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Internet come fonte di cultura scientifica gratuita accessibile a tutti Open access: chimica libera in rete di Tiziano Vendrame La necessità dei ricercatori di far conoscere i propri risultati, gli utenti di Internet che premono sempre più per avere informazione libera online e gli alti costi di abbonamento alle riviste scientifiche stanno rovesciando il sistema dell’editoria scientifica. Infatti, si sta espandendo sempre di più il sistema in cui a pagare per la realizzazione di un articolo scaricabile gratuitamente non sono i lettori, ma gli autori che si sobbarcando questi costi pur di diffondere quanto più possibile il proprio lavoro.

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Internet come fonte di cultura scientifi cagratuita accessibile a tutti

Open access:chimica libera in rete

di Tiziano Vendrame

La necessità dei ricercatori di far conoscere i propri risultati, gli utenti di Internet che premono sempre più per avere informazione libera online e gli alti costi di abbonamento alle riviste scientifi che stanno rovesciando il sistema dell’editoria scientifi ca. Infatti, si sta espandendo sempre di più il sistema in cui a pagare per la realizzazione di un articolo scaricabile gratuitamente non sono i lettori, ma gli autori che si sobbarcando questi costi pur di diff ondere quanto più possibile il proprio lavoro.

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Dall’open source...Internet ci pone di fronte all’opportunità di una rivoluzione culturale legata al desi-derio degli utenti di poter accedere libera-mente ai materiali e alle informazioni pre-senti in rete, percepito come un diritto da conquistare e difendere.A questo si deve, almeno in parte, il suc-cesso dei software open source ben noti agli internauti - come il sistema operativo Linux e il pacchetto Open Offi ce - i quali per defi nizione hanno un codice sorgente che può essere, ridistribuito e modifi ca-to dagli esperti di programmazione così come descritto nella Open Source Initiative (OSI; http://www.opensource.org/docs/de-fi nition.php). Il fatto che questi programmi siano solitamente anche gratuiti non deve trarre in inganno: nel campo del software il termine “open” non signifi ca “free”, ov-vero gratis, bensì “aperto”, e questo sottin-tende un’idea di collaborazione tra utenti e sviluppatori che va ben al di là del costo del prodotto fi nale (“open non è free”). Chi fosse interessato al loro utilizzo può trova-re diversi portali che contengono raccolte indicizzate di questo tipo di programmi, tra gli altri, citiamo SourceForge (http://sourceforge.net) e Freshmeat (http://fre-shmeat.net), dove si possono trovare anche centinaia di software educativi e professio-nali dedicati alla chimica e ad altre scienze. Il successo dei prodotti Open Source, oltre che una questione economica, è un segno tangibile del sentimento di ribellione con-tro un sistema della proprietà intellettuale sempre più rigido, che cerca di monetizza-re qualunque cosa, creando insopportabili rendite di posizione. Un caso emblematico è l’estensione di 20 anni, negli Usa, della durata dei diritti riconosciuti dopo la morte dell’autore, portata complessivamente a 70 nel 1998 dall’allora presidente democrati-co Bill Clinton, grazie all’emanazione del Sonny Bono Copyriyght Term Extension Act, ribattezzato dai suoi detrattori Mickey Mouse Protection Act per la forte pressione sul governo della lobby Walt Disney.

… All’open accessL’approccio open access all’informazione in rete si rifà in qualche modo ai program-mi open source. Se in questo contesto il termine “open” più che la gratuità sotto-linea il concetto di collaborazione aperta alla realizzazione del codice sorgente, nella locuzione “open access” riferita alle pub-blicazioni online assume il signifi cato di “accesso libero”, ovvero gratis.

