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INTRODUZIONE La riforma del codice Rocco Il 22 Settembre 1988 è stato approvato – con D.P.R. n. 447, pubblicato nella Gazzet- ta Ufficiale del 24 Ottobre 1988 – il testo del nuovo codice di procedura penale, la cui entrata in vigore è fissata un anno dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il nuovo codice si ispira ad una filosofia e ad una struttura pro- fondamente diverse da quelle del codice precedente. Si tratta del primo codice del- l'Italia repubblicana, che sostituisce, dopo quasi sessanta anni, il codice Rocco dei 1930. E non deve sorprendere che il primo codice che si è voluto varare sia proprio quello di procedura penale in quanto è nota l'interdipendenza tra processo penale e ordinamento politico dello Stato. Non era, infatti, possibile lasciare ancora so- pravvivere, dopo la restaurazione del regime democratico, un codice caratterizzato da una struttura indagatoria, tipica dei regimi autoritari. Per la verità il codice Rocco del 1930, indubbiamente pregevole sotto il profilo tec- nico, aveva non poche connotazioni liberali, dovute alla cultura dei giuristi del pe- riodo prefascista, che in gran parte avevano collaborato alla sua redazione. Ma l'impronta politica del regime autoritario si rivelava in molte altre sue disposizioni e, soprattutto, nella scelta di una istruzione segreta e scritta, di evidente stampo indagatorio, in cui veniva lasciato poco spazio al diritto di difesa ed erano note- volmente compressi i diritti di libertà del cittadino. E’ bensì vero che su quella struttura si erano operati, mediante leggi speciali, numerosi innesti, diretti a garan- tire il diritto di difesa. Ma tale processo di «liberalizzazione», reso necessario anche per l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1948), aveva creato inevita- bili scompensi con la originaria struttura indagatoria del codice: tanto che qualche autore aveva parlato, a questo proposito, di «garantismo indagatorio» o di «soave inquisizione». Si era trattato, peraltro, sempre di «piccole riforme», come quella re- alizzata con la legge 18 giugno 1955 n. 517, di sporadici interventi normativi o di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale, perché in contrasto con i principi costituzionali. La situazione si era complicata ulteriormente per l'in- tervento di una serie di innovazioni legislative dettate dalla necessità di combattere il fenomeno del terrorismo e più in generale la criminalità organizzata. Queste nuove norme, generalmente denominate come «legislazione dell'emergenza», ave- PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com

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INTRODUZIONE

La riforma del codice Rocco

Il 22 Settembre 1988 è stato approvato – con D.P.R. n. 447, pubblicato nella Gazzet-

ta Ufficiale del 24 Ottobre 1988 – il testo del nuovo codice di procedura penale, la

cui entrata in vigore è fissata un anno dopo la data della sua pubblicazione nella

Gazzetta Ufficiale. Il nuovo codice si ispira ad una filosofia e ad una struttura pro-

fondamente diverse da quelle del codice precedente. Si tratta del primo codice del-

l'Italia repubblicana, che sostituisce, dopo quasi sessanta anni, il codice Rocco dei

1930. E non deve sorprendere che il primo codice che si è voluto varare sia proprio

quello di procedura penale in quanto è nota l'interdipendenza tra processo penale

e ordinamento politico dello Stato. Non era, infatti, possibile lasciare ancora so-

pravvivere, dopo la restaurazione del regime democratico, un codice caratterizzato

da una struttura indagatoria, tipica dei regimi autoritari.

Per la verità il codice Rocco del 1930, indubbiamente pregevole sotto il profilo tec-

nico, aveva non poche connotazioni liberali, dovute alla cultura dei giuristi del pe-

riodo prefascista, che in gran parte avevano collaborato alla sua redazione. Ma

l'impronta politica del regime autoritario si rivelava in molte altre sue disposizioni

e, soprattutto, nella scelta di una istruzione segreta e scritta, di evidente stampo

indagatorio, in cui veniva lasciato poco spazio al diritto di difesa ed erano note-

volmente compressi i diritti di libertà del cittadino. E’ bensì vero che su quella

struttura si erano operati, mediante leggi speciali, numerosi innesti, diretti a garan-

tire il diritto di difesa. Ma tale processo di «liberalizzazione», reso necessario anche

per l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1948), aveva creato inevita-

bili scompensi con la originaria struttura indagatoria del codice: tanto che qualche

autore aveva parlato, a questo proposito, di «garantismo indagatorio» o di «soave

inquisizione». Si era trattato, peraltro, sempre di «piccole riforme», come quella re-

alizzata con la legge 18 giugno 1955 n. 517, di sporadici interventi normativi o di

disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale, perché in contrasto

con i principi costituzionali. La situazione si era complicata ulteriormente per l'in-

tervento di una serie di innovazioni legislative dettate dalla necessità di combattere

il fenomeno del terrorismo e più in generale la criminalità organizzata. Queste

nuove norme, generalmente denominate come «legislazione dell'emergenza», ave-

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vano introdotto, dal 1974 in poi, delle restrizioni estremamente pesanti ai diritti

dell'imputato e, più in generale, alle garanzie difensive. Contro tali limitazioni non

erano mancate critiche da parte della dottrina. Basterebbe ricordare, per fare solo

un esempio, che per i reati più gravi era prevista una carcerazione preventiva che

poteva giungere fino ad un massimo di dieci anni ed otto mesi, anche se, con una

legge successiva dei 1984, tale limite era stato ridotto a sei anni. Su questo tema,

come su altri - quali la disciplina della contumacia e la lunga durata del processo

penale - anche la Corte Europea aveva avuto occasione di criticare la legislazione

processuale penale italiana. Per di più, questo alternarsi e sovrapporsi di riforme di

segno opposto, espressioni di tendenze diverse e contrastanti, aveva dato luogo ad

un grave disorientamento nella pubblica opinione.

Questi brevi cenni alle vicende subite dal codice di procedura penale del 1930 fan-

no capire come le istanze di riforma del processo penale fossero diventate, negli

ultimi tempi, sempre più insistenti. Per la verità, l'esigenza di riforma era stata av-

vertita subito dopo il ripristino delle libertà democratiche. Si trattava però di sce-

gliere se operare ancora sulla base dei codice del 1930, con interventi razionali e

coordinati, ovvero optare per un codice ispirato ad un sistema del tutto diverso.

Ecco perché, abbandonata l'idea di interventi parziali e settoriali, si cominciò a

pensare ad una riforma radicale dei sistema. Il primo tentativo in questa direzione

fu fatto, nel 1962, da una Commissione Ministeriale presieduta dal prof. Francesco

Carnelutti, che si concretò in una «bozza di Progetto», pubblicata nel 1963, ispirata

al sistema accusatorio, ma incompleta e tale da non costituire una piattaforma va-

lida per una effettiva riforma. Nel 1965 il Parlamento mise mano, invece, alla ela-

borazione di una «delega legislativa» al Governo, per l'emanazione del nuovo co-

dice di procedura penale. Secondo il sistema della «delega legislativa» il Parlamen-

to indica solo i «criteri direttivi» ai quali deve ispirarsi il Governo nella predisposi-

zione dei nuovo codice: ma questa volta il Parlamento, dopo un lavoro protrattosi

per tre Legislature, approvò una Legge-delega (3 aprile 1974 n. 108) in cui veniva-

no enunciate ben 84 direttive. Di particolare importanza era la premessa, secondo

cui il nuovo codice di procedura penale doveva «attuare nel processo penale i ca-

ratteri del sistema accusatorio» ed inoltre adeguarsi ai «principi della Costituzio-

ne» ed alle «norme delle Convenzioni internazionali ratificate dall'Italia relative ai

diritti della persona». A questo riguardo vale la pena di ricordare che la Costitu-

zione italiana del 1948, analogamente a quanto fanno anche altre Costituzioni mo-

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derne, dedica molte disposizioni ai principi che devono regolare il processo, ed in

particolare il processo penale. Basterà ricordare, tra gli altri, l'art. 13, secondo cui

«la libertà personale è inviolabile» e «non è ammessa forma alcuna di detenzione,

di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà

personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi

previsti dalla legge». Lo stesso articolo prevede che «la legge deve stabilire i limiti

massimi della carcerazione preventiva». Non meno importante è l'art. 24 che pro-

clama «la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Esso

impegna, inoltre, il legislatore ordinario ad «assicurare ai non abbienti, con apposi-

ti istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione», nonché a

determinare «le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari».

Fondamentale è, altresì, la previsione secondo cui «nessuno può essere distolto dal

giudice naturale precostituito per legge» (art. 25). La presunzione di innocenza del-

l'imputato è consacrata, infine, nell'art. 27 con la formula «L'imputato non è consi-

derato colpevole sino alla condanna definitiva».

Sulla base della Legge-delega del 1974 una Commissione Ministeriale predispose

un Progetto preliminare di 653 articoli, diviso in due Parti e composto di undici Li-

bri. Detto Progetto, pubblicato nel 1978, delineava un tipo di «processo di parti a

struttura accusatoria», con una tendenziale eguaglianza di posizione tra P.M. e di-

fensore dell'imputato; aboliva l'istruzione formale e la figura del G.I. e spostava

l'acquisizione della prova alla fase dibattimentale, che diventava il momento cen-

trale del processo. Il Progetto del 1978 era accompagnato da un'ampia relazione il-

lustrativa, che dava conto delle radicali innovazioni apportate. Sennonché il Go-

verno, dopo aver chiesto numerose proroghe, lasciò scadere il termine previsto dal-

la Legge-delega, senza tradurre in legge il Progetto. Tale comportamento può tro-

vare la sua spiegazione nel difficile momento che l'Italia attraversava in quel pe-

riodo, a causa della grave situazione creata dal terrorismo e da altre forme di cri-

minalità organizzata. Ma l'esigenza di avere un nuovo codice di procedura penale

permaneva e diventava, anzi, sempre più urgente, per le gravi disfunzioni del-

l'amministrazione della giustizia. Si lamentavano, soprattutto, la estrema lentezza

dei processi, le lunghe - e spesso ingiustificate - carcerazioni preventive (la mag-

gior parte dei detenuti era costituita da imputati in attesa di giudizio), la compres-

sione dei diritti della difesa ed altre notevoli carenze. Cosicché il Parlamento si mi-

se al lavoro per elaborare una nuova Legge-delega, che tenesse anche conto dei ri-

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lievi e delle critiche che erano state mosse alla precedente Legge del 1974 ed al

Progetto del 1978.

La nuova Legge-delega veniva approvata dal Parlamento con Legge 16 febbraio

1987 n. 81. Dopo aver premesso, ancora una volta, che il codice di procedura pena-

le avrebbe dovuto attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle

Convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona nel

processo penale, la nuova Legge-delega ribadiva che doveva essere adottato il si-

stema accusatorio, e fissava in 105 punti le direttive alle quali doveva adeguarsi il

nuovo processo. Senza entrare nei dettagli, segnaliamo solo alcune delle direttive

di carattere generale fissate dal legislatore delegante.

Si stabiliva, innanzitutto, che il nuovo processo dovesse ispirarsi alla massima

semplificazione delle forme e dovesse adottare il principio di oralità. Si affermava

che accusa e difesa dovessero essere trattate su base di parità in ogni stato e grado

del procedimento, con obbligo del giudice di provvedere senza ritardo sulle richie-

ste delle parti e dei difensori. Si prevedeva il diritto dell’imputato o del fermato di

essere avvertito immediatamente della facoltà di nominare un difensore e di farsi

assistere dallo stesso nell'interrogatorio e, in caso di carcerazione preventiva, di

conferire con il difensore immediatamente o subito dopo la esecuzione del prov-

vedimento limitativo della libertà personale. Si stabilivano precise garanzie per la

libertà del difensore in ogni stato e grado del procedimento. Venivano previste mi-

sure alternative alla custodia in carcere e si fissava un termine massimo di quattro

anni per la carcerazione preventiva, per i reati più gravi.

Il testo del nuovo codice di procedura penale è stato predisposto da una Commis-

sione ministeriale e sottoposto al controllo di «conformità alla delega» da una

Commissione parlamentare presieduta dal prof. Marcello Gallo. Dopo l'approva-

zione del Governo, il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, firmava il 22

settembre 1988 il Decreto Presidenziale n. 447, controfirmato dal Guardasigilli prof.

Giuliano Vassalli1.

Il codice è diviso in due Parti: la prima consta di quattro Libri, rispettivamente de-

dicati ai «Soggetti» (Giudice; Pubblico Ministero; Polizia giudiziaria; Imputato;

Parte civile; Responsabile civile e Civilmente obbligato per la pena pecuniaria; Per-

sona offesa dal reato; Difensore), agli «Atti», alle «Prove» (in cui si distinguono

1 pubblicato, poi, nel Supplemento della Gazzetta Ufficiale del 24 ottobre 1988, che prevede il termine diun anno per l'entrata in vigore del codice

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mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova) ed alle «Misure cautelari» («persona-

li e reali»). La seconda Parte consta di sette Libri e descrive l'iter del procedimento.

Si parte dalle «Indagini preliminari», affidate alla Polizia giudiziaria sotto la diret-

tiva del Pubblico Ministero, che si concludono con una «Udienza preliminare» (Li-

bro V). li Libro VI è dedicato ai «Procedimenti speciali», ai quali seguono poi il

«Giudizio» (Libro VII), il «Procedimento davanti al Pretore» (Libro VIII), le «Impu-

gnazioni» (Libro IX), la «Esecuzione» (Libro X) e i «Rapporti giurisdizionali con au-

torità straniere» (Libro XI).

Da questa elencazione emerge, a grandi linee, la struttura del nuovo processo, così

come se ne intravedono alcune delle innovazioni più significative.

Il procedimento inizia, infatti, con le indagini preliminari, affidate al P.M. ed alla

Polizia giudiziaria. Quest'ultima agisce, anche di propria iniziativa, al fine di ricer-

care ed assicurare le fonti di prova. La durata delle indagini preliminari deve, di

regola, esaurirsi nel termine di sei mesi dalla data di identificazione della persona

alla quale è attribuito il reato; ma può, a richiesta dei P.M., essere prorogato fino al

termine massimo di diciotto mesi e, in casi particolari espressamente previsti dalla

legge, fino a due anni.

Al termine delle indagini preliminari il P.M., se la notizia dei reato è infondata,

presenta al Giudice richiesta di archiviazione. Se questi accoglie la richiesta, pro-

nuncia decreto motivato; se non l'accoglie, fissa un'udienza in camera di consiglio

dandone avviso alle parti. Se non si procede all'archiviazione, il P.M. chiede il rin-

vio a giudizio o si limita a formulare l'imputazione. Gli elementi acquisiti in questa

fase non hanno, di regola, valore di prova, in quanto acquisiti senza il contraddit-

torio delle parti. Può tuttavia accadere che, anche in questa fase preliminare, si

debbano acquisire delle prove senza attendere il dibattimento, perché la prova po-

trebbe, nel frattempo, disperdersi o deteriorarsi. In tali casi, e più in generale

quando si tratti di prova «non rinviabile al dibattimento», il nuovo codice prevede

un meccanismo particolare di acquisizione della prova chiamato «incidente proba-

torio». Su richiesta delle parti interessate (P.M. o difensore dell'imputato), infatti, il

Giudice può acquisire una prova testimoniale o svolgere una perizia, con la garan-

zia del contraddittorio. Si tratta, in sostanza, di una anticipazione del dibattimento,

resa necessaria dalla esigenza di non fare disperdere una prova che potrebbe veni-

re a mancare. Con questo sistema si è inteso sopperire ad una situazione determi-

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nata dalla abolizione della istruzione, segreta e scritta, tipica dei sistemi indagatori,

ed alla conseguente soppressione della figura del Giudice istruttore.

Altro istituto, che caratterizza tipicamente il nuovo processo, è la «udienza preli-

minare», che fa da spartiacque tra la fase delle indagini preliminari e quella del

giudizio o, sotto altro profilo, tra la fase preprocessuale e quella processuale vera e

propria. Mentre nel Progetto preliminare del 1978 l'udienza preliminare aveva

funzione di mero smistamento, nella formulazione della Legge-delega del 1987 e

nel codice dell'88 tale udienza ha acquistato un ruolo diverso ed una dimensione

più ampia. Il P.M. vi espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e

gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato

può chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio e si svolge una discussione, alla

quale partecipano i difensori di tutte le parti, con diritto di replica. Tale discussione

si svolge, di regola, sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. (la discovery

del processo anglosassone), nonché degli atti e documenti ammessi dal Giudice

prima dell'inizio della discussione. Ma se il Giudice non ritiene di poter decidere

allo stato degli atti, dopo la discussione, può indicare alle parti temi nuovi o in-

completi sui quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni ai fini della

decisione. In tal caso il P.M. e i difensori possono produrre nuovi documenti e

chiedere l'audizione di testimoni e di consulenti tecnici e perfino l'interrogatorio di

imputati dello stesso reato o di reati connessi per i quali si procede separatamente.

Chiusa la discussione il Giudice pronuncia la sentenza di non luogo a procedere o

decreto di rinvio a giudizio, dando immediata lettura dei provvedimento.

Dalla «udienza preliminare» possono dipartirsi, sull'accordo delle parti, dei «pro-

cedimenti alternativi» o «speciali» (giudizio abbreviato, patteggiamento, ecc.) che

costituiscono forse la novità più interessante del nuovo processo. Sul funzionamen-

to pratico di tali nuovi riti si fondano, infatti, le maggiori speranze di accelerare i

tempi del processo penale. In particolare, col «giudizio abbreviato» si conferisce al

Giudice dell'udienza preliminare il potere di pronunciare anche sentenza di meri-

to, allo stato degli atti, se vi è richiesta dell'imputato e consenso dei P.M, Per incen-

tivare il ricorso a tale speciale procedimento è stato previsto, in conformità alla di-

rettiva 53 della Legge-delega, che, in caso di condanna, le pene da irrogare per il

reato ritenuto in sentenza siano diminuite di un terzo. Si tratta, in sostanza, di un

«patteggiamento sul rito», distinto dal «patteggiamento sulla pena», che rappre-

senta un'altra alternativa offerta alle parti per evitare il dibattimento. Nel patteg-

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giamento sulla pena, denominato dal codice «applicazione della pena su richiesta

delle parti», il Giudice, su concorde richiesta delle. parti, può infliggere una san-

zione sostitutiva o una pena pecuniaria diminuita fino a un terzo ovvero anche u-

na, pena detentiva, quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino

a un terzo, non superi i due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena

pecuniaria. In tal caso il Giudice applica la pena concordata tra P.M. e imputato.

Alla condanna non segue l'onere del pagamento delle spese, così come non sono

applicabili pene accessorie o misure di sicurezza, fatta eccezione per la confisca, nei

casi in cui sia obbligatoria. Può essere, invece, richiesta ed applicata la sospensione

condizionale della pena. Così disciplinato, il «patteggiamento» del nuovo codice

allarga notevolmente la sua sfera di applicabilità rispetto all'istituto che - sul mo-

dello del plea bargaining anglosassone - era stato già introdotto nella legislazione

italiana. Questi istituti, assieme al giudizio direttissimo, al giudizio immediato ed

al giudizio per decreto, hanno soprattutto lo scopo di evitare un appesantimento

del giudizio ordinario nei casi in cui il processo possa chiudersi anticipatamente.

Questo spiega le notevoli riduzioni di pena e gli altri vantaggi previsti, onde inco-

raggiare le parti a ricorrervi ed evitare così il rischio di moltiplicare i dibattimenti,

frustrando l'aspettativa di rendere più celere il corso della giustizia.

Altro argomento sul quale il nuovo codice si differenzia notevolmente dal codice

dei 1930 è quello della prova. E’ intanto, significativo che all'argomento si sia dedi-

cato un Libro a sé, considerandolo giustamente un tema centrale del processo. Vie-

ne, poi, riconosciuto espressamente il diritto alla prova (art. 190), in attuazione del-

la direttiva n. 69 della Legge-delega e in conformità dell'art. 6 n. 3 della Conven-

zione europea dei diritti dell'uomo. Si stabilisce che «non possono essere utilizzate

le prove illegittimamente acquisite» (art. 191) e si indicano dei criteri da seguire

nella valutazione della prova (art. 192), onde evitare gli eccessi interpretativi nei

quali è spesso incorsa la giurisprudenza nell'applicazione del principio del «libero

convincimento del giudice». Il nuovo codice ha abolito la formula assolutoria «per

insufficienza di prove», prevista nel codice Rocco (tema che è stato oggetto di am-

pie discussioni anche in sede parlamentare), ma ha precisato all'art. 530, che «il

giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è

contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso o che il

fatto costituisce reato».

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Per quanto riguarda le misure restrittive della libertà personale, il nuovo codice si è

ispirato ai principi della proporzionalità e della adeguatezza. In base a tali criteri si

sono previste misure alternative alla carcerazione preventiva; si è stabilito che alla

limitazione della libertà personale si debba ricorrere solo in presenza di «gravi in-

dizi di colpevolezza» (art. 273) e qualora esistano «inderogabili esigenze attinenti

alle indagini, in relazione a specifiche situazioni di concreto pericolo per l'acquisi-

zione o la genuinità della prova» ovvero «quando l'imputato si è dato alla fuga o

sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga». Il ricorso all'applicazione di mi-

sure coercitive personali è, inoltre, consentito anche «quando, per specifiche moda-

lità e circostanze del fatto e per la personalità dell'imputato», sussiste un concreto

pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di vio-

lenza personale oppure della stessa specie di quelli per cui si procede o diretti con-

tro la sicurezza collettiva o l'ordine costituzionale ovvero gravi delitti di criminalità

organizzata (art. 274). A disporre le misure coercitive - a differenza del codice Roc-

co, che riconosceva anche al P.M. il potere di emettere «ordini di cattura» - è com-

petente esclusivamente il Giudice, il quale deve tener conto, nel disporre la misura,

della sua specifica idoneità a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto,

nonché della sua proporzionalità (o adeguatezza) all'entità del fatto ed alla sanzio-

ne che presumibilmente sarà irrogata. In ogni caso la carcerazione preventiva (o

«custodia in carcere», secondo la più moderna espressione adottata dal nuovo co-

dice) potrà essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata:

vale a dire che essa deve essere considerata dal giudice la extrema ratio alla quale

ricorrere solo in casi di assoluta necessità e sulla base dei presupposti sopra reciti.

Questi criteri restrittivi (ma non troppo), presuppongono - come si è già avvertito -

che accanto alla detenzione preventiva siano previste altre misure cautelari dirette

ad assicurare la presenza dell'imputato al processo o, comunque, a tutelare le esi-

genze di difesa sociale. Oltre agli «arresti domiciliari», consistenti nell'obbligo del-

l'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata

dimora o di cura (art. 284), sono, a tal fine, previsti il «divieto di espatrio» (art. 281);

il «divieto o l'obbligo di dimora» (art. 283) e «l'obbligo di presentazione alla polizia

giudiziaria» (art. 282). Accanto a queste «misure coercitive» sono, poi, previste del-

le «misure interdittive», consistenti nella «sospensione dall'esercizio di un pubblico

ufficio o servizio», nella «sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori» o nel

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«divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprendito-

riali».

L’originalità del nuovo modello processuale

Come si è già rilevato è soprattutto la struttura dei processo che è mutata, ispiran-

dosi al modello accusatorio, anziché a quello indagatorio. A questo riguardo, però,

non possiamo sottrarci ad una osservazione. Da più parti si sente ripetere, con insi-

stenza degna di miglior causa, che il nuovo codice di procedura penale sarebbe

una riproduzione del processo anglo-americano. Orbene, se si vuole soltanto signi-

ficare che il nuovo processo penale italiano è ispirato al modello accusatorio, al

quale si richiamano i processi di tipo anglosassone (pur con le differenze che esi-

stono tra il processo inglese ed i processi nordamericani) si dice cosa esatta. Non

v'è dubbio, infatti, che il nuovo processo italiano si allontana decisamente dal mo-

dello indagatorio, al quale si ispirava il codice del 1930, e si presenta come un

«processo di parti». Sennonché, a prescindere dall'ovvio rilievo che ogni processo,

anche a prescindere dalla sua struttura, è modellato dagli usi e costumi, oltre che

dall'ordinamento politico, giuridico e costituzionale del Paese in cui opera - per cui

è assurdo pensare a trapianti che sarebbero ineluttabilmente destinati ad una rea-

zione di rigetto - non possiamo non sottolineare che la scelta del modello accusato-

rio si riallaccia alla migliore dottrina italiana e, storicamente, alla genuina tradizio-

ne romanistica. Basta rileggere quanto scriveva Cesare Beccaria, nella sua immorta-

le opera «Dei delitti e delle pene», nella quale si scagliava contro le accuse segrete e

contro la tortura, strumento tipico dei sistema indagatorio, da lui considerato

«mezzo sicuro per assolvere i robusti scellerati e per condannare i deboli innocen-

ti». Ma, più ancora, vale la pena di ricordare quanto scriveva Francesco Carrara al-

lorché si batteva, con parole roventi, contro l'istituto dei giudice istruttore e, più in

generale, contro il sistema indagatorio. «Sia abolito ogni segreto - Egli ammoniva -

anche nel primo periodo dei processo criminale che dicesi indagatorio. Tutto, an-

che qui, si faccia col metodo accusatorio puro, cioè in pubblico e nel costante con-

traddittorio dell'imputato e del suo difensore». Ecco perché la scelta di fondo del

rito accusatorio, operata fin dalla prima Legge-delega dei 1974 e poi ribadita nella

Legge-delega dei 1987, si ricollega alla migliore tradizione italiana. Certo, né la

Legge-delega del 3 aprile 1974 n. 108 e neppure la nuova Legge-delega 16 febbraio

1987 n. 81, in attuazione della quale è stato redatto il nuovo codice di procedura

penale, realizza un puro modello accusatorio: e neppure sarebbe stato possibile,

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Diritto Processuale Penale10

non foss'altro perché questo avrebbe comportato anche il ripristino della «giuria»,

storicamente legata al processo di tipo accusatorio, mentre - come è noto - tale isti-

tuto è stato abolito in Italia e non si è inteso ripristinarlo. Del resto l'art. 2 della leg-

ge-delega 16 febbraio 1987 n. 81 precisa - come già faceva quella del '74 - che il

nuovo codice doveva attuare «i caratteri del sistema accusatorio secondo i principi

e i criteri che seguono». E tra essi, mentre vengono indicati «l'adozione del metodo

orale» e «la partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parità» (caratteri ti-

pici, appunto, del sistema accusatorio), si elencano anche direttive che certamente

non sono tipiche del sistema accusatorio (come, ad esempio, la presenza della parte

civile, del responsabile civile e di altri soggetti sicuramente estranei alla pretesa

punitiva dello Stato). Questo significa che il nuovo processo, anche se tendenzial-

mente ispirato al modello accusatorio, ha, nella stessa intenzione del legislatore de-

legante, una struttura propria originale, caratterizzata anche dalla esigenza, posta

giustamente in primo piano dalla legge-delega, di attuare i principi della Costitu-

zione e di adeguarsi alle norme delle Convenzioni internazionali ratificate dall'Ita-

lia e relative ai diritti della persona.

I SOGGETTI

IL GIUDICE

Il codice di rito si apre con la normativa relativa al giudice come a sottolineare –

coerentemente con il sistema accusatorio adottato - il ruolo centrale che tale sogget-

to processuale, titolare del potere decisionale, riveste nell’attuale ordinamento. La

disciplina del codice in questo ambito attiene a profili organizzativi, strutturali e

funzionali quali giurisdizione e competenza (con le relative problematiche sui con-

flitti), capacità, incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice nonché la ri-

messione del processo.

Recita l’art. 1: “la giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordi-

namento giudiziario secondo le norme di questo codice”. La giurisdizione qui richiamata

è, nel senso più lato dell’espressione, la funzione dello Stato, esercitata dalla magi-

stratura ordinaria a norma dell’art. 102 Cost.2 e rivolta all’imparziale attuazione

2 102 Cost. – “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sul-l'ordinamento giudiziario.

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Diritto Processuale Penale 11

della legge, tramite l’applicazione di sanzioni qualora venga trasgredito il precetto

della norma giuridica.

L’art. 101 della Costituzione, dopo aver premesso che la giustizia è amministrata in

nome del popolo, sancisce uno dei principi fondamentali di tutto il nostro ordina-

mento: “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”. E’ questo il principio di indipen-

denza che attiene al profilo esterno della giurisdizione riguardando la posizione

istituzionale del potere giudiziario rispetto agli altri poteri dello Stato (potere ese-

cutivo e potere legislativo). Tale indipendenza è rafforzata dalla previsione del

successivo art. 107 secondo il quale “i magistrati sono inamovibili” se non in seguito

ad una decisione del CSM.

L’indipendenza del giudice è cosa diversa dalla imparzialità poiché quest’ultima

attiene al profilo interno della giurisdizione conferendo al giudice quella posizione

super partes a lui connaturale in un sistema accusatorio. L’imparzialità è garantita

costituzionalmente con il principio di difesa (art. 24) e la precostituzione del giudi-

ce (art. 25); il codice di rito prevede allo stesso fine gli istituti della rimessione,

dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione.

La rimessione

L’art. 45 delinea i casi per i quali è prevista la rimessione del processo. Questa con-

siste nell’attribuzione della competenza ad un giudice diverso da quello territo-

rialmente competente, e più precisamente al giudice egualmente competente per

materia, che ha sede nel capoluogo del distretto o Corte d’appello più vicino. Ai

sensi del suddetto articolo si procede alla rimessione del processo “(…) quando la

sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che par-

tecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgi-

mento del processo e non altrimenti eliminabili (…)”. Alla rimessione provvede “la Cor-

te di Cassazione, su richiesta motivata del Procuratore Generale presso la Corte di Appello

o del Pubblico Ministero presso il giudice che procede o dell’imputato (…)”.

I presupposti per la rimessione sono in sintesi:

a) la gravità di un pregiudizio localmente radicato;

b) l’ineliminabilità altrimenti di quest’ultimo;

c) la richiesta motivata da parte del P.M. o dell’imputato;

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organigiudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idoneiestranei alla magistratura.

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Diritto Processuale Penale12

d) la rimessione è configurabile solo durante la fase processuale (e non quindi

nella fase delle indagini preliminari). Un’eccezione a tale regola si ha

nell’ipotesi di “procedimenti” riguardanti magistrati (art. 11): in tal caso la ri-

messione può essere chiesta anche in fase di indagini preliminari.

La rimessione non ha effetto sospensivo del processo, né efficacia invalidante sugli

atti già compiuti. Il giudice può altresì pronunciare sentenza nonostante sia pen-

dente l’istanza di rimessione: quella sarà nulla solo nel caso che la Corte di Cassa-

zione accolga la richiesta di rimessione. L’originale formulazione dell’art. 47 non

prevedeva tale possibilità. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 353/96 ha di-

chiarato illegittimo il divieto di pronunciare sentenza in pendenza di un’istanza di

rimessione al fine di armonizzare l’esigenza di imparzialità del giudice con quella

dell’efficienza del processo.

L’incompatibilità

Al fine di garantire la completa imparzialità dell’organo giudicante, il codice di rito

prevede alcune ipotesi di incompatibilità designando con tale termine la condizio-

ne in cui viene a trovarsi il giudice (non anche il P.M.) quando particolari condi-

zioni processuali o personali fanno presupporre lesa la sua necessaria posizione

super partes.

La incompatibilità determina la sostituzione della persona fisica del giudice con

altro, appartenente allo stesso ufficio. L’eventuale provvedimento giurisdizionale

adottato da un giudice “incompatibile” non è però affetto da nullità legittimando,

la sua condizione, soltanto alla richiesta di ricusazione ai sensi dell’art. 37.

L’astensione

L’astensione è uno strumento preventivo, in capo al giudice, finalizzato ad elimi-

nare qualsiasi sospetto sulla sua imparzialità. A costui è fatto obbligo di astenersi

(art. 36) sia quando ricorrano motivi per i quali possa essere ricusato (comprese le

ragioni di incompatibilità già viste), sia quando ricorra l’ipotesi generica delle altre

“gravi ragioni di convenienza”3.

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia”.3 Art. 36 – Astensione. “Il giudice ha l'obbligo di astenersi:a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del

coniuge o dei figli;b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procura-

tore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;

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Diritto Processuale Penale 13

Chiamato a accogliere o rigettare l’istanza di astensione è il presidente dello stesso

ufficio giudiziario, ovvero il presidente dell’ufficio sovraordinato.

La ricusazione

Anche la ricusazione è un istituto finalizzato a garantire la terzietà del giudice gra-

zie alla sostituzione del giudice ricusato e alla possibile invalidazione degli atti da

lui compiuti. Così come sancito dal primo comma dell’art. 37, la ricusazione ricorre

qualora il giudice abbia indebitamente manifestato il proprio convincimento ri-

guardo ai fatti oggetto dell’imputazione oppure ricorra una delle prime sette ipote-

si previste dal primo comma dell’art. 36 (v. nota n. 2).

L’istanza di ricusazione si propone con dichiarazione della relativa causa giustifi-

catrice, resa dal P.M. o dalle altre parti private ed è presentata, assieme ai docu-

menti, nella cancelleria del giudice competente a decidere. Copia della dichiarazio-

ne è depositata nella cancelleria dell'ufficio cui è addetto il giudice ricusato. La di-

chiarazione, quando non è fatta personalmente dall'interessato, può essere propo-

sta a mezzo del difensore o di un procuratore speciale. Nell'atto di procura, devono

essere indicati, a pena di inammissibilità, i motivi della ricusazione.

La dichiarazione di ricusazione può essere proposta:

a) nell'udienza preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi

alla costituzione delle parti;

b) nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine previsto dall'articolo 491

comma 1;

c) in ogni altro caso, prima del compimento dell'atto da parte del giudice.

Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei

termini appena visti, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la

c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzionigiudiziarie;

d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordina-

mento giudiziario;h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza.I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b) seconda ipotesi e lettera e) o derivanti da incompatibilità perragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetticivili del matrimonio.La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto senzaformalità di procedura.Sulla dichiarazione di astensione del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quelladel presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione”.

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Diritto Processuale Penale14

causa è sorta o è divenuta nota durante l'udienza, la dichiarazione di ricusazione

deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell'udienza.

Il giudice ricusato non può pronunciare sentenza fino ad un eventuale rigetto della

richiesta stessa di ricusazione. Questo limite, previsto dal secondo comma dell’art.

37, non trova però applicazione qualora l’istanza di ricusazione sia fondata sugli

stessi motivi di istanza già respinta (C. Cost. n. 10/’97).

La competenza

Le norme che disciplinano la competenza penale provvedono a quella divisione

del lavoro che è essenziale per l’efficienza di ogni organizzazione. L’esigenza della

determinazione di criteri di competenza nasce dalla ripartizione del territorio na-

zionale in una serie di ambiti territoriali e dalla coesistenza in uno stesso ambito di

una pluralità di giudici. Ne deriva la necessità di individuare per ogni procedimen-

to il suo giudice secondo un duplice criterio di collegamento dello stesso ad una

delle circoscrizioni territoriali (competenza

per territorio) e, in relazione a queste ad uno degli organi giudiziari che ivi svolgo-

no la loro funzione (competenza per materia). Esistendo, peraltro, fra l’elevato nu-

mero dei procedimenti l’esigenza di una trattazione unitaria di taluni di essi, per

particolari ragioni, la competenza territoriale o quella per materia ovvero entram-

be, subiscono modificazioni allorché uno dei procedimenti attrae nella cognizione

del giudice presso cui esso si incardina anche gli altri (competenza per connessio-

ne).

