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chianti www.terresiena.it

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chiant iPROVINCIA DI SIENA

COMUNI DICASTELLINA IN CHIANTICASTELNUOVO BERARDENGAGAIOLE IN CHIANTIRADDA IN CHIANTI

APT SIENA Via dei Termini 6 – 53100 Sienatel. +39 0577 42209 - fax +39 0577 [email protected]

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terre

siena

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Terre di Siena

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chiant i

LA PROVINCIA DI SIENAI COMUNI DICASTELLINA IN CHIANTICASTELNUOVO BERARDENGAGAIOLE IN CHIANTIRADDA IN CHIANTIL’APT DI SIENATI DANNO IL BENVENUTO NELLE TERRE DI SIENA

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Chiant i

Terre di Siena

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chianti, le terre dell’armonia

tra le colline rare essenze/il giardino del chianti

pan d’un giorno, vin d’un anno

dagli etruschi al barone di ferro/il chianti, il vino eterno

olivi sacri e olio prezioso/il getsemani degli smeraldi

il maiale del buongoverno/cinta, il sapore del tempo

itinerario: dall’antica lega alla berardenga

il mezzadro come architetto/la casa dei campi

elogio della lentezza/pedalando sulle strade bianche

le terre del bello/l’arte contemporanea

appuntamenti in chianti

per saperne di più

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toscana i ta l ia

Chiant i

ca s te l l i na i n ch i an t ica s te l nuovo be ra rdengaga io l e i n ch i an t iradda i n ch i an t i

f i renzesiena

Terre di Siena

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Siena

San Gimignano

ChiusdinoMonticiano

Colle di Val d’Elsa

Radicondoli

Casole d’Elsa

Castellina in Chianti

Radda in Chianti

Gaiole in Chianti

Castelnuovo Berardenga

Murlo

Poggibonsi

Sovicille

Buonconvento

Monteroni d’Arbia

Rapolano Terme

Monteriggioni

San Giovanni d’Asso

Montepulciano

ChiusiSarteano

San Casciano dei Bagni

Cetona

Piancastagnaio

Chianciano Terme

Asciano

Trequanda

Sinalunga

Torrita di Siena

Radicofani

Abbadia San Salvatore

Montalcino

Pienza

San Quirico d’Orcia

Castiglione d’Orcia

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chianti, le terre dell’armonia

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VIAGGIO TRA STORIA , UMANE VICENDE E PAESAGGI D’ INCANTO

Qui si racconta di luoghi inesistenti. Stupiti? Pazientate,spiegheremo perché state per viaggiare nelle terredell’immaginario. Tutto qui è suggestione di umane vicende,è percezione prima ancora che dei sensi dello spirito. Che sarebbe il Chianti senese senza gli uomini? Forse l’oscuradantesca selva, chè i monti del Chianti s’aggrinziscono nelcuore di Toscana regalando declivi improvvisi e dolci carezzedel paesaggio con la morbidezza dei colli, ma soprattutto sisostanziano in sconfinati boschi di leccio, di castagno e di quercia, s’arrufano di roveti, s’inaspriscono di piccoliorridi come se la mano d’un celeste gigante avesse graffiatola terra nello spasmo della creazione. Il Chianti senese senz’antropica stratificazione sarebbe unselvaggio universo. E’ questa immanente presenza dell’omofaber a renderlo un Eden vigoroso dove il Paradiso non èsolo delizia, ma è soprattutto sapienza. Si discute, e non da adesso, dell’identità chiantigiana. Tropposarebbe indagare perché ci sia bisogno, scorsi ormai diecisecoli dalla prima Lega del Chianti, di trovare undenominatore comune a queste terre: sia sufficiente dire cheil Chianti senese non è stato da sempre il tranquillantescrigno dell’eccellenza che a noi contemporanei è dato oggidi profanare per trarne assoluto godimento.

L’ INCONTRO TRA UOMO E NATURA I COSTRUTTORI DEL PAESAGGIO

Fu terra durissima di conflitto: d’armi, ma anche di stenti chèl’esistenza qua era contesa tra l’uomo e il creato. E proprio nel confine della remota Repubblica che il primo

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insediamento chiantigiano ebbe, in alto medioevo,codificazione. Poi la contesa eterna con Firenze ne dilatò i confini fino aprovocare alle soglie del rinascimento una sorta dimutazione delle sue architetture: d’uomini, di case e dipaesaggio. E’ stato fin dai secoli più lontani il luogod’incontro tra il contado e l’aristocrazia: di sangue, di censo oclericale. Perché il Chianti senese ha la peculiarità d’essereosmotica demarcazione tra due mondi: quello di chi suda laterra e quello di chi ne trae profitto. Ma a questo apparente conflitto si deve la configurazioneche tuttora dura: d’essere questa contemporaneamentecampagna e appendice urbana. In una fusione di stili,d’interessi e di dotazioni che non ha pari in nessun altroangolo d’Italia. Oggi il Chianti senese ci appare ospitale; di più, ci appare ilrelais dei nostri pensieri, un crocevia tra i sogni, i bisogni, le aspirazioni al nostro equilibrio interiore e alla ricerca deipiaceri autentici del corpo e dello spirito. E’ la terra dell’essere bene (l’accento cade sul significatoontologico dell’umana condizione) e dell’armonia, ma è unaterra costruita dove il coltivare non è solo attività agricola,ma significa nutrimento del genius loci per dare ai luoghiuno spirito.

I L FASCINO DELLA SCOPERTA LA NINFA DEL CHIANTI

E’ insomma il felice connubio tra “fusis” e “sofos” tra natura e pensiero; dal loro “amore” è nata una sorta di divinità: laninfa del Chianti, anima di queste terre. Ha capelli di rovo e pampini, respiro di vento, occhi di ruscello, sangue di vino,

Via del Chianti Castelnuovo BerardengaTel. 0577 355500www.comune.castelnuovo-berardenga.si.it

Attraverso un itinerariodidattico scientifico con foto,disegni e filmati, vuolecostruire una riflessione sultermine “paesaggio” e vuoleessere un invito a scoprire ilterritorio senese.

Museo de l Paesaggio

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corpo morbido di colli, sorriso di sole, carattere fiero dicastelli e gentile di badie, spirito di rurale concretezza e diascesi mistica, età di millenni, ma portamento di giovanileeleganza. Ed è capace di bizzarre magìe: stupisce nel mostrarsi,affascina nel narrarsi, accoglie nell’ospitare, infiamma neldesiderarla e misteriosamente si svela nella sua compiutezzasolo a chi ha la pazienza e lo spirito per penetrarne l’origine.Che è l’incontro tra pensiero e natura. Ora capite perché cistiamo incamminando per le terre dell’immaginario: perchélà dove alberga la ninfa del Chianti nulla sarebbe com’è segli uomini non l’avessero così determinato e se gli uomininon fossero in grado oggi di perpetuarlo e di comprenderlo.Dunque l’identità chiantigiana sta soprattutto nella culturadel fare per generare armonie tra la naturale forza e l’umanointelletto. Cercarla solo nel divenire delle generazionisarebbe ricercare un Dna sopito. Il Chianti è stata terra prima d’insediamento prerurale, esiamo agli albori della sua civiltà, poi luogo d’eremiti e difeudali conflitti, di rinascimentali ricchezze e, decadendo,terra di assoluta povertà perché contendere al bosco di chevivere era al limite dell’umana forza. Infine, e siamo prossimi ai nostri giorni, è tornato aconoscere insediamento d’aristocratica agricoltura. Ma hasubìto spoliazione d’uomini nel corso dei millenni e oggi ciappare come un’immensa “farm” dove la modernità delcoltivare si fonde con l’atavica essenza rurale. Si è spesso detto che l’arrivo in Chianti di forestieri - siamoagli ultimi quattro decenni - che hanno investito nella vignae nell’uliveto ha cambiato i connotati di questi luoghi: èimpressione errata perché il giardino-Chianti è stato in buonasostanza preservato, rinvigorito proprio da questi

Piazza del Comune 17-18Castellina in ChiantiTel. 0577 742090www.museisenesi.org

Comprende i repertiprovenienti da tutti i comunidel chianti senese.L’esposizione presenta leevoluzioni storiche, produttivee paesaggistiche a partiredall’età del bronzo.

Museo Archeolog ico de l Ch iant i Senese

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investimenti. Ma è del pari vero che l’anima chiantigiana si è un po’ nascosta sotto le comode, eleganti coltri dell’ortodelle eccellenze, che è essenzialmente il suo vigneto. Per cercarla oggi conviene percorrere itinerari inconsueti.Sono quelli che andremo qui disegnando senza trascurare lepiccole capitali del Chianti senese: Castellina, Radda, Gaiole ein ultimo Castelnuovo Berardenga che apre l’orizzonte suSiena, su piazza del Campo dove s’erge quell’indice puntatoverso il cielo che è la torre del Mangia quasi a rivendicarel’umana aspirazione alla trascendenza.

