INSONNIA Luglio 2015

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Li vedo, “LORO”, tutti alle finestre, festanti, sereni, con negli occhi la gioia. Guardano giù, il parco oggi è diverso. Il profumo intenso dei tigli arriva alle loro narici, la musica alle loro orecchie e il vociare della gente ai loro cuori. In tanti anni di perma- nenza in questo luogo, quel parco non è mai stato loro: curato sì, ma troppo desolato e silenzioso. Insonnia n° 73 Luglio 2015 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009 Luglio, il mese che precede la chiusura estiva, è il mese che anticipa una Racconigi surrea- le, rarefatta, di negozi chiusi e poca gente per strada; chiuderà anche insonnia. Già ora le attività consuete si rallentano, la scuola ha ridotto i suoi servizi e gli edifici sono quasi deserti, anche nelle at- tività private si comincia a ri- mandare a “dopo le ferie”. Si va più adagio, anche per non sudare; il caldo condizio- na la vita quotidiana, sembra di ritornare indietro nel tempo quando i ritmi erano più lenti. Abbiamo visto un folto gruppo di ragazzi rosolarsi al sole sul greto del Maira ! Uno spettacolo emozionante che ci fa riflettere, con nostal- gia. Ci piacerebbe pensare che que- sto tuffo nelle acque nostrane fosse una scelta alternativa e non una probabile necessità di chi non ha i soldi per la piscina di Caramagna o di Savigliano. Quando mancano i mezzi si ricorre alle risorse “antiche”, l’ombra dei salici e delle ro- binie continuano nella loro attrattiva di sempre, ombre che ricordano il profumo di quando le alternative di vacan- ze non c’erano ed i pomeriggi scorrevano tra la nita ed i sassi scivolosi del fiume. Abbiamo visto questi ragazzi con sor- presa, forse pensavamo che non esistesse più un modo si- mile di trascorrere il tempo fra gli amici. Noi andavamo a fare il bagno e poi, prima che fosse troppo tardi, costruivamo le capanne tra le piante e i cespugli della riva; erano i nostri rifugi im- maginari dove sognavamo di difenderci da bande di selvag- gi, abitanti delle foreste con i corpi ed i volti dipinti di verde e di ocra. Nelle nostre fantasie diventa- vamo uomini invisibili, armati di frecce avvelenate. Progetto Cantoregi pag. 12 Immigrazione pag. 8 Alambicco pag. 9 Michela Della Valle pag. 10 Ridare dignità a quelle mura IL CHIARUGI E’CADUTO ! ... IL CHIARUGI E’RISORTO !... Diventi un luogo di gioia, di arte, di musica, di bellezza, altrimenti sparisca di Bruno Crippa 90 anni fa, una Croce sul Monviso di Mario Monasterolo INTERVISTA Ho un lavoro… con contratto a tempo indeterminato! Ho preso il mio primo stipendio! a cura di Anna Simonetti segue pag. 3 segue pag. 16 segue pag. 5 segue pag. 3 Domenica 30 agosto è il 90° anni- versario esatto della posa, in vetta al Monviso, della croce realizza- ta a Racconigi a cura dei circoli giovanili Fides et Ardor e Sensus Veri delle due parrocchie cittadi- ne. Come già in occasione del 75° anniversario, anche quest’anno la sezione locale del CAI ricorda l’evento con una Mostra, organiz- insonnia mensile di confronto e ironia Giuseppe, mi ha colpito la tua esplosione di felicità, ho senti- to un entusiasmo che mi ha co- stretta a questa chiacchierata prima del previsto. Eravamo d’accordo nel farla più in là, è stato bellissimo cogliere la tua immensa gioia… E’ stato bellissimo, avevo già la- vorato in un ristorante, ma mai così, con contratto ascoltando e selezionando musica. Con il pri- mo stipendio poi ho capito che quello che faccio, che ho sempre fatto gratis e che a me piace, ha un valore ed essere pagato per questo mi fa effetto! Come è nato il tuo amore per la musica? Ho cominciato da bambino, a 6/7 anni, c’era già mia sorella Oggi (ndr: 15 giugno 2012) quel parco vive!!! Così scrivevo quel giorno d’estate pensando che fosse l’inizio di una nuova era per questo luogo che, nel- la mia vita lavorativa, per trent’anni mi ha visto infermiere. CHIARUGI, mai come in questi ul- timi tempi, è sulla bocca di tutti… zata in collaborazione con - ed al- lestita presso il - Museo della Seta (chiostro dell’ex Convento delle Clarisse in via Garibaldi 3). I lettori ci perdoneranno se, man- cando ancora un po’ di settimane all’inaugurazione, alcuni dettagli non possono ancora essere anti- cipati. Qualche tempo fa, su facebook ho trovato queste grida di gioia, gioia vera: Giuseppe Cava- glieri, nostro esperto di musica che tutti i mesi propone nuovi complessi, nuove musiche sul nostro giornale, comunicava così ai suoi amici: “lavoro, ho un contratto a tempo indeter- minato!!!” e un mese dopo “ho preso il mio primo stipendio!” Ecco la sua storia. TEATRO A CORTE ALLA MARGARIA - Castello Reale Racconigi 19 Luglio h.18:00

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Li vedo, “LORO”, tutti alle finestre, festanti, sereni, con negli occhi la gioia. Guardano giù, il parco oggi è diverso. Il profumo intenso dei tigli arriva alle loro narici, la musica alle loro orecchie e il vociare della gente ai loro cuori. In tanti anni di perma-nenza in questo luogo, quel parco non è mai stato loro: curato sì, ma troppo desolato e silenzioso.

Insonnia n° 73 Luglio 2015 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Luglio, il mese che precede la chiusura estiva, è il mese che anticipa una Racconigi surrea-le, rarefatta, di negozi chiusi e poca gente per strada; chiuderà anche insonnia.Già ora le attività consuete si rallentano, la scuola ha ridotto i suoi servizi e gli edifici sono quasi deserti, anche nelle at-tività private si comincia a ri-mandare a “dopo le ferie”.Si va più adagio, anche per non sudare; il caldo condizio-na la vita quotidiana, sembra di ritornare indietro nel tempo quando i ritmi erano più lenti.Abbiamo visto un folto gruppo di ragazzi rosolarsi al sole sul greto del Maira !Uno spettacolo emozionante che ci fa riflettere, con nostal-gia.Ci piacerebbe pensare che que-sto tuffo nelle acque nostrane fosse una scelta alternativa e non una probabile necessità di chi non ha i soldi per la piscina di Caramagna o di Savigliano.Quando mancano i mezzi si ricorre alle risorse “antiche”, l’ombra dei salici e delle ro-binie continuano nella loro attrattiva di sempre, ombre che ricordano il profumo di quando le alternative di vacan-ze non c’erano ed i pomeriggi scorrevano tra la nita ed i sassi scivolosi del fiume. Abbiamo visto questi ragazzi con sor-presa, forse pensavamo che non esistesse più un modo si-mile di trascorrere il tempo fra gli amici.Noi andavamo a fare il bagno e poi, prima che fosse troppo tardi, costruivamo le capanne tra le piante e i cespugli della riva; erano i nostri rifugi im-maginari dove sognavamo di difenderci da bande di selvag-gi, abitanti delle foreste con i corpi ed i volti dipinti di verde e di ocra.Nelle nostre fantasie diventa-vamo uomini invisibili, armati di frecce avvelenate. Progetto

Cantoregipag. 12

Immigrazionepag. 8

Alambiccopag. 9

MichelaDella Valle pag. 10

Ridare dignità a quelle muraIL CHIARUGI E’ CADUTO ! ... IL CHIARUGI E’ RISORTO !...Diventi un luogo di gioia, di arte, di musica, di bellezza, altrimenti spariscadi Bruno Crippa

90 anni fa, una Croce sul Monvisodi Mario Monasterolo

INTERVISTAHo un lavoro… con contratto a tempo indeterminato! Ho preso il mio primo stipendio!a cura di Anna Simonetti

segue pag. 3

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segue pag. 3

Domenica 30 agosto è il 90° anni-versario esatto della posa, in vetta al Monviso, della croce realizza-ta a Racconigi a cura dei circoli giovanili Fides et Ardor e Sensus Veri delle due parrocchie cittadi-ne. Come già in occasione del 75° anniversario, anche quest’anno la sezione locale del CAI ricorda l’evento con una Mostra, organiz-

insonniamensile di confronto e ironia

Giuseppe, mi ha colpito la tua esplosione di felicità, ho senti-to un entusiasmo che mi ha co-stretta a questa chiacchierata prima del previsto. Eravamo d’accordo nel farla più in là, è stato bellissimo cogliere la tua immensa gioia…E’ stato bellissimo, avevo già la-vorato in un ristorante, ma mai così, con contratto ascoltando e selezionando musica. Con il pri-mo stipendio poi ho capito che quello che faccio, che ho sempre fatto gratis e che a me piace, ha un valore ed essere pagato per questo mi fa effetto!Come è nato il tuo amore per la musica?Ho cominciato da bambino, a 6/7 anni, c’era già mia sorella

Oggi (ndr: 15 giugno 2012) quel parco vive!!!Così scrivevo quel giorno d’estate pensando che fosse l’inizio di una nuova era per questo luogo che, nel-la mia vita lavorativa, per trent’anni mi ha visto infermiere.CHIARUGI, mai come in questi ul-timi tempi, è sulla bocca di tutti…

zata in collaborazione con - ed al-lestita presso il - Museo della Seta (chiostro dell’ex Convento delle Clarisse in via Garibaldi 3).I lettori ci perdoneranno se, man-cando ancora un po’ di settimane all’inaugurazione, alcuni dettagli non possono ancora essere anti-cipati.

Qualche tempo fa, su facebook ho trovato queste grida di gioia, gioia vera: Giuseppe Cava-glieri, nostro esperto di musica che tutti i mesi propone nuovi complessi, nuove musiche sul nostro giornale, comunicava così ai suoi amici: “lavoro, ho un contratto a tempo indeter-minato!!!” e un mese dopo “ho preso il mio primo stipendio!”Ecco la sua storia.

TEATRO A CORTE ALLA MARGARIA - Castello Reale Racconigi

19 Luglio h.18:00

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insonnia2 Luglio 2015

Nell’articolo su INSONNIA del mese scorso: Bella la piazza e il suo Castello, ho riportato le pa-role, scritte a mano da un anoni-mo, in calce al cartello del gior-no 7 maggio su cui stava scritto CHIUSO. Una di queste parole (‘assenteista’) ha suscitato la re-azione dell’addetto all’Ufficio Turistico, apparsa su Facebook. Riconosco che non avrei dovu-to citare, nel mio articolo, quel commento di un anonimo, pro-prio perché tale. Me ne scuso.Ribadisco comunque tutte le altre osservazioni. Intanto: la necessità di comunicare, come avviene ovunque, un inizio e un termine per le chiusure fuo-ri orario, che sono pur sempre interruzioni di un servizio, con tanto di firma da parte del diri-gente comunale responsabile il

quale in questo modo se ne as-sume la responsabilità. E poi: l’opportunità che un Ufficio Turistico resti aperto anche il giorno in cui la città, e soprat-tutto il Castello, sono più visitati dai turisti, la domenica appunto. Per realizzare questa apertura domenicale l’Amministrazione potrebbe coinvolgere determi-nate Associazioni presenti sul territorio.Mi si suggerisce (si fa per dire) di rivolgere queste critiche alla ‘Politica’. Ho riportato integral-mente il programma elettorale dell’attuale Amministrazione Comunale relativo all’Ufficio Turistico. Chi è interessato, può fare politica anche su questa ma-teria.