La competenza per territorio

La competenza per territorio individua orizzontalmente il giudice chiamato a pro-

nunciarsi ed è generalmente determinata dal luogo in cui il reato è stato consuma-

to. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è compe-

tente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione. Se si tratta di rea-

to permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consu-

mazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone. Se si tratta di

delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo

atto diretto a commettere il delitto4.

4 Qualora la competenza non possa essere determinata seguendo le regole generali esaminate, compe-tente sarà il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione. Se taleluogo non è noto, la competenza appartiene successivamente al giudice della residenza, della dimora o

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Diritto Processuale Penale 15

Un’importante ipotesi riguarda il caso in cui a rivestire la qualità di imputato, di

persona offesa dal reato o danneggiata dal reato, sia un magistrato (art. 11). In tal

caso - al fine di garantire il principio di imparzialità - i procedimenti che secondo le

regole generali sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario com-

preso nel distretto in cui il magistrato esercita le sue funzioni ovvero le esercitava

al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per

materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello più vicino, sal-

vo che in tale distretto il magistrato stesso sia venuto successivamente ad esercitare

le sue funzioni. In tale ultimo caso è competente il giudice che ha sede nel capo-

luogo di altro distretto più vicino a quello in cui il magistrato esercitava le sue fun-

zioni al momento del fatto5.

La competenza per materia

La competenza per materia individua verticalmente il giudice attenendo alla distri-

buzione dei procedimenti tra i giudici aventi in comune una stessa giurisdizione

territoriale. Il codice di rito prevede i casi di competenza per materia relativi alla

Corte di Assise (art. 5) e al Pretore (art. 7) lasciando al Tribunale una competenza

per materia di tipo residuale (art. 6).

La Corte di Assise è competente:

a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusio-

ne non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi il delitto di tentato

omicidio comunque aggravato e i delitti previsti dall'articolo 630 comma 1 del

codice penale e dalla legge 22 dicembre 1975 n. 685;

b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584, 600, 601 e 602 del co-

dice penale;

c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, e-

scluse le ipotesi previste dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale;

d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della

Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967 n. 962 e nel titolo I del libro II del codi-

del domicilio dell'imputato. Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questaappartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto perprimo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335.5 I procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di imputato ovvero di personaoffesa o danneggiata dal reato sono di competenza del medesimo giudice individuato a norma del pri-mo comma dell’art. 11.

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Diritto Processuale Penale16

ce penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non

inferiore nel massimo a dieci anni.

Il Pretore è competente per i reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva

non superiore nel massimo a quattro anni ovvero una pena pecuniaria sola o con-

giunta alla predetta pena detentiva. Sono inoltre previste alcune ipotesi di reato

tassativamente individuate dal secondo comma dell’art. 7 quali il furto aggravato,

la ricettazione, la truffa aggravata, la violazione di domicilio, l’omicidio colposo, i

maltrattamenti ecc.

Per il Tribunale dei Minorenni non sorge questione per materia, avendo essi co-

gnizione di qualsiasi reato commesso da un minore.

Competenza per connessione

La connessione comporta la transmigrazione di procedimenti separati innanzi ad

un unico giudice. L’art. 12 prevede tre casi di connessione:

a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o co-

operazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno deter-

minato l'evento;

b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omis-

sione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno

criminoso;

c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per oc-

cultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al

colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità.

Il fenomeno della connessione comporta ripercussioni in tema di giurisdizione,

competenza per materia e competenza per territorio.

L’art. 13 prevede il caso di connessione di procedimenti di competenza di giudici

ordinari e speciali. In particolare, se alcuni dei procedimenti connessi appartengo-

no alla competenza di un giudice ordinario e altri a quella della Corte costituziona-

le, è competente per tutti quest'ultima. Fra reati comuni e reati militari, la connes-

sione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello

militare: in tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario. Nel ca-

so contrario, se cioè il reato militare è più grave di quello comune, ognuno dei pro-

cedimenti continua per la propria strada.

La competenza per materia, consequenziale alla connessione, viene determinata

attribuendosi al giudice di competenza superiore la cognizione di tutti i procedi-

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Diritto Processuale Penale 17

menti, secondo una scala di priorità che va dalla Corte di Assise, al Tribunale e

quindi al Pretore (art. 15).

La competenza per territorio è influenzata dalla connessione nel senso che fra i

giudici, tutti esercitanti la stessa funzione, la cognizione spetta al giudice compe-

tente per il reato più grave, bastando il radicamento territoriale di questo a deter-

minare, per attrazione, anche quello dell’altro. In caso di parti gravità si guarda al

reato commesso per primo.

L’art. 14 prevede infine dei limiti alla connessione nel caso di reati commessi da

minorenni. Innanzitutto la connessione non opera fra procedimenti relativi a impu-

tati che al momento del fatto erano minorenni e procedimenti relativi a imputati

maggiorenni. La connessione non opera, altresì, fra procedimenti per reati com-

messi quando l'imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando

era maggiorenne. In altre parole per i reati di competenza del Tribunale dei mino-

renni la connessione dispiega i suoi effetti solo sul piano spaziale della competenza

per territorio.

La riunione di processi

La riunione di processi pendenti nello stesso stato e grado davanti al medesimo giudice

può essere disposta quando non pregiudichi la rapida definizione degli stessi:

a) nei casi previsti dall'articolo 12;

b) nei casi di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre;

c) nei casi in cui la prova di un reato o di una circostanza di esso influisce sulla

prova di un altro reato o di una sua circostanza.

Se alcuni dei processi pendono davanti al tribunale collegiale ed altri davanti al

tribunale monocratico, la riunione è disposta davanti al tribunale in composizione

collegiale. Tale composizione resta ferma anche nel caso di successiva separazione

dei processi.

La separazione di processi

Ai sensi dell’art. 18, la separazione di processi è disposta, salvo che il giudice riten-

ga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti:

a) se, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una o

più imputazioni è possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre nei

confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario acquisire ulte-

riori informazioni a norma dell'articolo 422;

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Diritto Processuale Penale18

b) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è stata ordi-

nata la sospensione del procedimento;

c) se uno o più imputati non sono comparsi al dibattimento per nullità dell'atto di

citazione o della sua notificazione, per legittimo impedimento o per mancata

conoscenza incolpevole dell'atto di citazione;

d) se uno o più difensori di imputati non sono comparsi al dibattimento per man-

cato avviso ovvero per legittimo impedimento;

e) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni l'istruzione

dibattimentale risulta conclusa, mentre nei confronti di altri imputati o per al-

tre imputazioni è necessario il compimento di ulteriori atti che non consentono

di pervenire prontamente alla decisione.

Fuori da questi casi, la separazione può essere altresì disposta, sull'accordo delle

parti, qualora il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo.

L’incompetenza

La violazione delle norme sulla competenza è assoggettata ad una serie di sanzioni

processuali correlate al tipo di violazione.

L'incompetenza per materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del

processo6: solo la formazione del giudicato sana il difetto7. L'incompetenza per ter-

ritorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'u-

dienza preliminare o, se questa manchi, entro la costituzione per la prima volta

delle parti in dibattimento. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'ec-

cezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare.

L’incompetenza derivante da connessione trova il medesimo sbarramento previsto

per la incompetenza per territorio.

Se il giudice riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa nel corso delle

indagini preliminari, pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al

pubblico ministero; se ciò avviene dopo la chiusura delle indagini preliminari (an-

che nel corso dell’udienza di primo grado), la dichiara con sentenza e ordina la tra-

smissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente8.

6 Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l'incompetenza è rilevata oeccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo 491 comma 1.7 Tuttavia, nel caso che un giudice di competenza superiore decida in luogo di un giudice sottordinato,la rilevabilità trova uno sbarramento nella costituzione per la prima volta delle parti in dibattimento.8 La Corte costituzionale, con sentenza 26 febbraio-11 marzo 1993, n. 76 (Gazz. Uff. 17 marzo 1993, n. 12- Prima serie speciale), ha dichiarato: a) la illegittimità dell'art. 23, primo comma, c.p.p., nella parte incui dispone che, quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per

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Diritto Processuale Penale 19

Infine, nel caso in cui l’incompetenza venga dichiarata dal giudice di appello, gli

atti vanno trasmessi al P.M. presso il predetto giudice.

Quanto alle conseguenze, identiche per qualunque tipo di incompetenza, possiamo

così sintetizzare:

a) le prove già acquisite restano efficaci;

b) le misure cautelari conservano una efficacia provvisoria limitata a venti giorni

dalla dichiarazione di incompetenza. Entro tale termine il giudice competente

deve, eventualmente, riemettere una nuova misura cautelare.

Conflitti di competenza e di giurisdizione

Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo:

a) uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente

prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla

stessa persona;

b) due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di pren-

dere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona9.

Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo

fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione.

La soluzione del conflitto può derivare dal provvedimento di uno dei giudici che

dichiara, anche di ufficio, la propria competenza o la propria incompetenza (art.

29) oppure demandata alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 3010.

materia, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero pressoquest'ultimo; b) non fondata la questione di legittimità dell'art. 23, primo comma, c.p.p., in riferimentoagli artt. 102, primo comma, e 112 Cost.Successivamente, la stessa Corte, con sentenza 7-15 marzo 1996, n. 70 (Gazz. Uff. 20 marzo 1996, n. 12,Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui pre-vede la trasmissione degli atti al giudice competente, anziché al pubblico ministero presso quest'ultimo,quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio.9 Qualora il contrasto sia tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la de-cisione di quest'ultimo.10 “Il giudice che rileva un caso di conflitto pronuncia ordinanza con la quale rimette alla corte di cassazione copiadegli atti necessari alla sua risoluzione con l'indicazione delle parti e dei difensori.Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero presso uno dei giudici in conflitto ovvero dalle parti pri-vate. La denuncia è presentata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto, con dichiarazione scritta e motivataalla quale è unita la documentazione necessaria. Il giudice trasmette immediatamente alla corte di cassazione ladenuncia e la documentazione nonché copia degli atti necessari alla risoluzione del conflitto, con l'indicazione delleparti e dei difensori e con eventuali osservazioni.L'ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e 2 non hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso”.I conflitti sono decisi dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio secondo le formepreviste dall'articolo 127. La corte assume le informazioni e acquisisce gli atti e i documenti che ritienenecessari. L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblicoministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private.

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I provvedimenti del giudice

A seconda della forma che assumono, i provvedimenti del giudice possono essere

la sentenza, l’ordinanza, il decreto. Vengono invece chiamati provvedimenti innominati

tutti quegli atti del giudice privi di una specifica denominazione, ma identificati

solo in relazione alla loro funzione (es. avvisi, inviti, disposizioni ecc.).

La sentenza

La sentenza è il provvedimento che il giudice emette a definizione del processo, e

deve essere sempre motivata a pena di nullità. E’ nulla, oltre che in questo caso,

anche se manca od è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero

se manca la sottoscrizione del giudice. La sentenza è un provvedimento che può

essere adottato a conclusione dell’udienza preliminare, degli atti preliminari al di-

battimento o del dibattimento, del giudizio abbreviato, del patteggiamento od a

seguito del procedimento in camera di consiglio11. Dal punto di vista formale la

sentenza è costituita dall’intestazione, dalla motivazione e dal dispositivo.

Nell’intestazione sono indicati il giudice e le generalità delle parti nei cui confronti

11 Particolari forme di sentenze sono quelle definite “di non doversi procedere” e di “non luogo a procedere”.La sentenza di non doversi procedere rientra nella più ampia categoria delle sentenze di prosciogli-mento. A differenza della sentenza di non luogo a procedere, pronunciata al termine dell’udienza pre-liminare, la sentenza di non doversi procedere, benché pronunciata nella fase del giudizio, non è subor-dinata, perché non necessario, ad un approfondimento nel merito. Sono sentenze di non doversi proce-dere:a) le sentenze predibattimentali con la formula: perché l’azione penale non doveva essere iniziata o

non deve essere proseguita o perché il reato è estinto;b) le sentenze dibattimentali con la formula: l’azione non doveva essere iniziata o non deve essere

proseguita o perché il reato è estinto o perché riconosciuta l’esistenza di un segreto di Stato.La sentenza di non luogo a procedere è pronunciata al termine dell’udienza preliminare se sussiste unacausa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essereproseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussi-ste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona nonpunibile per qualsiasi altra causa. La sentenza di non luogo a procedere deve contenere:a) l’intestazione in nome del popolo italiano e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata;b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le

generalità delle altre parti private;c) l’imputazione;d) l’esposizione sommaria dei motivi di fatto e diritto su cui la decisione è fondata;e) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati;f) la data e la sottoscrizione del giudice. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta

dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.La sentenza di non luogo a procedere è nulla se manca la motivazione, se manca od è incompleto neisuoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice. Salvo quanto previ-sto dall’art. 593, comma 3, che considera inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative acontravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa, contro la sentenza di non luogo aprocedere possono proporre appello:a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale;b) l’imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato

non l’ha commesso.Su tale impugnazione decide la Corte d’appello in camera di consiglio, oppure la Corte di cassazione seil procuratore della Repubblica, il procuratore generale e l’imputato optano per il ricorso immediato.

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Diritto Processuale Penale 21

è adottata la decisione. Nella motivazione il giudice espone le ragioni di fatto e di

diritto della decisione. Il dispositivo è costituito dalla sintesi del contenuto della

decisione.

L’ordinanza

L’ordinanza è il provvedimento con cui si risolvono questioni incidentali o singoli

punti del processo, pertanto non costituisce una decisione nel merito e non esauri-

sce il rapporto processuale.

Al pari della sentenza l’ordinanza deve essere sempre motivata a pena di nullità. E’

un provvedimento normalmente revocabile.

Il decreto

Costituisce, per così dire, la forma meno importante dei provvedimenti del giudice.

L’obbligo di motivazione sussiste solo se espressamente previsto dalla legge. A dif-

ferenza dell’ordinanza, il decreto è un provvedimento normalmente non revocabile.

IL PUBBLICO MINISTERO

Il pubblico ministero è l’organo affidatario dell’esercizio dell’azione penale. Duran-

te le indagini preliminari il P.M. è il soggetto attivo del procedimento – quale titolare

delle indagini stesse – con il compito di raccogliere le informazioni e le conoscenze

utili al fine dell’esercizio dall’azione penale12; deve svolgere anche accertamenti su

fatti e circostanze a favore della persona indagata (art. 358). Nella fase processuale o di-

battimentale rappresenta l’accusa trasformandosi da soggetto attivo a vera e pro-

pria parte processuale13: perde il ruolo di preminenza e assume una posizione di pa-

rità dialettica con la controparte imputato. Il pubblico ministero è magistrato ad-

detto alla procura della Repubblica. Le funzioni di P.M. sono esercitate nelle inda-

gini preliminari e nel giudizio di primo grado, dai magistrati della procura della

Repubblica presso il tribunale o presso la pretura circondariale; nei giudizi di im-

12 L’attività di indagine è svolta personalmente dal P.M., che può delegare il compimento di specifici attialla polizia giudiziaria, a meno che si tratti di interrogatorio dell’indagato o di confronti con il medesi-mo. Gli atti di indagine comprendono anzitutto quelli acquisitivi della notizia di reato derivanti da de-nuncia, querela, richiesta, istanza e referto; seguono gli atti investigativi per la ricostruzione del fattoreato e per la individuazione del colpevole.13 Questa “trasformazione” è la conseguenza del promuovimento dell’azione penale che segna l’iniziodel processo in senso stretto e che il P.M. può esercitare in uno dei modi contemplati dall’art. 60. Alter-nativa all’incriminazione è la richiesta di archiviazione consentita sia in caso di infondatezza della no-tizia di reato, sia quando manchi la condizione di procedibilità, il reato sia estinto, il fatto non sia previ-sto dalla legge come reato o quando sia ignoto l’autore del reato.

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Diritto Processuale Penale22

pugnazione dai magistrati della procura generale presso la Corte di appello o pres-

so la Corte di Cassazione.

La funzione del P.M. è pubblica e obiettiva: pubblica perché l’importanza degli in-

teressi in gioco (come ad esempio la libertà personale) richiedono che la funzione

di accusa sia affidata ad un organo pubblico. E questo – appunto – per garantire

l’obiettività dell’operato. Quest’ultima può essere sintetizzata nella formula che il

P.M. è un terzo nell’azione allo stesso modo in cui il giudice è un terzo nella giurisdi-

zione.

Strutturazione del Pubblico Ministero

I vari uffici del pubblico ministero sono strutturati in livelli organizzativi com-

prendenti:

• la Procura Generale presso la Corte di Cassazione;

• le Procure Generali presso le Corti di Appello;

• le Procure della Repubblica presso i Tribunali ordinari;

• le Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni;

• le Procure della Repubblica presso le Preture Circondariali.

Nei rapporti tra i diversi uffici del P.M. non esiste una relazione di superiorità ge-

rarchica, ma di mera sovraordinazione, collegata alla progressione del processo al

grado di giudizio successivo. La struttura unitaria dell’ufficio ha comportato la sot-

trazione ai singoli magistrati addetti alla procura del potere di iniziativa, dovendo

essi limitarsi a segnalare al titolare del proprio ufficio le notizie di reato ad essi

pervenute o comunque acquisite, spettando al dirigente la designazione del magi-

strato incaricato. Così pure spetta al titolare dell’ufficio decidere sulla dichiarazio-

ne di astensione degli altri magistrati e provvedere alla loro sostituzione. Ciò vale

anche nelle ipotesi di incompatibilità.

In caso di contrasti negativi o positivi tra diversi uffici del P.M., ognuno dei quali

declina la propria competenza, spetta al Procuratore Generale determinare quale

ufficio deve procedere.

L’avocazione

Per garantire l’obbligatorietà dell’azione penale di fronte ad eventuali ritardi o o-

missioni delle procure, l’art. 372 prevede l’istituto dell’avocazione delle indagini.

In particolare, il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decre-

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Diritto Processuale Penale 23

to motivato, e assunte, quando occorre, le necessarie informazioni, l'avocazione

delle indagini preliminari quando:

a) in conseguenza dell'astensione o della incompatibilità del magistrato designato

non è possibile provvedere alla sua tempestiva sostituzione;

b) il capo dell'ufficio del pubblico ministero ha omesso di provvedere alla tempe-

stiva sostituzione del magistrato designato per le indagini nei casi previsti di

astensione ai sensi dell'articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e);

c) se le indagini collegate relative a gravi delitti non sono state coordinate dai

P.M. competenti14;

d) se non viene richiesta l’archiviazione od il rinvio a giudizio entro il termine di

compimento delle indagini preliminari;

e) se il GIP non accoglie una richiesta di archiviazione;

Infine, il Procuratore Nazionale Antimafia può avocare le indagini relative ai de-

litti c.d. mafiosi quando esse non siano state coordinate con effettività ed efficienza

dai PM competenti.

La direzione distrettuale antimafia e la direzione nazionale antimafia

Per arginare la crescente diffusione dell’attività criminale organizzata, mafiosa e

camorristica, il legislatore ha ritenuto opportuno concentrare in poche mani le in-

dagini preliminari relative a tali tipi di reati.

A tal fine ha ampliato la sfera di competenza territoriale delle maggiori Procure

della Repubblica con le disposizioni contenute nel D.L. n. 367/91 che ha modificato

l’art. 51 del codice di rito. E’ previsto infatti che allorché si proceda per delitti mafiosi

consumati o tentati, lo svolgimento delle indagini preliminari siano affidate alla Procura

della Repubblica del capoluogo del distretto di Corte di Appello ove a sede il giudice compe-

14 Il procuratore generale presso la corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone altresìcon decreto motivato l'avocazione delle indagini preliminari relative ai delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 285, 286, 289-bis, 305, 306, 416 nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza e 422 del codicepenale quando, trattandosi di indagini collegate, non risulta effettivo il coordinamento delle indaginipreviste dall'articolo 371 comma 1 e non hanno dato esito le riunioni per il coordinamento disposte opromosse dal procuratore generale anche d'intesa con altri procuratori generali interessati.Questa previsione è stata aggiunta con l'art. 3, primo comma, D.L. 9 settembre 1991, n. 292, convertito,con modificazioni, in L. 8 novembre 1991, n. 356, è stato poi così sostituito dall'art. 8, D.L. 20 novembre1991, n. 367, convertito, con modificazioni, in L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vi-gore dalla data di pubblicazione del decreto di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia(art. 16) si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15). Con D.M. 5 gen-naio 1993 (Gazz. Uff. 13 febbraio 1993) è stata fissata al 15 gennaio 1993 la data di entrata in funzionedella Direzione Nazionale Antimafia.

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Diritto Processuale Penale24

tente15. Lo stesso D.L., modificando l’ordinamento giudiziario16, ha previsto che

presso ogni Procura della Repubblica sita nel capoluogo di Corte di Appello, sia

costituito uno specifico ufficio destinato alla cura delle predette indagini e deno-

minato Direzione Distrettuale Antimafia. A tale direzione sono assegnati magi-

strati scelti direttamente dal Procuratore della Repubblica che assume in prima

persona la guida della direzione, eventualmente affidandola ad un suo delegato.

La modifica della competenza per lo svolgimento delle indagini preliminari ha de-

terminato anche una parallela modificazione della competenza territoriale del

G.I.P.. Infatti, per i delitti di mafia, le funzioni di G.I.P. sono esercitate dal giudice

per le indagini preliminari del capoluogo del distretto nel cui ambito è stato com-

messo il reato.

Il collegamento e il coordinamento di tutte le direzioni distrettuali antimafia è affi-

dato ad una Direzione Nazionale Antimafia costituita nell’ambito della Procura

Generale presso la Corte di Cassazione. Al suo vertice è destinato il Procuratore

Nazionale Antimafia17 scelto dal C.S.M. tra i magistrati con specifica competenza.

15 Ciò significa, ad esempio, che sebbene un reato di mafia sia commesso ad Agrigento, competente asvolgere le indagini è la Procura della Repubblica di Palermo.16 In particolare, l’art. 70-bis regola in questi termini l’istituzione della Direzione Distrettuale Antima-fia. – “1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 51 comma 3-bis del codice diprocedura penale il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nel-l'ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per ladurata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitu-dini e delle esperienze professionali. Della direzione distrettuale non possono fare parte uditori giudiziari. La com-posizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura. 2.Il procuratore distrettuale o un suo delegato è preposto all'attività della direzione e cura, in particolare, che i magi-strati addetti ottemperino all'obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca informazionesull'andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per il coordinamento delle investigazioni e l'im-piego della polizia giudiziaria. 3. Salvi casi eccezionali, il procuratore distrettuale designa per l'esercizio delle fun-zioni di pubblico ministero, nei procedimenti riguardanti i reati indicati nell'articolo 51 comma 3-bis del codice diprocedura penale, i magistrati addetti alla direzione. 4. Salvo che nell'ipotesi di prima costituzione della direzionedistrettuale antimafia la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle e-ventuali variazioni nella composizione della direzione, il procuratore distrettuale informa preventivamente il pro-curatore nazionale antimafia”.17 L’art. 76bis istituisce nei seguenti termini la figura del Procuratore Nazionale Antimafia. – “1. Nel-l'ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia. 2. AllaDirezione è preposto un magistrato di cassazione, scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente,per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifi-che attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità orga-nizzata. L'anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali. 3. Allanomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall'articolo 11, terzo comma,della legge 24 marzo 1958, n. 195. L'incarico ha durata di quattro anni e può essere rinnovato una sola volta. 4.Alla Direzione sono addetti, quali sostituti, magistrati con funzione di magistrati di corte di appello, nominatisulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizza-ta. Alle nomine provvede il Consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale antimafia. Ilprocuratore nazionale antimafia designa uno o più dei sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratorenazionale antimafia aggiunto. 5. Per la nomina dei sostituti, l'anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove ri-sultino equivalenti i requisiti professionali. 6. Al procuratore nazionale antimafia sono attribuite le funzioni previ-ste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale. 6-bis. Prima della nomina disposta dal Consiglio superioredella magistratura, il procuratore generale presso la Corte di cassazione applica, quale procuratore nazionale anti-mafia, un magistrato che possegga, all'epoca dell'applicazione, i requisiti previsti dal comma 2”.

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Diritto Processuale Penale 25

Alla D.N.A. sono assegnati, in qualità di sostituti, magistrati, con qualifica non in-

feriore a quella di magistrato di Corte di Appello, anch’essi nominati dal C.S.M.

LA POLIZIA GIUDIZIARIA

La polizia giudiziaria è quel settore particolare della forze dell’ordine cui è affidata

la tutela dell’ordine pubblico. Nel procedimento è un soggetto ma non una parte.

Deve prendere notizia di reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulte-

riori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di pro-

va e raccogliere quant’altro necessario per l’applicazione della legge penale (art.

55). L’attività della polizia giudiziaria è svolta direttamente o per delega

dell’Autorità giudiziaria. Essa è comunque alle dipendenze dell’Autorità giudizia-

ria, ed agisce sotto la direzione della stessa (art. 56)18. La polizia giudiziaria può

raccogliere informazioni utili per le investigazioni, dall’indagato, anche senza

l’assistenza del difensore, solo sul luogo e nell’immediatezza del fatto, al solo sco-

po dell’immediata prosecuzione delle indagini, nonché da persone informate sui

fatti per cui si indaga (art. 350). Compie tutti gli atti delegati dal p.m., compreso

l’interrogatorio dell’indagato (art. 370); procede all’arresto di chiunque è colto in

flagranza di delitto (art. 380), e al fermo della persona gravemente indiziata di un

delitto (art. 384).

Il recente D.L. 345/91, al fine di rendere più efficace la lotta alla criminalità orga-

nizzata, ha creato – in seno al Dipartimento di pubblica sicurezza – la Direzione

18 Siffatta disponibilità implica un contenuto necessario di dipendenza funzionale, ma non una neces-saria dipendenza organica. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 122/71, ha escluso che la di-sponibilità richieda una dipendenza strutturale della P.G., riconoscendo la legittimità di nuclei specia-lizzati di P.G., solo funzionalmente dipendenti dalla A.G., in qualche modo salvaguardati da allonta-namenti disposti dai superiori gerarchici dei corpi e delle armi di provenienza.A secondo della diversità di dipendenza funzionale, l’art. 56 distingue fra:a) servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge;b) sezioni di polizia giudiziaria istituite presso ogni procura della Repubblica e composte con perso-

nale dei servizi di polizia giudiziaria;c) ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti agli altri organi cui la legge fa obbligo di com-

piere indagini a seguito di una notizia di reato [c.p.p. 347].Oltre alla diversa ubicazione, servizi e sezioni differiscono per il diverso rapporto con la A.G.. Infatti lesezioni di P.G. sono istituite presso ogni procura della Repubblica; i servizi, invece, presso le sedi diQuestura e Comandi dei Carabinieri e Guardia di Finanza.Per quanto riguarda la subordinazione, le sezioni dipendono dai rispettivi procuratori della Repubblicapresso il Tribunale o la Pretura Circondariale; per i servizi invece non sussiste né la diretta dipendenza,né una funzione di autorizzazione del magistrato in ordine alla destinazione ad altre attività degli ap-partenenti ai servizi stessi. E’ attribuito al procuratore della Repubblica presso il Tribunale soltanto unpotere di sorveglianza e controllo sulla efficienza di tali servizi, e cioè sul modo di svolgimentodell’attività di P.G., che si esprime nella formula che l’ufficiale preposto ai servizi è responsabile verso ilsuo indicato procuratore, anche per l’attività di P.G. inerente ai reati di competenza della Pretura.

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Diritto Processuale Penale26

Investigativa Antimafia19, con il compito di assicurare lo svolgimento in modo co-

ordinato delle investigazioni preventive e di polizia giudiziaria con riferimento ai

delitti di associazione mafiosa e reati connessi.

Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria

Ai sensi dell’art. 57, salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di poli-

zia giudiziaria:

a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti

alla polizia di Stato ai quali l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica

sicurezza riconosce tale qualità;

b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di

finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli al-

tri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l'ordinamento delle ri-

spettive amministrazioni riconosce tale qualità;

c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovve-

ro un comando dell'arma dei carabinieri o della guardia di finanza

Sono agenti di polizia giudiziaria:

a) il personale della polizia di Stato al quale l'ordinamento dell'amministrazione

della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;

b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e,

nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza, le guardie delle province e

dei comuni quando sono in servizio.

Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono

destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i rego-

lamenti attribuiscono le funzioni previste dall'articolo 5520.

19 La Legge 30 dicembre 1991, n. 410, recante "disposizioni urgenti per il coordinamento delle attivitàinformative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata", indica le competenze della di-rezione ed i suoi rapporti con le forze di polizia. In particolare, alla DIA e' attribuita la funzione di pre-venire le possibili evoluzioni del crimine organizzato di stampo mafioso, assicurando lo svolgimento informa coordinata delle attività di investigazione preventiva. Questa è una delle maggiori novità fissatedalla legge: l'aver previsto cioè che si compia in via sistematica e con regolarità lo studio preventivo del"nemico" mafioso. La sintesi della fase conoscitiva rappresenta il punto di partenza per l'avvio delleattività investigative propriamente dette. Nell'ambito delle investigazioni giudiziarie, v'è da sottolineareche la DIA concentra la propria attenzione investigativa sui soggetti criminali piuttosto che sui singolidelitti. In conclusione la DIA privilegia la lotta al fenomeno nel suo complesso anziché alle sue singolemanifestazioni. L'azione della DIA si sviluppa in stretto collegamento con gli uffici e le strutture delleforze di polizia.20 Art. 55. Funzioni della polizia giudiziaria.“1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portatia conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccoglie-re quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale.

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Diritto Processuale Penale 27

Attività della polizia giudiziaria

Nell’ambito dei compiti ad essa demandati, la P.G. non incontra limitazioni sul

piano investigativo, fino al momento in cui la direzione delle indagini venga as-

sunta dal P.M.21.

Fra gli atti cui sono legittimati i soli Ufficiali di P.G. di propria iniziativa possiamo

ricordare:

• il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato;

• l’assunzione di sommarie informazioni dell’indagato (libero o arrestato o fer-

mato22) o dell’imputato in procedimento connesso;

• perquisizioni personali e locali.

Fra gli atti eseguibili dai soli Ufficiali di P.G. su delega della A.G.:

• ispezioni di luoghi, cose o persone;

• sequestro di documenti, titoli, valori e corrispondenza;

• intercettazioni.

Fra gli atti eseguibili anche da parte dei semplici agenti di P.G.:

• informativa di reato al P.M.;

• identificazione dell’indagato;

• ricezione passiva di dichiarazioni spontanee dell’indagato;

• arresto in flagranza di reato.

Infine, fra gli atti eseguibili anche da semplici agenti su delega della A.G. possiamo

ricordare l’esecuzione delle ordinanze del giudice per le indagini preliminari.

L’IMPUTATO

Il soggetto passivo del procedimento penale assume una denominazione diversa a

seconda che sia o non sia ancora stata formalizzata l’incriminazione da parte del

P.M. (art. 405). Più precisamente, la qualifica di imputato è quella che si riferisce al

soggetto passivo del processo e quindi dopo che sia stata esercitata l’azione penale.

Durante le indagini preliminari può solo parlarsi di persona sottoposta alle indagini,

ciò a naturale garanzia del principio Costituzionale richiamato dall’art. 27 Cost.

L’assunzione della qualifica di imputato presuppone tre requisiti:

2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria.3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria”.21 Salvo l’obbligo di comunicazione senza ritardo al P.M. degli elementi raccolti.22 In questi ultimi due casi solo – però – nell’immediatezza del fatto.

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Diritto Processuale Penale28

• l’identificazione o personalizzazione dell’imputato, essendo inammissibile un

imputazione contro ignoti23;

• l’esistenza in vita, in quanto la morte estingue il reato;

• la capacità processuale, in quanto la dialettica paritaria a base del processo ac-

cusatorio richiede che l’indagato e l’imputato abbiano la capacità di intendere e

di volere onde avvalersi consapevolmente delle garanzie ed esercitare i diritti

di difesa sin dall’inizio del procedimento.

I diritti dell’imputato

Fra i molteplici diritti di cui è titolare l’imputato, occorre ricordare:

• il diritto a scegliersi un difensore;

• il diritto di rivolgersi direttamente al giudice;

• il diritto alla prova e all’incidente probatorio;

• il diritto a partecipare al processo;

• il diritto a non presenziare all’udienza;

• il diritto a scegliere un rito alternativo;

• il diritto alle impugnazioni;

• il diritto a non rispondere in sede di interrogatorio.

L’interrogatorio

L’interrogatorio costituisce senza dubbio l’atto più rilevante che coinvolge diretta-

mente l’imputato o l’indagato. Esso può essere svolto dal giudice, dal P.M. o dalla

P.G. su delega del P.M.24.

Al fine di evitare che le dichiarazioni rese da una persona contro se stessa siano

utilizzate aggirando la formalistica disciplina dell’interrogatorio, è previsto che le

dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o dalla per-

sona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza (art.

62).

Inoltre, se davanti all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona

rende dichiarazioni in qualità di persona informata dei fatti dalle quali emergono in-

dizi di reità a suo carico, l'autorità procedente ne interrompe l'esame25, avvertendo-

23 Se durante le indagini preliminari non si arriva a identificare il soggetto passivo – essendo ben possi-bile iniziare le indagini contro ignoti (del resto uno dei fini delle indagini preliminari può essere proprio“scoprire il colpevole”) – il P.M. dovrà naturalmente chiedere l’archiviazione.24 Quando tale atto viene svolto in sede dibattimentale, è denominato “esame della parte”.25 L’esame interrotto o viene rinviato o prosegue con le formalità dell’interrogatorio.

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Diritto Processuale Penale 29

la che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi con-

fronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono

essere utilizzate contro la persona che le ha rese26.

LE ALTRE PARTI PRIVATE E LA PERSONA OFFESA DAL REATO.

La parte civile

La parte civile costituisce un soggetto eventuale del processo penale. Diviene tale

colui al quale il reato ha recato danno, (danneggiato o soggetto passivo del reato), e

che esercita nel processo penale l’azione civile per il risarcimento del danno e le re-

stituzioni (art. 74 c.p.p.). L’azione civile viene esercitata mediante la costituzione di

parte civile nel processo penale (art. 76 c.p.p.). Tale costituzione avviene, a mezzo

di difensore che può essere nominato anche procuratore speciale, non prima

dell’udienza preliminare, e non dopo l’apertura del dibattimento. La parte civile

può citare nel processo penale il responsabile civile. Può proporre impugnazione

contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile e, ai soli ef-

fetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata

nel giudizio (art. 576 c.p.p.). Eccezionalmente può proporre impugnazione anche

agli effetti penali contro le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di

ingiuria e diffamazione.

Il responsabile civile ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria

Il responsabile civile è colui che a norma delle leggi civili, deve rispondere civil-

mente, per il fatto dell’imputato. La responsabilità di tale soggetto è di natura civile

e non penale. E’ parte eventuale del processo penale. La presenza nel processo pre-

suppone quella della parte civile, la quale esercita nei confronti del responsabile

civile l’azione civile per il risarcimento del danno. Il responsabile civile può essere

citato in giudizio ad opera della parte civile, del p.m., ovvero può intervenire vo-

lontariamente, sino all’apertura del dibattimento, se vi è costituzione di parte civi-

le. Il responsabile civile deve costituirsi per il tramite di un procuratore speciale.