TRA RURALITÀ E URBANITÀ LA NOBILTÀ COLTIVATA

E’ d’immediata percezione dire che l’identità chiantigiana sta nel suo vino, ma è una semplificazione. Siamo , è assolutamente vero, in uno dei terroir piùimportanti, affascinanti, famosi del mondo. Tuttavia ridurre il Chianti al solo Chianti (il gioco di parole èvoluto) sarebbe far torto alla sua complessità, perché semmai il denominatore comune di queste terre stanell’accezione alta di ruralità. Che è l’insieme del mondo contadino ancorato alla storia, edunque alle architetture, insediato nel paesaggio, che èantropicamente determinato, sostenuto dalle tradizioni , chesono il complesso degli stili di vita. Ed è questa percezione di ruralità che costituisce la maggioreattrattiva del Chianti. Si tratta però di una ruralità aristocratica. E non perché ilterritorio sia punteggiato di titolate magioni, di manierifeudali, o perché qui oggi si dia convegno e abbia scelto di

Castello di Brolio

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vivere parte della moderna nobiltà (quella dello show-biz,come degli affari e dell’intellighenzia), ma perché èl’eccellenza dei prodotti a determinare questa esclusività. Infondo è il vino ad essere il risultato del Chianti e nonviceversa. Accanto al vino questa sapienza rurale ha prima preservato epoi rilanciato l’ulivo, l’olio e la cosiddetta “economia delbosco”, ha recuperato la razza di Cinta senese che oggicostituisce uno dei must dell’offerta gastronomica di questiluoghi. Perfino una misurata pastorizia, che dà eccellenti pecorini, eun limitato allevamento di bovini recupera integralmente ilciclo della produzione agricola. E anche qui: stiamo attenti. Il Chianti non è un luogo dove si“mangia bene” solo perché il cibo è buono e gli ingredientisono eccellenti, il Chianti affida alla sua cucina un pezzodella sua identità. Ogni piatto è il risultato della cultura, che rimanda ancoraalla terra e al legame che l’uomo ha stabilito con l’ambientepreservato forse più che altrove proprio perché più chealtrove vissuto.

L’AGRITURISMO E I RELAIS SOGNANDO TRA I CAMPI

Potremmo dire che il Chianti senese, che a noi oggi è datodi godere, è la TERRA DELL’ARMONIA. Conviene soffermareancora un attimo l’attenzione sul rapporto uomo natura.Esiste un perché alla diffusione sul territorio di tanti piccoli borghi, (come non dire di Vertine o di San Gusmègioielli di pietra e cotto dove il tempo è il cemento del luogo) di tante pievi (basterebbe Badia a Coltibuono per

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comprendere quale potenza e quale ascesi insieme havissuto questa terra), di tanti casolari così appetiti oggi dalnostro bisogno di vivere una country life non di cartapesta. Sono questi casolari a ospitare gli agriturismi checostituiscono l’eccellenza dell’ospitalità rurale europea. Attenzione: spesso si dice che queste dimore sono troppo“artefatte”, cioè adattate all’esigenza del turismo. Errato: sono oggi confortevoli rispetto ai nostri stili di vitacome lo furono secolarmente al momento della lorocostruzione. E’ pur vero che questa fu terra di immense e mal pagatefatiche, ma è anche vero che fin dal ‘400 del Chianti sinarrava come di terra d’aristocrazia agricola. E non sfuggirà a noi contemporanei che fin dagli albori del‘700 (per la precisione il decreto fu emanato nel 1716)Cosimo III Granduca di Toscana codificò, in una sorta didisciplinare ante litteram, l’areale di produzione del vino edette esclusività al nome Chianti. Percorrere una terra è prima di tutto rintracciarne il divenire. E se in Chianti cercate il perché del vino forse converrà cherileggiamo insieme le seicentesce terzine del Bacco inToscana del gran dottore ed erudito Francesco Redi: “Delbuon Chianti il vin decrepito/ maestoso, imperioso/ mipasseggia dentro il core/ e ne scaccia senza strepito/ ogniaffanno e ogni dolore…” Manierista forse è l’espressione,attualissima la percezione: quel vino è generatore d’armonie.Proprio quelle che noi andiamo cercando e troviamo negliagriturismi, culle dei nostri desideri, che furono le case deimezzadri, in quelle pievi che furono il fulcro di comunità cheavevano per credo sociale la fede, in quei castelli che sonociò che resta del difficile governo di un ancor più complessoterritorio. Ecco come l’articolazione sociale ha inciso nelChianti disegnandone l’attuale profilo.

Tra le co l l ine ra re essenze I l g iard ino del Ch iant i

Immergersi nel verde paesaggio del Chianti senese è come ritrovarese stessi in un esclusivo e radicatopercorso che passa per gli intensi,interminabili abbracci tra nobili vigneti e sacri uliveti delledolci colline. Colline che sono state forgiate dallapresenza dell’uomo, che conun’armonia ancora integra si leganoalla operosa semplicità delle pievi,agli imponenti castelli, ai muretti asecco, alle antiche pietre delle chiesette e soprattutto aipiccoli borghi medievali. Ma che a noi consentono dipercorrere anche un suggestivoitinerario in un giardino botanicospontaneo.La macchia mediterranea è lascenografia del Chianti punteggiata

di castagni, lecci, carpini, querce,pini, cipressi, ginepri incorniciati dalrosso delle roverelle.Colori che si alternano e mutano(ma solo per l’avanzare dellestagioni) tra i campi di grano e lapiù fitta vegetazione e che rendonoinsieme al sottobosco di lappole,pungitopo, asparagina, agrifoglio,felci e agazzino uno dei paesaggipiù vari e più legati ad un sentimento forte della vita.La solidità di un necessario lavoromillenario è la spiegazione di questosentimento di intensa bellezza espiritualità.Se in primavera, poi, capita di cadere nel panorama belvedere di Radda, punteggiato di laghetti e scandito da vigneti o di scorgere icampi prima, dell’argillosa terra del

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L’AGRICOLTURA COME CIVILTÀ ATTRAZIONE RURALE

Andiamo a percorre questi itinerari del bello e del buono. Cicondurranno essenzialmente tre strade: la Chiantigiana (lastatale 222), la Statale 408 e la traversa del Chiantiintersecate da un viavai di percorsi secondari e soprattuttodalle strade bianche, il reticolo vitale del Chianti, i sentieriche hanno reso possibile il diffondersi degli insediamenti.Queste vie racchiudono il paesaggio solcando alture ancoraintatte di boschi, percorrendo il mare delle vigne che fluttuacome un’onda smeraldina seguendo il profilo dei colli e dovele case appaiono tanti fari e porti che secondano lanavigazione rurale, costeggiando le ulivete , poggiandosi aipiedi dei cipressi che verticalizzano l’orizzonte con pennellatedi verde intenso a solleticare il cielo. Partiamo dunque.

Parco di Sant’Agnese, si possonoammirare ed ascoltare le viole, leginestre, le primule, il sambuco, il viburno, il corniolo, i biancospini,gli anemoni, i profumatissimiciclamini e il brugo. E lungo i torrenti ci si inebria anchedell’argenteo dei pioppi neri eoscillanti.Nel Chianti questa magia delpaesaggio non solo si è rispettata,ma anche compresa e valorizzata: aCastelnuovo Berardenga si è creato ilMuseo del Paesaggio. E la limitrofa zona della Montagnolaha istituito il Museo del Bosco (a Sovicille = Suffichillum da fico)che connette la pianura contadinadelle Masse di Siena con il territoriomontano vero e proprio e declina la sua fisionomia di mondo di bosco,

oggi di caccia di turismo naturalistico,con la costa e la Maremma. Vagare lentamente questo territorioa piedi o in bici, a cavallo o in mongolfiera, rivela la personalitàstorica e paesaggistica del Chiantisenese e suggerisce la ricerca di sestessi alle radici e nelle radici con sentimenti che in quell’armoniaprofonda e magica allargano il cuoree la mente.

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Pan d ’un g iorno, v in d ’un anno

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La cucina del Chianti senese è riassunta mirabilmente in questo antico proverbio. E’ una cucina di prodotti, delle stagioni e delterritorio, ancora riflesso di un’economia che fu mezzadrile, e che in città mandava prodotti, ingredienti e ricette.Il vino lo portarono gli Etruschi. Il Chianti fu e resta il vino italiano per antonomasia. Oltre che nel bicchiere, va un po’ dappertuttonella cucina chiantigiana. Per esempio nei sughi, o in quel risotto coi funghi di cui lo Stiaccini mantiene ostinatamente il segreto, oancora nel brasato al Chianti.Il pane chiantigiano si fa nel forno a legna. Dura tutta la settimana, si parte con la coltella e l’ultimo giorno è buono come il primo.Se ne avanza diventa secondo le stagioni panzanella, ribollita, pappa col pomodoro, e occasionalmente anche quella pappa colpapavero che un tempo calmava gli epilettici di famiglia. Abbrustolito, è la base della fettunta, o del cavolo (nero) sulle fette. Perqueste ci vuole l’olio di frantoio, il prezioso oro liquido anch’esso dono degli Etruschi che resta sotterraneo sapore di tutta la cucinachiantigiana, e se necessario drastico medicamento o base di pozioni amorose.Il cacio è marzolino e pecorino; in gran parte era frutto di scambio nelle transumanze che due volte l’anno passavano per il Chianti.Il Chianti ebbe anche la sua “spezieria dei poveri”: aglio e cipolla, salvia e alloro, pepolino (cioè timo) e ramerino, radicchi e erbeamare, nipitella e salvestrella, coccole di ginepro e fiori d’acacia. Frutti del campo e dell’orto, “gli odori” davano al cotto e al crudouna raffinatezza villereccia.Le carni sono tra le migliori del mondo: bovi, vitelli e vitelloni; maiali, cinti senesi e cinghiali; polli ruspanti, faraone e fagiani; nanee germani; conigli e lepri; piccioni e colombacci. E per Pasqua l’agnello. Anche in questo lessico culinario c’è il domestico e ilselvatico ma con molti elementi di mediazione. Come dire, ancora una volta, “questo, codesto e quello”.La frutta ha le sue stagioni. Si passa da cachi e mele vernine, frutta secca e fichi secchi in inverno all’abbondanza dell’estate (“lamanna dei poveri”): pesche, susine, ciliegie, albicocche, fichi e uva, fragole di bosco e more di macchia.I dolci sanno di grano, di uova fresche, di miele e marmellate: sono crostate, pinolate, ciambelloni ripieni e no. Attenti al vinsanto chiantigiano, che non è né dolce né secco: è vinsanto. Se avete la buona fortuna di trovarne, non vi azzardate afarne brodaglia coi cantuccini. Sarebbe un peccato, e neanche veniale.

