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Ci sono due idee di fondo che spiegano il coordinamento internazionale: COMITY (tradotto un po’ erroneamente “cortesia”: io mi apro agli altri per coordinarmi perché è giusto così). RECIPROCITÀ: tu mi apri al tuo mondo, io mi apro al tuo: v. aprire le moschee qui se in Egitto fai aprire chiese cristiane (idea per il prof molto gretta, ma almeno capace di spiegare il coordinamento. Attenzione: concetti pubblicistici, il soggetto di questi principi è lo Stato, il privato è solo il beneficiario ultimo. Per quanto riguarda il privato, il coordinamento è connesso a un esigenza di 1. continuità della vita giuridica degli individui: v. Sent. Trib. Milano che ha riconosciuto valido un matrimonio Pachistano fatto per telefono. Qui da noi non sarebbe valido, perché il consenso deve essere dato di persona, ma se il Tribunale non avesse riconosciuto il matrimonio, ci sarebbe stata “discontinuità” per i pachistani, perché il loro matrimonio (valido in Pakistan) non lo sarebbe stato qui. Tra l’altro tale continuità è importante anche per i terzi: metti che a questi due si venda un frigorifero da pagare a rate; al venditore interessa sapere che il debito può essere pagato non solo da Tizio ma anche da Caia, sua coniuge. 2. Certezza. prendiamo un contratto di vendita dei beni: il contratto esiste se e nella misura in cui ci sia un ordinamento giuridico che lo riconosce. Se l’impresa A è creditrice di 100 verso l’impresa B, lo è grazie all’ordinamento giuridico. È possibile che di fronte alla non spontanea esecuzione del pagamento di B, A possa chiedere all’ordinamento l’esecuzione forzata. Ma se il contratto si ferma al confine, allora A non saprebbe cosa fare nei confronti di B. Il diritto internazionale privato assicura invece una uniformità del diritto, quindi A può farsi pagare anche al di là del confine. Senza la pretesa, logicamente, che gli ordinamenti siano uguali, se i due ordinamenti si aprono si ha continuità e certezza. Queste due esigenze giustificano, insieme alla comity e alla reciprocità, l’esistenza del diritto privato internazionale. Vediamo che tipo di risposte ci sono al problema del coordinamento: la prima riguarda un criterio per la regolazione delle situazioni. Si prendano le norme italiane di DIP sulla successione, le quali stabiliscono che la legge applicabile è la legge del paese in cui il de cuius è cittadino. Quindi se il sig. Brown si è trasferito in Italia (senza perdere la sua cittadinanza inglese), la legge applicabile è quella inglese. Questo ci fa capire la logica del DIP: logica localizzatrice. Molte (la maggior parte) delle soluzioni del DIP sono soluzioni localizzatrici, ma ci sono anche altri criteri. Ora: localizzare la norma esaurisce la funzione del DIP (nella maggior parte dei casi); quindi la funzione di una norma è indipendentemente dal merito. Cioè, quella norma che regola la successione secondo la legge inglese è indifferente rispetto al contenuto, ha individuato la norma valida e qui esaurisce la sua funzione. Quindi si potrebbe dire che il

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Ci sono due idee di fondo che spiegano il coordinamento internazionale: COMITY (tradotto un po’ erroneamente “cortesia”: io mi apro agli altri per coordinarmi perché è giusto così). RECIPROCITÀ: tu mi apri al tuo mondo, io mi apro al tuo: v. aprire le moschee qui se in Egitto fai aprire chiese cristiane (idea per il prof molto gretta, ma almeno capace di spiegare il coordinamento. Attenzione: concetti pubblicistici, il soggetto di questi principi è lo Stato, il privato è solo il beneficiario ultimo. Per quanto riguarda il privato, il coordinamento è connesso a un esigenza di

1. continuità della vita giuridica degli individui: v. Sent. Trib. Milano che ha riconosciuto valido un matrimonio Pachistano fatto per telefono. Qui da noi non sarebbe valido, perché il consenso deve essere dato di persona, ma se il Tribunale non avesse riconosciuto il matrimonio, ci sarebbe stata “discontinuità” per i pachistani, perché il loro matrimonio (valido in Pakistan) non lo sarebbe stato qui. Tra l’altro tale continuità è importante anche per i terzi: metti che a questi due si venda un frigorifero da pagare a rate; al venditore interessa sapere che il debito può essere pagato non solo da Tizio ma anche da Caia, sua coniuge.

2. Certezza. prendiamo un contratto di vendita dei beni: il contratto esiste se e nella misura in cui ci sia un ordinamento giuridico che lo riconosce. Se l’impresa A è creditrice di 100 verso l’impresa B, lo è grazie all’ordinamento giuridico. È possibile che di fronte alla non spontanea esecuzione del pagamento di B, A possa chiedere all’ordinamento l’esecuzione forzata. Ma se il contratto si ferma al confine, allora A non saprebbe cosa fare nei confronti di B. Il diritto internazionale privato assicura invece una uniformità del diritto, quindi A può farsi pagare anche al di là del confine.

Senza la pretesa, logicamente, che gli ordinamenti siano uguali, se i due ordinamenti si aprono si ha continuità e certezza. Queste due esigenze giustificano, insieme alla comity e alla reciprocità, l’esistenza del diritto privato internazionale. Vediamo che tipo di risposte ci sono al problema del coordinamento: la prima riguarda un criterio per la regolazione delle situazioni. Si prendano le norme italiane di DIP sulla successione, le quali stabiliscono che la legge applicabile è la legge del paese in cui il de cuius è cittadino. Quindi se il sig. Brown si è trasferito in Italia (senza perdere la sua cittadinanza inglese), la legge applicabile è quella inglese. Questo ci fa capire la logica del DIP: logica localizzatrice. Molte (la maggior parte) delle soluzioni del DIP sono soluzioni localizzatrici, ma ci sono anche altri criteri. Ora: localizzare la norma esaurisce la funzione del DIP (nella maggior parte dei casi); quindi la funzione di una norma è indipendentemente dal merito. Cioè, quella norma che regola la successione secondo la legge inglese è indifferente rispetto al contenuto, ha individuato la norma valida e qui esaurisce la sua funzione. Quindi si potrebbe dire che il DIP è indifferente ai valori delle norme (visto che prescinde dal loro contenuto), ma è errato: Anche il DIP, infatti, esprime dei valori, connessi ad es. e soprattutto alla tutela dei dir. umani. L’apertura dei vari ordinamenti possono contrastare con certi diritti umani: ad es. certi ordinamenti vedono la condizione della donna incompatibile con i diritti umani nostri. V. la poligamia (di solito asimmetrica tra l’altro, a favore dell’uomo). Da un lato, quindi, effettivamente avrebbe senso aprirsi a quegli istituti per esigenze di certezza e continuità, dall’altro, concretamente, l’apertura deve ritenersi esclusa (seppur eccezionalmente). In definitiva, con un altro es.: i rapporti tra i coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi. Due coniugi del Niger che abitano in Italia: la legge applicabile a quel rapporto è quella del Niger (regola di localizzazione: legge è del Niger, il rapporto si localizza nel Niger). Tuttavia se il contenuto è incompatibile con i nostri valori, non va applicata. Più discusso è se il DIP possa promuovere i valori. La risposta è si, anche se è discussa: un es.: il diritto all’identità personale. In Spagna ci sono due cognomi (padre e madre), in Italia solamente uno. Però se uno Spagnolo va all’anagrafe italiana non possono dirgli di no sulla trascrizione del cognome, perché l’identità personale è sancita dall’art. 8 CEDU. Quindi grazie al DIP che apre l’ordinamento italiano a quello spagnolo si realizza il diritto all’identità personale. BASE COSTITUZIONALE: Legge e giurisprudenza. Ci si può chiedere se il DIP ha una copertura costituzionale: in realtà nella Cost. non c’è esplicitamente nessuna norma a riguardo, però alcune norme ne danno un’apparenza. Art. 76: funzione legislativa è esercitata dalle Camere: ma la legge in certi casi fa applicare la legge inglese

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(v. sig. Brown) quindi in certi casi i giudici devono ignorare la legge italiana. Quindi com’è possibile che la legge italiana svuoti di senso la stessa legge italiana. Ancora, l’art. 24 garantisce l’accesso alla giustizia, indipendentemente dal territorio. Nella sostanza però ci sono diversi indizi di una generale apertura verso esperienze giuridiche diverse dall’Italia: tale principio internazionalistico della costituzione è frutto della storia (esperienza repubblicana, non fascista).

1. Art. 10: l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme internazionali consuetudinarie. Non c’entra con il DIP ma con il DIpubblico, però come vedi c’è un’apertura dell’ordinamento.

2. Art. 11: l’Italia consente limitazioni della propria sovranità per arrivare alla pace tra gli Stati (art. che ha permesso partecipazione all’UE e l’ONU). La Corte cost. ha valorizzato tale vocazione internazionalistica dell’ord. Italiano, anche riguardo al dir. internazionale privato: V. ordinanza 428: il presupposto è il contratto predisposto unilateralmente, nel quale ci vuole la doppia firma (1342 c.c.), v. ad es. le clausole di deroga della competenza per territorio. Però ci sono clausole di deroga della giurisdizione (no giudice italiano, ma giudice finlandese) che non prevedono doppia firma e ci si è chiesti se sia costituzionalmente legittimo sulla base dell’art. 3 – principio di uguaglianza - che le situazioni, comparabili, siano trattate diversamente. La Corte Cost. dice no! Queste due situazioni sono diverse: la deroga alla giurisdizione è portatrice di valori che attengono al commercio internazionale, e la libertà per gli imprenditori è un valore (cioè cosa buona). Quindi si concede più facilmente una deroga alla giurisdizione che alla competenza. L’altro dubbio era: questa norma impedendo alla parte di rivolgersi al giudice viola il 24 Cost. La Corte dice è vero che viene esclusa la giuri italiana, ma ci si può rivolgere a un giudice di un altro Stato. E la Cost. non impedisce queste forme di delocalizzazione. L’idea chiave è la fungibilità delle esperienze giuridiche nazionali. Due cose sono fungibili se sono equivalenti (non uguali eh, perché anzi fungibilità implica differenza). Quindi idea di ordinamento giuridico aperto.

In realtà la Corte Cost. si è più volte pronunciata sulla costituzionalità delle norme di DIP: nell’87 ci sono state due pronunce. Il tema è quello della logica localizzatrice, con riguardo all’indifferenza al contenuto delle norme e un attenzione alla posizione geografica del rapporto. Secondo una certa norma la disciplina dei coniugi era disciplinata dalla legge nazionale del marito (se non c’era una disciplina comune), questo sulla base della struttura patriarcale della famiglia. C’erano dubbi sulla legittimità secondo art. 3 e 29. Il problema, per alcuni, era quello di capire quale sia il contenuto della legge applicata: metti che il marito sia italiano e la moglie del Senegal: a quella moglie conviene che venga usata la norma italiana. Invece la Corte ha usato un ragionamento diverso: le norme di DIP sono di per sé sindacabili (questo è il punto), privilegiare il marito nei confronti della moglie è di per sé una cosa da sindacare. Infatti adesso i rapporti sono regolati dalla legge nazionale comune, e in mancanza dalla legge del paese in cui la vita matrimoniale si è esplicata maggiormente. CENNI STORICI. il DIP è una materia giovane. Ha meno di 200 anni di vita, visto che se il grado di pluralismo giuridico è basso, c’è per forza di cose poca diversità da gestire e quindi poco senso in un DIP (molto jus comune, poca diversità, poca esigenza di coordinamento). Quando invece la diversità degli ordinamenti auumenta allora si che si pone il problema. Con la nascita delle codificazioni tale diversità si è esplicata. Si dice di solito che il padre della disciplina è un certo Joseph Story: 1834 conia il termina DIP. In inglese si dice conflict of laws. Un altro è Savigny, esponente della scuola storica del diritto. Apporta un contributo fondamentale perché afferma un’idea, cioè ogni rapporto giuridico ha una sua sede naturale (un rapporto di proprietà ha la sede nel luogo dove si trova l’immobile), e questo vale anche per i fatti illeciti. NB: questa sede è una sede naturale, non c’è bisogno di norme che ci dicano la sede del rapporto. La grande conseguenza è che una volta individuata tale sede si possono coordinare i vari ordinamenti giuridici: se sia Tizio (tedesco) che Caio (italiano) si ritengono proprietari di un bene X (che si trova in Francia) allora la Francia ha una vocazione naturale a regolare il rapporto. Nel pensiero di Savigny questa idea ha un presupposto: il mondo è sì diviso in stati che hanno un’identità, ma ogni Stato fa parte della stessa comunità di diritto, che può essere e anzi è omogenea. Ci saranno quindi delle differenze, ma sono contenute; in realtà questo presupposto è vero nel mondo dove viveva Savigny, cioè l’Europa (se il mondo si allarga, ecco che anche in un mondo piccolo tali premesse cadono).Un altro è Mancini: XIX sec. Uno dei meccanismi chiave del DIP è la localizzazione anche per lui, ma da