Il civilmente obbligato per la pena pecuniaria è il soggetto civilmente obbligato a

pagare una somma pari all’ammontare della multa o della ammenda inflitta al col-

pevole, nella ipotesi che il condannato sia insolvibile. La fattispecie sostanziale è

26 Se la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alleindagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.

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Diritto Processuale Penale30

prevista dagli artt. 196 e 197 del codice penale; essa concerne le persone rivestite di

autorità o incaricate della direzione o vigilanza sul colpevole, sempre che si tratti

di violazioni che esse siano tenute a fare osservare. Concerne altresì le persone giu-

ridiche per fatti commessi dai propri rappresentanti, amministratori e dipendenti,

in violazione degli obblighi inerenti a tali qualità, ovvero commessi nell’interesse

dell’ente27.

La persona offesa dal reato

La persona offesa dal reato è il soggetto passivo del reato titolare del

bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice (art. 90 c.p.p.), leso dal reato. E’

soggetto autonomo della fase procedimentale del processo, nella quale, tuttavia,

non è parte in senso tecnico. Soltanto nella fase processuale potrà divenire parte, e

quindi, domandare, costituendosi parte civile. La persona offesa dal reato può , in

ogni stato grado del procedimento, e quindi anche nel processo, presentare memo-

rie e indicare elementi di prova. Può chiedere al p.m. di fare istanza di incidente

probatorio; può opporsi alla richiesta di archiviazione del p.m..

Gli enti esponenziali

L’art. 91 prevede in capo agli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, an-

teriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute,

in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, la possibilità di eser-

citare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla per-

sona offesa dal reato. L'esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti espo-

nenziali è subordinato al consenso della persona offesa. Il consenso deve risultare

da atto pubblico o da scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più

di uno degli enti o delle associazioni. Il consenso può essere revocato in qualsiasi

momento: la persona offesa che ha revocato il consenso non può prestarlo succes-

sivamente né allo stesso né ad altro ente o associazione.

IL DIFENSORE

Il difensore è una parte puramente formale del procedimento in quanto l’interesse

sostanziale appartiene all’assistito. Egli interviene in funzione di assistenza – con-

sistente in una collaborazione di natura tecnica - e rappresentanza – esplicantesi

27 Il condannato economicamente insolvibile resta assoggettato a conversione di pena (art. 136 c.p.) ameno che la pena pecuniaria non venga corrisposta dal civilmente obbligato.

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Diritto Processuale Penale 31

con la sostituzione del difensore al soggetto interessato nell’esercizio di diritti e fa-

coltà.

L’imputato ha il diritto di scegliersi fino a due difensori di fiducia28. Qualora non

provveda o non intenda avvalersi di tale diritto, sarà a lui assegnato un difensore

di ufficio secondo i principi di sussidiarietà, obbligatorietà, immutabilità e precosti-

tuzione29. In particolare, la difesa di ufficio:

• è sussidiaria in quanto il difensore di ufficio cessa le sue funzioni non appena

viene nominato un difensore di fiducia;

• è obbligatoria in quanto il difensore designato non può rifiutare l’incarico né

abbandonare la difesa;

• è immutabile poiché il difensore non può essere sostituito né dal giudice né dal

P.M.;

• è precostituita giacché la designazione del difensore scaturisce da un meccani-

smo precostituito di individuazione.

Caratteri comuni alla difesa fiduciaria e di ufficio sono la effettività – competendo

al difensore un ruolo dinamico, partecipativo e creativo, nella vicenda processuale

– e la libertà – sia nella sfera spaziale che funzionale30.

GLI ATTI E LE ATTIVITÀ

Il procedimento penale è per definizione una successione di atti - provenienti dai

vari soggetti coinvolti nel procedimento - che presentano profili formali e sostan-

ziali.

Gli atti assumono in genere la forma di verbali - contenenti le indicazioni della da-

ta di formazione, dei soggetti presenti, delle attività compiute - e recano la sotto-

scrizione degli intervenuti. Altri atti sono quelli tipici del giudice (sentenza, decre-

to, ordinanza).

Diversi dagli atti sono le copie (mere riproduzioni di atti), gli estratti (copie parzia-

li) e i certificati (attestazioni del contenuto di altri atti).

28 La nomina può promanare anche da un prossimo congiunto qualora l’imputato sia in vinculis.29 L’essenzialità della difesa comporta che anche ai non abbienti, italiani o stranieri, deve essere assicu-rato il gratuito patrocinio, anche in ossequio al diritto di difesa previsto dall’art. 24 Cost.30 Ciò è reso possibile dalla previsione di una serie di garanzie attinenti ad esempio alle perquisizioninegli uffici dei difensori, alle intercettazioni e ai sequestri.

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Diritto Processuale Penale32

La segretezza e la pubblicità degli atti

Le esigenze di segretezza31 e il correlato divieto di pubblicità delle attività investi-

gative e processuali si fondano su una serie di valori meritevoli di tutela, quali la

speditezza ed efficienza delle indagini preliminari, la presunzione di non colpevo-

lezza, la corretta formazione del convincimento del giudice. La tutela della segre-

tezza si scontra, peraltro, con la libertà di stampa, il diritto ad una piena informa-

zione e il c.d. ruolo di controllo dell’opinione pubblica. Il punto di equilibrio è stato

rinvenuto in una limitazione sia quantitativa degli atti segreti, sia temporale sulla

durata della segretezza. L’art. 114 disciplina la materia nei seguenti termini:

1. è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della

stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche

solo del loro contenuto;

2. è vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto

fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine

dell'udienza preliminare;

3. se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parzia-

le, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della

sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero, se non

dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. E' sempre consentita la

pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni;

4. è vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato

a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 232. In tali casi il giu-

dice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o

di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione ces-

sa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi

di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e

la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia;

5. se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il di-

vieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi

può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali

31 Per atto segreto si intende quello che l’indagato o imputato non conosce né ha diritto di conoscere.32 “Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità puònuocere al buon costume ovvero, se vi è richiesta dell'autorità competente, quando la pubblicità può comportare ladiffusione di notizie da mantenere segrete nell'interesse dello Stato.

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Diritto Processuale Penale 33

la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato ovvero cau-

sare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica

la disposizione dell'ultimo periodo del punto 4;

6. è vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni te-

stimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono dive-

nuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del mi-

norenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pub-

blicazione

7. è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal se-

greto.

LE NOTIFICAZIONI

Il Titolo 5 del Libro Secondo del codice di rito è dedicato alle notificazioni. Queste

consistono in quelle attività poste in essere per assicurare la conoscenza degli atti,

esigenza fondamentale e insopprimibile considerando che il procedimento penale

è appunto una serie di attività e di atti-documenti che si susseguono nel tempo33.

Organi e forme delle notificazioni

Le notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga altrimenti, sono eseguite del-

l'ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni34.

L'atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti. La consegna

di copia dell'atto all'interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione.

Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la

data in cui questa è avvenuta. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e

gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza so-

stituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale35.

Su richiesta dell'interessato, il giudice dispone che si proceda a porte chiuse all'assunzione di prove che possonocausare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituisconooggetto dell'imputazione. Quando l'interessato è assente o estraneo al processo, il giudice provvede di ufficio”.33 Diversa dalla notificazione è la comunicazione mediante la quale il giudice – senza l’interventodell’Ufficiale Giudiziario – rende noto al P.M. propri atti o determinazioni attraverso la consegna dellacopia a cura della cancelleria.34 Il giudice, ove ne ravvisi la necessità, può disporre che le notificazioni siano eseguite dalla poliziagiudiziaria.35 Quando lo consigliano circostanze particolari, il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decretomotivato in calce all'atto, che la notificazione a persona diversa dall'imputato sia eseguita mediantel'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto. Nel decreto sono indicate le modali-tà necessarie per portare l'atto a conoscenza del destinatario.

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Diritto Processuale Penale34

Notificazioni urgenti a mezzo del telefono e del telegrafo

Nei casi di urgenza, il giudice può disporre, anche su richiesta di parte, che le per-

sone diverse dall'imputato siano avvisate o convocate a mezzo del telefono a cura

della cancelleria o della polizia giudiziaria. Sull'originale dell'avviso o della convo-

cazione sono annotati il numero telefonico chiamato, il nome, le funzioni o le man-

sioni svolte dalla persona che riceve la comunicazione, il suo rapporto con il desti-

natario, il giorno e l'ora della telefonata. Alla comunicazione si procede chiamando

il numero telefonico corrispondente ai luoghi indicati nell'articolo 157 commi 1 e 2.

Essa non ha effetto se non è ricevuta dal destinatario ovvero da persona che convi-

va anche temporaneamente col medesimo. La comunicazione telefonica ha valore

di notificazione con effetto dal momento in cui è avvenuta, sempre che della stessa

sia data immediata conferma al destinatario mediante telegramma. Quando non è

possibile procedere nel modo indicato nei commi precedenti, la notificazione è e-

seguita, per estratto, mediante telegramma.

Le notifiche all’imputato

Salvo quanto previsto dagli articoli 161 e 162, la prima notificazione all'imputato

non detenuto è eseguita mediante consegna di copia alla persona. Se non è possibi-

le consegnare personalmente la copia, la notificazione è eseguita nella casa di abi-

tazione o nel luogo in cui l'imputato esercita abitualmente l'attività lavorativa, me-

diante consegna a una persona che conviva anche temporaneamente o, in mancan-

za, al portiere o a chi ne fa le veci. Qualora tali luoghi non siano conosciuti, la noti-

ficazione è eseguita nel luogo dove l'imputato ha temporanea dimora o recapito,

mediante consegna a una delle predette persone. Il portiere o chi ne fa le veci sotto-

scrive l'originale dell'atto notificato e l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinata-

rio dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata con avviso

di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della rac-

comandata. La copia non può essere consegnata a persona minore degli anni quat-

tordici o in stato di manifesta incapacità di intendere o di volere. L'autorità giudi-

ziaria dispone la rinnovazione della notificazione quando la copia è stata conse-

gnata alla persona offesa dal reato e risulta o appare probabile che l'imputato non

abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto notificato. La consegna alla persona con-

vivente, al portiere o a chi ne fa le veci è effettuata in plico chiuso e la relazione di

notificazione è scritta all'esterno del plico stesso. Se le persone precedentemente

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Diritto Processuale Penale 35

indicate mancano o non sono idonee o si rifiutano di ricevere la copia, si procede

nuovamente alla ricerca dell'imputato, tornando nei luoghi indicati prima. Se nep-

pure in tal modo è possibile eseguire la notificazione, l'atto è depositato nella casa

del comune dove l'imputato ha l'abitazione, o, in mancanza di questa, del comune

dove egli esercita abitualmente la sua attività lavorativa. Avviso del deposito stes-

so è affisso alla porta della casa di abitazione dell'imputato ovvero alla porta del

luogo dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa. L'ufficiale giudizia-

rio dà inoltre comunicazione all'imputato dell'avvenuto deposito a mezzo di lettera

raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono

dal ricevimento della raccomandata.

Le notificazioni all'imputato detenuto sono eseguite nel luogo di detenzione me-

diante consegna di copia alla persona. In caso di rifiuto della ricezione, se ne fa

menzione nella relazione di notificazione e la copia rifiutata è consegnata al diret-

tore dell'istituto o a chi ne fa le veci. Nello stesso modo si provvede quando non è

possibile consegnare la copia direttamente all'imputato, perché legittimamente as-

sente. In tal caso, della avvenuta notificazione il direttore dell'istituto informa im-

mediatamente l'interessato con il mezzo più celere. Le notificazioni all'imputato

detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari sono eseguite secondo la di-

sciplina vista per l’imputato non detenuto. Le disposizioni che precedono si appli-

cano anche quando dagli atti risulta che l'imputato è detenuto per causa diversa

dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un i-

stituto penitenziario. In nessun caso le notificazioni all'imputato detenuto o inter-

nato possono essere eseguite con le forme dell'articolo 159 (irreperibilità).

Il domicilio dichiarato o eletto

Ai sensi dell’art. 161, il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel

primo atto compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o del-

l'imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indi-

cati nell'articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, av-

vertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato,

ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che

in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere

domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della

dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta

menzione nel verbale. Fuori dal caso appena visto, l'invito a dichiarare o eleggere

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Diritto Processuale Penale36

domicilio è formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato

per disposizione dell'autorità giudiziaria. L'imputato è avvertito che deve comuni-

care ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di

insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive noti-

ficazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato. L'imputato de-

tenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo

e l'imputato che deve essere dimesso da un istituto per l'esecuzione di misure di

sicurezza, all'atto della scarcerazione o della dimissione ha l'obbligo di fare la di-

chiarazione o l'elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell'i-

stituto. Questi lo avverte, iscrive la dichiarazione o elezione nell'apposito registro e

trasmette immediatamente il verbale all'autorità che ha disposto la scarcerazione o

la dimissione. Se la notificazione nel domicilio determinato diviene impossibile, le

notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si

procede quando la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insuffi-

cienti o inidonee36.

Comunicazione del domicilio dichiarato o del domicilio eletto

Il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati

dall'imputato all'autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero

mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un

notaio o da persona autorizzata o dal difensore. La dichiarazione può essere fatta

anche nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale l'imputato si trova. In

quest’ultimo caso il verbale è trasmesso immediatamente all'autorità giudiziaria

che procede. Analogamente si provvede in tutti i casi in cui la comunicazione è ri-

cevuta da una autorità giudiziaria che, nel frattempo, abbia trasmesso gli atti ad

altra autorità. Finché l'autorità giudiziaria che procede non ha ricevuto il verbale o

la comunicazione, sono valide le notificazioni disposte nel domicilio precedente-

mente dichiarato o eletto.

36 Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l'imputato non è stato nella condi-zione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli artico-li 157 e 159.

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Diritto Processuale Penale 37

LE SANZIONI PROCESSUALI

La irregolarità

L’irregolarità è qualsiasi vizio formale dell’atto non sanzionato dalla legge con la

nullità. Quando si verifichi, il giudice deve provvedere alla sua eliminazione, even-

tualmente facendo ricorso alla correzione degli errori materiali.

Si tenga presente che ai sensi dell’art. 124 i magistrati, i cancellieri e gli altri ausilia-

ri del giudice, gli ufficiali giudiziari, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria

sono tenuti a osservare le norme processuali anche quando l'inosservanza non im-

porta nullità o altra sanzione processuale. I dirigenti degli uffici vigilano sull'os-

servanza delle norme anche ai fini della responsabilità disciplinare.

La decadenza

La decadenza consiste nella perdita o estinzione del diritto o facoltà di porre in es-

sere un atto del procedimento37. Il presupposto naturale è che l’atto non sia ancora

stato compiuto; in caso contrario l’atto sarebbe inammissibile. Pertanto la decaden-

za può rilevare sotto il duplice aspetto di:

a) divieto di compiere l’atto (preclusione);

b) invalidità (inammissibilità) dell’atto eventualmente compiuto nonostante il di-

vieto.

L’inutilizzabilità

L’inutilizzabilità consiste nel divieto di utilizzazione di un atto. Tale divieto scatu-

risce dal fatto che molti atti hanno una fungibilità limitata ad una precisa fase pro-

cedurale. Di norma – ad esempio – gli atti validamente compiuti durante le indagi-

ni preliminari hanno valenza limitata a tale fase.

L’inutilizzabilità è prevista, in via generale, per la violazione dei divieti probatori.

Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono, infatti,

essere utilizzate e l’inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado

del procedimento.

37 La decadenza non attiene direttamente all’atto, ma alla posizione del soggetto potenzialmente legitti-mato all’atto: si parla quindi di decadenza dal potere di compiere un atto.

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Diritto Processuale Penale38

Le nullità

In base all’art. 177 c.p.p., l’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del

procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge. E’ questo il

principio di tassatività delle nullità, per il quale nessuna irregolarità degli atti pro-

cedurali può essere assoggettata al regime delle nullità se non quando espressa-

mente previsto dalla legge. Si definisce dunque nullità di un atto processuale

l’invalidità espressamente comminata dalla legge per talune gravi violazioni di

essa. Le nullità possono dividersi in due grandi categorie:

a) quelle speciali, determinate di volta in volta per casi particolari con previsione

specifica;

b) quelle generali, previste una tantum per tutti i casi in cui poi concretamente

possano verificarsi.

Le nullità di ordine generale sono previste dall’art. 178 c.p.p. e si distinguono a lo-

ro volta in:

a) nullità assolute38, come tali deducibili in ogni stato e grado del procedimento

dalle parti e rilevabili d’ufficio dal giudice; si tratta di nullità che non possono

in alcun modo essere sanate, salvo quello che si dirà più avanti;

b) nullità c.d. intermedie39, rilevabili d’ufficio o su istanza della parte che ha su-

bito danno dalla violazione, purché non vi abbia dato causa; a differenza della

assolute, sono sanabili, in quanto sono previsti precisi termini per la loro rile-

vabilità (le nullità verificatesi durante le indagini preliminari si eccepiscono o

si rilevano prima della sentenza di primo grado; quelle verificatesi durante il

giudizio si eccepiscono o si rilevano prima della sentenza di grado successivo),

trascorsi i quali vengono appunto sanate;

c) il terzo gruppo di nullità è costituito da quella relative, cioè esclusivamente

deducibili dalle parti, purché la parte che le eccepisce abbia interesse a farlo e

non via abbia dato causa. Anche queste sono ovviamente sanabili, nel senso

che vengono sanate se non dedotte nei termini previsti, e cioè dall’esito

dell’udienza preliminare per le nullità verificatesi in tutta la fase che precede

38 precisamente: quelle riguardanti la capacità ed il numero degli giudici necessario per costituire i col-legi; quelle riguardanti l’iniziativa del p.m. nell’esercizio dell’azione penale; quelle derivantidall’omessa citazione dell’imputato e dall’assenza del suo difensore quando ne sia obbligatoria la pre-senza; quelle definite come assolute da altre disposizioni di legge.39 precisamente: quelle riguardanti la partecipazione del p.m. al procedimento e a qualsiasi atto in cui lalegge la dichiari obbligatoria; quelle riguardanti l’imputato che non siano definite ex lege come assolute;quelle relative alle altre parti private; quelle relative alla citazione in giudizio della persona offesa e delquerelante.

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Diritto Processuale Penale 39

l’esito stesso; entro il termine previsto per le c.d. questioni preliminari ex art.

491 c.p.p., per le nullità attinenti al decreto che dispone il giudizio e agli atti in-

troduttivi del dibattimento; con l’impugnazione della sentenza relativa per le

nullità verificatesi durante il giudizio.

Si ricordi che per espressa disposizione dell’art. 182, comma 2 o , c.p.p. tutti i ter-

mini per rilevare o eccepire le nullità sono previsti a pena di decadenza; inoltre gli

artt. 183 e 184 c.p.p. prevedono un regime differenziato di sanatoria, a seconda che

si tratti di nullità intermedie e relative da un lato, e di quelle riguardanti notifica-

zioni, avvisi e citazioni dall’altro: le prime vengono sanate se la parte interessata

non le eccepisce, se accerta gli effetti dell’atto nullo, ovvero se si avvale della facol-

tà cui l’atto nullo è preordinato; le seconde sono sanate se la parte compare o ri-

nuncia a comparire; se compare al solo fine di eccepire la nullità, ha diritto ad un

termine per la difesa.

Per quanto attiene agli effetti delle nullità, l’art. 185 c.p.p. dispone che, una volta

dichiarata dal giudice, la nullità di un atto travolge gli atti consecutivi dipendenti

da quello dichiarato nullo; il giudice dispone la rinnovazione dell’atto dichiarato

nullo, ponendo eventualmente le spese a carico di chi abbia dato seguito alla nulli-

tà con dolo o colpa grave. A causa della dichiarazione di nullità di un atto, poi, il

procedimento regredisce allo stato e grado in cui l’atto si è verificato, salvo che si

tratti di nullità concernente le prove. La nullità non dichiarata, anche se assoluta,

non invalida il procedimento, che prosegue fino alla sua conclusione, tanto che il

passaggio in giudicato della sentenza sana anche le nullità assolute.

L’inammissibilità

L’inammissibilità riguarda gli atti di parte e – in particolare – le impugnazioni. SI

verifica qualora manchino le condizioni richieste dalla legge per il compimento di

un dato atto. E’ rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e

si sana soltanto con il giudicato.

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Diritto Processuale Penale40

IL FENOMENO PROBATORIO NEL PROCEDIMENTO PE-

NALE

NOZIONI GENERALI

La prova è l’elemento, il segno, l’attività volta a fornire la conoscenza di un fatto

altrimenti sconosciuto o incerto. La prova può quindi definirsi come l’insieme degli e-

lementi sui quali si basa il convincimento del giudice. L’oggetto della prova o thema pro-

bandi è costituito da una affermazione probatoria, è l’ipotesi da verificare nel pro-

cesso penale: si riferisce all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della

pena o della misura di sicurezza. La prova è storica quando rappresenta un fatto,

narrato da un testimone o contenuto in un documento. La prova è critica quando

rappresenta un fatto dal quale, induttivamente, se ne ricava uno ulteriore. La prova

è, quindi, metodo conoscitivo utilizzato dal giudice, tramite mezzi specifici; testi-

monianza, documento, massima di esperienza. Distinto è l’indizio, segno di un

fatto, non univoco, che può condurre a conclusioni anche oppose, secondo un me-

todo interpretativo di tipo induttivo. Soltanto in presenza di indizi gravi precisi e con-

cordanti può desumersi l’esistenza di un fatto e quindi la prova dello stesso. Il codice vi-

gente indica come oggetto della prova i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla

punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza, ed altresì i

fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali, nonché i fatti inerenti

alla responsabilità civile derivante dal reato, se vi è costituzione di parte civile. Ciò

costituisce una innovazione rispetto al codice previgente, che si riferiva ai fatti ne-

cessari per l’accertamento della verità. L’innovazione risponde alla necessità di a-

deguare la disciplina della prova al sistema accusatorio introdotto dal nuovo codi-

ce. Le prove sono ammesse da parte del giudice a richiesta di parte; il giudice è ti-

tolare di un autonomo potere di assunzione di nuovi mezzi di prova, soltanto se

risulta assolutamente necessario. Il giudice, sulle richieste di parte, esclude le prove

vietate dalla legge e quelle che sono manifestamente infondate o irrilevanti. Vige,

in materia, il principio dispositivo, che si ritrova anche nel processo civile, per il

quale incombe alle parti, ed in particolare al p.m., provare il proprio assunto, e il

giudice non può decidere se non sulla base di quanto provato dalle parti stesse,

salvo l’eccezionale potere di acquisizione della prova d’ufficio conferito al giudice.

Di norma la prova si deve formare al dibattimento, secondo il principio dell’oralità,

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Diritto Processuale Penale 41

avanti al giudice che poco o nulla sa dell’attività svolta in precedenza dalle parti, e

dei risultati della stessa. Le attività di indagine preliminare non hanno valore di

prova, ma debbono essere ripetute avanti al giudice del dibattimento, salvo che si

opti per uno dei riti dell’alternativa indagatoria. La prova illegittimamente acquisita

non è utilizzabile. Il giudice deve valutare la prova dando conto nella motivazione

dei risultati acquisiti e dei criteri adottati, tenuto conto dell’esito complessivo

dell’istruttoria.

FONTI DI PROVA

Sono le cose, i documenti, o le persone da cui può scaturire la prova. Tali fonti pre-

esistono al giudice, tanto che funzione essenziale della P.G. e del P.M. è proprio

quella di assicurare le fonti di prova (art. 55).

I MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA

I mezzi di ricerca della prova sono quegli strumenti volti all’acquisizione di mezzi

di prova e cioè di cose materiali, tracce o dichiarazioni da cui si possa ricavare la

prova: ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni).

Le ispezioni

L'ispezione delle persone, dei luoghi e delle cose è disposta con decreto motivato

quando occorre accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato. Se il reato

non ha lasciato tracce o effetti materiali, o se questi sono scomparsi o sono stati

cancellati o dispersi, alterati o rimossi, l'autorità giudiziaria descrive lo stato attua-

le e, in quanto possibile, verifica quello preesistente, curando anche di individuare

modo, tempo e cause delle eventuali modificazioni. L'autorità giudiziaria può di-

sporre rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica.

L’ispezione personale

Prima di procedere all'ispezione personale l'interessato è avvertito della facoltà di

farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e i-

donea a norma dell'articolo 120. L'ispezione è eseguita nel rispetto della dignità e,

nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto. L'ispezione può essere e-

seguita anche per mezzo di un medico. In questo caso l'autorità giudiziaria può a-

stenersi dall'assistere alle operazioni. Esecuzione di perquisizioni e ispezioni per-

sonali. Le ispezioni sono fatte eseguire da persona dello stesso sesso di quella che

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Diritto Processuale Penale42

vi è sottoposta, salvi i casi di impossibilità o di urgenza assoluta o nel caso che le

operazioni siano eseguite da persona esercente la professione sanitaria.

L’ispezione di luoghi o di cose

All'imputato e in ogni caso a chi abbia l'attuale disponibilità del luogo in cui è ese-

guita l'ispezione è consegnata, nell'atto di iniziare le operazioni e sempre che essi

siano presenti, copia del decreto che dispone tale accertamento. Nel procedere all'i-

spezione dei luoghi, l'autorità giudiziaria può ordinare, enunciando nel verbale i

motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni sia-

no concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore.

Le ispezioni presso gli uffici dei difensori

Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo quando

essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono im-

putati, limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito e al fine di

rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone speci-

ficamente predeterminate.

Nell'accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'uf-

ficio di un difensore, l'autorità giudiziaria – nella persona del giudice ovvero, nel

corso delle indagini preliminari, del P.M.40 – avvisa il consiglio dell'ordine forense

del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere

alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del

provvedimento. Tali formalità sono richieste a pena di nullità.

Le perquisizioni

La perquisizione consiste in un’attività volta ad acquisire al processo il corpo del

reato e in genere le cose pertinenti al reato, quelle cioè sulle quali o a mezzo delle

quali fu commesso il reato e quelle che ne costituiscono il profitto, il prezzo o il

prodotto o un mezzo di prova.

Quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del

reato o cose pertinenti al reato, è disposta perquisizione personale. Quando vi è

fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero

che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato o dell'evaso, è disposta perquisi-

40 Comunque in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.

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Diritto Processuale Penale 43

zione locale. La perquisizione è disposta con decreto motivato41. L'autorità giudi-

ziaria può procedere personalmente ovvero disporre che l'atto sia compiuto da uf-

ficiali di polizia giudiziaria delegati con lo stesso decreto.

Se attraverso la perquisizione si ricerca una cosa determinata, l'autorità giudiziaria

può invitare a consegnarla. Se la cosa è presentata, non si procede alla perquisizio-

ne, salvo che si ritenga utile procedervi per la completezza delle indagini42.

Le cose rinvenute a seguito della perquisizione sono sottoposte a sequestro con

l'osservanza delle prescrizioni degli articoli 259 e 260.

Le perquisizioni personali

Prima di procedere alla perquisizione personale è consegnata una copia del decreto

all'interessato, con l'avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia,

purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120. La

perquisizione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pu-

dore di chi vi è sottoposto.

Le perquisizioni locali

Nell'atto di iniziare le operazioni, copia del decreto di perquisizione locale è conse-

gnata all'imputato, se presente, e a chi abbia l'attuale disponibilità del luogo, con

l'avviso della facoltà di farsi rappresentare o assistere da persona di fiducia, purché

questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120. Se tali persone

mancano, la copia è consegnata e l'avviso è rivolto a un congiunto, un coabitante o

un collaboratore ovvero, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci. L'autorità

giudiziaria, nel procedere alla perquisizione locale, può disporre con decreto moti-

vato che siano perquisite le persone presenti o sopraggiunte, quando ritiene che le

stesse possano occultare il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Può inoltre or-

dinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si al-

lontani prima che le operazioni siano concluse. Il trasgressore è trattenuto o ricon-

dotto coattivamente sul posto.

41 Ovviamente, nei casi in cui la P.G. agisce di propria iniziativa e quindi nelle ipotesi di flagranza direato, l’urgenza dell’atto è incompatibile con la formalità del preventivo decreto del P.M., ma in taleipotesi il controllo di legalità del P.M., anziché preventivo, diventa successivo, essendo sottoposto ilverbale di perquisizione a procedura di convalida.42 Per rintracciare le cose da sottoporre a sequestro o per accertare altre circostanze utili ai fini delle in-dagini, l'autorità giudiziaria o gli ufficiali di polizia giudiziaria da questa delegati possono esaminareatti, documenti e corrispondenza presso banche. In caso di rifiuto, l'autorità giudiziaria procede a per-quisizione.

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Diritto Processuale Penale44

La perquisizione in un'abitazione o nei luoghi chiusi adiacenti a essa può essere

svolta solo fra le ore sette e le ore venti. Tuttavia nei casi urgenti l'autorità giudizia-

ria può disporre per iscritto che la perquisizione sia eseguita fuori dei suddetti li-

miti temporali.

I sequestri

Il sequestro - operato personalmente dall’autorità giudiziaria con decreto motivato,

o da ufficiali della polizia giudiziaria delegati con lo stesso decreto - è un mezzo di

ricerca della prova. Durante la fase delle indagini preliminari la polizia giudiziaria

può disporre di propria iniziativa il sequestro solo nel caso in cui vi sia pericolo

che le cose sequestrande si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il

pubblico ministero non possa intervenire tempestivamente43. Nel caso ricorrano i

presupposti previsti dall’art. 354 c.p.p. (pericolo di alterazione o dispersione) il di-

fensore della persona sottoposta ad indagini ha facoltà di assistere alle operazioni

di sequestro, non ha invece il diritto di essere preavvisato. Nel caso in cui sia diret-

tamente il p.m. a compiere gli atti di sequestro chiede alla persona sottoposta alle

indagini se sia assistita da un difensore di fiducia, qualora ne sia priva nomina uno

d’ufficio. Il sequestro operato d’iniziativa dalla polizia giudiziaria deve essere con-

validato dal p.m., il quale provvede entro le quarantotto ore successive alla tra-

smissione del verbale di sequestri, che deve avvenire ad opera della polizia giudi-

ziaria senza ritardo e comunque non oltre le quarantotto ore successive al seque-

stro. Qualora il verbale del sequestro documenti un atto irripetibile, lo stesso con-

fluirà nel fascicolo del dibattimento, dove confluiscono anche il corpo del reato e le

cose pertinenti al reato, purché non occorra custodirli altrove.

Le cose sequestrate sono affidate in custodia alla cancelleria o alla segreteria.

Quando ciò non è possibile o non è opportuno, l'autorità giudiziaria dispone che la

custodia avvenga in luogo diverso, determinandone il modo e nominando un altro

custode giudiziario. All'atto della consegna, il custode è avvertito dell'obbligo di

conservare e di presentare le cose a ogni richiesta dell'autorità giudiziaria nonché

delle pene previste dalla legge penale per chi trasgredisce ai doveri della custodia.

Al custode può essere imposta una cauzione. Dell'avvenuta consegna, dell'avver-

43 I vigili urbani, essendo solo agenti di polizia giudiziaria con limitazioni territoriali, non possono ese-guire alcun sequestro. Solo il comandante della polizia municipale può legittimamente procedere, attesoche costui riveste la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria sempre ovviamente nell’ambito dell’enteterritoriale di appartenenza.

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Diritto Processuale Penale 45

timento dato e della cauzione imposta è fatta menzione nel verbale. La cauzione è

ricevuta, con separato verbale, nella cancelleria o nella segreteria.

Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sotto-

scrizioni dell'autorità giudiziaria e dell'ausiliario che la assiste ovvero, in relazione

alla natura delle cose, con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini di

giustizia. L'autorità giudiziaria fa estrarre copia dei documenti e fa eseguire foto-

grafie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi o che sono

di difficile custodia, le unisce agli atti e fa custodire in cancelleria o segreteria gli

originali dei documenti. Se si tratta di cose che possono alterarsi, l'autorità giudi-

ziaria ne ordina, secondo i casi, l'alienazione o la distruzione.

L'autorità giudiziaria, quando occorre procedere alla rimozione dei sigilli, ne veri-

fica prima l'identità e l'integrità con l'assistenza dell'ausiliario. Compiuto l'atto per

cui si è resa necessaria la rimozione dei sigilli, le cose sequestrate sono nuovamente

sigillate dall'ausiliario in presenza dell'autorità giudiziaria. L'autorità giudiziaria e

l'ausiliario appongono presso il sigillo la data e la sottoscrizione.

Quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, le cose sequestrate

sono restituite a chi ne abbia diritto, anche prima della sentenza. Se occorre, l'auto-

rità giudiziaria prescrive di presentare a ogni richiesta le cose restituite e a tal fine

può imporre cauzione. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a ri-

chiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti al-

l'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro conservativo o pre-

ventivo: in altre parole il giudice può “trasformare” il sequestro probatorio in se-

questro conservativo o in sequestro preventivo. Dopo la sentenza non più sogget-

ta a impugnazione le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo

che sia disposta la confisca.

Il sequestro di corrispondenza

E’ consentito all’autorità giudiziaria procedere al sequestro di lettere, pieghi, pac-

chi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, qualora abbia fondato mo-

tivo di ritenere essere spediti dall’imputato, o a lui diretti, anche sotto nome diver-

so o per mezzo di persona diversa o che comunque possono avere relazione con il

reato. Allorché al sequestro procede un ufficiale di polizia giudiziaria, questi deve

consegnare all’autorità giudiziaria gli oggetti di corrispondenza sequestrati, senza

aprirli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto. In caso di ur-

genza gli ufficiali di polizia giudiziaria ordinano a chi è preposto al servizio postale

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Diritto Processuale Penale46

di sospendere l’inoltro degli oggetti di corrispondenza per i quali è consentito il

sequestro a norma dell’art. 254 c.p.p., ma, se il p.m. entro quarantotto ore

dall’ordine della polizia giudiziaria non dispone il sequestro, gli oggetti di corri-

spondenza sono inoltrati. Tutte le carte e i documenti sequestrati che non rientrano

fra la corrispondenza sequestrabile sono immediatamente restituiti all’avente dirit-

to e non possono essere comunque utilizzati.

Il sequestro presso banche

L’autorità giudiziaria può procedere al sequestro presso banche di documenti, tito-

li, valori, somme depositate in conto corrente e di ogni altra cosa, anche se contenu-

ti in cassette di sicurezza, quando abbia fondato motivo di ritenere che siano perti-

nenti al reato, quantunque non appartengano all’imputato o non siano iscritti al

suo nome. In questo caso specifico è escluso che il provvedimento di sequestro

venga preceduto da un’informazione di garanzia a coloro ai quali risultano appar-

tenere le cose sottoposte a sequestro.

Le intercettazioni

Esse possono riguardare qualsiasi forma di telecomunicazione. L’intercettazione

non è consentita per tutti i reati, le fattispecie per le quali essa è consentita sono e-

lencati dall’art. 266 c.p., e sono:

a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione

superiore nel massimo a cinque anni44;

b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della

reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni;

c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;

d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;

e) delitti di contrabbando;

f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, molestia o di-

sturbo alle persone col mezzo del telefono ;

g) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale (pornogra-

fia minorile).

