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La nostra società sta vivendo una profonda trasformazione.Sono in crisi i valori di riferimento, la struttura familiare,l'assetto economico, la politica.La globalizzazione ci pone davanti a delle scelte che nonpossiamo più rimandare.Questi i motivi che ci hanno spinto a dedicare la VI Edizione del Seminario “Donna Economia & Potere” ai temi:“Società multiculturale e le sfide della globalizzazione”;la democrazia condivisa, la convivenza possibile,la tolleranza e la sicurezza, i giganti lontani e le strategie per difendere il Made in Italy.Nell’inserto riportiamo le opinioni dei protagonisti, arricchite dalle testimonianze di donne e di uomini, personalmente e professionalmente coinvolti.Vi raccontiamo anche, con un ampio reportage, la nostra missione in Cina.In queste pagine non troverete soluzioni, ma sicuramente una chiave di lettura per una obiettiva riflessione.

Sommario

LE SFIDE DELLA GLOBALIZZAZIONEdi Lella Golfo 5

LA NOSTRA PROPOSTA 6PER UN’ AUTORITÀ GARANTE DELLA PARITÀNEL POTERE FRA DONNE E UOMINI

NEWS DALLA FONDAZIONE 6

INTEGRAZIONE: LA PAROLA AI PROTAGONISTI 8intervista a Magdi Allam e Rula Jebreal

UNRISCHIODA EVITARE 10Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia

Incontro con il Premio Nobel per la pace 11Rigoberta Menchu

VALORIZZARE IL CAPITALE FEMMINILE 13di Federico Tessari

MERCATO GLOBALE 15Il caso Veneto Banca

GEMMO: PROGETTI PER 16UN MONDO MIGLIORE

VENETO: LABORATORIO DI COMPETITIVITÀ 17E GLOBALIZZAZIONE di Fabio Gava

Intervista a Franco Frattini 18L'EUROPA MULTICULTURALEdi Giuliana Del Bufalo

Prima tavola rotonda 20OLTRE IL CONFLITTOLA CONVIVENZA POSSIBILE

DONNE: DIVERSITÁ E GLOBALIZZAZIONE 25di Chiara Grosselli

DONNE ORMAI PILASTRO 27DELLE SFIDE INTERNAZIONALILuca Cordero di Montezemolo

Seconda tavola rotonda 28MERCATO GLOBALELIMITI E OPPORTUNITA’

FUTURO E STRATEGIE 32DI DUE DONNE DI SUCCESSOIntervista a Josè Rallo e Concetta Lanciaux

IO C’ERO 34Il Seminario per immagini

LA CINA RACCONTATA DA NOI 42di Lella Golfo

Come aderire alla Fondazione:Chi desidera far parte della Fondazione deve inviare il proprio curriculum personale e professionale che verrà sottoposto al vaglio degli organi competenti. L’iscrizione comporta il pagamen-to di una quota annua.

Il valore dell’adesione:Le associate partecipano a tutte le attività della Fondazione; ricevono assistenza nelle attività professionali; hanno l’opportunità di scambiarsi esperienze a livello nazionale e internazionale;usufruiscono di tutti i servizi e convenzioni della Fondazione; ricevono il materiale informativo… in una parola, sono protagoniste del mondo che vogliamo migliorare!

Nome...................................................................................................................

Cognome.............................................................................................................

Data di nascita.....................................................................................................

Indirizzo..................................................Città ......................................................

Telefono .................................................Fax........................................................

E-mail.....................................................Cell .......................................................

Professione..........................................................................................................

FONDAZIONE MARISA BELLISARIORiconosciuta con DPCM 11 giugno 1996 Ente Morale per la promozione delle attività e delle carriere delle donne

Via delle Colonnette, 26/A (Studio Canova) 00186 RomaTel.06/36002804-36001287 Fax 06/36002805E-mail: [email protected] Sito Internet: www.fondazionebellisario.org

Hanno collaborato: Marina Abbate, Daniela Cocito, Alessia D'Annibale, Annalisa Ingrati,Rosanna Marchese,Giovanni SpinellaProgetto grafico e impaginazione: Studio VitaleFoto: Canio Romaniello/Olympia, Lella Golfo e Manlio IosimiStampa: Arti Grafiche Amilcare Pizzi

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A volte la tecnologia supera l ' immaginazione.

