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indice Presentazione ....................................................................... 8 Prefazione........................................................................... 11 Cenni generali sugli ungulati selvatici Introduzione ................................................................. 13 Distribuzione e consistenza ....................................... 16 Biologia e comportamento in natura ........................ 28 Dinamica delle popolazioni........................................ 31 Il rapporto tra gli ungulati e l’ambiente .................... 36 Metodologie di censimento ........................................ 43 Gestione degli ungulati selvatici ................................ 50 Patologie e mortalità.................................................... 53 Approfondimenti sugli ungulati presenti in Liguria e proposte gestionali Il cinghiale ..................................................................... 59 Il capriolo ...................................................................... 91 Il daino ........................................................................ 117 Il cervo ........................................................................ 139 Il camoscio .................................................................. 151 Il muone.................................................................... 158 Il lupo e gli altri predatori .............................................. 167 Conclusioni ...................................................................... 170 Appendice Dati biometrici del cinghiale .................................... 172 Dati biometrici del capriolo ..................................... 175 Bibliograa ....................................................................... 176

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indice

Presentazione ....................................................................... 8

Prefazione ...........................................................................11

Cenni generali sugli ungulati selvaticiIntroduzione .................................................................13Distribuzione e consistenza .......................................16Biologia e comportamento in natura ........................28Dinamica delle popolazioni ........................................31Il rapporto tra gli ungulati e l’ambiente ....................36Metodologie di censimento ........................................43Gestione degli ungulati selvatici ................................50Patologie e mortalità ....................................................53

Approfondimenti sugli ungulati presenti in Liguria e proposte gestionali

Il cinghiale .....................................................................59Il capriolo ......................................................................91Il daino ........................................................................117Il cervo ........................................................................139Il camoscio ..................................................................151Il mufl one ....................................................................158

Il lupo e gli altri predatori ..............................................167

Conclusioni ......................................................................170

AppendiceDati biometrici del cinghiale ....................................172Dati biometrici del capriolo .....................................175

Bibliografi a .......................................................................176

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Negli ultimi anni, in Italia e, in genere, in tutta Europa, il numero degli ungulati selvatici è aumentato in modo evidente e generalizzato.Indubbiamente la loro presenza rappresenta una ricchezza del nostro patrimonio faunistico, tuttavia, con sempre maggiore frequenza, si può constatare come questi animali, per indole solitamente schivi, si avvicinino ai centri abitati, causando spesso incidenti stradali e come, loro malgrado, infl uiscano sulle attività umane, danneggiando le coltivazioni residue e generando confl itti e insofferenza nel mondo civile ed agricolo.I grandi mammiferi selvatici furono allontanati dagli ambienti rurali nel corso del XIX secolo, a causa, da un lato, di un’eccessiva competizione con l’uomo e con gli animali domestici, che sottraevano loro cibo e zone di rifugio e, dall’altro, a causa di una caccia di sussistenza che gli abitanti delle zone montane erano costretti a praticare se volevano sopravvivere.Così risulta anche dalla Memoria intorno al Bosco di Rezzo e alla vendita del medesimo del 1864, che l’avvocato Carlo Diana indirizza al sindaco di tale paese, oggi in provincia di Imperia, dove si descrive la varia fauna selvatica presente, fra cui lupi, volpi, martore, lepri e ghiri: «Tutto questo selvaggiume però diminuisce annualmente, per il crescente numero dei cacciatori e legnajuoli che lo uccidono o disturbano». Si può ragionevolmente presumere che quello che accadeva nel bosco di Rezzo alla metà dell’Ottocento

fosse rappresentativo di una situazione generale, in cui la competizione uomo-animale selvatico per gli spazi vitali si risolvesse sempre a favore del primo, anche nel caso dei grandi mammiferi: «… fi n passata la metà del secolo scorso, vivevano nel bosco e dintorni alcuni cinghiali, animali che si cibano volentieri della faggiuola, ossia del frutto prodotto dal faggio. Alcuni vecchi del paese infatti, morti pochi anni or sono si ricordavano di aver veduto qualcuno di tali animali (…) Si indicano ancora adesso alcuni siti dove ebbero luogo le ultime caccie di questi animali, i quali, coll’estendersi della coltura, e per l’aumento della popolazione e del numero dei cacciatori, mancarono e cessarono affatto prima della fi ne del secolo scorso».Nel corso del XX secolo invece la situazione si è capovolta: le zone coltivate, soprattutto in montagna e nelle aree settentrionali, sono state progressivamente abbandonate dal secondo dopoguerra in poi e si sono drasticamente ridotte negli ultimi anni.Un territorio dove la densità della popolazione umana è molto alta, ma concentrata soprattutto nelle aree urbane e dove l’agricoltura intensiva utilizza porzioni sempre più piccole rispetto al passato e abbandona le aree collinari e montane, è destinato a sviluppare uno spazio sempre più vasto in cui la natura ricrea le condizioni migliori per l’incremento delle specie in grado di adattarvisi.Il processo di rinaturalizzazione ha così prodotto ambienti che sono diventati nuovamente ospitali per cinghiali, caprioli, cervi e, di conseguenza, per i predatori.