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bravo positivista è convinto che i criteri di localizzazione siano i criteri degli Stati, e quindi non ci sia nessuna vocazione naturale. Mancini per quanto riguarda i rapporti della persona è propugnatore di un criterio che è quello della cittadinanza. Tale criterio è fortemente politico: Mancini è un giurista dell’Italia preunitaria, e nella costituzione di uno Stato nuovo ci vuole un collante, appunto il concetto di cittadinanza. Cioè fattore di localizzazione del rapporto. Una conseguenza è quella che una coppia di coniugi italiani che emigrano in Brasile non perdono la cittadinanza, e vedono regolati i loro rapporti dalla legge italiana. Quindi conservano un legame con l’Italia, e il loro rapporto può ancora essere localizzato in Italia. CONFINI DEL DIP. Non è del tutto facile stabilire il contenuto di tale materia: in alcune nazioni si mette in questa materia anche la cittadinanza e il trattamento degli stranieri. Un altro confine da esplorare è quello col diritto privato comparato: qui è più facile capire quale sia il confine, visto che il diritto internazionale è un diritto (fatto di norme), la comparazione è un metodo. Però se il DIP è il diritto della diversità, il presupposto della comparazione è la differenza. Quindi la comparazione serve al DIP per mettere in luce la diversità. Altro confine è quello con il DIpubblico. A rigor di logica non ci sono comunanze, visto che il pubblico si occupa di Stati, e il privato di individui, siano essi persone fisiche o giuridiche. In realtà c’è qualche nesso, cioè l’idea costitutiva del DIP, cioè una relazione tra entità è anche alla base del diritto internazionale pubblico. In più il DIP si serve di strumenti offerti dal DIpubblico. Soprattutto della convenzione internazionale, strumento pubblico di DI. Si può parlare quindi di contaminazione. UTILITÀ PRATICA DI QUESTO CORSOil DIP è un droit savant (diritto sapiente, cioè molto concettuale), ma ha anche fortissime implicazioni pratiche. Sicuramente per il giudice e per l’avvocato: in alcune norme l’impronta giudiziale è quasi esclusiva, come se il DIP avesse a che fare (solo) con i tribunali. In realtà questo viene fuori moltissimo negli studi notarili. V. testamenti tra Stati. In più si ritrova negli ufficiali di Stato civile (ad es. quando si deve registrare un nome di uno straniero). in più commercio internazionale: le imprese che operano nel contesto internazionale si sono date delle regole, si sono autoregolate. Quindi regole non statali (o magari vi corrispondono), sono regole nate dal basso. E questo vale anche per il metodo di risoluzione delle controversie, cioè arbitrato (metodo privato di risoluzione). FONTI DEL DIP.Si suddividono in fonti interne, internazionali e sovrannazionali (UE). Il DIP però è fatto tipicamente di norme interne (nazionali) e ogni nazione ha il suo DIP. Concretamente le norme di DIP si trovano espresse in due forme, 1) legislativa, cioè scritta (elaborata a livello legislativo). In Italia rileva la L. 31 maggio 1995 n. 218 detta anche Legge di Riforma del DIP (d’ora in poi L. Rif.); 1-bis) queste possono trovarsi sempre a livello legislativo e scritto ma non raccolte in un testo, bensì sparpagliate. 2) Giurisprudenziale: soprattutto laddove non c’è molta legislazione (come nel caso del common law) ma questo metodo è seguito anche in Francia. Di fatto, quale che sia la natura della norma, i DIP nazionali hanno un carattere sistematico: tale parola (sistema) veicola due idee.

1. Completezza. Più esattamente: virtuale e tendenziale completezza, visto che è possibile che il DIP non fornisca una risposta esplicita a tutte le domande, ma fornisce comunque le coordinate per darne la risposta.

2. Ha dei principi ordinatori, cioè è un corpo coerente.Tali attributi, per il caso italiano, emergono già dall’art. 1: Art. 1 - Oggetto della legge - La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri.Già dall’art 1 vediamo che la L. Rif. vuole inglobare tutto il DIP (completezza e coerenza). NB: in un quadro dove ogni ordinamento giuridico ha il suo DIP vi è il rischio di imbattersi in problemi di carattere pratico: è il problema del carattere relativo delle soluzioni offerte dal DIP. Es.: Il sig. Brown è morto, e si pongono i 3 classici problemi: 1) giudice competente, 2) legge applicabile, 3) a che condizioni le soluzioni possono circolare negli altri paesi. Da quale DIP è data la risposta? Ogni DIP dà le sue risposte, e vediamo che per il diritto italiano, per es., la legge applicabile è quella inglese. Ma se assumiamo il punto di vista inglese la soluzione è diversa, e le successioni per causa di morte sono regolati dalla legge del paese su cui l’immobile si trova (lex rei sitae) che può non essere l’UK.

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Se dunque il problema si pone in Italia, la legge di riferimento è la L. Rif., ma se si pone in UK il giudice di quel paese neanche sa che in Italia esiste la L. Rif ed applica la lex rei sitae. Ecco quindi il carattere relativo delle soluzioni del DIP. Come fare per mettere ordine? Le soluzioni sono diverse:

1. Diffusione internazionale dei modelli normativi: ogni ord. giur. ha il suo DIP, ma niente vieta a uno stato di creare un DIP copiando quello degli altri. Esiste nella prassi una forte tendenza a ispirarsi a altri modelli. Un esempio è la Svizzera che ha un DIP abbastanza buono, e molti Stati si sono ispirati al suo.

2. Formale unificazione del DIP: ma tale unificazione è possibile in vari modo; 1) unificazione tramite convenzioni internazionali. Il che, teoricamente, implica che ciascuno Stato rinunci al suo punto di vista; in realtà se questa unificazione avviene sotto la forma del trattato internazionale la base è la volontà degli Stati (accordo), e non ci sono problemi. Questo avviene sia su base bilaterale che multilaterale. Su base bilaterale si concludono molti trattati per il riconoscimento delle decisioni: es., c’è una convenzione Italia - Cina per la quale le sentenze della Cina possano essere riconosciute in maniera molto semplice in Italia, e viceversa. Di fatto ci interessano gli accordi multilaterali: la prima cosa che ci interessa è il fatto che l’interpretazione di questi accordi va fatta secondo il diritto internazionale, e non secondo i singoli diritti dei vari Stati.

Poi, tali trattati sono concordati tra organizzazioni internazionali (benché nulla impedisca la cooperazione tra Stati, ma la via più semplice è quella delle OI). Perché? Perché le OI forniscono il necessario stimolo politico alla cooperazione, perché sono sede permanente di confronto tra stati. La seconda ragione della fortuna delle OI è il supporto tecnico che la OI è in grado di fornire agli Stati (gran comodità, vista la natura molto tecnica del DIP). Infatti le OI hanno delle strutture permanenti, degli uffici, che a volte hanno proprio la funzione di ricercare e studiare il diritto internazionale (appunto, tecnicamente difficile). Di fatto esistono 3 OI che vengono in rilievo:

1. Conferenza dell’Aja di DIP. Inizialmente non era una OI, mentre oggi lavora solamente nel campo del DIP. Il prodotto dell’attività di questa OI sono solo progetti di convenzioni internazionali (non solo a dire la verità, ma soprattutto). Attenzione, non sono le OI stesse a produrre la convenzione (che presuppone lo Stato), ma le OI produce la cornice nella quale la convenzione, e quindi l’accordo tra Stati, prenderà vita.

2. UNIDROIT con sede a Roma. Si occupa soprattutto di DIP, ma da questo punto di vista: unificazione di norme sostanziali, cioè quelle che disciplinano direttamente gli obblighi e i diritti delle parti (il DIP infatti si occupa principalmente di localizzazione di norme, ma non entra nel merito).

3. UNCITRAL (commissione NU per il diritto commerciale internazionale). RIPASSOCome nasce e come vive una convenzione. Convenzione presuppone un accordo, poi c’è la firma, ma la semplice la firma non determina il sorgere degli obblighi che la convenzione prevede a carico degli stati. La firma è semplicemente la certificazione della chiusura del negoziato. Il consenso degli stati viene espresso con la ratifica, cioè l’atto unilaterale di uno Stato con cui quello Stato manifesta il prorpio consenso a vincolarsi. Anche la ratifica è inidonea, perché il trattato deve entrare in vigore, disciplinata per lo più dallo stesso trattato. Nei trattati multilaterali l’entrata in vigore è normalmente associata al raggiungimento di un certo n di ratifiche, tipicamente “il trattato entrerà in vigore 6 mesi dopo il raggiungimento della 12esima ratifica”. Ecco perché ci sono trattati che sono stati da molto tempo accordati e ratificati ma che non sono in vigore. L’attuazione: una convenzione di DIP è per sua natura idonea a lavorare all’interno degli ordinamenti giuridici (di fronte al giudice civile, al notaio, all’ufficiale di stato), quindi in un contesto di diritto interno. Una volta che esiste sul piano internazionale (cioè è in vigore) si pone il problema dell’attuazione sul piano interno: sono due momenti distinti riferibili a due diritti diversi, ma collegati. Non avrebbe senso assumere obblighi sul piano internazionale se poi questi non vengono rispettati. Anzi, con le convenzioni ci si assume l’obbligo di legiferare all’interno del paese. Ci sono due vie di attuazione: procedimento ordinario di adattamento ad un trattato: si prevede l’introduzione di norme interne funzionali all’attuazione degli obblighi previsti dal trattato. E potrà trattarsi anche di norme uguali a quelle del trattato. La seconda via è quella di adattamento speciale (tramite rinvio). Lo Stato si limia con un atto di Dinterno (ordine di esecuzione) a rinviare alla convenzione. Tale provvedimento rende la convenzione applicabile al diritto interno. L’ordine di esecuzione è contenuto di

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solito nello stesso provvedimento legislativo adottato dalle Camere per autorizzare la ratifica di un trattato internazionale. Questo stato di cose fa si che poi noi troviamo norme convenzionali che sono direttamente applicabili in quanto tali, perché norme che l’Italia ha ratificato e dato attuazione attraverso un adattamento speciale. Ciò significa che quando una certa situazione è regolata così, il giudice deve applicare non il diritto interno ma una convenzione, e quindi deve interpretarla secondo le norme del diritto internazionale e non del diritto interno. Per la stessa ragione il giudice non dovrà più applicare la convenzione se quella convenzione ha cessato di esplicare i suoi effetti perché ad es. estinta o modificata. Garanzia costituzionale degli obblighi internazionali: esiste dal punto di vista del diritto interno una garanzia costituzionale del rispetto di quegli obblighi. Quindi tali obblighi si impongono allo Stato anche dal punto di vista della Cost.: art. 117 primo comma Cost. (La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali). Quindi una norma interna in contrasto con l’ordinamento internazionale sarà in contrasto con l’art. 117 e quindi incostituzionale: le conseguenze attengono sia alla possibilità di un sindacato di legittimità costituzionale, e anche sul piano interpretativo. Esiste infatti un principio secondo cui pur di evitare la dichiarazione di illegittimità cost. la norma interna va interpretata in modo da scongiurare questa ipotesi (bisogna scegliere, tra le tante interpretazioni, quella più conforme all’obbligo internazionale, cioè quella che scongiuri il pericolo di una declaratoria di incostituzionalità).

UNIONE EUROPEAC’è un altro soggetto, oltre a quelli appena visti: l’UE. OI dotata di poteri vincolanti nei confronti degli Stati, cioè può adottare misure che incidono nella sfera giuridica degli Stati membri e incidono negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. La logica della cooperazione in questa campo è profondamente diversa rispetto alla logica delle convenzioni, perché se nei casi visti prima l’organizzazione fornisce solamente la cornice (si diceva infatti che non è l’organizzazione a emettere l’atto, il quale presuppone lo Stato), l’UE adotta atti che producono essi stessi effetti per gli Stati. I Regolamenti ad es., si impongono in quanto tali agli Stati membri e sono atti dell’UE non degli Stati. La spiegazione dell’istituzione UE si svolgerà attraverso l’analisi di 4 domande:

1. Perché l’UE si occupa di DIP?2. Su che basi l’UE svolge la sua azione?3. Come si svolge il suo lavoro?4. Con quale incidenza sui diritti interni?

NB: la comunitarizzazione del DIP è molto giovane è già di una rilevanza tale che già oggi il DIP non si può spiegare senza spiegare anche l’UE. Solo 5 anni fa tutta la spiegazione del corso d’esame sarebbe stata molto diversa. Prima domanda: perché?C’è un progetto: se ne occupa perché il DIP è uno degli strumenti che possono garantire il conseguimento degli obiettivi generali dell’integrazione europea. L’integrazione è un disegno politico, e il diritto è il mezzo, il DIP uno di quelli più efficace. Cosa si intende per integrazione? Per integrazione dei mercati, l’obiettivo è quello di costruire e mantenere un mercato interno, senza barriere per servizi, merci, lavoratori e capitale. In tempi recenti tale obiettivo ha investito un oggetto più ampio del mercato: oggi si parla di Europa in termini di libertà sicurezza e giustizia (art. 67 Trattato sul funzionamento). Tale idea implica la libertà di circolazione delle persone: il che vuol dire necessità di relativizzare l’idea di confine tra uno Stato e l’altro, perché se davvero le persone dell’UE possono attraversare il confine per far qualsiasi cosa, occorre facilitare l’attraversamento attraverso un adeguata struttura giuridica, la quale deve interessare direttamente i rapporti tra i privati. Teoricamente uno potrebbe dire “se lo spazio è integrato dovremmo avere un diritto privato europeo”. In realtà non esiste un codice di DP europeo, ma non c’è nessun problema alle differenze (nessuno pretende che Spagna e Francia siano uguali per quanto riguarda il diritto di famiglia) ma ci vogliono degli strumenti che permettano il coordinamento tra le differenze dei diritti. il diritto privato internazionale è un diritto strumentale al disegno politico dell’UE.Su che basi si svolge tale azione?Principio di attribuzione: principio che impone all’UE di occuparsi solo delle materie rispetto alle quali sia

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stata attribuita una competenza, cioè l’UE si occupa solo di ciò che gli Stati le hanno chiesto di occuparsi. Il limite dell’azione è il principio di attribuzione. Nell’art. 81 Trattato funzionamento UE si attribuisce all’UE “L'Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali (cioè DIP)”. Questa è una competenza concorrente, gli stati membri non sono esautorati dai loro compiti riguardo il DIP, le cose procedono parallelamente, anche se di fatto, mano a mano che la competenza viene esercitata dall’UE si restringe quella dello Stato. Per capire il perimetro di questa competenza vanno considerate 3 cose:

1. Oggetto: art. 81/2 lett. a) e c) cioè il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e la loro esecuzione e la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione; Che non sono altro che il DIP.