Aeronautica Alenia Aeronautica � Aermacchi Elicotteri AgustaWestland Spazio Alcatel Alenia Space � Telespazio Elettronica per la difesaGalileo Avionica � SELEXCommunications � SELEX Sensors and Airborne Systems � SELEX Sistemi Integrati � Elsag � Orizzonte S i s t e m i d i difesaMBDA � Oto Melara � WASS Trasporti AnsaldoBreda � Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari � Ansaldo Signal Energia Ansaldo Energia

Immaginiamo e realizziamo le più evolute macchine del cielo.La fantasia, nelle sue espressioni più alte, cambia nome. Diventa tecnologia.

Finmeccanica ha fatto dell'alta tecnologia il suo punto di forzanell'aerospazio, nella difesa, nelle comunicazioni, nella sicurezza.

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E D I T O R I A L E

Al centro della VI Edizione di “Donna, Economia &Potere” si è parlato di globalizzazione, un termineche è parte ormai del nostro lessico quotidiano. Di questo fenomeno abbiamo imparato ad apprez-zare benefici e vantaggi, ma conosciuto anche quel-lo che Bill Clinton ha definito il “volto oscuro”. In pochi anni siamo stati travolti da una serie disegnali forti, assistito a un feroce attacco control’Occidente, a derive antidemocratiche, al crollo diroccaforti e monopoli economici, ma anche speri-mentato l’impotenza contro la furia della natura el’apertura di frontiere scientifiche estreme e inedite. Per evitare la chiusura, l’isolamento e il protezioni-smo economico e culturale, è necessario dare unastrategia alla globalizzazione, indirizzarla versoobiettivi di sviluppo, progresso, integrazione e soli-darietà, proponendo un nuovo modello etico di cre-scita economica e civile. L’economia degli Stati Occidentali è messa a duraprova dalla forte concorrenza di Paesi come Cina,India e Brasile. Siamo testimoni di un’apertura e diun’integrazione dei mercati finanziari senza prece-denti e dobbiamo imparare a stare dentro un mer-cato che non ha più frontiere protezionistiche. I rischi immediati per la scarsa competitività euro-pea sono stati evidenziati da una recente ricercadell’Economist Intelligence Unit e sono: l’incapa-cità di rispondere velocemente al mercato, la man-canza di innovazione e la difficoltà di reperiretalenti. E' proprio su questi rischi che dobbiamoriflettere e agire.Il nostro Paese deve credere e sostenere di più leimprese e puntare su un progetto di esportazionedel Made in Italy a largo raggio. Ma anche leimprese devono avere più coraggio nell’investireper fronteggiare la nuova complessa geografia deimercati. Cina e India saranno concorrenziali, nonsolo con le produzioni di massa e il lavoro a bassocosto, ma anche nei servizi e nei settori dei beni adalto valore aggiunto.Occorre reagire e creare le condizioni affinché sisviluppi una nuova generazione di imprenditori.Investire su una formazione al passo con i rinnova-ti standard internazionali, aumentare la competiti-vità delle nostre università e favorire accordi trabusiness e atenei. Di fronte alle attuali esigenze, urgono non soloadeguate politiche di gestione ma anche nuovestrategie di inclusione.Accogliere stranieri che vogliono lavorare e con-durre una vita onesta, rappresenta un’occasione dicrescita e sviluppo per la nostra società. Ma abbia-