Negli stessi casi è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tutta-

via, qualora queste avvengano nei luoghi di privata dimora, l'intercettazione è con-

44 Per il calcolo della pena ci si deve attenere ai criteri indicati nell’art. 4.

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Diritto Processuale Penale 47

sentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività cri-

minosa. Affinché si possa procedere ad un intercettazione è previsto un procedi-

mento autorizzatorio che prevede una richiesta da parte del p.m.45 ed una autoriz-

zazione da parte del giudice per le indagini preliminari46 da concedersi nell’ipotesi

che sussistano gravi indizi di reato e l’intercettazione sia assolutamente indispen-

sabile ai fini della prosecuzione delle indagini.

I MEZZI DI PROVA

I mezzi di prova sono gli strumenti attraverso i quali le fonti di prova producono la

prova.

La testimonianza

La testimonianza è il tipico mezzo di prova, che garantisce, ad un tempo, l’oralità

della stessa e il diritto al contraddittorio attraverso il c.d. esame incrociato47. Ogget-

to della testimonianza sono fatti determinati, specifici e non giudizi sulla moralità

dell’imputato o apprezzamenti personali.

La testimonianza indiretta

Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giu-

dice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre: in caso con-

trario le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da

altre persone sono inutilizzabili, salvo che l'esame di queste risulti impossibile per

morte, infermità o irreperibilità. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non

possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni48.

La capacità a testimoniare

Ogni persona ha la capacità di testimoniare. Qualora, al fine di valutare le dichia-

razioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere

45 L’intercettazione è atto proprio del P.M., sottratto ad un potere di iniziativa della P.G., data la rilevan-za degli interessi in gioco.46 Nei casi di urgenza il P.M. può emettere lui stesso il decreto motivato ma con natura provvisoria es-sendo soggetto a caducazione ab initio se il G.I.P. non lo convalida entro le successive 48 ore.47 Stante l’idoneità della testimonianza a formare la prova, nella fase delle indagini preliminari non sipuò parlare di testimonianza in senso tecnico ma solo di “informazioni” rese da persona informata suifatti.48 La Corte costituzionale, con sentenza 22-31 gennaio 1992, n. 24, ha dichiarato, fra l'altro, l'illegittimitàcostituzionale dell'art. 195, quarto comma, c.p.p. precisando che gli agenti e gli ufficiali di polizia giudi-ziaria possono comunque essere chiamati a deporre circa le dichiarazioni ricevute da testimoni con lemodalità e limiti propri della testimonianza indiretta.

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Diritto Processuale Penale48

testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni

con i mezzi consentiti dalla legge. I risultati degli accertamenti che siano stati di-

sposti prima dell'esame testimoniale non precludono l'assunzione della testimo-

nianza49.

Le formalità di assunzione

L’art. 497 prevede gli atti preliminari all’esame dei testimoni. Questi sono esamina-

ti l'uno dopo l'altro nell'ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati. Prima che

l'esame abbia inizio, il presidente avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità.

Salvo che si tratti di persona minore degli anni quattordici, il presidente avverte

altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni

falsi o reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «Consapevole della

responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno

a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza». Lo

invita quindi a fornire le proprie generalità. Tali formalità sono richieste a pena di

nullità. Le domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difen-

sore che ha chiesto l'esame del testimone. Successivamente altre domande possono

essere rivolte dalle parti che non hanno chiesto l'esame, secondo l'ordine indicato

nell'articolo 496. Chi ha chiesto l'esame può proporre nuove domande50.

Quanto alle regole da seguire durante l’esame testimoniale l’art. 499 prevede che:

• l'esame testimoniale si svolga mediante domande su fatti specifici;

• nel corso dell'esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sinceri-

tà delle risposte;

• nell'esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone e da

quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a sug-

gerire le risposte;

49 Non possono essere assunti come testimoni:a) i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma del-

l'articolo 12, anche se nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere, diproscioglimento o di condanna, salvo che la sentenza di proscioglimento sia divenuta irrevocabile;

b) le persone imputate di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo371 comma 2 lettera b);

c) il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;d) coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico

ministero o loro ausiliario.50 L'esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni propostedalle parti. Nell'esame il presidente può avvalersi dell'ausilio di un familiare del minore o di un espertoin psicologia infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che l'esame diretto del minore non possanuocere alla serenità del teste, dispone con ordinanza che la deposizione prosegua nelle forme previstedai commi precedenti. L'ordinanza può essere revocata nel corso dell'esame.

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Diritto Processuale Penale 49

• il presidente cura che l'esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto

della persona;

• il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della

memoria, documenti da lui redatti;

• durante l'esame, il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la per-

tinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell'esame e la cor-

rettezza delle contestazioni.

Le contestazioni nell’esame testimoniale

L’art. 500 disciplina le contestazioni ai testi. Fermi i divieti di lettura e di allegazio-

ne, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, posso-

no servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel

fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti e

sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto. Le parti possono

procedere alla contestazione anche quando il teste rifiuta o comunque omette, in

tutto o in parte, di rispondere sulle circostanze riferite nelle precedenti dichiara-

zioni. Le dichiarazioni utilizzate per la contestazione possono essere valutate dal

giudice per stabilire la credibilità della persona esaminata. Quando, a seguito della

contestazione, sussiste difformità rispetto al contenuto della deposizione, le dichiarazioni

utilizzate per la contestazione sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento e sono valuta-

te come prova dei fatti in esse affermati se sussistono altri elementi di prova che ne confer-

mano l'attendibilità51. Le dichiarazioni così acquisite sono valutate come prova dei

fatti in esse affermati quando, anche per le modalità della deposizione o per altre

circostanze emerse dal dibattimento, risulta che il testimone è stato sottoposto a

violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non de-

ponga o deponga il falso ovvero risultano altre situazioni che hanno compromesso

la genuinità dell'esame. Le dichiarazioni assunte dal giudice a norma dell'articolo

422 costituiscono prova dei fatti in esse affermati, se sono state utilizzate per le con-

testazioni previste dall’art. 50052.

51 La Corte Costituzionale, con sentenza 9-16 giugno 1994, n. 241 (Gazz. Uff. 22 giugno 1994, n. 26 -Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma in rife-rimento agli artt. 3, 24, 25 e 101 Cost. Successivamente la stessa Corte, con sentenza 21-28 novembre1994, n. 407 (Gazz. Uff. 7 dicembre 1994, n. 50, Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la que-stione di legittimità del presente comma in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.52 La Corte costituzionale, con sentenza 18 maggio-3 giugno 1992, n. 255 (Gazz. Uff. 4 giugno 1992, n. 24- Prima serie speciale), aveva dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 500, terzo comma c.p.p.; b) l'illegittimi-tà dell'art. 500, quarto comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'acquisizione del fascicolo per il

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Diritto Processuale Penale50

La falsa testimonianza

Poiché il giudice non è detentore di una verità processualmente acquisita, allorché

un testimone renda dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le

prove già acquisite, il presidente o il giudice può solo farglielo rilevare rinnovan-

dogli, se del caso, l'avvertimento previsto dall'articolo 497/2 53. Allo stesso avver-

timento provvede se un testimone rifiuta di deporre fuori dei casi espressamente

previsti dalla legge e, se il testimone persiste nel rifiuto, dispone l'immediata tra-

smissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge.

Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il

suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi di falsa testimonianza (art. 372 c.p.), ne in-

forma il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti.

L’esame delle parti

L’esame inerisce alle dichiarazioni rese in qualità di parte processuale, così come la

testimonianza a quella di qualità di testimone: costituisce un mezzo di istruzione

probatoria che ha luogo nelle sedi in cui si forma la prova (dibattimento o inciden-

te probatorio) e che investe le parti processuali private54.

Mentre i testimoni hanno l’obbligo di deporre, le parti hanno solo la facoltà di assog-

gettarsi ad esame, essendo esse titolari di un interesse proprio nel processo e quindi

legittimate ad esercitare il diritto di difesa anche mediante il rifiuto dell’esame55.

La disciplina dell’esame

Ai sensi dell’art. 503 il presidente dispone l'esame delle parti che ne abbiano fatto

richiesta o che vi abbiano consentito, secondo il seguente ordine: parte civile, re-

sponsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e imputato.

L'esame si svolge nei modi previsti dagli articoli 498 e 499. Ha inizio con le do-

mande del difensore o del pubblico ministero che l'ha chiesto e prosegue con le

domande, secondo i casi, del pubblico ministero e dei difensori della parte civile,

del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria,

del coimputato e dell'imputato. Quindi, chi ha iniziato l'esame può rivolgere nuove

dibattimento, se sono state utilizzate, per le contestazione previste dai commi primo e secondo, delledichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero.53 Non è consentito l’arresto del testimone in udienza (art. 476).54 Il P.M. in quanto parte pubblica non può essere sottoposto né a esame né a testimonianza.55 Dal rifiuto dell’esame non possono trarsi deduzioni sfavorevoli. Però se la parte sceglie di essere esa-minata, il rifiuto di rispondere a talune domande è suscettibile di valutazione probatoria.

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Diritto Processuale Penale 51

domande. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, il pubblico ministero e i difen-

sori, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono ser-

virsi delle dichiarazioni precedentemente rese dalla parte esaminata e contenute

nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui

fatti e sulle circostanze da contestare la parte abbia già deposto. Le dichiarazioni

utilizzate per la contestazione possono essere valutate dal giudice per stabilire la

credibilità della persona esaminata. Le dichiarazioni alle quali il difensore aveva

diritto di assistere assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su de-

lega del pubblico ministero sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento, se sono

state utilizzate per le contestazioni.

I confronti

Qualora fra due o più persone già esaminate o interrogate sussistano divergenze, il

codice prevede l’istituto del confronto (art. 211). Il giudice, richiamate le precedenti

dichiarazioni ai soggetti tra i quali deve svolgersi il confronto, chiede loro se le

confermano o le modificano, invitandoli, ove occorra, alle reciproche contestazioni.

Nel verbale è fatta menzione delle domande rivolte dal giudice, delle dichiarazioni

rese dalle persone messe a confronto e di quanto altro è avvenuto durante il con-

fronto.

Le ricognizioni

La ricognizione mira alla individuazione di persone, cose ed altre realtà sensoriali

ad opera di un soggetto chiamato in sede processuale a riconoscere persone ed og-

getti già caduti sotto i suoi sensi.

Quando occorre procedere a ricognizione personale, il giudice invita chi deve ese-

guirla a descrivere la persona indicando tutti i particolari che ricorda; gli chiede

poi se sia stato in precedenza chiamato a eseguire il riconoscimento, se, prima e

dopo il fatto per cui si procede, abbia visto, anche se riprodotta in fotografia o al-

trimenti, la persona da riconoscere, se la stessa gli sia stata indicata o descritta e se

vi siano altre circostanze che possano influire sull'attendibilità del riconoscimento.

Nel verbale è fatta menzione degli adempimenti previsti dal comma 1 e delle di-

chiarazioni rese. Tali formalità sono richieste a pena di nullità.

In seguito, allontanato colui che deve eseguire la ricognizione, il giudice procura la

presenza di almeno due persone il più possibile somiglianti, anche nell'abbiglia-

mento, a quella sottoposta a ricognizione. Invita quindi quest'ultima a scegliere il

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Diritto Processuale Penale52

suo posto rispetto alle altre, curando che si presenti, sin dove è possibile, nelle stes-

se condizioni nelle quali sarebbe stata vista dalla persona chiamata alla ricognizio-

ne. Nuovamente introdotta quest'ultima, il giudice le chiede se riconosca taluno

dei presenti e, in caso affermativo, la invita a indicare chi abbia riconosciuto e a

precisare se ne sia certa56.

Quando, invece, occorre procedere alla ricognizione del corpo del reato o di altre

cose pertinenti al reato, il giudice procede osservando le disposizioni dell'articolo

213, in quanto applicabili. Procurati, ove possibile, almeno due oggetti simili a

quello da riconoscere, il giudice chiede alla persona chiamata alla ricognizione se

riconosca taluno tra essi e, in caso affermativo, la invita a dichiarare quale abbia

riconosciuto e a precisare se ne sia certa.

In entrambi i casi, nel verbale è fatta menzione, a pena di nullità, delle modalità di

svolgimento e ricognizione. Il giudice può disporre che lo svolgimento della rico-

gnizione sia documentato anche mediante rilevazioni fotografiche o cinematografi-

che o mediante altri strumenti o procedimenti.

Gli esperimenti giudiziali

L'esperimento consiste nella riproduzione, per quanto è possibile, della situazione

in cui il fatto si afferma o si ritiene essere avvenuto e nella ripetizione delle modali-

tà di svolgimento del fatto stesso. L'esperimento giudiziale è ammesso quando oc-

corre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo (art.

218).

In fase di indagini preliminari, le esigenze cognitive che sono a fondamento

dell’esperimento giudiziale sono assicurate mediante “accertamenti tecnici” da

parte del P.M. e mediante “atti o operazioni tecniche” da parte della P.G., sempre,

però, nell’ottica di finalità investigative, e mai probatorie.

56 Se vi è fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla ricognizione possa subire intimidazio-ne o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a ricognizione, il giudice dispone che l'atto siacompiuto senza che quest'ultima possa vedere la prima.

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Diritto Processuale Penale 53

La perizia e la consulenza tecnica

Ai sensi dell’art. 220, 1. la perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o

acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scienti-

fiche o artistiche57.

Quanto alle modalità di espletamento, il giudice nomina il perito scegliendolo tra

gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella

specifica disciplina58. Il giudice affida l'espletamento della perizia a più persone

quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero ri-

chiedono distinte conoscenze in differenti discipline. Il perito ha l'obbligo di pre-

stare il suo ufficio, salvo che ricorra uno dei motivi di astensione previsti dall'arti-

colo 36. La necessarietà della perizia comporta che essa possa essere disposta anche

di ufficio dal giudice, nella sua funzione di garante della correttezza del processo e

delle procedure volte ad acquisire la verità reale, al di là delle deficienze di impul-

so delle parti.

Disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di nomina-

re propri consulenti tecnici in numero non superiore, per ciascuna parte, a quello

dei periti59. Ai sensi dell’art. 230, i consulenti tecnici possono assistere al conferi-

mento dell'incarico al perito e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve,

delle quali è fatta menzione nel verbale. Essi possono partecipare alle operazioni

peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e ri-

serve, delle quali deve darsi atto nella relazione. Se sono nominati dopo l'esauri-

mento delle operazioni peritali, i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni

e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luo-

go oggetto della perizia. La nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della

57 Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammes-se perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e lapersonalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.58 Non può prestare ufficio di perito, a pena di nullità:a) il minorenne, l'interdetto, l'inabilitato e chi è affetto da infermità di mente;b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero è interdetto o sospeso dall'eser-

cizio di una professione o di un'arte;c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione;d) chi non può essere assunto come testimone o ha facoltà di astenersi dal testimoniare o chi è chia-

mato a prestare ufficio di testimone o di interprete;e) chi è stato nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso.59 Le parti private, nei casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale dei non abbienti,hanno diritto di farsi assistere da un consulente tecnico a spese dello Stato.

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Diritto Processuale Penale54

loro attività non può ritardare l'esecuzione della perizia e il compimento delle altre

attività processuali60.

Il giudice, accertate le generalità del perito, gli chiede se si trova in una delle con-

dizioni di incapacità o incompatibilità previste dagli articoli 222 e 223, lo avverte

degli obblighi e delle responsabilità previste dalla legge penale e lo invita a rendere

la seguente dichiarazione: «consapevole della responsabilità morale e giuridica che

assumo nello svolgimento dell'incarico, mi impegno ad adempiere al mio ufficio

senza altro scopo che quello di far conoscere la verità e a mantenere il segreto su

tutte le operazioni peritali». Il giudice formula quindi i quesiti, sentiti il perito, i

consulenti tecnici, il pubblico ministero e i difensori presenti.

Concluse le formalità di conferimento dell'incarico, il perito procede immediata-

mente ai necessari accertamenti e risponde ai quesiti con parere raccolto nel verba-

le. Se, per la complessità dei quesiti, il perito non ritiene di poter dare immediata

risposta, può chiedere un termine al giudice. Quando non ritiene di concedere il

termine, il giudice provvede alla sostituzione del perito; altrimenti fissa la data,

non oltre novanta giorni, nella quale il perito stesso dovrà rispondere ai quesiti e

dispone perché ne venga data comunicazione alle parti e ai consulenti tecnici.

Quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità, il termine può

essere prorogato dal giudice, su richiesta motivata del perito, anche più volte per

periodi non superiori a trenta giorni. In ogni caso, il termine per la risposta ai que-

siti, anche se prorogato, non può superare i sei mesi. Qualora sia indispensabile il-

lustrare con note scritte il parere, il perito può chiedere al giudice di essere autoriz-

zato a presentare relazione scritta.

Il perito procede alle operazioni necessarie per rispondere ai quesiti. A tal fine può

essere autorizzato dal giudice a prendere visione degli atti, dei documenti e delle

cose prodotti dalle parti dei quali la legge prevede l'acquisizione al fascicolo per il

dibattimento. Il perito può essere inoltre autorizzato ad assistere all'esame delle

parti e all'assunzione di prove nonché a servirsi di ausiliari di sua fiducia per lo

svolgimento di attività materiali non implicanti apprezzamenti e valutazioni. Qua-

lora, ai fini dello svolgimento dell'incarico, il perito richieda notizie all'imputato,

alla persona offesa o ad altre persone, gli elementi in tal modo acquisiti possono

60 Quando non è stata disposta perizia, ciascuna parte può nominare, in numero non superiore a due,propri consulenti tecnici. Questi possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando me-morie a norma dell'articolo 121. Qualora, successivamente alla nomina del consulente tecnico, sia dispo-

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Diritto Processuale Penale 55

essere utilizzati solo ai fini dell'accertamento peritale. Quando le operazioni perita-

li si svolgono senza la presenza del giudice e sorgono questioni relative ai poteri

del perito e ai limiti dell'incarico, la decisione è rimessa al giudice, senza che ciò

importi sospensione delle operazioni stesse.

Il perito indica il giorno, l'ora e il luogo in cui inizierà le operazioni peritali e il

giudice ne fa dare atto nel verbale. Della eventuale continuazione delle operazioni

peritali il perito dà comunicazione senza formalità alle parti presenti.

I documenti

A norma dell’art. 234, è consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che

rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fo-

nografia o qualsiasi altro mezzo61.

I documenti che costituiscono corpo del reato devono essere acquisiti qualunque

sia la persona che li abbia formati o li detenga. Inoltre è consentita l'acquisizione,

anche di ufficio, di qualsiasi documento proveniente dall'imputato, anche se se-

questrato presso altri o da altri prodotto.

E' consentita l'acquisizione dei certificati del casellario giudiziale, della documen-

tazione esistente presso gli uffici del servizio sociale degli enti pubblici e presso gli

uffici di sorveglianza nonché delle sentenze irrevocabili di qualunque giudice ita-

liano e delle sentenze straniere riconosciute, ai fini del giudizio sulla personalità

dell'imputato o della persona offesa dal reato, se il fatto per il quale si procede de-

ve essere valutato in relazione al comportamento o alle qualità morali di questa62.

L’art. 238 disciplina l’acquisizione dei verbali di prove assunte in alti procedimenti.

In particolare:

sta perizia, ai consulenti tecnici già nominati sono riconosciuti i diritti e le facoltà previsti dall'articolo230, salvo il limite previsto dall'articolo 225 comma 1.61 Quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarritoo sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia. La V sez. della Cassazione Penale,con sentenza n. 10309/93 (Limiti di utilizzabilità della copia) ha stabilito che in tema di documenti, l'art.234 cod. proc. pen. richiede che essi vengano acquisiti in originale, potendosi acquisire copia solo quan-do l'originale non è recuperabile; ma poiché il vigente codice di rito non ha accolto il principio di tipicitàdei mezzi di prova, tant'è che l'art. 189 cod. proc. pen. si occupa espressamente de "le prove non disci-plinate dalla legge", il giudice può ben utilizzare quale elemento di prova, anziché l'originale, la copia diun documento, quando essa sia idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti. (Fattispecie in tema di co-pie di videoregistrazioni comprovanti la commissione del reato da parte dell'imputato).62 Le sentenze e i certificati del casellario giudiziale possono inoltre essere acquisiti al fine di valutare lacredibilità di un testimone.

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Diritto Processuale Penale56

• è ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale se si

tratta di prove assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento63;

• è ammessa l'acquisizione di verbali di prove assunte in un giudizio civile defi-

nito con sentenza che abbia acquistato autorità di cosa giudicata;

• è comunque ammessa l'acquisizione della documentazione di atti che anche

per cause sopravvenute non sono ripetibili;

Al di fuori dei casi appena visti, i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati

nel dibattimento solo nei confronti dell'imputato che vi consenta; in mancanza di

consenso, detti verbali possono essere utilizzati per le contestazioni.

L’INCIDENTE PROBATORIO

Con lo strumento dell’incidente probatorio si rende possibile, durante la fase delle

indagini preliminari, assumere, e dunque acquisire al processo, prove la cui assun-

zione non appare rinviabile al successivo dibattimento. Il legislatore ha ritenuto

opportuno nell’art. 392 c.p.p. elencare le specifiche ipotesi in presenza delle quali

procedere con incidente probatorio, con ciò volendo sostanzialmente scongiurare il

pericolo che l’uso dell’istituto esorbiti dall’eccezionalità. Durante le indagini preli-

minari, dunque, sia il p.m. che la persona sottoposta ad indagini possono chiedere

al giudice che si proceda con incidente probatorio64:

a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo

di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infer-

mità o altro grave impedimento;

b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici,

vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia,

offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga

il falso;

c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la respon-

sabilità di altri;

d) all'esame delle persone imputate in un procedimento connesso;

63 Le dichiarazioni rese dalle persone imputate di reato connesso sono utilizzabili soltanto nei confrontidegli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione.64 Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alleindagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza dipersona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1 dell’art. 392.

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Diritto Processuale Penale 57

e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministe-

ro hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze

previste dalle lettere a) e b);

f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona,

una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile;

g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di

rinviare l'atto al dibattimento.

Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere

una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una

sospensione superiore a sessanta giorni .

La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del giudice per le

indagini preliminari, unitamente a eventuali cose o documenti, ed è notificata a cu-

ra di chi l'ha proposta, secondo i casi, al pubblico ministero e alle persone nei con-

fronti delle quali si procede per i fatti oggetto della prova.

Entro due giorni dalla notificazione della richiesta, il pubblico ministero ovvero la

persona sottoposta alle indagini può presentare deduzioni sull'ammissibilità e sul-

la fondatezza della richiesta, depositare cose, produrre documenti nonché indicare

altri fatti che debbano costituire oggetto della prova e altre persone interessate.

Copia delle deduzioni è consegnata dalla persona sottoposta alle indagini alla se-

greteria del pubblico ministero, che comunica senza ritardo al giudice le indicazio-

ni necessarie per gli avvisi65.

Poiché l’incidente probatorio si risolve nella immediata acquisizione della prova,

esso comporta la c.d. discovery di risultanze investigative. Se tale discovery è pro-

mossa dall’indagato, essa talvolta può risultare pregiudizievole alle indagini in

corso; in tal caso, il P.M. può provocare il differimento dell’incidente probatorio

per il tempo strettamente necessario ad esperire quegli atti investigativi messi anzi-

tempo a rischio dall’incidente probatorio. La contraria esigenza di acquisizione ur-

gente della prova può comportare o il rigetto dell’istanza di differimento o

l’abbreviazione dei termini per l’assunzione della prova.

L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del

pubblico ministero e del difensore della persona sottoposta alle indagini. Ha altresì

diritto di parteciparvi il difensore della persona offesa. La persona sottoposta alle

65 La persona sottoposta alle indagini può prendere visione ed estrarre copia delle deduzioni da altripresentate.

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Diritto Processuale Penale58

indagini e la persona offesa hanno diritto di assistere all'incidente probatorio

quando si deve esaminare un testimone o un'altra persona. Negli altri casi possono

assistere previa autorizzazione del giudice. Le prove sono assunte con le forme

stabilite per il dibattimento. Il verbale, le cose e i documenti acquisiti nell'incidente

probatorio sono trasmessi al pubblico ministero. I difensori hanno diritto di pren-

derne visione ed estrarne copia.

LIBERTÀ DELLA PERSONA E PROCEDIMENTO PENALE

In tema di libertà personale, il quadro sistematico è dettato dall’art. 13 della Costi-

tuzione il quale, dopo aver premesso il principio che la libertà personale è inviola-

bile, sancisce che non è ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione o per-

quisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non

per atto motivato dall'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla leg-

ge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge,

l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devo-

no essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non

li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi

di ogni effetto. E' punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sot-

toposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione

preventiva.

L’ARRESTO IN FLAGRANZA E IL FERMO

L’arresto in flagranza

L’arresto in flagranza fa riferimento all’atto regolato dagli artt. 385-391 c.p.p., con il

quale una persona viene privata della libertà personale, poiché colta nell’atto di

commettere un reato, o sorpresa con cose e tracce con le quali appaia avere com-

messo poco prima un reato.

L’arresto si ripartisce in obbligatorio e facoltativo a seconda che la sua effettua-

zione sia un atto dovuto o un atto discrezionale. Per la previsione obbligatoria de-

ve trattarsi di delitti non colposi riconducibili ad una indicazione generale (la cui

pena prevista sia nel minimo non inferiore a 5 anni e nel massimo non inferiore a

20) o analitica (casi cioè espressamente indicati dal codice). Per la previsione facol-

tativa deve ugualmente trattarsi di delitti ma in questo caso anche colposi. Se trat-

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Diritto Processuale Penale 59

tasi di delitto doloso è previsto l’arresto facoltativo se la pena prevista per il reato è

superiore nel massimo edittale a 3 anni; se trattasi di delitto colposo la pena previ-

sta deve essere superiore nel massimo a 5 anni. Anche per l’arresto facoltativo, ol-

tre ad una indicazione generale è prevista una elencazione analitica.

Infine è da notare che il comma 4-bis dell’art. 381, introdotto dalla L. 332/95, vieta

l'arresto della persona richiesta di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria o

dal pubblico al fine di evitare pericolose coazioni psicologiche che la minaccia

dell’arresto potrebbe comportare.

Il fermo

Il fermo attribuisce alla polizia giudiziaria o al p.m. un potere di cattura di caratte-

re discrezionale, non sottoposto, come l’arresto, al requisito della flagranza di rea-

to. In pratica, il fermo consiste in una privazione della libertà dopo la quale trova-

no applicazione le medesime norme previste per l’arresto (artt. 385-391 c.p.p.): la

diversità fra i due istituti si coglie però nell’ambito dei presupposti, delle finalità e

della titolarità del potere. Per quanto concerne i presupposti si può osservare che il

fermo richiede gravi indizi di reità unitamente a elementi specifici dai quali possa

desumersi il pericolo di fuga; non è richiesta la flagranza. Infine, il fermo deve es-

sere consentito in ordine al titolo del delitto (o per l’entità della pena o per espressa

previsione: art. 384 c.p.p.). Di chiara evidenza risultano le finalità che possono rias-

sumersi nell’intento di evitare che l’indagato possa fuggire, soprattutto nei casi in

cui, difettando la flagranza, non si può legittimamente procedere all’arresto. Infine,

si deve rilevare che la titolarità del potere di procedere al fermo appartiene tanto

alla polizia giudiziaria che al p.m.; alla polizia giudiziaria, in particolare, prima

dell’assunzione della direzione delle indagini da parte del p.m. o in caso di so-

pravvenute emergenze (come ex art. 384, comma 3 o ). Il fermo non è consentito

quando il fatto commesso è non punibile o coperto da una causa di giustificazione

(art. 385 c.p.p.). I doveri della polizia giudiziaria e i casi di immediata liberazione

del fermato sono disciplinati dagli artt. 386 e 389.

Adempimenti e verifiche comuni

Premesso che le misure in esame non sono consentite quando il fatto commesso

appaia non punibile o coperto da una causa di giustificazione, i doveri della P.G.

hanno i seguenti contenuti, secondo una scansione logico-cronologica:

• immediata notizia al P.M. competente del luogo ove la misura è stata eseguita;

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Diritto Processuale Penale60

• avvertimento al soggetto in vinculis della facoltà di nominare un difensore;

• se necessario richiesta al P.M. di nominare un difensore di ufficio;

• immediata informativa al difensore appena designato dello stato di restrizione;

• messa a disposizione del P.M. entro 24 ore del soggetto fermato o arrestato;

• invio al P.M. nello stesso termine del verbale di arresto;

• avviso dell’arresto o del fermo ai familiari, con il consenso dell’interessato.

L’art. 389 prevede l’immediata liberazione del soggetto se risulta evidente che l'ar-

resto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla

legge o se la misura dell'arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli ar-

ticoli 386 comma 7 e 390 comma 3. La liberazione è altresì disposta prima dell'in-

tervento del pubblico ministero dallo stesso ufficiale di polizia giudiziaria, che ne

informa subito il pubblico ministero del luogo dove l'arresto o il fermo è stato ese-

guito.

La convalida del fermo o dell’arresto

Entro 48 ore il p.m. deve richiedere al giudice per le indagini preliminari della stes-

sa sede la convalida; nelle successive 48 ore il G.i.p. deve celebrare in Camera di

consiglio l’udienza di convalida e decidere, a pena di cessazione di efficacia del

fermo o dell’arresto (art. 390 c.p.p.). L’eventuale ordinanza di convalida del G.i.p.

ha riguardo unicamente al controllo giurisdizionale sull’atto privativo di libertà

operato dalla polizia giudiziaria e dal p.m., ma non è sufficiente da sola a consenti-

re l’ulteriore continuazione dello stato di fermo: infatti, il G.i.p., se non emette an-

che una contestuale ordinanza per l’applicazione di una misura coercitiva deve,

comunque, ordinare la immediata liberazione del fermato o dell’arrestato; in prati-

ca, la restrizione della libertà prosegue solo se la contestuale richiesta di misura co-

ercitiva è accolta dal G.i.p.. Avverso il provvedimento di convalida può essere

proposto unicamente ricorso per Cassazione ex art. 391, commi 1 e 4; mentre contro

l’eventuale misura cautelare adottata può essere esperito l’ordinario mezzo di im-

pugnazione del riesame previsto ex art. 309 c.p.p..

LE MISURE CAUTELARI

Le misure cautelari possono essere adottate dall’Autorità giudiziaria sia nel corso

delle indagini preliminari che nella seguente fase processuale; esse si dividono in

misure cautelari personali e reali, le prime, poi, possono essere coercitive o interdit-

tive. Ai fini dell’applicabilità di queste misure cautelari, è necessaria in primo luo-

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Diritto Processuale Penale 61

go la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ed inoltre l’assenza di cause estin-

tive del reato, della pena, di giustificazione e di non punibilità. E’ altresì necessaria

la presenza di esigenze cautelari; la legge ne prevede tre, in alternativa:

• la prima, comunemente chiamata pericolo di inquinamento delle prove, é i-

nerente ad esigenze di indagine, in relazione al pericolo per l’acquisizione delle

prove e la salvaguardia della loro genuinità;

• la seconda sussiste qualora vi sia la fuga od il concreto pericolo di fuga

dell’imputato, se il giudice ritiene che possa essere irrogata una pena superiore

e due anni di reclusione;

• la terza, infine, posta a tutela della collettività, è integrata dal pericolo che egli

commetta gravi delitti di violenza o contro l’ordine costituzionale ovvero de-

litti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede.

L’applicabilità delle misure coercitive incontra una soglia minima inerente alla

gravità del delitto commesso, dovendo essere prevista una pena edittale superiore

ad un certo limite. Le soglie di pena previste sono le seguenti:

• delitto punibile con l’ergastolo o con pena superiore nel massimo a tre anni,

per le misure diverse dalla custodia in carcere;

• delitto punibile con l’ergastolo o pena non inferiore nel massimo a quattro an-

ni, per la misura della custodia in carcere;

• delitto punibile con l’ergastolo o pena non inferiore nel massimo a quattro an-

ni, se l’esigenza cautelare da tutelare è quella del pericolo di commissione di

reati della stessa specie di quelli per cui si procede e la misura da adottare è la

custodia cautelare.

Le misure cautelari devono essere applicate mediante un procedimento giurisdi-

zionale e comunque con i criteri di adeguatezza e proporzionalità sanciti dall’art.

275. In particolare, nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica ido-

neità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da sod-

disfare nel caso concreto. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto

e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. Non può essere disposta la mi-

sura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere

concessa la sospensione condizionale della pena. La custodia cautelare in carcere

può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando

sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 416-bis

c.p. (associazione mafiosa) o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni pre-

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Diritto Processuale Penale62

viste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle asso-

ciazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere,

salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cau-

telari. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano

esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o

madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora

la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole,

ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni o che si trovi in condizioni di

salute particolarmente gravi incompatibili con lo stato di detenzione e comunque

tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

Le misure coercitive

Le misure cautelari coercitive incidono sulla libertà personale degli individui, pos-

sono essere applicate qualora sia prevista una pena edittale superiore nel massimo

a tre anni, e si suddividono in:

• misure custodiali – che comportano la soppressione della libertà fisica – e sono

la custodia cautelare in carcere, gli arresti domiciliari e la custodia cautelare in casa di

cura66. Il periodo di sottoposizione alle misure custodiali è detratto dalla even-

tuale pena da espiare con la sentenza definitiva;

• misure non custodiali – che implicano la limitazione, ma non la soppressione

della libertà fisica – e sono il divieto di espatrio, il divieto o l’obbligo di dimora,

l’obbligo della presentazione alla polizia giudiziaria.

66 Ai sensi dell’art. 286bis non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di chisia affetto da infezione da HIV e ricorra una situazione di incompatibilità con lo stato di detenzione.L'incompatibilità sussiste, ed è dichiarata dal giudice, nei casi di AIDS conclamata o di grave deficienzaimmunitaria; negli altri casi l'incompatibilità per infezione da HIV è valutata dal giudice tenendo contodel periodo residuo di custodia cautelare e degli effetti che sulla pericolosità del detenuto hanno le sueattuali condizioni fisiche. La richiesta di accertamento dello stato di incompatibilità può essere fatta dal-l'imputato, dal suo difensore o dal servizio sanitario penitenziario. Nei casi di incompatibilità il giudicedispone la revoca della misura cautelare, ovvero gli arresti domiciliari presso l'abitazione dell'imputato.Con decreto emanato dai Ministri della sanità e di grazia e giustizia sono definiti i casi di AIDS concla-mata e di grave deficienza immunitaria; sono altresì stabilite le procedure diagnostiche e medico legaliper accertare l'affezione da HIV, nonché il grado di deficienza immunitaria rilevante ai fini della situa-zione di incompatibilità valutabile dal giudice. Quando ricorrono esigenze diagnostiche per accertareincompatibilità con lo stato di detenzione ovvero, al di fuori dei casi di cui al comma 1, ricorrono esi-genze terapeutiche concernenti l'infezione da HIV e sempre che tali esigenze non possano essere soddi-sfatte nell'ambito penitenziario, il giudice può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura delServizio sanitario nazionale per il tempo necessario, adottando, ove occorra, i provvedimenti idonei aprevenire il pericolo di fuga. Cessate le esigenze di ricovero, il giudice dispone a norma del comma 1 serisulta accertata l'incompatibilità, altrimenti ripristina la custodia cautelare in carcere, ovvero provvedea norma dell'articolo 299. Se dispone gli arresti domiciliari, l'esecuzione della misura avviene pressol'abitazione dell'imputato o presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2,della legge 5 giugno 1990, n. 135.