2. Presupposto: L'Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, ciò vuol dire che può riguardare solo situazioni che non siano esclusivamente interne a un ordinamento giuridico. Ci devono essere elementi di internazionalità, altrimenti non sarebbe applicabile l’art. 81.

3. Limiti. Ci sono due principi: sussidiarietà, cioè la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri quando la competenza ha carattere concorrente. L’UE, in questo caso, dovrebbe occuparsi della materia solo quando gli Stati non ce la fanno (l’idea della sovranità degli Stati). Però il DIP coordina ordinamenti giuridici diversi, e tale azione di coordinamento è svolta in modo migliore a livello centralizzato (quindi europeo) che locale, quindi il principio di sussidiarietà è debole (nella carta vige la sussidiarietà e sono gli Stati che si occupano di DIP, di fatto il diritto è coordinato a livello europeo). E proporzionalità (si adottano atti proporzionali all’obiettivo, quindi si dovrebbero adottare direttive e non regolamenti, perché lasciano uno spazio di manovra agli Stati. Di fatto però l’UE ha adottato quasi esclusivamente regolamenti, perché si è detto che gli obiettivi non potevano essere raggiunti senza regolamenti.C’è quindi una scarsa incisività di questi limiti, in realtà i limiti permangono, visto che alla fine gli Stati hanno l’ultima parola e se non vogliono una determinata misura, quella misura non vede la luce.

Come si sviluppa? C’è una distinzione: dimensione interna dell’azione dell’UE e una dimensione esterna. Quella interna interessa lo spazio dell’UE, quella esterna attiene ai rapporti che l’UE intrattiene con gli Stati terzi. Qual è la procedura con cui gli atti vengono adottati e qual è il loro impatto sui diritti nazionali. La procedura per gli atti interni è essenzialmente la procedura legislativa ordinaria, 294 Trattato funzionamento dell’UE. Iniziativa della commissione, lettura della proposta, e adozione dell’atto con la maggioranza nelle forme ponderate. Tale meccanismo salva la posizione dei singoli stati membri, specialmente quelli più grossi. Le misure esterne sono legate al potere di concludere trattati: l’UE conclude trattati internazionali nel campo del DIP. NB: ricorda il parallelismo tra competenza esterna e interna. Se esiste una competenza sul piano interno esiste anche una parallela competenza sul piano esterno. E come quella interna, questa competenza esterna diventa esclusiva nel momento in cui viene esercitata sul piano interno, quindi gli stati non possono più assumere da loro obblighi contrastanti con il trattato che l’UE ha adottato (alla fine, si vedrà, in realtà gli Stati non possono concludere proprio). Man mano che cresce la competenza dell’UE, aumenta l’erosione delle competenze statali. Quando l’UE conclude il trattato, quel trattato non vincola solo l’UE ma anche gli Stati membri. Quindi non solo il trattato impedisce agli Stati di concludere accordi, ma anche li vincola. Ci sono degli accordi misti: partecipano sia UE che stati membri, laddove la competenza è concorrente tra UE e stati membri. Per es.: norme sostanziali in materia di famiglia. IncidenzaPrima di tutto dipenda dall’atto che abbiamo di fronte (regolamento o direttiva). Poi attenzione: principio della prevalenza del diritto dell’UE. Ciò che si vuole rilevare è invece che il diritto dell’UE ha carattere settoriale, quindi non ha il carattere di sistematicità che ha il diritto interno, che può permettersi di fare un codice intero. C’è quindi uno spazio significativo lasciato alle norme interne: al di fuori dell’area comunitarizzata l’azione degli stati membri è libera. Tra l’altro anche all’interno dell’area comunitarizzata ci sono argomenti lasciati perdere.

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Es.: le norme che regolano la competenza del giudice sono completamente comunitarizzate: quando però la questione si pone di fronte al giudice c’è una procedura da seguire, e queste regole processuali non sono contenute nel diritto dell’unione. Però attenzione, l’autonomia che gli Stati hanno nel colmare la lacuna è limitata: limite dell’effetto utile, cioè gli stati membri possono fare quello che vogliono nei limiti dell’obiettivo che l’UE si è predisposta. NB: cooperazione giudiziaria in ambito civile. Il diritto UE si applica uniformemente, ma tale affermazione, vera in linea di principio, soffre di qualche eccezione: nel settore della cooperazione giudiziaria civile è previsto che 3 Stati godano di uno status particolare (Danimarca, UK, Irlanda). Addirittura per quanto riguarda la Danimarca è previsto che essa non partecipi alla cooperazione: si ha un regime di opting out (praticamente si è tirata fuori, i regolamenti non si applicano nel suo territorio). Gli altri due stati hanno un regime di optin in, cioè sono fuori dalla cooperazione ma possono di volta in volta decidere di parteciparvi o meno. Nei fatti, comunque, Irlanda e UK hanno sempre partecipato all’adozione degli strumenti di cooperazione, ma ogni volte si deve decidere. Avere un regolamento che vincola o meno il Regno Unito ha delle conseguenze, visto che c’è un interesse degli Stati a far adottare all’UK l’opting in; per cui gli altri Stati a volte rinunciano a qualcosa pur di far entrare il UK nel trattato. C’è da dire che anche la Danimarca a volte decide di entrare negli accordi, ma non con gli strumenti dell’UE ma con il diritto internazionale. Quindi la Danimarca ha concluso degli accordi con l’UE per estendere l’applicazione di certi regolamenti. Attraverso lo strumento dell’accordo è un po’ come la stessa Danimarca facesse un opting in (non è cosi in teoria, ma sostanzialmente le conseguenze son quelle). Problemi del DIP. Primo problema: qual è il giudice competente?Tutela giurisdizionale dei diritti: i diritti delle norme private, per trovare attuazione possono avere bisogno della tutela di un soggetto estraneo. se quel diritto non viene spontaneamente soddisfatto, infatti, occorre l’intervento di qualcun altro. La tutela giurisdizionale dei diritti è appunto l’intervento di un’autorità pubblica che permette l’adempimento del diritto. L’elemento che ci interessa è quello giurisdizionale, che ha una duplice implicazione: 1) c’è un giudice che è un’autorità pubblica (e non normale: è indipendente e imparziale); 2) la tutela somministrata mira a realizzare precisamente ciò che il diritto e le norme sostanziali prevedono, quindi non è una tutela di natura discrezionale. Come avviene tale tutela? Attraverso un procedimento, cioè una sequenza di atti funzionale ad uno scopo e lo scopo è l’emanazione di un provvedimento. Tale provvedimento giurisdizionale può avere varie nature, in funzione dello scopo e del tipo di tutela. Ci sono tre tipi di tutela: 1) cognizione, che serve ad accertare una determinata situazione; 2) esecuzione, che serve ad apportare gli effetti dell’accertamento nel mondo reale; 3) cautelare: si dispone qualcosa in modo da evitare gli inconveniente del tempo necessario a svolgere la cognizione o l’esecuzione (es. sequestro dei beni della persona che è affermata come debitore).

Nelle situazioni che non sono totalmente interne al paese, quali sono gli organi giudiziari (nel senso: di quale Stato) che possono somministrare tale tutela? Ogni Stato definisce i limiti della propria giurisdizione, definisce cioè i limiti entro i quali i propri giudici possono pronunciarsi.Bisogna distinguere, attraverso delle norme, quali situazioni rientrano nella sfera statale, e quali invece ne sono estranee: tali norme sono le norme attributive della giurisdizione. Tale fenomeno ci indica che la giurisdizione è un potere, una legittimazione, e tali norme sono appunto norme che conferiscono un potere (potestas judicandi - potere di decidere nel merito (cognizione, esecuzione, cautelare) Tali norme possono essere a carattere discrezionale o rigido. Quelle a carattere rigido sono precise (es. art. 2 Regolamento 44/2001), quelle discrezionali lasciano invece al giudice il potere di decidere se quella situazione è collegata o meno allo Stato del giudice; detta meglio, non fissano in anticipo dei criteri di connessione tra la fattispecie e il foro, ma devolvono al giudice il compito di decidere se sia opportuno che sia lui che si occupi della controversia. Lo stile rigido è quello prevalente sia in ambito comunitario che italiano, ma negli ordinamenti di Common Law, per es., lo stile prevalente è quello discrezionale. Es.: nel disastro di Bhopal (la società americana Union Carbide controllava un’industria chimica nella città di Bhopal in India che, scoppiando, provocò un disastro ambientale) gli avvocati hanno cercato di ottenere tutela non in India, ma negli USA: lì, le norme attributive della giurisdizione sono a carattere discrezionale e il giudice statunitense si dichiarò incompetente (perché decise, a sua discrezione che i legami della causa erano più forti in India), cioè si utilizzò la formula del forum non conveniens.

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Quando si parla di giurisdizione si deve parlare anche di determinati valori. 1. Il primo cui si fa di solito riferimento è il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale. Questo vale

sia per la parte lesa (attore), ma anche per il convenuto, il quale può chiedere giustizia. 2. Un altro valore è la buona amministrazione della giustizia, sostanzialmente il processo in sé non

basta, deve essere buono. E il processo è buono è quello, per es., dove è facile raccogliere le prove (non nel caso Bhopal quindi).

3. Ci sarebbe un problema di economia processuale. Il giudice quindi deve essere “comodo”, un giudice la cui attività sia facilmente accessibile per l’una e per l’altro parte. Ma facilmente non vuol dire “il più facilmente possibile”, ma ragionevolmente facilmente. Le norme, sia rigide che discrezionali, mirano proprio a individuare questo giudice.

L’idea che sta alla base delle norme attributive della competenza può essere quella di localizzare la lite, e in questo modo si individua il giudice competente. Art. 2 Reg. fa riferimento al domicilio della persona del convenuto, e sulla base di questa localizzazione individua la competenza. Art. 5 n. 3: localizza la lite sulla base di un elemento (non più soggettivo, il convenuto ma) oggettivo, e cioè l’incidente. Ma le logiche possono essere differenti: art. 6 (la chiamata in garanzia è: se io compro un libro fatto male e convengo il libraio, il libraio dice mica l’ho fatto io il libro, e chiama in garanzia l’editore): la persona domiciliata in uno stato membro può inoltre essere convenuta qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, sempre che quest'ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dal suo giudice naturale. Come vedi non c’è una logica localizzatrice, l’elemento che giustifica la competenza di quel giudice è l’armonia delle decisioni, in modo che non ci siano giudicati contrastanti. Ci sono poi norme che hanno un’altra giustificazione: la necessità di provvedere. Art. 7 Reg. 4/2009 – forum necessitatis - ci dice che le Autorità possono occuparsi di un credito alimentare ancorchè non siano altrimenti competenti se vi è la necessità di provvedere, cioè se la stessa domanda non potrebbe essere proposta altrove. Quindi l’unica chance di un soggetto è, per es., il giudice italiano, questa norma rende competente il giudice italiano. Titolo di giurisdizione. È la circostanza in presenza della quale i giudici di un determinato stato possono esercitare la giurisdizione. Nell’art. 2 Reg. 44/2001 è il domicilio. Art. 5 n. 3 il titolo è l’evento dannoso. Art. 7 è la necessità. Tale titolo di giurisdizione prende anche il nome di criterio di giurisdizione. Altro es.: in materia di diritti reali immobiliari e di contratti d'affitto di immobili, i giudici dello Stato membro in cui l'immobile è situato.Art. 6 n. 2: se noti tale art. non identifica il giudice, ma permette al giudice di pronunciarsi, sul presupposto che ci sia già un’altra causa pendente, su un'altra causa (quella in garanzia). Il titolo è la connessione tra queste due cause, il legame tra le due cause. NB: i titoli possono anche essere più di uno: una o più norme attributive prevedono per una stessa situazione concreta più titoli di giurisdizione, e tali titoli potrebbero abilitare più giudici. V. conflitti di giurisdizione: che possono essere positivi (più giudici competenti) o negativi (le norme non dichiarano nessun giudice competente). Le norme sulla giurisdizione sono contenute in fonti diverse, ma per fortuna possiamo occuparci solo delle norme sulla giurisdizione di fonte europea, e più specificatamente l’attenzione si focalizzerà sul Reg. 44/2001 già Conv. di Bruxelles 1968. Il Reg. è anzi in larga parte coincidente con la Conv. Tale Conv. è stato concluso dall’UE (che non ha utilizzato uno strumento comunitario perché non aveva la competenza per operare in questo settore, per cui si è utilizzato uno strumento internazionalistico, cioè la Convenzione). Bisognava creare una normativa che assicurasse la circolazione delle decisioni (se una sentenza viene utilizzata in Germania, si deve poter dare esecuzione a quella sentenza anche in Italia e Spagna per es). Bisognava però unificare anche le norme sulla competenza (per ragioni che saranno chiare più avanti): si è fatta quindi una regolamentazione doppia sia riguardo la giurisdizione che sul riconoscimento delle decisioni. Non si occupa di tali oggetti riguardo a tutto il DP, bensì a tutto, tranne eccezioni rilevanti: famiglia, successioni, insolvenza e arbitrato. Ma per il resto (civile e commerciale) l’unificazione si è organizzata. Tale Conv. ha posto subito un problema pratico, quello della sua interpretazione, quindi si è fatto riferimento alla CIG come interprete ufficiale.