mo anche il dovere di non vincolare queste personealla loro appartenenza di nascita, razza o religio-ne; mettere a loro disposizione idonei strumentieducativi e condividere con loro i valori di demo-crazia, libertà e rispetto dei diritti umani conqui-stati. La recente istituzione della Consulta islamica,voluta dal Ministro Pisanu, potrà senz'altro favorireil processo d'integrazione, garantendo uno spazio dipluralismo e di confronto fra le diverse culture.E sono le donne e i giovani il motore di questo pro-cesso inevitabile da cui dipende il nostro futuro.Basta guardare ai Paesi islamici. Lì sono le donneil vero segnale del cambiamento. Le abbiamo vistevotare in Iraq e Afghanistan, mobilitarsi per la libe-razione di Clementina Cantoni. E arriviamo al nostro Paese. Come pensiamo diessere un modello di democrazia se la metà dellapopolazione ha un diritto solo formale alla parteci-pazione? Se in Afghanistan la nuova democrazia hasancito l’ingresso delle donne nella vita politica edin Germania siede un cancelliere donna che havoluto al suo fianco sei ministri donna, in Italia,invece, il nostro “democratico parlamento” ha boi-cottato l’art. 51 della Costituzione, facendo venirmeno le condizioni di uguaglianza previste per lecariche elettive. Non è un caso se in Italia non c’è stata una That-cher e non c’è una Merkel. Ma anche ai livelli più bassi, il meccanismo di sele-zione della classe dirigente continua ad avvenireper cooptazione e non per merito. Dal nostro Seminario abbiamo lanciato una propo-sta concreta: istituire un’Authority garante dellaparità nel potere fra donne e uomini (illustratanella pagina successiva), rivolta alle due coalizio-ni, invitandole a tradurla in un disegno di legge edinserirla nei loro programmi elettorali.

LE SFIDE DELLA GLOBALIZZAZIONEdi Lella Golfo Presidente della Fondazione Bellisario

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L A F O N D A Z I O N E

LA NOSTRA PROPOSTA PER UN’AUTORITÀ GARANTE DELLA PARITÀNEL POTERE FRA DONNE E UOMINIL’Authority Garante della Parità nel potere fra donne e uomini studiata dalla Fondazione Bellisario vuole essere indipendente, dotata di autonomia nei propri giudizi, decisioni e indicazioni.I suoi compiti dovranno essere: monitorare costantemente tutte le nomine - nel settore pubblico e privato - di competenza del Consigliodei Ministri, dei Ministri e del Parlamento e dare indicazioni affinché siarispettato il principio costituzionale della parità fra i sessi. L’Authority Garante della Parità nel potere fra donne e uomini dovràlavorare affinchè la partecipazione femminile diventi una praticacostante, sistematica e istituzionale.Autorità istituzionali e insigni rappresentanti del mondo politico ed economico, intervenuti alla VI Edizione di Donna Economia & Potere,hanno espresso un incoraggiante plauso alla nostra proposta.Da parte nostra, abbiamo già avviato una serie di incontri con esponentipolitici e parlamentari, chiedendo loro l’appoggio necessario per avviare l’iter legislativo.Questo nostro progetto è aperto al contributo di tutti. Siamo fiduciose.

(News dalla Fondazione

Giustina Destro nuovo Presidente dell’Associazione Amici della Fondazione Marisa Bellisario

Giustina Destro è il nuovo Presidente dell'Associazione Amici della Fondazione Bellisario,nominata all'unanimità dai Soci Fondatori: Lella Golfo, Maria Clara Jacobelli, Rita Santarelli,Samaritana Rattazzi, Laura Pellegrini, Alessandro Franchini, Demetrio Minuto.L'Associazione Amici affiancherà la Fondazione attraverso azioni mirate e progetti comunitari, nazionali ed internazionali che hanno lo scopodi favorire la formazione, l'inserimento lavorativo e la crescita professionale delle donne.