Storia di un abbracciodi Luciano Fico

Nell’atrio della stazione il movimento delle persone è quello delle ore di punta.Ciascuno segue il proprio sguardo, come fosse connesso con un mondo a parte che gli altri neppure possono provare ad immaginare.I corpi si sfiorano, con abilità si evitano, se si urtano si alza immediato un “mi scusi!” a chiarire che il contatto è stato involontario. Non sia mai…Un uomo posa a terra un zai-no.Non sembra avere fretta e già questo lo rende estraneo a quel luogo.Dallo zaino estrae un cartel-lo giallo con una scritta nera: “ABBRACCI GRATIS”.Si fissa la scritta al petto, re-spira a fondo e sente il cuore farsi spazio tra i polmoni: è pronto.La presenza del cuore si apre come un fiume che infi-ne emerge e si fa sorriso. Le braccia si aprono e l’offerta non potrebbe essere più espli-cita.Dai treni viene una donna non più così giovane per essere notata al primo sguardo, ma non ancora così anziana da su-scitare attenzioni particolari.Il corpo è minuto e un poco pende verso destra; cammina a passi affrettati e con quella postura sbilenca dà un senso di precarietà. Stringe forte a sé una borsa non grande; stringe così forte la tracolla che pare quasi vi si aggrappi.L’uomo con il cartello gial-lo sente l’imbarazzo crescere dentro, teme di essere fuori luogo e fuori tempo: quanto di peggio si possa immaginare.

Lei è avvolta nei suoi pensie-ri, che al momento sono cupi e le rendono faticosa la fine di quel viaggio: dove andrà ora che è tornata?Lui regge i primi garbati rifiu-ti, barcolla alla prima persona che lo manda a quel paese, va in crisi di identità quando un signore, con fare complice, gli chiede cosa sta pubblicizzan-do…Lei ormai è vicina e, suo mal-grado, lo vede. Il primo istinto le fa abbassare lo sguardo, ma un qualcosa di non controllato le suscita un inaspettato sor-riso e le solleva il mento e le rallenta il passo.Lui la vede e non può non ca-pire. Stavolta non si ritrae e le va incontro deciso.Lei lascia la stretta alla tracol-la e apre un poco le braccia: nell’abbraccio di lui si rad-drizza anche la schiena e le spalle non pesano più.Lui sente il corpo minuto di lei che rapidamente si abban-dona, e sente cadere anche le proprie tensioni.Ora i loro respiri si sincroniz-zano ed i cuori rimbombano l’uno nell’altro.Gli odori si confondono e così le emozioni che li attraversa-no.Dopo quell’istante sospeso torna il rumore della stazione, torna il movimento degli altri.A lei scappa di dire: “Ne ave-vo proprio bisogno…”Lui raccoglie con gratitudine quella confessione non dovu-ta.“Buona giornata” e sono già separati dalle rispettive vite che probabilmente non si in-contreranno mai più.

Ancora sull’Ufficio Turisticodi Bruna Paschetta

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insonnia 3Luglio 2015

IL CHIARUGI E’ CADUTO ! ... IL CHIARUGI E’ RISORTO !...Segue dalla prima

In Città non si parla d’altro, il Chia-rugi deve essere abbattuto o no ?... Perizie su perizie, idee su idee, pro-

poste di trasformazione in polo sco-lastico, città della salute (Cavalieri di Malta), museo del ricordo e via così, poi tutto si blocca. I soldi…, chi compra… e per quale uso…Venerdì 8 maggio 2015 viene con-vocata un’assemblea pubblica nella sala consigliare cittadina, presenti tutti i rappresentanti dei partiti di Maggioranza e di Minoranza oltre ad Architetti, Politici Regionali e Amministratori dell’ex O.P. di Col-legno. Finalmente qualcosa si muove! Viene presentata una tesi di laurea dell’Arch. Maria Bombara sul riu-tilizzo del Reparto Tamburini, tanto per ricordare che il problema non è solo il reparto Chiarugi ma l’intero complesso manicomiale (Reparti Marro, Morselli, Cucine, Centrale elettrica, Lavanderia, Casa Suore) . Sul Chiarugi, tema centrale della serata, intervengono Architetti, Po-litici, tutti sono concordi per il suo mantenimento, per la ricerca di fon-di europei, di soldi, tanti tanti soldi. Seduto in mezzo al pubblico seguo attentamente. Ai nomi di Basaglia, di Pirella, del dott. Enry, e del lavoro di questi ultimi sul Manicomio di Collegno

affinché già negli anni ottanta fosse smantellato e i reparti fossero ricon-vertiti a servizi e destinati a utilizzo della Cittadinanza intera, abbatten-do le mura di recinzione e il parco diventasse uno spazio libero, così come ebbi modo di vedere duran-te Convegni di lavoro a Bergamo, Gorizia e Trieste, le voci degli inter-venti della serata si affievoliscono e la mia mente corre nuovamente in mezzo a “LORO”, là nei cortiletti interni e nei padiglioni. Li vedo nel-le loro divise grigie, senza cinture ai pantaloni, senza lacci alle scarpe, senza dignità.Tutti gli interventi della serata sono per il mantenimento del Chiarugi e, più che mai, chi era là tra quelle mura, per lavoro o internato, ne vor-rebbe la sua conservazione.Non ho la capacità di dare soluzioni e nemmeno idee per recuperare fon-di, ma una cosa secondo me deve essere fatta: ridare dignità a quelle mura. Non è possibile assistere allo sfacelo continuo della struttura che allo stato attuale non è altro che la continuazione della desolazione e oggi, in quelle mura cadenti, con-tinuo a vedere “LORO” vestiti di grigio, camminare passo dopo passo

senza una meta, ‘sentire’ il calpestio di scarpe e ciabatte su per le scale per raggiungere i dormitori al terzo piano e negli infissi spaccati, con i vetri in frantumi, rivedo i loro occhi spenti.E se allora si fascettavano “LORO” ai letti (fascette di contenzione) più per paura nostra (ridicola la tesi che ‘era per la loro sicurezza’), oggi fascettiamo ‘LUI’ il Chiarugi (Via Fiume) per paura che cada sulle abitazioni adiacenti e, se non basta, doppia fascetta (via Lobetto). Tutto questo non è ricordare, non è ridare dignità a “LORO” e a chi ci ha lavo-rato, all’intera nostra Città.Ripeto, non so dare una soluzione, ma non lasciatelo così. Diventi un luogo di gioia, di arte, di musica, di bellezza, altrimenti sparisca. E se un giorno imploderà su se stes-so (e imploderà), vorrò pensare che “LORO”, uomini e donne, vissute le loro non vite in quei cameroni, cortili, dormitori sotto ai tetti, tutti insieme, non più succubi e inermi ma forti e determinati, siano stati gli autori nel buttarlo giù con una gran-de spallata!

Ad esempio, il titolo preciso, pre-ciso; quello che si ha in mente oggi può essere infatti sia il titolo vero e proprio, sia il sottotitolo, cioè: Racconigi 1925 - splendori medievali in una piccola città son-nolenta. L’idea è infatti quella di organiz-zare un evento capace di restituire ai racconigesi le vicende del tutto particolari di quell’anno: quindi, non solo la celebrazione della ri-correnza, ma la creazione di un clima di comunicazione capace di rendere l’atmosfera ben descritta in uno dei tanti articoli che il New York Times dedicò a quei lontani “fasti” racconigesi.Gli “splendori” medievali evocati dal quotidiano statunitense erano quelli dei festeggiamenti per i 25 anni di regno di Vittorio Emanuele III ed Elena del Montenegro, con-comitanti con il 21° compleanno e la maggiore età del principe ere-ditario Umberto e, soprattutto agli occhi dei lettori d’oltre oceano, le nozze della principessa Mafalda con Filippo d’Assia, alla presenza da una autentica folla di teste co-ronate (o quasi).È per un po’ di tutti questi motivi che i giovani cattolici di Racconigi salirono lassù portando a braccia i tanti pezzi della croce: alta 2,90 metri e pesante oltre un quintale, era stata costruita dalla ditta Luigi Tribaudino e Figli; smontata in 60 pezzi, fu trasferita fino a Crissolo con un camion del Calzaturificio

Eula.Quell’anno - che era anche Giu-bileo della Chiesa cattolica - a Racconigi successe di tutto: il ma-estro Rossetti, emerito musicista, compose l’inno Racunis, in cui si declama che Butà n’mes d’na gran pianura / d’bosch e d’aque circôndà / Racunis dal temp ch’a dura / god la sôa celebrità.Il pittore Giuseppe Augusto Levis

elaborò il bozzetto della targa in bronzo commemorativa del Giu-bileo reale, che campeggia tuttora sul primo pianerottolo del Muni-cipio. Tutta la cittadinanza fece la fila per firmare un Album di auguri ai sovrani “per il fausto Giubileo di Regno”. La buona borghesia cittadina organizzò un trionfale corteo di “auto infiorate” da far sfilare sotto la scalinata del Ca-

stello, ammirata dagli sposi e dal-la famiglia reale al gran completo. Alle nozze avrebbe poi partecipa-to anche il duce, ed il Comune lo festeggiò conferendogli la cittadi-nanza onoraria. La Mostra sarà visitabile tutte le domeniche di settembre, ed anche lunedì 21, festa patronale.

90 anni fa, una Croce sul Monvisosegue dalla prima

30 agosto 1925, don Bruno Garavini celebra la messa in cima al Monviso

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insonnia4 Luglio 2015

RACCONIGI ED IL MONVISOUltimo capitolo di un viaggio lungo 5 annidi Federico Bronzin

ANTOLOGIA DI OPINIONI SULLA BELLEZZA e BRUTTEZZALUDOVICO ARIOSTO “Fra bruttezza e beltà trovi una strada/ dove è gran turba, né bella né brutta/ che non t’ha da spiacer, se non te aggrada”.GALILEO GALILEI“’l vero e ‘l bello sono una cosa medesima, come ancora ‘l falso e ‘l brutto”.GUIDO GOZZANO“Io tenevo sulle ginocchia la canina giapponese, una meravi-glia di grazia e di bruttezza”.ARISTOTELE“Nessuno incolpi un uomo di essere brutto”.THEOPHILE GAUTIER“Nulla di ciò che è bello è indispensabile alla vita. Di vera-mente bello c’è soltanto ciò che non può servire a nulla; tutto ciò che è utile è brutto”.

FRIEDRICH NIETZSCHE“La decisione del cristiano di trovare brutto e malvagio il mondo ha reso il mondo brutto e malvagio”.ARISTOFANE“Voce orrenda, alito cattivo e modi volgari: le caratteristiche di un politico popolare”.GIOSUE’ CARDUCCI“Il regno d’Italia segnava in tutto e per tutto l’avvenimento del brutto. Brutti fino i cappotti e berretti de’ soldati, brutto lo stemma dello Stato, brutti i francobolli: C’era da prendere l’itterizia del brutto”.OSCAR WILDE“E’ meglio essere belli che essere buoni. E io sono il primo ad affermare che è meglio essere buoni che essere brutti”.