Alessandro Falassi

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La magia del Chianti s’avverte non solo camminando in mezzo ai boschi, nelle ulivete o esplorando la torre di un castello o immergendosi in un fermento di acqua termale, ma sgorga suadente dalle bottiglie di quel vino che il mondo invidia. E’ – se ci si consente un paragone letterario - come la “gazzosapurpurea” di Gaardner, una specie di pozione che evoca le stratificazioni di paesaggio, i profumi della ruralità, la sapienza degli uomini.Il legame ancestrale di queste terre con la vite e con il vino è stato confermato dal recente ritrovamento in un sito archeologico chiantigiano di alcuni semidi ventitré secoli fa di “Vitis Vinifera”; dal tardo Medioevo, poi, le viti diventano protagoniste dell’agricoltura e dell’economia.Da allora il vino, inteso come “fatica antica e ricchezza recente”, ha avuto un crescendo di notorietà rendendo famosa in tutto il mondo la sua regione diorigine che ancora oggi nelle diverse tipologie tiene alto sui mercati internazionali il prestigio dell’enologia italiana. Non è quindi un caso se il grande fisicoEnrico Fermi, concludendo con successo il suo esperimento sulla fissione nucleare, aprì un fiasco di Chianti richiedendo, sull’etichetta, l’autografo dei suoi diversi collaboratori. Una sorta di Gotha della fisica mondiale riunito sotto il segno del “Gallo nero”. E quel fiasco è venerato a Chicago come una reliquiadell’ingegno umano, ma ha contribuito a far sì che il lemma Chianti sia il più conosciuto dagli angloamericani.La derivazione della parola Chianti, secondo un documento del 790 della Badia di San Bartolomeo a Ripoli, è di difficile identificazione: probabilmente èun’evoluzione dal latino “clangor”, ossia strepito o squillo tipico nei fitti boschi risonanti di trombe per cacce nobiliari e strida di animali. Ma c’è chi, tra i glottologi, rimanda ad un’origine etrusca del nome e chi invece lo ritiene di derivazione tardogermanica ai tempi dell’occupazione longobarda. Certo è chedi Chianti si comincia ufficialmente a parlare attorno al settimo secolo.Terra di grandi vini, grazie anche ai monaci che disboscarono e piantarono viti sui terreni che circondavano le abbazie e grazie agli stessi contadini che neperpetuarono la coltivazione.La moderna vicenda del “Chianti Classico” inizia nell’Ottocento con un personaggio che è stato il “padre”dell’attuale vitienologia chiantigiana e che haispirato il disciplinare di produzione: Bettino Ricasoli. Nel 1874 egli codificò il governo del vino (tradizionale sistema di vinificazione toscano) e definì le proporzioni dell’uvaggio del Chianti attribuendo una percentuale a ciascuna delle principali varietà di uve: “il vino riceve dal Sangioveto la dose principaledel suo profumo ed una certa vigoria di sensazione; dal Cannaiulo l’amabilità che tempera la durezza del primo senza togliergli niente del suo profumo per essere pur esso dotato; la Malvasia, della quale si potrebbe fare a meno nei vini destinati all’invecchiamento, tende a diluire il prodotto delle prime dueuve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoperabile all’uso della tavola quotidiana”. Allora prevaleva un Chianti come vino quotidiano di medio corpo, buono per tutte le occasioni e per qualsiasi cibo; era così necessaria, per attenuare il tannico Sangiovese, una certa percentuale di uve bianche ( Trebbiano e Malvasia) e di altre uve rosse più morbide (Cannaiolo e Colorino) capaci anche ditingere un po’ il “pallido” Sangioveto.

Dagl i E t rusch i a l “Barone d i fe r ro” I l Ch iant i , i l v ino eterno

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C’è Ch iant i e Ch iant i

DOC nel ’67, innalzato a DOCG nel‘84, il Chianti copre una vasta zonadella Toscana centrale al cui internosi trovano le seguentisottodenominazioni: Colli Aretini, ColliFiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane,Montalbano, Montespertoli e Rùfina. Il Chianti Classico, anch’essosottodenominazione del Chianti finoal ’96, oggi è dotato di un proprioautonomo disciplinare di produzione.La sua zona di produzione è quella dipiù antica tradizione nei territori dei Comuni della provincia di Siena -Castelnuovo Berardenga, Castellina,Radda, Gaiole in Chianti e Poggibonsi- e, della provincia di Firenze - Greve in Chianti, Barberino Val d’Elsa, San Casciano e Tavarnelle Val di Pesa.Una denominazione però non sancisce soltanto la provenienzada un determinato territorio, ma anche il rispetto di tutte le regolepreviste nel disciplinare di produzione.

L’elemento comune checontraddistingue la maggioranza deivini rossi toscani è il Sangiovese,ossia un vitigno molto difficile dacoltivare che si caratterizza perun’acidità molto elevata, dei tanninidecisi ed un colore rosso rubino. La percentuale minima di Sangioveseprevista dal disciplinare del Chianti edella sottodenominazione ColliSenesi è del 75%, mentre nel ChiantiClassico è dell’80%, accentuando cosìil ruolo dominante di questo vitigno.Il Sangiovese, per entrambi i disciplinari, può essere vinificato inpurezza (100%), diventando così ilprotagonista indiscusso.Oggi nel Chianti Classico, insieme alsuo vitigno base, possono esserepresenti altre varietà complementaria bacca rossa come quelle autoctonedi Canaiolo e Colorino e altrecosiddette "internazionali" come ilCabernet Sauvignon e il Merlot, con

una percentuale massima del 20%,mentre le uve bianche, Trebbiano e Malvasia, non potranno più essereutilizzate a partire dalla vendemmia2006. Nel Chianti e nel Chianti Colli Senesiinvece, dal 2003, oltre ad un 10% di Canaiolo nero e ad un 15% (20%per il Colli Senesi) di altri vitigni a bacca rossa, con il limite del 10%per il singolo vitigno, sono ammessianche un 10% tra trebbiano emalvasia. Infine: i 90 quintali di resa per ettaronel Chianti, si riducono a 80 nei ColliSenesi e a 75 nel Chianti Classico; i 4mesi di invecchiamento minimo deiprimi due, diventa di circa un annoper il Chianti Classico, mentre per leRiserve servono circa 2 anni.

Le differenze sopra elencate ed altriprecisi parametri chimico-fisici di queste DOCG fanno del Chianti

Classico un vino mediamente più morbido e strutturato e più vocatoad un medio e lungo invecchiamento,soprattutto nella categoria Riserva. Il Chianti ed il Chianti Colli Senesipossono essere consumati soprattuttocome vini giovani, freschi e gradevolial palato, con l’eccezione di alcuneRiserve che si presentano con un carattere più importante.

Interessante notare il recenterecupero della tipologia "Superiore"per il Chianti che, riducendo le rese per ettaro, richiedendo ilrispetto di più restrittive caratteristichechimico-fisiche e prolungando aquasi un anno il periodod’invecchiamento minimo, permettela commercializzazione di Chianti di livello superiore!