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Diritto Processuale Penale 63

Tali misure sono adottate con ordinanza del giudice su richiesta del p.m. e sono

revocate quando ne cessano i presupposti di applicazione.

La custodia cautelare in carcere

Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli uffi-

ciali e agli agenti di polizia giudiziaria che l'imputato sia catturato e immediata-

mente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorità

giudiziaria. Prima del trasferimento nell'istituto la persona sottoposta a custodia

cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le mo-

dalità strettamente necessarie alla sua traduzione. Per determinare la pena da ese-

guire, la custodia cautelare subita si computa a norma dell'articolo 657, anche

quando si tratti di custodia cautelare subita all'estero in conseguenza di una do-

manda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma del-

l'articolo 11 del codice penale.

Gli arresti domiciliari

Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive al-

l'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata

dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. Quando è necessario,

il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con per-

sone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Se l'imputato non

può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in

situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso

della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per prov-

vedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa. Il pub-

blico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono con-

trollare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato.

L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.

La custodia cautelare in luogo di cura

Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di

mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di

volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero prov-

visorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i prov-

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Diritto Processuale Penale64

vedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere

mantenuto quando risulta che l'imputato non è più infermo di mente.

Il divieto di espatrio

Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all'im-

putato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che

procede. Il giudice dà le disposizioni necessarie per assicurare l'esecuzione del

provvedimento, anche al fine di impedire l'utilizzazione del passaporto e degli altri

documenti di identità validi per l'espatrio. Con l'ordinanza che applica una delle

altre misure coercitive, il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio.

Il divieto e l’obbligo di dimora

Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'im-

putato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autoriz-

zazione del giudice che procede. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di

dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione

del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fi-

ne di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale

non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune

o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se

per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali

luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'articolo

274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o fra-

zione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione

ove è ubicato il comune di abituale dimora. Quando dispone l'obbligo di dimora, il

giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ri-

tardo e dichiarare il luogo ove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescri-

vere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà

quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare

preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari

predetti. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputa-

to di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio

per le normali esigenze di lavoro. Nel determinare i limiti territoriali delle prescri-

zioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro

e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alco-

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Diritto Processuale Penale 65

oldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito

di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare

che il programma di recupero prosegua. Dei provvedimenti del giudice è data in

ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigi-

la l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.

L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria

Con il provvedimento che dispone l'obbligo di presentazione alla polizia giudizia-

ria, il giudice prescrive all'imputato di presentarsi a un determinato ufficio di poli-

zia giudiziaria. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto del-

l'attività lavorativa e del luogo di abitazione dell'imputato.

Le misure interdittive

Le misure cautelari interdittive, invece, comportano la limitazione o la perdita di

diritti e potestà e sono la sospensione dalla potestà di genitore; la sospensione da un pub-

blico ufficio o servizio; il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprendito-

riali o professionali. Anche queste misure sono applicabili in presenza di una pena

edittale superiore nel massimo a tre anni e sono adottate con provvedimento del

giudice su richiesta del p.m.

La sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori

Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio della potestà dei

genitori, il giudice priva temporaneamente l'imputato, in tutto o in parte, dei poteri

a essa inerenti. Qualora si proceda per un delitto contro la libertà sessuale, ovvero

per uno dei delitti previsti dagli articoli 530 e 571 del codice penale, commesso in

danno di prossimi congiunti, la misura può essere disposta anche al di fuori dei

limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.

La sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio

Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico uf-

ficio o servizio, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in

parte, le attività a essi inerenti. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica

amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o

dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti

dall'articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere

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Diritto Processuale Penale66

sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico

ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità

indicate agli articoli 64 e 65. La misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per

diretta investitura popolare.

Il divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali

Con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni,

imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, il giudice inter-

dice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

Qualora si proceda per un delitto contro l'incolumità pubblica o contro l'economia

pubblica, l'industria e il commercio ovvero per alcuno dei delitti previsti dalle di-

sposizioni penali in materia di società e di consorzi o dagli articoli 353, 355, 373,

380 e 381 del codice penale, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limi-

ti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.

L’applicazione delle misure coercitive ed interdittive

Le misure cautelari personali sono applicate con ordinanza del giudice su richiesta

del P.M. Il giudice incontra un duplice limite nell’applicare la misura: non può an-

dare oltre la richiesta del P.M., né può fondare la sua decisione su elementi di pro-

va diversi da quelli forniti dallo stesso P.M.67.

Competente (funzionalmente) a decidere nel corso delle indagini preliminari e il

G.I.P.; nel corso dell’udienza preliminare è il G.U.P.; nel processo il giudice presso

cui si procede68.

Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza69. L'ordi-

nanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche

d'ufficio70:

a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;

67 Il giudice potrà comunque applicare una misura di minore gravità per le misure coercitive (es. arrestidomiciliari in luogo della custodia in carcere). Per quanto riguarda le misure interdittive, invece, basan-dosi queste su una differenziazione qualitativa, il giudice potrà solo ridurne la durata.68 Il carattere di urgenza dei provvedimenti in esame legittima a provvedere anche il giudice incompe-tente con effetti provvisori: qualora il giudice competente non provveda entro venti giornidall’ordinanza di trasmissione degli atti a disporre una nuova misura, quella adottata dal giudice in-competente perde efficacia.69 Il giudice oltre che accogliere la richiesta può anche rigettarla - ritenendo l’insussistenza della gravitàdegli indizi e/o delle esigenze cautelari, ovvero per inammissibilità della richiesta (es. reato per cui nonè ammessa la cattura) – oppure accoglierla parzialmente solo per taluni indagati o rispetto a talune im-putazioni e rigettandola per altri soggetti o altre imputazioni.70 L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e,se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.

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Diritto Processuale Penale 67

b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si

assumono violate;

c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano

in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui

sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto an-

che del tempo trascorso dalla commissione del reato;

d) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi

forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia

cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali

le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure;

e) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da

compiere, allorché questa è disposta al fine di evitare l’inquinamento delle

prove;

f) la data e la sottoscrizione del giudice.

L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore

dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 38 delle norme di attuazio-

ne, di coordinamento e transitorie. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il

provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime

gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.

Salvo quanto previsto dall'articolo 156 (notificazioni all’imputato detenuto), l'uffi-

ciale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia caute-

lare consegna all'imputato copia del provvedimento e lo avverte della facoltà di

nominare un difensore di fiducia, informa immediatamente il difensore di fiducia

eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'articolo

97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale è immediatamente

trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero. Le ordi-

nanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate al-

l'imputato. Le ordinanze dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate

nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico

ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al di-

fensore. Copia dell'ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa al-

l'organo eventualmente competente a disporre l'interdizione in via ordinaria.

Nel corso delle indagini preliminari, il giudice se non vi ha proceduto nel corso

dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto procede al-

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Diritto Processuale Penale68

l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediata-

mente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custo-

dia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita71. Nel caso di assoluto im-

pedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogato-

rio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della ces-

sazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso.

Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applica-

bilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricor-

rono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostitu-

zione della misura disposta72.

Nei casi in cui l’ordinanza che dispone la misura cautelare rimanga senza applica-

zione a causa della irreperibilità del soggetto destinatario, viene compilato il proces-

so verbale di vane ricerche ai sensi dell’art. 295. Tale situazione può portare alla decla-

ratoria di latitanza qualora la misura si sostanzi in una privazione della libertà per-

sonale.

L’estinzione delle misure coercitive ed interdittive

Le misure cautelari personali vivono all’interno del procedimento e possono per-

ciò venire interessate da molteplici vicende sfocianti in una loro estinzione, modifi-

cazione o cumulo con altre misure.

Ai sensi dell’art. 299, le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revo-

cate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di ap-

plicabilità ovvero le esigenze cautelari. Qualora le esigenze cautelari risultano atte-

nuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto

o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura

71 Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio de-ve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione. L'inter-rogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto orese il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. La Corte costituzionale, consentenza 24 marzo-3 aprile 1997, n. 77 (Gazz. Uff. 9 aprile 1997, n. 15 - Prima serie speciale), ha dichiara-to, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma (art. 294 comma 1) nella parte in cui non prevede che,fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio dellapersona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giornidall'inizio di esecuzione della custodia.72 Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice, qualora non ritengadi procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. L'interrogatoriodella persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interroga-torio del giudice.

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Diritto Processuale Penale 69

con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gra-

vose73.

Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure,

prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle

indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diver-

si rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'impu-

tato che ne ha fatto richiesta.

Quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pub-

blico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne di-

spone l'applicazione con modalità più gravose.

In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo sta-

to degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sul-

le condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli

accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quel-

lo in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzio-

ne della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salu-

te di cui all'articolo 275, comma 4 (madre incinta, ultrasettantenni ecc.), ovvero se

tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risul-

tano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla

base degli atti, dispone con immediatezza gli accertamenti medici del caso, nomi-

nando perito, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferi-

re entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre

due giorni dall'accertamento.

Casi di estinzione automatica delle misure

Pronuncia di determinate sentenze

Le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente

efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, è disposta

l'archiviazione ovvero è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di pro-

73 Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il qua-le provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. Il giudice provvede anche diufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiestodella proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio ovveroquando procede all'udienza preliminare o al giudizio. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla re-voca o alla sostituzione delle misure coercitive o interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve

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Diritto Processuale Penale70

scioglimento. Se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza

di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza

del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma del-

l'art. 312. Quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di con-

danna, le misure perdono efficacia se la pena irrogata è dichiarata estinta ovvero

condizionatamente sospesa. La custodia cautelare perde altresì efficacia quando è

pronunciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta a impugnazione, se la du-

rata della custodia già subita non è inferiore all'entità della pena irrogata. Qualora

l'imputato prosciolto o nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non

luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono es-

sere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrono le esigenze cau-

telari del pericolo di fuga o della pericolosità sociale.

Scadenza dell’esigenza cautelare probatoria

Le misure disposte per le esigenze cautelari di pericolo di inquinamento delle pro-

ve perdono immediatamente efficacia se alla scadenza del termine previsto dal-

l'ordinanza che disponeva la misura, non ne è ordinata la rinnovazione. La rinno-

vazione è disposta dal giudice con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero,

anche per più di una volta, entro i limiti previsti dagli articoli 305 e 308. Quando si

procede per reati per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolar-

mente complesse per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato

numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese, ovvero per reati il

cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagini all'estero, la custodia

cautelare in carcere disposta per il compimento delle indagini non può avere dura-

ta superiore a trenta giorni. La proroga della medesima misura è disposta, per non

più di due volte ed entro il limite complessivo di novanta giorni, dal giudice con

ordinanza, su richiesta inoltrata dal pubblico ministero prima della scadenza, valu-

tate le ragioni che hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze

la misura era stata disposta e previo l'interrogatorio dell'imputato.

Scadenza dei termini per l’interrogatorio

La custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde immedia-

tamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previ-

sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio

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Diritto Processuale Penale 71

sto dall'art. 294. Dopo la liberazione, la misura può essere nuovamente disposta dal

giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorché, valutati

i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275.

Nello stesso modo si procede nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo,

non si presenta a rendere interrogatorio.

Ritardata decisione del Tribunale del Riesame

Ai sensi dell’art. 309/10, se la decisione sulla richiesta di riesame contro una misu-

ra coercitiva non interviene entro il decimo giorno, l'ordinanza che dispone la mi-

sura coercitiva perde efficacia e l’indagato deve essere scarcerato.

La misura perde inoltre efficacia qualora l’autorità giudiziaria procedente, richiesta

di inviare gli atti al Tribunale del riesame, non fa pervenire gli stessi entro cinque

giorni dalla richiesta.

Scadenza dei termini per le misure non custodiali

Tutte le misure cautelari sono, per loro essenza, sottoposte a termini di durata

massima, che costituiscono un limite invalicabile per il giudice.

Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dal-

l'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei ter-

mini previsti dall'articolo 303 (termini di durata massima della custodia cautelare).

Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio

della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze

probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dal-

l'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1 dell’art. 308. L'estin-

zione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al

giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre mi-

sure interdittive.

Omessa reiterazione della misura dopo la declaratoria di incompetenza del giu-

dice

Ai sensi dell’art. 27, dopo l’adozione della misura cautelare, se il giudice si dichiara

incompetente, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti al giudi-

ce competente, quest’ultimo deve adottare nuovamente la misura, sotto pena di

perdita di efficacia della misura già disposta.

parere, il giudice procede.

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Diritto Processuale Penale72

Decorrenza dei termini massimi di custodia

Ai sensi dell’art. 303 la custodia cautelare perde efficacia quando74:

a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia

stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio ovvero senza che sia sta-

ta pronunciata una delle sentenze previste dagli articoli 442 e 561 (giudizio ab-

breviato), 448/1 e 563 (patteggiamento):

1. tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabili-

sce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

2. sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabili-

sce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo

quanto previsto dal punto numero 3;

3. un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabili-

sce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel

massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo

407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la

pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;

b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta

esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata

pronunciata sentenza di condanna di primo grado:

1. sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabili-

sce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

2. un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabili-

sce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni,

salvo quanto previsto dal punto numero 1;

3. un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la leg-

ge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore

nel massimo a venti anni;

74 Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione o per altracausa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altrogiudice, dalla data del procedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta ese-cuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini esaminati nel presente paragrafo relati-vamente a ciascuno stato e grado del procedimento. Allo stesso modo, in caso di evasione dell'imputatosottoposto a custodia cautelare, i termini decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado delprocedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare.

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Diritto Processuale Penale 73

c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravve-

nuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia

stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:

1. nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non supe-

riore a tre anni;

2. un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superio-

re a dieci anni;

3. un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o del-

la reclusione superiore a dieci anni;

d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla so-

pravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti

dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condan-

na. Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione

è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la

disposizione del comma 4.

La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe pre-

viste dall'articolo 305, non può superare i seguenti termini:

a) due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pe-

na della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la

pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto

previsto dalla lettera a);

c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena

dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni.

Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare

I termini di durata massima della custodia cautelare, previsti dall'articolo 303, sono

sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi:

a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rin-

viato per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta

dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non

siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di con-

cessione di termini per la difesa;

b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rin-

viato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della manca-

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Diritto Processuale Penale74

ta partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o

più imputati;

c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo

544, commi 2 e 3 (quindici giorni in caso non sia possibile procedere alla reda-

zione immediata dei motivi della sentenza; novanta giorni in caso di motiva-

zione complessa);

I termini previsti dall'articolo 303 possono altresì essere sospesi, nella fase del giu-

dizio, quando si tratta di reati indicati dall'articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso

di dibattimenti particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le

udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle

impugnazioni.

I termini previsti dall'articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza

appellabile a norma dell'articolo 310, se l'udienza preliminare è sospesa o rinviata

per taluno dei casi indicati nei punti a) e b) del presente paragrafo.

In ogni stato e grado del procedimento di merito, quando è disposta perizia sullo

stato di mente dell'imputato, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il

periodo di tempo assegnato per l'espletamento della perizia75. Nel corso delle in-

dagini preliminari, il pubblico ministero può altresì chiedere la proroga dei termini

di custodia cautelare che siano prossimi a scadere, quando sussistono gravi esigen-

ze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, rendano

indispensabile il protrarsi della custodia. Il giudice, sentiti il pubblico ministero e il

difensore, provvede con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310. La proro-

ga è rinnovabile una sola volta76.

Le impugnazioni delle misure coercitive ed interdittive

Tutte le misure cautelari, sia personali che reali, sono impugnabili. Di solito sono

presidiate da mezzi di impugnazione autonomi rispetto alla sentenza che definisce

il giudizio onde garantire una pronta tutela al soggetto impugnante. Tuttavia,

l’impugnabilità della misura coercitiva non implica necessariamente l’autonomia

del mezzo di gravame: l’ordinanza cautelare coeva alla sentenza di merito – ad e-

sempio – è impugnabile solo congiuntamente con la sentenza e con il mezzo per

questa previsto.

75 La proroga è disposta con ordinanza dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, sentito il difen-sore. L'ordinanza è soggetta a ricorso per cassazione nelle forme previste dall'articolo 311.76 I termini previsti dall'articolo 303 comma 1 non possono essere comunque superati di oltre la metà.

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Diritto Processuale Penale 75

I mezzi di impugnazione previsti per le ordinanze cautelari personali si articolano

in due gradi, uno di merito e uno di legittimità:

• gravame di merito: riesame o l’appello, in alternativa tra loro;

• gravame di legittimità: ricorso per cassazione.

Il riesame

Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento che dispone

una misura coercitiva (non anche interdittiva), l'imputato può proporre richiesta di

riesame, anche nel merito, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di ap-

pello del pubblico ministero77.

Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni

dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura78.

La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale del luogo nel

quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella

cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il pre-

sidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la

quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette

al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli

elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.

Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha propo-

sto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare i nuovi motivi davanti al giudice del

riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione. Il proce-

dimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio. L'avviso della data

fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero

presso il tribunale; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed

al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelle-

ria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. Entro dieci giorni

dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della

richiesta, annulla, riforma e conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo

anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribuna-

le può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole al-

77 Per l'imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quandol'imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.78 Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 309 non si computano i giorni per i quali è stato dispo-sto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3.

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Diritto Processuale Penale76

l'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per

ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Se

la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisio-

ne sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza

che dispone la misura coercitiva perde efficacia.

L’appello

Fuori dei casi previsti per il riesame (l’appello ha infatti una valenza residuale), il

pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro

le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestual-

mente i motivi79. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria pre-

cedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata

e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in

camera di consiglio. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancel-

leria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne la copia. Il tribunale de-

cide entro venti giorni dalla ricezione degli atti. L'esecuzione della decisione con la

quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misu-

ra cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva.

Il ricorso per cassazione

Contro le decisioni sul riesame o l’appello emesse a norma degli articoli 309 e 310,

il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il

suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla co-

municazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ri-

corso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato

nel comma 7 dell'articolo 309. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e

3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassa-

zione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coer-

citiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame. Il

ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero

in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il giudice cura che sia dato imme-

diato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, tra-

smette gli atti alla corte di cassazione. I motivi devono essere enunciati conte-

79 Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7.

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Diritto Processuale Penale 77

stualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti

alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione. La Corte di cassazione

decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste

dall'articolo 127.

LE MISURE CAUTELARI DI SICUREZZA

In pendenza di procedimento penale possono essere provvisoriamente applicabili

(in anticipo rispetto al giudicato penale) solo misure di sicurezza di tipo personale.

Le misure in esame consistono in misure di sicurezza assai raramente applicabili,

nel corso del procedimento penale, nei confronti dell’indagato in presenza di esi-

genze di cautela processuale. I presupposti sono la pericolosità sociale e criminale

dell’indagato e le esigenze cautelari di cui all’art. 274.

Le misure di sicurezza dal punto di vista sostanziale

Destinatari delle misure di sicurezza sono sia i soggetti imputabili che i soggetti

semi-imputabili e non imputabili; alle prime due categorie di individui le misure di

sicurezza si applicano cumulativamente alla pena, dando così vita al sistema del

doppio binario, alla terza si applicano in modo esclusivo. Presupposti di applica-

zione sono la pericolosità sociale del soggetto, desunta dai parametri previsti

dall’art. 133 c.p. e la commissione di un reato. Tuttavia, quest’ultimo requisito su-

bisce due eccezioni tassativamente previste dalla legge: il giudice infatti può, nelle

ipotesi di quasi-reato ex art. 115 c.p. (accordo criminoso non eseguito o istigazione

a commettere un delitto non accolta, o accolta, ma non seguita dalla commissione

del delitto) e di delitto impossibile ex art. 49 c.p., comminare l’applicazione di una

misura di sicurezza a prescindere dalla commissione di un vero e proprio reato. Ai

sensi dell’art. 203 c.p. deve ritenersi socialmente pericolosa la persona che è proba-

bile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reato. A tal proposito, la l.

n. 663 del 1986 (legge Gozzini) ha provveduto ad abolire ogni forma di presunzio-

ne legale di pericolosità, abrogando l’art. 204 c.p. e statuendo che tutte le misure di

sicurezza personali possono essere applicate solo previo accertamento che colui

che ha commesso il reato sia una persona socialmente pericolosa. Le misure di si-

curezza vengono applicate dopo l’esecuzione della pena e sono indeterminate nel

massimo essendo la loro durata collegata al protrarsi o alla cessazione della perico-

losità sociale; ne è però fissata dalla legge un durata minima, ma il Tribunale di

sorveglianza può, ricorrendone i presupposti, revocare la misura anche prima che

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Diritto Processuale Penale78

sia decorso il tempo corrispondente a tale durata. Il c.p. distingue le misure di sicu-

rezza in due categorie: personali e patrimoniali. Le misure di sicurezza personali si

distinguono, poi, in detentive e non detentive. Sono misure di sicurezza detentive:

1) l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro. Le misure di si-

curezza in questione si applicano ai soggetti imputabili e pericolosi, generalmente

a coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali professionali o per tendenza,

oltre a chi si trova nelle situazioni descritte dall’art. 216 c.p.. La distinzione tra que-

ste due misure di sicurezza dovrebbe essere colta in relazione al tipo di attività che

vi si svolge: agricolo nella prima, artigianale o industriale nella seconda, ma tale

differenziazione non ha trovato riscontro pratico. 2) Il ricovero in una casa di cura

e di custodia. Questa misura ricomprende in sé sia istanze curative che custodiali-

stiche ed è prevista principalmente per i condannati ad una pena diminuita per in-

fermità psichica, per cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti,

ovvero per sordomutismo. 3) Il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario. Il

manicomio giudiziario si applica: a) ai prosciolti per infermità psichica o per intos-

sicazione cronica da alcool o da stupefacenti ovvero per sordomutismo, salve le ec-

cezioni previste dalla legge; b) ai minori degli anni quattordici e ai minori tra gli

anni quattordici e diciotto prosciolti per incapacità di intendere e di volere che ab-

biano commesso un reato negli stati di cui sopra; c) ai sottoposti ad altra misura di

sicurezza detentiva colpiti da una infermità psichica tale da richiedere il ricovero in

un ospedale psichiatrico giudiziario. 4) Il ricovero in un riformatorio giudiziario. Il

ricovero nell’istituto in esame è riservato ai minori di età. Esso si prescrive: a) ai

minor degli anni quattordici e ai minori degli anni diciotto riconosciuti non impu-

tabili ex art. 98 c.p., che abbiano commesso un delitto doloso, preterintenzionale o

colposo e siano considerati socialmente pericolosi; b) ai minori tra gli anni quattor-

dici e diciotto riconosciuti imputabili condannati a pena diminuita; c) ai minori de-

gli anni diciotto dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza; d) ai

minori tra gli anni quattordici e diciotto condannati per delitto durante

l’esecuzione di una misura di sicurezza precedentemente applicata per difetto di

imputabilità; e) ai minori degli anni diciotto nell’ipotesi contemplata dall’art. 212

c.p. terzo comma. Sono misure di sicurezza non detentive: 1) la libertà vigilata:

consiste in una serie di limitazioni della libertà personale del reo mediante prescri-

zioni di carattere sia positivo che negativo, aventi come scopo il reinserimento so-

ciale dell’individuo e l’impedimento della commissione di nuovi reati. La sorve-

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Diritto Processuale Penale 79

glianza della persona in stato di libertà vigilata è affidata all’autorità di pubblica

sicurezza; 2) il divieto di soggiorno in uno o di più comuni o in una o più province:

questa misura si applica facoltativamente a coloro che abbiano commesso un delit-

to contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, oppure, nel caso di

delitti politici o occasionati da particolari condizioni morali o sociali esistenti in un

determinato luogo; 3) il divieto di frequentare osterie o pubblici spacci di bevande

alcooliche: destinatari sono i condannati per ubriachezza abituale o per reati com-

messi in stato di ubriachezza, sempre che questa sia abituale; 4) l’espulsione dello

straniero dallo Stato: si applica agli stranieri condannati alla reclusione per un pe-

riodo non inferiore a dieci anni ed alla reclusione, quale che sia la pena inflitta, per

un delitto contro la personalità dello Stato. Sono misure di sicurezza patrimoniali:

1) la cauzione di buona condotta: ai sensi della l. n. 689 del 1981, la cauzione di

buona condotta è data mediante deposito, nella Cassa delle ammende, di una

somma non inferiore al lire duecentomila, né superiore a quattro milioni ovvero

nella prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale; 2) la

confisca: questa misura di sicurezza patrimoniale consiste nella espropriazione da

parte dello Stato delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato,

e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto. La confisca, generalmente facolta-

tiva, è invece obbligatoria qualora si tratti di cose che costituiscono il prezzo del

reato; di cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione, o alienazione costituisce

reato, anche se non è stata pronunciata condanna.

LE MISURE CAUTELARI REALI

Le misure cautelari reali sono misure che incidono sul patrimonio dell’imputato e

determinano l’indisponibilità di cose o beni. Esse sono:

• il sequestro conservativo sui beni mobili e immobili dell’imputato a garanzia

delle pene pecuniarie, delle spese del procedimento e delle obbligazioni civili

nascenti da reato;

• il sequestro preventivo delle cose pertinenti al reato, la cui disponibilità po-

trebbe agevolare le conseguenze di esso o la commissione di altri reati.

Il sequestro conservativo

Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il

pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra

somma dovuta all'erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del

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Diritto Processuale Penale80

processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili del-

l'imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il

pignoramento80. Il sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero giova an-

che alla parte civile.

Il provvedimento che dispone il sequestro conservativo a richiesta del pubblico

ministero o della parte civile è emesso con ordinanza del giudice che procede. Se è

stata pronunciata sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a pro-

cedere, soggetta a impugnazione, il sequestro è ordinato, prima che gli atti siano

trasmessi al giudice dell'impugnazione, dal giudice che ha pronunciato la sentenza

e, successivamente, dal giudice che deve decidere sull'impugnazione. Dopo il

provvedimento che dispone il giudizio e prima che gli atti siano trasmessi al giudi-

ce competente, provvede il giudice per le indagini preliminari. Il sequestro è ese-

guito dall'ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile

per l'esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili o immobili [c.p.c. 678,

679]. Gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di

non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione.

Contro l'ordinanza di sequestro conservativo chiunque vi abbia interesse può pro-

porre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324. La richiesta

di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Se l'imputato o il responsabile civile offre cauzione idonea a garantire i crediti indi-

cati nell'articolo 316, il giudice dispone con decreto che non si faccia luogo al se-

questro conservativo e stabilisce le modalità con cui la cauzione deve essere presta-

ta. Se l'offerta è proposta con la richiesta di riesame, il giudice revoca il sequestro

conservativo quando ritiene la cauzione proporzionata al valore delle cose seque-

strate81.

Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa irrevocabile

la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quando di-

venta esecutiva la sentenza che condanna l'imputato e il responsabile civile al ri-

sarcimento del danno in favore della parte civile82. Sul prezzo ricavato dalla vendi-

80 Allo stesso modo, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell'imputato o delresponsabile civile se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delleobbligazioni civili derivanti dal reato.81 Il sequestro è altresì revocato dal giudice se l'imputato o il responsabile civile offre, in qualunque statoe grado del processo di merito, cauzione idonea.82 Salva l'azione per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancoradovute, l'esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di proceduracivile.

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Diritto Processuale Penale 81

ta dei beni sequestrati e sulle somme depositate a titolo di cauzione e non devolute

alla cassa delle ammende, sono pagate, nell'ordine, le somme dovute alla parte ci-

vile a titolo di risarcimento del danno e di spese processuali, le pene pecuniarie, le

spese di procedimento e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.

Il sequestro preventivo

Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato pos-

sa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione

di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi

nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato83. Prima dell'esercizio del-

l'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Nel corso delle in-

dagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è noti-

ficato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di re-

voca dell'interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in

parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli

elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il

giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.

Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di

urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decre-

to motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell'intervento del

pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali,

nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del

luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione del-

le cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l'emissione del decreto entro

quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla

ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giu-

diziaria. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti ovvero

se il giudice non emette l'ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione

della richiesta. Copia dell'ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla

quale le cose sono state sequestrate.

Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l'imputato e il suo difensore, la

persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla

loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma

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Diritto Processuale Penale82

dell'articolo 324. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedi-

mento. Fuori da questi casi il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la

persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla

loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di se-

questro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico

ministero. Sull'appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluo-

go della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento.

L'appello non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta

a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne

abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell'articolo 240 del

codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Quando esistono

più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di

prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a pro-

cedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di

un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari. Se è pronunciata

sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta

la confisca delle cose sequestrate. La restituzione non è ordinata se il giudice di-

spone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appar-

tenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia

dei crediti indicati nell'articolo 316.

83 Quando tali presupposti risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, il sequestro è immediata-mente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell'interessato.

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Diritto Processuale Penale 83

PROCEDIMENTO E PROCESSO

LE INDAGINI PRELIMINARI

La notizia di reato

Alla notizia di reato sono dedicati i sei articoli (artt. 330-335) che costituiscono il

titolo II del libro quinto del c.p.p.. In pratica, la notitia criminis rappresenta l’inizio

dell’attività procedurale vera e propria, la molla che fa scattare il meccanismo pro-

cessuale. In base all’art. 330 c.p.p. il p.m. e la polizia giudiziaria prendono di pro-

pria iniziativa notizie di reato e ricevono quelle presentate o trasmesse loro me-

diante:

a) denuncia da parte di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico ser-

vizio: si tratta di un dovere che riguarda i soggetti indicati per quanto attiene ai

reati perseguibili d’ufficio di cui vengano a conoscenza nell’esercizio o a causa

delle loro funzioni;

b) informativa della P.G.: è una forma qualificata di denuncia da parte di pubbli-

co ufficiale poiché quest’ultimo – differentemente dal caso precedente – è un

agente o un ufficiale della P.G. e non un generico pubblico ufficiale;

c) denuncia da parte di privati: è genericamente una facoltà, attinente anche in

questo caso a reati perseguibili d’ufficio; la legge determina però anche casi

specifici in cui la denuncia è obbligatoria (ad es., reati contro la personalità del-

lo Stato puniti con l’ergastolo; reati relativi ad infortuni sul lavoro da parte di

datori di lavoro);

d) referto: è una segnalazione obbligatoria che riguarda soggetti (segnatamente,

quelli che esercitano la professione sanitaria) che per la loro particolare condi-

zione, possono venire a conoscenza di notizie di reato perseguibili d’ufficio. Il

referto deve pervenire entro 48 ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediata-

mente, al p.m. o all’ufficio di Polizia giudiziaria del luogo in cui è stata prestata

assistenza. Nel caso intervengano più soggetti obbligati, il referto deve essere

steso da tutti;

e) notizie atipiche: quali scritti anonimi e delazioni confidenziali.

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Diritto Processuale Penale84

Il p.m. iscrive in un apposito registro le notizie di reato, oltre al nome della persona

cui il reato è attribuito. L’iscrizione della notizia di reato nel registro assume nel

nuovo processo un’importanza notevole, poiché da tale momento decorrono:

1. i termini della durata delle indagini preliminari;

2. i 90 giorni utili al p.m. per richiedere il giudizio immediato (art. 454);

3. i sei mesi utili al p.m. per richiedere il decreto penale di condanna ex art. 459;

4. i 15 giorni utili al p.m. per presentare al giudice del dibattimento l’imputato

reo confesso ex art. 449/5;

5. i 30 giorni utili al p.m. per richiedere l’autorizzazione a procedere ex art. 344.

Le condizioni di procedibilità

La querela

E’ un istituto posto in deroga al principio della obbligatorietà dell’azione penale,

per cui in relazione ai reati perseguibili a querela, l’azione penale è procedibile sol-

tanto a seguito dell’esercizio del diritto di querela da parte del titolare. Il diritto di

querela (art. 120 c.p.) spetta al soggetto passivo del reato, ossia il titolare del bene

tutelato dalla norma incriminatrice. Non spetta, invece, al danneggiato dal reato,

titolare di diritti che soltanto eventualmente possono essere lesi dal reato. Titolare

del diritto di querela può essere anche una persona giuridica. Con la presentazione

della querela, l’offeso richiede che l’autorità competente eserciti l’azione penale circa deter-

minati fatti. La querela può essere orale o scritta, deve essere presentata entro tre

mesi dal giorno della notizia del fatto (art. 124 c.p.). Il diritto di querela si estingue

con la morte della persona offesa; se la querela è già stata proposta, la morte della

persona offesa non estingue il reato.

L’istanza di procedimento

L’istanza di procedimento è una condizione di procedibilità analoga alla querela,

tanto che la sua proposizione segue le forme della querela (art. 341): consiste nella

domanda con la quale il privato, persona offesa, chiede che si proceda contro i re-

sponsabili di taluni delitti commessi all’estero – che se fossero commessi nello Stato

sarebbero perseguibili d’ufficio –da stranieri o da cittadini. L’istanza è irrevocabile

e si estende di diritto a tutti gli autori del fatto reato.

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Diritto Processuale Penale 85

La richiesta di procedimento

La richiesta di procedimento, da parte del Ministro della giustizia, è necessaria per

i delitti in danno del Presidente della Repubblica (sostituisce la querela) e per talu-

ni delitti politici o comuni commessi all’estero dal cittadino o dallo straniero. A se-

conda dei delitti, è talvolta necessaria, ai fini dell’esercizio dell’azione penale, an-

che la presenza dell’imputato nel territorio dello Stato ed in più la querela

dell’offeso, se il reato è punibile a querela di parte.

A differenza dell’istanza, che promana dalla persona offesa, la richiesta di proce-

dimento promana da una Pubblica Autorità; questa deve presentarla in forma

scritta al P.M. o ad un ufficiale di P.G.

L’autorizzazione a procedere

L’autorizzazione costituisce una condizione di promuovibilità o di proseguibilità

dell’azione penale a seconda che intervenga per rimuovere un ostacolo iniziale o

sopravvenuto all’esercizio dell’azione punitiva.

Anche l’autorizzazione a procedere si risolve in una dichiarazione di volontà di

una Pubblica Autorità diretta a consentire l’esercizio del magistero punitivo in

considerazione della natura del reato (es. reati contro la personalità dello Stato o

vilipendio alle assemblee legislative) o della qualità del soggetto84.

Il difetto di condizioni di procedibilità

Le condizioni appena esaminate attengono a profili processuali. Ne consegue che il

difetto della condizione si riflette sul tipo di provvedimento in relazione al mo-

mento processuale in cui esso si verifica: archiviazione per improcedibilità, senten-

za di non luogo a procedere nell’udienza preliminare o sentenza di non doversi

procedere in dibattimento. Non entrando nel merito, tali provvedimenti non sono

di ostacolo alla riapertura del procedimento contro la stessa persona per il mede-

simo fatto. In attesa della condizione di procedibilità è comunque possibile portare

avanti le indagini preliminari e procedere eventualmente ad incidente probatorio.

84 L’autorizzazione a procedere nei confronti dei membri del parlamento è stata abolita (L. 3/93). E’ ri-chiesta solo per operare nei loro confronti perquisizioni, intercettazioni o arresti cautelari.