Vi è mai capitato di sognare di stra-volgere la vostra Vita, lasciare tutto e partire per il mondo? E’ quello che è successo a me quasi cinque anni fa. Ho salutato Famiglia, Amici, la-voro ed università e sono partito. Ho vissuto esperienze di intensità indescrivibili; il mondo mi ha ra-pito con ogni sua sfaccettatura, insegnandomi molto. Anche con-vincendomi, paradossalmente, a tornare in patria.Per pura casualità sono finito a Racconigi, di cui, fino ad agosto 2014, non sapevo neppure la col-locazione geografica. Da amante di Arte e Natura quale sono, Racco-nigi non ha tardato a conquistarmi, dandomi la surreale impressione che io stessi continuando a viag-giare. Ed il viaggio in questa terra ha risvegliato in me la voglia in-domita di fare sport. La ricorrenza del novantesimo anniversario della salita dei racconigesi sul Monviso è stata il punto di partenza su cui costruire la mia idea. La resisten-za ed il mio spirito di adattamento affinati per il mondo hanno fatto il resto.Per non andare troppo per le lun-ghe, arrivo al nocciolo del discor-so.Sabato 5 settembre alle 18.30 par-tirò in bici da Racconigi, risalendo 55km di asfalto per arrivare ad On-cino, in valle Po’. Da qui inizierò la mia ascesa al Monviso il quale, con i suoi 2600 metri di dislivello in sa-lita, mi terrà impegnato circa otto ore. Altre sette per scendere nuo-vamente ad Oncino, riprendere la bici e rifarmi i 55km di strada per tornare a Racconigi. Qui inizierà

“il bello” della sfida: dopo circa 19 ore consecutive in movimento, tra bici e montagna, probabilmente già un po’ affaticato, partirò per quella che io amo già chiamare la Mara-tona di Racconigi, quei fantastici 42195 metri, simbolo storico e pla-netario dello sport. Con un pizzico di fortuna ho tracciato con facilità i 42 chilometri intorno ed in Rac-conigi, con un anello a sud, uno a nord ed uno nel parco.Per il tratto nel parco reale, dati i recenti problemi e ritardi nella ria-pertura, mi rivolgo al personale in-caricato alla gestione, affinché ven-gano fatti tutti gli sforzi necessari per riportare il parco allo splendore degli anni scorsi. Non tanto per la mia impresa, quanto per ridare a Racconigi, alla sua gente ed ad ogni visitatore, un pezzo di Natura e di storia dal valore inestimabile che abbiamo il diritto di godere e l’assoluto dovere di preservare. Mi ritengo un ragazzo normale come tanti altri, semplicemente il viaggio e lo sport mi hanno in-segnato a lottare per i sogni. Non verrò pagato per questa impresa né tantomeno mi interessa. Certo, ho un diario scritto nei miei viaggi, ho deciso che l’impresa de-creterà simbolicamente la fine del mio viaggio e spero di poter pub-blicare un libro. Ma è un discorso prematuro.Quello che, nel mio piccolo, de-sidero ora, è infondere e condivi-dere i valori etici e morali dello sport. Mi hanno dato tanto e spero di poter donare ciò che mi è stato donato, aiutando altri a realizzare i propri sogni.Non ultimo, coltivo la speranza

che nei prossimi anni professio-nisti internazionali vengano a ri-petere la mia impresa, rendendola competizione. Oltre che i runner vengano a correre la futura Mara-tona di Racconigi.

Ringrazio di cuore il Comune di Racconigi, l’Associazione Rac-conigieventi e tutti coloro che, in modo capillare, mi stanno aiutando e mi aiuteranno per realizzare que-sta impresa.

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insonnia 5Luglio 2015

che suonava il violino, alle me-die ho iniziato a studiare flauto traverso frequentando il corso musicale, ho continuato flauto presso un istituto musicale, poi ho cambiato genere e ho iniziato col basso elettrico, chitarra…Dove c’è musica, ci sei tu, sei a Bimbo maggio e non solo…Sì, cerco sempre di essere ovun-que ci sia da far musica… … e da qui è nata, a suo tempo, la mia proposta di collaborare con Insonnia.Ormai sono quattro o cinque anni che collaboro.Sai cosa mi piace delle tue re-censioni? la semplicità di lin-guaggio e che, per quanto mi riguarda, mi spinge a cercare la musica che proponi.Cerco di presentare artisti meno considerati, anche a me scono-sciuti, cerco su internet tutte le uscite discografiche del mese precedente, le ascolto, se mi pia-ce compro il disco per ascoltarle con attenzione e poi faccio la re-censione…E adesso questo è il tuo mestie-

re?Sì, è la mia professione!Come hai trovato questo lavo-ro?Tramite il Centro per l’impie-go di Saluzzo, dove due anni fa avevo fatto domanda e dove è rimasta per tutto questo tempo; poi, qualche tempo fa, mi hanno chiamato con un messaggio, l’a-zienda mi ha contattato, ho fatto

il colloquio e mi hanno assunto.Che azienda è?E’ una casa discografica, IGEA Music, a Cervignasco, 5 km da casa, che pubblica all’incirca 20 novità discografiche settimanali; ascolto tutte le novità, le recen-sisco sul catalogo on line della casa per fornire elementi utili a chi vuole acquistare dischi: ci occupiamo di jazz, world music, cantautori, musica di nicchia che necessita di presentazione.Come ti trovi?Benissimo! Faccio un lavoro che mi piace, tutti i giorni sco-pro cose nuove, il lavoro non mi pesa anche se lavoro 8 ore al giorno…… a tempo indeterminatospero che duri oltre i tre anni, perché i colleghi, cui faccio mi-lioni di domande, sono molto di-sponibili.Tra i tuoi amici, ci sono altri che hanno trovato lavoro in questi ultimi tempi?No, credo che in gran parte non l’abbiano neppure cercato, come del resto negli ultimi tempi non lo stavo cercando neppure io. Riesci a conciliare università e lavoro?Sono a sei esami dalla laurea che però considero solo un valore ag-giunto, specie nel mio caso fre-quentando giurisprudenza. Per ora ho lasciato un po’ da parte gli studi che penso di completa-re con più tranquillità, mi voglio godere questo lavoro, la laurea non è più l’obiettivo primario, e inoltre sono molto impegnato.Cosa è la musica per te?E’ una passione ed ora anche un lavoro. Con la musica ho avu-to sempre un approccio molto diligente, ho sempre cercato di impegnarmi molto e con una se-rietà infinita, è una parte impor-tante di me.

Trovo quasi una contraddizio-ne tra la scelta di una facoltà come giurisprudenza e la tua passione per la musica.Ho degli amici che hanno scelto di vivere di musica e purtroppo non è quello che riescono a fare in questo momento; un mio ami-co diplomato al conservatorio ha fatto corsi di ogni genere nel set-tore musicale, ma ha trovato solo un lavoro in pizzeria. Il mercato cerca la musica fine a se stessa: stiamo vendendo molto dischi di ragazzi che partecipano ai talent show, senza una vera sostanza… però devo dire che di musica bel-la ce n’è!Anche la tua ragazza suona…Sì, ma lei è per la musica classi-ca, il pianoforte, e devo dire che chi suona il piano appartiene ad un altro mondo. A dire il vero mi dà l’idea che chi suona il piano, suona un mobile. La chitarra è diversa, l’abbracci, diventa una parte di te.Suonate insieme?No, facciamo molta fatica a suo-nare insieme. Ho un gruppo con cui suono e anche se ho ridimen-sionato il mio sogno, a 14 anni volevo fare la rockstar, il sogno c’è sempre! Cosa vorresti fare sempre nell’ambito della musica, che progetti hai?Per ora voglio imparare a suona-re la tromba, anche se mia madre teme lo sfratto per rumorosità…Farai da solo?No, seguirò un corso come ho sempre fatto per gli altri stru-menti: alcune lezioni preliminari per l’impostazione iniziale, forse per la tromba servirà più tempo, magari anche un anno di lezioni.Continuerai con Insonnia… ci auguriamo!Certo, anche perché sul giorna-le io non presento un prodotto, bensì una musica che condivido e questo mi piace. Certo a volte in 3 mila battute non è semplice dire tutto… è un incubo, come la… puntualità!Vuoi aggiungere qualcosa?Solo che mi è piaciuto parlare di musica, come sempre; sono felice di questo lavoro, mi sen-to un privilegiato rispetto a chi è costretto ad un lavoro in fabbrica e vorrei parlare sempre di questo mio lavoro, ma mi capita di ave-re pudore a farlo in presenza di chi ancora non ce l’ha o si è do-vuto adattare ad un lavoro poco significativo.

INTERVISTAHo un lavoro… con contratto a tempo indeterminato! Ho preso il mio primo stipendio!segue dalla prima

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insonnia6 Luglio 2015

a cura di Guido Piovano

Singoli, gruppi, comunità o as-sociazioni, dopo aver ricopiato il questionario, lo possono com-pilare e inviare su carta all’indi-rizzo della Comunità oppure al sottoscritto tramite mail: [email protected]’ auspicabile che analoghe ini-ziative vengano prontamente av-viate da altre comunità, anche parrocchiali, in modo da favorire un ricco confronto internamente alla nostra chiesa e offrire al Si-nodo un ampio contributo di idee.

FRANCESCO 1, 2, 31. L’enciclica Laudato si’ torna ad evidenziare che sul terreno della giustizia, della pace e ora della custodia dell’ambiente il papa è forse l’unico leader al mondo che coglie e denuncia le contrad-dizioni della politica. L’enciclica, puntando il dito sul ruolo delle banche nella crisi economica, è anche una condanna del mercato e del consumo, in una parola, del liberismo. Se non vogliamo andare rapida-mente verso l’autodistruzione s’impone una svolta concreta. Ma la politica internazionale non sembra all’altezza delle istanze che il papa pone alle Nazioni. 2 . Con l’istituzione di un tribu-nale romano il papa fa un passo decisivo nella lotta alla pedofilia.Finalmente viene abbandonata la strategia dei trasferimenti che per-petua i reati e si passa alla denun-cia. Si pensa ora alla prevenzione, valutando a priori le ammissioni al seminario. 3. Riporto alcuni interventi del papa pronunciati dal 2013 a oggi in cui egli parla della Madonna:

«La Madonna non manda emis-sari». «Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Ma-donna manderà alle quattro del pomeriggio? La Madonna è Ma-dre! E ama tutti noi. Ma non è un capo ufficio della Posta, per invia-re messaggi tutti i giorni».«Questa non è identità cristiana».«L’ultima parola di Dio si chiama Gesù e niente di più». Certo, Papa Francesco non ha par-lato direttamente di Medjugorje, né di Fatima, né di Lourdes, né di Guadalupe o di La Salette dove le tante madonne parlano in con-tinuazione e parlano dopo e oltre Gesù, ma le sue parole hanno messo in allarme tutti i mercanti del sacro sparsi per il mondo...

ANCORA A PROPOSI-TO DI MURI…Il Premier ungherese Orbàn co-struirà un reticolato alto 4 metri e lungo 175 chilometri al confine con la Serbia, “Non possiamo più aspettare, ci dobbiamo difendere dall’invasione dei migranti” - ha dichiarato. Qui non abbiamo Orbàn, ma il nostro Salvini è forse meglio? E Grillo? per lui i clandestini sono come topi e rifiuti. A volte fareb-be piacere sentire qualche presa di distanza dei Cinquestelle dal loro capo, visto che non amano che li si appelli grillini.

EMERGENCYO riusciamo a tenere “Fuori l’Ita-lia dalla guerra” o non sarà possi-bile neppure tenere la guerra fuori dall’Italia.

Gli zanzarini sono in-setti molesti. La loro puntura non è mortale e neppure dolorosa, ma è spesso irritante. Se ne scacci uno ne arriva subito un altro. Tanto vale farci l’abitudine.

Facce sconsolate in redazione. Ho chiesto come mai.Brontolii e mormorii corrono su facebook. L’onda è rimbalzata an-che sulla stampa locale. Sembra che siamo troppo filogovernativi, ex democristiani nostalgici, fami-listi, giornalisti della lippa. Non ve la prendete, saranno bat-

tute di spirito.E pensare che dentro e intorno al governo locale c’è chi ci guarda con sospetto e insofferenza, ci vede come intellettualoidi parolai, ex sessantottini ingrigiti, rompiscato-le. Poverini, ce l’hanno tutti con voi! Fate proprio un giornale da schifo.Ma, veramente, sono in molti a Racconigi che leggono il nostro giornale, ne distribuiamo duemila copie …Bella forza, lo date “a gra-tis”. Sì, però se fosse un brutto giornale non ce lo chiederebbero, lo butte-rebbero via …invece lo aspettano,

lo leggono, anche quelli che ci cri-ticano, che girano largo quando fac-ciamo distribuzione in piazza; ma-gari lo prendono di nascosto, ma lo leggono. Magari vorrebbero che lo facessimo come lo farebbero loro. Anche questa storia della goccia…Quale goccia?Ma sì, goccia dopo goccia si scal-fisce anche la roccia. A qualcuno la goccia non piace. A qualcuno non piace che la goccia non ci sia. A noi della goccia importa poco, quello che ci importa è che a Racconigi venga fatto il registro delle unioni civili. Aspettiamo che i gocciofobi facciano la loro mossa e i gocciofili facciano anche loro qualcosa. Noi

abbiamo scelto una strada, giusta o sbagliata che sia, ma è la nostra strada. E allora non vi lamentate, andate avanti per la vostra strada e con-tinuate a dire e fare quello che pensate. Ma non è che prendete la paghetta da qualcuno?Accidenti, sei un volpone tu. Lo confessiamo, prendiamo dei sol-di. Ce li danno un centinaio di nostri lettori, hanno capito che senza il sostegno di chi ci legge il giornale non durerebbe a lungo. Li ringraziamo tutti, sostenitori e lettori, anche chi ci critica, tutti ci possono aiutare a fare un giornale migliore.

