Intervista con Beth Kanter

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  • 7/28/2019 Intervista con Beth Kanter

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    Se il no profit ha un guru che lo rappresenta, questo Beth Kanter. Quattrocentomila follower su twitter, nominata una

    delle donne pi influenti della tecnologia da Fast Company Magazine nel 2009 e voce dellinnovazione per i social media

    da Business Week, lei la dea che i comunicatori e i social media manager invocano quando provano a introdurre novit

    nel modo di gestire la strategia comunicativa allinterno delle proprie ong. Oltre a essere lautrice di un seguitissimo blog

    su Come le no profit possono usare i social media, ricercatrice dal 2009 per la David & Lucile Packard Foundation e lo

    stata nel 2010 presso la Society of New Communications Research Fellow.

    La sua passione la formazione: Mi piace insegnare come usare i social media on-line per portare cambiamento off-line,

    confessa Beth, che abbiamo raggiunto in una skype call oltreoceano per farci raccontare come si diventa guru accreditati

    del settore.

    La passione del cambiamentoHo iniziato a lavorare nel no profit pi di 30 anni fa, racconta Beth, sono consulente dal 1985 e da quando ho avuto

    occasione di usare internet per il mio lavoro, negli anni 90, ho capito che poteva essere uno strumento cruciale per la mia

    missione. Ho iniziato a scrivere un blog 10 anni fa e sono oggi co-autrice di vari libri sul tema. Il pi noto forse quello

    pubblicato nel 2010 insieme ad Allison H. Fine, altra nota consulente e blogger del mondo no profit on-line. Il titolo, The

    Networked nonprofit. Connecting with social media to drive change, gi un capolavoro di sintesi per chi si domanda

    tutti i giorni cosa fare della propria pagina facebook e del proprio account twitter: diventare unassociazione no profit che

    lavora in rete, connettersi con i social media per guidare il cambiamento. Facile no? No, non facile, e si incontrano limiti

    e resistenze, ammette Kanter. Soprattutto se allinizio non si vedono risultati: le onlus sono scettiche, non vogliono inve-

    stirci troppo tempo. Abbracciare lidea del cambiamento prende moltissimo tempo, un processo faticoso.

    Kanter la chiama resistenza al cambiamento ed frequente soprattutto nelle organizzazioni che sono state fortezza per

    molto tempo. Le organizzazioni-fortezza, che nel libro contrastano appunto con lidea delle networked no profit, sono

    gerarchiche, hanno la mania del controllo delle informazioni e temono interferenze dallesterno. Appare evidente il moti-

    vo per cui la rivoluzione di internet le abbia messe in crisi: sul web non possibile persistere con un atteggiamento di

    chiusura e prima o poi dovranno adattarsi se vogliono essere competitive avvisa Kanter. Anche perch sempre di pi i

    finanziamenti scarseggiano, questo le no profit lo sanno bene, perci le organizzazioni dovranno diventare brave nel tro-

    vare supporto individuale. Il modo per farlo stare dove c la gente, ecco perch non essere presenti sui social network

    oggi un rischio.

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    La paladina del web 2.0di Donata Columbro

    Beth Kanter consulente del settore no profit per le

    strategie di comunicazione e social networking. Il suo

    lavoro anche la sua missione; viaggia in tutto il mondo

    per aiutare le onlus a trasformare la loro struttura

    secondo le caratteristiche del web 2.0: partecipazione,

    trasparenza e rapporti orizzontali.