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Diritto Processuale Penale86

La chiusura delle indagini preliminari

La proroga delle indagini

Per garantire i possibili interessi dell’indagato e assicurare ritmi accelerati alla fase

investigativa, il legislatore ha previsto – a pena di inutilizzabilità degli atti comun-

que compiuti – termini di durata massima delle indagini preliminari. Il termine or-

dinario è di 6 mesi a decorrere dall’iscrizione dell’indagato nel registro delle noti-

zie di reato; di 1 anno se si procede per reati di particolare gravità (art. 407/2 lett.

a). Tuttavia tali termini sono suscettibili di proroga secondo una previsione che ne

affida il compito al G.I.P. e calibra il susseguirsi delle proroghe ad un criterio di

gradualità. Il P.M., indicandone i motivi e prima della scadenza dei termini, chiede

la proroga al G.I.P. il quale provvede a notificare tale richiesta ai controinteressa-

ti85. Questi possono controdedurre presentando memorie. Il G.I.P., dopo le oppor-

tune valutazioni, provvede alla proroga senza altre formalità qualora sia convinto

di tale esigenza; convoca tutti i soggetti interessati in camera di consiglio per discu-

terne qualora sussistano dubbi sull’opportunità della proroga stessa.

In caso di rigetto il G.I.P. impone al P.M. di prendere subito la decisione se archi-

viare il caso o rinviare a giudizio l’indagato. In caso di accoglimento della richiesta,

il G.I.P. dispone la proroga per un massimo di 6 mesi. La reiterazione delle proro-

ghe incontra un limite di 18 mesi nei casi ordinari e 2 anni nei casi di criminalità

organizzata.

L’archiviazione

La richiesta di archiviazione è rivolta al giudice per le indagini preliminari da parte

del p.m. qualora quest’ultimo ritenga che la notizia di reato sia infondata ovvero

che manchi una condizione di procedibilità o che il reato sia estinto o che il fatto

non sia previsto dalla legge come reato. Con la richiesta il p.m. trasmette al giudice

il fascicolo contenente l’intera documentazione relativa alle indagini espletate. Il

giudice decide sulla richiesta di archiviazione secondo uno schema analogo a quel-

lo previsto per la decisione sulla richiesta di proroga del termine di indagine. Se

accoglie la richiesta, pronuncia, de plano, il relativo decreto; se allo stato non ritie-

ne che sussistano i presupposti per l’archiviazione, fissa l’udienza in camera di

consiglio, dandone comunicazione al p.m., alla persona sottoposta alle indagine e

85 Ciò non è richiesto quando si proceda per i gravi reati di cui all’art. 51/3bis.

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Diritto Processuale Penale 87

alla persona offesa. Il giudice è tenuto in ogni caso alla fissazione dell’udienza

quando la persona offesa presenti motivata opposizione. All’esito dell’udienza il

giudice decide con ordinanza, ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità pre-

visti dall’art. 127/5. Questa regola limitativa riguarda, letteralmente, la sola ordi-

nanza di archiviazione86. Le alternative all’accoglimento della richiesta di archivia-

zione sono due. La prima, di carattere interlocutorio, consiste in una sorta di invito

che il giudice rivolge al p.m. affinché questi svolga le ulteriori indagini che sono

ritenute necessarie ai fini della decisione sull’archiviazione. La seconda concreta

sostanzialmente una forma di esercizio coartato all’azione penale: il giudice che ri-

tenga non sussistere i presupposti per l’archiviazione, dispone che il p.m. formuli

l’imputazione e fissa (eccezionalmente) ex officio l’udienza preliminare. Il provve-

dimento che dispone l’archiviazione non impedisce la riapertura delle indagini.

Questa è però subordinata all’autorizzazione del giudice, il quale la concede se ri-

tiene formulata l’esigenza di nuove investigazioni: non occorre quindi la soprav-

venienza di nuove prove.

L’UDIENZA PRELIMINARE

L’udienza preliminare opera solo nei procedimenti penali di competenza della

Corte di assise e del Tribunale e non anche nel procedimento pretorile. Giorno, ora

e luogo dell’udienza preliminare sono fissati dal G.i.p., entro due giorni dalla rice-

zione della richiesta di rinvio a giudizio. Della fissazione dell’udienza preliminare

viene dato avviso all’imputato, alla persona offesa ed al p.m.. Con tale avviso

l’imputato viene inoltre avvertito della facoltà di prendere visione di tutti gli atti di

indagine compiuti e contenuti nel fascicolo del p.m.. Si consente così all’imputato

di prendere per la prima volta conoscenza di tutto il materiale investigatorio posto

a supporto della richiesta di rinvio a giudizio. Prima di tale momento, difatti, gli

atti di indagine, ad esclusione di quelli c.d. garantiti, risultano coperti da segreto.

La funzione essenziale dell’udienza preliminare è quella di consentire, di fronte ad

un giudice terzo – il G.U.P. – ed in contraddittorio, essendo difatti necessaria la

partecipazione del p.m. e del difensore dell’imputato (art. 420 c.p.p.), una prima

verifica della fondatezza dell’imputazione. Al termine dell’udienza preliminare se

il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero risulta che il fatto non sussiste

o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si

86 Ma si ritiene che essa valga, a fortiori, per tutte le ordinanze che possono essere emesse all’esito

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Diritto Processuale Penale88

tratta di persona non punibile o comunque se viene rilevata la sussistenza di una

causa di improcedibilità, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere,

indicandone la causa nel dispositivo (art. 425 c.p.p.). Diversamente, non sussisten-

do le condizioni ora descritte, il giudice pronuncia decreto che dispone il giudizio

fissando altresì la data del dibattimento (art. 424 c.p.p.). L’udienza preliminare si

svolge in camera di consiglio. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione

delle parti il giudice dichiara aperta la discussione. Il p.m. espone sinteticamente i

risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richie-

sta di rinvio a giudizio. L’imputato può chiedere di essere sottoposto a interrogato-

rio. Prendono poi la parola i difensori delle altre parti (imputato, parte civile ecc.)

intervenute. Le conclusioni sono formulate sulla base degli atti contenuti nel fasci-

colo del p.m. o di altri eventuali atti ammessi dal giudice prima della discussione

(art. 421 c.p.p.). Se il giudice non ritiene di poter decidere allo stato degli atti può

farsi luogo, nella medesima o in altra udienza e su sollecitazione del giudice mede-

simo, ad un supplemento probatorio mediante acquisizioni diverse (documenti,

audizione di persone, interrogatorio ecc.). Se quindi la funzione primaria

dell’udienza preliminare può dirsi quella di rappresentare una sorta di primo con-

trollo giurisdizionale nei confronti dell’ipotesi accusatoria, non meno importante

può dirsi la funzione dell’udienza preliminare rispetto all’instaurazione dei riti

speciali deflattivi del dibattimento. Difatti, attraverso la conoscenza del fascicolo

dell’accusa l’imputato si trova nella condizione di valutare l’opportunità di rinun-

ciare all’udienza preliminare sia chiedendo il giudizio immediato, sia decidendo di

percorrere riti alternativi premiali quale il patteggiamento o il giudizio abbreviato.

I PROCEDIMENTI SPECIALI

I procedimenti speciali si distinguono da quello ordinario, che prevede la sequenza

così composta: indagini preliminari, udienza preliminare, dibattimento. I procedi-

menti speciali, o alternativi, differenziati, consentono di eliminare una delle fasi

successive alle indagini preliminari, per giungere più rapidamente alla decisione

finale. Essi sono:

a) riti dell’alternativa inquisitoria: il giudizio abbreviato, l’applicazione della pe-

na su richiesta delle parti, il giudizio per decreto;

b) riti dell’alternativa accusatoria: il giudizio immediato, il giudizio direttissimo.

dell’udienza prevista dall’art. 409.

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Diritto Processuale Penale 89

I primi consentono di definire il giudizio nel corso delle indagini preliminari o

all’udienza preliminare; i secondi permettono il passaggio diretto dalle indagini

preliminari al dibattimento.

Il giudizio abbreviato

Il giudizio abbreviato (artt. 438 ss. c.p.p.) che trae origine dall’esperienza del sum-

mary trial dei paesi di common law, può dirsi l’unico rito speciale assolutamente

nuovo tra quelli previsti dalla riforma processuale. Esso consiste in un giudizio di

merito allo stato degli atti che, sull’accordo delle parti, è attribuito al giudice

dell’udienza preliminare, il quale decide sulla base degli stessi elementi (atti di in-

dagine del p.m., atti e documenti ammessi dal giudice prima dell’inizio della di-

scussione, prove eventualmente assunte nell’udienza preliminare) su cui normal-

mente egli si basa per pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio del p.m.. I

vantaggi di questo rito, ai fini della economia del processo, sono evidenti. Essendo

un giudizio allo stato degli atti (v. direttiva n. 53 legge-delega), non deve essere

compiuta alcuna ulteriore attività rispetto a quella già svoltasi nell’udienza preli-

minare: non soltanto, quindi, questo tipo di giudizio evita l’appesantimento della

fase dibattimentale, ma addirittura non comporta alcuna attività procedimentale

che non sia quella collegata alla mera valutazione dell’ammissibilità del rito e ai

meccanismi decisionali. Ancor più, il sostanziale risparmio (fino quasi

all’azzeramento) di attività processuali riverbera i suoi effetti anche nei gradi suc-

cessivi, tenuto conto dei consistenti limiti all’appello previsti dall’art. 443. Per favo-

rire il ricorso a questo rito, il legislatore ha dovuto naturalmente prevedere aspetti

di convenienza per le parti: l’imputato ha la prospettiva di vedersi sensibilmente

ridotta la pena, nel caso di condanna; il p.m. quella della utilizzazione piena degli

atti di indagine ai fini della decisione nel merito. Presupposto del giudizio abbre-

viato è l’accordo tra imputato e p.m., che può essere considerato un patteggiamen-

to sul rito, a differenza di quello che è alla base del c.d. patteggiamento sul merito

(applicazione della pena su richiesta: artt. 444 ss.). L’accordo si articola in una ri-

chiesta (proposta personalmente dall’imputato o da un suo procuratore speciale)

diretta ad ottenere che il processo sia definita nell’udienza preliminare, e nel con-

senso del p.m.. Ai fini della decisione sulla introduzione del rito, il giudice deve

solo valutare se la richiesta e il consenso siano stati validamente espressi e se egli

sia in grado di definire il processo allo stato degli atti. Diversamente da quanto di-

sposto per l’applicazione di pena su richiesta (artt. 446/6, e 448/1), non è previsto

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Diritto Processuale Penale90

che il p.m. debba motivare il dissenso, né che il giudice possa sottoporlo a sindaca-

to. Trattandosi di una valutazione allo stato, l’art. 440 opportunamente prevede

che, in caso di rigetto, la richiesta possa essere riproposta sino a che non siano for-

mulate le conclusioni dell’udienza preliminare: una volta acquisiti più completi e-

lementi di valutazione, il giudice può infatti rivedere la sua decisione. Come si è

detto, una volta introdottosi il rito abbreviato, il procedimento si riduce alla di-

scussione finale e alla deliberazione (artt. 441 e 442). Essendo applicabili le forme

dell’udienza preliminare (art. 441), si tratta di un giudizio che si svolge senza la

presenza del pubblico. Non possono essere assunte nuove prove, ma restano uti-

lizzabili quelle acquisite nell’udienza preliminare a norma dell’art. 422 quando il

rito abbreviato sia stato introdotto dopo tale momento. Oltre che sugli atti acquisiti

all’udienza preliminare, il giudice può qui fondare eccezionalmente il suo convin-

cimento su tutte le risultanze dell’attività di indagine del p.m.. La sentenza da lui

emessa ha il valore di una sentenza dibattimentale di primo grado (l’art. 442 rinvia

per l’appunto agli artt. 529 ss.). Nel caso di condanna, la pena in concreto determi-

nata (dopo cioè l’eventuale valutazione di circostanze) è diminuita di un terzo. Alla

pena dell’ergastolo è sostituita la pena di trenta anni di reclusione. Allo scopo di

facilitare in tutte le situazioni il ricorso al giudizio abbreviato, e anche per evitare

ingiuste discriminazioni, sono stati previsti meccanismi di trasformazione del rito

in quello abbreviato in tutti i casi in cui l’esercizio dell’azione penale sia avvenuto

con modalità diverse dalla richiesta di rinvio a giudizio (v. artt. 452, 458, 461, 556,

557, 566).

L’applicazione della pena su richiesta delle parti

Tale rito speciale consiste in un accordo tra l’imputato e la pubblica accusa, che

può avere ad oggetto sia il tipo di reato per il quale si procede, sia il tipo sia la mi-

sura della pena. E’ stipulato al fine di evitare il dibattimento e quindi l’intero svol-

gimento del processo. Presupposto principale è la confessione o la assunzione di

responsabilità da parte dell’imputato del reato patteggiato con la pubblica accusa

(plea of guilty, ammissione di colpevolezza). Con l’introduzione del processo penale

di natura accusatoria, è stato previsto nell’ordinamento italiano l’istituto della ap-

plicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.). L’ambito di applica-

zione è limitato ai reati per i quali è prevista una sanzione sostitutiva, o una pena

pecuniaria, ovvero una pena detentiva che, tenuto conto delle circostanze e dimi-

nuita fino ad un terzo, non superi i due anni. Nel nostro ordinamento, di civil law,

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Diritto Processuale Penale 91

l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio. La pubblica accusa non potrà rinuncia-

re a perseguire un dato reato grave, per uno meno grave. La proposta può essere

congiunta o provenire da una delle parti e accettata dall’altra. Il p.m. può dissenti-

re, ma deve motivare tale dissenso. Le parti chiedono una decisione sul merito in-

dicandone al giudice i termini: configurazione giuridica del fatto, tipo ed entità

della pena. Il giudicante valuta l’insussistenza degli estremi del proscioglimento,

l’esattezza della configurazione giuridica operata dalle parti, e la congruità della

pena (art. 444/2; Corte Cost. 2 luglio 1990, n. 313). Se vi è costituzione di parte civi-

le, il giudice non decide sulla relativa domanda: la sentenza che applica la pena ri-

chiesta non ha alcun effetto nel successivo giudizio civile (art. 445 c.p.p.). La sen-

tenza che applica la pena concordata non è appellabile, ma solo ricorribile per

Cassazione.

Il giudizio direttissimo

E’ il tipo di procedimento in cui è più marcato il carattere di accusatorietà , attesa la

contiguità temporale tra notitia criminis e giudizio e considerata l’assenza del filtro

giurisdizionale rappresentato dall’udienza preliminare. Tenuto conto di tale suo

connotato, e delle buone prove da esso fornite nella precedente esperienza giudi-

ziale, il giudizio direttissimo è stato recuperato dalla legge-delega del 1987 (diretti-

va 43) dopo la soppressione che ne era stata fatta dalla delega del 1974. Accanto al

tradizionale modulo arresto in flagranza-convalida-giudizio la delega ha esteso al

procedimento davanti al tribunale e alla Corte di assise quello introdotto nel pro-

cedimento pretorile della l. 27 luglio 1984, n. 397 (che ha novellato l’art. 505 c.p.p.):

arresto in flagranza-convalida contestuale al giudizio. Si è inoltre previsto che, a

prescindere dai casi di arresto e dallo status detentionis, il p.m. possa condurre di-

rettamente a giudizio l’imputato che nel corso dell’interrogatorio abbia reso con-

fessione. Alla base di tutti questi moduli procedimentali vi è comunque una situa-

zione di evidenza probatoria che, da un lato, non rende necessaria particolari inda-

gini, dall’altro giustifica il mancato controllo giurisdizionale sulla devoluzione del-

la re giudicanda alla sede dibattimentale.

Il giudizio immediato

Previsto dalla direttiva 44 legge-delega, il giudizio immediato denuncia, sin dalla

sua denominazione, l’appartenenza ai riti acceleratori del dibattimento.

L’immediatezza che lo caratterizza è rappresentata dalla mancanza di un filtro sul-

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Diritto Processuale Penale92

la fondatezza dell’azione penale. A differenza del giudizio direttissimo, qui

l’introduzione della fase dibattimentale deve passare attraverso il vaglio del G.i.p.

il quale peraltro non solo è chiamato a pronunciarsi in assenza di contraddittorio,

ma si limita a verificare l’esistenza di alcuni presupposti di ammissibilità del rito.

Quando la prova appare evidente il p.m., previa interrogatoria dell’imputato, può

chiedere al G.i.p., entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel re-

gistro previsto dall’art. 335 c.p.p., l’instaurazione del giudizio a carico

dell’imputato (artt. 453 e 454). Quale secondo presupposto del rito, l’art. 453 pre-

vede il previo interrogatorio dell’imputato. La ratio della norma è chiara: se

l’evidenza della prova può giustificare il sacrificio del contraddittorio giurisdizio-

nalmente garantito, il passaggio della re giudicanda al dibattimento non può venire

se l’imputato non è stato in grado di esprimere le proprie difese: queste saranno

prese in esame dal giudice, il quale, anche sulla base di essi, dovrà decidere se la

prova è veramente evidente. Poiché la legge si riferisce all’interrogatorio, senza ul-

teriori specificazioni, non importa che questo sia stato condotto dal p.m. (artt.

364/1, 374/2, 388) ovvero dal giudice. Il terzo presupposto del rito è di ordine

temporale: la richiesta di p.m. è ammissibile solo se presentata non oltre novanta

giorni dalla notizia di reato. Vi è qui una sorta di presunzione legale di non evi-

denza della prova nei casi in cui le indagini non si concludano in tempi ragione-

volmente contenuti.

Il procedimento per decreto

Il procedimento che sfocia nel decreto penale si prefigge di evitare sia l’udienza

preliminare, sia il dibattimento. La fase che porta all’emissione del decreto ha natu-

ra puramente cartolare e non contempla alcun contraddittorio, nemmeno scritto,

tra P.M. richiedente il decreto e imputato: è lo stesso decreto a fungere da atto di conte-

stazione formale del fatto e da affermazione di colpevolezza con contestuale irrogazione della

pena. Presupposti del rito in esame sono la perseguibilità d’ufficio del reato ascrit-

to e la esclusiva pecuniarità della pena in concreto inflitta, anche se la pena pecu-

niaria può avere natura sostitutiva di pena detentiva. La richiesta di decreto deve

intervenire entro sei mesi dalla data in cui l’interessato ha acquistato la qualità di

indagato. Quanto alla convenienza del decreto penale per l’imputato, il legislatore

ha previsto la possibilità di irrogare una pena pecuniaria ridotta sino alla metà del mi-

nimo edittale. Le esigenze di semplificazione processuale permangono anche nel ca-

so in cui il condannato faccia opposizione al decreto giacché in tal caso egli non po-

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Diritto Processuale Penale 93

trà avvalersi dell’usuale sequela – udienza preliminare e dibattimento – ma dovrà

scegliere un altro dei residui riti alternativi: giudizio immediato, giudizio abbrevia-

to o patteggiamento87.

IL GIUDIZIO

Gli atti preliminari al dibattimento

Il presidente del tribunale o della corte di assise, ricevuto il decreto che dispone il

giudizio, può, con decreto, per giustificati motivi, anticipare l'udienza o differirla

non più di una volta. Il provvedimento è comunicato al pubblico ministero e notifi-

cato alle parti private, alla persona offesa e ai difensori; nel caso di anticipazione,

fermi restando i termini previsti dall'articolo 429 commi 3 e 4, il provvedimento è

comunicato e notificato almeno sette giorni prima della nuova udienza.

Durante il termine per comparire, le parti e i loro difensori hanno facoltà di pren-

dere visione, nel luogo dove si trovano, delle cose sequestrate, di esaminare in can-

celleria gli atti e i documenti raccolti nel fascicolo per il dibattimento e di estrarne

copia.

Nei casi previsti per l’incidente probatorio (art. 392), il presidente del tribunale o

della corte di assise dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rin-

viabili, osservando le forme previste per il dibattimento. Del giorno, dell'ora e del

luogo stabiliti per il compimento dell'atto è dato avviso almeno ventiquattro ore

prima al pubblico ministero, alla persona offesa e ai difensori. I verbali degli atti

compiuti sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento.

Le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici de-

vono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni pri-

ma della data fissata per il dibattimento, la lista con l'indicazione delle circostanze

su cui deve vertere l'esame. Il presidente del tribunale o della corte di assise, quan-

do ne sia fatta richiesta, autorizza con decreto la citazione dei testimoni, periti e

consulenti tecnici indicati nelle liste, escludendo le testimonianze vietate dalla leg-

ge e quelle manifestamente sovrabbondanti88. I testimoni e i consulenti tecnici indi-

cati nelle liste possono anche essere presentati direttamente al dibattimento. In re-

lazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione

a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella pro-

87 A meno che non abbia richiesto l’oblazione, nei casi consentiti.

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Diritto Processuale Penale94

pria lista, ovvero presentarli al dibattimento. La parte che intende chiedere l'acqui-

sizione di verbali di prove di altro procedimento penale deve farne espressa richie-

sta unitamente al deposito delle liste. Se si tratta di verbali di dichiarazioni di per-

sone delle quali la stessa o altra parte chiede la citazione, questa è autorizzata dal

presidente solo dopo che in dibattimento il giudice ha ammesso l'esame a norma

dell'articolo 495. Il presidente in ogni caso dispone di ufficio la citazione del perito

nominato nell'incidente probatorio a norma dell'articolo 392/2.

Se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita ovvero

se il reato è estinto e se per accertarlo non è necessario procedere al dibattimento, il

giudice, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l'imputato e se questi

non si oppongono, pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere e-

nunciandone la causa nel dispositivo.

Il dibattimento

La disciplina dell'udienza e la direzione del dibattimento sono esercitate dal presi-

dente che decide senza formalità; in sua assenza la disciplina dell'udienza è eserci-

tata dal pubblico ministero. Per l'esercizio delle funzioni indicate in questo capo, il

presidente o il pubblico ministero si avvale, ove occorra, anche della forza pubbli-

ca, che dà immediata esecuzione ai relativi provvedimenti.

La pubblicità

L'udienza è pubblica a pena di nullità. Non sono ammessi nell'aula di udienza co-

loro che non hanno compiuto gli anni diciotto, le persone che sono sottoposte a mi-

sure di prevenzione e quelle che appaiono in stato di ubriachezza, di intossicazione

o di squilibrio mentale. Se alcuna di queste persone deve intervenire all'udienza

come testimone, è fatta allontanare non appena la sua presenza non è più necessa-

ria. Non è consentita la presenza in udienza di persone armate, fatta eccezione per

gli appartenenti alla forza pubblica, né di persone che portino oggetti atti a mole-

stare. Le persone che turbano il regolare svolgimento dell'udienza sono espulse per

ordine del presidente o, in sua assenza, del pubblico ministero, con divieto di assi-

stere alle ulteriori attività processuali. Per ragioni di ordine, il presidente può di-

sporre, in casi eccezionali, che l'ammissione nell'aula di udienza sia limitata a un

determinato numero di persone.

88 Il provvedimento non pregiudica la decisione sull'ammissibilità della prova a norma dell'articolo 495.

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Diritto Processuale Penale 95

Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiu-

se quando la pubblicità può nuocere al buon costume ovvero, se vi è richiesta del-

l'autorità competente, quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie

da mantenere segrete nell'interesse dello Stato. Su richiesta dell'interessato, il giu-

dice dispone che si proceda a porte chiuse all'assunzione di prove che possono

causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in or-

dine a fatti che non costituiscono oggetto dell'imputazione. Quando l'interessato è

assente o estraneo al processo, il giudice provvede di ufficio. Il giudice dispone al-

tresì che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la

pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pub-

blico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero

quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati. Il dibat-

timento relativo ai delitti di violenza sessuale si svolge a porte aperte; tuttavia, la

persona offesa può chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una parte

di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. In

tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità

della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto. Il giudice

può disporre che avvenga a porte chiuse l'esame dei minorenni.

L’istruzione dibattimentale

L’art. 496 apre la disciplina relativa all’istruzione dibattimentale indicando l’ordine

da seguire nell’assunzione delle prove. In particolare l’istruzione dibattimentale

inizia con l'assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e prosegue con

l'assunzione di quelle richieste da altre parti89. Le parti possono concordare un di-

verso ordine di assunzione delle prove.

Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario,

può disporre anche di ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prove.

Le nuove contestazioni90

Se nel corso dell'istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descrit-

to nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giu-

dice superiore, il pubblico ministero modifica l'imputazione e procede alla relativa

89 Nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligataper la pena pecuniaria e dell'imputato.

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Diritto Processuale Penale96

contestazione91. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione

del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle

disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di deca-

denza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nei casi indicati dagli

articoli 519 comma 2 e 520 comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella

nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

Qualora nel corso dell'istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma

dell'articolo 12 comma 1 lettera b)92 ovvero una circostanza aggravante e non ve ne

sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero contesta al-

l'imputato il reato o la circostanza, purché la cognizione non appartenga alla com-

petenza di un giudice superiore93. Fuori da questi casi (previsti dall'articolo 517), il

pubblico ministero procede nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento ri-

sulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il

giudizio e per il quale si debba procedere di ufficio. Tuttavia il presidente, qualora

90 L'inosservanza delle disposizioni previste dal codice per le nuove contestazioni è causa di nullitàsoltanto nella parte relativa al fatto nuovo, al reato concorrente o alla circostanza aggravante.91 La Corte Costituzionale, con sentenza 22-30 giugno 1994, n. 265 (Gazz. Uff. 6 luglio 1994, n. 28 - Primaserie speciale), ha dichiarato:a) l'illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 del codice di procedura penale nella parte in cui nonprevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena anorma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso o al reato concorrentecontestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli attidi indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamentee ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni;b) inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 520 e 516 del codice di procedurapenale, relativamente alla preclusione al giudizio abbreviato in ordine alle nuove contestazioni dibatti-mentali in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.La stessa Corte, con sentenza 15-29 dicembre 1995, n. 530 (Gazz. Uff. 3 gennaio 1996, n. 1 - Prima seriespeciale), ha dichiarato, tra l'altro, in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità delpresente articolo, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di proporre domanda di obla-zione, ai sensi degli artt. 162 e 162-bis del codice penale, relativamente al fatto diverso contestato in di-battimento.92 Se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con piùazioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso.93 La Corte Costituzionale, con sentenza 22-30 giugno 1994, n. 265 (Gazz. Uff. 6 luglio 1994, n. 28 - Primaserie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 del codice diprocedura penale nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice deldibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamenteal fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione con-cerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovve-ro quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena inordine alle originarie imputazioni. La stessa Corte, con sentenza 15-29 dicembre 1995, n. 530 (Gazz. Uff.3 gennaio 1996, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente articolonella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi degliartt. 162 e 162-bis del codice penale, relativamente al reato contestato in dibattimento. Precedentemente,la stessa Corte aveva dichiarato, con sentenza 12-28 dicembre 1990, n. 593 (Gazz. Uff. 9 gennaio 1991, n.2 - Prima serie speciale), non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 560, primocomma, e 517 c.p.p., in riferimento all'art. 24 Cost.; con sentenza 25 marzo-1 aprile 1993, n. 129 (Gazz.Uff. 7 aprile 1993, n. 15 - Prima serie speciale), inammissibile la questione di legittimità dell'art. 517c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

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Diritto Processuale Penale 97

il pubblico ministero ne faccia richiesta, può autorizzare la contestazione nella me-

desima udienza, se vi è consenso dell'imputato presente e non ne deriva pregiudi-

zio per la speditezza dei procedimenti.

Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da

quella enunciata nell'imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza né

risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché

monocratica. Il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico

ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone

il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli articoli 516, 517 e

518/2. Nello stesso modo il giudice procede se il pubblico ministero ha effettuato

una nuova contestazione fuori dei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518/2.

Se, in seguito ad una diversa definizione giuridica o alle contestazioni previste da-

gli articoli 516 comma 1-bis, 517 comma 1-bis e 518, il fatto risulta attribuito alla

cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, il giudice

dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. L'inosser-

vanza di tale disposizione deve essere eccepita, a pena di decadenza, nei motivi di

impugnazione.

La discussione finale

Esaurita l'assunzione delle prove, il pubblico ministero e successivamente i difen-

sori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata

per la pena pecuniaria e dell'imputato formulano e illustrano le rispettive conclu-

sioni. La parte civile presenta conclusioni scritte, che devono comprendere, quando

sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammonta-

re. Il presidente dirige la discussione e impedisce ogni divagazione, ripetizione e

interruzione. Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replica-

re; la replica è ammessa una sola volta e deve essere contenuta nei limiti stretta-

mente necessari per la confutazione degli argomenti avversari. In ogni caso l'impu-

tato e il difensore devono avere, a pena di nullità, la parola per ultimi se la doman-

dano. La discussione non può essere interrotta per l'assunzione di nuove prove, se

non in caso di assoluta necessità. Se questa si verifica, il giudice provvede a norma

dell'articolo 507. Esaurita la discussione, il presidente dichiara chiuso il dibattimen-

to.

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Diritto Processuale Penale98

La sentenza

La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento (art. 525). Alla

deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno

partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici sup-

plenti in sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti già emessi conservano

efficacia se non sono espressamente revocati. Salvo quanto previsto dall'articolo

528, la deliberazione non può essere sospesa se non in caso di assoluta impossibili-

tà. La sospensione è disposta dal presidente con ordinanza.

Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide separatamente le questioni pre-

liminari non ancora risolte e ogni altra questione relativa al processo. Qualora l'e-

same del merito non risulti precluso dall'esito della votazione, sono poste in deci-

sione le questioni di fatto e di diritto concernenti l'imputazione e, se occorre, quelle

relative all'applicazione delle pene e delle misure di sicurezza nonché quelle relati-

ve alla responsabilità civile. Tutti i giudici enunciano le ragioni della loro opinione

e votano su ciascuna questione qualunque sia stato il voto espresso sulle altre. Il

presidente raccoglie i voti cominciando dal giudice con minore anzianità di servi-

zio e vota per ultimo. Nei giudizi davanti alla corte di assise votano per primi i

giudici popolari, cominciando dal meno anziano per età. Se nella votazione sull'en-

tità della pena o della misura di sicurezza si manifestano più di due opinioni, i voti

espressi per la pena o la misura di maggiore gravità si riuniscono a quelli per la

pena o la misura gradatamente inferiore, fino a che venga a risultare la maggioran-

za. In ogni altro caso, qualora vi sia parità di voti, prevale la soluzione più favore-

vole all'imputato.

Qualora sia necessaria la lettura del verbale di udienza redatto con la stenotipia

ovvero l'ascolto o la visione di riproduzioni fonografiche o audiovisive di atti del

dibattimento, il giudice sospende la deliberazione e procede in camera di consiglio

alle operazioni necessarie, con l'assistenza dell'ausiliario ed eventualmente del tec-

nico incaricato della documentazione.

Le sentenze di proscioglimento

Con la sentenza di proscioglimento, il giudice ordina la liberazione dell'imputato

in stato di custodia cautelare e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari

personali eventualmente disposte. La stessa disposizione si applica nel caso di sen-

tenza di condanna che concede la sospensione condizionale della pena.

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Diritto Processuale Penale 99

Sentenza di non doversi procedere

Se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, il giu-

dice pronuncia sentenza di non doversi procedere indicandone la causa nel dispo-

sitivo. Il giudice provvede nello stesso modo quando la prova dell'esistenza di una

condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria.

Sentenza di assoluzione

Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo:

a) se il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se il fatto non costi-

tuisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato

commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione;

b) quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste,

che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è sta-

to commesso da persona imputabile;

c) se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giusti-

ficazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull'e-

sistenza delle stesse.

Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le

misure di sicurezza.

Dichiarazione di estinzione del reato

Salvo quanto disposto dall'articolo 129/2 (obbligo della immediata declaratoria di

determinate cause di non punibilità), il giudice, se il reato è estinto, pronuncia sen-

tenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo. Il giudice

provvede nello stesso modo quando vi è dubbio sull'esistenza di una causa di e-

stinzione del reato.

La sentenza di condanna

Se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli, il giudice pronuncia senten-

za di condanna applicando la pena e l'eventuale misura di sicurezza94. Se la con-

danna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi

determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concor-

94 Nei casi previsti dagli articoli 205 e 206 del codice penale e nelle leggi speciali, il giudice condanna lapersona civilmente obbligata a pagare, se il condannato risulterà insolvibile, una somma pari alla penapecuniaria a questo inflitta.

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Diritto Processuale Penale100

so di reati e di pene o sulla continuazione. Nei casi previsti dalla legge il giudice

dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per

tendenza. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condiziona-

le della pena o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudi-

ziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna.

La sentenza di condanna pone a carico del condannato il pagamento delle spese

processuali relative ai reati cui la condanna si riferisce. I condannati per lo stesso

reato o per reati connessi sono obbligati in solido al pagamento delle spese. I con-

dannati in uno stesso giudizio per reati non connessi sono obbligati in solido alle

sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna. Sono

poste a carico del condannato le spese di mantenimento durante la custodia caute-

lare, a norma dell'articolo 692. Qualora il giudice non abbia provveduto circa le

spese, la sentenza è rettificata a norma dell'articolo 130.

Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito

dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sen-

tenza è fondata. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei

motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da

quello della pronuncia. Quando la stesura della motivazione è particolarmente

complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni,

il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto, può

indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novan-

tesimo giorno da quello della pronuncia.

La sentenza è pubblicata in udienza dal presidente o da un giudice del collegio

mediante la lettura del dispositivo. La lettura della motivazione redatta a norma

dell'articolo 544/1, segue quella del dispositivo e può essere sostituita con un'espo-

sizione riassuntiva. La pubblicazione equivale a notificazione della sentenza per le

parti che sono o devono considerarsi presenti all'udienza.

Ai sensi dell’art. 546, la sentenza deve contenere:

a) l'intestazione «in nome del popolo italiano» e l'indicazione dell'autorità che

l'ha pronunciata;

b) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identi-

ficarlo nonché le generalità delle altre parti private;

c) l'imputazione;

d) l'indicazione delle conclusioni delle parti;

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Diritto Processuale Penale 101

e) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fonda-

ta, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l'enuncia-

zione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contra-

rie;

f) il dispositivo, con l'indicazione degli articoli di legge applicati;

g) la data e la sottoscrizione del giudice.

La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta dal presidente e dal giudice

estensore95. Oltre che nel caso previsto dall'articolo 125/3 (forme dei provvedimen-

ti del giudice), la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essen-

ziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.

La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione ov-

vero entro i termini previsti dall'articolo 544/2e3. Il pubblico ufficiale addetto vi

appone la sottoscrizione e la data del deposito. Quando la sentenza non è deposita-

ta entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma

dell'articolo 544/3, l'avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero e notifi-

cato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. E' notificato altresì a chi

risulta difensore dell'imputato al momento del deposito della sentenza. L'avviso di

deposito con l'estratto della sentenza è in ogni caso notificato all'imputato contu-

mace e comunicato al procuratore generale presso la corte di appello.

IL PROCEDIMENTO PRETORILE

Il procedimento pretorile è semplificato rispetto a quello ordinario, in quanto non

prevede l’udienza preliminare. E’ lo stesso p.m. e non il giudice per le indagini pre-

liminari che emette decreto di citazione a giudizio ossia dispone il rinvio a giudizio

dell’indagato, che forma il fascicolo per il dibattimento. Nel procedimento pretorile

sono particolarmente incentivati i riti alternativi, in modo che il dibattimento di-

venga un’ipotesi eccezionale. Tali riti possono essere richiesti durante le indagini

preliminari, ovvero entro quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione a

giudizio. Diffuso nei procedimenti avanti al pretore è il procedimento per decreto.