QUESTIONARIO SULLA FAMIGLIA In previsione del Sinodo dei ve-scovi che si svolgerà in autunno a Roma, la Comunità cristiana di base di via Città di Gap 13, 10064 Pinerolo per dar voce alle persone reali ha diffuso un breve questionario aperto a chiunque si senta interessato a fornire una sua personale riflessione. Chi rispon-de può firmare oppure compilare in modo anonimo. La Comunità raccoglierà entro la fine di luglio le risposte e le farà giungere alla segreteria del Sinodo.Ecco le domande alle quali po-tete rispondere in tutta libertà e prendendovi tutto lo spazio che vi occorre.

1. Hai o no delle attese rispetto al Sinodo?2. Secondo te quali sono i cam-biamenti più importanti che do-vrebbero avvenire dentro la chie-sa cattolica.3. E’ ancora accettabile la legge del celibato obbligatorio dei sa-

cerdoti? 4. Che cosa proponi rispetto al ruolo delle donne nella chiesa?5. Secondo te esiste solo il mo-dello classico di famiglia o ci possono essere altre modalità di amarsi e fare famiglia? 6. Quali esclusioni ora in atto ri-spetto ai separati e divorziati do-vrebbero essere superate dentro la chiesa cattolica? 7. Accanimento terapeutico, eu-tanasia, accompagnamento ad una morte dignitosa: ritieni che dentro la chiesa cattolica ci sia lo spazio per affrontare questi temi che ora sono tabù? 8. La condizione omosessuale, secondo te, è frutto di un disagio, di un percorso di crescita distur-bato, di una perversione oppure è una delle espressioni sane e natu-rali della affettività e della sessua-lità umana? 9. Che cosa pensi delle posizioni ufficiali della gerarchia cattolica rispetto alle persone e alle rela-zioni omosessuali?

Goccia o non goccia … c’è sempre chi si scoccia

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insonnia 7Luglio 2015

PVL (Pinacoteca Virtuale Levis) IV ParteRodolfo Allasia

Nel 1909 Levis compie un viag-gio in Olanda (come già aveva fatto Delleani), nuova occasione di arricchimento per la sua arte,

in virtù della visione diretta de-gli antichi soggetti cari al suo Maestro (scomparso nel 1908) e confronto con essi oltre che una conoscenza del patrimonio pitto-rico nordico.Risultato di questo viaggio è un paesaggismo di porti e vedute di città con opere con le quali vuole recuperare un tipo di tagli compo-sitivi e di cromatismi caratteristi-ci della pittura dei Paesi Bassi e dell’Europa del Nord.Lì ci sono questi colori, lì c’è un orizzonte piatto che non ha nulla a che fare con le nostre montagne di cime frastagliate, di temporali e di nevi che brillano al sole.Ambienti questi ai quali tornerà dopo la parentesi olandese, anco-ra nel biellese, riprendendo i temi a lui cari, dipingendo quadri nei

quali si intravedono già alcune intuizioni che si svilupperanno in seguito negli anni 1918-20, ri-spetto alla padronanza della resa

materica.Per sviluppare questo percorso Levis avrà bisogno delle espe-rienze della luce dipinta in Tripo-litania (1912) e di quelle in Rus-sia (1913 invitato personalmente dallo zar Nicola II) e della serie di tavolette dipinte in guerra (1915-1918).Tutte queste esperienze pittori-che, comprese le reminiscenze dei primi anni dell’Ottocento che coglie in Olanda prima ed in Russia poi, seguite dall’esotismo colonialista, unite alla maniera che aveva lui stesso a lungo spe-rimentato prima dell’inizio del ‘900, fanno di Levis una eccezio-ne nel panorama figurativo: un pittore che ricerca nel paesaggio l’espressione di un linguaggio per lo spirito pur nella varietà espres-

siva delle diverse tecniche.Altri pittori, nello stesso periodo, hanno fatto questa stessa ricerca trattando la figura umana con lo stesso scopo.Al di la dei temi del reportage tu-ristico il confrontarsi con le luci e le atmosfere dell’Olanda, della Russia e della Tripolitania lascia un segno, nel tempo. E’ necessa-ria una riflessione e una matura-zione intorno alla relazione tra la luce, il fare pittura e i tempi di esecuzione, gli spazi più o meno ampi e gli ambienti fatti di suo-ni, rumori e dalla gente che li po-pola; questa riflessione Levis la compie.Per mettersi col cavalletto di fron-te ad un soggetto da dipingere, in Tripolitania o in Russia occorre una capacità di adattamento com-pletamente diversa e non mi rife-risco solo alla temperatura quanto a tutte le variazioni di luci e colori che ho detto sopra.

L’attività espositiva di questi anni consiste nelle annuali presen-ze presso la Società Promotrice delle Belle Arti di Torino (1910, 1912, 1913 – con circa 200 opere -, 1914, 1919, 1920) ma nel 1912 anche alla esposizione al Quirina-le di Roma e alla permanente di Milano dove aveva già esposto nel 1909, ma nello stesso anno è presente anche con alcune sue opere all’esposizione di Buenos Aires.Alcune opere eseguite per con-to dello Zar nel 1913 si trova-no tutt’oggi presso il Museo dell’Hermitage a S. Pietroburgo.Nel 1915 comincerà quella forte esperienza che vi ho descritto nel primo “capitolo” di questa Pina-coteca Virtuale: la Guerra, espe-rienza che lo porterà a una forte trasformazione della sua pittura in senso più espressionista.

EXPO 2015…di Anna Maria Olivero

BUONE PRATICHE PER L’AMBIENTE E LA SOCIETA’Contribuisci anche tu ad uno sviluppo sostenibile con piccole grandi azioni che riducono gli sprechi e difendono l’ambiente.

Autoproduzione

DETERSIVO PIATTI LAVASTOVIGLIEPer lavare i piatti nella lavastoviglie metti un cucchiaino colmo di bicarbonato al posto della pasticca e metti dell’aceto bianco al posto del brillantante. I piatti vengono benissimo !

(dal “Calendario del cambiamento 2015”)

Azione

RIFIUTI ZERO: PROGETTO PERSONALEI rifiuti che produciamo fuori casa (bustine di zucchero, salviette, bicchieri e/o bottiglie di plastica, gli involucri di alimenti) sono riciclabili, ma se li buttiamo nel cestino generico, non andranno differenziati. Sono rifiuti che NOI abbiamo prodotto e che NOI stessi dovremmo differenziare. Cosa ci vuole a metterli in tasca o nella borsa/zaino e a portarli a casa? Accetta la sfida e inizia il tuo progetto personale di rifiuti zero!

Provale, se funzionano falle diventare un’abitudine, condividile con gli amici, ...Se utilizzi già delle azioni sostenibili falle conoscere anche a noi! Il mondo che tutti vorremmo è iniziato nel cambiamento dentro di te!

IL MARABUTTO - 1.8.1912 - olio su tavola 16x22,5(1)

CITTA’ RUSSA AL DI LA DAL FIUME - 6.9.1913 - olio su tavola 25,5x37(1)

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insonnia8 Luglio 2015

Pensare l’utopia e guardare al reale IMMIGRAZIONE: CHE FARE?Il dramma del Mediterraneo e un Paese che cade a pezzidi Guido Piovano

La tragica realtà del Mediterraneo col suo carico di morti è sotto gli occhi di tutti e non è il caso di rac-contarne ancora. Sul piano ITA-LIA/UE presentato come un grande passo avanti dal governo italiano ma mal digerito dall’Unione Euro-pea, mi limito a due sole considera-zioni, non mie: la prima, di Philip Luther di Amnesty International: “Non è più possibile chiudere gli occhi e limitarsi a distruggere le imbarcazioni dei trafficanti senza predisporre rotte alternative e si-cure. Altrimenti condanneremo a morte migliaia e migliaia di rifu-giati, ma questo avverrà lontano dai casti occhi degli europei e dai media”; la seconda, di padre Alex Zanotelli, missionario Combonia-no: “Dobbiamo chiedere alla UE e all’Italia di imporre un embargo sulla vendita di armi ai ‘signori della guerra’ in Libia. Ma la UE dovrà poi concordare con l’Egitto e la Tunisia l’apertura di corridoi umanitari per permettere ai rifu-giati di arrivare in Europa. Questa sì sarebbe una vera soluzione per i profughi e segnerebbe la sconfitta degli scafisti e delle organizzazioni criminali”. Alla ricerca di una alternativa al piano, che mentre scrivo è tutt’al-tro che avviato, mi preme riflet-tere sulla parola accoglienza nel tentativo di restituirle senso e pro-fondità. Non c’è accoglienza sen-za ospitalità, cibo, lavoro, in una parola, dignità. Non è accoglienza ammassare per mesi e mesi persone in campi profughi spesso fatiscenti. Con questo non voglio però ignora-re i tanti esempi di sacrificio e ge-

nerosità della nostra gente del sud.Sento già le obiezioni: ma il lavoro non c’è, neppure per noi italiani! Andiamo con ordine e partiamo un po’ da lontano: siamo negli anni ’50, l’Italia è uscita distrutta dal-la guerra, il boom degli anni ’60 è ancora lontano, ma esiste già nella testa di qualche utopico pioniere dello sviluppo che decide per la se-conda Unità d’Italia, collegando da nord a sud la penisola: nasce l’au-tostrada del sole. Il lavoro che non c’era lo si crea, l’Italia senza soldi

li trova e diventa tutta un cantiere. Prende corpo il boom degli anni che seguiranno.Direte: cosa c’entra tutto questo? C’entra.Vengo all’oggi. Viviamo tre grandi emergenze (solo tre?): l’emigra-zione attraverso il Mediterraneo, la realtà di un Paese dove ormai bastano quattro gocce d’acqua per provocare frane, smottamenti, al-luvioni, disastri ambientali vari e, terzo, la crisi economica con la sua mancanza di lavoro. Il nostro è un Paese dove l’emergenza territorio è al centro dell’attenzione mediatica solo a disastri avvenuti e per breve tempo, dove chi ha la sfortuna (ma non è solo sfortuna!) di capitarci dentro rischia di vivere decenni in case di fortuna (o sfortuna!) e dove si lucra sia sull’immigrazione sia sulla ricostruzione, per non parlare della durata dei “dopo terremoti” (L’Aquila insegna)!E di nuovo: cosa c’entra tutto que-sto. C’entra. E se anche questa volta il lavoro che non c’è decidessimo di crealo? E se l’Italia diventasse nuovamente da nord a sud tutta un grande can-tiere per risanare il territorio ferito, restituire dignità abitativa alle sfor-tunate vittime sopravvissute ai di-sastri del passato, prevenire i disa-stri futuri? Parlo di un grande piano nazionale pubblico, col concorso di Regioni e privati. Parlo di una seria programmazione con numeri certi sugli interventi da promuovere, con numeri certi sulle persone da acco-gliere e occupare, parlo di un patto per il territorio al quale far lavorare immigrati e italiani. Non solo mano

d’opera, anche tecnici, ingegneri, geologi e, perché no, insegnanti … Butto lì: casa (per chi ne è sprovvi-sto), vitto (almeno all’inizio) e 500 euro/mese. Si favorisce lo sviluppo e si risparmia sugli interventi di emergenza futuri.Se mi rendo conto? Certo che sì. Questa proposta (?) disegna un Pa-ese diverso, dove all’accoglienza buonista e un po’ pelosa, si sosti-tuisce una nuova integrazione con parità di diritti e di doveri, in di-rezione di una società, una scuola, un mondo del lavoro multirazziali, dove l’immigrazione non sia più soltanto un problema, ma una ri-sorsa su cui scommettere. Un Paese che non veda negli appalti sempre e solo l’occasione per soddisfare la fame di corrotti e affaristi. La politica è in grado di garantire su questo punto? Non abbiamo sem-pre detto che siamo ormai un Paese per vecchi? Ebbene, è ora di guar-dare al futuro con nuove forze e se vengono da fuori che male c’è? Gli Stati Uniti hanno i migliori centri di ricerca del mondo, ma nei loro la-boratori gli americani sono davvero pochi!Siamo pronti? Lo vogliamo davve-ro? Dobbiamo rispondere con con-cretezza e guardare dentro a questi interrogativi, sapendo che su questa strada i problemi non mancheranno di certo.E’ utopico? Io, mi chiedo se ci sia qualcuno al governo o nel Paese in grado di pensare l’utopia e di scommetterci. Di pensare un futuro che oggi non si vede, di fare come gli utopici pionieri degli anni ’50.

Mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell’isolae del mondo col tuo sale, sia benedetto il tuo fondale,accogli le gremite imbarcazionisenza una strada sopra le tue ondei pescatori usciti nella notte,le loro reti tra le tue creature,che tornano al mattino con la pescadei naufraghi salvati.

Mare nostro che non sei nei cieli,all’alba sei colore del frumentoal tramonto dell’uva e di ven-demmia.

ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste.

Mare nostro che non sei nei cieli,tu sei più giusto della terrafer-mapure quando sollevi onde a muragliapoi le abbassi a tappeto.Custodisci le vite, le visite,come foglie sul viale,fai da autunno per loro,da carezza, abbraccio, bacio in fronte,madre, padre prima di partire»

(Erri De Luca, 20 aprile 2015)

PREGHIERA LAICA PER I MIGRANTIDedicata ai migranti vittime dei naufragi nelle acque del sud della Sicilia

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insonnia 9Luglio 2015

IL CONTATTO OLTRE LE PAROLEEsperienze nel centro diurno ALAMBICCOdi Margherita Perosino

Scrivo questa lettera per far ca-pire a me stessa e agli altri le op-portunità da cogliere nel nostro lavoro, che vanno oltre i limiti della quotidianità.Lavoro da quasi sei anni in un centro diurno per disabili gra-vi-gravissimi e tra le varie attivi-tà che riempiono le loro giorna-te, da circa cinque anni i ragazzi hanno l’opportunità di sperimen-tare la bellezza del massaggio.Inizialmente questo spazio era gestito da una consulente esterna che per conoscere meglio i ra-gazzi e le loro esigenze, svolge-va la sua attività con la presenza di un operatore; tra tali operatori c’era anche la mia disponibilità.Per mesi il mio compito è stato quello di osservare ciò che avve-niva in questo contesto protetto ma ben curato: dal momento in cui i ragazzi venivano spogliati, al setting che ci circondava, alle musiche scelte e alle parole e ai gesti che venivano usati per in-teragire.Poco per volta il mio ruolo è passato ad essere da osservato-re a collaboratore in quanto la consulente mi ha proposto di es-sere parte attiva del massaggio

iniziando a manipolare piccole parti del corpo di questi ragazzi.Raccontando e confrontandomi in riunione di equipe con i col-leghi che come me, vivevano tali emozioni, ho deciso di accettare e intraprendere un percorso for-mativo per imparare le tecniche di massaggio da usare sui ragaz-zi, anche perché la paura di fare del male e dunque di peggiorare la loro situazione è sempre stata forte fin dall’inizio.Sono tutt’ora contenta di tale

percorso in quanto, solo aven-do avuto l’opportunità di essere massaggiata da altre mani, ho potuto vivere delle emozioni forti e ho capito l’importanza di come trasmetterle ad altri.E’ stato molto importante per-ché, in questa formazione, si è andati oltre la tecnica classica del massaggio ed ho conosciuto la profondità del “tocco”, grazie al quale, è più facile comprende-re l’essenza della persona che sto massaggiando.“L’obiettivo del massaggio è far riconoscere i propri confini, attraverso la pelle, per abitare il proprio corpo”; da queste pa-role, che mi sono state regalate, sono riuscita a dare vita a questo obiettivo andando al di là della disabilità che a volte può fare paura, può ostacolare. Grazie in-vece all’aiuto della consulente, ha preso vita il miracolo del dare ai ragazzi e, per noi, di acquisire armonia, serenità, e la consape-volezza della bellezza del pro-prio corpo.L’intero percorso è stato vissuto con due colleghi con cui tutt’ora condivido tale attività formando una piccola equipe lavorativa e

che grazie ai confronti e alla con-divisione delle emozioni, si trova un importante stimolo e una cre-scita personale lavorativa. Lo sguardo dei ragazzi, la sere-nità del loro viso, il lasciarsi an-dare fidandosi completamente di me, è la più grande gioia e la più grande ricompensa.Tutte queste cose danno sicura-mente delle emozioni positive ma in molti casi la patologia e le problematiche di questi ragazzi, portano a farsi carico di un baga-glio molto pesante da affrontare ed è per questo che si sente l’e-sigenza e continuiamo periodi-camente ad incontrare la nostra consulente per vivere momenti di confronto e supporto utili per affrontare al meglio la nostra at-tività. Concludo dicendo che da que-sta esperienza ho imparato e sto imparando molto: l’importanza di ciò che ci si trasmette recipro-camente attraverso il contatto, attraverso lo sguardo, attraverso il corpo e il non dare nulla per scontato.Grazie a questa oasi riesco a “toccare” i ragazzi entrando in contatto con loro in profondi-tà oltre le parole… è comunque ogni volta un’emozione diversa.Per ringraziare voglio regalare questa frase:

Il vero contatto fra gli esseri si stabilisce solo con la pre-

senza muta, con l’apparente non-comuni-

cazione, con lo scambio misterioso e

senza parole che assomiglia alla

preghiera interiore. Emil Cioran

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insonnia10 Luglio 2015

Da qualche di tempo mi vuoi incontrare per discorrere del-la…… della morte, un tema crudo, ma realistico. Io dico che per me è bello vivere, ma dico anche che la morte è una cosa naturale. Noi camminiamo nella vita e incontriamo i sacrifici, le soffe-renze, le cose belle e le soddisfa-zioni che essa ci offre, ma dob-biamo capire che camminiamo passo passo con la morte. Anche nella Bibbia c’è questo pensiero. Dobbiamo accettare questa cosa che purtroppo spes-so non viene accettata perché, ma non voglio giudicare, non si sa soffrire.Quando si arriva alla sofferenza non si combatte più perché tanto poi c’è la morte, ma se uno non combatte non può sapere se si può salvare o no. Se dobbiamo morire facciamo in modo, al-meno, di essere contenti di aver combattuto, anche se poi fini-sce. Chiara Luce Badano diceva “Finché non si spegne la luce bisogna combattere” ed è anche vero che se tu non conosci la sofferenza non puoi accettare la morte.E’ bello divertirsi, è bello anda-re a passeggio, è bello lavorare, è bello crearsi qualcosa, è bello desiderare, ma si deve anche sa-per soffrire ed essere coscienti che si deve morire perché non siamo eterni. Livio Disegna, quel ragazzo che ha tanto soffer-to, lui sì che è stato cosciente di questa cosa.Quando una persona finisce di vivere e c’è il distacco terreno, è normale che si pianga, ma ci sono persone che sono arrabbiate e non si danno pace … alcuni in-vece non portano neppure fiori al cimitero, perché “tanto è morto”; è morto, ma era qui con noi! Nella vita io cerco di lasciare dei buoni ricordi e non voglio che nessuno si vesta di nero per me e piuttosto di avere fiori brutti e appassiti, non voglio niente. Già, accettare la morte. Ma se proprio non ci riesco? Quando si parla della morte la gente cambia discorso. Non ca-pisco perché. Perché noi non ac-cettiamo la nostra morte, quando vediamo genitori che ce la fanno ad accettare la morte di un figlio e dopo che la vita ci ha dato tut-to? E’ vero, io non ho potuto fare le cose normali che fanno tutti, ma ne ho fatte altre. Quando è morta la nonna, dopo

che avevo fatto tutto quanto mi era possibile fare, ho sofferto, molto. Ho detto a papà “non ce la faccio”, perché io a lei confi-davo tutto e sapevo che la mia vita senza di lei sarebbe cambia-ta perché un’altra persona così non l’avrei più trovata. Per me è stata dura, però ho chiesto aiuto, mi sono fatta aiutare da papà, e ne sono uscita. Bisogna sapersi fare aiutare, mentre molte per-sone non ne sono capaci. Se non accetti la morte vai contro Dio.

D’accordo, nella vita bisogna fare i conti con la sofferenza e con la morte, se non si capisce che la sofferenza fa parte della vita non si riesce a vivere. Io capisco il sacrificio, la scelta di soffrire anche tutta una vita per gli altri, la scelta di accet-tare e affrontare una vita dif-ficile…La sofferenza è una cosa bel-lissima. Io parlo per me, che di dolore ne ho avuto tanto e avevo solo otto anni quando pensavo di non uscirne più. La sofferenza ti fa diventare buono, ti fa cresce-re, ti dà una forza interiore che non puoi immaginare; chi non ha sofferto è difficile che si possa prestare per gli altri, perché non se la sente. Amare la sofferenza ti dà la capacità di lottare.E’ su questo che ci dobbiamo concentrare. Perché quando non c’è più alcuna speranza di vita, piangiamo un anno per il distac-

co? se vogliamo bene a quella persona ne dobbiamo accettare la morte. Per me, qualora soffrissi solo più, firmerei per morire a casa; qual è il problema? E duri quanto vuole il destino.E se tu fossi ridotta a un cor-po, senza più la possibilità di comunicare con l’esterno, un corpo che non è più una per-sona...Siamo sempre persone, perché il nostro corpo è solo un guscio…

Sì, ma un guscio con dentro cosa?Con dentro l’anima, perché l’a-nima continua a vivere…Ma, se credi, credi anche che l’anima vive oltre il corpo: al-lora perché continuare a man-tenere vivo questo corpo?Se amo una persona che sta male e non c’è più nulla da fare, io prego che muoia e non farei più interventi esterni che la manten-gano in vita, lascerei fare alla na-tura e non interverrei più.Questo fa parte della vita. E se la volontà di un mio familiare fosse che si stacchi la macchina che lo tiene in vita, io gliela stac-co… non sono contraria. Questo lo capisco. Ho amato la sofferenza, però non posso dire a un’altra perso-na “impara a soffrire”; con quale diritto potrei dirlo a te, se tu non riesci a farlo!Tu mi hai dato questa risposta

senza nominare Dio. Quanto dici, vale indipendentemente dalla fede?Non vale indipendentemente dalla fede, però visto che parlo io, e io credo, ti dico anche che per me, no! non sceglierei que-sta strada, come non sceglierei la cremazione per me. Ma, non c’è nessuno che non creda in un qualche cosa.Quindi tu saresti favorevole alla regolamentazione del fine vita? Su richiesta della persona, espressa quando questa sta an-cora bene, sì, perché non posso andare contro la volontà di un individuo. Allo stesso modo se tu mi lasciassi scritto di donare i tuoi organi. Della sofferenza mi hai detto. Ma tu, hai paura del dolore, del dolore fisico, intendo?No, no. Io amo il dolore, perché paura? L’avessi temuto mi sarei piantata in un letto tanto tempo fa, temo solo il fatto che il mio dolore possa fare soffrire papà. Questo sì. Quali sono oggi le tue paure?Ho paura di dare un dispiacere a papà, ho paura delle cose che non dipendono da me… ma que-sto fa parte della mia malattia, è una forma di panico. A riguardo del mio fine vita, io dipendo da-gli altri da sempre, ti sembra che io possa avere paura della dipen-denza?Hai un pensiero con cui deside-ri chiudere questa chiacchiera-ta?Sì, quel che ti ho detto è ciò che penso e non voglio insegnare niente a nessuno, ma chi ha bi-sogno di aiuto si faccia aiutare a capire cos’è la morte. Con que-sto voglio dire a papà che sono pronta anche all’idea della mia morte, perché lui con l’aiuto del-la nonna mi ha preparata. E lo ringrazio.Hai parlato della morte e della sofferenza per tutti i quaranta minuti di questa registrazio-ne e senza mai nominare l’al-dilà… Cos’è per te l’aldilà? è un pensiero che ti aiuta a vive-re la morte?Non volevo parlarti di questo, ma visto che me lo chiedi… io nell’aldilà spero di fare tutto ciò che non ho potuto fare qui.Michela, questo pensiero è molto bello. Sarà così, vedrai, te lo meriti.