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Rinvio pregiudiziale: strumento attraverso il quale i giudici possono comunicare con la Corte quando c’è un dubbio la cui soluzione è presupposto per la decisione; il giudice sospende e rinvia (pregiudizialmente) alla CIG. La CIG, grazie a questo strumento ha emesso un centinaio di pronunce solo relativamente a questa materia quindi anche riguardo alla Convenzione. C’è quindi un corpo giurisprudenziale enorme, e la conseguenza è che non possiamo conoscere il Reg. senza conoscere la giurisprudenza a riguardo, ma non solo del regolamento ma anche della Convenzione (visto che il regolamento riprende in buona parte la convenzione). Quindi: il regolamento deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza. Il regolamento ha anche un nomignolo: Bruxelles I, Bruxelles perché è interpretato alla luce della giuri precedente al regolamento, cioè della Convenzione, I perché riguarda solo la materia civile e commerciale.Attenzione: il rinvio parte da una situazione concreta, per cui la decisione pregiudiziale si riferisce a una causa specifica e ha effetti erga omnes solamente potenziali: l’interprete della decisione deve saper distinguere i contributi non utili della decisione (riferibili solo a quella decisione) e altri contributi generali. Bisogna saper vedere in che misura la decisione abbia valore al di là del caso concreto.

I due presupposti di applicazione: Articolo 1 - Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente

dalla natura dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa. Indipendentemente vuol dire che anche il giudice penale (materia di risarcimenti e restituzioni). Come vedi è valido indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale (quindi vuol dire che anche il giudice penale, quando la causa riguardi ambito civile e commerciale, la applica). La materia civile e commerciale non è definita, ma la si incornicia in negativo: materia fiscale, doganale ed amministrativa. Al paragrafo 2 poi, sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:a) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni; b) i fallimenti, i concordati e la procedure affini; c) la sicurezza sociale (prestazioni economiche di assistenza, come pensioni, indennità ecc); d) l'arbitrato.Il testo poi dice quello che si diceva prima: nel presente regolamento per "Stato membro" si intendono tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.

Le norme sulla competenza giurisdizionale presuppongono sempre un procedimento in cui il convenuto è domiciliato in uno stato membro. Quando ricorre questa condizione allora il Reg. ha vocazione ad applicarsi, e questo significa che in una situazione come la sentenza Frahuil, il regolamento si applica perché la Frahuil è una società francese. Se fosse stata Brasiliana o Cilena no.

Le condizioni di applicabilità sono dunque 2: 1) versante materiale (materia civile e commerciale), 2) riguardo ai soggetti, che il convenuto sia domiciliato in uno stato membro. In realtà ci sono delle norme che prescindono da tale secondo presupposto.

Il foro generale dell’art. 2: Il Reg. prevede in realtà una pluralità di norme sulla giurisdizione. Anzitutto una norma che istituisce un foro generale (foro = competenza); V. art. 2 Reg. se lo leggi si scopre che oltre ad essere una norma attributiva di giurisdizione ha portata di foro generale (cioè abbraccia tutta la materia (civile e commerciale) dell’ordinamento). Parla di domicilio, e in Italia il domicilio è definito nell’art. 44 c.c.: ma c’è bisogno di definizioni uniformi ai 26 Stati dell’UE quindi v. art. 60 Reg.: Ai fini dell'applicazione del presente regolamento una società o altra persona giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova:a) la sua sede statutaria. L’indirizzo dell’ente che risulta dai meccanismi di pubblicità per la società in questione. Nota che il Reg. è fatto per gli affari, quindi si parla maggiormente di società. Comunque può darsi che la sede statutaria sia diversa dal luogo in cui la società viene amministrata. A questo punto:b) la sua amministrazione centrale. Nota che sia la sede statutaria che l’amministrazione centrale sono domicilio. Oppurec) il suo centro d'attività principale. Questi luoghi di solito coincidono, o comunque sono a pochi km di distanza. Quando però vi sia dispersione di questi elementi, sono tutti domicili agli effetti del regolamento.

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Dice a un certo punto l’art 2: “a prescindere dalla nazionalità”, e la conseguenza è che anche soggetti non europei possono risultare soggetti alle norme del Reg. Un imprenditore cinese che opera in Italia è domiciliato in Italia, e quindi le controversie di quel soggetto sono attratte nella sfera applicativa del Reg. Altra cosa: “salvo che non sia disposto diversamente dal Reg.”. è quindi ben possibile che una stessa fattispecie concreta sia al tempo stesso sotto più titoli di giurisdizione. Per essere più tecnici: il foro generale, per com’è formulata la norma, non è un foro esclusivo, visto che la norma stessa ti dice che possono esserci altre norme che servono a risolvere un eventuale conflitto positivo. L’art. 2 esprime anche il principio generale secondo cui il luogo è del convenuto è il foro generale, e perché? Si potrebbe dire che è perché è l’attore che turba la quiete giuridica, per cui se è lui che rompe la pace, che sopporti almeno il sacrificio di non giocare in casa. Si propone anche un’altra lettura: visto il valore dell’accesso alla tutela giurisdizionale, c’è vantaggio per l’attore nel fatto che non gioca in casa? Forse il vantaggio è quello della semplicità della norma: ci si mette un secondo a scoprire il giudice competente e si evitano dunque i costi (di tempo e quindi anche monetari) dei dubbi sul giudice competente. Questo art. dà risposta a quasi tutte le domande sulla competenza (NB: quasi). Altro possibile giustificazione del foro generale: tra l’attore e il convenuto possono esserci una serie di rapporti. Si immagini un contratto che prevede una pluralità di obbligazioni che diano luogo a un contenzioso su molti rapporti. Avendo un titolo di giurisdizione facile e unico si può far confluire tutto il contenzioso davanti a quel giudice. Vari valori quindi: i quali emergono non solo implicitamente dal 2, ma anche espressamente. V. 11 esimo preambolo: le regole devono essere prevedibili, e l’esito deve essere facile da anticipare. E 15 esimo preambolo “Il funzionamento armonioso della giustizia presuppone che si riduca al minimo la possibilità di pendenza di procedimenti paralleli”. Altro valore è quello del 16 e 17esimi considerando: “La reciproca fiducia nella giustizia in seno alla Comunità implica che le decisioni emesse in un altro Stato membro siano riconosciute di pieno diritto, ossia senza che sia necessario esperire alcun procedimento, salvo che vi siano contestazioni” si implica un’idea di fiducia, fondata sull’idea di fungibilità delle giurisdizioni (che sono diverse ma equivalenti), ma attenzione che non c’è apertura se non c’è fiducia. E su cosa si basa questa fiducia? Sull’uguaglianza di garanzie: la CEDU vale in tutta Europa, ma non in Cina, e non possiamo fidarci delle giurisdizioni cinesi. In più l’altro presupposto è la necessità della fiducia (discorso circolare): la fiducia è un’esigenza, siamo fiduciosi perché dobbiamo esserlo (discorso circolare, ma è l’unica). Sono c.d. regole hard and fast: sono “regole per gli stupidi” di applicazione meccanica.

Il domicilio per le persone giuridiche è all’art. 60 (meccanismo autonomo, cioè che nasce e vive all’interno del Reg. senza bisogno di etero integrazione, cioè fonti estranee), ma cosa si intende per domicilio quando si tratti di persona fisica? Art. 59: per determinare se una parte ha il domicilio nel territorio dello Stato membro in cui è pendente il procedimento, il giudice applica la legge nazionale (nel caso dell’italia, art. 44 cc). Qualora una parte non sia domiciliata nello Stato membro i cui giudici sono aditi, il giudice, per stabilire se essa ha il domicilio in un altro Stato membro, applica la legge di quest'ultimo Stato. Questo meccanismo invece ha bisogno di etero integrazione. La nozione autonoma dell’art. 60 già compare nella definizione di diritto “civile e commerciale” dell’art. 1, che utilizza non i diritti nazionali, ma il diritto UE: v. sentenza Frahuill, dove la CIG interpreta la nozione civile o commerciale interpreta il diritto privato in base al diritto UE. Fori speciali. nella pratica i fori speciali sono di gran lunga quelli più rilevanti, perché per quanto esista una competenza generale (dell’art. 2) ma il più delle volte l’attore cerca di agire in giudizio in uno stato diverso da quello del domicilio del convenuto, ma per fare questo ha bisogno di un titolo di giurisdizione che abiliti il giudice di un altro stato ad occuparsi della controversia. Il foro speciale è appunto un titolo di giurisdizione che si aggiunge a quello generale e che abilita l’attore ad agire in uni Stato diverso da quello del convenuto. “Si aggiunge” vuol dire che sono fori alternativi, e tale facoltà è riconosciuta all’attore. “Speciale” implica che si parli di categorie particolari di controversie. Perché si sono istituiti tali fori?

1. Si parla di prossimità: cioè vicinanza. L’idea di fondo sta in ciò, che il giudizio si riferisce ad un fatto concreto: i fatti hanno una proiezione territoriale (interessano un certo spazio), basti pensare a una controversia che nasce da un incidente automobilistico, nel qual caso c’è un luogo in cui si incarna la

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lite. Esistono quindi delle buone ragioni (di prossimità) che fanno si che il giudice che deve occuparsi della cosa sia quello del luogo. Metti caso che l’incidente sia a Ferrara, ma il convenuto sia sloveno. Hai 2 possibilità a questo punto: andare in Slovenia o (art. 5 n.3) andare a Ferrara.

2. In realtà c’è un altro principio che illumina i fori speciali, cioè il principio di prevedibilità (già visto nell’11 considerando: regole hard and fast). Difatti sia l’attore che il convenuto se lo aspettano che tutto il contenzioso sia a Ferrara (è istintivo).

3. C’è un altro principio (proposto dal prof come eventuale, non è detto che questo principio investa sempre il foro speciale), problematico, che è l’armonia delle decisioni. In una situazione transnazionale c’è il rischio che la stessa controversia sia risolta in modo differente a seconda del giudice che se ne occupa. Per evitarlo è opportuno che un unico giudice possa pronunciarsi su tutti gli aspetti della controversia.

I fori speciali sono innanzitutto speciali sulla base della materia. V. art. 5, l’articolo più importante del Reg. Ci occupiamo sia dell’art. 5 n. 1 (foro della materia contrattuale) che 5 n. 3 (foro degli illeciti civili colposi e dolosi). Occupiamoci prima dell’art. 5 n.3, così ce lo togliamo di mezzo, per poi vedere meglio dell’art. 5 n.1. il 5 n.3 fa riferimento agli illeciti civili dolosi e colposi: la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire.In altre lingue (spagnolo e francese, ad es.) si fa riferimento a delitti e quasi delitti. Ora, non esiste una lingua che prevale, quindi bisogna comparare le norme e pervenire ad una soluzione che minimizzi le controversie. La versione italiana facendo riferimento al dolo e alla colpa, sembra escludere la responsabilità oggettiva (che quindi sarà coperto dall’art. 2). Ma visto che tutte le versioni indicano che la portata applicativa del 5 n.3 abbraccia tutte le ipotesi di responsabilità extra contrattuale, possiamo (anzi dobbiamo) non dare peso a ciò che sta scritto nella versione italiana, e quindi “doloso e colposo” è scritto a solo titolo esemplificativo. L’evento dannoso è avvenuto. Il fatto illecito è composto da condotta ed evento, legati da un rapporto di causalità. La condotta, se attiva, e l’evento sono localizzabili, e non è detto che siano localizzabili nello stesso luogo. NB: evento è la lesione del diritto protetto, mentre le conseguenze pregiudizievoli dell’evento sono appunto ciò che consegue all’evento. In un incidente a Ferrara la condotta e l’evento avvengono a Ferrara in una determinata via, ma se sei giocatore professionista in Slovenia e perdi, a causa dell’evento, 5 partite, le conseguenze del danno avvengono in Slovenia. Nel testo italiano si fa riferimento all’evento dannoso. Come lo interpretiamo? Ora: sentenza mines de potasse. C’era un fiume, confine tra due stati. Un’industria chimica nello Stato X scarta nel fiume degli agenti inquinanti e un agricoltore usa quell’acqua per irrigare i campi nello Stato Y (tra l’altro poi le conseguenze pregiudizievoli potrebbero essere nello Stato Z se l’agricoltore vendesse in quello Stato). E la CIG dice: sia lo Stato X che lo Stato Y sono competenti in base all’art. 5, perché condotta ed evento sono due momenti di eguale importanza ed entrambi sono prossimi alla lite, quindi sia il giudice di X che di Y possono conoscere la lite: criterio dell’ubiquità (in base al principio di prossimità). Condotta ed evento sono ugualmente importanti. Tra l’altro potrebbe anche essere per il principio di prevedibilità, visto che sia l’industria che l’agricoltore si aspettano che tutti e due gli Stati siano competenti. Sentenza Marinari: investimento andato male, e il signor Marinari diceva che gli intermediari finanziari erano responsabili. Questi ultimi erano inglesi, ma Marinari agisce in Italia (sbagliato ex art. 2); giustifica la cosa sulla base dell’art. 5: per lui gli intermediari erano responsabili di illecito civile e visto che Marinari aveva il patrimonio in Italia, dice che l’evento (perdita patrimoniale) è avvenuto in Italia? La CIG dice invece che è in Inghilterra che c’è stato l’evento investimento sbagliato, quindi - anche se Marinari aveva il suo patrimonio in Italia (circostanza meramente casuale) e Marinari diceva è qui che è avvenuta la perdita - la CIG dice che l’evento è avvenuto il Inghilterra e il giudice italiano, quindi, non è prossimo perché la perdita monetaria è solo conseguenza pregiudizievole e non evento (lo sarebbe quello inglese). Tra l’altro non è neanche prevedibile, visto che non ci sono motivi per pensare di doverlo fare in Italia. Quindi “evento dannoso” nella lingua italiana va interpretato sia come condotta che evento (forzatura del testo, la sentenza fa riferimento agli elementi extra testuali per integrare il testo. In ogni caso rimane giurisprudenza creativa, visto che da nessuna parte c’è scritto “condotta”). Un caso difficile è la diffamazione: Shevill: si scopre che un agenzia cambio valute in Francia ricicla denaro sporco, e un giornale francese pubblica la notizia relativa a questa indagine e fa il nome di Fiona Shevill, la

