali che possiamo riconoscere nellattestazione neotestamentariasono molteplici. Di alcuni abbiamo testimonianza diretta, di altri abbiamo indizi, messiin evidenza da unattenta ricerca esegetica, la quale lavora tenendo in conto lipotesi delSitz im Leben (contesto vitale) anche liturgico di molti scritti neotestamentari.

    Rinviando alle pagine del Cullmann per una pi analitica ricostruzione dei dati, maintegrando alcune sue omissioni con il Grelot, possiamo qui limitarci a uno scarno elen-co di atti rito-cultuali gi attestati nella prassi apostolica:

    a) Il rito del battesimo in acqua e Spirito Santo (cf Gv 3, 5), pi volte strettamentecorrelato a un gesto apostolico di imposizione delle mani, a suggello della fede che ac-coglie la predicazione kerigmatica (si vedano almeno: Mc 16, 15-16; Mt 28, 19-20; At2, 41; 8, 14-17; 8, 38; 10, 48; 19, 6).

    b) Il rito dellafrazione del pane (klsis to rtou: At 2, 42; 20, 7-11; 27, 35; 1Cor 10,14-22) o del mangiare la cena del Signore (kuriakn depnon fagen: 1Cor 11, 20) in

    1 Per lapprofondimento di questa parte: HAHN FERDINAND, Il servizio liturgico nel cristianesimoprimitivo = Studi biblici 20, Paideia, Brescia 1972, pp. 9-98; CULLMANN OSCAR,La fede e il culto

    della Chiesa primitiva, Ave, Roma 1974, pp. 143-179;La liturgia nel Nuovo Testamento, a cura diGRELOT PIERRE, Borla, Roma 1992, pp. 332.

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    obbedienza a quanto gli apostoli hanno ricevuto dal Signore (1Cor 11, 23; Mt 26, 26-29;Mc 14, 22-25; Lc 22, 14-20). Mediante questo rito conviviale e sacrificale insieme (cf1Cor 10, 16-22), che trova la sua collocazione temporale originaria nel primo giornodopo il sabato (cf At 20, 7), le comunit cristiane fanno memoria di Cristo e dellasua Pasqua, comunicano alla realt personale del Signore e rinnovano lattesa del convi-

    to messianico (1Cor 11, 26)2

    .

    c) Il rito dellunzione con olio (leipsis elaou) dei malati nel nome del Signore,fatta dai presbiteri della Chiesa in contesto di fede e di preghiera (Gc 5, 14-15), per ilsollievo e la salvezza del malato3.

    d) Il rito dellimposizione delle mani (epthesis tn cheirn) da parte degli apostoli (At6, 6) o dei profeti e dei dottori (At 13, 3) o di un collegio di presbiteri (1Tm 4, 14) incontesto di preghiera (At 6, 6), o di digiuno e di preghiera (At 13, 3), per il conferimen-to di un particolare dono spirituale (1Tm 4, 14) in vista di uno speciale ministero infavore della Chiesa nascente4.

    e) Lapreghiera comune, mediante la proclamazione di salmi, inni e cantici spiritua-li (Col 3, 16-17), sia dellAT, ma reinterpretati in chiave cristologica, sia di nuova e

    pi libera composizione, come risulta dagli inni cristologici di Paolo o dal cantico diZaccaria, di Simeone e di Maria in Luca5.

    1.2. Il luogo dell assemblea liturgica

    Il luogo dellassemblea cristiana riunita per i sui specifici atti rito-cultuali sembraessere complessivamente al di fuori degli spazi sacri del giudaismo (tempio - sinago-ga) e del paganesimo.

    a) Per la preghiera comune, per listruzione degli apostoli e per la frazione del panesia At 12, 12 (Pietro... si rec alla casa di Maria, madre di Giovanni detto Marco, dovemolti erano riuniti e pregavano), sia At 20, 8 (Cera un buon numero di lampade nellastanza al piano superiore, dove eravamo riuniti), sia Rm 16, 3a. 5. 23a (Salutate Pri-sca e Aquila... salutate anche la comunit che si riunisce nella loro casa... Vi salutaGaio, che ospita me e tutta la comunit), sia 1Cor 16, 19b (Vi salutano molto nel Si-gnore Aquila e Prisca, con la comunit che si raduna nella loro casa), come pure altreallusioni pi indirette (cf per es. 1Cor 11, 17ss) o pi difficili da interpretare nel loro

    2 Si veda anche lipotesi di Oscar Cullmann, secondo il quale nellinvocazioneMaranatha (cf 1Cor16, 22; Ap 22, 20) abbiamo un elemento specificamente cristiano delle preghiere liturgiche primi-tive (p. 154).