Filippo Bartolotta

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In un bicchiere di quel rosso rubino, tendente al granato se invecchiato, dal bouquet di mammola, di spezie e piccoli frutti di bosco e dal saporestrutturato, armonico, elegante, sapido e leggermente tannico che poi diventa vellutato, si ritrova tutto l’orgoglio di questa terra. Che è carica di storia e di leggende. La più nota, che intimamente ha a che fare col vino, è quella del Gallo Nero che da sempre compare come “logo” sulle bottiglie di ChiantiClassico. Fu l’emblema della Lega del Chianti, voluta dai fiorentini per “controllare” i pugnaci senesi. Si narra che per dirimere la “vexata quaestio” deiconfini tra le due città si trovò accordo di far partire dalla porta di Firenze e da quella di Siena un cavaliere al canto del gallo. I Fiorentini, scaltri, scelseroun galletto nero stenterello che per di più tennero a dieta stretta. Liberato, il povero galletto cantò assai prima del suo omologo e così il cavalierefiorentino guadagnò alla città del giglio più terra incontrando, ben oltre i confini naturali, l’attardato cavaliere senese. Le cose oggi sono un po’ riequilibratetant’è che tra Chianti fiorentino e Chianti senese la differenza di superficie vitata è poco meno di mille ettari. Il Gallo Nero come distintivo delle bottigliefu adottato per la prima volta dal Consorzio Marchio Storico Chianti Classico fondato da trentatré produttori a Radda nel 1924. Risale al 1967 il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata DOC e nel 1984 è stata ottenuta la Denominazione di Origine Controllata Garantita DOCG. Per consolidare il rinnovamento del vitigno principe del Chianti, il Sangiovese, e il miglioramento della qualità del vino negli ultimi anni, con l’operazioneChianti 2000, sono stati reimpiantati moltissimi vigneti con l’introduzione di nuovi cloni. A dare impulso a questa evoluzione viticola è stato il successomondiale dei Supertuscan. Sono prodotti nell’areale chiantigiano ma non rientrano nei disciplinari della Doc perché ottenuti o da Sangiovese in purezza oda blend di Sangiovese con Cabernet e Merlot, tant’è che si è più volte definito questo uvaggio come una sorta di ricetta bordolese corretta. Anche l’introduzione dei vitigni alloctoni (si fanno ottimi bianchi da Chardonnay) ha dimostrato la grande valenza enologica di questo “terroir”. Uno deipochi al mondo, al pari di Borgogna, di Bordeaux, di Napa e Sonoma o della regione del Capo, ad essere riconosciuto come una terra del vino: dalle vigneillimitate, dall’altissima concentrazione di cantine, di enoteche e wine bar dove il Chianti diventa effettivo life style.

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20Terre di Siena, terre di grandi vini, dibellezze artistiche, ma anche di uneccellente e prestigioso olio extravergine di oliva. Del resto le ulivetesono uno dei costituenti “atavici” delpaesaggio toscano e chiantigiano inparticolare. Questo prodotto si èimposto nel Chianti senese con unastoria peculiare; nel Medioevo c’è unprimo incisivo incrementodell’ulivicoltura per la stipulazione dinorme e statuti grazie alla volontà diproprietari terrieri di tutelare evalorizzare i propri poderi perricavare prodotti da destinare allacommercializzazione oltrechè perl’autoconsumo. Ma la produzione cresce ancora dipiù nel Quattrocento, quando ilpaesaggio, come oggi, erafortemente delineato da vigneti eoliveti. Sono, così, diventati secolari

alcuni degli ulivi che si trovanoscorrendo le colline intorno a Raddao intorno a Castellinacontraddistinguendoli come elementie simboli essenziali del paesaggiosenese; l’ulivo segue econtemporaneamente scandisce lemutazioni, la storia e la presenzadell’uomo. Tra tutte le piante è quellache maggiormente abbisogna dellacoltivazione per diventare produttiva,incapace com’è di riprodursi e didare frutto se non attraversol’intervento dell’uomo. Che gli èdebitore della sua sopravvivenza.L’ulivo è la pianta sacra deiMediterranei: da esso si ricavaenergia, nutrimento e farmaco.Perciò le civiltà rurali ruotano attornoa questa coltivazione. E il Chianti èuno dei luoghi dove più ampiamentes’esprime la ruralità. Da sempre gli

ulivi più diffusi sono il Frantoio chedà un olio molto pregiato, fine,sapido, il Leccino molto più comunee aromatico e il Moraiolo con un oliorobusto per il sapore e per il profumo.La forza di questo prodotto si èinizialmente mostrata con un primoriconoscimento di olio extravergine dioliva “Toscano” (Reg. CE n°644 del20/03/1998) e poi piùrecentemente sono state ottenutedalla U.E. le certificazioni diDenominazione di Origine ProtettaD.O.P. per l’olio extravergine di olivadel “Chianti Classico” e delle “Terredi Siena” caratterizzati da bassaacidità libera, buon contenuto inantiossidanti e in acido oleico, dalcolore che va dal verde intenso algiallo, odore fruttato di oliva e gustoamaro o dolce, pungente e a voltepiccante.

Il disciplinare di produzione rilasciauna garanzia della tracciabilità, dellatipicità, della qualità del prodotto atutela delle caratteristiche dell’olioche non solo è un ottimo ingredientein cucina, ma è anche un “sorso disalute” per le sue proprietàantiossidanti, vitaminiche, di altadigeribilità. L’extravergine è in gradodi ostacolare l’assorbimento delcolesterolo (grazie ai polifenoli, aitocoferoli e agli steroli). Proprio aduna dieta ricca di olio si deve lasalubrità dei menù chiantigiani, dovespicca come antipasto, merenda oantenato del fast-food la FETTUNTA,come fresco piatto estivo ilPINZIMONIO e come grande tipicosapore la RIBOLLITA. Da nobilitarecon un giro di “oro liquido” a crudo .

Ol iv i “sacr i” e ol io prez ioso I l Getsemani degl i smeraldi

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21Il maiale del Buongoverno Cinta, i l sapore del tempoLa Cinta Senese originariaanticamente del contado di Siena ènota a tutti come il maiale dalcolletto. Una striscia di pelo biancogli copre le spalle fino alle zampe espicca sul manto nero, quasi fosse il marchio di fabbrica. Il bianco e il nero sono infatti i colori della“balzana” senese. E’ una delle razze autoctone piùantiche d’Italia e chi passa dal palazzo civico a Siena lo troveràritratto dal Lorenzetti nel mirabileaffresco dell’Allegoria del BuonGoverno. E’ stata fin dai primi anni del ‘900l’unico suino del Chianti, poi, per glialti costi di produzione ha rischiatol’estinzione. Fu sostituito, come in tutta Italia dai “large white” checrescono in fretta e stanno in stalla.La Cinta invece vive allo stato

semibrado e questa sua attitudine fa sì che il tempo di accrescimento sia doppio rispetto ai suini a pelo raso. Si è salvata dall’oblioperché alcuni contadini dellaMontagnola senese hannocontinuato a mantenerne pochiesemplari. Negli ultimi venti anni,grazie all’impegno di alcuniallevatori, si è riusciti a riselezionarela razza e a moltiplicare i capi anchese è stato necessario un severocontrollo degli abbattimenti. Oggisono attivi più di ottanta allevamentie la Cinta è di nuovo in espansione.L’animale vive in ampi spazi boscosicibandosi di ghiande, radici, tuberi etartufi. Li scova con il finissimo sensodell’olfatto e abbassa le orecchie perproteggere gli occhi da sterpaglie earbusti. Le scrofe riescono a partorireanche dodici maialini all’anno:

crescono lentamente e sono prontialla macellazione intorno ai diciottomesi (130-150 chili).La grande “rivincita” della cintasenese è dovuta alla maggiorepresenza (57%) di grasso oleico ograsso “buono” che rende la carnepiù gustosa e più sana con un belcolore rosso intenso rispetto a quelladel maiale (50% di grasso oleico).Ormai di fama nazionale sono le carni a pezzi interi della Cinta: dal filetto all’arista, dal controfilettoal capocollo, alla spalla. Ma di ancorapiù proverbiale sapidità sono i salumi: i costosi prosciutti, i guanciali, le salsicce e i battuti dilardo con le spezie. A tutela epromozione della razza sono statifondati la “Compagnia della Cinta”(associazione no profit), il consorzioper fini commerciali “Consorzio

della Compagnia della Cinta” finoalla costituzione (a Siena) delConsorzio di Tutela che ha richiestola DOP per i prodotti di Cinta. Sono unici e radicati nella cultura del territorio e raccontano non solopoesie gastronomiche, ma anchestoria e tradizioni di un accuratolavoro millenario dell’uomo, di unasapienza contadina trasmessa pergenerazioni che è riuscita a sfidare iltempo. Sino al nuovo, attualeprimato del gusto.

