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Periodico di informazione dalla Casa Circondariale maschile S. Maria Maggiore di Venezia Anno 4 · Numero 1 / Giugno 2014 Supplemento al numero 2/2014 di Ristretti Orizzonti. Pubblicazione registrata del Tribunale di Venezia n° 1315 dell’11 gennaio 1999. Direttore responsabile Ornella Favero Qualche proposta della Redazione per avviare un dialogo Intervista al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, dott. Pavarin

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Periodico di informazione dalla Casa Circondariale maschile S. Maria Maggiore di Venezia

Anno 4 · Numero 1 / Giugno 2014S

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Qualche proposta dellaRedazione per avviareun dialogo

Intervista al Presidente delTribunale di Sorveglianzadi Venezia, dott. Pavarin

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RREEDDAAZZIIOONNEELLuucciiaannoo,, AAnnddrreeaa,, SSaannddrroo,, PPiieettrroo,, FFaabbiioo,,MMeehhddii,, VViittttoorriioo,, MMaassssiimmoo,, FFeeddeerriiccaaPPeennzzoo,, CCllaauuddiioo VViioo,, AAnnddrreeaa CCaappiittaanniioo

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REDAZIONE DE L'IMPRONTAS. Croce 324 ­ 30135 Venezia (VE)

Il disegno di Marcello, dal quale ètratta la copertina di questo numerode "L'Impronta"."La vita ci pone costantemente allaprova, nel quotidiano dobbiamoaffrontare difficoltà di varia natura,spesso cerchiamo le soluzioni piùdisparate, a volte anche errate pur dirisolvere tali problemi.Di sicuro in futuro, lungo il miopercorso di vita, si presenterannoaltri bivi; d'ora in avanti vogliosperare di imboccare sempre la viagiusta, anche se questa si potràrivelare la più faticosa" • Marcello

l'Impronta ∕ anno 4 • numero 1

editoriale

Quanto contano per il magistrato il viso, gli occhi, lastoria che un detenuto ha • Ornella Favero

L'angolo del Garante • Sergio Steffenoni

l'intervista

Il rapporto umano che si instaura tra il detenuto e il magistrato• a cura della Redazione

attualità

Qualche proposta della Redazione per avviare un dialogo• a cura della Redazione

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L'immagine sottostante ritrae una fotografia aerea della zona di piazzale Roma.Si possono distinguere in rosso l'area della Cittadella della giustizia, mentre inverde la Casa Circondariale di S. Maria Maggiore di Venezia.I recapiti del Tribunale di Sorveglianza di Venezia sono:Santa Croce 430 (Cittadella della giustizia, Piazzale Roma) – 30135 Venezia

Contiamoci!

Il 16 giugnoeravamo circa 260detenuti! Il

Ministero di Giustiziafissa a 167 posti letto lacapienza ufficiale diquesto Istituto. Significache un centinaio di noisono, di fatto, abusivi!

sommario anno 4 • numero 1

Vanno…

La redazione deL’Improntaringrazia e

saluta Paolo e Mahdiper quanto svoltocon impegno,soprattutto durantegli incontri con leclassi di studenti.

Vengono…

La redazionedeL’Impronta

è lieta di dare ilbenvenuto aMehdi, Fabio,Vittorio,Ermanno eMassimo.

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l'Impronta ∕ anno 4 • numero 1

editoriale

Mi fa piacere che laredazione de “L'Impronta”mi abbia chiesto di

presentare l’intervista al Presidentedella Magistratura di Sorveglianzadi Venezia dott. Pavarin, perché hol’occasione di poter esprimere la miaprofonda stima per la sua personae per il suo encomiabile senso digiustizia.Sebbene abbia collaborato con lui,in qualità di giudice esperto per circa7 anni, non conosco praticamentenulla della sua vita personale, mamoltissimo del suo essere giudice.

Le udienze con il dott. Pavarin nonsono mai né formali né noiose, conincredibile abilità riesce a creare una“situazione” in cui il condannato,collocandosi, riesce ad esprimere ilsuo stato d’animo e il suo pensiero,se ha maturato una critica al suooperato, ai reati commessi o unaprogettualità futura. Ho imparatomolto da lui ed anche in questaintervista mostra il suo profondosenso di giustizia e di rispetto deidiritti delle persone ristrette el’amore per l’uomo, diventandoun'occasione per apprezzarlo estimarlo. Credo che l’incontro tra ildott. Pavarin e il gruppo di detenutidella redazione sia stato importante

per più ragioni: per capire in qualecondizione vanno affrontate leudienze dinanzi al Tribunale diSorveglianza, come indicazionedell’attenzione ai diritti dei detenutida parte del Tribunale diSorveglianza, in particolare in questomomento di generale difficoltà, perapprofondire temi riguardanti lasalute, l'accesso al lavoro, i lavoridi pubblica utilità e molto altroancora. I molti temi affrontati sonostati ottime occasioni diapprofondimento e di dialogocostruttivo, in ogni caso un'occasioneda non perdere nell'intervista chevi invito a leggere.

Sergio Steffenoni

L'angolo del Garante

Quanto contano per il magistrato il viso, gli occhi,la storia che il detenuto ha

di Ornella Favero

“Contano molto secondo me, odovrebbero contare molto, il viso,gli occhi, la storia, il dialogo, la

conoscenza che il magistrato ha del detenutoquando gli parla”: sono queste fra le primeparole che il presidente del Tribunale diSorveglianza di Venezia, Giovanni MariaPavarin, ha pronunciato nell’incontro con laredazione dell’Impronta a cui è dedicatoquesto numero.Sono parole significative, perché in realtà ildetenuto troppo spesso conta solo comefascicolo, con la sua pesante storia giudiziaria,ed esiste poco come persona. Il suo rapportocon le istituzioni troppo spesso è freddo eburocratico, cosa che non è stata quel giornoche ci siamo seduti tutti intorno a un tavolo eabbiamo potuto fare al presidente Pavarintutte le domande che avevamo preparato. Edel resto il confronto che Giovanni MariaPavarin instaura con i detenuti, sia a livelloindividuale che negli incontri collettivi, ha unforte impatto, perché il detenuto così non sisente un “reato che cammina”, ma recupera lasua dignità, e in qualche modo è stimolato adassumersi la responsabilità delle sue azioni.In un momento di grande incertezza comequesto, in cui il sovraffollamento e la scarsaumanità della condizione detentiva sono

ancora caratteristichepesanti delle nostregalere, nonostantel’Europa abbia ritenuto,forse con un eccesso diottimismo, che ci siastato in quest’ultimoanno un miglioramentosignificativo, e abbiaquindi concesso alnostro Paese unaproroga per rimetterele cose a posto, ècomunque importanteche ci siano magistratiche entrano in carceree si misurano ognigiorno con i disagi e leviolazioni dei dirittidelle personerinchiuse, e sianodisponibili sempre alconfronto: in fondo,l’umanizzazione dellecarceri di cui tanto si parla dovrebbe iniziareda qui, da un serrato CONFRONTO fra leistituzioni che operano nelle carceri, lamagistratura, il volontariato e i direttiinteressati, i detenuti.

Ornella Favero èdirettore responsabiledella rivista "RistrettiOrizzonti" del carcereDue Palazzi di Padova.Dal maggio 2012 èanche direttoreresponsabile de"L'Impronta".

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Giovanni Maria Pavarin èpresidente del Tribunale diSorveglianza di Venezia,

ma è prima di tutto un magistratoche per anni ha incontrato in car­cere migliaia di detenuti, ha vo­luto conoscerli e ascoltarli primadi decidere del loro destino.Per la redazione dell’Impronta èstata quindi una grande opportun­ità quella di potergli fare tantedomande e poter affrontare conlui questioni spinose e poco chiare.

La prima cosa che vorremmosapere è quanto influisce ilreato, e quanto il fascicolo deldetenuto, sul giudizio di un ma­gistrato, che deve valutare seuna persona è pronta ad us­cire per iniziare un percorsofuori dal carcere, e quanto con­tano invece il percorso de­tentivo e le relazioni deglioperatori penitenziari: insomma,come formate il vostro giudiz­io prima di concedere un be­neficio al detenuto?

Giovanni Maria Pavarin: È dif­ficile attribuire un coefficiente spe­cifico di importanza ai singolielementi di conoscenza. Indubbia­mente il reato pesa, voi sapete chei reati hanno una diversa gravitàe questa si rispecchia in generesulla pena che il codice prevede eche va da un minimo ad un massimo,e se il giudice ha dato il minimoandiamo a leggere la sentenza ecapiamo i motivi per cui la personaè stata ritenuta degna di avere unapena bassa, dunque bisogna tenerein considerazione la valutazioneche ha fatto il giudice che ha in­flitto la condanna. In ultimo pesa

anche il comportamento proces­suale che ha avuto la persona,sempre che fosse presente al pro­cesso.Nel fascicolo, oltre la sentenza, c’èpoi il parere degli operatori pen­itenziari. Anche questo ha un peso,come lo stesso percorso detentivo,ma soprattutto contano moltosecondo me, o dovrebbero con­tare molto, il viso, gli occhi, la stor­ia, il dialogo, la conoscenza che ilmagistrato ha del detenuto quandogli parla.L’importanza fondamentale che hosempre dato è al rapporto per­sonale con i detenuti, ho tentatodi conoscerli in carcere per avvi­are un confronto sulle esperienzedi vita, il vissuto, quali sono i pro­getti per il futuro, quali gli atteg­giamenti rispetto al reato, quindipiù delle parole scritte, conta il rap­porto umano che si instaura tra ildetenuto e il magistrato che hal’obbligo di conoscerlo, che ha l’ob­bligo di andare a visitarlo.È ovvio che si può sbagliare, siache il giudizio sia dato sulle carte,sia che sia fondato sul rapporto diconoscenza personale. Io stessonon so con sicurezza quello cheaccadrà domani; una delle coseche mi ha più colpito del messag­gio che la dottoressa Favero daanni sta trasmettendo, è che “atutti può succedere”, anche noi chesiamo incensurati non possiamogiurare sulla Bibbia che un domaninon ci possa capitare un incidentegiuridico, ad esempio un reatocommesso in dolo d’impeto, ossiauno perde le staffe e commette unreato gravissimo.Conta anche il numero dei reaticommessi, un conto è colui che ha

perso lapazienza e indolo d’im­peto uccideuna persona,oppure latravolge inauto, altro èchi cominciaad averedieci, quin­dici, venticondanne,allora lì lacosa ha un peso diverso.Tutto conta, ma nessuno di questielementi ha un ruolo preponder­ante nel giudizio finale. Quindi de­sideriamo sempre che la personavenga in udienza, quando si trattadi decidere della sua sorte.

Quale metodo di valutazioneusate quando vi trovate a dis­cutere sulla revoca totale di unaffidamento? Usate sempre lostesso metodo oppure ci sonodifferenze da soggetto a sog­getto? Se sì, quali differenzevi trovate a valutare?