“Premio Nazionale Mondo del Lavoro” alla Fondazione Marisa Bellisario

La Fondazione Bellisario è stata insignita del “Premio Nazionale Mondo del Lavoro”.A ritirare il prestigioso riconoscimento è stata Cinzia Bonfrisco,Responsabile Lavoro della Fondazione, per conto della Presidente Lella Golfo.La Fondazione è stata scelta da una giuria composta da ben 500 aziende,tra una rosa di importanti e autorevoli istituzioni italiane “per l’impegno profuso a far emergere e diffondere la presenza e l’importanza della componente femminile nel mondo imprenditoriale italiano”.

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I N T E R V I S T E

Secondo lei, dopo il pesante colpo inflitto al modello del multiculturalismo inglese, l’Europa vireràverso nuove forme d’integrazione? E se sì, quali, secondo lei, sono destinate a essere le più efficaci?

Magdi Allam - Il sostanziale fallimento del modello multiculturale inglese eolandese è dovuto al fatto che non è stato sufficiente elargire la libertà affinchédiventasse patrimonio collettivo. Si è prodotta, all’opposto, una realtà di ghet-ti etnico-confessionali a compartimenti stagni che non interagiscono, facendovenir meno il collante d’identità nazionale. Gli stessi ghetti sono stati prodotti dall’altra esperienza di convivenza notacome assimilazionismo. La terza via è un sistema dove si chiarisce in anticipoche ci deve essere un'unica identità nazionale al cui interno coesistano libertàdi culto e di salvaguardia di tradizioni culturali, linguistiche e artistiche, pursenza la presenza e la legittimazione di pluralità identitarie che finiscono perprodurre conflitti e schizofrenie.

Rula Jebreal - Secondo me virerà verso nuove forme di integrazione. Questiatti di violenza erano nell’aria e prima o poi sarebbero esplosi, era solo que-stione di tempo. Ora che l’Europa si è resa conto della gravità del problema - finora completa-mente sottovalutato e ignorato - sarà in grado di dare una risposta. Strasburgoha già stanziato fondi per bonificare le aree di periferia delle città. Questa èuna prima risposta: inserire questi cittadini, comunque europei, dentro lo Sta-to centrale, senza farli sentire estranei, alieni. Servono, certo, anche interventiculturali ed economici, ma ci vuole una risposta politica chiara, che sia unita-ria, europea.

Lo scontro di civiltà, al momento, è sotto gli occhi di tutti. Secondo lei, come si può porre fine allaconflittualità tra Occidente e Islam? E che ruolo giocano in questo processo i musulmani moderati?

MA - Ho delle riserve nel considerare lo scontro di civiltà come un dato acquisito, per due ragioni. In pri-mo luogo, Occidente e Islam sono mondi non monolitici, senza una connotazione identitaria univoca e nonimmutabili nel tempo. In secondo luogo, al loro interno è presente una maggioranza sostanzialmente con-traria alla prospettiva dello scontro perché lede il bene più prezioso per tutti: la vita. Lo scontro di civiltà è ciò che vogliono i terroristi che ne disconoscono il valore. Oggi il terrorismo dimatrice islamica vede fra le sue vittime un gran numero di musulmani. Quindi non si tratta di un fenomeno che contrappone Islam a Occidente, ma una fazione minoritaria estre-mista e violenta a una maggioranza di musulmani e occidentali. RJ - Non credo esista uno scontro di civiltà. Il mondo musulmano è il primo a essere sotto attacco: l'obiet-tivo di Al Qaeda è colpire il mondo musulmano. Quella a cui assistiamo è una guerra dentro l’Oriente, conqualche episodio all'esterno. È di gran lunga maggiore, oltre che più pesante, la quantità di attentati subitidai musulmani rispetto a quelli subiti dagli occidentali. Scontro di civiltà è, secondo me, uno slogan usatoper motivi propagandistici. Chi va avanti con questa propaganda, fa un errore strategico mostruoso: inclu-dere dentro il mondo musulmano moderati, non moderati e fanatici.

Cosa pensa dell’istituzione della Consulta per l’Islam italiano?