    Il personaggio

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    Da fortezza a networkedAllopposto delle organizzazioni-fortezza si trovano appunto le networked no profit, associazioni collaborative e trasparen-

    ti che prendono le proprie decisioni dal basso, lasciando un grande margine di potere alla rete dei propri sostenitori. Le

    fortezze sono organizzazioni nate molti anni fa, la leadership non si rinnovata, mentre le no profit che gi nascono net-

    worked sono giovani, innovative e aperte, di solito nate da pochi anni e hanno il vantaggio di avere una struttura molto

    leggera, proprio come il web. Un esempio di ong che stata in grado di trasformarsi da fortezza in networked la Croce

    Rossa Americana: duramente criticati su internet a proposito degli interventi post-uragano Katrina, i dirigenti dellorganiz-zazione hanno reagito assumendo un social media expert per gestire le cattive opinioni dei blogger e aumentare la traspa-

    renza. Con uno sforzo di ascolto e di monitoraggio su twitter e sui blog, la Croce Rossa riuscita a capovolgere la situa-

    zione e vincere 50 mila dollari dalla Western Union Foundation grazie ai mi piace dei fan su facebook.

    Tuttavia il punto di osservazione del mondo no profit di Beth da qualche anno non pi rappresentato dagli Stati Uniti,

    dove la cultura dellinnovazione e del cambiamento in qualche modo pi diffusa e le persone sono pi disposte a modifi-

    care il proprio atteggiamento. Kanter viaggia per il mondo come consulente di organizzazioni molto diverse luna dalle

    altre, in contesti con elementi ambientali che vanno presi in considerazione singolarmente: Non si pu generalizzare

    quando si parla di approccio alluso dei social media, molto dipende dalle infrastrutture a disposizione delle ong. In Africa

    spesso la rete non ottimale, le persone sono frustrate e diventa difficile adottare al 100% unidea di ong networked. Nel

    Medio Oriente invece, dove attualmente Kanter sta guidando lE-Mediat project, un programma di capacity building per leong della regione, la coscienza dellimportanza delluso del mezzo impressionante. Anche In India e in Pakistan, dove

    sono stata ultimamente, le persone sono pi disposte a lavorare in networking perch non hanno risorse.

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    Beth Kanter lavora da oltre 30 anni nel no profit e dal 1985 svolge attivit di consulenza in giroper il mondo. E autrice del blog www.bethkanter.org e co-autrice di vari libri sulluso dei socialmedia per le onlus. Dal 2009 ricercatrice per conto della David & Lucile Packard Foundation enel 2010 ha lavorato presso la Society of New Communications Research Fellow. E statadichiarata una delle donne pi influenti della tecnologia da Fast Company Magazine.

    In queste pagine: alcune immagini di Beth Kanter; studenti della Duke University al corso di Social media per il no profit

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    Parola dordine trasparenza

    Per fare un altro esempio asiatico, Kanter racconta della sua esperienza in Cambogia dove in 5 anni il wifi arrivatoovunque e questa trasformazione ha cambiato di molto lapproccio delle ong, tutti sono su facebook, e per aprire un blog

    non devono pi cercare un internet caf.

    E in Africa? Ho seguito in Rwanda un gruppo di donne dove ho trovato molta resistenza. Nessuno conosceva twitter,

    anche se il governo rwandese molto avanti da questo punto di vista. Dopo un po lidea che fosse possibile discutere

    direttamente con il ministro delle Pari opportunit del governo sembrata favolosa e la resistenza iniziale si attenuata.

    Dopo aver abbattuto la fortezza, il passo successivo per una no profit quello della trasparenza: Ne parlo anche nel mio

    ultimo libro Measuring the networked nonprofit, perch anche essere nudi e trasparenti sul web ha bisogno di una stra-

    tegia, soprattutto iniziando dal misurare la percezione che gli outsider hanno della mia ong. Spesso la trasparenza con-

    fusa con la pubblicazione di rapporti privati e labbattimento di una sfera di confidenzialit: le no profit non devono tra-

    sformarsi in wikileaks!.Trasparenza e poi? Quali sono i trend che Beth Kanter intravede nel futuro delle no profit? Ne dico tre: la content cura-

    tion (cio la cura dei contenuti, ndr), i social network visuali come Pinterest e Instagram e la connessione mobile, che ci

    trasforma in cittadini di tutto il mondo pi consapevoli di quello che accade.

    Se lo dice una guru, c da crederci.

    I finanziamenti scarseggiano: le organizzazioni no profit devono diventare bravenel trovare supporto individuale. E il modo per farlo stare dove c la gente