Giovanni Maria Pavarin: Nonusiamo mai lo stesso metodoquando revochiamo un affida­mento, anche se tentiamo di re­vocare il meno possibile. La revocapuò essere decisa da oggi, può es­sere dal momento che è iniziatol’affidamento oppure in un mo­mento intermedio, a secondadell’andamento della misura. Dasoggetto a soggetto, a secondadella storia, della gravità delletrasgressioni, della severità dellacomunità, non tutte sono uguali.Sappiamo benissimo che alcune

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l'intervista

Il rapporto umano che si instaura tra ildetenuto e il magistratoUn magistrato che afferma che “contano molto, o dovrebbero contaremolto, il viso, gli occhi, la storia, il dialogo, la conoscenza che ilmagistrato ha del detenuto quando gli parla”

A cura della Redazione

Giovanni MariaPavarin è magistratodal 1985, ha svoltofunzioni di Pretorepenale, civile e dellavoro a Rovigo.Dal 1997 al 2010 hasvolto le funzioni dimagistrato disorveglianza diPadova.Dal 3.11.2010 èPresidente delTribunale diSorveglianza diVenezia.

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comunità sono più rigide, per cuinoi siamo un po’ più larghi quandovalutiamo la violazione delleprescrizioni.Ci sono comunità in cui è vietatobaciare una compagna, altre in cuiè praticamente vietato innamor­arsi, basta un bigliettino d’amoreper far scattare il rischio di esseredimessi dalla struttura. Per cui larigidità di certe regole viene ten­uta in considerazione quando re­vochiamo la misura; è ovvio chese uno porta droghe e alcol incomunità la valutazione è moltopiù severa.Valutiamo anche se la trasgres­sione è avvenuta all’inizio o allafine del percorso. All’inizio è piùfacile che uno rischi di violare leregole perché deve ancora in­cominciare il suo percorso, mentrese uno sbaglia nell’ultima fasedell’affidamento lo consideriamopiù grave.Comunque non c’è una regolafissa, di volta in volta valutiamo laglobalità del percorso, ma mi sen­to di dire che, in caso di problemidurante il percorso, è importanteparlarne con il proprio magistratocompetente.Per esempio a seguito di una re­voca decisa per una persona in­serita in una comunità a Verona,ci siamo resi conto che questacomunità non ci convinceva esiamo consapevoli che dobbiamotutti insieme andare a vederecome si vive e che regole si ap­plicano in questa comunità, per­ché sono successi degli eventi cherendono necessario il nostro ap­profondimento.

Lei non crede che una personacon problemi di tossicodi­pendenza, al posto di scontarela pena in carcere, al momentodella condanna debba esseremandata in una comunità senzanemmeno vedere il carcere?

Giovanni Maria Pavarin: Che iltossicodipendente non dovrebbevedere il carcere è una cosa sag­gia, ma dipende da cosa fa e da

che propensione ha. Fino a qual­che anno fa c’era un progetto delD.A.P. (Dipartimento dell’Ammin­istrazione penitenziaria), che fa­voriva l’inserimento in Comunitàterapeutica senza passare dal car­cere. Ad esempio: facevi una rap­ina, venivi arrestato, ma davantialla porta del giudice che convali­dava l’arresto trovavi il Ser.D.pronto a fare un programma tera­peutico comunitario. Questo pro­getto a Padova è durato due o treanni, è andato bene per un piccolonumero di soggetti. È ovvio peròche non tutte le persone sonopronte da subito ad entrare incomunità, e inoltre ci sono prob­lemi oggettivi: le comunità cost­

ano e non tutti i Ser.D. hanno ifondi sufficienti.Ci sono soggetti che non possonoandare in comunità perché hannogià avuto due affidamenti tera­peutici, per cui non si può avere ilterzo, lo dice la legge. Noi magis­trati siamo i primi a dire che latossicodipendenza, specialmentese il reato è espressione dellastessa, non è una scusa. Ma dob­biamo anche ammettere che cisono persone che con la giusti­ficazione che sono vent’anni che sifanno, dicono: “Tanto dopo ho unamisura che mi viene incontro”.Serve la volontà seria di uscire daquesto tunnel, da questo circuito.Molti tossicodipendenti ai quali >>>

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l'intervista

Art. 69 O. P."Funzioni e provvedimenti delmagistrato di sorveglianza"

1. Il magistrato di sorveglianza vi­gila sulla organizzazione degli isti­tuti di prevenzione e di pena eprospetta al Ministro le esigenze deivari servizi, con particolare riguardoalla attuazione del trattamento rie­ducativo.2. Esercita, altresì, la vigilanzadiretta ad assicurare che l'es­ecuzione della custodia degli im­putati sia attuata in conformitàdelle leggi e dei regolamenti.3. Sovraintende all'esecuzione dellemisure di sicurezza personali.4. Provvede al riesame della peri­colosità ai sensi del primo esecondo comma dell'articolo 208del codice penale, nonché all'ap­plicazione, esecuzione, trasform­azione o revoca, anche anticipata,delle misure di sicurezza. Provvedealtresì, con decreto motivato, in oc­casione dei provvedimenti anzidetti,alla eventuale revoca della di­chiarazione di delinquenza abituale,professionale per tendenza di cuiagli articoli 102, 103, 104, 105 e108 del codice penale.5. Approva, con decreto, il pro­gramma di trattamento di cui alterzo comma dell'articolo 13, ov­vero, se ravvisa in esso elementiche costituiscono violazione dei di­ritti del condannato o dell'internato,lo restituisce, con osservazioni, alfine di una nuova formulazione.

Approva, con decreto, il provvedi­mento di ammissione al lavoroall'esterno. Impartisce, inoltre,((...)), disposizioni dirette ad elim­inare eventuali violazioni dei dirittidei condannati e degli internati.((6. Provvede a norma dell'articolo35­bis sui reclami dei detenuti edegli internati concernenti:

a) le condizioni di esercizio delpotere disciplinare, la costituzione ela competenza dell'organo disciplin­are, la contestazione degli addebitie la facoltà di discolpa; nei casi dicui all'articolo 39, comma 1, numeri4 e 5, è valutato anche il merito deiprovvedimenti adottati;

b) l'inosservanza da parte dell'am­ministrazione di disposizioni prev­iste dalla presente legge e dalrelativo regolamento, dalla qualederivi al detenuto o all'internato unattuale e grave pregiudizio all'eser­cizio dei diritti.))7. Provvede, con decreto motivato,sui permessi, sulle licenze ai deten­uti semiliberi ed agli internati, esulle modifiche relative all'affida­mento in prova al servizio sociale ealla detenzione domiciliare.8. Provvede con ordinanza sullariduzione di pena per la liberazioneanticipata e sulla remissione deldebito, nonché sui ricoveri previstidall'articolo 148 del codice penale.9. Esprime motivato parere sulleproposte e le istanze di grazia con­cernenti i detenuti.10. Svolge, inoltre, tutte le altrefunzioni attribuitegli dalla Legge.

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abbiamo dato questa misura nonli abbiamo più visti, sono personeche hanno una vita normale, sisono sposati, hanno dei figli. In­somma molti se la cavano e al dilà del pessimismo di molti oper­atori (anche dei Ser.D.), io sonoinvece ottimista.Anche un programma ambulat­oriale serve, se fatto bene, anzipermette di conservare il lavoro edi girare le spalle all’esperienzache hai avuto. Certo quando unapersona è dentro al circuito dellatossicodipendenza da venti,trent’anni, è più difficile che si af­franchi, e dunque si deve accon­tentare della sua terapia (ilmetadone concentrato a piccoledosi per tutta la vita); l’importanteè che non delinqui più e quindianche la terapia di mantenimento,che una volta non venivaammessa dal Tribunale, oggi vieneammessa. Siccome la legge sta­bilisce che questa misura la diamoa chi ha un piano di recuperopsicofisico, recupero vuol dire chetu ti stacchi dalla droga. E cosa sidiceva un tempo: se tu campi conil metadone vivi con la droga diStato e non ti recuperi. Oggi ab­biamo cambiato completamentel’indirizzo: anche la “droga diStato”, chiamiamola così, purchéti consenta di startene tranquillo,vale per ottenere la misura altern­ativa prevista per i tossico e alcoldipendenti.

Ci è stato consigliato dimettere per iscritto i nostripensieri e ciò che proviamo inmerito al danno causato allasocietà civile e alle vittime, untesto che abbiamo definito“Autosintesi”. Come vedequesto atto, e fino a che puntolo ritiene valido per la richiestadi un beneficio?

Giovanni Maria Pavarin: Le“autosintesi” cominciano ad ar­rivarci, sono quelle lettere di tre,quattro, cinque facciate, in cuiciascuno scrive il suo percorso.Benissimo le “autosintesi”, se però

si sposano con uncolloquio con ilmagistrato. Unconto è leggere eun altro è cono­scersi. Tenetepresente che ilmestiere nostro èdifficile perché voimi insegnate chebisogna sempredistinguere il verodal falso e verifi­care l’autenticitàdei buoni pro­positi chetroviamo scritti inqueste lettere checi arrivano.Nell’autosintesi,almeno in quelleche ho letto, ingenere vengonoespressi senti­menti positivi,buone speranze per il futuro,mentre invece l’analisi nuda ecruda di quello che sono stato, diquello che ho commesso, la fermapresa di distanza dal male che miha caratterizzato, è una delle coseche si apprezzano di più, non èrichiesto, ma insomma è ap­prezzato.Resta il fatto che gli errori giudiz­iari esistono, può succedere chequalcuno sia in carcere anche dainnocente, non è la prima volta,per cui noi spesso abbiamo pi­acere quando uno esprime la suarevisione critica, però teniamoanche in considerazione il fattoche può esistere, e statisticamenteesiste, l’errore giudiziario. Per cuinon costringiamo nessuno ad am­mettere una cosa che non riescead ammettere, appunto perchéreputa di non averla commessa.L’esperienza è nel senso che nelloscorcio finale della pena le misurevengono concesse in certi casi,non in tutti, anche a colui che sireputa assolutamente estraneorispetto al reato. Ma credo chestatisticamente l’incidenza diquesto fenomeno sia per fortunamolto limitata.

Per quanto riguarda i detenutistranieri, avranno difficoltà di lin­gua immagino. Esiste o è esistitala figura del mediatore culturale?Andrea Capitanio: Il Comune diVenezia ha un servizio di me­diazione e interpretariato. Questarisorsa viene usata dagli operatoridello sportello Urban, uno sportelloinformativo e di orientamento at­tivo qui in carcere. Si potrebbepensare di estendere questa figuraalle attività con i gruppi.Giovanni Maria Pavarin: Èun’operazione che serve per duescopi: il primo per la lingua, ossiaaiutare qualcuno a scrivere la suastoria, ma soprattutto anche comemediazione culturale che è diversodall’interpretariato.Ci sono reati culturalmente motiv­ati, così vengono chiamati. In certiordinamenti, in certi Stati, in certeculture, se si verifica un certo fattostorico, il soggetto che appartienea quella comunità ha, per esem­pio, l’obbligo di uccidere. Questoporta sicuramente a una condannain Italia, ma se mi spieghi da doveè nato il tuo omicidio posso capiremeglio, venire incontro, non dicogiustificare perché la nostra legge

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non ammette la possibilità ditogliere una vita, però la me­diazione culturale ci aiuta a farluce sul vissuto del soggetto, perleggere appunto da dove viene,per capire i presupposti che stan­no alla base della commissione diun certo reato.La mediazione culturale servedunque per mettere a contatto ivalori che hanno ispirato la culturadi due mondi che si affrontano.