    3 CULLMANN passa sotto silenzio questa testimonianza. Cf, al contrario, GRELOT PIERRE, o. c. pp.133-134.

    4 Ho elencato di seguito i principali passi in cui compare il gesto rituale dellimposizione delle manoper un ministero senza entrare nella questione del valore specifico di ogni singola testimonianza.Anche di questo CULLMANN non fa cenno. Cf, al contrario, GRELOT PIERRE, o. c., pp. 130-132.

    5 Cullmann propone una lettura in chiave rito-cultuale anche delle numerose confessioni di fede, for-

    mule di benedizione e dossologie contenute negli scritti soprattutto paolini (pp. 162-165). Su questoanche GRELOT PIERRE, o. c., pp. 181-223.

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    senso genuino (cf per es. At 2, 46; 5, 42), parlano della casa di un fratello, che per ca-pienza e decoro avevano la possibilit di contenere un buon numero di persone.

    b) Per il rito battesimale, che suggella laccoglienza nella fede della predicazione apo-stolica, il luogo della sua celebrazione semplicemente quello in cui si ha a disposizio-

    ne dell acqua corrente: o la casa stessa (At 10, 44-48; At 16, 32-34) o il corso di un tor-rente (At 16, 11-15) o un luogo di raccolta dacqua (At 8, 34-39).

    c) Per la preghiera e lunzione che salva, risolleva il malato e gli rimette i peccati (cfGc 5, 15), la lettera di Giacomo fa pensare ancora una volta allambiente domestico:Chi malato, chiami a s i presbiteri della Chiesa (Gc 5, 13).

    1.3. Il tempo della celebrazione

    Il tempo dellassemblea liturgica propriamente cristiana esce progressivamente dal-

    la tutela dei tempi liturgici ebraici, specialmente da quella del sabato. Scrive OscarCullmann: Gli Atti dicono che la Chiesa si riuniva ogni giorno (At 2, 46; cf Lc 24, 53).

    E non escluso che qua e l si sia osservato il sabato. Tuttavia notiamo un fenomeno

    simile a quello che abbiamo appena visto riguardo al luogo di culto: fin dall origine il

    culto della Chiesa si crea una cornice specificamente cristiana; un giorno particolare

    viene messo a disposizione per il culto: il giorno del Signore. Rompendo coscientemente

    con il sabato giudaico, i primi cristiani scelsero il primo giorno della settimana, giorno

    della risurrezione del Cristo, giorno della sua apparizione ai discepoli riuniti nel mo-

    mento del loro pasto... Questa relazione tra il giorno del culto e la risurrezione del Cri-

    sto ci fornisce... un indicazione molto preziosa per ben comprendere il senso stesso di

    ogni culto della Chiesa primitiva6.

    Di fronte a questa ricchezza di dati liturgici, che ci permette di concludereallaffermazione di un cristianesimo che nasce gi liturgicamente strutturato in formeautonome rispetto alla grande tradizione giudaica di partenza e ancor pi rispetto alleforme religiose pagane, nasce spontanea la domanda circa la novit teologica e spiri-tuale che giustifica il nuovo rito-cultuale testimoniato nelle comunit apostoliche.

    2. Liturgia e culto in Spirito e Verit

    Per rispondere a una tale domanda, la prima strada percorsa dagli studiosi stata

    quella di indagare puntualmente sul vocabolario liturgico dell

    AT, nell

    originale ebraicoe nella versione greca dei LXX, per rapportarlo successivamente alla sua ripresa e al suoriutilizzo nel greco del NT. Di questa ricerca recuperiamo i risultati relativi ai termini li-turgia culto (in greco leiturga latrea) e ai loro derivati verbali o aggettivali7.

    6 CULMANN OSCAR, o. c., p. 157.7 Per questa parte riprendiamo MARSILI SALVATORE,La liturgia, momento storico della salvezza in:

    Anmnesis 1., Marietti, Torino1974, pp. 33-44; LYONNET STANISLAO, La nature du culte dans le

    Nouveau Testament, inLa liturgie aprs le Vatican II. Bilans, tudes, prospective, a cura di JOSSUAJ.P.-CONGARYVES = Unam Sanctam 66, Paris 1967, pp. 356-384.

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    condo che il contesto del discorso faccia ancora riferimento al mondo giudaico o pre-scinda ormai totalmente da esso.

    Nelprimo caso (vangelo di Luca e lettera agli Ebrei) c continuit con il linguag-gio dei Settanta: liturgia continua a designare il servizio levitico-sacerdotale (Lc 1,23; Ebr 8, 2. 6; 9, 21; 10, 118).