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LA FORTEZZA E LA GRAZIA L’ INCANTO DI CASTELLINA

Sarà Castellina in Chianti la nostra porta d’ingresso. Ad annunciare l’antica capitale della regione è il merlatocastello di Pietrafitta. Sulla Chiantigiana si trovano diversedeviazioni che conducono ai borghi, ma ci attende il poggioche fa da spartiacque a tre fiumi che hanno scandito la storiae la vita di queste terre: l’Arbia, che dopo Montapertis’arrossò del sangue dei Fiorentini, la Pesa che di fattodescrive il confine nord-occidentale del Chianti e l’Elsa, lungoil suo corso rimonta l’aria del mare che tanto influisce sulmicroclima chiantigiano. Castellina sta più che arroccata, poggiata sul suo colligianogiaciglio. Non arcigna appare, piuttosto vigorosa. Eppureebbe remotissima funzione militare piazzata com’è ad untrivio di comunicazione vitale. A chi voglia rintracciare le remote origini di questa ruralitàaristocratica sarà gradito deviare per il tumulo diMontecalvario (l’indicazione è all’ingresso dell’abitato) doveci sono quattro tombe etrusche a tumulo. E poco più a sudvicino a Fonterutoli (ne parleremo più avanti) si trova lanecropoli del Poggino a raccontarci oggi che fin dal terzosecolo avanti Cristo qui era insediata una comunità tutt’altroche trascurabile di coloni etruschi (i reperti sono visibili in unantiquarium ospitato nella Rocca di Castellina). Presa così cognizione dell’atavica origine del borgo adesso sipuò entrare in confidenza con Castellina. Nel paese ciattende una serie di palazzi patrizi ristrutturazione di presidimilitari edificati prima dai sodali dei conti Guidi che dallaGarfagnana d’origine si spinsero fin nel cuore di Toscana,tentando di controllarla per via diplomatica o direttamentemilitare, e successivamente dai Fiorentini sempre in guardia

itinerario: dall’antica lega

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contro i senesi. Il cuore dell’abitato è costituito dall’anticaRocca progettata nella seconda metà del Quattrocento daGiuliano da Sangallo, sommo architetto di cui il Vasari tracciaampia lode nella sua “Vite de’ più eccellenti pittori”, scultorie architettori, che fu incaricato da Lorenzo il Magnifico didotare Castellina anche di una munita cerchia di muraintercalate da torri, oggi in parte inglobate nelle case. La Rocca, restaurata nel ‘900, si presenta con due corpi difabbrica quadrati uniti da un’alta torre in forma di cassero. Ilsistema difensivo del Sangallo prevedeva solo due ported’accesso alla città (“porta a Siena” e “porta a Firenze”) cheancor’oggi costituiscono i punti cardinali di Castellina. A testimoniare la sua funzione militare (fu prima capitale diuno dei terzieri della Lega chiantigiana, poi sede della Legastessa) è via delle Volte. E’ un suggestivo percorso a tunnel che corre al di sotto deipalazzi quattro-cinquecenteschi che si affacciano sulla stradaprincipale del borgo, via Ferruccio, parallela al tratto delleVolte. Lungo tutto il camminamento si aprono a valle feritoieda cui è possibile ammirare la campagna chiantigiana e a monte gli accessi a segrete e a cantine. In via Ferruccio si ha invece il senso dell’opulenza passata diCastellina. Ed è proprio al termine di questa strada, al bivioche conduce alla Rocca, che si trova la chiesa di SanSalvatore in stile neoromanico, ricostruita dopo la distruzionedell’ultima Guerra Mondiale. All’interno della chiesa èconservato un fresco di Lorenzo di Bicci (realizzatoprobabilmente alla fine del XIV secolo) che rappresenta laMadonna con bambino. La sosta a Castellina ovviamente può prevedere nellenumerose enoteche degustazione di vini, ma anchel’approccio con la grande arte norcina del Chianti capace di

alla berardenga

Castellina in Chianti

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offrire salumi di raro pregio e sapori indimenticabili.Usciti da Castellina ci troviamo di fronte ad un bivio. Si può proseguire sulla Chiantigiana per andare incontro adalmeno due località emblematiche del Chianti (Fonterutoli ela pieve di San Leonino) oppure prendere la statale 429 einoltrarsi verso Radda che si raggiunge dopo pochi chilometridi piacevoli tornanti che s’avviluppano su colli di leccio e di querce. Noi consigliamo di deviare per Fonterutoli perchénon si può tralasciare un angolo di storia fondamentale del Chianti. Dell’antico castello resta nulla, c’è invece la villapatrizia dei Mazzei che tengono il borgo dal 1435, el’agglomerato di coloniche in pietra che costituiva il contadodel maniero. Per arriva a Fonterutoli si incontra il bivio per CastellinaScalo. Anche in questa direzione c’è una concentrazione diprestigiose cantine. A Fonterutoli converrà sostare perleggere le lapidi che ricordano come qui, nel 998,l’imperatore del Sacro Romano Impero Ottone III tentò didare un assetto al Chianti assegnando privilegio su questocontado alla diocesi aretina. Successivamente, sempre aFonterutoli, nella chiesa di San Miniato il 29 marzo del 1202e il 6 ottobre del 1208 furono firmati due trattati di pace traSiena e Firenze in cui vennero definiti i confini deipossedimenti chiantigiani delle due città. Valsero a poco: aMontaperti e nella successiva rivincita fiorentina tutto vennemesso in discussione, fino alla sanzione della supremazia delGiglio su questi borghi. La storia ha il suo fascino e farsenecontaminare a Fonterutoli è esperienza felice. Conviene allungare ancora il tragitto di qualche chilometrofino a San Leonino in Conio per vedere la pieve di cui restal’originale abside e fare una puntata a Quercegrossa (nella chiesa del paese dedicata ai santi Giacomo e Niccolò

I l mezzadro come archi tetto La casa dei campi

A vederla bene, l’architettura delChianti è un network di costruzioni einsieme di spazi antropici, dettatonei secoli dalla storia sociale. Fuorile mura dei borghi restano i segnidel sacro e del profano: torri ecastella da una parte, pievi econventi dall’altra. Sempre più vicinealla campagna e alla natura sono lerare ville, le molte case padronali,controparti rustiche dei palazzi dicittà e poi i poderi.La casa rurale, nata con lamezzadria, è l’anello centrale ecruciale di questo sistema.A prima vista tradisce le sue grandimatrici architettoniche. Quellabrunelleschiana, fatta di bugnati,pietra serena e muri scialbati, vieneda Firenze e ha prodotto edificiseveri, squadrati, piantati

saldamente sulla terra, “torri adifesa della cultura”, poderoso erigoroso trionfo dell’homo faber.L’altro modello viene dalla Siena diBaldassarre Peruzzi, è fatto piùvolentieri di mattoni e di cotto adisegno, è più minuto, leggero earioso, e sembra invece venir sudalla terra etrusca, sbocciare nellacampagna color Terra di Siena.Un terzo modello di casa rurale èorganico, modulare. Queste casesono cresciute con le famigliemezzadrili, acquistando ogni tantouna stanza costruita in fila alle altre,un fienile, una stalla, uno stalletto,una parata coperta.Al piano terra stavano le bestie, alprimo piano la gente, e di sopra gliuccelli domestici. Una scala esternacollegava con il terreno, il camino

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è conservata una bellissima Pietà in cotto policromoattribuita al senese Francesco di Giorgio Martini che larealizzò a metà del ’400) se non altro per render omaggioad un genio: Jacopo di Pietro d’Agnolo. Fu il traghettatoredell’arte dal gotico al Rinascimento, a lui si deve la FonteGaia che illeggiadrisce piazza del Campo a Siena, a noi ènoto come Jacopo della Quercia.Ci siamo spinti con questa deviazione quasi alle porte dellacittà del Palio e per tornare a Radda, altra capitale delChianti senese , invece di percorrere a ritroso la strada 222,la mitica Chiantigiana, abbiamo deciso di prolungare fino al bivio per Corsignano. Da qui si percorrono una ventina dichilometri nella parte meridionale della Lega del Chianti.Prima di giungere a Corsignano vale una sosta, deviandosulla destra, la Certosa di Pontignano. E’ uno dei maggiori complessi monastici del Chianti, fondatonel 1343 dal mercante senese Bindo di Falcone Petronirimaneggiato e ampliato nel ‘500, oggi sede del centrocongressi dell’Università di Siena che conserva nel refettorioun’Ultima cena dipinta dal fiorentino Bernardino Poccetti.Molto belli sono i due chiostri: uno ampio e cinquecentesco,l’altro in laterizio d’un secolo anteriore. Lasciato Pontignano si torna verso Corsignano e s’incontranoaltre ville e altri borghi come Vagliagli e altre pievi come SanGiusto in Salcio.

LA PICCOLA CAPITALE RADDA DOLCE E GENTILE

Ma siamo in vista di Radda :“aggrediamo” il paese. E’ il borgo delle vigne. Lo sguardo dal poggio sul quale nelmedioevo, tra le acque dell’Arbia e della Pesa, venne

con il tetto e il cielo aperto. Intornoalla casa, con una gradualità ormaiquasi sempre cancellata, si passavasenza strappi da cultura a natura.Ossia, c’era lo spazio interno (lacasa) e quello esterno (il bosco) mac’era anche lo spazio intorno: l’aialastricata a cotto, poi il noce e lafonte, un poco di orto. Le colture dimaggior pregio, le vigne, stavanointorno alla casa, più lontano glioliveti e il seminativo, secondocerchi di sempre minore densità dicolture (e di cultura) e di sempremaggiore presenza della naturaincolta e boschiva. Prima di arrivareal bosco si trovavano i muri a secco,sassi che il campo sputava, appenamessi in ordine dalla manodell’uomo. Infine i sodi, pascoliincolti, o qualche campo “lasciato

andare” che il bosco si riprendeva.Consapevolmente o no, i sempre piùsparuti abitanti e i sempre piùnumerosi turisti circolano alla ricercadel genius loci chiantigiano, in bilicotra “la naturale forza e l’umanointelletto” come si legge in questopamphlet, in equilibrio tra natura,colture e cultura. E’ questa lanascosta armonia del Chianti.