Molti detenuti definitivi, ancheda più di due anni, lamentanoche gli educatori siano pochi equindi effettuino pochi colloquidal momento dell'ingresso inquesto istituto. Esistono dellelinee guida indicate dal magis­trato di Sorveglianza agli edu­catori per una maggiorconoscenza del detenuto e delsuo percorso di responsab­ilizzazione nel corso deltempo?

Giovanni Maria Pavarin: Voi sa­pete che abbiamo molti agenti dipolizia penitenziaria e meno per­sonale preposto alla funzione rie­ducativa. La legge pone untermine di nove mesi per la chi­usura della sintesi. Quando il ter­mine non viene rispettato, checosa succede? Noi magistrati perprimi ci preoccupiamo di dire: “Quiè stato violato un diritto”. Il deten­uto ha diritto dopo nove mesi chegli sia data una sintesi con

un’ipotesi trattamentale positiva onegativa che sia.L’ipotesi trattamentale (mi riferiscoalle poche righe che avete in fondoalla sintesi) non vincola il magis­trato, il quale può concedere unbeneficio, anche se l’ipotesi è con­traria, o che può rigettare anchese l’ipotesi è favorevole.Come suppliamo alla mancanzadella sintesi? Suppliamo tentandodi valorizzare la conoscenza per­sonale che abbiamo, la letturadella sentenza, i precedenti, lependenze, le informazioni delleforze dell’ordine, una relazionecomportamentale ricca. La sintesisignifica che il G.O.T. (Gruppo Os­servazione e Trattamento) si ri­unisce (ne fanno parte l’educatore,il direttore, il comandante dellapolizia penitenziaria, l’assistentesociale, eventualmente lo psico­logo, l’esperto art. 80) per dis­

cutere sul caso specifico. Se non siriesce, perché non c’è il tempo,perché il carcere è sovraffollato,perché gli educatori sono pochi eci sono tantissime persone in car­cere, dopo un po’ di tempo noimagistrati tentiamo di decidere lostesso.Una delle domande fisse cherivolgo al detenuto che compare inudienza è: “Quanti colloqui haavuto con il suo educatore?”, e dalì mi faccio un’idea. Capita a voltedi rilevare che un detenuto, dopotre anni di carcere, abbia avutosolo il colloquio di primo ingresso:in sede di decisione teniamo con­to anche di questa deficienza.Certo che navigare al buio è piùdifficile, però quando la sintesi nonviene fatta per lungo tempo, cisforziamo in tutti i modi di andareoltre.La nostra decisione può comunqueessere negativa, non è detto chesia sì, però è un dato che la leggepone non come vincolante, per cuisulla base di questo tentiamo inqualche modo di soprassedere,anche se voi per primi mi inseg­nate che sarebbe bene conoscerela storia di una persona, leggerequalcosa che su di lui hanno scrittogli esperti, prima di decidere.Quasi sempre comunque l’edu­catore che ha coscienza ci mandauna relazione comportamentalecosiddetta arricchita o ricca, sitratta di due o tre facciate chepraticamente sostituiscono lasintesi. >>>

l'intervista

Art. 1 O. P."Trattamento e rieducazione"

1. Il trattamento penitenziario deveessere conforme ad umanità e deveassicurare il rispetto della dignitàdella persona.2. Il trattamento è improntato adassoluta imparzialità, senza discrim­inazioni in ordine a nazionalità,razza e condizioni economiche e so­ciali, a opinioni politiche e a creden­ze religiose.3. Negli istituti devono esseremantenuti l'ordine e la disciplina.Non possono essere adottate re­strizioni non giustificabili con leesigenze predette o, nei confronti

degli imputati, non indispensabili afini giudiziari.4. I detenuti e gli internati sonochiamati o indicati con il loro nome.5. Il trattamento degli imputati deveessere rigorosamente informato alprincipio che essi non sono con­siderati colpevoli sino alla condannadefinitiva.6. Nei confronti dei condannati e de­gli internati deve essere attuato untrattamento rieducativo che tenda,anche attraverso i contatti con l'am­biente esterno, al reinserimento so­ciale degli stessi. Il trattamento e'attuato secondo un criterio di indi­vidualizzazione in rapporto alle spe­cifiche condizioni dei soggetti.

Art. 13 O. P."Individualizzazione deltrattamento"

1. Nei confronti dei condannati e degliinternati è predisposta l'osservazionescientifica della personalità per ril­evare le carenze fisiopsichiche e lealtre cause del disadattamento so­ciale. L'osservazione è compiutaall'inizio dell'esecuzione e proseguitanel corso di essa.2. Per ciascun condannato e inter­nato, in base ai risultati della osser­vazione, sono formulate indicazioni inmerito al trattamento rieducativo da

effettuare ed è compilato il relativoprogramma, che è integrato o modi­ficato secondo le esigenze che siprospettano nel corso dell'es­ecuzione.3. Le indicazioni generali e particolaridel trattamento sono inserite, unita­mente ai dati giudiziari, biografici esanitari, nella cartella personale, nellaquale sono successivamente annotatigli sviluppi del trattamento pratico e isuoi risultati.4. Deve essere favorita la col­laborazione dei condannati e degli in­ternati alle attività di osservazione edi trattamento.

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l'Impronta ∕ anno 4 • numero 1

Ferdinando Ciardiello: C’è unequivoco in questa domanda, per­ché in effetti sembrerebbe che èl’educatore che cerca di spiegarealla Magistratura la personalità deldetenuto, ma non è l’educatore, èl’equipe, è un gruppo di personeche valuta.Allora ammesso pure che l’edu­catore fa un colloquio, voi fatetanti colloqui con l’assistente so­ciale, con la psicologa. Alla fine ilcompito dell’educatore è che con­osca, che raccolga dati sulle varieattività e che li verifichi.Quando c’è la sintesi, almenocome minimo sono due i colloquicon l’educatore, uno in partenza euno in chiusura prima di farel’equipe. Quindi quando voi scriv­ete che in generale fate un col­loquio non è vero. Fate almenosette, otto, dieci colloqui fra i varioperatori e ovviamente anche irapporti che avete con la poliziapenitenziaria vengono raccoltidall’equipe.Nella domanda sembra che voifacciate solo un colloquio conl’educatore prima di sostenereun’udienza, non è così. Questo iolo contesto, ci sono più colloqui,almeno due con l’educatore e cer­tamente uno o anche due con lapsicologa, con l’assistente sociale,con il Ser.D. quando si tratta diuna situazione con tossicodi­pendenza.Poi ci sono le relazioni comporta­

mentali per le liberazioni anticip­ate: quelle sì, probabilmentespesso c’è un colloquio di verificache fa l’educatore per verificare dipersona come si è partecipato aun determinato corso. E man­diamo la relazione al magistrato diSorveglianza. In quest’ultimo casoci può essere un solo colloquio.Non confondiamo quelle che sonole udienze dinanzi al Tribunale diSorveglianza con quelle che sonotutta una serie di altre relazionicomportamentali che mandiamoper i giorni o per qualche altrasituazione.Noi il tempo lo dedichiamo inmodo particolare (perciò mi battosu questo) su quelle che sono leudienze dinanzi al Tribunale diSorveglianza, perché è lì dove noiforniamo maggiori informazioni alTribunale, come ha detto il Presid­ente, chiaramente così loro hannoun ventaglio maggiore di inform­azioni sulle quali poi aggiungeretutte le altre che hanno da altriorgani istituzionali.

È essenziale fare del volontari­ato per risarcire il dannosubito dalla società. Secondolei questa attività sarebbegiusto fosse fatta nei con­fronti di persone che hannosubito lo stesso reato?Per esempio, un detenutocondannato per traffico distupefacenti non sarebbeutile andasse in una comunitàad effettuare questo risarci­mento per avere una piùprofonda consapevolezza deldanno arrecato, piuttosto chealtre forme di volontariato?Perché non consentire a varidetenuti di lavorare all'ester­no del carcere con asso­ciazioni di volontariato ocooperative per fare lavori dipubblica utilità e risarcire lasocietà?

Giovanni Maria Pavarin: Farevolontariato per risarcire il dannoè un discorso che vale solo perl’affidamento; la legge dice che il

detenuto, il condannato, deve farequanto possibile per riparare ildanno. Questa frase intanto hauna valenza economica: se hofatto una rapina e ho centomilaeuro in casa che ho rapinato, ilminimo è che io li restituisca. Ilprimo atteggiamento di resipis­cenza passa attraverso larestituzione. Se non li ho più alloraè ovvio che non posso darli indi­etro, dunque visto che non puoipiù riparare il danno, tenta di ris­arcire la società del danno che intermini generici il reato le ha ar­recato, facendo qualcosa di buonogratis a favore della collettività,qualsiasi cosa.Questo obbligo di fare il volontari­ato sostituisce tutte le ipotesi in cuiuno non può risarcire economica­mente il danno. Se poi uno vuolefare sia l’uno che l’altro meglioancora.Ci sono reati senza danno: lospaccio non ha un danno se nonallo Stato, per cui anche in queicasi noi suggeriamo: “Hai fatto unreato che danneggia solo lo Stato,prova il gusto di fare qualcosa digratis per qualche ore a settimanaa favore della collettività, qualsiasicosa”. Certo l’esempio fatto nella

l'intervista

Art. 82 O. P."Attribuzioni degli educatori"

1. Gli educatori partecipanoall'attività di gruppo perl'osservazione scientifica dellapersonalità dei detenuti e degliinternati e attendono al trattamentorieducativo individuale o di gruppo,coordinando la loro azione con quelladi tutto il personale addetto alleattività concernenti la rieducazione.2. Essi svolgono, quando siaconsentito, attività educative anchenei confronti degli imputati.3. Collaborano, inoltre, nella tenutadella biblioteca e nella distribuzionedei libri, delle riviste e dei giornali.