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quale è stata tirata dentro per sbaglio. Intanto questa torna nel Regno Unito, e tornata desidera ottenere un risarcimento. La Shevill agisce però in UK contro l’editore (francese) in deroga quindi all’art. 2. Ora, la condotta è stata scrivere nel giornale certe informazioni, invece l’evento consiste nel diffondere quel giornale. E la diffamazione esiste nella misura in cui la persona diffamata sia conosciuta, il fatto è che certe copie di giornale sono arrivate anche nella contea dove la Sheville abita. E la CIG dice è compente ex 5 sia la Francia (Stato della condotta e dell’evento) ma anche tutti gli Stati del luogo dove le copie del giornale sono arrivate. È un interpretazione molto estensiva, ma c’è il correttivo: se agisci nel luogo della condotta puoi richiedere tutti i danni, mentre se agisci nei vari luoghi puoi richiedere solamente i danni territoriali (in UK solo i danni per l’Inghilterra). È questa la teoria del mosaico, cioè una struttura d’insieme fatta di piccole tessere. Passiamo all’art. 5 n.1. Tale norma è quella più complessa del Reg. ma anche la più utilizzata. La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:1) a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; b) i fini dell'applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio è:- nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto,- nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto; c) la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b); Portata applicativa della norma: c’è un espressione “in materia contrattuale” che sembra dirci tutto. Ma in realtà non è chiara. Per es.: la responsabilità precontrattuale. Il criterio che usa la CIG per distinguere la materia contrattuale da quella extracontrattuale è il seguente: non rientra nella materia contrattuale l’obbligazione che non sia stata liberamente assunta da una parte nei confronti dell’altra (sentenza Handte del 1992). Tale formula pone l’accento su

1. “liberamente assunta”. Nella sentenza c’era una impresa A che ha venduto a B che ha venduto a C. L’impresa C si accorge che il bene è difettoso e se la prende non con l’impresa B ma direttamente con l’impresa A (azione diretta). Però A nei confronti di C non aveva nessun obbligo liberamente assunto, quindi non riguarda la materia contrattuale, quindi la competenza di tale causa non è data dall’art. 5.

2. e “da una parte nei confronti dell’altra”. Quindi deve esserci un rapporto. Nel caso di un impresa di costruzioni che eseguendo un lavoro mi rovina il parquet, non c’è nessuna decisione liberamente assunta ma c’è un rapporto qualificato.

Nel caso ci siano tutte e due logicamente siamo nel contratto, ma nel caso ce ne sia solo una bisognerà stare attenti. Questo in realtà lo sostiene il prof, la dottrina invece guarda la fonte: se negoziale è contrattuale se no no.Una volta definito in negativo, in positivo si può dire che ogni volta ci sia un accordo negoziale si rientri nel 5.l’art. può essere diviso in 2 parti, a e b. La a) fa riferimento al locus solutionis, cioè al luogo dell’adempimento. Questa prima parte ci dice due cose: 1) l’obbligazione rilevante per il giudice competente è l’obbligazione dedotta in giudizio, cioè quella che costituisce la base della domanda. Di solito si parla di obbligazioni sinallagmatiche, cioè prestazioni corrispettive, e teoricamente per ognuna di queste potrebbe esserci un giudice diverso. Dando rilievo all’obbligazione dedotta in giudizio, si apre il rischio che più giudici siano competenti per lo stesso contratto. 2) individuazione del locus solutionis. Le obbligazioni sono creazioni di diritto, e se io le devo localizzare ho bisogno di parametri giuridici (si potrebbe usare lo stesso criterio degli illeciti, ma queste hanno un forte connotato territoriale). Pensiamo a un contratto di garanzia, dove una banca garantisce per un creditore se il debitore non paga. La CIG ci ha detto come si fa a risolvere il problema: Sentenza Tessili. Il giudice deve 1) individuare obbligazione rilevante, 2) vedere qual è la legge applicabile, 3) determinare il locus solutionis applicando le norme della legge applicabile al contratto. Vediamo il contratto di garanzia: 1) l’obbligazione rilevante è quella della baca di pagare nel caso in cui il debitore non paghi. 2) La legge applicabile al contratto è (immaginiamo) quella italiana. 3) il diritto italiano

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all’art. 1182/3 dice che le obbligazioni che hanno ad oggetto somme di denaro devono essere adempiute al domicilio del creditore. Nel caso in cui il creditore abiti a Milano, Milano è ai sensi (non solo del 1182 ma anche) dell’art. 5 del Reg. il locus solutionis. Questa è l’interpretazione della lett. a) (NB: la convenzione di Bruxelles non aveva la lettera a), ma solo quando si è fatto il Reg. si è aggiunta la lett. b) rendendo ciò che c’era scritto prima lett a)). La lett. b) specifica la lett. a) con riguardo alla compravendita di beni e prestazione di servizi. Ma è utile o inutile? Beh è molto utile, perché con la lettera b) l’unica obbligazione rilevante diventa quella della compravendita o della prestazione di servizi. Quindi la verifica del n.1 del procedimento (trovare l’obbligazione rilevante) non è più necessaria. Ma nella sentenza Car Trim (Febbraio 2010) si dice che neanche il punto 2 è più rilevante perché la legge applicabile si trova in metodo empirico, non più giuridico: ed è quella del luogo dove i beni devono essere materialmente consegnati. Per es. in Italia la legge dice che il luogo di consegana dei beni è il luogo di rimessione al primo vettore, quindi se un impresa italiana vende dei beni a un impresa tedesca e dà le merci a un camion italiano, è in Italia che ex lege è avvenuta la consegna, mentre la consegna materiale è avvenuta in Germania. Quindi per la sentenza Tessili il giudice competente sarà italiano, mentre per la Car Trim sarà in Germania (non si fa riferimento a parametri giuridici). La sentenza Wood Floor dice poi che il metodo Car Trim è applicabile anche alla prestazione di servizi. Quindi c’è di mezzo un’attività di agenzia (un soggetto promuove l’attività di un altro) in ambito transnazionale. Il locus solutionis è, dice la CIG, il luogo di fornitura (di servizi) principale. E qual è? Se in Danimarca ci sono 1000 clienti e in Olanda 500, sarà la Danimarca. Se poi c’è incertezza perché magari l’Olanda ha soggetti più ricchi, allora il luogo sarà il domicilio del prestatore. Come puoi vedere, anche qui si fa riferimento a criteri empirici, non più legali. La corte ci dice anche un’altra cosa: tutto questo gioco è subordinato al fatto che non vi sia un accordo tra le parti, perché queste potrebbero convenire un locus solutionis (salvo diversa convenzione). Diventa ora importante stabilire se il contratto rientra nella previsione della lett. b) primo o secondo trattino. A questo fine è rilevante vedere quando si tratta di compravendita: per esempio, la somministrazione nel diritto italiano non è compravendita, e non è permuta. Però tutti hanno in comune il trasferimento della proprietà. A questo punto, astrattamente, è o vendita, o prestazione di servizi, o commistione. il testo non è chiaro, quindi dobbiamo agire mediante interpretazione teleologica (in base allo scopo della norma) e sistematica (interpretare un pezzo in base al tutto). Se ci fosse nel sistema una definizione di compravendita dalla quale emerga qualche indizio, allora bisognerebbe preferirla, ma non c’è. Dal punto di vista teleologico invece bisogna cercare di individuare un giudice prossimo, prevedibile e capace di occuparsi dell’insieme delle questioni del contratto. Quindi: osservando la struttura della norma e le novità scopriamo che la lettera b) l’unica obbligazione rilevante è quella caratteristica, l’altra obbligazione è priva di rilevanza. Quindi si individua il baricentro del contratto (attenzione non si parla della prestazione pecuniaria, presente pressoché in tutti i contratti, ma quella non pecuniaria). Se il nocciolo del rapporto è dare un bene allora sarà una compravendita e viceversa.Ma qual è il criterio per stabilire il nocciolo? Può essere il prezzo, ma è un criterio falsamente facile (se non siamo in situazioni certe). Es.: l’Ikea non produce mobili ma li vende. E li fa produrre all’impresa A, fornendo legno serrature e quant’altro. Se uno vede l’operazione dell’impresa che fornisce i mobili dietro prezzo allora sarà compravendita, ma in un ottica unitaria c’è anche il servizio dell’Ikea che fornisce legno ecc, per cui l’impresa A non fornisce mobili, ma lavora materiali che l’Ikea ha fornito. Quindi è prestazione di servizi. Accanto ai fori del 5 c’è una seconda categoria di fori speciali: art. 6. Anch’essi rinviano all’idea di prossimità, ma questi fanno soprattutto leva sul concetto di connessione: la connessione è un collegamento fra cause. Può infatti darsi che più domande giudiziali risultino collegate tra loro, e in questo caso c’è l’opportunità di far si che tutte quelle domande possano essere decise da un unico giudice. Il senso dell’art. 6 è quindi quello di consentire la cognizione congiunta di due o più domande connesse per evitare decisioni incompatibili (ratio: armonia delle decisioni). I casi sono 3:

1. 6 n.1: litisconsorzio passivo. In caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili.

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Si pensi ad un obbligazione di carattere solidale (passiva). Come vedi un giudice può avere la giurisdizione anche per le domande riguardanti le altri parte passive dell’obbligazione, ma senza il 6 n.1 non sarebbe competente, quindi la norma è attributiva della giurisdizione.

2. N.2: il convenuto ha interesse a chiamare in causa un terzo: qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, sempre che quest'ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dal suo giudice naturale. Se non ci fosse questa norma il soggetto, per chiamare il terzo, dovrebbe aprire una nuova causa, ma con questa norma la giurisdizione del giudice è estesa e ricomprende anche la domanda in garanzia.

3. Domanda riconvenzionale: qualora si tratti di una domanda riconvenzionale nascente dal contratto o dal fatto su cui si fonda la domanda principale, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale;

In tutti i casi quello stesso giudice è già competente in forza di un altro titolo di giurisdizione (tipo art. 2 nel numero 1, perché c’è il domicilio del convenuto) ma le cause possono essere conosciute contemporaneamente in forza della connessione. Fori esclusivi: sono previsti dall’art. 22. Anche questo art. ha più proposizioni normative, e ciascuna di queste istituisce un titolo di giurisdizione che ha una caratteristica particolare, la sua esclusività. 22 n. 1: indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva:1) in materia di diritti reali immobiliari i giudici dello Stato membro in cui l'immobile è situato. Tale competenza deroga agli altri fori già visti, se ci pensi il 2 recita “salve eccezioni….”. Anche il 5 e il 6 sono fin da subito fori alternativi e facoltativi (la persona..può…).

1. La logica è a prima vista una logica di prossimità, ma di prossimità particolarmente qualificata. Tra l’immobile e lo Stato c’è un rapporto così stretto che non solo è opportuno che i giudici di quello stato si occupino di quelle controversie, ma più che altro che solo i giudici di quello stato se ne occupino.

2. Ma attenzione, perché è particolarmente avvertita in certi casi l’esigenza di evitare un contrasto di decisioni, e per far ciò bisogna evitare che più giudici si occupino della stessa controversia: basta istituire un solo giudice. Nei casi di immobili ci sarà appunto solo il giudice del luogo dell’immobile.

3. Un’altra ragione (da proporre con prudenza) è che ci sono materie, come quella immobiliare, la cui regolamentazione è affidata a regole locali (v. regole in materia di affitto. Quelle applicabili sono quelle del luogo. Vengono richiamati anche gli usi), quindi è opportuno che i giudici del luogo, più esperti se ne occupino.

4. Altra considerazione: gli stati vogliono mantenere un forte controllo della vita sociale rispetto a certe materie (quindi c’è una certa gelosia dello Stato, che vuole disciplinare quel rapporto con proprie norme, ma anche amministrare quell’interesse). Il modo più semplice per tutelare l’interesse dello Stato è attribuire una giurisdizione esclusiva.