    Nel secondo caso (corpus paulinum in senso stretto), dove il contesto pare prescin-dere da ogni riferimento diretto al giudaismo (cf Rm 13, 6; 15, 16. 27; 2Cor 9, 12; Fil 2,17. 25. 30), sia il verbo che il sostantivo sono normalmente usati in funzione non ritua-le9.

    A mo di esempio, prendiamo il caso di Fil 2, 25. Paolo parla di Epafrodto comeliturgo delle sue necessit, il quale, a rischio della sua stessa vita, ha sostituito la co-munit di Filippi nella liturgia presso Paolo. Il riferimento ai donativi e alle elemo-sine portate da Epafrodto a Paolo da parte della comunit di Filippi.

    A rigore si potrebbe qui supporre persino un uso dei termini liturgo/liturgia insenso ancora classico (= servizio oneroso), ma la presenza dello stesso termine qualcheversetto prima (Fil 2, 17) a fianco di un vocabolario indiscutibilmente cultuale (spndo

    = versare in libagione; thusa = offerta sacrificale) non d adito a dubbi: Paolo applicauna trasposizione del vocabolario rituale greco dellAT allesistenza cristiana vissutanella forma della carit, dichiarando che ci che Epafrodto e la comunit di Filippihanno compiuto autentica liturgia della fede: Ma, anche se io devo essere versatosul sacrificio e sullofferta (in greco leiturga) della vostra fede, sono contento e ne go-do con tutti voi.

    NB: In contesto inequivocabilmente cristiano, c una sola eccezione alluso cultuale,ma non rituale, del termine liturgia, vale a dire At 13, 2. Qui, infatti, liturgia, purnon designando un atto del sacerdozio levitico, sta ad indicare una vera e propria cele-

    brazione cristiana della comunit di Antiochia (leiturgnton autn t Kuro), guidata opresieduta dai profeti e dai dottori di questa comunit. Se difficile stabilire con preci-sione a quale atto celebrativo Luca faccia riferimento, nessun dubbio serio sul referen-te rituale dellespressione10.

    2.2. Culto (latrea) dall Antico al Nuovo Testamento

    Etimologicamente latrea esprime il concetto di servizio (da ltron = salario, ri-compensa), ma non immediatamente in senso religioso e rito-cultuale. Nel greco deiSettanta, invece, il termine usato per esprimere sia il servizio religioso alle divinit

    pagane, sia il servizio religioso aJahvda parte del popolo d

    Israele nel suo complesso,

    8 Il discorso andrebbe per maggiormente circostanziato almeno per Ebr 8, 2. 6. Se infatti il contestorimanda allAT, il senso del discorso quello di mostrare come il ministero sacerdotale di Cristo altra cosa da quello levitico (cf v. 4), ed di molto superiore a quello che era solo immagine e om-bra delle realt celesti (v. 5). In tal modo la liturgia s quella levitica, ma anche, per parallelo,lazione sacerdotale di Cristo, la quale per tuttaltra cosa.

    9 Per approfondire: BALDANZA GIUSEPPE, Paolo e il culto. Esegesi e teologia = Bibliotheca Epheme-rides Liturgicae. Subsidia 147, CLV. Edizioni Liturgiche, Roma 2009, pp. 151, specialmente i capp.II e III.

    10 Gli scritti lucani (Lc 1, 23 - At 13, 2), a differenza dellepistolario paolino, usano sempre in senso

    specificamente rituale il termine liturgia, anche se nel primo caso si tratta ancora della ritualitebraica, mentre nel secondo della ritualit propriamente cristiana.

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    e da parte del singolo israelita, a esclusione del servizio propriamente levitico-sacerdotale, per il quale stato riservato il termine liturgia11.

    Il NT usa latrea, in forma nominale o verbale, 26 volte. In riferimento al culto ido-latrico pagano (Rm 1, 20), al culto del pio israelita (Lc 2, 37) e al culto reso dai santinella Gerusalemme celeste (Apc 7, 15; 22, 3) il modulo dei Settanta viene rispettato.

    Nuovo sembra essere invece limpiego del vocabolo nel contesto della vita cristiana,dove verbo e sostantivo designano sempre o il ministero apostolico come servizio resoa Dio, o lintera vita cristiana, come culto spirituale.