“ AMO IL DOLORE, MA NON POSSO DIRE A UN’ALTRA PERSONA ‘IMPARA A SOFFRIRE’ ”Michela Della Valle parla della sofferenza e della mortea cura di Guido Piovano

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insonnia 11Luglio 2015

DALL’ARCHIVIO STORICOREGOLMENTO DI AMMIMISTRAZIONE E DI SERVIZIO INTERNO DEL MANICOMIO PROVINCIALE DI CUNEO eretto in RACCONIGI -1872(estratto)CAPO IIIAmmissione al Ricovero. – Trattamento dei Ricovera-ti e loro uscita.Art. 9 . Saranno ammessi nel Ri-covero i mentecatti poveri d’ambi i sessi appartenenti a questa Pro-vincia, semprequando siano peri-colosi a se stessi od agli altri, ov-vero siano oggetto di scandalo alla morale pubblica, giusta il disposto dell’art. 19 del Regolamento orga-nico.Art. 10 . Nel manicomio potranno essere ammessi i mentecatti non poveri, mantenendo il trattamento comune, mediante il trattamen-to di quella retta che sarà fissata dalla Deputazione Provinciale e dietro formale atto di sottomis-sione per parte di parenti, tutori o richiedenti il ricovero di soddisfa-re con puntualità ed esattezza al pagamento della retta medesima. Questo dovrà farsi a trimestri an-ticipati, salvo il rimborso nel caso di minor permanenza nell’Istituto, considerandosi tuttavia sempre

come compiuto il mese principia-to.Art 11 . I Ricoverati poveri e quel-li per cui dai parenti o da altri si concorre al pagamento della ret-ta di cui all’articolo precedente saranno provveduti di biancheria e vestimenta e godranno del se-guente trattamento giornaliero:Caffè e latte mezzo litro.Carne grammi centocinquanta, con verdura.Due minestre.Pane casalingo grammi cinque-centocinquanta.Vino puro, di buona qualità, centi-litri quaranta.Si somministrerà inoltre una pic-cola dose di tabacco per quei Ri-coverati sì uomini che donne, i quali ne facciano uso, semprechè non abbiano il mezzo di provve-dersene altrimenti.Art. 12 . I Ricoverati pensionarii avranno un trattamento proporzio-nato alla pensione per essi paga-ta, escluso il vestiario in ordine al quale saranno presi gli opportuni concerti colla Direzione dello Sta-

bilimento.Art. 13 . Per l’ammessione dei mentecatti al Ricovero, per l’espe-rimento di esplorazione, per la de-

finiva accettazione dei medesimi e pel loro rilascio si osserverà il disposto dagli articoli 21. 22 e 23. del Regolamento organico.

SCACCHI ALLA SCUOLA MEDIAAl termine di un percorso iniziato con alcune lezioni teoriche/pratiche con il maestro Michelangelo del Centro Scacchistico di Saviglia-no e proseguito con il gioco individuale anche sulla piattaforma web “La casa degli scacchi di Vittorio”, 35 ragazzi delle classi 1a e 2a C, 1a , 2a e 3aD della Scuola Media di Racconigi hanno disputato a giugno il Torneo d’Istituto di scacchi. Si sono classificati al primo posto Bernardo Dashi della 1aC, al secondo Lorenzo Porta della 3aD e al terzo Luca Paesante della 2aD.Agli alunni premiati e a tutti i partecipanti va l’ammirazione di Insonnia.

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insonnia12 Luglio 2015

Una iniziativa del Centro Diurno di CussanioIL TEATRO SOCIALE E DI COMUNITA’ Laboratorio teatrale in collaborazione col Progetto Cantoregidi Giovanni Roagna, Resp. Centro Diurno Cussanio SC Psichiatria Savigliano

Su iniziativa del Centro Diurno di Cussanio (una delle articolazioni territoriali riabilitative della Strut-tura Complessa Psichiatria - Savi-gliano del Dipartimento di salute mentale dell’Asl CN1) si è svolto da febbraio a giugno un laboratorio di teatro rivolto agli utenti del Cen-tro ma aperto alla partecipazione di soggetti “esterni”, analogamen-te a precedenti esperienze svolte nell’ambito della cinematografia (il progetto “Costruiamo un corto…circuito” risale al 2007).I principi teorici che hanno ispirato

questo progetto rimandano alle teo-rie e alle prassi del cosiddetto teatro sociale e di comunità, che hanno trovato applicazioni in ambiti mol-to diversi ma tutti accomunati dal denominatore del disagio persona-le e sociale. L’obiettivo principale è rappresentato dal potenziamento delle capacità espressive e creative il cui “spegnimento” è spesso tra gli esiti più inabilitanti dell’impatto dei disturbi psichici più gravi sulla personalità. Si tratta pertanto non di semplice intrattenimento ma di una forma strutturata di riabilitazione

psicosociale che, attraverso il set-ting gruppale ed il lavoro su impor-tanti funzioni cognitive dell’indivi-duo (memoria, attenzione, capacità esecutive, capacità di astrazione e simbolizzazione), punta a integrarsi con altri interventi più propriamente terapeutici con la farmacoterapia e le varie psicoterapie. Ad una prima valutazione effettuata a laboratorio ancora in corso è possibile già evi-denziare, sul piano sia oggettivo (per esempio la partecipazione degli utenti agli appuntamenti, livello di attenzione durante le sessioni) sia soggettivo (livello di gradimento, migliorata percezione delle proprie risorse e dei propri limiti), come alcune modificazioni del funziona-mento psicosociale intervengano nella vita dei pazienti. Di pari importanza è anche la finali-tà della ricostituzione dei legami so-ciali tramite l’attivazione di percorsi “virtuosi” che contrastando la spira-le negativa della desocializzazione (così definita negli anni settanta-ot-tanta da uno dei padri della Riabili-tazione psicosociale, Mark Spivak) aprano prospettive di inclusione sociale delle persone con disagio. In questo senso la nostra iniziativa si pone nel solco della riduzione dello stigma sociale della malattia menta-le. Di qui, la decisione di collabora-re con il gruppo scout Racconigi 1 che proprio nell’anno di attività 2014/2015 si erano dati come og-

getto di approfondimento conosciti-vo il tema della salute mentale con l’intenzione di svolgere un’attività di servizio presso le nostre strutture residenziali e semiresidenziali. Qua-si a proporre ai giovani una sorta di formazione esperienziale sul campo abbiamo convenuto con i responsa-bili del gruppo di fare precedere il servizio vero e proprio da un proget-to di avvicinamento alle problemati-che della salute mentale attraverso il vissuto di un’esperienza forte, capa-ce di “lasciare un segno” da portare con sé.Infine (ma di importanza tutt’altro che secondaria) è necessario sot-tolineare che la possibilità che un Servizio di salute mentale pubbli-co programmi e porti a termine un progetto di questo tipo rappresenta sicuramente il segno di una felice discontinuità, particolarmente po-sitivo rispetto all’attuale stato delle cose in tempi così difficili per la mancanza di risorse economiche. E’ reso possibile grazie alla presenza di un delicato amalgama tra disponi-bilità degli operatori, collegamento con le risorse informali del territorio ed il mondo del volontariato.Lo spettacolo finale, in collabora-zione con l’Associazione Proget-to Cantoregi, per la regia di Koji Miyazaki è stato proposto nei giorni 29/30 giugno 2015 nell’ambito del-la 15° edizione de LA FABBRICA DELLE IDEE - Racconigi Festival.

LA FABBRICA DELLE IDEE

IN SCENA I RAGAZZI SCOUT DI RACCONIGI Conclusa la Rassegna Teatrale 2015Con “LA VITA NON E’ UN’OM-BRA CHE CAMMINA” di Vin-cenzo Gamna e Marco Pautasso e la regia di Koji Miyazaki, si è conclusa la rassegna teatrale LA FABBRICA DELLE IDEE 2015 di Progetto Cantoregi. In scena, nelle due serate del 29 e 30 giugno, si sono espressi gli Ospiti del Centro Diurno di Cus-sanio del Dipartimento di Salute Mentale ASL CN1 ed i ragazzi del clan “Note di Caos” del gruppo scout Racconigi 1.Dopo alcuni anni Progetto Canto-regi è tornato dunque a realizzare uno spettacolo con gli ospiti del Centro Diurno di Cussanio dell’A-SL CN1, dando nuovo impulso all’impegno sul fronte dell’atten-zione nei confronti delle persone affette da disagio psichico che ha

caratterizzato e informato tanta parte della propria poetica. Un verso tratto dal Macbeth di Shakespeare è il titolo individuato per un’azione scenica che si è pro-posta come un viaggio nel gran tea-tro umano, nella vita e nella morte, nell’odio e nell’amore, nel potere e nella libertà, nella saggezza e nella follia, nella molteplicità di situa-zioni e temi che vanno a comporre il mistero della vita.Nei giorni che hanno preceduto la loro riuscita performance i ragaz-zi scout ci avevano presentato il laboratorio teatrale con queste pa-role, testimoni del loro entusiasmo e delle loro attese: “Siamo il clan “Note di Caos” del gruppo scout Racconigi 1 e quest’anno abbiamo scelto di dedicare una parte delle nostre attività alla tematica della

malattia psichiatrica. Questo ci ha permesso, con il supporto e la disponibilità di alcuni operatori, di collaborare con l’associazione Cantoregi di Cussanio, la quale si sta impegnando nella prepara-zione di uno spettacolo teatrale al quale stiamo partecipando in pri-ma persona.La nostra idea iniziale non era legata alla messa in piedi di uno spettacolo o di un progetto volto alla conoscenza diretta delle per-sone affette da malattia psichiatri-ca, bensì quella di ripercorrere la storia dei manicomi in seguito alla legge Basaglia che, nel 1978, ha rivoluzionato il modo di concepire e vivere i manicomi.Abbiamo scartato questa opzione perché, dopo lunghe riunioni tra-scorse a discutere i nostri desideri

ed intenti, abbiamo capito che non volevamo limitarci ad una sempli-ce, per quanto interessante, esplo-razione storica del periodo, bensì vivere un’esperienza forte, che, alla fine di tutto, ci avrebbe lascia-to “qualcosa” da portare a casa.Questo sta realmente accadendo: durante le prove dello spettacolo fatte finora abbiamo conosciuto persone fantastiche con le quali siamo immediatamente entrati in confidenza: un mondo veramente sorprendente e, a nostro parere, poco conosciuto.Con la speranza di riuscire a reci-tare al meglio le scene che stiamo provando, arricchire il rapporto con i nostri compagni di Strada e con l’entusiasmo che ci appartie-ne, attendiamo con gioia che giun-ga la data dello spettacolo!”