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l'Impronta ∕ anno 4 • numero 1

vostra domanda è buono: uncondannato per traffico se lo man­diamo in una comunità è facile chesi renda più conto, che tocchi conmano, i danni che la droga fa neicorpi e spesso anche nelle mentidelle persone che usano o abusanodi sostanze stupefacenti.Per quanto riguarda l’ultima partedella domanda, la risposta è sì,hanno modificato l’articolo 21dell’Ordinamento Penitenziario,aggiungendo un articolo 21 bis cherisponde esattamente alladomanda che voi fate.Mi appello al capo dell’area edu­cativa, al Direttore e a tutti gli op­eratori del carcere, perché primadi entrare qui da voi in Redazioneho verificato che attualmente cisono solamente due detenuti inarticolo 21. Facciamo dunquecamminare le norme con le gambedella nostra fantasia, serve ancheun’opportunità all’esterno.L’articolo 21 bis che è lì da pochimesi, è fatto apposta per con­sentire il lavoro all’esterno gratis,per fare volontariato e per soddis­fare le esigenze che sono sotteseall’ultima parte della vostradomanda.Certo è che gli articoli 21 e 21 bisprevedono una responsabilità delDirettore, il magistrato ci mette lafirma, ma è il Direttore che pro­pone. Questa non è una cosasemplice perché ogni volta cheuno di voi esce dal carcere c’è lafirma del magistrato o del collegio,mentre per l’articolo 21 la firma èdel Direttore e il magistrato si lim­ita a controfirmarla. Ma chi pro­pone, chi si assume laresponsabilità è il Direttore e nonè facile per un’autorità amminis­trativa (che non ha le garanzie diindipendenza che ha il magistrato)esporsi, perché se per esempio ilDirettore propone cinque articoli21 e questi vanno male, alla fine ilminimo che può capitare è che ilDirettore venga trasferito, quindinon ha la garanzia di indipendenzache ha il giudice, ecco perché c’èmolta cautela, immagino io. Lanorma però c’è, serve il coraggio

di applicarla.Quando si conosce abbastanzabene un detenuto, c’è una certagaranzia di affidabilità, perché nonconsentirgli di andare da solo conle sue gambe in piazza San Marcoa fare una qualsiasi cosa? Serveun po’ di coraggio e serve ancheche voi vi facciate conoscere, chediate buona prova di voi, di affid­abilità, di onestà, di volontà. Nonc’è nulla di più consolante per unDirettore di vedere che qualcunotorna con le sue gambe; alla finedella giornata vedere un articolo

21 che torna dà molta più consol­azione di vedere un detenuto chefa rientro dal permesso. Quest’ul­timo infatti è uscito con un per­messo concesso da un magistrato,ma il Direttore che si vede tornareun articolo 21 lavorante all’ester­no, secondo me prova una grandesoddisfazione. Vale la pena osare,io invito il personale di questoIstituto ad applicare questo arti­colo 21 bis.Il Comune di Venezia è un comuneche per vocazione storica ha unatendenza ad una grande apertura >>>

l'intervista

Art. 21 O. P."Lavoro all'esterno"

1. I detenuti e gli internati possonoessere assegnati al lavoro all'ester­no in condizioni idonee a garantirel'attuazione positiva degli scopiprevisti dall'articolo 15. Tuttavia, sesi tratta di persona condannata allapena della reclusione per uno deidelitti indicati nei commi 1, 1­ter e1­quater dell'articolo 4­bis, l'asseg­nazione al lavoro all'esterno può es­sere disposta dopo l'espiazione dialmeno un terzo della pena e,comunque, di non oltre cinque anni.Nei confronti dei condannati all'er­gastolo l'assegnazione può avveniredopo l'espiazione di almeno diecianni.2. I detenuti e gli internati assegnatial lavoro all'esterno sono avviati aprestare la loro opera senza scorta,salvo che essa sia ritenuta neces­saria per motivi di sicurezza. Gli im­putati sono ammessi al lavoroall'esterno previa autorizzazionedella competente autorità giudiz­iaria.3. Quando si tratta di impreseprivate, il lavoro deve svolgersi sottoil diretto controllo della direzionedell'istituto a cui il detenuto o l'in­ternato è assegnato, la quale puòavvalersi a tal fine del personale di­pendente e del servizio sociale.4. Per ciascun condannato o inter­nato il provvedimento di ammis­sione al lavoro all'esterno divieneesecutivo dopo l'approvazione delmagistrato di sorveglianza.4­bis. Le disposizioni di cui aicommi precedenti e la disposizionedi cui al secondo periodo del comma

sedicesimo dell'articolo 20 si ap­plicano anche ai detenuti ed agli in­ternati ammessi a frequentare corsidi formazione professionale all'es­terno degli istituti penitenziari.4­ter. I detenuti e gli internati dinorma possono essere assegnati aprestare la propria attività a titolovolontario e gratuito, tenendo contoanche delle loro specifiche profes­sionalità e attitudini lavorative,nell'esecuzione di progetti di pub­blica utilità in favore della collettiv­ità da svolgere presso lo Stato, leregioni, le province, i comuni, lecomunità montane, le unioni dicomuni, le aziende sanitarie locali opresso enti o organizzazioni, ancheinternazionali, di assistenza sociale,sanitaria e di volontariato. I deten­uti e gli internati possono essere in­oltre assegnati a prestare la propriaattività a titolo volontario e gratuitoa sostegno delle famiglie delle vit­time dei reati da loro commessi.L'attività è in ogni caso svolta conmodalità che non pregiudichino leesigenze di lavoro, di studio, difamiglia e di salute dei detenuti edegli internati. Sono esclusi dalleprevisioni del presente comma i de­tenuti e gli internati per il delitto dicui all'articolo 416­bis del codicepenale e per i delitti commessiavvalendosi delle condizioni previstedallo stesso articolo ovvero al fine diagevolare l'attività delle associazioniin esso previste. Si applicano, inquanto compatibili, le modalitàpreviste nell'articolo 54 del D.Lgs.28 agosto 2000, n. 274.

(Il comma 4­ter è stato introdottodalla legge n.94 del 9 agosto 2013)

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verso il carcere. Non è come tantealtre città, forse addirittura batteanche Padova. Io ho avuto questasensazione, che il Comune diVenezia ha una tradizione storica,anche a prescindere dal colorepolitico dell’AmministrazioneComunale, di collegamento con ilcarcere e di investimento sul car­cere; la presenza qui in redazionedei vostri coordinatori ne è laprova perché ci sono operatori di­pendenti, pagati dall’Amminis­trazione Comunale per fare questolavoro. Non so in quali altre cittàsiano attivi servizi simili.Una proposta può sorgere daglistessi operatori del Comune, peresempio è appena stato firmato unProtocollo operativo tra il Comunedi Venezia, il Tribunale di Sorve­glianza, l’U.E.P.E. e circa unaquarantina di associazioni per l’in­serimento in lavori di pubblica util­ità di persone provenienti dall’areapenale.

Dal suo punto di vista è ladurata della pena o il modo incui essa viene scontata cherende un detenuto recuper­abile o irrecuperabile?

Giovanni Maria Pavarin: Il de­tenuto irrecuperabile per definiz­ione, almeno per quanto miriguarda, non esiste. Nessun de­tenuto è irrecuperabile, altrimentibisognerebbe abrogare l’articolo27 della Costituzione.Può esistere di fatto un detenutoirrecuperabile, per esempio coluiche rifiuta qualsiasi forma di of­ferta di dialogo. Se io ho sequest­rato con altri due complici unabambina e poi la bambina è anchemorta e mi hanno messo in car­cere perché mi hanno condannatoper questo reato (art. 630 C.P.),se io non voglio fare i nomi deimiei due complici, oppure se lagiustizia non accerta in viaautonoma senza il mio contributochi sono gli altri due, io resto incarcere fino alla fine della pena.Se ho un ergastolo e non col­laboro, potendolo fare, con la gius­

tizia, io resto in carcere finoall’ultimo giorno, a meno che lagiustizia anche senza il mio con­tributo non riesca a capire chi sonogli altri miei due complici. Questaè l’unica definizione di irrecuper­abilità, tutti gli altri per definizionesono suscettibili di registrare queimutamenti positivi che devono poicomportare l’accesso all’esterno.Il modo in cui viene svolta la penaha un’importanza fondamentale.La pena secca, senza occasioni,senza lavoro, senza trattamento,senza educatori, senza niente, èuna pena assurda, inutile, che nonfa altro che incattivire e voi me loinsegnate.Conta anche il luogo in cui è espi­ata la pena. Io in udienza chiedosempre: “Quanti siete in cella?”,“In quali carceri è stato? A BresciaCanton Mombello o Roma ReginaCieli? A Napoli Secondigliano o aMilano Bollate?”.Teniamo conto anche del grado edella quantità di sofferenza cheuno si è sentito addosso.Io ho un ricorso di un detenuto,che denuncia che sono in nove incella in meno di diciotto metriquadrati. Quella persona lì, se èstata un anno in quelle condizioniha sofferto il quadruplo di chi èstato qui a Venezia. Oggi horicevuto 20­30 ricorsi vostri, alcunisono sotto, altri sono sopra i tre

metri quadri.Non è comunque vero che se sof­fri di più allora sei candidato a de­linquere di meno, anzi a volte èvero l’opposto. Per cui sono un in­sieme di fattori che valutiamo pertentare di fare del nostro meglio,tentiamo di cucire sulla persona,sulla sua storia, il vestito che piùgli si addice, è difficile, però èquesto che tentiamo di fare.

Esiste un metodo per attribuireil lavoro in carcere? Come èprevista dalla legge e comeviene attuata la Commissionepreposta all’assegnazione allavoro dei detenuti?