    Esempio del primo caso linizio della lettera ai Romani, dove Paolo si presentacome colui che rende culto (latruo) a Dio nel suo spirito, annunciando il Vangelo delFiglio suo (cf Rm 1, 9). Esempio del secondo caso lesortazione con cui Paolo iniziala parte parenetica della lettera ai Romani: Vi esorto dunque fratelli, per la misericordiadi Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente ( thusan zsan) santo e gradito aDio; questo il vostro culto spirituale (tn logichn latrean umn) (Rm 12, 1). Ilcommento di Stanislao Lyonnet mette bene in evidenza la novit del testo paolino: Ilsenso chiaro: il culto antico consisteva nell offerta delle vittime immolate; il cristiano

    deve offrire se stesso nella sua vita di ogni giorno, la quale una partecipazione allavita stessa del Cristo, perchnon sono pi io che vive, ma il Cristo che vive in me(Gal 2, 20); una tale vittima vivente non pu essere che santa e gradita a Dio, infi-nitamente di pi degli animali offerti da Israele. Del resto, affinch non si equivochi sul

    suo pensiero, Paolo aggiunge un apposizione: vostro culto spirituale, come per dire:

    voi non ne avete un altro e questo spirituale; esso consiste nella vostra vita di tutti i

    giorni, vita di carit totalmente disinteressata, come precisamente lo fu quella di Cri-

    sto"12.Lesortazione paolina di Rm 12, 1 dunque in perfetta sintonia con il lghion mar-

    ciano, secondo il quale amare Dio con tutto il cuore, con tutta lintelligenza e con tuttala forza e amare il prossimo come se stesso vale di pi di tutti gli olocausti e i sacrifici(Mc 12, 33), e con il lghion giovanneo, secondo il quale i veri adoratori adoreranno ilPadre in spirito e verit; cos infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano (Gv4, 23).

    Volendo concludere questindagine, parziale, ma significativa, sul vocabolario cul-tuale generale neotestamentario possiamo perci affermare:

    a) I termini liturgia e latria, utilizzati dai Settanta, luno per il servizio rito-cultuale del tempio, laltro per il servizio extra-templare, sia rito-cultuale che esistenzia-le, quando sono impiegati in contesto propriamente cristiano, a parte leccezione di At13, 2, tendono a indicare il culto anzitutto reso con la vita (vita apostolica - servizio di

    carit - preghiera di lode...);b) Questo primato del culto spirituale rispetto al culto rituale o, detto in modo di-verso, questo inveramento del culto rituale nel culto spirituale ha il suo fondamentoultimo nella reinterpretazione in chiave cultuale dellintera singolare vicenda storica diGes Cristo e, in particolare, della sua morte redentrice.

    11 Si veda per esempio, Gs 24, 1ss, dove il verbo servire usato ripetutamente, sia in riferimentoagli idoli, sia in riferimento aJahw, ed esprime al contempo un atteggiamento esistenziale (osser-vanza dei comandamenti) e un atteggiamento rito-cultuale.

    12 LYONNET STANISLAO, o. c., p. 371.

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    Se, infatti, in Ges Cristo lobbedienza al Padre fino alla morte di croce a costi-tuire la forma compiuta del culto reso a Dio, di cui i sacrifici del tempio sono solo om-

    bra e figura, la partecipazione a tale obbedienza, mediante unesistenza vissuta nellafede, speranza e carit, sar la forma compiuta del culto cristiano e la ragione propriadella celebrazione liturgica cristiana.

    c) Di conseguenza, i momenti propriamente rito-cultuali del nuovo popolodellalleanza (il battesimo - la frazione del pane - lunzione dei malati, ecc...), pur ap-

    partenendo di diritto alla liturgia - latria cristiana, non sono designati esplicitamente(cf per At 13, 2) con questi nomi.

    La cosa non sembrerebbe casuale ma intenzionale; per impedire cio una letturaacritica e concordista del passaggio dagli istituti rito-cultuali dellAT agli istituti rito-cultuali del NT. I riti cristiani non sono una semplice sostituzione dei riti giudaici, maun loro radicale superamento. Essi rinviano, infatti, al compimento di ogni istituto cul-tuale nella donazione pasquale di Ges e da essa traggono la loro ragion dessere.

    3. Sacrificio altare tempio e sacerdozio nella rilettura del NT

    Se gi sul finire dellepoca apostolica, ma soprattutto nei secc. II-III dellera cri-stiana, la Chiesa dovette difendersi dallaccusa di ateismo e di empiet13, mossalesia da parte dei giudei che da parte dei pagani, la ragione pi immediata sembra debbaessere rinvenuta nella difficolt a ritrovare presso il culto cristiano i segni ordinari della

    pietas religiosa tradizionale, vale a dire: i sacrifici animali [thusa], laltare per loffertadei sacrifici [thusiastrion], il tempio [hiern - nas] e il sacerdozio [hierosne].