5. Ancora, gli immobili sono l’ossatura dell’economia del paese, quindi deve esserci certezza sulla loro regolamentazione per far andare bene il mercato immobiliare, quindi gli immobili devono essere amministrati dai giudici di quel paese. Per es.: in Italia la proprietà degli immobili è molto diffusa (chi abita in una casa è proprietario di quella casa), ma nel resto del mondo il proprietario degli immobili è la compagnia di assicurazione. Perché? Perché se ce un debito, e le compagnie di assicurazione sono esposte più delle altre, occorre un patrimonio per far fronte a quel debito e la forma di garanzia dei debiti più efficace è l’immobile.

Come vedi ci sono ragioni non solo processuali (prossimità, armonia di decisioni) ma anche pubblicistiche. Proprio perché esclusivi, questi fori escludono ogni altra competenza. Proroga espressa della competenza giurisdizionale. Art. 23 (da leggere tutto ai fini dell’esame): le parti del procedimento possono mettersi d’accordo per designare il giudice competente, e la ratio sta in ciò, nell’interesse dell’UE a favorire l’autonomia privata. C’è quindi la possibilità di individuare il giudice competente (salvi i limiti del 22), con un accordo fra attore e convenuto. Tale accordo può essere precedente o successivo all’insorgere della controversia, e nella maggior parte dei casi è precedente. E di solito vuol dire che si fa nel contratto tra le parti. la clausola può contenere l’indicazione dello Stato in cui i giudici devono conoscere, ma anche il singolo ufficio giudiziario (sono competenti i giudici spagnoli…sono competenti i giudici di Milano).

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Ci sono due aspetti della designazione: uno positivo/attributivo: tale effetto c’è sempre. E uno negativo/preclusivo: perché appunto preclude ogni altra competenza. Tale competenza è quindi, generalmente, esclusiva. Però attenzione perché per quanto esclusive non sono imperative, visto che si basano appunto su un accordo (imperativo presume interesse pubblicistico; la competenza del 22 invece è imperativa, perché deroga ad ogni altra competenza, ma si prescinde da qualsiasi accordo tra le parti). Le parti però possono anche accordarsi sull’inderogabilità della loro su eventuali deroghe. L’effetto preclusivo, quindi, non c’è sempre (visto che son possibili le deroghe). Si capisce quindi perché proroga: una competenza di un giudice viene prorogata, nel senso di estesa.L’accordo di proroga deve essere concluso in un certo modo. I requisiti sono requisiti di validità, e se i requisiti non sono rispettati la proroga non è valida. L’articolo, comunque, dà molto spazio all’autonomia privata: la clausola attributiva di competenza deve essere conclusa:a) per iscritto o oralmente con conferma scritta (caso tipico è quello della fiera, dove l’espositore si mette d’accordo per il contratto oralmente, e si scambia il numero per confermare successivamente la clausola), ob) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro (consuetudine tra le parti), oc) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato (prassi internazionale).Condizioni di applicabilità del 23. L’articolo non lo dice espressamente, ma almeno una delle parti deve essere domiciliata in UE: quando nessuna delle parti che stipulano tale clausola è domiciliata nel territorio di uno Stato membro, i giudici degli altri Stati membri non possono conoscere della controversia fintantoché il giudice o i giudici la cui competenza è stata convenuta non abbiano declinato la competenza. Quindi un soggetto deve essere domiciliato nello stato membro. Perché? Assecondare il bisogno di programmazione: metti caso che una società extraeuropea e una europea si mettano in lite: se la norma non fosse strutturata così ci sarebbero dubbi sull’applicazione del regolamento (se la società europea è convenuta si applica, sennò no, e naturalmente non puoi sapere fin da subito chi sarà l’attore). Così scritta, la norma toglie ogni dubbio ed è applicabile indipendentemente da chi sarà il convenuto, ed è possibile accordarsi prima (non puoi accordarti se non sai chi sarà l’attore). Proroga tacita: art. 24. Situazione allorché di fronte al giudice investito della domanda dell’attore il convenuto ometta di eccepire l’incompetenza di quel giudice. Oltre che nei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni del presente regolamento, il giudice di uno Stato membro davanti al quale il convenuto è comparso è competente. Tale norma non è applicabile se la comparizione avviene per eccepire l'incompetenza o se esiste un altro giudice esclusivamente competente ai sensi dell'articolo 22. NB: si potrebbe pensare che la mancata proposizione dell’eccezione di incompetenza significa volontà del soggetto convenuto di non eccepirla, ma in realtà la proroga tacita non è una proroga su base di accordo non espresso: si prescinde dall’accordo, perché la competenza vale anche se il convenuto non si è proprio accorto del difetto di giurisdizione (e quindi non ci sia accordo). La Corte di Giustizia ha detto che l’eccezione di giurisdizione deve essere proposta in limine litis, cioè nell’atto introduttivo del convenuto (eccezione alla domanda) non dopo. Il 24 comunque non opera per le competenze esclusive, sennò non sarebbero più esclusive. Opera quindi il 25 che dice che è il giudice che si dichiara – d’ufficio – incompetente (e non deve farlo in limine litis). Misure cautelari: scongiurano il pericolo che nelle more del giudizio una delle parti subisca un pregiudizio irreparabile. Art. 31 Reg.: I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro. I criteri che presiedono la giurisdizione di cognizione sono diversi dai criteri che presiedono la giurisdizione cautelare. Il giudice competente a conoscere il giudizio cautelare non è detto che sia il giudice competente a conoscere nel merito. Il 31 ci dice quindi “ci potrebbe essere un altro giudice competente per le misure cautelari”, ma quello che il 31 non ci dice è chi sia il giudice. Metti caso che ci siano due giudici competenti nel merito (italiano ex 5 e tedesco ex 2) di due società una italiana (X) e una tedesca (Y). X conviene Y, e decide di agire in Italia per il 5, ma Y è una società piena di debiti perché mal gestita, X dice “in Italia ci metto 3 anni ad avere una sentenza, e son venuto a sapere che Y ha un magazzino nel porto di Rotterdam con merce del valore pari a 1000. Nel caso io avrò ragione se non sequestro mi troverò con niente. Nel frattempo quindi io congelo i beni di cui Y ha disponibilità nei Paesi

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Bassi”. Se lo chiedo in Italia va bene (tanto il provvedimento, per ragioni che si vedranno, circola in Eu come una sentenza di merito) però devo aspettare che il suo provvedimento venga eseguito, ma va ancora meglio richiederlo direttamente allo Stato dei Paesi Bassi, il quale paese, nota bene, non ha nessun contatto con la causa. La Corte di Giustizia ha chiarito che questa possibilità è comunque subordinata a un nesso tra la domanda cautelare e il paese cui appartiene il giudice cui la domanda viene chiesta: nel caso concreto, occorre un collegamento tra il sequestro e l’Olanda. Quindi l’Olanda non potrebbe mai sequestrare determinati beni della società Y a Helsinki. Fori “protettivi”. Si tratta di rapporti di lavoro, di consumo, e assicurativi. Questi tre rapporti hanno questo di caratteristico: una parte è debole (lavoratore, consumatore, e assicurato) l’altro è forte (datore di lavoro, venditore e assicuratore). Come quello italiano, il diritto internazionale concorre a riequilibrare le posizioni delle parti, attraverso delle norme che si riferiscono direttamente a questi rapporti (espressamente si riferisce solo al rapporto di lavoro, ma vale anche per le altre due). E come si fa? Dando opportunità di accesso alla tutela giurisdizionale più ampie per la parte debole che per la forte. Distinguendo a seconda che la controversia sia cominciata dal datore di lavoro o dal lavoratore. Nel caso sia il datore di lavoro, l’unico giudice competente è quello del domicilio del lavoratore (in questo modo il lavoratore gioca in casa). Viceversa, le opportunità di accesso si moltiplicano: l’azione può essere iniziata 1) nel domicilio del datore di lavoro, ma anche 2) nel luogo di abituale svolgimento del rapporto (quindi il lavoratore ha due possibilità, e una di queste è il luogo dove lavora abitualmente). Attenzione però, che a volte non c’è un abituale svolgimento del lavoro: pensa a una hostess, che ha diverse basi (3-4 aeroporti in giro per l’Europa). A questo punto è la sede che ha provveduto all’assunzione. Art. 19. È possibile parlare di autonomia delle parti? Attenzione che dando rilievo all’accordo è possibile che l’accordo sia solo formale, perché sostanzialmente il soggetto debole non ha dato la sua volontà. Art. 21: le disposizioni della presente sezione possono essere derogate solo da una convenzione:1) posteriore al sorgere della controversia (c’è piena cognizione di causa da parte del lavoratore, che sa qual è la posta in gioco), o2) che consenta al lavoratore di adire un giudice diverso da quelli indicati nella presente sezione.Le norme relative a queste tre categorie di rapporti sono esaustivi, cioè regimi giuridici autonomi e completi all’interno del Reg. Pensa all’art. 6 che è norma generale. È possibile applicarla ai rapporti di lavoro? Istintivamente ti viene da dire di si, perché è appunto norma generale. Ma il fatto che i 18 ss. siano norme esaustive evita che gli altri artt. possano applicarsi.

Parliamo ora del coordinamento di procedimento giudiziari pendenti in Stati diversi. Ci interessa quindi sapere (non più chi sia il giudice competente ma) cosa succeda se ci sono più procedimenti in giro per il mondo. La prima ipotesi è la litispendenza: i valori in gioco della litispendenza internazionali sono grosso modo quelli della litispendenza interna. Prima di tutto l’economia processuale: se lo stesso lavoro può essere fatto da un giudice invece che da uno, meglio farlo fare da uno. Ma il vero interesse è l’armonia delle decisioni. Le condizioni di applicabilità di queste norme sono solo che 1) i giudici parallelamente investiti della controversia siano degli stati membri e 2) la materia sia civile e commerciale. Articolo 27. 1. Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza.2. Se la competenza del giudice precedentemente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo.Ora: com’è possibile che ci siano due giudici competenti per la stessa controversia? Facile: entrambe le parti, in buona fede si considerino nella ragione, e instaurano il giudizio. Magari sono una spagnola e una italiana, e seguono tutte e due l’art. 2 del Reg. Quindi è una situazione fisiologica nel caso ci siano fori concorrenti. Ma in realtà l’istituzione di fori esclusivi non toglie il problema, perché non devono per forza esserci due giudici ma due procedimenti, quindi se tutti e due agiscono in Spagna ci saranno comunque due procedimenti anche se un solo giudice. il criterio è quello della prevenzione temporale (criterio temporale): la parte che inizia per prima “sceglie” il

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giudice ma l’altro giudice deve sospendere il procedimento, e aspettare che il primo giudice si pronunci sulla propria competenza, perché non è detto che sia competente (il criterio temporale non assegna la competenza). Ora: se si dichiara competente il procedimento parallelo muore. Se invece è incompetente, quella che era una sospensione non ha più ragion d’essere, e il procedimento reinizia. Una tecnica da avvocatello è instaurare il prima possibile un giudice incompetente, ma più che altro lento e inefficiente (italiano) – race to the court house. Se ad es. uno sa di avere torto marcio dice io ti devo dare 100 e te ne voglio dare 50, transiamo… ah non vuoi 50? Allora ti metto i bastoni tra le ruote, e ti darò 100 ma fra 10 anni. Ti prendo per fame. Sentenza Gubish: stesso contratto, ma uno richiede l’esecuzione e uno chiede l’invalidità, nei confronti di due giudici diversi. La Corte invece dice che la “forza di contratto” è il punto del discorso e quindi c’è litispendenza (nota che il petitum è diverso e nel diritto italiano non è litispendenza). Quindi c’è una nozione ampia di litispendenza. Ma perché dice che è litispendenza? Perché in questo modo si può utilizzare l’art. 27 della Conv. e scongiurare il problema della disarmonia di decisioni. E la corte dice: “se è vero che questa norma serve a qualcosa, allora io ho una buona ragione per estendere la portata del 27 in maniera che l’armonia sia realizzata in maniera più piena possibile”. Interpretazione teleologica.In realtà è anche sistematica perché richiama le norme sul riconoscimento che presumono un'unica verità, quindi se è importante evitare un mancato riconoscimento di una sentenza straniera, allora preveniamo. Altra situazione, oltre la litispendenza è la connessione privativa: di fronte a giudici di due stati membri pendono due domande connesse. Articolo 28. Ove più cause connesse siano pendenti davanti a giudici di Stati membri differenti, il giudice successivamente adito può sospendere il procedimento.2. Se tali cause sono pendenti in primo grado condizione), il giudice successivamente adito può inoltre dichiarare la propria incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che il giudice precedentemente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti.3. Ai sensi del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro un legame così stretto da rendere opportune una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni tra di loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente.