Pur con vari distinguo, l’aspetto economi-co è fondamentale anche nella nascita del modello di let-teratura scientifi ca open access, che si sta diffondendo in questi ultimi anni. Nell’editoria tradi-zionale (libri, mu-sica, fi lm ecc.), gli autori sono remunerati per la loro produzione e il sistema dei di-ritti d’autore, con le sue restrizioni relati-ve alla copia e al plagio, svolge un ruolo importante a difesa della proprietà intellettuale, attor-no alla quale gira un sistema economico che remunera anche gli autori. Diversamente da quanto sopra esposto, nella letteratura scientifi ca i ricercatori non vengono pagati. Lo scopo delle pubblica-zioni, dove solitamente vengono descritti i loro studi sperimentali o teorici e i relativi risultati, è di far conoscere il più possibile le proprie scoperte, idee e/o invenzioni, al fi ne principale di acquisire prestigio nazio-nale e internazionale e titoli per avanzare nella carriera. La qualità di una pubblicazione viene mi-surata in base ad alcuni parametri quantita-tivi, i cosiddetti indici bibliometrici, dipen-denti da diversi fattori, tra cui il prestigio della rivista che la ospita e il numero delle citazioni che riceve come descriviamo nell’articolo che segue su questo numero di Green. Le proposte di articoli scientifi ci, detti paper in inglese, vengono valutate attra-verso un processo di “revisione tra pari”, noto universalmente col termine tecnico peer review, ossia l’esame preliminare del-lo scritto da parte dei referee della rivista, noti esperti del settore che ne determinano l’idoneità alla pubblicazione, in termini di correttezza scientifi ca e originalità e di co-erenza con la linea editoriale del giornale. Ovviamente questa procedura ha dei costi che sono assai signifi cativi, almeno secon-do gli editori.Tale sistema è entrato in crisi negli ultimi decenni, a seguito di una progressiva con-centrazione di numerose riviste scientifi che nelle mani di pochi grandi gruppi editoriali e del relativo incremento delle tariffe di ab-bonamento, già decisamente care, ben oltre l’infl azione reale. Un aspetto che crea un diffuso risentimento

Il logo Open Access ideato dal-la Public Library of Sciences (PLoS).

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negli autori è il fatto che essi, benché non retribuiti, debbano cedere i diritti intellet-tuali sui loro paper a un editore che li può liberamente utilizzare a scopo di lucro, adottando le stesse restrizioni di copyright valide nell’editoria commerciale. Nasce così la contraddizione tra lo scopo fonda-mentale della pubblicazione scientifica - ossia far conoscere ad un pubblico il più vasto possibile il lavoro degli autori, le loro nuove scoperte - e i vincoli alla diffusio-ne imposti dagli editori, per difendere una fonte di guadagno esclusivamente loro.In questo contesto socio-economico, si sta diffondendo sempre più il modello open access, grazie anche al contemporaneo sviluppo di Internet che ha reso possibile un sistema estremamente rapido e a basso costo di accesso all’informazione scien-tifica. Al pari dei software open source, i paper sono realmente ad accesso libero solo se consentono agli utilizzatori di scari-care, leggere, copiare, distribuire, stampa-re, ricercare, o collegare (linkare) il testo completo, così come indica la Budapest Open Access Initiative (http://earlham.edu/~peters/fos/boaifaq.htm). L’unica re-strizione per l’open access è che l’autore possa mantenere il controllo dell’integrità del proprio lavoro ed essere correttamente riconosciuto e citato.Un’ulteriore spinta verso questo sistema, nata inizialmente nei paesi anglosassoni, viene dalle associazioni di consumatori: poiché molte delle ricerche sono finanziate con denaro pubblico, i contribuenti hanno il diritto di sapere cosa è stato prodotto con il loro denaro. Questo ha portato molti enti finanziatori ad imporre la pubblicazione

dei risultati in riviste o archivi online istitu-zionali ad accesso libero, come fatto recen-temente dalla Commissione europea con il progetto OpenAIRE - Open Access Infra-structure for Research in Europe (http://www.openaire.eu/it) di cui abbiamo parla-to su Green n. 21 (pagg. 46-48).La prima forma di accesso libero all’infor-mazione scientifica è la Gold Open Access, relativa a riviste, strutturate come quelle tradizionali, in genere distribuite gratuita-mente solo nella versione online, talvolta previa registrazione dell’utente sul loro sito. Per sostenere i costi gli editori devo-no, quindi sfruttare finanziatori istituziona-li, non essendo previsti inserti pubblicitari in questo tipo di giornali, contrariamente a quanto avviene per quelli a carattere tecni-co-applicativo.