CENNI GENERALI SUGLI UNGULATI SELVATICI

Introduzione

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G li ungulati selvatici presenti in Italia sono artiodattili e quindi appoggiano il piede su un numero pari di unghie, quelle del terzo e del quarto dito.

Si suddividono in tre famiglie: Suidi, Cervidi e Bovidi.Le differenze anatomiche principali tra i primi, rappresentati dal cinghiale e gli altri sono legate soprattutto all’alimentazione. I cinghiali sono monogastrici e hanno una dentatura completa con molari di forma simile a quelli umani, detti bunodonti. Cervidi e Bovidi sono erbivori, poligastrici, non hanno dentatura completa e i loro molari (detti selenodonti) hanno una forma caratteristica particolarmente adatta a triturare vegetali. I ruminanti hanno sviluppato un particolare tipo di stomaco, diviso in quattro camere dette rumine, reticolo, omaso e abomaso. L’abomaso è l’unico stomaco che produce enzimi digestivi, mentre gli altri tre hanno la funzione di “anticamere” dove il cibo viene degradato grazie a batteri e protozoi. Quando i ruminanti si nutrono, strappano frettolosamente il cibo e lo trasferiscono nel rumine senza quasi masticarlo. Questo prestomaco potrebbe essere paragonato a una sorta di “betoniera” dove il cibo viene continuamente impastato e attaccato da microrganismi che ne permettono la fermentazione, ricavando nutrimento dai residui di cellulosa. A questo punto i vegetali ingeriti (defi niti bolo alimentare) passano nel reticolo, che separa le parti più liquide trasferendole all’omaso. Il resto viene rimandato alla bocca dove inizia un’accurata rimasticazione; in seguito il bolo alimentare viene inghiottito senza più passare dal rumine, per essere poi digerito nello stomaco vero e proprio.

I ruminanti possono essere distinti in tre categorie:• i brucatori, che solitamente hanno un apparato digerente

di dimensioni ridotte, dove il cibo non può fermentare a lungo e che sono quindi costretti a scegliere per la loro dieta cibi molto nutrienti e digeribili;

• i pascolatori, che invece hanno capacità digestive molto elevate e quindi possono assumere foraggi ricchi di cellulosa;

• i pascolatori intermedi, che adattano la loro dieta all’ambiente in cui vivono o all’offerta di cibo stagionale.

Il capriolo è un tipico selettore di alimenti concentrati, mentre il mufl one è il tipico esempio di pascolatore.Bovidi e Cervidi si differenziano tra loro principalmente per la presenza di vere corna nei primi e di strutture ossee, detti palchi, solitamente portati dai maschi, nei secondi.Le corna sono formate da cheratina, un materiale corneo proteico simile a quello che costituisce le unghie o i capelli umani: rappresentano una struttura permanente a crescita continua e sono inserite in un osso frontale rivestito di tessuto connettivo, che ne permette la crescita e le salda fortemente alla testa. La crescita è stagionale, con una pausa nei mesi invernali, durante la quale si forma un anello di accrescimento annuo, da cui si può desumere l’età dell’animale.Inizialmente lo sviluppo delle corna è molto veloce, ma, con il passare degli anni, tende a rallentare. Nel camoscio, ad esempio, dopo 4-5 anni d’età, l’altezza degli anelli di crescita è di pochi millimetri.La determinazione dell’età in base agli anelli di accrescimento delle corna si può fare solo quando si