Alessandro Falassi

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edificata Radda spazia ad angolo giro su una trama fittissimadi vigneti. Da Radda si diparte il “distretto degli agriturismi”completato da una “filiera di suggestioni” che comprendeappuntamenti del gusto, trekking a cavallo e in bici, mostred’arte (da non trascurare a Pievasciata, cheamministrativamente fa parte del comune di CastelnuovoBerardenga, il Parco Sculture del Chianti) e rassegneantiquarie. Centro del borgo, dominato in alto da ciò cheresta dell’originario castello mentre le molte torri ches’ergevano lungo la cinta muraria sono divenute nei secoliabitazioni, è piazza Ferrucci. E’ intitolata al capitanofiorentino che difese la Repubblica del Giglio dall’assedio diCarlo V e che di Radda fu podestà. Sullo slargo di formairregolare si affacciano il palazzo Pretorio - reca ancora glistemmi podestarili- e la chiesa di San Niccolò che, sebbeneampiamente rifatta nel secolo scorso, denuncia ancoral’impianto romanico. Da non perdere è la vista sulle viuzzedel centro antico (Radda fu posta oltrechè a capo di uno deiterzieri anche di tutta la Lega del Chianti a partire dal 1384quando i Fiorentini la dotarono di un complesso di fortificazioni di cui resta evidentissima traccia in tratti dimura, ma soprattutto nella forma ellissoidale del cuoremedievale), sugli orti che sono cintati di muretti a secco e dai quali si ricava l’essenza del Chianti: agricoltura in formadi disegno del paesaggio in un ordine naturale d’uomini ecose. E non poteva che essere a Radda la sede dellaFondazione per la tutela del territorio del Chianti Classico chesarà ospitata nel complesso monastico di Santa Maria a Pratoappena fuori le mura del paese. Dalla chiesa del convento(tutto il complesso dismesso dagli usi religiosi è orasottoposto a restauro) proviene un polittico di Neri di Bicci diraro pregio. Ma Radda ha in serbo altre suggestioni: il tratto

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27Radicofani

di strada a volte che corre al margine meridionale del paese,la Ghiacciaia del Granduca singolare edificio che si trovaridossato alle mura a Nord e che serviva per produrre ilghiaccio indispensabile alla conservazione dei ricchi prodottiagricoli da sempre fulcro dell’economia del paese. Borgo nelquale non è difficile trovare ospitalità e genuine suggestionigastronomiche. Ed è certamente il punto di partenza per tre itinerari, brevi ma intensissimi per fascino. Percorriamoli.Uno porta a Nord-Ovest, l’altro a Nord-Est e il terzo punta aSud, ma tutti regalano emozioni tra storia e natura. Il primo punta sul borgo fortificato del Castello di Volpaia. Prima di raggiungerlo conviene, fatti un paio di chilometridall’abitato di Radda, svoltare sulla sinistra per andare a visitare la pieve di Santa Maria Novella. Attestata già dalMille, è inserita in un rigoglioso Getsemani e conserva un“tesoro” con oggetti d’arte orafa medievale e una collezionedi invetriate cinquecentesche della bottega di Santi Buglioli.Tornando sulla strada si raggiunge Volpaia. Dell’antico castello resta il Cassero, posto davanti alla minuscola piazzetta, e l’abitato che è una bombonieramedievale. Volendo, dalla sinistra del cassero, si diparte unastrada bianca che, immersa in una foresta di lecci, sconfinanel fiorentino fino a Panzano (borgo medievale di pregio) da dove tornando verso Siena si incontra il piccolo centro diLucarelli: vale la visita. Il secondo itinerario da Radda ci portaal Pian d’Albola. E’ un percorso interamente in mezzo ai vigneti e con un’improvvisa quanto armoniosa salita siraggiunge il borgo rinascimentale di Albola già in proprietàdella potentissima famiglia degli Acciaioli ora mirabilmenterestaurato e restituito allo splendore quattrocentesco dadove, attraverso una sterrata di tre chilometri, si raggiunge ilvero Castello d’Albola. Il terzo itinerario conduce, seguendo

Radda in Chianti

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la Traversa chiantigiana, alla visita di Castello di Ama un tempo presidio militare fondamentale, poi trasformato indimora gentilizia, e al piccolo borgo di Lecchi, uno dei tantigioielli dell’architettura e dell’urbanistica tardomedievale. Una sosta d’obbligo è alla pieve di San Polo in Rosso. E’ diproprietà privata e non sempre è accessibile. La sua imponente struttura fortificata (la pieve è inquadratada mura) è ingentilita da pitture trecentesche nella navatadella chiesa di scuola senese che narrano episodi della Vitadi Cristo. Lungo la Traversa incontreremo la cappella stradaledi San Michele a Casanova che conserva un ciclo di affreschiquattrocenteschi davvero notevole, e l’abitato di Adined’impianto medievale, anch’esso privato. Ma è tempo diandare a scoprire un’altra petite capitale: Gaiole. Per raggiungerla partendo da Radda si prende la strada cheporta a Badia a Coltibuono in direzione est. Sono seichilometri di ascesa dolce: prima, per un paio di chilometri,lungo la Statale 429 e poi, sulla destra, una “bretellina”collega alla Statale 408. Il primo incontro è con lamonumentale Villa Vistarenni, costruita a metà del ‘500 daun’altra potentissima famiglia fiorentina: gli Strozzi. L’attuale facciata, tutta stucchi, si deve ai Sidney Sonnino che la fecero riedificare agli inizi del ‘900. Da Vistarenni siriparte per Badia a Coltibuono. L’abbazia il cui nome significabuon raccolto fu un cenobio vallombrosano (la regoladell’ordine imponeva ai monaci la coltivazione della terra)eretto per impulso del fondatore dell’ordine San GiovanniGualberto poco dopo il mille. Il chiostro è divenuto residenzaprivata, del complesso monastico accessibile resta la bellachiesa di San Lorenzo. Dall’altopiano della Badia si gode un panorama che ha pochi eguali al mondo per l’armonia delpaesaggio e per la geometria dell’agricoltura.

Badia a Coltibuono

Gaiole in Chianti

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IL MERCATO DELLE PIEVI GAIOLE LA RIDENTE

Ridiscendendo i tornanti, in mezzo ad un bosco plurisecolare,siamo in vista di Gaiole in Chianti che si raggiunge, lungo laStatale 408, in appena cinque chilometri da Coltibuono. Al contrario delle altre due capitali dei terzieri della Lega,Gaiole, fondata tra Due e Trecento, non ha origine militare,bensì di commercio. Fu all’inizio un mercatale (in Chianti icentri di raccolta e vendita delle merci hanno avutoun’importanza fondamentale sia dal punto di vistaeconomico-sociale sia da quello architettonico-urbanistico) alservizio dei molti castelli che ne punteggiano i dintorni.Perciò il cuore di Gaiole (che oggi è uno dei centri di produzione della Cinta senese) è una strada-piazza: viaRicasoli lungo la quale si svolse, e tuttora si svolge, lamercatura e la vita del paese. Al visitatore non sfuggirà unagrande maiolica artistica posta proprio all’inizio di via Ricasolidove sono raffigurati i maggiori castelli e le più importantipievi del circondario con gli itinerari per raggiungerli. Gaioleoffre opportunità di shopping enogastronomico ed alcunestrutture alberghiere di qualità, oltre ovviamente al fascinodelle antiche case, del lungofiume e degli arredi urbani cherimandano alle attività mercantili medievali. Ma proprioperché mercatale, Gaiole è al centro di alcuni itinerari dinotevole rilevanza. Il più suggestivo è quello che porta allapieve romanica fortificata di Santa Maria di Spaltenna. Datata XII secolo è affiancata da una torre campanaria chepare più un cassero e da un chiostro conventuale, ora adibitoad ospitalità. Il toponimo denuncia una chiara origineetrusca. Da Santa Maria di Spaltenna deviando sulla sinistrasi sale fino all’abitato di Vertine; imperdibile. E’ un borgo fortificato documentato a partire da metà del X

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secolo costruito a spirale attorno al mastio. Ora è oggetto diun profondo restauro, ma la sua struttura è rimasta inalterataper dodici secoli! Al borgo si accede attraverso una possenteporta, orientata a Nord e ci si incammina nell’ellisse dellestradine fino a raggiungere la chiesa di San Bartolomeo che,pur pesantemente rifatta, conserva l’impianto trecentesco:alle pareti si possono ancora vedere parti del “fresco” quattrocentesco che narra episodi evangelici. Da Vertine si ridiscende verso Gaiole per imboccarenuovamente la Statale 408 che conduce a scoprire l’ultimoquarto del Chianti senese.Si viaggia lungo l’alveo del torrente Mastellone, cheattraversa anche Gaiole, e si giunge al bivio per il Castello diMeleto. E’ imponente con i due torrioni cilindrici sul latoovest e la quadratura irregolare delle mura che lo cingono.Fu avamposto fiorentino nel cuore delle terre di Siena adifesa del terziere di Gaiole e venne fondato a metà del200. In proprietà dei Ricasoli è stato circondato da un boscoe si erge su un’altura a sentinella della strada che porta aSan Martino. Tornando sulla 408 si va in direzione Sud percirca tre chilometri prima di trovare sulla sinistra il bivio perBrolio. La visita al castello è d’obbligo anche se si vede solol’esterno, ma salendo verso i bastioni su per i tornanti cheaffondano nel plurisecolare parco degli alberi rari, non si puònon sostare alla cappella di San Jacopo che, di fondazionetrecentesca, è il mausoleo della famiglia Ricasoli. Qui il “Barone di Ferro” Bettino Ricasoli dette le regole perla produzione del Chianti moderno (buona parte della suaricetta fu accolta nel disciplinare della Doc, successivamentemodificato) e Brolio è un’istituzione del territoriochiantigiano. Non v’ha dubbio che gli scritti di Ricasoli (sonoconservati in parte all’archivio di Stato e in parte