Quando a pagare è l’autore

Un sistema che capovolge le vecchie re-gole della proprietà intellettuale è quello di far pagare agli autori i costi dell’open acces: una rivista scientifica affermata può arrivare a chiedere anche 4.000 euro ad ar-ticolo! A titolo d’esempio, Chemical & En-gineering News riporta costi di 3.000 USD per scrivere sui 36 giornali di questo tipo del gruppo Elsevier, mentre Public Libra-ry of Sciences (PLoS), che ne pubblica sei, richiede tra 1.500 e 2500 USD. Il gruppo Springer consente di pubblicare in versio-ne open mediante l’opzione Springer Open Choice™, previo pagamento di 3.000 USD

Il portale OpenAIRE dove sono accessibili i risultati dei progetti di ricerca finanziati dalla Ce.

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a pezzo, una volta che questo sia stato accettato previa peer review. Sul web si possono trovare varie tabelle comparative

delle tariffe di pubblicazione (publication fees), tra cui citiamo a titolo di esempio quella della BioMed Central Ltd. (http://www.biomedcentral.com/about/apccom-parison/) della Springer Science+Business Media che al momento pubblica online ben 241 riviste scaricabili gratuitamente.Il problema dei costi necessari a sostenere l’accesso libero all’informazione scienti-fi ca è centrale nello sviluppo della fi loso-fi a open. Ne è una riprova il fatto che nel 2004 ben 17 atenei italiani hanno sostenuto questo approccio aderendo alla Berlin De-claration on Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities che si rifà alla già citata Budapest Open Access Initiative. Anche se potrà sembrare un controsenso, questo sistema, in cui i costi gravano sugli autori stessi, è sempre più diffuso. Infatti, l’opinione generale tra i ricercatori è che gli elevati costi di abbonamento di una rivi-sta tradizionale creino un ostacolo tale alla divulgazione del proprio lavoro di ricerca e dei relativi risultati da superare di gran lun-ga il vantaggio della pubblicazione classi-ca, il cui è il lettore a pagare.

Pubblicazione libera: gli archivi open access

Oltre a riviste open access strutturate come quelle tradizionali, soggette al processo di peer review, vi sono iniziative che saltano questo tipo di fi ltro, confi gurandosi come archivi automatici online in cui si posso-no caricare liberamente i propri articoli. Questo approccio, detto Green Open Ac-cess, viene defi nito in dettaglio sul sito della Open Archives Initiative (OAI; http://www.openarchives.org). Pur mancando

la “sicurezza” della revisione incrociata, questo approccio non è di per sé indice di scarsa qualità delle pubblicazioni, ma com-porta un atteggiamento più attento e critico da parte del lettore.Ne è un valido esempio arXiv (http://xxx.lanl.gov) della Cornell University, dedi-cato principalmente a fi sica, matematica, informatica, con interessanti sottosezioni di chimica fi sica e biochimica, che permet-te il libero accesso a circa 800mila paper. Come riportato nel sito stesso, arXiv, nato nel 1991, è un archivio elettronico ad alta automazione e un server per la distribuzio-ne di articoli scientifi ci che non utilizza le procedure editoriali di peer review, si tratta quindi un sistema meramente divulgativo a basso costo. Sono gli stessi autori che si oc-cupano di archiviare direttamente i propri articoli elettronici (e-prints), subito pronti per la libera consultazione. Tuttavia anche in questo caso vi è un fi ltro, legato al mec-canismo di registrazione degli autori, che garantisce una forma di autocontrollo su quanto viene pubblicato.Un altro archivio degno di nota, che racco-glie informazioni da numerosissime fonti, nei settori più diversi, è Oaister (http://oai-ster.worldcat.org/), un progetto dell’Uni-versità del Michigan. Lo scopo è di creare una raccolta di documenti provenienti dal mondo della ricerca accademica, in pre-cedenza di diffi cile accesso. A detta dei gestori Oaister è la più grande “biblioteca online” esistente e raccoglie milioni di ar-ticoli, tesi di laurea, materiale fotografi co e altro ancora, ricercabili per parola chiave, apribili e scaricabili direttamente dall’in-terfaccia utente. Vi si possono trovare nu-merosi materiali sulla chimica, sia storici che di attualità.