foto Angelo Gambetta

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insonnia 13Luglio 2015

StoStoriadiRacconigi

Quirinal in villeggiaturadi Mario Monasterolo

Il 1° gennaio del 1901 i racconi-gesi si svegliano tardi: la sera pri-ma si è fatta festa brindando ad un secolo di prosperità. Pochi giorni dopo Eugenio Chicco annuncia che, per far fronte alla concorren-za, ha disposto lavori per “sostitu-ire all’attuale suo filatoio un edifi-cio nuovo dalle fondamenta… per munirlo dei più perfezionati siste-mi moderni di meccanismi”. Ad aprile i giornali anticipano che, settant’anni esatti dopo Car-lo Alberto, Vittorio Emanuele III ha scelto nuovamente Racconigi come sede delle villeggiature esti-ve. Così alle 9 dell’11 luglio una gran folla accoglie alla stazione l’arrivo del re e della regina Elena con la piccola Jolanda e fa ala al tragitto verso la Palazzina Svizze-

ra: per assistervi, molte comitive giungono anche dai paesi vicini. Il primo atto popolare dei sovra-ni ha luogo il 25 agosto mattina, quando i bambini degli asili e delle elementari sono ricevuti nel parco. I giornali descrivono lun-ghe tavole imbandite con pane, bistecche, cioccolato, frutta e dol-ci; per i maestri, un buffet freddo a base di salame, prosciutto, lonza, pollo, dolci e frutta, accompagna-ti da grignolino e champagne di quello autentico. Quello stesso anno, il re riceve in castello il primo ministro Zanar-delli per il giuramento di Guido Baccelli, neo-ministro dell’Agri-coltura, Industria e Commercio. Inoltre, il Ministro della Guerra, numerosi principi del sangue e svariate delegazioni di ammini-stratori locali. Racconigi è il castello degli avi Carignano, è appartato, ma non troppo; la sede ideale in cui una dinastia “rusticana e montanara” ritrova le radici, fuori dal clima di una Roma fredda, quando non tal-volta ostile. È l’inizio di una vera e propria, ben studiata, strategia di pubbliche relazioni dinastiche. Anno dopo anno Racconigi – il Quirinal in villeggiatura del New York Times – diventa il palco-scenico ideale per la costruzione dell’immagine della famiglia rea-le quale “prima famiglia d’Italia”. Invitare fotografi e cineasti rien-tra nel piacere di condividere con i professionisti un hobby assai amato da re e regina; ma è anche

un modo per comunicare con i “sudditi”. Non solo Agostino Na-tale Luci è ospite in castello per tutta quella prima estate e realizza tra le altre la foto dei reali d’Ita-lia in auto con i principi di Bat-tenberg. Negli anni successivi è spesso a Racconigi Giovanni Vi-trotti, grande cineoperatore la cui lunga vita gli consentirà di lavora-re anche con Federico Fellini. Nel 1908 gira qui uno dei primi cine-documentari italiani: La famiglia reale nel Parco di Racconigi. Altro abituale ospite del castello è Arturo Ambrosio, destinato a diventare il grande pioniere del cinema italiano made in Turin. Ambrosio scriverà: “Spiegavo il procedimento fotografico alla Re-gina Elena. Ero diventato amico di Casa Reale; al castello di Rac-conigi o nella tenuta di S. Anna

di Valdieri, una stanza della fo-resteria stava sempre alla mia di-sposizione. Andavo là con le mie macchine, fotografavo la regina e la portavo in barca”.Il 7 settembre ha luogo il primo grande evento ufficiale in cui i racconigesi vengono coinvolti in maniera addirittura plastica: l’inaugurazione del monumento ad Umberto I, realizzato gratui-tamente da Pietro Canonica. Vi partecipa la famiglia reale, con-vergono in paese senatori, depu-tati, alti ufficiali e prefetti. Fa gli onori di casa il sindaco Michele Ceriana Mayneri, che poi scopre, nella Sala Consigliare, il ritratto di Umberto I realizzato dal pittore racconigese Michelangelo Mela-no. Nella stessa giornata la SOMS celebra il 50° anniversario della fondazione.

Riceviamo e volentieri pubbli-chiamo una lettera che la signora Danila Piovano ha inviato alla giornalista del Corriere della Sera Margherita De Bac, conosciuta a Milano in occasione del Convegno del quale vi abbiamo parlato sul numero di marzo di Insonnia. Nel maggio 2014 abbiamo già avuto il privilegio di raccontare sul nostro giornale l’incontro di Danila con la malattia. Vi segnaliamo il sito di Margherita De Bac, nel caso vogliate approfon-dire: http://www.lemalattierare.info

Cara Margherita,tu mi conosci e sai che ormai è una mia crociata tutto ciò che è indiffe-renza e superficialità, quindi faccio questa riflessione, pregando chi di dovere di alzarsi ogni mattina sem-pre più ispirato a fare la cosa giusta.

...ci sono milioni di persone che ogni giorno lottano contro malattie impossibili....ci sono genitori che darebbero la loro vita per togliere un po’ di sofferenza ai loro figli....ci sono figli che non si arrendono ai destini crudeli dei loro genitori, ove la vita sembra accanirsi in maniera esagerata.…ci sono amici che si inventano collette, partite del cuore, giornate a tema per aiutare chi è stato meno fortunate di loro....ci sono ospedali e centri meravi-gliosamente preparati per queste risposte, ma non accessibili a tutti....e poi ci sono gli uomini e le donne di potere, i politici, le istituzioni, le case farmaceutiche, che potrebbe-ro semplificare le cose, fare leggi accessibili per ottenere cure in altri paesi, approvare protocolli neces-sari a tanta gente in difficoltà.

Questa persone talvolta non rie-scono ad essere cosi illuminate, da non pensare solo ai guadagni, si perdono in piccole e grandi clausole e postille che non fanno arrivare da nessuna parte; quando con organiz-zazioni diverse tutti potrebbero usu-fruire della migliore sanità a livello mondiale, non disperdendo così professionalità e qualità di cure.

Danila Piovano

Cara maestra,desidero rivolgerti, anche a nome delle mie compagne di classe, un pensiero di immensa gratitudine per avere reso felici i nostri giorni di scuola. Per noi andare a scuola era bello perché ogni mattina c’eri tu ad attenderci e ad accoglierci. La tua esile figura, avvolta da maglion-cini di morbida lana confezionati da te e tua sorella, era per noi una presenza rassicurante, perché sape-vamo che con te potevamo parlare di qualsiasi cosa, sapevi stimolarci ed attuare quello che oggi viene chiamato il dialogo educativo. Quando passavi tra i banchi per correggere i nostri preziosi quader-ni, gli errori non erano mai un grave problema, ma un’occasione per ri-flettere e approfondire gli argomenti svolti. Quando non esistevano ancora le leggi sulla didattica inclusiva, tu, con il tuo buon senso, ti occupavi di tutti, rivolgendoti ad ognuno di noi in modo personalizzato, poten-ziando le nostre capacità e le nostre inclinazioni. Per te, il fatto che qual-cuno di noi, proveniente dalla campagna, sapesse

esprimersi solo in piemontese, non rappresentava un problema: sapevi che prima o poi avremmo imparato! Avere avuto te come maestra è stata una grande fortuna, una di quelle esperienze che lasciano il segno e che caratterizzano il desiderio di apprendere e conoscere per sempre. Anche il modo con cui hai affronta-to la tua malattia è stato per noi un esempio di coraggio. Fino alla fine hai continuato a camminare per le vie del paese ed a salutare con en-tusiasmo le persone che incontravi. Ciao Dina, eri e sarai per sempre la nostra maestra.Con affetto

In ricordo di Dina Capellodi Lucia Macchiorlatti

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insonnia14 Luglio 2015

Questa sera mi torna alla mente quando, tanti anni fa, fu comu-nicata la fine della guerra. Mi rivedo al 30 Aprile 1945, è lunedì. Sono in piazza degli Uo-mini immerso in un movimento impressionante di gente che gri-da confusa tra gioia e rabbia: LA GUERRA E’ FINITA! Qualcuno è in possesso di armi. C’è anche Bill, della 103 B.G.T. Garibaldi Dante Dinanni, mi passa vicino ma non mi vede o non mi conosce più nonostante, con gli amici della cascina, l’ab-

biamo più volte aiutato fornen-dogli vettovagliamento e armi abbandonate. Ad un certo momento, forse a metà del mattino, spunta da via Levis un calesse, trainato da un cavallo, carico di Partigiani ar-mati con un prigioniero tra di loro. Provengono dai boschi della Petaggera e appartengo-no alla S.A.P., più tardi verrò a sapere di appartenerci anch’io, segnalato da non so chi! Intan-to mi accorgo che della gente della Piazza qualcuna è armata,

e poco a poco perde il controllo per la persona trattenuta sul ca-lesse. E’ il Capitano Paolinelli con residenza nel Castello Re-ale e comandante dei Fascisti. Spero intervenga una figura di orientamento capace di imporre ordine, una giustizia più giusta, non libertà di vendetta che cer-tamente sarà improduttiva. Vedo intanto una persona con un asse tra le mani, trovato chissà dove, che si avvicina al calesse e lo infila nella parte bassa dello stomaco del fascista, procuran-dogli una sbruffata di sangue dalla bocca che gli cola sulla divisa nera. Ancora oggi non mi rendo conto di come anch’io ab-bia perso il controllo e sia scop-piato in un grido a squarcia gola: “LA GUERRA E’ FINITA!”. Ho gridato al vento, continua il solito fermento! Decido pertanto di tornare a casa. Sono di cattivo umore a vedere quelle scene incontrolla-te! Penso alla perdita dei due cu-gini uccisi dai tedeschi quattro giorni prima, il 26 Aprile 1945 senza alcuna motivazione nella

Città di Fossano in Via San Gio-vanni Bosco. Odio la punizione arbitraria, improvvisata, per il solo diverso pensiero. Attraversando Piazza Castello, noto davanti al Palazzo Comu-nale, altri gruppi armati attorno a dei carretti che a quel tempo adoperavano per la raccolta del-la spazzatura per le strade del Paese. Non mi fermo, saprò il suo utilizzo alla sera del gior-no stesso! Servono soltanto per umiliare persone che preferisco non nominare. Finalmente di quella stessa sera ho il piacere di sapere che tra la gente si è verificato esattamente il contrario di quanto ho visto nella mattinata. Dove c’è una fisarmonica, una chitarra, uno strumento musicale, c’è gente allegra che si abbraccia, che bal-la, che canta di gioia per la tanto attesa libertà di quel bene comu-ne che non è altro che il rispetto reciproco tra gli uomini di ogni rango a cui essi appartengono!

Nonno Beppe

APPUNTI SULLA LIBERAZIONE DI RACCONIGIdi Giuseppe Paruccia

Raccontami...

Con grande piacere pubblichiamo due brevi racconti che il nostro amico e lettore Giuseppe Paruccia ha scritto di recente e che sono andati ad arricchire la raccolta “Nonno Beppe racconta” dalla quale abbiamo attinto più volte a partire dall’aprile 2011. Qui Beppe è testimone di vicende che ormai appartengono alla storia di Racconigi e a quella cultura contadina cui è profondamente affezionato.