Nei reati perseguibili a querela è previsto il tentativo di conciliazione da parte del

p.m., che può citare avanti a sé il querelante e il querelato al fine di verificare se il

primo è disposto a rimettere la querela.

95 Se, per morte o altro impedimento, il presidente non può sottoscrivere, alla sottoscrizione provvede,previa menzione dell'impedimento, il componente più anziano del collegio; se non può sottoscriverel'estensore, alla sottoscrizione, previa menzione dell'impedimento, provvede il solo presidente.

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Diritto Processuale Penale102

IL PROCEDIMENTO MINORILE

Il D.P.R. n. 448/’88 detta una normativa speciale relativa al procedimento a carico

di minorenni, lasciando al codice di rito una funzione integrativa residuale. Tali

disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze edu-

cative del minorenne. Il giudice illustra all'imputato il significato delle attività pro-

cessuali che si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni anche eti-

co-sociali delle decisioni.

Nel procedimento a carico di minorenni esercitano le funzioni rispettivamente loro

attribuite, secondo le leggi di ordinamento giudiziario:

a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni;

b) il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni;

c) il tribunale per i minorenni;

d) il procuratore generale presso la corte di appello;

e) la sezione di corte di appello per i minorenni;

f) il magistrato di sorveglianza per i minorenni.

Per quanto attiene alla competenza, il tribunale per i minorenni è competente per i

reati commessi dai minori degli anni diciotto; il tribunale per i minorenni e il magi-

strato di sorveglianza per i minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura

di sorveglianza nei confronti di coloro che commisero il reato quando erano minori

degli anni diciotto. La competenza cessa al compimento del venticinquesimo anno di età.

Il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le ri-

sorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne

l'imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto

nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti

civili. Agli stessi fini il pubblico ministero e il giudice possono sempre assumere

informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il

parere di esperti, anche senza alcuna formalità.

L'assistenza affettiva e psicologica all'imputato minorenne è assicurata, in ogni sta-

to e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altra persona idonea

indicata dal minorenne e ammessa dall'autorità giudiziaria che procede. In ogni

caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi indicati nell'articolo 6. Il

pubblico ministero e il giudice possono procedere al compimento di atti per i quali

è richiesta la partecipazione del minorenne senza la presenza di tali persone nell'in-

teresse del minorenne o quando sussistono inderogabili esigenze processuali.

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Diritto Processuale Penale 103

Sono vietate la pubblicazione e la divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o

immagini idonee a consentire l'identificazione del minorenne comunque coinvolto

nel procedimento. Tale disposizione non si applica dopo l'inizio del dibattimento

se il tribunale procede in udienza pubblica.

Provvedimenti in materia di libertà personale

Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere all'arresto del mi-

norenne colto in flagranza di uno dei delitti per i quali può essere disposta la misu-

ra della custodia cautelare. Nell'avvalersi di tale facoltà gli ufficiali e gli agenti di

polizia giudiziaria devono tenere conto della gravità del fatto nonché dell'età e del-

la personalità del minorenne.

E' consentito il fermo del minorenne indiziato di un delitto per il quale può essere

disposta la misura della custodia cautelare, sempre che, quando la legge stabilisce

la pena della reclusione, questa non sia inferiore nel minimo a due anni.

Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o il fermo

del minorenne ne danno immediata notizia al pubblico ministero nonché all'eser-

cente la potestà dei genitori e all'eventuale affidatario e informano tempestivamen-

te i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia. Quando riceve la notizia

dell'arresto o del fermo, il pubblico ministero dispone che il minorenne sia senza

ritardo condotto presso un centro di prima accoglienza o presso una comunità

pubblica o autorizzata che provvede a indicare. Qualora, tenuto conto delle moda-

lità del fatto, dell'età e della situazione familiare del minorenne, lo ritenga oppor-

tuno, il pubblico ministero può disporre che il minorenne sia condotto presso l'abi-

tazione familiare perché vi rimanga a sua disposizione. Oltre nei consueti casi di

immediata liberazione dell’arrestato o del fermato (art. 389 c.p.p.), il pubblico mi-

nistero dispone con decreto motivato che il minorenne sia posto immediatamente

in libertà quando ritiene di non dovere richiedere l'applicazione di una misura cau-

telare. Al fine di adottare i provvedimenti di sua competenza, il pubblico ministero

può disporre che il minorenne sia condotto davanti a sé96.

Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accompagnare presso i pro-

pri uffici il minorenne colto in flagranza di un delitto non colposo per il quale la

legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a

cinque anni e trattenerlo per il tempo strettamente necessario alla sua consegna al-

96 Si applicano in ogni caso le disposizioni degli articoli 390 e 391 del codice di procedura penale.

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Diritto Processuale Penale104

l'esercente la potestà dei genitori o all'affidatario o a persona da questi incaricata.

In ogni caso il minorenne non può essere trattenuto oltre dodici ore. Gli ufficiali e

gli agenti di polizia giudiziaria che hanno proceduto all'accompagnamento ne

danno immediata notizia al pubblico ministero e informano tempestivamente i

servizi minorili dell'amministrazione della giustizia. Provvedono inoltre a invitare

l'esercente la potestà dei genitori e l'eventuale affidatario a presentarsi presso i

propri uffici per prendere in consegna il minorenne. L'esercente la potestà dei geni-

tori, l'eventuale affidatario e la persona da questi incaricata alla quale il minorenne

è consegnato sono avvertiti dell'obbligo di tenerlo a disposizione del pubblico mi-

nistero e di vigilare sul suo comportamento. Quando non è possibile provvedere

all'invito o il destinatario di esso non vi ottempera ovvero la persona alla quale il

minorenne deve essere consegnato appare manifestamente inidonea ad adempiere

l'obbligo di tenere il minore a disposizione del pubblico ministero e di vigilare sul

suo comportamento, la polizia giudiziaria né dà immediata notizia al pubblico mi-

nistero, il quale dispone che il minorenne sia senza ritardo condotto presso un cen-

tro di prima accoglienza ovvero presso una comunità pubblica o autorizzata che

provvede a indicare.

Misure cautelari per i minorenni

Nei confronti dell'imputato minorenne non possono essere applicate misure caute-

lari personali diverse da quelle previste dal D.P.R. in esame. Nel disporre le misure

il giudice tiene conto, oltre che dei criteri indicati nell'articolo 275 del codice di

procedura penale, dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto97.

Quando è disposta una misura cautelare, il giudice affida l'imputato ai servizi mi-

norili dell'amministrazione della giustizia, i quali svolgono attività di sostegno e

controllo in collaborazione con i servizi di assistenza istituiti dagli enti locali. Le

misure diverse dalla custodia cautelare possono essere applicate solo quando si

procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclu-

sione non inferiore nel massimo a cinque anni. Nella determinazione della pena

agli effetti della applicazione delle misure cautelari si tiene conto, oltre che dei cri-

teri indicati nell'articolo 278, della diminuente della minore età.

Se non risulta necessario fare ricorso ad altre misure cautelari, il giudice, sentito

l'esercente la potestà dei genitori, può impartire al minorenne specifiche prescri-

97 Non si applica la disposizione dell'articolo 275/3, secondo periodo, del codice di procedura penale.

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Diritto Processuale Penale 105

zioni inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la

sua educazione. Le prescrizioni perdono efficacia decorsi due mesi dal provvedi-

mento con il quale sono state impartite. Quando ricorrono esigenze probatorie, il

giudice può disporre la rinnovazione, per non più di una volta, delle prescrizioni

imposte. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni, il giudice può di-

sporre la misura della permanenza in casa.

Permanenza in casa

Con il provvedimento che dispone la permanenza in casa il giudice prescrive al

minorenne di rimanere presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimo-

ra. Con il medesimo provvedimento il giudice può imporre limiti o divieti alla fa-

coltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabi-

tano o che lo assistono. Il giudice può, anche con separato provvedimento, consen-

tire al minorenne di allontanarsi dall'abitazione in relazione alle esigenze inerenti

alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione.

I genitori o le persone nella cui abitazione è disposta la permanenza del minorenne

vigilano sul suo comportamento. Essi devono consentire gli interventi di sostegno

e di controllo dei servizi nonché gli eventuali ulteriori controlli disposti dal giudi-

ce. Il minorenne al quale è imposta la permanenza in casa è considerato in stato di

custodia cautelare, ai soli fini del computo della durata massima della misura, a

decorrere dal momento in cui la misura è eseguita ovvero dal momento dell'arre-

sto, del fermo o dell'accompagnamento. Il periodo di permanenza in casa è compu-

tato nella pena da eseguire, a norma dell'articolo 657 del codice di procedura pena-

le. Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di

allontanamento ingiustificato dalla abitazione, il giudice può disporre la misura

del collocamento in comunità.

Collocamento in comunità

Con il provvedimento che dispone il collocamento in comunità il giudice ordina

che il minorenne sia affidato a una comunità pubblica o autorizzata, imponendo

eventuali specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero

ad altre attività utili per la sua educazione. Nel caso di gravi e ripetute violazioni

delle prescrizioni imposte o di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il

giudice può disporre la misura della custodia cautelare, per un tempo non superio-

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Diritto Processuale Penale106

re a un mese, qualora si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della

reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Custodia cautelare

La custodia cautelare può essere applicata quando si procede per delitti non colpo-

si per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferio-

re nel massimo a nove anni. Anche fuori dei casi predetti, la custodia cautelare può

essere applicata quando si procede per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti

dall'articolo 380/2, lettere e), f), g), h) del codice di procedura penale nonché, in

ogni caso, per il delitto di violenza carnale.

Il giudice può disporre la custodia cautelare:

a) se sussistono gravi e inderogabili esigenze attinenti alle indagini, in relazione a

situazioni di concreto pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova;

b) se l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla

fuga;

c) se, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell'impu-

tato, vi è il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi

o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale

ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quelli per cui si

procede.

I termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale sono ridotti della

metà per i reati commessi da minori degli anni diciotto e dei due terzi per quelli

commessi da minori degli anni sedici e decorrono dal momento della cattura, del-

l'arresto, del fermo o dell'accompagnamento.

Definizione anticipata del procedimento e giudizio in dibattimento

Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del

comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a

procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento pre-

giudica le esigenze educative del minorenne. Sulla richiesta il giudice provvede in

camera di consiglio sentiti il minorenne e l'esercente la potestà dei genitori, nonché

la persona offesa dal reato. Quando non accoglie la richiesta il giudice dispone con

ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero. Contro la sentenza pos-

sono proporre appello il minorenne e il procuratore generale presso la corte di ap-

pello. La corte di appello decide con le forme previste dall'articolo 127 del codice di

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Diritto Processuale Penale 107

procedura penale e, se non conferma la sentenza, dispone la restituzione degli atti

al pubblico ministero. Nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel

giudizio immediato, il giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a proce-

dere per irrilevanza del fatto, se ricorrono le condizioni suddette.

Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo

quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova.

Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede

per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore

nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno.

Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione. Con l'ordinanza di so-

spensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell'amministrazione

della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle

opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Con il medesimo prov-

vedimento il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze

del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal

reato. Contro l'ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero,

l'imputato e il suo difensore. La sospensione non può essere disposta se l'imputato

chiede il giudizio abbreviato o il giudizio immediato. La sospensione è revocata in

caso di ripetute e gravi trasgressioni alle prescrizioni imposte. Decorso il periodo

di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con senten-

za estinto il reato se, tenuto conto del comportamento del minorenne e della evolu-

zione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato esito positivo.

Con la sentenza di condanna il giudice, quando ritiene di dover applicare una pena

detentiva non superiore a due anni, può sostituirla con la sanzione della semide-

tenzione o della libertà controllata, tenuto conto della personalità e delle esigenze

di lavoro o di studio del minorenne nonché delle sue condizioni familiari, sociali e

ambientali. Il pubblico ministero competente per l'esecuzione trasmette l'estratto

della sentenza al magistrato di sorveglianza per i minorenni del luogo di abituale

dimora del condannato. Il magistrato di sorveglianza convoca, entro tre giorni dal-

la comunicazione, il minorenne, l'esercente la potestà dei genitori, l'eventuale affi-

datario e i servizi minorili e provvede in ordine alla esecuzione della sanzione a

norma delle leggi vigenti, tenuto conto anche delle esigenze educative del mino-

renne.

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Diritto Processuale Penale108

L'udienza dibattimentale davanti al tribunale per i minorenni è tenuta a porte

chiuse. L'imputato che abbia compiuto gli anni sedici può chiedere che l'udienza

sia pubblica. Il tribunale decide, valutata la fondatezza delle ragioni addotte e l'op-

portunità di procedere in udienza pubblica, nell'esclusivo interesse dell'imputato.

La richiesta non può essere accolta se vi sono coimputati minori degli anni sedici o

se uno o più coimputati non vi consente. L'esame dell'imputato è condotto dal pre-

sidente. I giudici, il pubblico ministero e il difensore possono proporre al presiden-

te domande o contestazioni da rivolgere all'imputato.

LE IMPUGNAZIONI

L’attività del giudice può essere inficiata da errori sia di fatto, sia di diritto: le im-

pugnazioni sono gli strumenti tecnici predisposti per porre rimedio proprio a tali

errori grazie ad un riesame delle acquisizioni di fatto e ad un controllo in punto di

diritto. Il codice prevede tre gradi ordinari di giudizio, di cui due di merito ed uno

di legittimità (oltre alla impugnazione straordinaria per revisione). I principi a fon-

damento del sistema di impugnazione sono quelli di tassatività, interesse ad im-

pugnare, convertibilità dell’impugnazione, ricorribilità immediata in cassazione,

rinunciabilità dell’impugnazione.

I titolari dell’impugnazione (art. 570 e ss.)

Il pubblico ministero

Il procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale presso

la corte di appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge,

quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero. Il

procuratore generale può proporre impugnazione nonostante l'impugnazione o

l'acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedi-

mento. L'impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico

ministero che ha presentato le conclusioni. Il rappresentante del pubblico ministero

che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell'atto di appello può parte-

cipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale

presso la corte di appello. La partecipazione è disposta dal procuratore generale

presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni

caso al procuratore generale.

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Diritto Processuale Penale 109

L’imputato

L'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procu-

ratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento. Il tutore

per l'imputato soggetto alla tutela e il curatore speciale per l'imputato incapace di

intendere o di volere, che non ha tutore, possono proporre l'impugnazione che

spetta all'imputato. Può inoltre proporre impugnazione il difensore dell'imputato

al momento del deposito del provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fi-

ne. Tuttavia, contro una sentenza contumaciale, il difensore può proporre impu-

gnazione solo se munito di specifico mandato, rilasciato con la nomina o anche

successivamente nelle forme per questa previste. L'imputato, nei modi previsti per

la rinuncia, può togliere effetto all'impugnazione proposta dal suo difensore.

La parte civile e la persona offesa

La parte civile, la persona offesa, anche se non costituita parte civile, e gli enti e le

associazioni intervenuti a norma degli articoli 93 e 94, possono presentare richiesta

motivata al pubblico ministero di proporre impugnazione a ogni effetto penale. Il

pubblico ministero, quando non propone impugnazione, provvede con decreto

motivato da notificare al richiedente.

La parte civile può proporre impugnazione, con il mezzo previsto per il pubblico

ministero, contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile

e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento

pronunciata nel giudizio. Con lo stesso mezzo e negli stessi casi può proporre im-

pugnazione contro la sentenza pronunciata a norma dell'articolo 442, quando ha

consentito alla abbreviazione del rito. Lo stesso diritto compete al querelante con-

dannato a norma dell'articolo 542.

La persona offesa costituita parte civile può proporre impugnazione, anche agli

effetti penali, contro le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di in-

giuria e diffamazione.

Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria

Il responsabile civile può proporre impugnazione contro le disposizioni della sen-

tenza riguardanti la responsabilità dell'imputato e contro quelle relative alla con-

danna di questi e del responsabile civile alle restituzioni, al risarcimento del danno

e alla rifusione delle spese processuali. L'impugnazione è proposta col mezzo che

la legge attribuisce all'imputato. Lo stesso diritto spetta alla persona civilmente ob-

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Diritto Processuale Penale110

bligata per la pena pecuniaria nel caso in cui sia stata condannata. Il responsabile

civile può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di

assoluzione relative alle domande proposte per il risarcimento del danno e per la

rifusione delle spese processuali.

Forme termini ed effetti dell’impugnazione

L'impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimen-

to impugnato, la data del medesimo, il giudice che lo ha emesso, e sono enunciati:

a) i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione;

b) le richieste;

c) i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di

fatto che sorreggono ogni richiesta.

Salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato perso-

nalmente ovvero a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso

il provvedimento impugnato. Il pubblico ufficiale addetto vi appone l'indicazione

del giorno in cui riceve l'atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo uni-

sce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione. Le

parti private e i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella

cancelleria del tribunale del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quel-

lo in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'este-

ro. In tali casi, l'atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice

che emise il provvedimento impugnato.

Le parti e i difensori possono proporre l'impugnazione con telegramma ovvero con

atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria del giudice che ha

emesso il provvedimento impugnato. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la

busta contenente l'atto di impugnazione e appone su quest'ultimo l'indicazione del

giorno della ricezione e la propria sottoscrizione. L'impugnazione si considera

proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma. Se si tratta

di parti private, la sottoscrizione dell'atto deve essere autenticata da un notaio, da

altra persona autorizzata o dal difensore.

A cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato,

l'atto di impugnazione è comunicato al pubblico ministero presso il medesimo

giudice ed è notificato alle parti private senza ritardo.

Per una esigenza di concentrazione dei gravami e quindi di deflazione dei proce-

dimenti, le ordinanze emesse nel corso del dibattimento debbono essere impugnate

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Diritto Processuale Penale 111

con la sentenza che lo definisce (art. 586). Ragioni di giustizia sostanziale compor-

tano, per i gravami, la capacità di estensione dei loro effetti, quasi come fenomeno

di espansione, per altro solo pro reo; e quindi in direzione favorevole agli altri im-

putati non impugnanti e alle parti private contigue agli interessi dell’imputato im-

pugnante: responsabile civile e civilmente obbligato (art. 587).

Quanto ai termini, la disciplina è dettata dall’art. 585. Il termine per proporre im-

pugnazione – a pena di decadenza – per ciascuna delle parti, è:

a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in

camera di consiglio e nel caso previsto dall'articolo 544/198;

b) di trenta giorni, nel caso previsto dall'articolo 544/2;

c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall'articolo 544/3.

I termini appena visti decorrono:

a) dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito del provvedimento

emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio;

b) dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motiva-

zione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel

giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;

c) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il

deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall'articolo 548/2, dal giorno

in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposi-

to;

d) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso

di deposito con l'estratto del provvedimento, per l'imputato contumace e per il

procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emes-

si in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di

appello.

Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per en-

trambi il termine che scade per ultimo. Fino a quindici giorni prima dell'udienza

possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi

98 “544. Redazione della sentenza.1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa e-sposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata.2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvedenon oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia.3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e lagravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma

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Diritto Processuale Penale112

nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L'inammissibilità dell'im-

pugnazione si estende ai motivi nuovi.

La proposizione del gravame, infine, può essere vanificata, oltre che dalla rinuncia

(art. 589), dalla inammissibilità scaturente altresì da violazione delle suindicate

norme in tema di forme e termini ad impugnare, interesse e legittimazione a doler-

si o mera inoppugnabilità della decisione (art. 591). In ipotesi di vana proposizione

del gravame e di esito sfavorevole dello stesso, l’impugnante subisce la sanzione

processuale della condanna alle spese del procedimento stesso.

Quanto agli effetti, oltre a quello estensivo in bonam partem già esaminato, vanno

ricordati quelli sospensivi e devolutivi.

L’effetto sospensivo attiene alla paralisi dell’esecuzione del provvedimento sia

durante il termine per impugnare, sia durante la pendenza del giudizio di impu-

gnazione99.

L’effetto devolutivo, soggettivamente inteso, comporta che il giudizio di impugna-

zione è normalmente devoluto ad un giudice diverso, di regola superiore; oggetti-

vamente inteso, concerne l’ampiezza di cognizione del giudice di impugnazione, che

può estendersi all’intera materia trattata dal primo giudice ovvero a parte della

stessa. Ne consegue che il giudice del gravame ha cognizione nei limiti del devolu-

to.

L’APPELLO

L’appello rappresenta un mezzo ordinario di impugnazione. Ai sensi dell’art. 593,

il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condan-

na o di proscioglimento. L'imputato non può appellare contro la sentenza di pro-

scioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. Sono i-

nappellabili le sentenze di condanna relative a contravvenzioni per le quali è stata

applicata la sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luo-

go a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena

alternativa. Sono altresì inappellabili talune sentenze emesse con rito abbreviato

(art. 443) e le sentenze di patteggiamento (art. 448/2).

Quanto all’individuazione del giudice competente, l’art. 596 prevede che:

2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quellodella pronuncia”.99 Tale effetto non si produce per i provvedimenti in materia di libertà personale.

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Diritto Processuale Penale 113

a) sull'appello proposto contro le sentenze pronunciate dal tribunale decide la

corte di appello;

b) sull'appello proposto contro le sentenze della corte di assise decide la corte di

assise di appello.

Salvo quanto previsto dall'articolo 428 riguardo all’impugnazione della sentenza di

non luogo a procedere, sull'appello contro le sentenze pronunciate dal giudice per

le indagini preliminari [presso il tribunale], decidono, rispettivamente, la corte di

appello e la corte di assise di appello, a seconda che si tratti di reato di competenza

del tribunale o della corte di assise.

La sfera di cognizione del giudice d’appello è per sua natura più ristretta di quella

del giudice di primo grado, sia perché non tutte le sentenze sono suscettibili di

pervenire alla sua verifica, sia perché l’ambito di questa è variamente limitato.

L'appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento

limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.

Quando appellante è il pubblico ministero:

a) se l'appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può, entro i limiti

della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giu-

ridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare

benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro

provvedimento imposto o consentito dalla legge;

b) se l'appello riguarda una sentenza di proscioglimento, il giudice può pronun-

ciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero

prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appella-

ta;

c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o

escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di si-

curezza.

Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più

grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave,

prosciogliere l'imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella

sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti visti nel caso

precedente, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga

superata la competenza del giudice di primo grado. In ogni caso, se è accolto l'ap-

pello dell'imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati

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Diritto Processuale Penale114

per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminui-

ta. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condi-

zionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario

giudiziale e una o più circostanze attenuanti; può essere altresì effettuato, quando

occorre, il giudizio di comparazione a norma dell'articolo 69 del codice penale.

L’appello incidentale

La parte che non ha proposto impugnazione può proporre appello incidentale en-

tro quindici giorni da quello in cui ha ricevuto la comunicazione o la notificazione

previste dall'articolo 584. L'appello incidentale del pubblico ministero produce gli

effetti previsti dall'articolo 597/2; esso tuttavia non ha effetti nei confronti del

coimputato non appellante che non ha partecipato al giudizio di appello. L'appello

incidentale perde efficacia in caso di inammissibilità dell'appello principale o di ri-

nuncia allo stesso.

Forme del processo di appello

L’esigenza di semplificare e quindi accelerare il corso del giudizio di impugnazio-

ne si rispecchia nella previsione di un rito camerale, accanto a quello dibattimenta-

le, sempre ai fini della decisione sul gravame.

Il codice prevede tassativamente le ipotesi di adozione del rito camerale con le

forme previste dall'articolo 127. In particolare, la corte provvede in camera di con-

siglio:

• quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pe-

na, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'ap-

plicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della

sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel

certificato del casellario giudiziale.

• quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichia-

rando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appel-

lo, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto

l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico

ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria

indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo. Il giudice, se ri-

tiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a com-

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Diritto Processuale Penale 115

parire al dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto,

ma possono essere riproposte nel dibattimento;

• nelle ipotesi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, sia per la riassun-

zione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado, ovvero preesi-

stenti ma non assunte; nonché nelle ipotesi di rinnovazione-ripetizione di pro-

ve già assunte, allorché si tratti di imputato, contumace in primo grado, che ne

faccia richiesta e si trovi nelle medesime situazioni che gli consentirebbero di

ottenere la restituzione in termini (art. 603);

• nei casi di provvisoria esecuzione dei capi civili sollecitata dalla parte civile e

di richiesta di sospensione della esecutività della condanna provvisionale

quando ricorrano gravi motivi (art. 600).

In tutti gli altri casi, si ricorre alla celebrazione dibattimentale.

Il processo di appello

Il presidente ordina senza ritardo la citazione dell'imputato appellante; ordina al-

tresì la citazione dell'imputato non appellante se vi è appello del pubblico ministe-

ro, se ricorre alcuno dei casi previsti dall'articolo 587 o se l'appello è proposto per i

soli interessi civili. Quando si procede in camera di consiglio a norma dell'articolo

599, ne è fatta menzione nel decreto di citazione. Il termine per comparire non può

essere inferiore a venti giorni. E' ordinata in ogni caso la citazione del responsabile

civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e della parte civile;

questa è citata anche quando ha appellato il solo imputato contro una sentenza di

proscioglimento. Almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio di ap-

pello, è notificato avviso ai difensori. Il decreto di citazione è nullo se l'imputato

non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di

uno dei requisiti previsti dall'articolo 429 comma 1 lettera f).

Nell'udienza, il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della cau-

sa. Se le parti richiedono concordemente l'accoglimento, in tutto o in parte, dei mo-

tivi di appello a norma dell'articolo 599 comma 4, il giudice, quando ritiene che la

richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone la pro-

secuzione del dibattimento100. Nel dibattimento può essere data lettura, anche di

100 La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall'ac-cordo.

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Diritto Processuale Penale116

ufficio, di atti del giudizio di primo grado nonché, entro i limiti previsti dagli arti-

coli 511 e seguenti, di atti compiuti nelle fasi antecedenti.

Quando una parte, nell'atto di appello o nei motivi presentati ha chiesto la riassun-

zione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di

nuove prove, il giudice se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli

atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. Se le nuove prove sono

sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rin-

novazione dell'istruzione dibattimentale101. Il giudice dispone, altresì, la rinnova-

zione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace in primo grado,

ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza

maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in

tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il

giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi

previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, non si sia sottratto volontariamente

alla conoscenza degli atti del procedimento. Alla rinnovazione dell'istruzione di-

battimentale si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è

sospeso per un termine non superiore a dieci giorni.

Le questioni di nullità e la sentenza

Il processo di appello può chiudersi con quello che viene definito il patteggiamen-

to in appello. Trattasi di una forma semplificata del processo – esperibile, a secon-

da del momento in cui è domandata, in camera di consiglio o in udienza pubblica –

consistente in un accordo sostanziale sul contenuto della emananda decisione per i

capi diversi dalla responsabilità penale. Anche nei casi in cui non interviene o non

è ammissibile il patteggiamento, il processo è comunque definito con sentenza trat-

tandosi di provvedimento decisorio di un grado di giudizio. Viene, invece, emessa

ordinanza di inammissibilità, anche questa ricorribile per cassazione, nei casi in cui

l’appello non sia stato validamente instaurato.

L’art. 604 prevede le questioni di nullità delle sentenze annullate. In particolare, il

giudice di appello, nei casi previsti dall'articolo 522, dichiara la nullità in tutto o in

parte della sentenza appellata e dispone la trasmissione degli atti al giudice di

primo grado, quando vi è stata condanna per un atto diverso o applicazione di una

circostanza aggravante per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa

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Diritto Processuale Penale 117

da quella ordinaria del reato o di una circostanza aggravante ad effetto speciale,

sempre che non vengano ritenute prevalenti o equivalenti circostanze attenuanti102.

Quando sono state ritenute prevalenti o equivalenti circostanze attenuanti o sono

state applicate circostanze aggravanti diverse da quelle viste nel paragrafo prece-

dente, il giudice di appello esclude le circostanze aggravanti, effettua, se occorre,

un nuovo giudizio di comparazione e ridetermina la pena. Quando vi è stata con-

danna per un reato concorrente o per un fatto nuovo, il giudice di appello dichiara

nullo il relativo capo della sentenza ed elimina la pena corrispondente, disponendo

che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determina-

zioni. Il giudice di appello, se accerta una delle nullità indicate nell'articolo 179, da

cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della senten-

za di primo grado, la dichiara con sentenza e rinvia gli atti al giudice che procede-

va quando si è verificata la nullità. Nello stesso modo il giudice provvede se accer-

ta una delle nullità indicate nell'articolo 180 che non sia stata sanata e da cui sia de-

rivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza di pri-

mo grado. Se si tratta di altre nullità che non sono state sanate, il giudice di appello

può ordinare la rinnovazione degli atti nulli o anche, dichiarata la nullità, decidere

nel merito, qualora riconosca che l'atto non fornisce elementi necessari al giudizio.

Quando il giudice di primo grado ha dichiarato che il reato è estinto o che l'azione

penale non poteva essere iniziata o proseguita, il giudice di appello, se riconosce

erronea tale dichiarazione, ordina, occorrendo, la rinnovazione del dibattimento e

decide nel merito. Quando il giudice di primo grado ha respinto la domanda di o-

blazione, il giudice di appello, se riconosce erronea tale decisione, accoglie la do-

manda e sospende il dibattimento fissando un termine massimo non superiore a

dieci giorni per il pagamento delle somme dovute. Se il pagamento avviene nel

termine, il giudice di appello pronuncia sentenza di proscioglimento.

Fuori da tutti questi casi (previsti dall’art. 604), il giudice di appello pronuncia sen-

tenza con la quale conferma o riforma la sentenza appellata. Le pronunce del giu-

dice di appello sull'azione civile sono immediatamente esecutive. Copia della sen-

tenza di appello, con gli atti del procedimento, è trasmessa senza ritardo, a cura

101 La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assoluta-mente necessaria.102 Se annulla una sentenza della corte di assise o del tribunale collegiale, il giudice di appello dispone latrasmissione degli atti ad altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale ovvero, in mancanza,alla corte o al tribunale più vicini. Se annulla una sentenza del tribunale monocratico o di un giudice per

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Diritto Processuale Penale118

della cancelleria, al giudice di primo grado, quando questi è competente per l'ese-

cuzione e non è stato proposto ricorso per cassazione.

IL RICORSO PER CASSAZIONE

Ai sensi dell’art. 111 Cost., il ricorso per cassazione si pone come un mezzo di gra-

vame indefettibilmente esperibile in ordine a tutte le sentenze e a quei provvedi-

menti che incidono sulla libertà personale. Mentre possono aversi sentenze di pri-

mo grado appellabili e non appellabili, non esistono sentenze di secondo grado

non ricorribili, né sentenze di primo grado inappellabili che siano sottraibili al ri-

corso per cassazione. Peraltro, il ricorso può costituire l’istanza di giustizia aziona-

bile in relazione a qualsiasi decisione di primo grado, sia perché può essere l’unico

mezzo di gravame103, sia perché può elettivamente assurgere a mezzo immediato

di impugnazione allorché la parte che abbia diritto di appellare la prima sentenza

preferisca avvalersi immediatamente del ricorso ai sensi dell’art. 569104.

L’attività giurisdizionale della Corte di Cassazione è quella che non mira a riesa-

minare in terzo grado il merito del rapporto sostanziale, ma a giudicare le sentenze

dei giudici di merito, annullandole dove appaiono viziate da errori di diritto, oltre-

ché da difetti di motivazione. La Corte Suprema giudica sulle sole questioni di di-

ritto, vale a dire in base alla interpretazione e all’applicazione della legge, senza

scendere a discutere i fatti della controversia, bensì basandosi sull’accertamento

compiuto dal giudice di merito nella sentenza che egli ha pronunciato. La Corte di

cassazione inoltre, tanto in materia civile quanto in quella penale, ha la funzione di

uniformare le interpretazioni giurisprudenziali della normativa vigente, (art. 65

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) anche se non ha nessun potere effettivo di indirizzo nei

confronti dei giudici di grado inferiore (come succede nei paesi anglosassoni, dove

le decisioni della Corte Suprema assumono valore di precedenti legali).

Il ricorso per cassazione può essere proposto solo per i seguenti cinque motivi:

1. esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legi-

slativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;

2. inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuri-

diche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;

le indagini preliminari, dispone la trasmissione degli atti al medesimo tribunale; tuttavia il giudice deveessere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata.103 Sentenze di primo grado unicamente ricorribili per cassazione sono quelle emesse nei riti speciali.104 A condizione che le altre parti non seguano l’usuale iter dell’appello, giacché allora il ricorso si con-verte in appello a norma dell’art. 580.

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Diritto Processuale Penale 119

3. inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabi-

lità, di inammissibilità o di decadenza;

4. mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richie-

sta a norma dell'articolo 495 comma 2;

5. mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal

testo del provvedimento impugnato.

La tassatività dei casi di gravame, provoca la inammissibilità di motivi diversi o

sostanzialmente apparenti e manifestamente infondati.

I soggetti ricorrenti

L'imputato e il suo difensore possono ricorrere per cassazione contro la sentenza

di condanna o di proscioglimento ovvero contro la sentenza inappellabile di non

luogo a procedere. Possono, inoltre, ricorrere contro le sole disposizioni della sen-

tenza che riguardano le spese processuali.

Il procuratore generale presso la corte di appello può ricorrere per cassazione

contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di

appello o inappellabile.

Il procuratore della Repubblica presso il tribunale può ricorrere per cassazione

contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento, pronunciata

dalla corte di assise, dal tribunale o dal giudice per le indagini preliminari presso il

tribunale.

Il procuratore generale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale posso-

no anche ricorrere nei casi previsti dall'articolo 569 di ricorso immediato per cassa-

zione e da altre disposizioni di legge.

Infine, la persona offesa, che sia costituita parte civile, può ricorrere anche per i

capi penali, quando trattasi di reati di ingiuria o di diffamazione commessi in suo

danno (art. 577).

Il procedimento

Il presidente della corte di cassazione provvede all'assegnazione dei ricorsi alle

singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario. Il

presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche

di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni proposte sono di

speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni del-

le singole sezioni. Il presidente della corte, se si tratta delle sezioni unite, ovvero il

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Diritto Processuale Penale120

presidente della sezione fissa la data per la trattazione del ricorso in udienza pub-

blica o in camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente dispone altresì la

riunione dei giudizi nei casi previsti dall'articolo 17 e la separazione dei medesimi

quando giovi alla speditezza della decisione. La cancelleria dà immediata comuni-

cazione al procuratore generale del deposito degli atti per la eventuale richiesta

della dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Almeno trenta giorni prima della

data dell'udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori,

indicando se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera

di consiglio. In quest'ultimo caso, l'avviso deve inoltre precisare se vi è la richiesta

di dichiarazione di inammissibilità, enunciando la causa dedotta.

Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di

consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi

nel dibattimento105. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto

dall'articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale

e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici

giorni prima dell'udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memo-

rie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica. Nello

stesso modo la corte procede quando è stata richiesta la dichiarazione di inammis-

sibilità del ricorso. Se non dichiara l'inammissibilità, la corte fissa la data per la de-

cisione del ricorso in udienza pubblica.

A richiesta dell'imputato o del responsabile civile, la corte di cassazione può so-

spendere, in pendenza del ricorso, l'esecuzione della condanna civile, quando può

derivarne grave e irreparabile danno106.