Super controllo: Organic Synthesis

All’estremo opposto degli archivi automa-tici dove si può pubblicare liberamente, un caso limite di estremo controllo sui conte-nuti degli articoli, che va ben oltre l’usuale peer review, è quello rappresentato da Or-ganic Synthesis (http://www.orgsyn.org), una nota serie di volumi dedicata alla sin-tesi organica disponibile online in versione open access già dal 1998.La peculiarità sta nel fatto che la verifi ca dei contenuti avviene tramite la ripetizio-ne completa della sperimentazione e delle sintesi proposte, da parte di esperti appar-tenenti ad un laboratorio diverso da quello degli autori, sono questi poi a fare da refe-

LE LICENZE CREATIVE COMMONS

Un’interessante alternativa, molto usata in rete, è quella delle licenze d’uso Creative Commons Attribution Licence (CC). Ve ne sono di tipi

lievemente diversi. Di solito permettono di condividere, copiare, distri-buire e trasmettere, modifi care e adattare un’opera a patto di attribu-irne la paternità nei modi indicati dall’autore (o da chi l’ha concessa

in licenza) e in maniera tale da non suggerire che egli avalli l’uso che se ne fa, con l’obbligo di ridistribuirla con la stessa licenza

o una simile. Alcune versioni limitano l’utilizzo ad attività non commerciali, senza scopo di lucro (si veda ad esempio http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.5).

a pezzo, una volta che questo sia stato accettato previa possono trovare varie tabelle comparative

CREATIVE COMMONSUn’interessante alternativa, molto usata in rete, è quella delle licenze

d’uso Creative Commons Attribution Licencelievemente diversi. Di solito permettono di condividere, copiare, distri-buire e trasmettere, modifi care e adattare un’opera a patto di attribu-irne la paternità nei modi indicati dall’autore (o da chi l’ha concessa

in licenza) e in maniera tale da non suggerire che egli avalli l’uso che se ne fa, con l’obbligo di ridistribuirla con la stessa licenza

o una simile. Alcune versioni limitano l’utilizzo ad attività non commerciali, senza scopo di lucro (si veda ad esempio http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.5).

Il Golden Nica Award (Prix Ars Electronica Net Vision 2004) at-tribuito alle Creative Commons. Questo tipo di licenze - creato nel 2001 dal professor Lawrence Lessig, ordinario della facoltà di Giurisprudenza di Stanford - per-mette, a determinate condizioni, il libero accesso a diverse tipolo-gie di opere intellettuali.[Immagine: Mikegr, en.wikipedia.org, 2005]

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ree “sui generis”, aggiungendo le proprie osservazioni al testo della pubblicazione Va precisato che la serie Organic Synthesis è dedicata non tanto a contributi innovativi e originali, come avviene solitamente nelle altre riviste scientifiche, quanto a diffonde-re procedure di sintesi affidabili, collaudate e riproducibili.

Cataloghi virtualiNel marasma di iniziative in continua evo-luzione, un ottimo catalogo di riviste open, suddiviso per categorie, è la Directory of Open Access Journals (DOAJ; http://www.doaj.org) dell’Università di Lund (Svezia). Raccoglie circa 7.000 riviste, tutte con peer review o altra procedura editoriale simile, e copre diversi settori del sapere, da quello

tecnico-scientifico a quello umanistico e sociale. Per molti titoli è possibile eseguire ricerche per parola chiave fino a livello di singolo articolo; cercando il termine “chemistry” attualmente si richiamano oltre 220 giorna-li e più di 18mila articoli dedicati alla chi-mica generale, organica, inorganica, anali-tica e all’ingegneria chimica.Tra le prestigiose riviste di chimica ana-litica open access presenti sul DOAJ se-gnaliamo a titolo d’esempio Analytical Sciences pubblicato dalla Japan Society for Analytical Chemistry. Per la chimica orga-nica il noto Beilstein Journal of Organic Chemistry edito sin dal 2005 dal Beilstein-Institut zur Förderung der Chemischen