Biologia e comportamento in natura

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N ella nostra epoca qualsiasi evento riguardi la comparsa o la scomparsa di qualche specie è recepito in modo drammatico, come se la vita

sulla Terra fosse qualcosa di completamente statico.L’estinzione di specie animali o vegetali, cioè la loro scomparsa dal pianeta o la loro espansione possono essere fenomeni assolutamente naturali, legati a variazioni delle condizioni ambientali necessarie alla loro sopravvivenza.La storia naturale sulla Terra è stata ripetutamente segnata da profonde trasformazioni delle condizioni ambientali, che, in determinate epoche, hanno portato all’estinzione di gran parte delle specie viventi. A tali eventi catastrofi ci sono seguiti lunghi periodi in cui condizioni più stabili hanno permesso l’evoluzione e l’affermazione di nuove forme di vita, il tutto ben prima della comparsa dell’uomo sulla Terra.La più famosa estinzione fu probabilmente quella del Cretaceo (circa 65 milioni di anni fa), che segnò la scomparsa dei dinosauri e di molti altri organismi animali e vegetali e che avvenne molto prima della comparsa dell’uomo.Il 99,9% delle forme di vita apparse sulla terra si sono naturalmente estinte nel corso del tempo per lasciare spazio a quelle che oggi ritroviamo.L’impatto dell’uomo sulla diversità della fauna selvatica aumentò enormemente quando, da un’economia basata sullo sfruttamento delle risorse spontanee (caccia e raccolta di frutti selvatici), si passò a quella basata sulla domesticazione di alcune specie animali e vegetali e sulla loro produzione in grande stile in ambienti trasformati a

tale scopo (allevamento e agricoltura).La “rivoluzione agricola” del Neolitico, che iniziò circa 10.000 anni fa a partire dal Medio Oriente, Cina e Centro America, permise di produrre direttamente le risorse alimentari che prima dovevano essere cercate nell’ambiente selvatico e provocò un deciso incremento della densità umana: un’economia agricola primitiva consentiva la sopravvivenza di 1.500 persone laddove un’economia basata solamente sulla caccia e sulla raccolta di frutti selvatici avrebbe potuto sostentare un solo uomo.La coltivazione delle piante e l’allevamento degli animali resero l’uomo maggiormente indipendente dall’ambiente selvatico e fecero sì che la caccia non fosse più l’unico modo per procacciarsi proteine. La pressione venatoria diretta sulla fauna selvatica diminuì, ma le attività agricolo-pastorali ebbero un impatto molto maggiore sull’ambiente naturale, a causa dei molteplici interventi dell’uomo per sviluppare le sue attività: disboscamenti, modifi cazione dell’assetto vegetazionale, introduzione di specie vegetali e animali più utili che sostituivano quelle selvatiche, introduzione accidentale di agenti patogeni, parassiti ecc.Pertanto, l’attività umana divenne un agente modifi catore dell’equilibrio naturale e della biodiversità, fi no a determinare la scomparsa di specie viventi, animali e vegetali e talvolta a favorire la loro ricomparsa e la loro espansione.Gli animali presenti sulla terra appartengono a una grande varietà di specie. La specie, secondo la defi nizione classica (specie biologica), è l’insieme di tutti gli organismi simili

Dinamica delle popolazioni

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L a fauna selvatica rappresenta un bene di tutta la collettività, una componente ambientale che migliora il territorio e la sua percezione.

La conservazione di tale risorsa deve essere correlata ad una profonda conoscenza scientifi ca di tutti i parametri che permettono di prevederne l’evoluzione in tempi brevi, medi e lunghi.La conoscenza della demografi a delle popolazioni animali è un parametro indispensabile anche per modelli di gestione che consentano di stabilire valori numerici minimi per popolazioni vitali di specie particolarmente rare ed eventualmente pianifi care interventi di reintroduzione e di ripopolamento (o restocking).Nel caso delle specie oggetto di prelievo venatorio, l’analisi dei dati di cattura/ricattura di soggetti marcati individualmente consente di valutare la sostenibilità del prelievo stesso e contribuisce a superare le frequenti controversie originate dal dubbio se la caccia possa essere o no un elemento perturbatore della conservazione della specie.Le operazioni tese alla conoscenza dei principali parametri di popolazione, come densità, consistenza, struttura in classi di sesso e di età, distribuzione e possibile incremento utile annuo, sono defi nite censimenti. I censimenti possono essere:• conteggi assoluti o totali, volti a determinare il numero

totale di animali presenti in un dato momento in una determinata area (densità), nonché la ripartizione in classi di sesso e di età;

• censimenti per zone campione, volti a valutare la

densità e la struttura di popolazione in parcelle rappresentative dell’intera unità di gestione, eseguiti solitamente per estrapolare i dati campione e riferirli all’intera area;

• conteggi relativi o per indici, che determinano un indice di abbondanza relativa che è correlato alla consistenza assoluta della popolazione.