Salvo che la parte non vi provveda personalmente, l'atto di ricorso, le memorie e i

motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori i-

scritti nell'albo speciale della corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le

parti sono rappresentate dai difensori. Per tutti gli atti che si compiono nel proce-

dimento davanti alla corte, il domicilio delle parti è presso i rispettivi difensori. Il

difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente; in man-

canza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio,

105 Fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell'articolo 442.106 La decisione sulla richiesta di sospensione della condanna civile è adottata dalla corte di cassazionecon ordinanza in camera di consiglio.

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Diritto Processuale Penale 121

purché si tratti di un avvocato cassazionista107. Gli avvisi che devono essere dati al

difensore sono notificati anche all'imputato che non sia assistito da difensore di fi-

ducia. Quando il ricorso concerne gli interessi civili, il presidente, se la parte ne fa

richiesta, nomina un difensore secondo le norme sul patrocinio dei non abbienti.

Le norme concernenti la pubblicità, la polizia e la disciplina delle udienze e la dire-

zione della discussione nei giudizi di primo e di secondo grado si osservano da-

vanti alla corte di cassazione, in quanto siano applicabili. Le parti private possono

comparire per mezzo dei loro difensori. Nell'udienza stabilita, il presidente proce-

de alla verifica della costituzione delle parti e della regolarità degli avvisi, dandone

atto a verbale; quindi, il presidente o un consigliere da lui delegato fa la relazione

della causa. Dopo la requisitoria del pubblico ministero, i difensori della parte civi-

le, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecunia-

ria e dell'imputato espongono nell'ordine le loro difese. Non sono ammesse repli-

che.

La corte di cassazione delibera la sentenza in camera di consiglio subito dopo ter-

minata la pubblica udienza salvo che, per la molteplicità o per l'importanza delle

questioni da decidere, il presidente ritenga indispensabile differire la deliberazione

ad altra udienza prossima. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli

articoli 527 e 546. Se non provvede a norma degli articoli 620, 622 e 623, la corte di-

chiara inammissibile o rigetta il ricorso. La sentenza è pubblicata in udienza subito

dopo la deliberazione, mediante lettura del dispositivo fatta dal presidente o da un

consigliere da lui delegato. Prima della lettura, il dispositivo è sottoscritto dal pre-

sidente.

Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte priva-

ta che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento108.

Conclusa la deliberazione, il presidente o il consigliere da lui designato redige la

motivazione. Si osservano le disposizioni concernenti la sentenza nel giudizio di

primo grado, in quanto applicabili. La sentenza, sottoscritta dal presidente e dall'e-

stensore, è depositata in cancelleria non oltre il trentesimo giorno dalla delibera-

107 Se l'imputato è privo del difensore di fiducia, il presidente del collegio provvede a norma dell'artico-lo 97.108 Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedi-mento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire cinquecentomila a lirequattro milioni. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato.

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Diritto Processuale Penale122

zione. Qualora il presidente lo disponga, la corte si riunisce in camera di consiglio

per la lettura e l'approvazione del testo della motivazione109.

Gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non

producono l'annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influen-

za decisiva sul dispositivo. La corte tuttavia specifica nella sentenza le censure e le

rettificazioni occorrenti. Quando nella sentenza impugnata si deve soltanto rettifi-

care la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la

corte di cassazione vi provvede senza pronunciare annullamento. Nello stesso mo-

do si provvede nei casi di legge più favorevole all'imputato, anche se sopravvenuta

dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti

di fatto.

L’annullamento senza rinvio

Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte pronuncia sentenza

di annullamento senza rinvio:

a) se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il reato è estinto o se l'azione

penale non doveva essere iniziata o proseguita;

b) se il reato non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario110;

c) se il provvedimento impugnato contiene disposizioni che eccedono i poteri

della giurisdizione, limitatamente alle medesime;

d) se la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla

legge;

e) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell'articolo 522 in relazione a un rea-

to concorrente111;

f) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell'articolo 522 in relazione a un fat-

to nuovo112;

g) se la condanna è stata pronunciata per errore di persona;

h) se vi è contraddizione fra la sentenza o l'ordinanza impugnata e un'altra ante-

riore concernente la stessa persona e il medesimo oggetto, pronunciata dallo

stesso o da un altro giudice penale113;

109 Sulle proposte di rettifica, integrazione o cancellazione la corte delibera senza formalità.110 La corte dispone che gli atti siano trasmessi all'autorità competente, che essa designa.111 La corte dispone che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determina-zioni.112 Anche in questo caso, la corte dispone che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministeroper le sue determinazioni.

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Diritto Processuale Penale 123

i) se la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado su materia per la quale

non è ammesso l'appello114;

j) in ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa me-

desima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti ne-

cessari115.

Fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamen-

te le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile ovvero se accoglie il ricorso

della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato, rinvia quan-

do occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se

l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile.

L’annullamento con rinvio

L’art. 623 regola i casi di annullamento con rinvio. Fuori dei casi previsti dagli arti-

coli 620 e 622:

a) se è annullata un'ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano

trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla

sentenza di annullamento;

b) se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall'articolo 604

comma 1, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice

di primo grado;

c) se è annullata la sentenza di una corte di assise di appello o di una corte di ap-

pello ovvero di una corte di assise o di un tribunale in composizione collegiale,

il giudizio è rinviato rispettivamente a un'altra sezione della stessa corte o del-

lo stesso tribunale o, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini;

d) se è annullata la sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le

indagini preliminari, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi

al medesimo tribunale; tuttavia, il giudice deve essere diverso da quello che ha

pronunciato la sentenza annullata.

113 In tal caso la corte ordina l'esecuzione della prima sentenza o ordinanza, ma, se si tratta di una sen-tenza di condanna, ordina l'esecuzione della sentenza che ha inflitto la condanna meno grave determi-nata a norma dell'articolo 669.114 La corte ritiene il giudizio qualificando l'impugnazione come ricorso.115 La corte procede alla determinazione della pena o dà i provvedimenti che occorrono.

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Diritto Processuale Penale124

L’annullamento parziale

Se l'annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, que-

sta ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale

con la parte annullata. La corte di cassazione, quando occorre, dichiara nel disposi-

tivo quali parti della sentenza diventano irrevocabili. L'omissione di tale dichiara-

zione è riparata dalla corte stessa in camera di consiglio con ordinanza che deve

trascriversi in margine o in fine della sentenza e di ogni copia di essa posterior-

mente rilasciata. L'ordinanza può essere pronunciata di ufficio ovvero su domanda

del giudice competente per il rinvio, del pubblico ministero presso il medesimo

giudice o della parte privata interessata. La domanda si propone senza formalità.

La corte di cassazione provvede in camera di consiglio senza l'osservanza delle

forme previste dall'articolo 127.

Il giudizio di rinvio

Nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con

la sentenza di annullamento, salvo quanto previsto dall'articolo 25. Il giudice di

rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annul-

lata, salve le limitazioni stabilite dalla legge. Se è annullata una sentenza di appello

e le parti ne fanno richiesta, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione di-

battimentale per l'assunzione delle prove rilevanti per la decisione. Il giudice di

rinvio si uniforma alla sentenza della corte di cassazione per ciò che concerne ogni

questione di diritto con essa decisa. Non possono rilevarsi nel giudizio di rinvio

nullità, anche assolute, o inammissibilità, verificatesi nei precedenti giudizi o nel

corso delle indagini preliminari. Se taluno degli imputati, condannati con la sen-

tenza annullata, non aveva proposto ricorso, l'annullamento pronunciato rispetto

al ricorrente giova anche al non ricorrente, salvo che il motivo dell'annullamento

sia esclusivamente personale. L'imputato che può giovarsi di tale effetto estensivo

deve essere citato e ha facoltà di intervenire nel giudizio di rinvio.

La sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata con ricorso per cassazione

se pronunciata in grado di appello e col mezzo previsto dalla legge se pronunciata

in primo grado. In ogni caso la sentenza del giudice di rinvio può essere impugna-

ta soltanto per motivi non riguardanti i punti già decisi dalla corte di cassazione

ovvero per non essere uniformata alla sentenza della corte di cassazione per ciò che

concerne ogni questione di diritto con essa decisa.

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Diritto Processuale Penale 125

LA REVISIONE

La revisione, a differenza dell’appello e del ricorso per cassazione, è un mezzo

straordinario di impugnazione ed, in quanto tale, si caratterizza per la sua idoneità

a travolgere il giudicato. Infatti, ai sensi dell’art. 629, “è ammessa in ogni tempo a fa-

vore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condan-

na o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata ese-

guita o è estinta”. La revisione può essere richiesta116:

a) se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna

non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevoca-

bile del giudice ordinario o di un giudice speciale;

b) se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del

reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile

o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una delle que-

stioni pregiudiziali previste dall'articolo 3 ovvero una delle questioni previste

dall'articolo 479;

c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o

unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciol-

to a norma dell'articolo 631;

d) se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in

atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.

Possono chiedere la revisione:

a) il condannato o un suo prossimo congiunto ovvero la persona che ha sul con-

dannato l'autorità tutoria e, se il condannato è morto, l'erede o un prossimo

congiunto;

b) il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto fu pronuncia-

ta la sentenza di condanna. Le persone indicate nella lettera a) possono unire la

propria richiesta a quella del procuratore generale.

La richiesta di revisione è proposta personalmente o per mezzo di un procuratore

speciale. Essa deve contenere l'indicazione specifica delle ragioni e delle prove che

la giustificano e deve essere presentata, unitamente a eventuali atti e documenti,

nella cancelleria della Corte di appello individuata secondo i criteri di cui all'artico-

lo 11.

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Diritto Processuale Penale126

In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice revoca la sentenza di

condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indican-

done la causa nel dispositivo. Il giudice non può pronunciare il proscioglimento

esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel pre-

cedente giudizio. In caso di rigetto della richiesta, il giudice condanna la parte pri-

vata che l'ha proposta al pagamento delle spese processuali e, se è stata disposta la

sospensione, dispone che riprenda l'esecuzione della pena o della misura di sicu-

rezza.

L’ESECUZIONE PENALE

Irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali

Sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammes-

sa impugnazione diversa dalla revisione. Se l'impugnazione è ammessa, la senten-

za è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporla o quello per

impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile. Se vi è stato ricorso per cas-

sazione, la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata l'ordinanza o la

sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso. Il decreto penale di con-

danna è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposi-

zione o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile.

L'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevo-

cabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo

fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o

per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. Se ciò no-

nostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e

grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a proce-

dere, enunciandone la causa nel dispositivo.

Esecutività delle sentenze e dei decreti penali

Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza ese-

cutiva quando sono divenuti irrevocabili. Le sentenze di non luogo a procedere

hanno forza esecutiva quando non sono più soggette a impugnazione.

116 Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena d'inammissibilità della domanda,essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli529, 530 o 531.

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Diritto Processuale Penale 127

Funzioni del pubblico ministero

Salvo che sia diversamente disposto, il pubblico ministero presso il giudice

dell’esecuzione (art. 665) cura di ufficio l'esecuzione dei provvedimenti. Il pubblico

ministero propone le sue richieste al giudice competente e interviene in tutti i pro-

cedimenti di esecuzione. Quando occorre, il pubblico ministero può chiedere il

compimento di singoli atti a un ufficio del pubblico ministero di altra sede. Se per

l'esecuzione di un provvedimento è necessaria l'autorizzazione, il pubblico mini-

stero ne fa richiesta all'autorità competente; l'esecuzione è sospesa fino a quando

l'autorizzazione non è concessa. Allo stesso modo si procede quando la necessità

dell'autorizzazione è sorta nel corso dell'esecuzione. I provvedimenti del pubblico

ministero dei quali è prescritta nel presente titolo la notificazione al difensore, sono

notificati, a pena di nullità, entro trenta giorni dalla loro emissione, al difensore

nominato dall'interessato o, in mancanza, a quello designato dal pubblico ministe-

ro a norma dell'articolo 97, senza che ciò determini la sospensione o il ritardo del-

l'esecuzione.

Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pub-

blico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è de-

tenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.

Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di

grazia e giustizia e notificato all'interessato. L'ordine di esecuzione contiene le ge-

neralità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a

identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni ne-

cessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato. L'ordine

che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo

277. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è su-

periore a tre anni ovvero a quattro anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo

unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,

e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi

7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione

sono consegnati al condannato con l'avviso che egli, entro trenta giorni, può pre-

sentare istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, vol-

ta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui

agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive

modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Pre-

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Diritto Processuale Penale128

sidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero

la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo u-

nico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza, l'esecuzione del-

la pena avrà corso immediato117.

L'istanza deve essere presentata al pubblico ministero, il quale la trasmette, unita-

mente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al

luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Il tribunale di sorveglianza

decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza. La sospensione

dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta,

anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura al-

ternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla so-

spensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato

con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive

modificazioni. Qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale

di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca

immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. La sospensione dell'ese-

cuzione non può essere disposta:

a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26

luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si

trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza

diviene definitiva.

Computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo

Il pubblico ministero, nel determinare la pena detentiva da eseguire, computa il

periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la cu-

stodia è ancora in corso. Allo stesso modo procede in caso di applicazione provvi-

soria di una misura di sicurezza detentiva, se questa non è stata applicata definiti-

vamente. Il pubblico ministero computa altresì il periodo di pena detentiva espiata

per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata, quando per il

117 Se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, ilpubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo altribunale di sorveglianza perché provveda, senza formalità, all'eventuale applicazione della misura al-ternativa della detenzione domiciliare. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannatopermane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena e-spiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, esuccessive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.

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Diritto Processuale Penale 129

reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto, nei limiti dello

stesso118. Il condannato può chiedere al pubblico ministero che i periodi di custodia

cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la

determinazione della pena pecuniaria o della sanzione sostitutiva da eseguire. In

ogni caso sono computate soltanto la custodia cautelare subita o le pene espiate

dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da ese-

guire. Il pubblico ministero provvede con decreto, che deve essere notificato al

condannato e al suo difensore.

Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza

Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere di-

sposta la carcerazione o la scarcerazione del condannato, il pubblico ministero che

cura l'esecuzione della sentenza di condanna emette ordine di esecuzione con le

modalità previste dall'articolo 656/4. Tuttavia, nei casi di urgenza, il pubblico mi-

nistero presso il giudice di sorveglianza che ha adottato il provvedimento può e-

mettere ordine provvisorio di esecuzione che ha effetto fino a quando non provve-

de il pubblico ministero competente. I provvedimenti relativi alle misure di sicu-

rezza diverse dalla confisca sono eseguiti dal pubblico ministero presso il giudice

di sorveglianza che li ha adottati. Il pubblico ministero comunica in copia il prov-

vedimento all'autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine

di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell'interessato.

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITÀ STRA-

NIERE

L’ESTRADIZIONE

L’estradizione è la consegna di un individuo da parte di uno Stato ad altro Stato, al

fine della sottoposizione di esso alla giurisdizione penale dello Stato richiedente. E’

prevista esclusivamente da norme convenzionali, quali la Convenzione europea di

Parigi del 13 dicembre 1957 e disciplinata nell’ambito dei singoli ordinamenti in-

terni. Lo Stato italiano la distingue in attiva (quando esso è il richiedente) e passiva

(quando il richiedente è uno Stato estero), ponendo la condizione per quest’ultima

118 In tal caso il condannato può chiedere al pubblico ministero che le sanzioni sostitutive espiate siano

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Diritto Processuale Penale130

che il fatto che forma oggetto della domanda sia previsto come reato sia dalla legge

straniera che da quella italiana.

Per quanto concerne la disciplina codicistica dell’estradizione passiva (verso

l’estero) si può affermare che essa contempla le ipotesi della condanna irrevocabile

o del provvedimento cautelare comportanti limitazioni o privazioni della libertà

personale: in base a ciò appare evidente la non applicabilità delle garanzie per pro-

cedimenti o provvedimenti non incidenti sulla libertà personale, adottati da autori-

tà estere nei riguardi di persone, cittadini o stranieri che siano, presenti in Italia. In

dottrina si registra comunemente l’affermazione secondo cui la procedura di estra-

dizione passiva avrebbe carattere misto: amministrativo e giurisdizionale. La fase

di carattere più strettamente amministrativo è di competenza del Ministro di gra-

zia e giustizia: è a questo soggetto, infatti, che spetta l’iniziale potere di impulso,

costituito dalla presentazione della domanda estera di estradizione al procuratore

generale presso la Corte di appello, individuato in base alla residenza, dimora o

domicilio del condannato da sottoporre a estradizione. Il procuratore generale,

compiuti i necessari accertamenti preliminari sulla base del fascicolo pervenuto

dall’estero, presenta la sua requisitoria alla corte (art. 703 c.p.p.). Da questo mo-

mento in avanti ha inizio la fase giurisdizionale nella quale saranno pienamente

tutelati i diritti della difesa (art. 701 c.p.p.). Infatti, compito della corte è in primo

luogo verificare se all’attività di estradizione sono di ostacolo principi fondamenta-

li in materia di reati politici o lesioni di diritti fondamentali della persona. A questo

scopo si procederà ad un’apposita udienza, in camera di consiglio, con la presenza

necessaria di un difensore (eventualmente d’ufficio) e del p.m., dello stesso estra-

dando e del rappresentante dello Stato richiedente (la presenza di questi ultimi due

soggetti non è però obbligatoria). La corte emetterà sentenza favorevole o contraria

all’estradizione e contro di essa potrà presentarsi ricorso per Cassazione (art. 706

c.p.p.). C’è da rilevare come la decisione favorevole possa comportare anche

l’immediata riduzione in vinculis dell’estradando. Per quanto concerne il procedi-

mento di estradizione passiva è necessario sottolineare che la sentenza favorevole

del giudice ha valore di condizione necessaria ma non sufficiente per

l’estradizione, costituendo in pratica una semplice autorizzazione per il Ministro:

infatti spetterà poi a costui adottare la decisione finale entro un limite temporale

prefissato, ed eventualmente curare la consegna dell’interessato allo Stato estero.

computate nelle sanzioni sostitutive da eseguire per altro reato.

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Diritto Processuale Penale 131

C’è da notare infine che la estradizione concessa risulta vincolata al c.d. principio

di specialità: essa infatti vale solo per il fatto per cui è stata concessa ed è ostativa a

restrizioni di libertà (cautelari o definitive) per altra causa.

Passando ora ad analizzare la c.d. estradizione attiva o dall’estero, si può ribadire

che essa mira a conseguire la disponibilità fisica dell’estradato su richiesta del no-

stro Stato, tramite un procedimento di tipo amministrativo: in Italia non è infatti

previsto un procedimento preventivo di garanzia giurisdizionale a favore

dell’estradando, dal momento che questi potrà eventualmente valersi di un simile

beneficio tramite le apposite garanzie estere. Trattandosi di scelte che possono ba-

sarsi su valutazioni politiche attinenti a rapporti internazionali spetterà al Ministro

per la giustizia formulare la richiesta di estradizione o differirne la presentazione,

anche se richiesto dall’autorità giudiziaria, e accettare o meno le condizioni even-

tualmente apposte dallo Stato estero. Anche per l’estradizione in Italia dall’estero

vige il limite dell’esperibilità in correlazione all’espiazione di pena detentiva in

forza di sentenza irrevocabile o all’esecuzione di una misura di custodia cautelare

detentiva. Infine c’è da rilevare che anche per l’estradizione attiva vige il c.d. prin-

cipio di specialità con il conseguente divieto di riduzione in vinculis per ipotesi di

reato differenti da quelle previste nella estradizione conseguita.

LE ROGATORIE INTERNAZIONALI

La rogatoria è quel procedimento tramite il quale l’autorità giudiziaria nazionale

richiede alla corrispondente autorità straniera, o viceversa, comunicazione, notifi-

cazioni, o acquisizioni probatorie (artt. 723 e 727 c.p.p.).

Le rogatorie dall’estero

Fuori dei casi previsti dall'articolo 726 (citazione di testimoni a richiesta dell'autori-

tà straniera119), non si può dare esecuzione alla rogatoria dell'autorità straniera

senza previa decisione favorevole della corte di appello del luogo in cui deve pro-

cedersi agli atti richiesti. Il procuratore generale, ricevuti gli atti dal ministro di

grazia e giustizia, presenta la propria requisitoria alla corte di appello. Il presidente

della corte fissa la data dell'udienza e ne dà comunicazione al procuratore genera-

le. La corte dà esecuzione alla rogatoria con ordinanza.

119 La citazione dei testimoni residenti o dimoranti nel territorio dello Stato, richiesta da una autoritàgiudiziaria straniera, è trasmessa al procuratore della Repubblica del luogo in cui deve essere eseguita,il quale provvede per la notificazione a norma dell'articolo 167.

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Diritto Processuale Penale132

L'esecuzione della rogatoria è negata:

a) se gli atti richiesti sono vietati dalla legge e sono contrari a principi dell'ordi-

namento giuridico dello Stato;

b) se il fatto per cui procede l'autorità straniera non è previsto come reato dalla

legge italiana e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo

consenso alla rogatoria;

c) se vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza,

alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle

condizioni personali o sociali possano influire sullo svolgimento o sull'esito del

processo e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo consen-

so alla rogatoria.

L'esecuzione della rogatoria è sospesa se essa può pregiudicare indagini o proce-

dimenti penali in corso nello Stato.

Nell'ordinare l'esecuzione della rogatoria la corte delega uno dei suoi componenti

ovvero il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui gli atti devono com-

piersi120.

Le rogatorie all’estero

Le rogatorie dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero dirette, nell'ambito

delle rispettive attribuzioni, alle autorità straniere per comunicazioni, notificazioni

e per attività di acquisizione probatoria, sono trasmesse al ministro di grazia e giu-

stizia il quale provvede all'inoltro per via diplomatica. Il ministro dispone con de-

creto, entro trenta giorni dalla ricezione della rogatoria, che non si dia corso alla

stessa, qualora ritenga che possano essere compromessi la sicurezza o altri interessi

essenziali dello Stato. Il ministro comunica all'autorità giudiziaria richiedente la

data di ricezione della richiesta e l'avvenuto inoltro della rogatoria ovvero il decre-

to di diniego. Quando la rogatoria non è stata inoltrata dal ministro entro trenta

giorni dalla ricezione e non sia stato emesso il decreto di diniego, l'autorità giudi-

ziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano,

informandone il ministro di grazia e giustizia. Nei casi urgenti, l'autorità giudizia-

ria trasmette la rogatoria dopo che copia di essa è stata ricevuta dal ministro di

grazia e giustizia.

120 Per il compimento degli atti richiesti si applicano le norme di procedura, salva l'osservanza delleforme espressamente richieste dall'autorità giudiziaria straniera che non siano contrarie ai principi del-l'ordinamento giuridico dello Stato.

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Diritto Processuale Penale 133

EFFETTI DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE

Il riconoscimento in Italia delle sentenze penali straniere può avvenire per taluni

effetti penali (recidiva, pene accessorie, misure di sicurezza, delinquenza abituale,

professionale o per tendenza), per l’esecuzione della pena principale (detentiva o

pecuniaria), o anche soltanto agli effetti civili (risarcimento del danno).

La legittimazione a promuovere il riconoscimento spetta al Procuratore Generale

presso la Corte di Appello. La competenza a decidere spetta a detta Corte.

Il procedimento assicura la garanzia giurisdizionale essendo la riconoscibilità sot-

toposta a precise verifiche di ordine giuridico, in tema di rispetto dei diritti fonda-

mentali della persona e di giusto processo. I diritti della difesa sono salvaguardati

dal rito camerale seguito dalla Corte, con designazione del difensore di ufficio, ove

occorra. La Corte specifica gli effetti cui è preordinato il riconoscimento e, in caso

di pena, opera le necessarie operazioni di ragguaglio e conversione, necessitati dal-

la diversità dei sistemi punitivi penali. In ogni caso, valorizza la pena già espiata

all’estero, per evitare una duplice espiazione. Il doppio grado di giudizio è assicu-

rato dalla esperibilità del ricorso per Cassazione.

ESECUZIONE ALL’ESTERO DELLE SENTENZE PENALI ITALIANE

Nell’ottica statuale italiana, il riconoscimento all’estero della sentenza di condanna

nazionale è perseguito per la sola finalità, di interesse proprio, attinente

all’esecuzione all’estero della pena restrittiva della libertà personale. L’esecuzione

di pena limitativa della libertà personale è, peraltro, attuabile anche in Italia in ipo-

tesi di estradizione nel nostro paese del condannato che si trovi all’estero; ed è que-

sta la soluzione preferita. Pertanto, la espiazione detentiva all’estero, per una con-

danna italiana, è ricercata solo se non si ottiene o non è possibile la esecuzione in

Italia, tramite estradizione.

Trattandosi di materia che incide sulla libertà personale, è previsto un procedimen-

to, sempre innanzi alla Corte di Appello, promosso dal procuratore generale. Tale

procedimento realizza la consueta salvaguardia giurisdizionale e si conclude con

una sentenza, favorevole o contraria. L’interessato può ovviamente rinunciare a

tale salvaguardia prestando il consenso per la espiazione all’estero. A seguito della

deliberazione favorevole della corte o del consenso del condannato, il Ministro per

la giustizia provoca all’estero l’esecuzione della nostra sentenza penale (artt. 742-

746).

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Diritto Processuale Penale134

SOMMARIOINTRODUZIONE .......................................................................................................... 1

La riforma del codice Rocco ..................................................................................... 1L’originalità del nuovo modello processuale ....................................................................... 9

I SOGGETTI................................................................................................................ 10

IL GIUDICE .................................................................................................................. 10

La rimessione ......................................................................................................... 11

L’incompatibilità .................................................................................................... 12

L’astensione ........................................................................................................... 12

La ricusazione ........................................................................................................ 13

La competenza........................................................................................................ 14La competenza per territorio............................................................................................. 14

La competenza per materia ............................................................................................... 15

Competenza per connessione ............................................................................................ 16

La riunione di processi ..................................................................................................... 17

La separazione di processi ................................................................................................ 17

L’incompetenza....................................................................................................... 18

Conflitti di competenza e di giurisdizione ................................................................ 19

I provvedimenti del giudice ..................................................................................... 20La sentenza...................................................................................................................... 20

L’ordinanza ..................................................................................................................... 21

Il decreto ......................................................................................................................... 21

IL PUBBLICO MINISTERO .............................................................................................. 21

Strutturazione del Pubblico Ministero ..................................................................... 22

L’avocazione .......................................................................................................... 22

La direzione distrettuale antimafia e la direzione nazionale antimafia ..................... 23

LA POLIZIA GIUDIZIARIA .............................................................................................. 25

Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria .................................................................... 26

Attività della polizia giudiziaria .............................................................................. 27

L’IMPUTATO ............................................................................................................... 27

I diritti dell’imputato............................................................................................... 28

L’interrogatorio...................................................................................................... 28

LE ALTRE PARTI PRIVATE E LA PERSONA OFFESA DAL REATO. ........................................ 29

La parte civile......................................................................................................... 29

Il responsabile civile ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria.................... 29

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Diritto Processuale Penale 135

La persona offesa dal reato .....................................................................................30

Gli enti esponenziali................................................................................................30

IL DIFENSORE ..............................................................................................................30

GLI ATTI E LE ATTIVITÀ.........................................................................................31

La segretezza e la pubblicità degli atti ............................................................................... 32

LE NOTIFICAZIONI........................................................................................................33Organi e forme delle notificazioni ..................................................................................... 33

Notificazioni urgenti a mezzo del telefono e del telegrafo .................................................. 34

Le notifiche all’imputato................................................................................................... 34

Il domicilio dichiarato o eletto .......................................................................................... 35

Comunicazione del domicilio dichiarato o del domicilio eletto........................................... 36

LE SANZIONI PROCESSUALI...........................................................................................37

La irregolarità ........................................................................................................37

La decadenza ..........................................................................................................37

L’inutilizzabilità......................................................................................................37

Le nullità.................................................................................................................38

L’inammissibilità.....................................................................................................39

IL FENOMENO PROBATORIO NEL PROCEDIMENTO PENALE.......................40

NOZIONI GENERALI ......................................................................................................40

FONTI DI PROVA...........................................................................................................41

I MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA ................................................................................41

Le ispezioni .............................................................................................................41L’ispezione personale ....................................................................................................... 41

L’ispezione di luoghi o di cose.......................................................................................... 42

Le ispezioni presso gli uffici dei difensori ......................................................................... 42

Le perquisizioni.......................................................................................................42Le perquisizioni personali ................................................................................................. 43

Le perquisizioni locali ...................................................................................................... 43

I sequestri ...............................................................................................................44Il sequestro di corrispondenza........................................................................................... 45

Il sequestro presso banche................................................................................................. 46

Le intercettazioni.....................................................................................................46

I MEZZI DI PROVA.........................................................................................................47

La testimonianza .....................................................................................................47La testimonianza indiretta................................................................................................. 47

La capacità a testimoniare................................................................................................. 47

Le formalità di assunzione ................................................................................................ 48

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Diritto Processuale Penale136

Le contestazioni nell’esame testimoniale........................................................................... 49

La falsa testimonianza ...................................................................................................... 50

L’esame delle parti ................................................................................................. 50La disciplina dell’esame ................................................................................................... 50

I confronti............................................................................................................... 51

Le ricognizioni........................................................................................................ 51

Gli esperimenti giudiziali ........................................................................................ 52

La perizia e la consulenza tecnica ........................................................................... 53

I documenti............................................................................................................. 55

L’INCIDENTE PROBATORIO ........................................................................................... 56

LIBERTÀ DELLA PERSONA E PROCEDIMENTO PENALE................................ 58

L’ARRESTO IN FLAGRANZA E IL FERMO ......................................................................... 58

L’arresto in flagranza ............................................................................................. 58

Il fermo................................................................................................................... 59

Adempimenti e verifiche comuni.............................................................................. 59

La convalida del fermo o dell’arresto...................................................................... 60

LE MISURE CAUTELARI ................................................................................................ 60

Le misure coercitive................................................................................................ 62La custodia cautelare in carcere ........................................................................................ 63

Gli arresti domiciliari ....................................................................................................... 63

La custodia cautelare in luogo di cura ............................................................................... 63

Il divieto di espatrio ......................................................................................................... 64

Il divieto e l’obbligo di dimora ......................................................................................... 64

L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria............................................................. 65

Le misure interdittive .............................................................................................. 65La sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori ...................................................... 65

La sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio ........................................... 65

Il divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali .......................... 66

L’applicazione delle misure coercitive ed interdittive............................................... 66

L’estinzione delle misure coercitive ed interdittive................................................... 68

Casi di estinzione automatica delle misure .............................................................. 69Pronuncia di determinate sentenze .................................................................................... 69

Scadenza dell’esigenza cautelare probatoria ...................................................................... 70

Scadenza dei termini per l’interrogatorio........................................................................... 70

Ritardata decisione del Tribunale del Riesame................................................................... 71

Scadenza dei termini per le misure non custodiali.............................................................. 71

Omessa reiterazione della misura dopo la declaratoria di incompetenza del giudice ............ 71

Decorrenza dei termini massimi di custodia ...................................................................... 72

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Diritto Processuale Penale 137

Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare.................................... 73

Le impugnazioni delle misure coercitive ed interdittive ............................................74Il riesame ......................................................................................................................... 75

L’appello ......................................................................................................................... 76

Il ricorso per cassazione.................................................................................................... 76

LE MISURE CAUTELARI DI SICUREZZA ...........................................................................77Le misure di sicurezza dal punto di vista sostanziale.......................................................... 77

LE MISURE CAUTELARI REALI .......................................................................................79Il sequestro conservativo................................................................................................... 79

Il sequestro preventivo...................................................................................................... 81

PROCEDIMENTO E PROCESSO ..............................................................................83

LE INDAGINI PRELIMINARI ............................................................................................83

La notizia di reato ...................................................................................................83

Le condizioni di procedibilità ..................................................................................84La querela ........................................................................................................................ 84

L’istanza di procedimento................................................................................................. 84

La richiesta di procedimento ............................................................................................. 85

L’autorizzazione a procedere ............................................................................................ 85

Il difetto di condizioni di procedibilità............................................................................... 85

La chiusura delle indagini preliminari .....................................................................86La proroga delle indagini .................................................................................................. 86

L’archiviazione ................................................................................................................ 86

L’UDIENZA PRELIMINARE .............................................................................................87

I PROCEDIMENTI SPECIALI ............................................................................................88

Il giudizio abbreviato ..............................................................................................89

L’applicazione della pena su richiesta delle parti.....................................................90

Il giudizio direttissimo.............................................................................................91

Il giudizio immediato...............................................................................................91

Il procedimento per decreto.....................................................................................92

IL GIUDIZIO..................................................................................................................93

Gli atti preliminari al dibattimento ..........................................................................93

Il dibattimento.........................................................................................................94La pubblicità .................................................................................................................... 94

L’istruzione dibattimentale ......................................................................................95

Le nuove contestazioni.............................................................................................95

La discussione finale ...............................................................................................97

La sentenza .............................................................................................................98

Le sentenze di proscioglimento ................................................................................98

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Diritto Processuale Penale138

Sentenza di non doversi procedere .................................................................................... 99

Sentenza di assoluzione.................................................................................................... 99

Dichiarazione di estinzione del reato................................................................................. 99

La sentenza di condanna ......................................................................................... 99

IL PROCEDIMENTO PRETORILE .................................................................................... 101

IL PROCEDIMENTO MINORILE ..................................................................................... 102

Provvedimenti in materia di libertà personale ....................................................... 103

Misure cautelari per i minorenni ........................................................................... 104Permanenza in casa ........................................................................................................ 105

Collocamento in comunità.............................................................................................. 105

Custodia cautelare.......................................................................................................... 106

Definizione anticipata del procedimento e giudizio in dibattimento........................ 106

LE IMPUGNAZIONI................................................................................................. 108

I titolari dell’impugnazione (art. 570 e ss.) ............................................................ 108Il pubblico ministero ...................................................................................................... 108

L’imputato..................................................................................................................... 109

La parte civile e la persona offesa ................................................................................... 109

Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria .................. 109

Forme termini ed effetti dell’impugnazione............................................................ 110

L’APPELLO................................................................................................................ 112L’appello incidentale...................................................................................................... 114

Forme del processo di appello......................................................................................... 114

Il processo di appello...................................................................................................... 115

Le questioni di nullità e la sentenza................................................................................. 116

IL RICORSO PER CASSAZIONE ..................................................................................... 118I soggetti ricorrenti......................................................................................................... 119

Il procedimento.............................................................................................................. 119

L’annullamento senza rinvio........................................................................................... 122

L’annullamento con rinvio.............................................................................................. 123

L’annullamento parziale ................................................................................................. 124

Il giudizio di rinvio ........................................................................................................ 124

LA REVISIONE ........................................................................................................... 125

L’ESECUZIONE PENALE ....................................................................................... 126

Irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali .............................................................. 126

Esecutività delle sentenze e dei decreti penali.................................................................. 126

Funzioni del pubblico ministero...................................................................................... 127

Computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo ................................... 128

Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza................................................. 129

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Diritto Processuale Penale 139

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITÀ STRANIERE ........................129

L’ESTRADIZIONE........................................................................................................129

LE ROGATORIE INTERNAZIONALI ................................................................................131Le rogatorie dall’estero................................................................................................... 131

Le rogatorie all’estero..................................................................................................... 132

EFFETTI DELLE SENTENZE PENALI STRANIERE .............................................................133

ESECUZIONE ALL’ESTERO DELLE SENTENZE PENALI ITALIANE......................................133

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