Wissenschaften, l’Istituto Bielstein per la promozione delle scienze chimiche di Francoforte. Segnaliamo anche una rivista pionieristica nata nel 2000: Arkivoc (Archi-ve for Organic Chemistry), pubblicata dal-la fondazione non-profit statunitense per la diffusione della chimica Arkat-Usa. Oltre ai vari paper, propone degli interessanti nu-meri commemorativi dedicati a scienziati eminenti (Commemorative Issues).Su DOAJ si possono trovare anche riviste “generaliste” dedicate a questa disciplina, tra cui quelle edite da varie società chimi-che nazionali, spesso di buon livello anche se con linee editoriali variabili. In merito a queste ultime può essere interessante il confronto tra riviste apparentemente si-mili per area geografica e culturale, come Acta Chimica Slovenica, Croatica Chemi-ca Acta e Journal of the Serbian Chemical

Esterno e interno della Uris Li-brary presso la Cornell Univer-sity di Ithaca, nello stato di New York. Si tratta di una delle più prestigiose biblioteche universi-tarie degli Usa per numero e fru-ibilità dei volumi conservati. La struttura gestisce arXiv, uno dei maggiori archivi online di arti-coli scientifici ad accesso libero.

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Society. L’utilità di tali iniziative dipende dalla qualità del materiale pubblicato, ma anche dalla loro fruibilità, determinata dall’efficienza dei motori di ricerca interni e da un’appropriata categorizzazione e in-dicizzazione degli articoli.Al confine tra chimica e discipline umani-stiche, merita di essere consultata almeno una volta su DOAJ la curiosa rivista tede-sca HYLE - International Journal for Philo-sopy of Chemistry, periodico di filosofia ap-plicata alla chimica, pubblicato dall’editore scientifico accademico HAYE di Berlino.Tra i vari altri cataloghi specializzati simili

alla Directory Open Access Journals citiamo:

• Open J-Gate (http://www.openj-gate.org), indicizza oltre 9.000 riviste, ge-stito da Informatics Ltd (India);

• Scielo (http://www.scielo.org), Scien-tific Electronic Library Online, è un progetto a cui partecipano parecchi Paesi del Centro e Sud America;

• J-STAGE (http://www.jstage.jst.go.jp/browse/), Japan Science and Techno-logy Information Aggregator, Electro-nic.

I siti amatoriali dedicati alla chimica

Sul web sono consultabili parecchi blog e forum amatoriali dedicati alla chimica. I primi sono siti particolari, in cui i contenuti vengono visualizzati in forma cronologica, gestiti da uno o più “blogger” che pubbli-cano documenti multimediali, in forma te-stuale o di post, assimilabili ad un articolo di giornale. I secondi rappresentano una sorta di discussioni online ad accesso li-bero (solitamente previa registrazione) che

sfruttano specifiche piattaforme informati-che e trattano di un tema specifico. Spesso attorno ad essi si sviluppano delle comu-nità virtuali, formate da utenti abituali che scrivono di interessi comuni.Molti di questi siti illustrano attività spe-rimentali nei settori disciplinari più dispa-rati, spesso con un’ottima documentazione fotografica e bibliografica. Nonostante il valore didattico e la tangibile passione per questa disciplina dei contributori, i con-tenuti vengono spesso visti con sospetto. Un primo problema riguarda l’identità e l’affidabilità degli autori che di solito non è facilmente verificabile, ma un’altra que-

La Directory of Open Access Journals (DOAJ) dell’Università di Lund (Svezia).