ALTRE FONTI RIGUARDO LA GIURISDIZIONE (PLURALISMO DELLE FONTI NORMATIVE)Si richiamano anche altri regolamenti in materia di giurisdizione oltre il 44/01: 2201/03 che provvede a individuare il giudice competente in materia di potestà genitoriale e matrimoni. Qualche cenno alle fonti convenzionali: Convenzione di Lugano del 2007, conclusa tra l’Ue da un lato, e alcuni Stati extra UE e riguarda la competenza e l’efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale; stesso oggetto del Reg. 44/01. La disciplina del Reg. estende a Stati estranei all’UE. Che Stati? In particolare Svizzera e Norvegia, che non fanno parte dell’UE ma per ovvie ragioni di contiguità sono interessati a ciò che avviene nell’UE. Essi fanno parte dell’associazione europea di libero scambio, che persegue obiettivi di integrazione in qualche modo simili agli obiettivi dell’UE. NB: tale convenzione è la riedizione di un'altra conv. di Lugano dell’88 la quale aveva lo stesso oggetto della Convenzione di Bruxelles del ’68. Tale identità di contenuto ha delle conseguenze sul piano interpretativo, perché se è vero che l’obiettivo degli Stati contraenti era quello di assicurare una continuità di disciplina, tale continuità deve esserci anche sul piano interpretativo, ma nel caso della Conv. di Lugano è un po’ difficile. Nel diritto comunitario il mezzo principale per assicurare l’uguaglianza interpretativa è la Corte di Giustizia, la quale però opera nei confronti degli Stati membri, e avrebbe poco senso per Norvegia e Svizzera sottoporsi al suo operato (anche se potrebbero farlo in linea di principio, ma è una soluzione politicamente poco consigliabile, perché si tratta di sottostare alla potestà dell’UE). Quindi la Conv. Lugano 2007 ha introdotto un particolare meccanismo che prevede una serie di accorgimenti volti a favorire l’integrazione interpretativa.

1. Obbligo (formale: infatti è di fonte internazionale, perché contenuto nel protocollo alla stessa Conv.) di tenere debitamente conto della giurisprudenza formatasi in ordine alla Conv. Lugano e al Reg. 44 nei diversi stati contraenti. Il giudice svizzero, quindi, deve tener conto della giuri della Corte di Giustizia quando decide su un caso oggetto della Conv. Qualcosa di meno dell’essere vincolati, ma qualcosa di più del non guardarlo neanche.

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2. Accorgimento più incisivo: il protocollo consente agli Stati contraenti della Conv. che non siano Stati UE di prendere parte ai procedimenti che si svolgono in Corte di Giustizia presentando memorie e quando sia in questione una norma del Reg. 44 o della Conv. di Lugano. Così si può incidere sulla giuri della Corte di giustizia. Non è un meccanismo di incidenza formale (con il quale i governi svizzeri e norvegesi possano vincolare la giuri) ma è un metodo di dialogo.

3. Instaurazione di un sistema di scambio di informazioni relativo alla giurisprudenza: ogni Stato contraente può comunicare agli altri Stati determinate situazioni di cui vengono a conoscenza: meccanismo strumentale al “tenere debitamento conto”, ma c’è anche un meccanismo di governance della Conv. di Lugano.

4. Comitato permanente che deve fornire dei pareri. Qui, i rappresentati degli Stati contraenti e dell’UE si scambiano pareri e opinioni. Anche qui non c’è nulla di vincolante: si discute semplicemente dell’andamento della Conv. Quindi anche qui si può parlare di un meccanismo di governance.

Si allude ad un idea di gestione del diritto (espressione volutamente atecnica) uniforme attuata attraverso strumenti non formali, ma solamente persuasivi. Governance. Possiamo ora correggere il tiro di qualcosa detto un po’ di tempo fa, sulle condizioni di applicabilità del Reg.: la sua disciplina si applica in materia civile e commerciale quando il convenuto sia domiciliato in uno Stato membro, oppure in uno Stato aderente alla Conv. Lugano (ma tanto la disciplina è identica, per cui non ci sono problemi).

NORME ITALIANE SULLA COMPETENZA GIURISDIZIONALE. Sono le norme cui è demandato il compito di stabilire in quali caso il giudice ha la competenza giurisdizionale per pronunciarsi in relazione a fattispecie che presentano elementi di estraneità rispetto all’ordinamento del foro. Si trovano praticamente tutte nella 218/1995 (L. Rif.): per orientarsi c’è una suddivisione: 1) norme generali (abbracciano l’insieme delle controversie); 2) speciali (che riguardano specifiche categorie di controversie). Si può fare un ulteriore distinzione: ci sono norme che riguardano la giurisdizione di cognizione, quella cautelare ed infine quella volontaria.Giurisdizione volontaria: Attività di tipo giurisdizionale (affidata quindi a giudici) destinata a realizzare un’amministrazione di interessi privati. L’idea è che in certi casi i privati, pur essendo titolari di determinati interessi, hanno bisogno dell’intervento del giudice (v. amministrazione di sostegno, curatela ecc: non si può inabilitare qualcuno o interdire qualcuno con contratto). Vediamo gli artt. 3, 4 e 5 della L. Rif.: art. 3 - Ambito della giurisdizione1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge.2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio.Ha 3 segmenti: primo comma; secondo comma, prima frase; secondo comma, seconda frase. Correlativamente, ci sono una serie di titoli di giurisdizione.il primo segmento distingue l’art. 3 dall’art. 2 Reg. 44/01. Prima di tutto, se il 3 L. Rif. dice “la giurisdizione italiana sussiste..”, non può localizzare un giudice al di fuori dell’Italia, a differenza del Reg. in più, i titoli di giurisdizione del Reg. sono esclusivamente il domicilio (secondo la definizione dell’art. 60), mentre qui i titoli di giurisdizione sono 3: non solo il domicilio (secondo la legge italiana) ma anche la residenza e la rappresentanza.

La prima frase del secondo comma (secondo segmento): nella materia civile e commerciale la giurisdizione italiana sussiste anche sulla base dei criteri previsti dalla stessa Conv. di Bruxelles, e quindi anche se il

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convenuto non sia domiciliato in uno stato contraente. Di fatto tale norma rende applicabile in Italia la Conv. di Bruxelles anche quando manchi il requisito soggettivo (domicilio in uno Stato membro). Sorge quindi un problema interpretativo, perché quando la Conv. Bruxelles è stata sostituita dal Reg. 44 nessuno si è preoccupato di modificare questa norma e aggiornarla scrivendo “Reg. 44” invece che “convenzione di Bruxelles -ecc ecc”. Quindi il dubbio è se ci si riferisca alla Convenzione o al Reg.: il problema pratico è che certe norme sono diverse, ad es., l’art. 5 n.1, alla lett. b) si discosta da quello che era il vecchio art. 5 n.1.Ordinanza 22239 Cassazione: si trattava di capire quale fosse il locus solutionis. Seguendo il vecchio art. 5 n.1 si arrivava a dedurre che il prezzo sarebbe dovuto essere pagato in Italia, ma seguendo il nuovo art. 5 n. 1, quale che sia l’obbligazione rilevante, è la consegna che determina il locus, e la consegna è a Monaco. Vedi quindi che la giurisdizione è diversa. La Corte dice che sussiste la giurisdizione Italiana perché il rinvio va inteso alla Conv. del 68.

Segmento 3: la tecnica è sempre quello del rinvio, ma ai criteri di competenza del diritto interno. NB: non solo il legislatore si serve di norme interne, senza dettarne di nuove, ma si serve anche di criteri di competenza per regolare la giurisdizione. Differenza tra giurisdizione e competenza per territorio. Hanno qualcosa in comune (individuare il giudice), ma dal punto di vista della funzione e dei valori in gioco la funzione della competenza è quella di individuare tra più uffici giudiziari di uno stesso stato (Bolzano o Milano). Per quanto riguarda la giurisdizione la posta in gioco è diversa: se nel primo caso tutti i giudici eventualmente competenti sono comunque pronti a giudicare la causa, nel secondo caso è in gioco l’accesso alla tutela giurisdizionale perché ci sono norme diverse che la regolano.

art. 5 - Azioni reali relative ad immobili siti all'estero1. La giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero. Richiama l’art. 22 che riguarda gli immobili (solo che quella richiama anche azioni personali, ma non importa): ma tale norma è contraria, perché dice che non sussiste la giurisdizione. Tra l’art. 3 e il 5 c’è una norma che non a caso sta in mezzo:Art. 4 - Accettazione e deroga della giurisdizione1. Quando non vi sia giurisdizione in base all'art. 3, essa nondimeno sussiste se le parti l'abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo.2. La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga e provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili.3. La deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o comunque non possono conoscere della causa.NB: il meccanismo di accettazione, così come quello di deroga, ha base volontaria. Però la prova deve essere data per iscritto (forma scritta ad probationem). In più solo in caso di deroga, i diritti devono essere disponibili, perché in caso contrario la lite non può essere devoluta ad un giudice straniero.

CAMBIAMO COMPLETAMENTE ARGOMENTO (BASTA GIURISDIZIONE): CONFLITTI DI LEGGIProblema della individuazione della L. applicabile alla fattispecie. Classico problema del diritto internazionale privato. Il punto di partenza è l’idea di pluralismo giuridico. Le due parole chiave sono apertura e certezza. Apertura: ogni ordinamento potrebbe in teoria chiudersi in sé stesso e considerare come totalmente irrilevanti le considerazioni le norme degli altri ordinamenti. Ma gli ordinamenti si aprono: c’è disponibilità al confronto. Certezza: il modo in cui avviene l’apertura deve assicurare la prevedibilità delle norme, e un opzione è dettare norme generali ed astratte che coordinino tra loro le norme. Concretamente: vengono utilizzate le c.d. norme sui conflitti di leggi (o norme dei conflitti). Norme che sciolgono i conflitti individuando l’ordinamento giuridico da cui va tratta la disciplina del rapporto. Hanno quindi natura strumentale, perché sono il mezzo attraverso cui ottenere il risultato di regolare la fattispecie assegnando il relativo compito al altre norme: la loro adozione presenta il bantaggio di non richiedere al

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legislatore lo sforzo di elaborare una disciplina destinata a regolare tutti i rapporti con elementi di estraneità, consentendogli invece di approfittare dell’opera già svolta dai legislatori nazionali. Per es.: Art. 51 - Possesso e diritti reali. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. La struttura della norma è composta come le altre norme da fattispecie astratta e conseguenza (se..allora). la fattispecie però non è composta da un fatto della vita, ma dall’indicazione della materia regolata, individuata per mezzo delle categorie giuridiche con le quali vengono sinteticamente rappresentati gli istituti del diritto privato. Accompagnata (tale indicazione) dall’indicazione di alcune circostanze fondate su connessioni di tipo personale o territoriale ritenute idonee a localizzare la vicenda all’interno di un determinato ordinamento giuridico (criteri di collegamento). La conseguenza è l’applicabilità dell’ordinamento così individuato che a seconda del modo di atteggiarsi concreto delle determinate circostanze assunte come criterio di collegamento può essere l’ordinamento italiano o un ordinamento straniero. La funzione della norma è quindi di richiamare la disciplina applicabile.

Le norme sui conflitti sono classificabili in base al criterio: ci sono criteri di collegamento di natura giuridica e di natura materiale: l’art. 51 ha natura materiale (perché basta osservare la realtà). Ma sempre l’art. 24 è inconsistente dal punto di vista materiale perché la cittadinanza è un criterio giuridico; questi hanno una particolarità: per essere applicati hanno bisogno di norme di definizione. A volte, per una medesima categoria di rapporti sono previsti non uno ma più criterio di collegamento.

1) Es.: art. 29 L. Rif.: I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune. I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Come vedi medesima ipotesi (situazione matrimoniale dei coniugi) ma più criteri in concorso successivo: viene in considerazione il secondo solo se non opera il primo.

2) Il concorso successivo non è l’unico possibile. Art. 48: Il testamento è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza. Concorso alternativo: la scelta va effettuata in relazione al risultato avuto di mira dal legislatore, in attuazione del metodo delle considerazioni materiali per la soluzione dei conflitti di leggi.

RINVIO: l’istituto è il richiamo compiuto dalle norme dell’ordinamento straniero designato dalle norme di conflitto del foro (l’italia richiama l’ordinamento francese che richiama quello tedesco: il secondo richiamo è un rinvio). Questo succede quando si rinvia ad altre norme di conflitto, le quali però hanno criteri di collegamento diversi da quelli del foro. In generale ci sono due casi di rinvio: il primo è quello del rinvio indietro, cioè il diritto richiamato richiama la legge italiana. La seconda ipotesi è il rinvio oltre: si verifica quando l’ordinamento richiamato richiami un altro ordinamento. Vediamo un esempio concreto:Molti bar sono gestiti da cinesi, i quali sono evidentemente imprenditori (imprenditori individuali, quindi non ci sono società, almeno nella maggior parte dei casi). Presupposto è che la gente cinese non acquisti la cittadinanza. Supponiamo che uno di questi cinesi faccia un incidente e diventi incapace di intendere e volere: il primo passo è l’interdizione, ma come individuare la legge applicabile? Con le norme italiane, e visto che siamo di fronte al giudice italiano, applichiamo quelle italiane. La L. Rif. ci dà l’art. 43 - I presupposti e gli effetti delle misure di protezione degli incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura, sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace. Ottimo, trovata la legge! Si applica quella cinese. Ma attenzione, all’art. 13, l’art. del rinvio, si dice che bisogna tenere conto del rinvio operato dalla legge cinese. Nel caso in cui ci sia un rinvio indietro che fa riferimento al domicilio, allora non ci sono problemi, il cinese ha il domicilio in Italia quindi è un rinvio indietro e si applica la L. italiana (art. 13 lett. b). Ma nel caso di un rinvio oltre? Vale anche questo, ma solo se “accettato”. Il rinvio è accettato nel momento in l’ordinamento cui si rinvia non rinvia oltre (accetta il rinvio appunto): nel caso in cui la L. cinese faccia riferimento alla legge coreana e secondo questa legge si applica la propria legge (quella coreana), il rinvio è

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accettato (il diritto coreano riceve il rinvio e lo accetta). Se non accettata non si tiene conto del rinvio (ma il richiamo opera) quindi la legge applicabile sarà quella cinese.