    Che cosa avvenuto di queste realt, ritenute decisive, sia nel mondo religioso pa-gano che in quello ebraico, pur con le dovute differenze, per unesperienza autentica-mente religiosa? Sono state del tutto abolite in favore di un culto totalmente interiore espirituale o hanno subito una reinterpretazione teologica cos nuova da introdurre nella

    prassi rito - cultuale cristiana una radicale discontinuit con il mondo religioso circo-stante, sia giudaico che pagano?

    La risposta, alla luce delle affermazioni neotestamentarie e della successiva tradi-zione liturgica della Chiesa, risulta piuttosto netta: sacrificio, altare, tempio e sacerdo-zio, a partire dallevento pasquale di Cristo, realizzano la loro propria identit a un livel-lo cos nuovo di realt da far regredire a figura e ombra, per quanto provvidenzialeesso sia stato, tutto ci che precedentemente era insignito di questi stessi nomi14.

    3.1. Il sacrificioCos nel NT, soprattutto in quello straordinario, e non facile scritto che la lettera

    agli Ebrei15, il sacrificio non pi lofferta della vittima animale, compiuta dai sacerdoti

    13 Il rimando agli scritti dei Padri apologeti greci, quali Aristide, Giustino, Taziano, e latini, qualiTertulliano e Lattanzio.

    14 Interessanti contributi per approfondire in: Tempio, culto e sacerdozio. Atti del XII Convegno diStudi Neotestamentari e Anticotestamentari. Fara Sabina, 13-15 settembre 2007, a cura di ANTONIOPITTA, Dehoniane, Bologna 2009, pp. 270.

    15 Per questa parte rinvio al testo veramente magistrale di VANHOYE ALBERT, Sacerdoti antichi e nuo-

    vo sacerdote secondo il Nuovo Testamento, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1985. Per la reinterpreta-zione cristologico-cristiana del sacrificio pp. 137-185. Utile anche la lettura di MANZI FRANCO,

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  • 7/28/2019 Introduzione teologico-storica alla liturgia

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    sullaltare del tempio come rito di espiazione per i propri peccati e per quelli di tutto ilpopolo, ma la totale e intima obbedienza di Cristo al Padre per la remissione dei peccati(cf Ef 5, 2; Ebr 9, 14; 10, 8-12), che si manifesta e si attua nellimmolazione cruentadella croce.

    Anche i cristiani, partecipando del sacrificio di Cristo che offre il suo corpo (cf

    Ebr 10, 10) mediante i riti memoriali della sua Pasqua (battesimo - frazione del pane...),offrono nel loro corpo se stessi come sacrificio vivente e santo, cio come autenti-co culto spirituale a Dio gradito (cf Rm 12, 1; 1Pt 2, 5).

    E come il sacrificio di Cristo si realizz in un atto interiore di libert (cf Ebr 10, 7.10), che prese la forma di un sacrificio di preghiera e di supplica (cf Ebr 5, 7), cosanche il sacrificio della Chiesa, e di ogni singolo cristiano, si compie in unadesione in-teriore della volont, che si esprime nellofferta della preghiera di lode e nella con-fessione del nome santo di Dio (cf Ebr 13, 15-16).

    Anche la valenza sacrificale delleucaristia, proprio perch totalmente relativa e to-talmente partecipe del sacrificio pasquale di Cristo, non potr che esprimersi nella for-ma rituale del sacrificio della lode della Chiesa16.

    3.2. L altare

    Cos laltare, su cui si compie lofferta del sacrificio, non pi la pietra posta allingresso del tempio sulla quale i sacerdoti dellAT offrivano i loro sacrifici cruenti, ma Ges Cristo per mezzo del quale offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode,frutto di labbra che confessano il suo nome (Ebr 13, 15).

    Egli infatti la pietra angolare (cf Ef 2, 20) sulla quale poggia ledificio santo diDio, che la Chiesa, e per la quale ogni autentico culto viene elevato alla gloria del Pa-dre (cf Ebr 13, 10).

    3.3. Il tempio

    Cos il tempio, luogo dove Dio va incontro alluomo nella pienezza della sua rive-lazione, non pi lo spazio fisico edificato nella citt santa, ma il corpo personale -ecclesiale di Cristo17.

    Lettera agli Ebrei = Nuovo Testamento. Commento esegetico-spirituale, Citt Nuova, Roma 2001,pp. 227.

    16 gi della narrazione della cena del Signore nei sinottici e in Paolo la concentrazione sulla euloga- eucharista, che prender la forma dellanafora cristiana. In essa il memoriale del sacrificio del-la croce, esso stesso sacrificio per identit sacramentale, si