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stione - ben più rilevante dal punto di vista sociale - è quella della trattazione di temi sensibili, come droghe o armi, o di espe-rimenti rivolti anche a lettori poco esperti, che fanno uso di composti tossici, esplosivi o, comunque, pericolosi. Nondimeno alcuni portali amatoriali meri-tano di essere visitati almeno per verifi care la qualità dei contenuti proposti. Citiamo, ad esempio, Versuchschemie (http://www.versuchschemie.de) e Lambdasyn (http://www.lambdasyn.org), entrambi con una loro validità scientifi ca, sebbene l’uso della sola lingua tedesca non sia certo di aiuto per la comprensione dei contenuti. Il pri-mo è un archivio online di esperimenti con relativo forum moderato, cioè supervisio-nato da esperti. La sua fi losofi a considera l’esperienza diretta come il miglior metodo di apprendimento, un antidoto alla generale “virtualizzazione della scienza”. Raccoglie le reazioni più varie, dalle quelle più sem-plici alle più complesse, che magari com-portano effetti curiosi e spettacolari o l’uso di composti esotici o particolari, fi no ad arrivare alle Monstersynthesen, delle “sin-tesi mostruose” assai complesse illustrate da chimici professionisti. Il secondo sito ha un controllo più blando, ma colpisce per la varietà delle esperienze proposte, spesso tutt’altro che banali, oltre che per la giova-ne età di molti autori.Infi ne citiamo un sito di casa nostra, il Myt-tex forum (http://www.myttex.net/forum) che i gestori defi niscono come il “primo forum in Italia sulla chimica sperimentale e la scienza in generale”. Forse è meno com-pleto rispetto ai precedenti, ma trasmette una genuina passione dei contributori, i quali solitamente appartengono alla cate-goria di chi ha voglia di sporcarsi le mani, di sperimentare in prima persona, pur con tutte le diffi coltà che ciò comporta.Un ultimo accenno in merito al nutrito mondo della scienza amatoriale sul web, lo merita la manualistica open access, nell’ambito della quale possiamo citare il portale italiano Free Science (http://www.freescience.info), dove si possono reperi-re gratuitamente numerosi libri di testo di livello universitario dedicati a chimica, fi -sica, matematica, oltre ad una selezione di specifi ci software didattici.In conclusione di questo paragrafo, vor-remmo ricordare uno dei pochi laboratori virtuali istituzionali: il NOP - Nachhalti-gkeit im organisch-chemischen Praktikum (Sostenibilità per il corso di laboratorio di chimica organica; http://kriemhild.uft.uni-bremen.de/nop/it-entry), realizzato in otto lingue dall’Università di Brema in col-laborazione con altri atenei tedeschi e in-

ternazionali. Il Consorzio INCA, il nostro editore, ha curato la versione italiana di cui abbiamo parlato nel numero 3 di Green (pagg. 14-17). Qui i lettori possono trova-re numerose sintesi alternative di composti organici, comparate in termini di prestazio-ni ambientali, assieme alle informazioni di sicurezza dei composti chimici utilizzati e alle analisi per la caratterizzazione dei pro-dotti ottenuti. Gli utenti possono contribu-ire direttamente sia in termini di contenuti che di feedback, con la supervisione di ri-cercatori ed esperti accademici di levatura internazionale.

Oltre la rete virtualeOltre a tutte queste fonti d’informazione virtuale sul web, vale la pena segnalare una curiosa iniziativa open access che si occu-pa di archiviare e catalogare composti chi-mici: la Molecular Diversity Preservation International (MDPI, http://www.mdpi.org), volta alla conservazione della diversi-tà molecolare. La traduzione può apparire bizzarra, diversamente dalle reali fi nalità: raccogliere e conservare in un archivio, in questo caso decisamente reale e non vir-tuale, campioni di sostanze che altrimenti fi nirebbero per andare disperse o distrutte, dopo la loro preparazione o isolamento nel corso di attività sperimentali.Il valore della MDPI è testimoniato dagli otto Premi Nobel che la sostengono, ma diventa comprensibile a tutti pensando che dei milioni di composti descritti in lettera-tura solo qualche decina di migliaia, ossia una minima frazione, è effettivamente re-peribile in qualche angolo del mondo su uno scaffale di laboratorio. Di solito è normale che dopo la sintesi e lo studio iniziale, se un nuovo prodotto non dimostra al momento un ulteriore interesse scientifi co o commerciale, rimanga “par-cheggiato” per un certo periodo nel labo-ratorio d’origine, ma col tempo esso viene disperso o fi nisce tra i rifi uti speciali da smaltire. Questo preclude ulteriori indagini su molte delle nuove molecole descritte in letteratura, a meno che non vengano sinte-tizzate ex novo, cosa non sempre facilmen-te fattibile.L’archivio dei campioni si trova in Svizze-ra, a Basilea, e offre un servizio di prestito/consegna delle sostanze depositate che, a certe condizioni, può essere reso anche gra-tuitamente. Di fatto si tratta di una biblio-teca, che non presta libri, ma molecole, le quali contengono in se stesse più informa-zioni di qualsiasi articolo a loro dedicato.All’archivio sono collegate alcune interes-