RICORDI SCRITTI NEL GENNAIO 2015di Giuseppe Paruccia La mia storia inizia proprio qui, da quel giorno quando per un’e-morragia persi molto sangue e fui portato con urgenza all’ospedale di Saluzzo. Per un fenomeno che non so spiegarmi, il tempo si è fermato proprio in quel momento; ho capogiri, barcollo, non posso camminare se non accompagnato da un’altra persona. Poche sono le scelte a mia disposizione: la televisione, che sovente mi anno-ia, oppure in camera mia, disteso sul letto, a vagare nel tempo alla ricerca di ricordi vecchi o recen-ti. Sulla parete sinistra del letto sono appese fotocopie di castel-li medioevali del cuneese i quali conosco, sono molto belli! Il mio pensiero corre al proprietario resi-dente di quel tempo. Erano conti, marchesi, dame, damigelle, tutti immersi nel lusso senza limite e tutto a scapito del contadini col-tivatori dei loro immensi terreni. Penso alla musica che non cono-sco, ma che tanto mi piace! Penso ai grandi tenori, come Beniamino Gigli, alla grande soprano Maria Meneghini Callas, a Di Stefano, a

Placido Domingo, a Del Monaco, a Pavarotti, ad Andrea Bocelli, la cui voce sovente mi commuove. Penso alla cultura, al suo signi-ficato ed ho la sensazione di un qualcosa che sa di misterioso. Penso a Ciafrè, margaro a servizio dell’amico Minot, nativo in una baita dell’alta valle Po, analfabeta e balbuziente, custode di bestiame bovino per trent’anni nella Fran-cia Meridionale. Lo rivedo nella stalla senza cami-cia, attorniato da altre persone, che si lava le braccia e si unge di olio d’oliva il braccio destro, sino alla spalla, per sistemare nel ventre della mucca partoriente il vitellino mal disposto e riportarlo alla vita esterna, senza cesareo, che a quel tempo ancora non si conosceva. Ricordo Ciafrè quando, io ancora ragazzino, ero al pascolo alle terre nere, con una manza gonfiata dal trifoglio nano mangiato troppo avidamente e che sentendosi sof-focare muggiva. Io piangevo per quel poco tempo che quell’anima-le poteva ancora vivere. Lui, cioè Ciafrè, poco lontano si accorse del

muggito che emanava la bestia e venne in soccorso. Si procurò una canna di sambuco con l’insepara-bile coltello, la svuotò del midol-lo, gli forò lo stomaco alla muc-ca dando sfogo al soffocante gas recluso nel pancione. Gli sistemò la canna del sambuco e dopo aver-la fissata con lo spago, mi buttò una mano sulla spalla e mi salutò dicendomi di non piangere più! Quell’uomo fu per me ricordato da sempre come il grande Ciafrè! Quando adoperava la mula savo-iarda, forte e testona, gli parlava come a una persona. Da lui otte-neva quello che non era possibi-le dallo stesso padrone di casa, il padre di Minot. A volte domando a me stesso se quell’uomo analfa-beta non fosse una persona colta, che non conosce l’algebra o il la-tino, ma altre cose di rilevante im-portanza. Nel mondo in cui viveva conosceva una cultura diversa ma altrettanto rispettabile che io da sempre stimo. Percorro ancora il sentiero della storia di Ciafrè: negli anni 1933-1934, nel cuore dell’inverno, salì

in cima al pagliaio per iniziare con il “taiet” uno strato di paglia che sarebbe servita per oltre una settimana a sistemare il letto del bestiame. Salito in cima con una lunga scala tolse quel po’ di neve ghiacciata per poi togliere il “ca-valet” (per chi non lo conosce sono due pezzi di legno collega-ti l’un l’altro con un filo di ferro a cavallo in cima al pagliaio, per trattenere la paglia che durante l’estate l’avrebbe spazzata via). Il filo di ferro che univa quel “cava-let” che gli interessava togliere, si ruppe e Ciafrè perse l’equilibrio e cadde a terra sul sottile strato di giaccio che gli procurò la morte quasi immediata. Io ero solo, corsi a chiedere aiuto ai vicini di casa mia ma era troppo tardi, il bravo margaro balbuziente e benvoluto da tutto il circondario era morto. Ciao Ciafrè ti esprimo il mio gra-zie per quello che mi hai insegna-to e tutta la mia stima per il tuo sapere.

Nonno Beppe

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insonnia 15Luglio 2015

CinCinema

LibLibri

FURYdi Cecilia Siccardi

Giuseppe Cattozzella “Non dirmi che hai paura”

2014, pp. 236, € 15,00Ed. Feltrinelli

nia dell’aprile 1945. La guerra è agli sgoccioli, ma ciò non implica che si smetta di combattere: il film segue le vicende di cinque solda-ti americani che, all’interno del carro armato Fury, si fanno strada attraverso campagne e città tede-sche, fino ad un’ultima impavida battaglia contro trecento soldati tedeschi.Fra gli attori molte facce cono-sciute: Shia LaBeouf, Logan Ler-man (già visto al cinema nei pan-ni del timido protagonista di Noi siamo infinito), Jon Bernthal (che qualcuno ricorderà come lo Shane Walsh di The Walking Dead) e so-prattutto Brad Pitt, che interpreta il duro e spietato sergente Wardaddy, leader della squadra, che nasconde

le proprie paure e fragilità dietro una facciata di cinismo necessaria a portare avanti i suoi uomini nella guerra.Asettico nella rappresentazione della violenza, Fury ne mostra con realismo gli effetti, ma senza emozione; inoltre, l’ideologia del film non è sempre chiara. Piacerà agli amanti del genere; se, inve-ce, i film di questo tipo non vi appassionano, potreste trovarlo un po’ retorico, ma di sicuro offre spunti di riflessione interessanti sul rapporto uomo-macchina e uo-mo-guerra.

“Vola, Samia, vola come il caval-lo alato fa nell’aria… Sogna, Samia, sogna come se fossi il vento che gioca tra le fo-glie… Corri, Samia, corri come se non dovessi arrivare in nessun po-sto… Vivi, Samia, vivi come se tutto fosse un miracolo…”

E’ questa la canzone di Samia e di Hodan, sua sorella, la canzone della libertà, la canzone che Sa-mia sente suonare nella sua testa mentre tenta di arrivare alla corda che la porterà in un mondo libero dove finalmente le sarà concesso di correre alle Olimpiadi di Lon-dra (2012) insieme ai più grandi atleti.Samia è un’atleta, ha partecipa-to alle Olimpiadi di Pechino e pur arrivando ultima, unica rap-presentante del suo paese, la So-malia, è stata applaudita come una vincitrice ed è diventata un mito per migliaia di donne che dall’Arabia Saudita, dall’Iran… le scrivono per esprimere speran-za, sogni, fiducia che il loro mon-do possa un giorno guardare alle donne con rispetto. Corpo e gambe esili, tutti si chie-dono dove trovi la forza di… volare, sì, Samia vola sulla ter-ra quando corre, dimentica tutto

a cura di Anna Simonetti

e per allenarsi di nascosto degli Al-shabaab si allena di notte, co-perta da un burka che le è stato imposto, seguita dal suo amico Alì e successivamente insieme al compagno di allenamento Abdi Said Ibrahim.Ma per Samia, diventa sempre più difficile allenarsi e accetta di trasferirsi ad Addis Abeba, pur-troppo anche qui le è consentito allenarsi solo di notte e… pia-no, piano comincia a pensare al “viaggio”, vuole raggiungere Hodan a Helsinki e da lì andare a Londra per le Olimpiadi.Lascio a voi lettori di scoprire il “viaggio” di Samia che partendo dall’Etiopia, attraversa il Sudan, sconfigge il deserto e raggiunge Tripoli da cui su un dei fatiscenti barconi vuole raggiungere la li-bertà… di correre!Vola, Samia, vola come il cavallo alato fa nell’aria…

Uscito nelle sale italiane il 3 giu-gno, Fury è un film bellico di Da-vid Ayer, ambientato nella Germa-

Domenica 19 LuglioTEATRO A CORTE ALLA MARGARIA

Domenica 19 luglio alle ore 18 alla Margaria del Castello di Racconigi “ICEBERG” direzione di Leandre Ribera - scritto e interpretato da Leandre Ribera e Mireia Miracle, musiche di Juanjo Grandedi. Circo contemporaneo (durata: 40’).In cima ad una montagna di ghiaccio vivono due personaggi, forse gli ultimi esseri umani sopravvissuti o, al contrario, le prime creature ad abitare il pianeta. Incapaci di parlare, i due sanno però catturare il pubblico e offrigli esilaranti avventu-re.a seguire Lonely Circus, “FALL, FELL, FALLEN#S” di e con Jérôme Hoffmann, Sébastien Le Guen, messinscena collettiva diretta da Nicolas Heredia. Circo contemporaneo (durata: 50’).Un musicista che crea suoni con oggetti presi dalla vita quoti-diana e un acrobata che si muove in bilico su tronchi di legno e corde, ci rivelano l’inaspettato che si cela dietro l’apparen-za delle cose. Biglietti da 18 / 15 / 10 euro

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insonnia16

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009Direttore responsabile Spessa AndreaRedazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Umberto Allemani, Carla Burzio, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Marco Ferrara, Giancarlo Meinardi Mario Monasterolo Anna Maria Olivero, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Dominikka Raso, Cecilia Siccardi, Anna Simonetti, Pino Tebano, Luciano Fico, Pier Paolo DelboscoSede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti [email protected] Conto corrente postale n° 000003828255Stampa Tipolitografia BOSTON di Oitana Vittorio & C. s.n.c. - Racconigi Tiratura 2000 copie

Luglio 2015

MusMusica

Poi dovevamo tornare alla re-altà del rientro a casa, dove le nostre madri, preoccupate del nostro ritardo minacciavano di aggravare il bruciore della nostra pelle già arsa dal sole e spellata dalle sbucciature.Da questi sogni e duri rientri nella realtà siamo poi passati all’improvviso ad altre fanta-sie.La piscina a Racconigi !C’è stata, un tempo nei pro-grammi elettorali di passate elezioni, fatta brillare come possibile conquista di una nuo-va amministrazione, c’è stata nei progetti dal basso di una possibile avventura tra pubbli-co e privato. Tutto sfumato nel nulla come tanti progetti; spa-rita nei successivi programmi elettorali per realistici calco-

li di disponibilità finanziarie, svanito il progetto di alleanza pubblico-privato per diminuito entusiasmo da parte dei promo-tori, anche noi rientrammo nel-le nostre case e come i ragazzi di un tempo lasciammo le no-stri fragili capanne.Resta quella immagine, rea-le, delle rive del Maira ancora popolate di corpi al sole ed il sogno di una piscina a basso costo, qui, a Racconigi a rin-frescare questi giorni d’estate.Arrivederci a settembre.

TRE PERSONALITA’ ARTISTICHE di Giuseppe CavaglieriTre personalità artistiche, prove-nienti da culture musicali diverse, ricche e versatili in cui non difet-ta estro, capacità interpretativa e innata voglia d’improvvisare. Gli argentini Javier Girotto e Natalio Mangalavite incontrano la voce di Peppe Servillo; ne nasce un inca-stro musicale perfetto, un continuo stimolo e la voglia di inventare nuovi percorsi musicali e nuove

“storie”.Gli anni della Piccola Orchestra Avion Travel sono un glorioso quan-to ormai lontano ricordo. Peppe Ser-villo, cantante-attore noto per la sua esperienza con la formazione cam-pana che vinse anche un Sanremo, da tempo fa parte di un progetto in trio con i due musicisti argentini.Tanghi, milonghe e cumbe anima-no il cuore del disco, ricco di storie e personaggi, emozioni, scampoli di vita quotidiana, ricordi e sentimenti: c’è il rimpianto del protagonista di “Milonga sentimental”, che sem-bra presa da una soffitta astigiana di Paolo Conte, le memorie affetti-

ve di “Cafetin de Buenos Aires”, i legami parentali dei “Parientes”, (si vede dal naso che siamo parenti, gli stessi sorrisi, gli stessi commenti), la cultura culinaria espressa nelle rime, enfatiche e pesanti come certi sughi del sud, di “Come si usa col ragù”, il rancore di “Chiquilin de bachin”, l’ ”epoca fetente” di “Cambalache”.L’album ha un “sapore argentino e mescola gli stili musicali argentini come il tango e il folklore, con le scritture originali dei testi in italia-no”, spiega Girotto sottolineando che tra i brani “ci sono anche tanghi tradizionali degli anni ‘40 scritti da autori italiani che vivevano in Ar-

gentina”. Proprio come Girotto e Mangalavite, figli e nipoti di ita-liani emigrati, tornati in Italia con il loro bagaglio di emozioni e ri-cordi, trasferito in ‘Parientes’ che vuole essere “un ponte tra l’Italia e l’Argentina - rimarca Mangala-vite - dove non c’è solo il tango, ma una ricca tradizione folclorica piena di ritmi che noi ci siamo di-vertiti a mescolare, unendoli alla napoletanità di Peppe che, da buon mediterraneo, si è perfettamente adattato ai nostri capricci ritmici e armonici”.Parientes, scrivono gli stessi prota-gonisti, «è un viaggio nei ricordi, nelle persone, nell’immaginario di un popolo migrante che ha dato vita ad un’altra cultura e, nel con-tempo, ha preservato la propria portandovi nuova linfa; è un arco che si tende fra le sponde e nel tempo. Nascono, così, avventure d’amore, ricordi, intrecci senti-mentali, e tra una milonga, un tan-go, una cumbia, emergono storie di vita vissuta, di fatiche quotidia-ne e voglia di riscatto, di legalità e delinquenza, e, perché no, di tradi-zioni culinarie da esportare e man-tenere come tratto imprescindibile e distintivo di una comunità».

2015

entro dicembre 2015