Nel caso di una popolazione di ungulati, qualsiasi censimento diffi cilmente potrà essere esaustivo, al di là delle differenze di contattabilità esistenti tra una specie e l’altra.Anche le caratteristiche ambientali possono infl uenzare il successo dei censimenti.Normalmente la popolazione censita è sottostimata, anche se, nel caso di gestione venatoria, la puntuale verifi ca del carniere tenderebbe a ridurre i margini di incertezza.I tipi di conteggio possono essere basati su metodologie diverse:• conteggi basati sull’osservazione diretta degli animali;• conteggi indiretti, basati sull’utilizzo di indici di

presenza di vario tipo (tracce, presenza di escrementi, emissioni sonore);

• conteggi analitici matematici, basati sull’utilizzo di dati numerici (proporzione fra animali marcati e no, proporzione di determinate classi di età, dati relativi ai carnieri venatori, dati relativi agli individui soggetti ad incidenti).

I risultati scaturiti dai conteggi possono fornire conoscenze utili: ai fi ni della conservazione, per verifi care i rischi di estinzione locale o totale di una specie o i risultati di operazioni di gestione; ai fi ni della gestione

Metodologie di censimento

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L a gestione della fauna selvatica rappresenta la somma delle azioni compiute per modifi care o mantenere lo status di una qualsiasi specie.

Come tutte le attività di gestione, ossia di amministrazione, dovrebbe essere basata su conoscenze pregresse e dovrebbe seguire precise strategie per raggiungere effi cacemente gli obiettivi prefi ssati. Se questi non fossero raggiunti si dovrebbero modifi care le linee di intervento.La gestione della fauna selvatica comprende sia l’attività venatoria sia l’attività di controllo.L’obiettivo stabilito per l’attività venatoria dalla legge 157/92 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) è quello conservativo, mentre l’attività di controllo dovrebbe ridurre i danni e i confl itti provocati dalla fauna selvatica. Più precisamente, per attività di controllo s’intende il complesso delle misure volte a limitare l’interferenza negativa che una specie animale esercita a livello locale nei confronti dell’uomo e delle sue attività. Il controllo diretto comprende le attività di cattura e di abbattimento, mentre quello indiretto prevede principalmente la messa in opera di recinzioni, meccaniche o elettriche. In tal senso, esiste una differenza netta fra l’attività di controllo e la gestione venatoria, che trova i suoi presupposti nello sfruttamento razionale delle popolazioni selvatiche.L’unica similitudine che esiste fra le due attività è l’abbattimento degli animali, tipico dell’attività venatoria ed eventuale nell’attività di controllo e questo genera molta confusione e qualche aspettativa di vedere ridotti danni e cinghiali con l’aumentare dei prelievi venatori.

Tali aspettative sono quasi sempre deluse dai fatti.La gestione venatoria della fauna selvatica deve tenere conto dei censimenti effettuati, della crescita di popolazione e dei prelievi.Nel caso degli ungulati selvatici poligastrici, i prelievi sono eseguiti in modo selettivo scegliendo un capo appartenente ad un precisa classe di sesso e di età, in modo che gli animali sottratti corrispondano a quelli che sarebbero predati da un grande carnivoro selvatico. La popolazione risultante sarebbe quindi di tipo “naturale”, caratterizzata da una piramide di età comprendente anche animali vecchi.In genere i piani di prelievo di Cervidi e Bovidi devono includere lo stesso numero di maschi e di femmine, un elevato numero di animali piccoli e giovani (circa il 50%), mentre la restante parte sarà composta da animali vecchi e adulti. Tale regola può essere modifi cata nel caso di popolazioni in cui la parte preponderante sia costituita da animali giovani, la cui percentuale di prelievo dovrà essere aumentata per permettere il naturale invecchiamento della popolazione.Il risultato di una corretta gestione venatoria dovrebbe corrispondere alla presenza di popolazioni abbondanti e stabili.Al contrario, l’attività di controllo, diretto o indiretto, dovrebbe produrre una riduzione dei danni su livelli accettabili, senza quasi tenere conto del numero degli animali.Il controllo dunque può essere considerato un’attività di “polizia faunistica”, che, oltre ad avere motivazioni

Gestione degli ungulati selvatici

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