Giovanni Maria Pavarin: Questadomanda è molto pertinente, voisapete che c’è una norma dell’Or­dinamento Penitenziario chedefinisce come, quando e a chi sidà il lavoro in carcere. Come nelmondo esterno esistono regole peril collocamento obbligatorio o non,così in carcere esiste una Com­missione determinata dall’articolo20 dell’Ordinamento Penitenziario(una delle zone dell’Ordinamentomeno applicate). Ma il colloca­mento al lavoro all’interno del car­cere non segue alla lettera lalegge, questo aspetto non è con­trollato dai magistrati di Sorvegli­anza anche se dovrebbero farlo.

l'intervista

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l'intervista

I criteri riguardano l’anzian­ità, i carichi di famiglia, ilreddito, gli anni di deten­zione. In realtà l’esperienzache ho mi dice che forse piùche a quei criteri, che purvengono tenuti in consid­erazione, si guarda al fattoche uno sia capace o noncapace di lavorare, in realtàleggendo l’articolo 20, la ca­pacità di svolgere un lavoronon è proprio il criterio prin­cipale, dovrebbe concorrerecon altri. L’opportunità lavor­ativa dovrebbe essere dis­tribuita a pioggia seguendoquei criteri, ma non è unpremio, è un obbligo che loStato ha, ed è oggetto di unobbligo del detenuto.A volte c’è chi rifiuta perchémagari ha già tanti soldi elascia il lavoro ad un com­pagno di cella. Allora scattala sanzione disciplinare? No,se uno si rifiuta non è perchégli fa schifo, bisogna capire lemotivazioni, come per es­empio per questa personache era ricca e avevapreferito cedere il lavoro a chinon aveva possibilità dicomprarsi le sigarette e altrigeneri di sostentamento. Inquel caso io ho apprezzatoquel gesto. Quindi l’auto­matismo tra il rifiuto di es­eguire un ordine e lasanzione disciplinare è unacosa che può esistere nelmodo di organizzarsi del Di­partimento dell’Amminis­trazione penitenziaria, manon può passare e non reggead un vaglio giuridico.Andrea Capitanio: E comeviene tenuto in consid­erazione il rapporto disciplin­are? Cosa può fare unapersona per tutelarsi?Giovanni Maria Pavarin: Ilrapporto disciplinare è im­pugnabile, se uno ritiene chesia ingiusto può fare reclamodavanti al magistrato diSorveglianza, ma questo >>>

Art. 20 O. P."Lavoro"

1. Negli istituti penitenziari devono es­sere favorite in ogni modo la des­tinazione dei detenuti e degli internati allavoro e la loro partecipazione a corsi diformazione professionale. A tal fine,possono essere istituite lavorazioni or­ganizzate e gestite direttamente da im­prese pubbliche o private e possonoessere istituiti corsi di formazione pro­fessionale organizzati e svolti da aziendepubbliche, o anche da aziende privateconvenzionate con la regione.2. Il lavoro penitenziario non ha car­attere afflittivo ed è remunerato.3. Il lavoro è obbligatorio per i condan­nati e per i sottoposti alle misure disicurezza della colonia agricola e dellacasa di lavoro.4. (..)5. L'organizzazione e i metodi del lavoropenitenziario devono riflettere quelli dellavoro nella società libera al fine di faracquisire ai soggetti una preparazioneprofessionale adeguata alle normali con­dizioni lavorative per agevolarne il rein­serimento sociale.6. Nell'assegnazione dei soggetti al la­voro si deve tener conto esclusivamentedell'anzianità di disoccupazione durantelo stato di detenzione o di internamento,dei carichi familiari, della professional­ità, nonché delle precedenti e document­ate attività svolte e di quelle a cui essipotranno dedicarsi dopo la dimissione,con l'esclusione dei detenuti e internatisottoposti al regime di sorveglianza par­ticolare di cui all'art. 14­bis dellapresente legge.7. Il collocamento al lavoro da svolgersiall'interno dell'istituto avviene nelrispetto di graduatorie fissate in due ap­posite liste, delle quali una generica el'altra per qualifica o mestiere.8. Per la formazione delle graduatorieall'interno delle liste e per il nulla ostaagli organismi competenti per il colloca­mento, è istituita, presso ogni istituto,una commissione composta dal diret­tore, da un appartenente al ruolo degliispettori o dei sovrintendenti del Corpodi polizia penitenziaria e da un rapp­resentante del personale educativo,eletti all'interno della categoria di ap­partenenza da un rappresentante unit­ariamente designato dalle organizzazionisindacali più rappresentative sul pianonazionale, da un rappresentante desig­nato dalla commissione circoscrizionaleper l'impiego territorialmente compet­ente e da un rappresentante delle or­ganizzazioni sindacali territoriali.9. Alle riunioni della commissione parte­cipa senza potere deliberativo un rapp­

resentante dei detenuti e degli internati,designato per sorteggio secondo le mod­alità indicate nel regolamento internodell'istituto.10. Per ogni componente viene indicatoun supplente eletto o designato secondoi criteri in precedenza indicati.11. Le amministrazioni penitenziarie,centrali e periferiche, stipulano appositeconvenzioni con soggetti pubblici oprivati o cooperative sociali interessati afornire a detenuti o internati opportunitàdi lavoro. Le convenzioni disciplinanol'oggetto e le condizioni di svolgimentodell'attività lavorativa, la formazione e iltrattamento retributivo, senza oneri acarico della finanza pubblica.12. Al lavoro all'esterno, si applicano ladisciplina generale sul collocamento or­dinario ed agricolo, nonché l'articolo 19della legge 28 febbraio 1987, n. 56.13. Per tutto quanto non previsto dalpresente articolo si applica la disciplinagenerale sul collocamento.14. Le direzioni degli istituti penitenziari,(..), possono vendere prodotti delle la­vorazioni penitenziarie a prezzo pari oanche inferiore al loro costo, tenuto con­to, per quanto possibile, dei prezzi prat­icati per prodotti corrispondenti nelmercato all'ingrosso della zona in cui èsituato l'istituto.15. I detenuti e gli internati chemostrino attitudini artigianali, culturali oartistiche possono essere esonerati dallavoro ordinario ed essere ammessi adesercitare, per proprio conto, attivitàartigianali, intellettuali o artistiche.16. Agli effetti della presente legge, perla costituzione e lo svolgimento di rap­porti di lavoro nonché per l'assunzionedella qualità di socio nelle cooperativesociali di cui alla legge 8 novembre1991, n. 381, non si applicano le incapa­cità derivanti da condanne penali o civili.17. I soggetti che non abbiano suffi­cienti cognizioni tecniche possono essereammessi a un tirocinio retribuito.18. La durata delle prestazioni lavorat­ive non può superare i limiti stabiliti dalleleggi vigenti in materia di lavoro e, allastregua di tali leggi, sono garantiti il ri­poso festivo e la tutela assicurativa eprevidenziale. Ai detenuti e agli internatiche frequentano i corsi di formazioneprofessionale di cui al comma primo ègarantita, nei limiti degli stanziamentiregionali, la tutela assicurativa e ogni al­tra tutela prevista dalle disposizioni vi­genti in ordine a tali corsi.19. Entro il 31 marzo di ogni anno ilMinistro di grazia e giustizia trasmette alParlamento una analitica relazione circalo stato di attuazione delle disposizioni dilegge relative al lavoro dei detenutinell'anno precedente.

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l'Impronta ∕ anno 4 • numero 1

l'intervista

reclamo è molto limitato perché sipossono denunciare solo difettiformali del procedimento. C’è unaproposta di legge che vuoleestendere anche al merito. Vi faccioun esempio: se io passo con ilrosso e mi fanno la multa e iocontesto che era verde, possorivolgermi al giudice di pace. Incarcere questo non è possibile e sevengo accusato di aver detto unacerta cosa non ho la possibilità didifendermi, non posso per esempioportare dei testimoni e quindi ilcontrollo giurisdizionale è moltolimitato.Però in sede di liberazioneanticipata il magistrato può dare alrapporto disciplinare il peso che ha.Bisogna entrare nella testa deisingoli magistrati: alcuni appenavedono un rapporto disciplinarenegano, altri valutano e soppesano,altri ti fanno lo sconto, il Tribunaledi Sorveglianza, che è organo direclamo in tutto il Veneto, tenta diuniformare un po’ le decisioni.Altro esempio: l’anno scorso c’èstato il terremoto, i detenuti aVerona volevano che le cellefossero aperte perché avevanopaura. Allora abbiamo avutoduecento rapporti disciplinari, ledue colleghe magistrato non sierano parlate ed è successo checento detenuti hanno avutougualmente la liberazioneanticipata, mentre agli altri cento èstata negata. Il collegio ha accoltoi cento reclami. Abbiamo pensatoche chi non ha alzato le mani, masi è limitato a gran voce a chiedereche aprissero le celle perché avevapaura, non valeva la pena fargliperdere la liberazione anticipataperché è istintivo chiedere di poteruscire quando si sentono le muratremare.Per fare un altro esempio, spessoci sono liti in cella. Bisogna evitaredi mettersi le mani addosso, pazi­entare, sopportare le offese, ma poisul piatto della bilancia bisognavalutare cosa hai fatto il resto deigiorni. In questo giorno ti sei com­portato male, hai perso la pazienzae hai dato un pugno e negli altri

cosa hai fatto? Tentiamo di valut­are anche gli argomenti a favore.

Per le persone straniere chesono nei termini per accederealle misure alternative, ma chenon hanno le condizioni per ac­cedervi, che valore ha il carcerea livello educativo?

Giovanni Maria Pavarin: Il prob­lema degli stranieri è un problemadi sempre, il carcere a livello edu­cativo che valore ha per loro? Moltistranieri imparano la lingua, altrisono abbandonati a se stessi, mamolti qualcosa di buono la impar­ano. Imparano a leggere e scrivere,

le regole, sempre che ci sia qual­cuno che gliele spiega. Certo chesono i più svantaggiati, sono quellipiù sfortunati, sono quelli più des­tinati a reiterare il reato in materiadi droghe. L’extracomunitario cheentra in carcere dopo il terzo spac­cio, se non trova in carcere la for­tuna che qualcuno gli costruisce unfuturo fuori, dopo due, tre, quattroanni lo ritroveremo sempre in car­cere con la quarta, la quinta, lasesta condanna. E quindi non è fa­cile, ma certamente bisogna creareopportunità migliori soprattutto perquelli che sono nati qui, che par­lano italiano, i figli degli immigrati,quelli di seconda generazione.

Art. 35 bis O. P."Reclamo giurisdizionale"

(Introdotto dal DL carceri 146/2013,convertito dalla Legge 10/2014,in vigore dal 22 febbraio scorso)

1. Il procedimento relativo al re­clamo di cui all'articolo 69, comma6, si svolge ai sensi degli articoli 666e 678 del codice di procedurapenale. Salvi i casi di manifesta in­ammissibilità della richiesta a normadell'articolo 666, comma 2, del co­dice di procedura penale, il magis­trato di sorveglianza fissa la datadell'udienza e ne fa dare avvisoanche all'amministrazione in­teressata, che ha diritto di compari­re ovvero di trasmettere osservazionie richieste.2. Il reclamo di cui all'articolo 69,comma 6, lettera a) è proposto neltermine di dieci giorni dalla comu­nicazione del provvedimento.3. In caso di accoglimento, il magis­trato di sorveglianza, nelle ipotesi dicui all'articolo 69, comma 6, letteraa), dispone l'annullamento delprovvedimento di irrogazione dellasanzione disciplinare. Nelle ipotesi dicui all'articolo 69, comma 6, letterab), accertate la sussistenza e l'attu­alità del pregiudizio, ordina all'am­ministrazione di porre rimedio entroil termine indicato dal giudice.4. Avverso la decisione del magis­trato di sorveglianza è ammesso re­clamo al tribunale di sorveglianza neltermine di quindici giorni dalla noti­ficazione o comunicazione dell'avvisodi deposito della decisione stessa.

4­bis. La decisione del tribunale disorveglianza è ricorribile per cas­sazione per violazione di legge neltermine di quindici giorni dalla noti­ficazione o comunicazione dell'avvisodi deposito della decisione stessa.5. In caso di mancata esecuzione delprovvedimento non più soggetto adimpugnazione, l'interessato o il suodifensore munito di procura specialepossono richiedere l'ottemperanza almagistrato di sorveglianza che haemesso il provvedimento. Si osser­vano le disposizioni di cui agli articoli666 e 678 del codice di procedurapenale.6. Il magistrato di sorveglianza, seaccoglie la richiesta:a) ordina l'ottemperanza, indicando

modalità e tempi di adempimento,tenuto conto del programma attuat­ivo predisposto dall'amministrazioneal fine di dare esecuzione alprovvedimento, sempre che dettoprogramma sia compatibile con ilsoddisfacimento del diritto;b) dichiara nulli gli eventuali atti in

violazione o elusione del provvedi­mento rimasto ineseguito;c) LETTERA SOPPRESSA DALLA L.