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santi riviste online (http://www.mdpi.net): Molecules, International Journal of Mole-cular Sciences, Sensors, Entropy, Marine Drugs, Molbank, ECSOC (International Electronic Conference on Synthetic Orga-nic Chemistry). Alcune di queste pubbli-cazioni non sono indicizzate in DOAJ, in quanto prevedono accesso a pagamento per i nuovi articoli che passano all’open access solo dopo qualche tempo. Per questo, ri-spetto alle tariffe di pubblicazione indica-te in precedenza, scrivere un articolo sui principali giornali di questo gruppo (tutti

soggetti a peer review) costa generalmente meno, attorno ai 500 euro.Una rivista considerata forse “minore” tra quelle della serie precedente, ma comun-que piuttosto interessante, è Molbank, ca-ratterizzata dalla particolare linea editoria-le “una molecola, un articolo”. Essa riporta brevi note e comunicazioni su singoli com-posti sintetici o naturali, raccogliendo ma-teriale molto eterogeneo. La pubblicazione di un articolo su questa rivista costa solo 50 euro, ma nel contempo si incoraggiano gli autori a fornire al succitato archivio due campioni delle molecole descritte, che con-fl uiscono nell’archivio MDPI.

Una fonte trascurataSul web, oltre a quanto sopra descritto e alle banche dati istituzionali (vedi Green n. 13, pagg. 34-37, n. 19, pagg. 44-47, e n. 20 pagg. 44-49), altre utili, quanto impensate, fonti d’informazione tecnico-scientifi ca garantita dalla supervisione di esperti sono i siti degli uffi ci brevetti, i quali general-mente permettono l’accesso libero alla do-cumentazione.

Certo può apparire sembrare curioso par-lare di open access in relazione ad uno dei principali strumenti per la tutela della proprietà intellettuale. Però, la fi losofi a stessa che sta alla base di un brevetto - permettendo lo sfruttamento esclusivo del nuovo prodotto/processo ivi descritto da parte degli autori e, talvolta, regolando la concessione d’uso a titolo oneroso a terze parti - lo fa diventare una preziosa fonte d’informazione tecnico-scientifi ca. Infatti, il testo deve obbligatoriamente essere det-tagliato, sebbene solitamente sia ambiguo e

complesso, in quanto i concetti di maggior interesse sono “nascosti” in una selva di dettagli tecnici. La lettura della documen-tazione brevettuale è, però, molto utile per farsi un’idea delle linee di sviluppo o dei fi loni applicativi relativi ad una determina-ta area tecnologica. Una delle banche dati più interessanti è quella dello European Patent Offi ce (l’uf-fi cio europeo dei brevetti; http://www.european-patent-offi ce.org), da qui si può accedere ai siti degli uffi ci nazionali ed eseguire facilmente ricerche per parole chiave tra i 50 milioni di documenti dispo-nibili. Oltre ai numerosi brevetti, troviamo diverso materiale informativo per chi vuole approfondire la legislazione e la burocrazia che ne regola la concessione e la gestione. Una struttura simile la troviamo anche sul portale dello United States Patent and Tra-demark Offi ce, l’uffi cio brevetti statuniten-se (http://www.uspto.gov).

Tiziano VendrameOrdine dei Chimici

della Provincia di Treviso

Versione italiana, curata dal Consorzio INCA, del laboratorio virtuale NOP - Nachhaltigkeit im organisch-chemischen Prakti-kum (sostenibilità per il corso di laboratorio di chimica organica) dell’Università di Brema.

Logo della Molecular Diversity Preservation International.

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