QUALIFICAZIONE: è un problema interpretativo. Come va interpretato il linguaggio giuridico utilizzato nelle norme di conflitto? Si fa riferimento più che altro alla categoria della norma (che è composta sia da una categoria che da un criterio di collegamento). I concetti di diritto privato sono organizzati in maniera diversa negli ordinamenti giuridici. E finché utilizziamo categorie generiche (contratto, matrimonio) non ci sono problemi, ma quando l’attenzione si focalizza si scopre che le cose non sono uguali dappertutto, basti pensare al trust inglese (in Italia non esiste neanche una parola che lo indichi). Ancora, anche nelle categorie generali, istituti possono avere lo stesso nome diventano tra loro molto diversi: il matrimonio ad es. in Italia non ricomprende il matrimonio omosessuale; in Germania e altri ordinamenti si.Le norme di conflitto dovendo determinare il proprio oggetto devono per forza di cose utilizzare concetti tecnico-giuridici che facciano riferimento a un determinato istituto, e bisogna vedere se le espressioni utilizzate nelle norme di conflitto devono essere interpretate secondo i canoni del foro, o bisogna ampliarli.

1. In Cina non esiste la proprietà (conseguenza della politica comunista) ma esistono comunque istituti che rendono certo il rapporto tra un soggetto e un bene immobile, costruiti sulla base di uno schema che è quasi locazione, ma la funzione di tale istituto è quella di trasferimento del bene, assomiglia quindi alla proprietà. La norma di conflitto applicabile, o meglio: la categoria di norme di conflitto da utilizzare.

2. Responsabilità precontrattuale: ci sono norme di conflitto sui contratti e norme di conflitto su responsabilità extracontrattuale.

3. E per i patti successori? Vanno incasellati sulla categoria contratti, o sulla categoria successioni? In ogni caso non esiste una norma di conflitto sui patti successori.

L’opinione prevalente è nel senso che la qualificazione vada fatta lege fori. Per sapere come vadano interpretate le nozioni usate dalla norma di conflitto va fatto appello al linguaggio dell’ordinamento del foro. Se ad es. si tratta di norme di conflitto europee si useranno le nozioni dogmatiche europee. NB: deve aggiungersi però un pizzico di flessibilità e apertura: una troppo rigorosa applicazione dei criteri del foro andrebbe a vanificare il ruolo della norma di conflitto, perché non puoi sperare che gli istituti esteri siano assolutamente uguali a quelli del foro. Il legislatore stesso è consapevole della necessità di scrivere norme che poi debbano essere interpretate flessibilmente: v. artt. 43 e 44 L. Rif. dove si parla di misure di protezione degli adulti incapaci, non strettamente dipendente dalle specifiche categorie del diritto italiano (interdizione, amministrazione di sostegno, ecc).

QUESTIONI PRELIMINARI Immagina che ci sia il sig. Tizio, che muore. Si apre la sua successione e l’asse è oggetto delle pretese di Caio e Sempronio: ognuno dei due dice io sono l’erede in quanto unico figlio e non c’è testamento. Esiste infatti tra Tizio e Caio e Tizio e Sempronio un rapporto di filiazione (effettivamente ci interessa la nozione giuridica di figli, non biologica).

1) Legge applicabile; nell’eventualità in cui questa escluda la rilevanza della filiazione non ci sono neanche problemi.

2) Legge sulla filiazione. Quindi prima di decidere sulla questione viene in rilievo preliminarmente la questione della filiazione.Ci son due soluzioni (non ex lege, ma) di dottrina: disgiunta, secondo la quale applico diverse leggi a seconda di quelle applicabili. Congiunta: utilizzo la legge della questione principale. Il problema è che non esistono di solito norme sulle questioni preliminari.

Pro della disgiunta: le questioni sono diverse. Se ci sono norme di conflitto diverse a seconda della successione e della filiazione perché non applicarle? Sono fatte apposta. Il contro è però che le leggi non siano in armonia tra di loro, ma la domanda in sé è una sola.

Se ho un'unica legge per tutte e due le questioni la soluzione sarà più coerente (che è il contro della disgiunta). L’unico pro è quindi la coerenza.

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Ma se la questione di filiazione si pone autonomamente dalla questione principale? Andrà utilizzata la sola norma che riguarda la filiazione, cioè: se si usa la congiunta c’è il rischio di applicare leggi diverse solamente perché siamo o non siamo in una questione preliminare o meno.

Il contro è la non applicazione di una legge esistente.

Es.: per la Conv. per la legge applicabile ai nomi e cognomi la L. applicabile al nome è la legge di cittadinanza del soggetto. È importante che una stessa legge disciplini il nome e le situazioni che dipendono dal nome.

CRITERI DI COLLEGAMENTO Parliamo ancora di richiamo e rinvio. Perché complicare la vita al giudice con la storia dei rinvii? Cioè: non solo gli dai il dovere di conoscere la legge straniera richiamata, ma anche un’altra legge straniera rinviata dalla legge richiamata. Per il principio dell’armonia internazionale delle soluzioni. Quale che sia il punto di vista considerato, la legge applicabile è la stessa. Ma è sempre vero? Cioè l’art. 13 riesce a raggiungere il risultato che si pone? Non rispondiamo sennò è un casino.

RICHIAMO DI ORDINAMENTI PLURILEGISLATIVI. Sono gli ordinamenti articolati in più sottosistemi di legislazione civilistica. O su base territoriale, come negli Stati federali o unitari con legislazione differenziata a seconda del territorio. Oppure su base personale: si applicano regole diverse a seconda dell’etnia o delle persone (soprattutto negli ordinamenti di ispirazione religiosa). Che fare quando una legge italiana richiama un ordinamento plurilegislativo? Art. 18: Ordinamenti plurilegislativi. 1. Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordinamento.2. Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie presenta il collegamento più stretto.Gli ordinamenti plurilegislativi hanno al loro interno delle norme di conflitto interlocale (cioè non di diritto internazionale).Vaga analogia con il rinvio, perché qui c’è una valorizzazione delle norme di conflitto (locali però).

Molte norme di conflitto utilizzano come criterio di collegamento la cittadinanza: solo che ci sono una serie di piccoli problemini. Prima è un criterio giuridico, e già questa è un po’ una complicazione. Ma soprattutto gli individui possono avere anche più di una cittadinanza o neanche una. O un soggetto è un rifugiato e utilizzare tale criterio andrebbe a pregiudicarlo. Art. 19 - Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze1. Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apolide o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio, o in mancanza, la legge dello Stato di residenza.2. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto (criterio flessibile che permette di far risaltare qualsiasi circostanza rilevante). Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale. Regola che è conforme alla prassi internazionale. In caso di pluralità di cittadinanze di Stati della CE la regola della prevalenza della cittadinanza del foro deve intendersi ridimensionata a seguito della Corte di Giustizia la quale ha stabilito che il principio della prevalenza della legge del foro è in contrato con i principi comunitari di non discriminazione in base alla nazionalità.

La norma di conflitto opera un richiamo alla legge straniera. Come si procede alla conoscenza del contenuto di quella legge?

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Art. 14 - Conoscenza della legge straniera applicabile1. L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate.2. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.Art. 15 - Interpretazione e applicazione della legge straniera1. La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo.

Devo fare esattamente quello che dice quel diritto, non posso applicare “all’italiana” il diritto straniero: foreign court theory. Il giudice, quindi, deve mettersi nei panni del giudice straniero. È difficile ma bisogna farlo, perché sennò l’armonia delle decisioni andrebbe persa. E tra l’altro l’immagine de “le persone si portano anche il bagaglio giuridico nel paese di cui varcano le soglie” non esisterebbe più. L’art. 14 è comunque nuovo nel panorama giuridico (nel ’95) perché prima il diritto straniero era trattato nel processo italiano come un fatto, cioè condizionato alla prova della parte. Adesso invece iura aliena novit curia.

1) Nulla esclude che il giudice sappia la legge privatamente. Non è difficile, visto che molti diritti sono simili al nostro, e facili da reperire. V. diritto svizzero, il cui codice delle obbligazioni è pure scritto in italiano.

2) Deve agire formalmente: deve agire al ministero della giustizia. NB: la risposta del ministero della Giustizia è sempre inutile, perché non fa altro che assumere informazioni attraverso canali diplomatici e fa riavere al giudice il testo della legge, che non serve a niente nei casi appena più difficili della massima facilità.

3) Consulenza tecnica (l’università di Ferrara, per es., è l’unica che dà questa assistenza come ente pubblico).

4) Convenzione di Londra del ’68 che prevede scambio di informazioni giuridiche tra Stati contraenti, che però sono solamente una ventina.

5) Domanda rivolta dal giudice alle rappresentanze consolari in Italia. Quindi hai il vantaggio di eliminare il passaggio per il Ministero e avere informazioni in Italiano. Però quelle rappresentanze non sono li per quello, per cui ci metteranno un sacco e comunque non ci si può fidare troppo delle loro informazioni. In qualche caso (limite) se sono materie particolarmente sensibili (cambiamento di sesso) è facile immaginare che se c’è un contrasto di opinioni nell’ordinamento giuridico in questione, non ci sarà neutralità piena.

LIMITI AL FUNZIONAMENTO DELLA NORMA DI CONFLITTO. Le norme di conflitto operano una apertura tra ordinamenti, ma ci sono dei limiti. Il più classico è il limite dell’ordine pubblico. Art. 16 - Ordine pubblico. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. L’ordine pubblico è determinato da quella serie di principi costituzionali che fanno riferimento alla società. In realtà non solo costituzionali, perché possiamo far riferimento anche a normativa internazionale come la Convenzione di New York dell’89 sui diritti del fanciullo, e anche normativa regionale come la CEDU. Si parla di ordine pubblico come limite successivo al richiamo: il diritto nazionale ha individuato un diritto applicabile ma questo contrasta con il nostro diritto. Il giudice deve quindi disapplicare la normativa contrastante. L’art. 16 comunque parla di effetti. Per effetti possiamo anche intendere “mancanza di determinati effetti” quando tale mancanza pregiudica il godimento di diritti fondamentali. Il giudice ha quindi un ruolo importante, perché deve valutare concretamente gli effetti della normativa. Se il giudice reputa che gli effetti pregiudichino l’ordine pubblico non applicherà la normativa straniera (bisogna comunque motivare molto dettagliatamente il motivo per cui la normativa straniera sia contraria all’ordine pubblico, in modo da non far applicare troppo spesso tale eccezione). Si parla quindi di ordine pubblico relativo: nello spazio in quanto il giudice di ogni stato si trova di fronte all’ordine pubblico del foro, e nel tempo perché ciascun ordinamento fa evolvere il suo ordine pubblico (v. L. div. nel nostro ordinamento).

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L’art. 16 continua: In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.Bisogna quindi tenere conto di altri criteri di collegamento. Nell’art. 29 L. Rif., nel caso in cui la legge straniera sia contraria all’ordine pubblico applica un’altra legge (non ancora quella italiana, a meno che non sia richiamata proprio quella italiana). E solo alla fine quella italiana. Sentenza Bottoni: un tizio viene licenziato secondo normativa USA ma in filiale italiana a New York, quindi si appella al giudice italiano per far dichiarare illegittimo il licenziamento ma non sulla base della normativa USA (richiamata) ma secondo quella italiana. E il giudice effettivamente accoglie la domanda perché nell’ordine pubblico italiano richiamato dalla Costituzione e dalla CEDU. Quindi disapplica la normativa USA.

C’è anche un limite preventivo, perché esistono delle norme di applicazione necessaria (n.a.n.), norme di diritto privato, le quali vogliono regolare la fattispecie quale che sia la legge regolatrice del rapporto. Es.: si immagini un cantiere di costruzione edilizia, dove opera un’impresa italiana ma i muratori sono albanesi. Poniamo che la legge applicabile al contratto sia quella svizzera. Ma preventivamente operano i limiti delle norme di applicazione necessaria: le norme sulla sicurezza del lavoro sono tali. Che però regolano solamente determinati aspetti. Il problema è che non c’è un elenco di tali norme (benché la giurisprudenza ne abbia individuate alcune che sono sicuramente di a.n). L’indagine deve soffermarsi sull’oggetto e lo scopo della norma, i quali però non sono del tutto facili da capire, quindi la dottrina richiede un’importanza qualificata del principio tutelato, ma facendo così vai a rendere simile la n.a.n. all’ordine pubblico. Infatti non c’è una chiara distinzione tra le n.a.n. e le norme pubblicistiche che si applicano per forza propria Il problema è che dovresti applicare lo stesso principio di eccezionalità dell’applicazione dell’ordine pubblico. Una normativa sicuramente a.n. è quella antitrust. Se infatti due imprese colludono per estromettere dal mercato un’altra imprese compiono un illecito (comportamento anticoncorrenziale). Allora le due imprese potrebbero dire “va beh applichiamo la normativa nigeriana” (e si può) ma sarebbe troppo facile. Quindi la normativa antitrust agisce come limite primario. Attenzione: si fa riferimento alla “normativa” cioè singole norme, le quali sono italiane, ma non è che si applichi l’ordinamento italiano. Si applica l’ordinamento nigeriano, visto che la volontà dei soggetti era questi, ma le singole norme antitrust sono italiane. NB: la ratio dell’istituto fa si che non sia necessario l’intervento delle n.a.n. se le norme straniere garantiscono un risultato uguale (o superiore) a quello voluto dalle n.a.n.: pensa infatti se garantiscono ai lavoratori o ai consumatori standard minimi di tutela più elevati di quelli stabiliti dalla disciplina interna.