21 FEBBRAIO 2014, N. 10;d) nomina, ove occorra, un com­

missario ad acta.7. Il magistrato di sorveglianza con­osce di tutte le questioni relativeall'esatta ottemperanza, ivi com­prese quelle inerenti agli atti delcommissario.8. Avverso il provvedimento emessoin sede di ottemperanza è sempreammesso ricorso per cassazione perviolazione di legge.

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Magari i genitori hanno già la cit­tadinanza ma il figlio no. Qui unadelle mancanze più grandi è quelladelle occasioni di recupero e di re­inserimento per gli stranieri.

È possibile avere una presenzapiù frequente del Magistrato diSorveglianza competente inIstituto?

Giovanni Maria Pavarin: Senzadubbio sarebbe auspicabile, la dot­toressa non viene non per man­canza di volontà ma perché siamooberati di lavoro. Facciamo un es­empio: adesso hanno cambiato lenorme sulla liberazione anticipata,non è che la legge dirà che per at­tuare la legge i magistrati avran­no 10 persone in più ad aiutarli, èun lavoro in più con le risorse es­istenti.Ferdinando Ciardiello: Di solitoaspettiamo di avere un buon nu­mero di richieste. Il magistrato cichiama e concordiamo in base alnumero di domandine.Giovanni Maria Pavarin: No,non dovete aspettare, appenaavete una domandina mandatelasubito. Perché so che poi quandola dottoressa viene ha sempre unaquarantina di persone che le vogli­ono parlare, invece noi dobbiamo

avere un serbatoio, 20una settimana, 20 un’al­tra. E poi il colloquio nondeve essere finalizzato achiedere ma deve servirea conoscersi, a voltequando parlavo con lepersone alla fine si di­menticavano quello chevolevano chiedermi.

Sappiamo che semprepiù detenuti stannofacendo ricorso controil sovraffollamento. Inprima istanza è il ma­gistrato di Sorvegli­anza competente a doversipronunciare. Cosa ne pensa ariguardo? Avete deciso un pro­filo comune da tenere?

Giovanni Maria Pavarin: I ricor­si cominciano ad arrivare e sonodecine e decine, solo per vagliarlitutti ci vorrà molto tempo. Sapetemeglio di me che sotto i 3 mq atesta non si discute, capite benis­simo che se tutti i magistratid’Italia domani mattina dessero atutti 3 mq dovrebbero uscire quasiventimila persone. Se noi fa­cessimo giustizia subito, ma nonc’è una norma che ce lo consente,dovremmo mettere fuori 20 mila

persone. Ci abbiamo provato, laCorte ha respinto con un voto solodi scarto, stava per passare.Noi certo possiamo ordinare alladottoressa Mannarella o al dottorBuffa di sgombrare una determ­inata cella perché è occupata inmaniera non rispettosa del limitedei tre metri, ma per eseguirequesta ordinanza il direttore dovràspostare ovviamente un detenutodi quella cella e metterlo in un’al­tra, creando una catena che ledeil diritto di altri. Quindi il problemaè di carattere politico e non di car­attere giuridico, certo se ci fate ilricorso abbiamo già fatto molteordinanze di sgombero.

Il carcere ci ha già mandatoi vostri ricorsi accompag­nandoli con due facciate, incui hanno precisato le ored’aria, le opportunità lavor­ative, e le misure delle celle.Quindi Santa Maria Maggioreha già fatto l’istruttoria sullevostre domande, ed è l’unicocarcere nel Veneto che l’hafatto.C’è poi la questione che ri­guarda il calcolo delle sup­pellettili, cioè conto o nonconto il comodino nei tremetri quadri? Nei tre metrivanno compresi anche glisgabelli? Si tratta di super­ficie calpestabile o no? Siparla delle cose mobili che sipossono spostare, noi ab­biamo accolto i reclami >>>

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anche tenendo conto dello spazioche sta sotto le suppellettilirimuovibili.

La nuova circolare delProvveditorato sull’umanizza­zione della pena, prevede unaserie di indicazioni per farfronte al sovraffollamento di­urno. Ci può dire in concretocome andrà ad incidere sullanostra quotidianità? Secondolei sarà sufficiente l'attuazionedi questo provvedimento perevitare una condanna europeanel prossimo maggio, anchese nel frattempo non avrannoadottato provvedimenti attiad abbattere il sovraffolla­mento?

Giovanni Maria Pavarin: Il car­cere di Venezia ha già fatto unpiccolo documento, che è unprimo passo, per tentare di appli­care questa circolare. Noi comemagistrati siamo impegnati averificare la legalità dell’es­ecuzione della pena anche sottoil profilo dell’osservanza dellenorme della circolare. La circol­are produce norme che noncreano dei diritti, crea degli in­teressi legittimi. Il magistrato hal’obbligo di verificare che loroadempiano a quello che è conten­uto nella circolare e che sia sod­disfatto il vostro interesselegittimo e che la pubblica am­ministrazione si conformi a quelloche la circolare impone. Non miilludo che la Corte europea cisalvi, forse ci darà una proroga,qualche piccolo passo è statofatto, ma per ora non è suffi­ciente.

È previsto un regolamento in­terno degli istituti di pena?Non ritiene importante cheabbiamo accesso a taleregolamento al fine di poterrisolvere eventuali incom­prensioni?

Giovanni Maria Pavarin: C’èuna commissione per il regola­

mento, presieduta dal magistratodi Sorveglianza e composta dalmedico, dal cappellano, dall’edu­catore, dalla polizia penitenziaria,dal direttore. Tutti i regolamentiinterni che sono stati elaboratinon sono stati mai approvati, val­gono però come ordini di serviz­io. Tutti possono e devono avereaccesso al regolamento. Ilregolamento interno vi deve es­sere dato o essere esposto, al suointerno ci sono gli orari per le vis­ite, le regole per la consegna delpacco, il vestiario consentito, laperquisizione di chi entra. Tuttequeste cose devono essere con­osciute nel dettaglio da tutti voi.

Qual è il ruolo della Commis­sione Cultura? Come si puòfare per ripristinare il correttofunzionamento di questo ser­vizio?

Giovanni Maria Pavarin: Ha unruolo di propulsione, di proposta,di animazione della vita del car­cere. Le difficoltà per svolgereregolarmente il servizio dipend­eranno dal fatto che non vi las­ciano trovare quando volete, nelposto che volete. Immagino cheanche qui il problema sia questo.Uno degli aspetti da disciplinarenel regolamento è anche questo,perché è un problema diffuso equindi la direttrice dovrebbe farlo.Dovreste chiedere un incontro conlei dicendo quali sono le vostreesigenze: “Vogliamo capire comee in quali orari possiamomuoverci”. Essere nella Commis­sione cultura non vi dà il sema­foro verde per andare dovevolete, è un problema logistico,ma se voi riuscite a dire con uncerto preavviso dove andate e inquali orari mettendovi d’accordo,non dovrebbero esserci problemi.Dovete concordare la cosa con ladirettrice. La Commissione inoltrepotrebbe dare una mano perl’umanizzazione della pena, po­treste infatti offrirvi per present­are delle proposte.Avete sentito che il ministro ha

Art. 16 O. P."Regolamento dell'istituto"

1. In ciascun istituto il trattamentopenitenziario è organizzato secondo ledirettive che l'amministrazionepenitenziaria impartisce con riguardoalle esigenze dei gruppi di detenuti edinternati ivi ristretti.2. Le modalità del trattamento daseguire in ciascun istituto sonodisciplinate nel regolamento interno,che è predisposto e modificato da unacommissione composta dal magistratodi sorveglianza, che la presiede, daldirettore, dal medico, dal cappellano,dal preposto alle attività lavorative,da un educatore e da un assistentesociale. La commissione può avvalersidella collaborazione degli espertiindicati nel quarto comma dell'articolo80.3. Il regolamento interno disciplina,altresì, i controlli cui devono sottoporsitutti coloro che, a qualsiasi titolo,accedono all'istituto o ne escono.4. Il regolamento interno e le suemodificazioni sono approvati dalMinistro per la grazia e giustizia.

Art. 69 Reg. P."Informazioni sulle norme e sulledisposizioni che regolano la vitapenitenziaria"

1. In ogni istituto penitenziariodevono essere tenuti, presso labiblioteca o altro locale a cui i detenutipossono accedere, i testi della legge,del presente regolamento, delregolamento interno nonché dellealtre disposizioni attinenti ai diritti e aidoveri dei detenuti e degli internati,alla disciplina e al trattamento.2. All'atto dell'ingresso, a ciascundetenuto o internato è consegnato unestratto delle principali norme di cui alcomma 1, con l'indicazione del luogodove è possibile consultare i testiintegrali. L'estratto suindicato è fornitonelle lingue più diffuse tra i detenuti einternati stranieri.3. Di ogni successiva disposizionenelle materie indicate nel comma 1 èdata notizia ai detenuti e agli internati.4. L'osservanza, da parte dei detenutie degli internati delle norme e delledisposizioni che regolano la vitapenitenziaria, deve essere ottenutaanche attraverso il chiarimento delleragioni delle medesime.