Montalto

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all’Accademia dei Georgofili a Firenze) hanno costituito unapietra miliare per la moderna economia e tecnica agraria. Costeggiando il parco del castello di Brolio attraverso laStatale 484 si raggiunge Castelnuovo Berardenga, la quartacapitale del Chianti senese. A metà circa dell’itinerario,deviando sulla sinistra, annunciato e raccolto in un mirabileanfiteatro di vigneti, si raggiunge il borgo di San Gusmè. E’ un’autentica scoperta. E’ praticamente immutato da 800anni e conserva una bellissima villa patrizia circondata da unparco secolare. Nelle stradine in ammattonato si respiranoatmosfere dimenticate e i profumi della campagna dannouna lieve vertigine, determinata dalla riscoperta delle nostreprofonde radici: quelle rurali. E’ un’altra delle magìe del Chianti senese. Lasciato SanGusmè la strada torna a correre tra le vigne (ecco cosa dà ilsenso di essere immersi in un grande terroir da vino: ilcomprendere che tutto è racchiuso in quella mirabile sintesidi cultura e natura che è la bottiglia), punteggiata di edicolevotive, incastonata tra cipressi, olivi, spargoli borghi di pietrae cotto e ancora castelli come quello di Bossi o villegentilizie come quella d’Arceno. Ma ora l’orizzonte sfuma ilsuo cromatismo. Dal verde cupo del Chianti s’incomincia avedere il riflesso perlaceo delle Crete.

….ED È SUBITO SIENA LA FIERA BERARDENGA

E’ questo mutarsi del panorama che anticipa CastelnuovoBerardenga. Siamo al limitare della zona del Chianti classico,ma siamo in pieno Chianti senese. Castelnuovo è iltestimone della battaglia di Montaperti, luogo centrale nellavicenda storica senese: nel 1260 lì l’esercito fiorentino venne

Certosa di Pontignano

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sconfitto dalla Repubblica del Palio. Ma prima delle contesetra le due città Castelnuovo fu, a partire dalla fine dell’800, il capoluogo della Terra Berardinga, feudo d’importanzastrategica fondato da Beherard, nobile franco.La Repubblica Senese, dopo Montaperti, decise di munirequesto suo avamposto di nuove fortificazioni (da qui il nomeCastelnuovo) peraltro mai portate a termine. Evidentementequesta porzione di terra chiantigiana era destinata più alla pace e alla coltivazione dello spirito che non alla difesamilitare. Come s’è visto le stratificazioni antropiche in Chianticontano. A Fonterutoli abbiamo incontrato nobiltàlongobarda, a Gaiole eccellenza etrusca, a Castellina censoromano, qui nel Sud abbiamo conosciuto cavalieri franchi.Quasi a dire che gli apporti stratificati di più civiltà hannodeterminato la fisionomia della regione: non in un “melting pot” atavico, bensì in una fusione di usi che ha disegnato il profilo, unico, di queste terre e di chi le abita. La visita a Castelnuovo Berardenga non può prescindere daVilla Chigi Saracini di eccelsa eleganza architettonica(notevole è la cappella attigua) ingentilita da un misuratogiardino all’italiana, ma soprattutto arricchita da un parco ottocentesco di notevolissima importanza botanica. Ad impreziosire la “dimora” ha pensato, in epoca recentissima a metà del1900, il conte Guido Chigi Saracini. Melomane e musicofilo(è stato il fondatore dell’Accademia Chigiana di Siena, una delle massime istituzioni musicali italiane) commissionòa Vico Consorti i busti in pietra dei maggiori musicisti.Castelnuovo Berardenga ha da offrire l’ordine dei sui vicoli,una preziosa fontanella sulla piazza principale, alcunetaverne dove coltivare l’appetito è un esercizio buono per ilcorpo e per lo spirito. Segna questo borgo un confine, perché

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dà del Chianti l’ultima versione: quella gentile e quieta dellearmonie culturali. Da ascoltare al tramonto quando il ventodi ponente che viene dalla costa degli Etruschi scarmiglia lechiome d’argento degli ulivi, quando l’ultimo raggio vermigliail mare delle vigne prima di illuminare d’un bagliore rubino ilbicchiere di Chianti levato a ringraziamento mentre gli occhiscrutano gli incanti dell’orizzonte. Ed è subito Siena.

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Boschi e vigneti, borghi isolati estrade che inseguono l’allegramorfologia di una terra riservata eorgogliosa del suo sangue blu: cosìappare il Chianti al ciclista che siavventura in questo mondo spintoda voglia di scoperta su magnifichestrade che conoscono appena ilrumore dei motori. Il ciclista, omeglio il cicloturista, è un pioniereantico e discreto che si lasciacullare dalle curve di una terra cheregala l’esperienza di viaggiare apedali in un’atmosfera di granderilassatezza. Si sale e si scende machi si sposta senza fretta e sapedalare senza litigare con la forzadi gravità scopre un angolo delleTerre di Siena dove una vacanza inbici si sposa perfettamente con iritmi del viver bene. Nel Chianti sipedala e si apprezzano lunghe epiacevoli soste in compagnia di unbuon bicchiere di vino. Il pioniereciclista infatti ha il vantaggio dipercepire direttamente l’ambientesenza rincorrere solo etichette ma iveri prodotti del territorio.E poi il Chianti ha il potere di

trasformare il ciclismo in un eventoculturale. Stiamo parlandodell’Eroica, ormai un appuntamentocult per la terra del Chianti. Ideata epromossa dall’Associazione ParcoCiclistico del Chianti, l’Eroica è unagara dove la classifica conta poco onulla rispetto al contenuto che ispirala manifestazione.Per un giorno Gaiole torna quella diun tempo; in piazza ci sono gliartigiani, dal fabbro al calzolaio; c’èPippo, una cinta senese di trequintali che passeggia tra la gente.Con l’Eroica il ciclismo ritorna talefacendo un salto nel passatoquando era sinonimo di polvere,fango, fatica e spirito d’avventura:niente a che vedere col ciclismod’oggi chimico e tecnologico. Ilgiorno dell’Eroica si celebra la veracultura sportiva nell’ambito di unamanifestazione di costume semprepiù apprezzata e unica nel suogenere. Come una magia tornaattuale quel ciclismo cheentusiasmava l’Italia intera divisatra Coppi e Bartali e tornanoprotagonisti ciclisti puri con

biciclette d’epoca, maglie di lana ecamere d’aria a tracolla. Gli eroi dioggi non hanno nomi così famosi; sichiamano Luciano Berruti, ErmesLeonardi, David Maddalena; sonoappassionati ciclisti e collezionisti,pedalano nel terzo millennio mahanno un cuore forte e antico. Lestrade sterrate del Chianti sonoprotagoniste confermandosi simbolidi una viabilità a misura d’uomo edi una zona decisamente adatta pergli amanti del pedale. L’Eroicaprevede tre percorsi dei quali duemolto impegnativi (200 e 145 km)per ciclisti allenati mentre perciclisti più tranquilli il percorso siaggira intorno ai 70 km; aipartecipanti non è consentito l’usodi mountain bike o bici da strada“contemporanee”. Si tratta infatti diuna rievocazione con bicicletteantiche dove i ciclisti adeguanoanche l’abbigliamento al tenoredella manifestazione. Al seguitodegli “eroi” è previsto un cordonedi auto e moto d’epoca.Generalmente si svolge durantel’ultimo week end di settembre in

concomitanza con il tradizionale ritodella vendemmia. L’evento èaccompagnato da una serie dimanifestazioni collaterali comel’esposizione di biciclette con oltremezzo secolo di vita e le mostrefotografiche a tema sul ciclismoeroico che arricchiscononotevolmente il suo contenuto etrasformano la piazza di Gaiole inun accogliente punto di incontro.Inoltre è nata recentemente, incollaborazione con l’Associazionenazionale Città del Vino, l’idea diuna due giorni dedicata alla culturadel ciclismo ma anche al vino e atutto quanto fa tipicità esalvaguardia delle tradizioni legatea questo territorio di gran pregio.Da pedalare o da vedere l’Eroicarappresenta un’occasione moltoparticolare. Per informazioni: ParcoCiclistico del Chianti, c/o UfficioTuristico, via Casabianca, 53013Gaiole in Chianti; tel. 0577749411.