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detto che vuoleotto ore d’aria pertutti, allora comele riempiamoqueste otto ore?Potreste present­are delle proposte,perché quello chesi tende ad es­cludere è chequeste ore sianopassate senza farniente, anche seall’ozio in cellapreferisco le ottoore fuori senza farniente. Questo èlo spirito, quindi èanche un impegnoda parte vostra,mica è facile pro­grammare la vitadi tante personeper tante ore tuttii giorni e tutti i mesi dell’anno.Per esempio voi avete fatto uncensimento delle abilità interne,delle professionalità che ognunodi voi ha? Fatelo voi stessi, magariavete qualcosa da insegnare aglialtri.Andrea Capitanio: Vorremmoaffrontare anche la questionedell’avviamento al lavoro. Io credoche finché era l’ufficio degli edu­catori che si prendeva il compitodi stilare gli elenchi per l’avvia­mento al lavoro, c’era una gradu­atoria che teneva conto anchedelle competenze e delle profes­sionalità, il problema nello spe­cifico è che questa competenzanon è più dell’ufficio educatori, marientra adesso nelle competenzedell’area sicurezza.Giovanni Maria Pavarin: Questomi sfugge, chi ha spostato questacompetenza?Ferdinando Ciardiello: È statospostato tutto, così come la com­missione culturale, da circa quat­tro anni.Una volta tenevamo conto anchedella data di dimissioni e chi si av­vicinava alle dimissioni aveva unpunteggio più alto, si consideravala situazione familiare, il numero

di figli, tenevamo conto di unventaglio di situazioni, lo gestiva­mo noi con un agente che ciaiutava in questo. Avevamo cre­ato con un ispettore molto bravoun programma automatico cheveniva gestito una volta alla set­timana. Dopodiché ci è stato dettoche questo non andava più benecosì. Ora tutti i detenuti che en­trano vengono inseriti in unagraduatoria, che è gestita dall’uf­ficio comando, e prendono unpunto al mese, e viene consid­erata solo l’anzianità di ingresso.Giovanni Maria Pavarin: No,allora bisogna seguire l’articolo 20della legge, che è la strada maes­tra, altrimenti si entra nel caos.Ci sono delle cose che non sicapiscono, bisognerebbe chiederea chi ha preso questa decisione eil perché. Voi avete la possibilità diinterloquire con la direzione,quindi chiedete le cose che noncapite, avete il diritto di farlo e diottenere anche delle risposte. Lalegge dice che io ho l’obbligo diparlare con voi, a maggior ragioneil direttore. C’è un obbligo di in­terlocuzione continua.Andrea: Non sempre a noi de­tenuti viene garantita questa >>>

Art. 27 O. P."Attività culturali, ricreative esportive"

1. Negli istituti devono essere favoritee organizzate attività culturali, sport­ive e ricreative e ogni altra attivitàvolta alla realizzazione della person­alità dei detenuti e degli internati,anche nel quadro del trattamento rie­ducativo.2. Una commissione composta daldirettore dell'istituto, dagli educatori edagli assistenti sociali e dai rapp­resentanti dei detenuti e degli inter­nati cura la organizzazione delleattività di cui al precedente comma,anche mantenendo contatti con ilmondo esterno utili al reinserimentosociale.

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Art. 59 Reg. P."Attività culturali, ricreative esportive"

1. I programmi delle attività culturali,ricreative e sportive sono articolati inmodo da favornire possibilità di es­pressioni differenziate. Tali attivitàdevono essere organizzate in mododa favorire la partecipazione dei de­tenuti e internati lavoratori e studenti.2. I programmi delle attività sportivesono rivolti, in particolare, ai giovani;per il loro svolgimento deve esseresollecitata la collaborazione degli entinazionali e locali preposti alla curadelle attività sportive.3. I rappresentanti dei detenuti e de­gli internati nella commissione prev­ista dall'articolo 27 della legge sononominati con le modalità indicatedall'articolo 67 del presente regola­mento, nel numero di tre o cinque,rispettivamente, per gli istituti con unnumero di detenuti o di internatipresenti non superiore o superiore acinquecento unità.4. La commissione, avvalendosianche della collaborazione dei deten­uti e degli internati indicati nell'arti­colo 71, cura l'organizzazione dellevarie attività in corrispondenza alleprevisioni dei programmi.5. Le riunioni delle commissioni sisvolgono durate il tempo libero.6. Nella organizzazione e nello svolgi­mento delle attività, la direzione puòavvalersi dell'opera degli assistentivolontari e delle persone indicatenell'articolo 17 della legge.

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possibilità, siamo in una posizionesvantaggiata.Giovanni Maria Pavarin: No, nonsono posizioni di svantaggio, se leiha un diritto e non le viene riconos­ciuto può scrivere al magistrato diSorveglianza specificando che vieneleso un suo diritto di interloquire conchi vuole lei. Ovvio che una personapuò anche avere delle ragioni,avendo tanti detenuti non puòvedere tutti, o ci sono impegni fuorisede, ma una forma di dialogo,anche se non costante, ci devesempre essere tra la direzione e lepersone. Tutti abbiamo diritto adavere una risposta, nel diritto am­ministrativo tutti hanno il diritto disapere il perché di una certa de­cisione.

Vi sono dei detenuti che sonostati considerati compatibili colcarcere nonostante abbiamopatologie molto serie, ma alcunidi questi “compatibili” necessit­ano di un’assistenza continua daparte dei loro compagni di cella,condizionando ulteriormente laloro già intollerabile condizionecarceraria e attribuendo lorouna responsabilità che non glicompete. Cosa si può fare perevitare che queste situazioni siverifichino ancora?

Giovanni Maria Pavarin: Chi ècostretto ad assistere i compagni di

cella si chiama piantone, come bensapete. Viene o dovrebbe essereremunerato per questa mansione,è un’attività a titolo volontario e nondeve essere imposta a nessuno. Haanche un carattere umanitario.

Senza violare il rispetto allaprivacy, non crede che un de­tenuto dovrebbe sapere se uncompagno di cella è affetto damalattie infettive?

Giovanni Maria Pavarin: La tras­missione delle malattie più tre­mende avviene in genere tramitecontatto con i liquidi biologici.Tramite l’aria non si trasmette nél’AIDS né l’epatite. Mentre per altremalattie come la scabbia, come èsuccesso in qualche carcere, allorasì che bisogna stare attenti.Ma non è automatico che se il tuocompagno ha una malattia comel’epatite o l’AIDS tu rischi qualcosa,purché osservi le norme igieniche dibase (uso delle stoviglie, uso dellatazza del water e del lavandinoetc.). C’è o non c’è questo diritto?Io direi che sarebbe auspicabile checi fosse ma che non c’è. Io non hoil diritto di sapere se lui, che dormenella mia cella, ha l’AIDS o no.Sandro: Facciamo un esempio, unmio compagno di cella ha l’HIV e ionon lo so, succede che ha una crisiepilettica, io per soccorrerlo gliprendo la lingua per evitare che

soffochi e lui istintiva­mente mi morde e miinfetta.Giovanni MariaPavarin: Se lui nonglielo dice non c’ènulla da fare, ladirezione commetter­ebbe un grave illecitose glielo dicesse.La convivenza coattatra due persone po­trebbe portare aquesta situazione equindi è una ques­tione da valutare, èuna questione sullaquale qualcuno dovràriflettere.

Art. 35 O.P."Diritto al reclamo"

I detenuti e gli internati pos­sono rivolgere istanze o reclamiorali o scritti, anche in bustachiusa:1) al direttore dell'istituto, alprovveditore regionale, al capodel dipartimento dell'amminis­trazione penitenziaria e al Min­istro della giustizia;2) alle autorità giudiziarie esanitarie in visita all'istituto;3) al garante nazionale e aigaranti regionali o locali dei di­ritti dei detenuti;4) al presidente della giuntaregionale;5) al magistrato di sorvegli­anza;6) al Capo dello Stato.

Art. 49 Reg. P."Criteri di priorità per l'asse­gnazione al lavoro all'inter­no degli istituti"

1. Nella determinazione dellepriorità per l'assegnazione deidetenuti e degli internati al la­voro si ha riguardo agli ele­menti indicati nel sesto commadell'articolo 20 della legge.2. Il direttore dell'istituto as­sicura imparzialità e traspar­enza nelle assegnazioni allavoro avvalendosi anche delgruppo di osservazione e trat­tamento.

Art. 67 Reg. P."Garanzie di sorteggio dellerappresentanze"

1. Le modalità dei sorteggi deicomponenti delle rappresentan­ze, previste dagli articoli 9, 12,20, e 27 della legge, sono dis­ciplinate dal regolamento inter­no in maniera da garantireuguali possibilità di nomina pertutti i detenuti e gli internati.Con il medesimo sorteggio sononominati i rappresentanti in ca­rica e i loro sostituti.2. I detenuti e gli internatinominati nelle rappresentanze,previste dagli articoli 12, 20 e27 della legge, durano in caricaquattro mesi.

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Ornella Favero: Io credo che ivantaggi che si ottengono sono po­chi rispetto agli svantaggi che sonotantissimi, perché se tu cominci asapere le malattie delle personerischi di non tutelare più la lorodignità. Il problema è che venganodate a tutti delle informazionichiare sulle regole minime darispettare, tutti dovremmo impar­are ad essere più attenti dal puntodi vista dell’igiene e le personedovrebbero essere informate suirischi. Ma è giusto comunque par­larne perché non è semplice.Giovanni Maria Pavarin: Magariil medico potrebbe segnalare alladirezione che due persone chehanno la stessa patologia po­trebbero essere messe insiemenella stessa cella. Cosa dite, po­trebbe essere una proposta?Ornella Favero: E’ una questionedelicata che va affrontata seria­mente perché non è uno scherzo.Io ho conosciuto tante persone chedicono serenamente ai propri com­pagni di cella della loro malattia,ma ritengo molto pericoloso obbl­igare a farlo. Piuttosto bisogn­erebbe fare una campagna diinformazione, spingendo le per­sone che hanno questa patologiaa non vivere più vergognandosi ea non nascondersi.

Quali motivazioni sono neces­

sarie affinché un detenutogravemente malato possa ac­cedere alla detenzione domi­ciliare? Che cosa significaessere “compatibili” con il car­cere in presenza di una gravepatologia? Si tiene conto solodella possibilità di curarsi oanche dell’importanza di fat­tori psicologici per far frontealla malattia?

Ornella Favero: Io credo che lacompatibilità sia qualcosa di piùche dire che tu ti puoi curare anchein carcere, perché sappiamo chenon sono importanti solo le ter­apie, ma anche come si reagiscealla malattia. A me piacerebbe par­lare di che cosa è davvero la “com­patibilità”, cioè il fatto che tu puoifare la chemio anche stando incarcere oppure che tu la malattiagrave la devi affrontare in mododiverso, in un ambiente sereno,circondato dalle persone che sonoin grado di aiutarti.Giovanni Maria Pavarin: Il ter­mine “compatibilità” è usato solouna volta nella legge, all’articolo146 del codice che parla del differ­imento obbligatorio della pena, quinon si discute. In presenza diquelle condizioni che la leggerichiede, il tribunale è obbligato ascarcerare la persona. Donnaincinta: se stai scostando una

pena e sei incinta devi andar fuori.Se sei imputata il G.I.P. può de­cidere di tenerti dentro perchémagari sei recidiva per i furti, maappena sei definitiva devi andarfuori. La stessa cosa vale per ladonna madre di un bambino di etàinferiore ad anni uno. Il terzo casoc’entra con la malattia: AIDS, HIVo altra malattia particolarmentegrave, tale da non rispondere piùalle cure. Significa che ti mando amorire a casa. Quindi anche l’AIDSe l’HIV che un tempo bastavanoper uscire ora non bastano più.Questo è l’unico punto in cuitroviamo l’incompatibilità.Per la norma 147 (differimentofacoltativo) è sufficiente che ci siauna malattia grave. Di fronte allagravità di una malattia il tribunalepuò dare, ma può anche res­pingere. Qual è il criterio? La peri­colosità sociale.Nel valutare la malattia grave, avolte succede che nonostante lagravità ti lascio in carcere perchéo non hai una casa o il tuo >>>

Art. 146 Codice Penale"Rinvio obbligatoriodell'esecuzione della pena"

L'esecuzione di una pena, che nonsia pecuniaria, è differita:1) se deve aver luogo nei confronti

di donna incinta;2) se deve aver luogo nei confronti

di madre di infante di età inferioread anni uno;3) se deve aver luogo nei confronti

di persona affetta da AIDS con­clamata o da grave deficienza im­munitaria accertate ai sensidell'articolo 286­bis, comma 2, delcodice di procedura penale, ovveroda altra malattia particolarmentegrave per effetto della quale le suecondizioni di salute risultano in­compatibili con lo stato di deten­zione, quando la persona si trova inuna fase della malattia così avan­zata da non rispondere più,secondo le certificazioni del serviziosanitario penitenziario o esterno, aitrattamenti disponibili e alle terapiecurative.Nei casi previsti dai numeri 1) e 2)

del primo comma (..).

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spessore criminale èincompatibile con latua liberazione im­mediata.C’è un rimedio, dicela legge, quando nonposso darti il differi­mento posso darti insua sostituzione ladetenzione domicili­are; prima non erapossibile oggi sì,anche lo stesso ma­gistrato da solo lapuò dare. Risposteche a volte possonorisultare inumane di­pendono da questofattore legato allapericolosità. In ognicaso sono maggiori leistanze che vengonoaccolte, che non i casidi brutale rigetto.È difficilissimo chequando il medico cidice che una personaha una patologia particolarmentegrave, la si tenga dentro. Di frontea certe situazioni mal interpretatedal medico, perché a volte il medicoesagera nel largheggiare e a volteesagera nel restringere (dice chenon è niente, ma in realtà non tiha fatto fare gli esami sufficienti),lui stesso viene imbrogliato o noncapisce fino in fondo cos’hai, e puòdarsi che ci sia qualche vittima dimalasanità anche in carcere.Tutti corriamo dei rischi in caso dimalattia, però in genere gli errorifatali, quelli che producono mortesono più riscontrabili nel mondolibero che nel mondo del carcere.Il medico in genere tende acautelarsi dirottando il problemasul fuori piuttosto che tenersi unmalato grave dentro.Certo che il fattore psicologico divivere la malattia fuori è import­ante ed è comprovato che ha unvalore nel combattere la malattia,ce ne rendiamo perfettamente con­to e quando si può in genere si ac­coglie l’istanza. Certo che se unacosa così me la chiede una personache ha quattro condanne e che è

a capo di una nota cosca mafiosa,prima di metterla fuori, special­mente se vuole andare a casa sua,ci pensiamo dieci volte. Quando ilmedico ci fa presente unasituazione pesante, di solito con­cediamo perché tenere una per­sona grave in carcere è anche uncosto elevato per la struttura.

Gentile Presidente, grazie molteper la sua disponibilità.

Giovanni Maria Pavarin: Graziea voi e grazie anche per la suapresenza, dott.sa Favero, so chefirma anche questo giornale oltrea Ristretti Orizzonti di Padova.Avete una serie di materie per fareun incontro con la Direzione, esoprattutto provate, chi è dellacommissione cultura, a scrivere aivostri colleghi di Padova chiedendocome funziona da loro e comehanno fatto. Anche la dott.saFavero potrebbe farsi tramite perquesta vostra richiesta.Avete tante persone che vi aiutano,al di là del garante, dell’educatore,e altri. • La redazione

Art. 147 Codice Penale"Rinvio facoltativodell'esecuzione della pena"

L'esecuzione di una pena può es­sere differita:1) se è presentata domanda di

grazia, e l'esecuzione della penanon deve esser differita a normadell'articolo precedente;2) se una pena restrittiva della

libertà personale deve essere ese­guita contro chi si trova in condiz­ioni di grave infermità fisica;3) se una pena restrittiva della

libertà personale deve essere ese­guita nei confronti di madre diprole di età inferiore a tre anni.Nel caso indicato nel n. 1, l'es­

ecuzione della pena non può esseredifferita per un periodo superiorecomplessivamente a sei mesi, adecorrere dal giorno in cui la sen­tenza è divenuta irrevocabile,anche se la domanda di grazia èsuccessivamente rinnovata.Nel caso indicato nel numero 3)

del primo comma il provvedimentoè revocato, qualora la madre (..).Il provvedimento di cui al primo

comma non può essere adottato o,se adottato, è revocato se sussisteil concreto pericolo della commis­sione di delitti.

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Art. 17 O. P."Partecipazione della comunitàesterna all'azione rieducativa"

1. La finalità del reinserimento so­ciale dei condannati e degli inter­nati deve essere perseguita anchesollecitando ed organizzando lapartecipazione di privati e diistituzioni o associazioni pubblicheo private all'azione rieducativa.Sono ammessi a frequentare gliistituti penitenziari con l'autorizza­zione e secondo le direttive delmagistrato di sorveglianza, suparere favorevole del direttore,tutti coloro che avendo concretointeresse per l'opera di risocializza­zione dei detenuti dimostrino dipotere utilmente promuovere losviluppo dei contatti tra lacomunità carceraria e la societàlibera.2. Le persone indicate nel commaprecedente operano sotto il con­trollo dei direttore.

La vecchia sede del Tribunale di Sorveglianza, Palazzo Diedo

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attualità

Dall’inizio di giugno il nostro Istituto haadottato il regime “aperto” per tutte lesezioni (ad esclusione del 2^ piano destro),

ossia le celle sono aperte dalle 8:30 alle 17:15,dunque si può girare liberamente all’interno delcorridoio sul proprio piano. Questa nuova situazionecomporterà una rivoluzione di fondo che riparte daiprincipi dell’Ordinamento Penitenziario e inparticolare dalla responsabilizzazione del detenutorispetto al suo percorso detentivo. Abbiamo avutomodo di ragionare durante l’incontro in redazionecon il Presidente dott. Pavarin, sul concetto diinfantilizzazione del detenuto, a partire dai vocaboliin uso per descrivere azioni, ruoli e mansioniall’interno degli Istituti di pena: “domandina”,“spesino”, “scopino” per esempio sono diminutiviche svalutano il significato originario del termine edi certo non facilitano la presa di responsabilità diuna persona.Dopo l’incontro avuto con il dott. Pavarin, inredazione abbiamo iniziato a ragionare su quelledisposizioni, previste dall’OrdinamentoPenitenziario, ma poco o per niente applicate.Riteniamo costruttivo poter iniziare un dialogo conla nostra Amministrazione su alcuni dei problemi

che, a nostro avviso, sono più urgenti da affrontareper provare davvero ad umanizzare la pena, anchesecondo le indicazioni contenute nella recenteCircolare “Umanizzazione della pena” delProvveditore dell’Amministrazione penitenziaria,Pietro Buffa, datata 1 ottobre 2013.Ci permettiamo dunque, anche dopo il proficuodialogo intercorso con il Presidente del Tribunale diSorveglianza e i consigli che ne sono seguiti, diprovare ad elencare alcuni punti secondo noiproblematici e le relative nostre proposte percercare di migliorare le condizioni detentive attuali.Ci piacerebbe che a queste nostre idee seguisse undialogo costruttivo, anche alla luce del fatto chesiamo di fronte ad un vero e proprio cambiamentonello svolgimento della quotidianità all’interno degliistituti detentivi.Il carcere non dovrebbe rendere passive le personedetenute, per questo è davvero importanteincrementare, per quanto possibile, le occasioni diimpiego del tempo in modo utile.Un carcere umano, una pena che abbia un sensopossono davvero aiutare a rivedere in modo criticoil proprio passato e il percorso che ha portato lepersone a violare la legge, facendo venir meno tuttal’aggressività e il vittimismo, che invece trovanospazio là, dove dominano l’inefficienza, laburocratizzazione, la scarsa tutela dei diritti. • LaRedazione

Telefonate:­ Poter telefonare liberamente in qualsiasi ora dellagiornata fino alle 18 o 19 (domenica e festivicompresi), per un totale di 6 telefonate al mese delladurata di 20 minuti, qualsiasi sia la posizionegiuridica, mediante tessera telefonica prepagata econ numeri preventivamente autorizzati. Questasoluzione è stata adottata con successo c/o diversiIstituti, grazie alla decisione del Direttore diconcedere a tutti i detenuti almeno due telefonatestraordinarie al mese (anche in considerazione delfatto che nelle carceri si vive oggi in condizioni fuoridalla “normalità”, e le telefonate “straordinarie”costituiscono un elemento importante diumanizzazione della pena);­ Cabina telefonica o guscio per un minimo di privacydurante la telefonata. Infatti ora che le celle insezione sono aperte, si registra un problema per chideve telefonare perchè la postazione è nel corridoiodella sezione, senza un minimo di riparo;­ Le telefonate su numeri cellulari non devonoprecludere la possibilità di fare colloqui. Si chiedel’equiparazione tra numeri fissi e mobili, distinzioneormai obsoleta.

Regolamento interno:­ Adottare un regolamento interno secondo quelleche sono le prescrizioni e le modalità fissate dallanormativa vigente (Ordinamento Penitenziario ecircolari D.A.P.). Esiste un “vademecum” redatto nel2011 con il contributo del Comune di Venezia,disponibile solo in italiano e ormai superato sia dalpunto di vista legislativo, sia della prassi­ Tradurre il regolamento interno, darlo in visione edesporlo nelle bacheche delle sezioni.

Lavoro:­ Definire in modo trasparente le modalità perl’assegnazione al lavoro interno, come indicate alcomma 6 dell’art. 20 dell’Ordinamento Penitenziario.

Procedure per avviare i colloqui:­ Possibilità, per un detenuto autorizzato dal GIP, dicontinuare a telefonare o ad avere colloqui anchedopo la condanna di primo grado e il conseguentepassaggio di competenze alla Direzione dell’Istitutoper l’autorizzazione ai colloqui e telefonate.Nell’attesa di avere i risultati dei nuovi accertamentieventualmente richiesti dal Direttore, deve poterpermanere la possibilità di avere colloqui otelefonate già autorizzate in passato dall’organodella magistratura (Circolare D.A.P. "Umanizzazionedella pena" che stabilisce la continuità delleautorizzazioni alle comunicazioni esterne e alle visitedi un detenuto, al di là dell'Istituto e del grado dicondanna).

Lista della spesa:­ Ampliare la lista della spesa del sopravvittointroducendo anche prodotti di qualità, ma di unafascia di prezzo più bassa, la lista attuale è ancoratroppo limitata e si corre il rischio di intasare lerichieste di spesa ex modello 393;­ Inserire le batterie ricaricabili e il carica batterie inlista spesa;­ Inserire le borse frigo in lista spesa;­ Ripristinare e mettere a regime le offerte diprodotti del sopravvitto;­ Ridurre i tempi per l’acquisto di farmaci, o prodottiassimilabili, già autorizzati dal medico del carcere.

Qualche proposta della Redazioneper avviare un dialogo

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