Enrico Caracciolo

Pedalando sul le st rade bianche

e log io de l la lentezza

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Pieve di Santa Maria Novella

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Parco Sculture del Chianti

le te r re de l be l lo

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L’ARTE CONTEMPORANEA

Il Chianti, terra nota per i suoi vigneti ordinati sui fianchi delle colline, i muri a secco, gli oliveti e i cipressi, da anni è stata eletta come dimorada vari artisti come il pittore americano George d'Almeida, Leo Lionni, Maro Gorki - figlia del grande pittore armeno-americano Arshile Gorky -e Matthew Spender che, come raccontava Bernardo Bertolucci, “Il mattino lavorava la terra del suo podere in Chianti e il pomeriggio sichiudeva nel suo fienile-studio a dipingere”.Artisti, ma non solo, anche strenui difensori di una cultura profondamente radicata nella terra, in grado di lottare “per la qualità di un vino rossoe ruvido come il sangue versato nella guerra di liberazione” e nella battaglia di Montaperti o per la tutela del paesaggio contro gli scempiedilizi.Il connubio di arte e vita affascina, attrae altri illustri ospiti come Sir Harold Acton, che nelle Memorie di un esteta confessa di aver scopertol'amore per il bello, il "principio vitale che pervade l'universo", percorrendo la statale 408, da Siena a Gaiole. Il mito patinato del Chiantishire si concretizza grazie al romanzo dello scrittore inglese John Mortimer, “Summer's Lease”, diventato una serie tv"gialla" mandata in onda dalla BBC, e il film “Io Ballo da sola” di Bernardo Bertolucci ispirato alla vita di una celebre coppia di artisti, tuttaarte, natura e convivialità in cui non mancano feste mondane organizzate nelle dimore più prestigiose che vedono protagonisti sir Alister,marchese di Londonderry, Tony Blair, Harold Acton e John Pope-Hennessy, ex direttore del British Museum.

37Radda in Chianti

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Il rapporto del territorio del Chianti con l’arte contemporanea risale al 1959 quando il Conte Guido Chigi Saracini, fondatore dell’AccademiaChigiana, affida a Vico Consorti l’esecuzione delle sculture per il parco della villa di Castelnuovo Berardenga. Nel parco progettato da Agostino Fantastici nella prima metà del XIX secolo, il Conte volle realizzare un racconto autobiografico che rispecchiasseil proprio rapporto con la musica, passando da Chopin a Boito. Su questo fertile terreno culturale si sono sviluppate negli anni iniziativepubbliche e private che hanno visto più soggetti concorrere alla sperimentazione di nuovi percorsi di attraversamento culturale del territorio. Il progetto più ambizioso, anche perché unisce le due aree geografiche del Chianti quella fiorentina e quella senese, è la rassegna biennale diarte contemporanea Tusciaelecta, giunta quest’anno alla quarta edizione. La rassegna coinvolge più comuni ed “opera su un possibile modellodi ridefinizione del paesaggio e del tessuto urbano attraverso l'inserimento di lavori contemporanei nel territorio”. Gli artisti selezionati da uncuratore, sono invitati a esplorare il territorio per progettare degli interventi “site specific” tenendo conto degli input provenienti dal contesto edalle modalità di fruizione di un pubblico eterogeneo composto da residenti, turisti e addetti ai lavori. Non solo arte e natura ma soprattuttoarte pubblica in grado di attivare processi di pensiero - riflessioni su temi sollecitati direttamente dal territorio antropizzato - o di offrire a grandie piccoli occasioni di socializzazione e di fruizione di spazi comuni riprogettati dagli artisti. A fianco delle amministrazioni pubbliche operano i privati che con entusiasmo propongono in una terra già ricca di monumenti del passato,valide opportunità per scoprire l’arte contemporanea attraverso una fruizione estetica delle opere e degli spazi. Il Parco Sculture del Chianti, natoda un sogno del dott. Piero Giadrossi (director) è costituito da ventitre opere collocate nei 13 ettari di bosco antistanti la vecchia fornace diPievasciata. I ventiquattro artisti sono stati invitati a visitare lo spazio espositivo per realizzare degli interventi “site specific”, per creare cioè un

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rapporto diretto tra l’opera e il territorio circostante. Tra la tipica vegetazione boschiva del Chianti senese, lungo un percorso circolare emergonoo si mimetizzano istallazioni e sculture, eseguite in materiali eterogenei: ferro, legno, vetro, pietra, marmo, acciaio, vetro resina etc… Tra le varie presenze, possiamo ricordare The Blue Bridge, dell’artista danese Ursula Reuter Christiansen, l’alta scultura in vetro, Energy, delgreco Costas Varotsos, Rainbow Crash, di Federica Marangoni, accanto ad opere di artisti provenienti da tutto il mondo. Il desiderio di sperimentare nuove possibilità di fruizione del contesto paesaggistico e di stabilire una forte interrelazione territoriale stanno allabase degli ambiziosi progetti riguardanti il Parco che verrà dotato di un centro visitatori e dell’anfiteatro per manifestazioni culturali all’aperto e per le esposizioni temporanee in collaborazione con musei e centri d’arte contemporanea italiani e stranieri. Azioni di puro mecenatismo vengono attuate dai proprietari del Castello di Ama: sotto la direzione artistica della Galleria Continua di San Gimignano, ogni anno, dal 2000, un importante artista di fama internazionale (in ordine cronologico, Pistoletto, Buren e Paolini) viene ospitatoper realizzare a diretto contatto con la cultura vinicola opere permanenti che vanno ad arricchire il già consistente patrimonio storico-artisticodella tenuta.

Leonardo Scelfo

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Parco Sculture del Chianti

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appuntament i in chiant i

La civiltà contadina che si è nutrita dei succhi profondi della Terradel Chianti, primo fra tutti il vino che invitava alla festa, traeva

i suoi ritmi dai cicli delle stagioni che guidavano l'agricoltura e daicicli festivi, soprattutto quelli religiosi. Così al tempo del lavoro sialternava il tempo della festa e del riposo e ogni borgo celebrava

momenti di socievolezza gioiosa, esaltata non solo da fiere emercati, ma da processioni, canti, corteggiamenti e racconti.

Anche oggi seguire una processione, accompagnare una banda,cantare un "bruscello" mangiare insieme all’aperto i buoni prodotti

della terra, dà luogo ad interessanti feste popolari in tutto ilterritorio: fiere, sagre, manifestazioni religiose seguite

dagli abitanti e da tanti stranieri, trascinati dall’entusiasmo locale.Accanto agli appuntamenti tradizionali, Il “Chianti Festival”:

spettacoli di prosa, danza, musica, teatro di figura e teatro comicomusicale. Ecco il festival che invade per dieci giorni le piazze e i

centri storici delle località del Chianti senese con produzionioriginali nate dall’incontro di artisti internazionali con laboratori

artistici locali. E’ così che anche attraverso queste manifestazioni il Chianti, forte

delle sue tradizioni e della sua identità, vive tutto l’anno.

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Chianti Festivallugliowww.chiantifestival.com

Chianti d’AutunnoNovembrewww.chiantidautunno.it

CASTELLINA IN CHIANTI

PentecosteSabato e domenica diPentecoste

Sagra del Cocomero24 Agosto

CASTELNUOVO BERARDENGA

Bruscello di CastelnuovoBerardengaGiugnoInformazioni: 0577.353030

Passato e PresenteCasettaFine Agosto-inizio Settembre

Festa del Luca CavaSan GusmèMetà Settembre

Festa dell’UvaVagliagliSettembre

Festa dell’OlioPianellaNovembre

GAIOLE IN CHIANTI

Festa MedievaleVertineSettembre

Festa a BarbischioSettembre

Festa della BruschettaMontiSettembre

La Rana d’OroSan SanoSettembre

L’EroicaSettembre

RADDA IN CHIANTI

Radda nel BicchiereGiugno

Festa di San LorenzoVolpaia10 Agosto

Festa del PerdonoUltimo fine settimanad’Agosto

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per saperne di p iù

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Contatti e indirizzi delle “porte giuste” a cui bussare per avere suggerimenti e indicazioni utili

prima di partire e durante il viaggio nel cuore del Chianti.

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Borgo di Vertine

Informazioni TuristicheAPT SienaPiazza del Campo 56Tel. 0577 280551Fax 0577 [email protected]

CASTELLINA IN CHIANTI

Centro Servizi TuristiciIn ChiantiVia Ferruccio 40Tel. e Fax 0577 [email protected]

CASTELNUOVO BERARDENGA

Ufficio Turistico ComunaleVia del Chianti 61Tel. e Fax 0577 [email protected]

Ufficio di accoglienza e informazionie turisticaLoc. Acqua BorraTel. 0577 365800Fax 0577 364940

GAIOLE IN CHIANTI

Informazioni TuristicheVia G. Galilei 11Tel. e Fax 0577 [email protected]

RADDA IN CHIANTI

Ufficio Informazioni Pro LocoPiazza CastelloTel. e Fax 0577 [email protected]

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Realizzato daAPT Siena

Comuni di:Castellina in Chianti

Castelnuovo BerardengaGaiole in ChiantiRadda in Chianti

Progetto editoriale APT SIENA

Coordinamento editorialeLuigina Benci

TestiCarlo Cambi

Petra CarsettiSi ringraziano

Filippo Bartolotta Enrico Caracciolo

Alessandro FalassiLeonardo Scelfo

FotoEnrico Caracciolo, Bruno Bruchi,

Archivio Rabatti e Domingie,Archivio Parco Sculture del Chianti

Foto di copertina Bruno Bruchi

Stampa Nidiaci Grafiche San Gimignano

Terre di Siena

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