MA - Questa idea può essere buona se riesce a fare emergere sul piano mediatico e politico il volto com-

INTEGRAZIONE: LA PAROLA AI PROTAGONISTIAbbiamo chiesto a Magdi Allam, prestigiosa firma del Corriere della Sera, e a Rula Jebreal, nuovo vol-

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I N T E R V I S T E

patibile dell’Islam in Italia, fatto di persone che vivono nel rispetto della legge e nella condivisione deivalori fondanti della società italiana, che non percepiscono se stessi come un'entità separata e conflittualecon il resto della società e dello Stato. RJ - Credo possa essere un passo. Sicuramente è un'iniziativa molto lucida e coraggiosa. Spero, più chealtro, che sia una cosa concreta, tangibile, alla quale i musulmani facciano riferimento, uno strumento veroe non soltanto propagandistico.

L'informazione può o deve essere un ulteriore strumento di lotta al terrorismo e, se sì, come puòesercitare questo potere?

MA - L'informazione è uno strumento fondamentale nella guerra al terrorismo. Su di essa i terroristi han-no investito e continuano a investire massicciamente perché il loro fine ultimo è riuscire a imporre il pro-prio potere con il minor costo. Attraverso il condizionamento dell'opinione pubblica del 'nemico' possonoottenere la sua resa psichica e intellettuale. Va da sé che una controffensiva mediatica è la risposta piùappropriata per sconfiggere il terrorismo. È necessario evitare che i mass media fungano da cassa di riso-nanza; darsi una dimensione etica nell'affrontare il problema, comprendendo che sono in gioco vita, sicu-rezza, modello di civiltà. RJ - L'informazione è informazione. Deve restare tale, non uno strumento nelle mani di una parte o del-l'altra. Dobbiamo garantire la maggiore informazione possibile, super partes, indipendente, libera da inter-ferenze, non manipolata. Al pubblico vanno date tutte le notizie: l'omicidio di un terrorista, un attentato, igravi episodi di torture. Le metto tutte sullo stesso piano. In tempo di guerra invece si tende a fare un'infor-mazione partigiana. Io vengo da una terra dove accadono tutti i giorni episodi orrendi. Questo non devedare la possibilità a qualcuno di non trasmettere l'informazione, anche quella più scomoda. È un doveremorale, soprattutto verso il pubblico.

Qual è, secondo lei, il ruolo che le donne hanno e possono avere nella lotta al terrorismo che si com-batte attraverso il faticoso processo di democraticizzazione in patria e di integrazione in Occidente?

MA - Il ruolo delle donne è fondamentale perché sono loro le principali vittime del terrorismo e all'inter-no dell'ideologia autoritaria maschilista sono quelle che pagano il prezzo maggiore. Non è un caso che lad-dove il terrorismo di matrice islamica è riuscito a operare su larga scala come in Algeria è stata propriol'opposizione delle donne l'elemento che ha arginato l'offensiva, che lo ha isolato e, infine, sconfitto. Oggiall'interno del mondo islamico emergono sempre più donne fra intellettuali, scrittrici e militanti che si bat-tono per un ruolo diverso, per l'acquisizione dei diritti sul piano religioso, politico, sociale e culturale edeconomico. Tutto ciò è una sfida all'ideologia maschilista e misogina, a un terrorismo che concepisce sestesso come potere autoritario e violento. RJ - Secondo me sono i governi nazionali ad avere un ruolo prioritario nella lotta al terrorismo. Allasocietà civile spetta il compito di cercare di comprendere, ma allo stesso tempo opporsi a una deriva fana-tica di alcune sue componenti. La società civile ha, però, pochi strumenti perché le persone che vivono sot-to occupazione, oppresse, possono fare ben poco. I Governi devono avere un doppio binario: colpire sen-za mezzi termini, in maniera anche dura, i cattivi maestri, e contemporaneamente “bonificare” l'area didistrazione dei giovani, cercando di fare interventi culturali, economici e politici per risolvere crisi mairisolte. Nei miei due romanzi parlo di donne che vivono in contesti drammatici, ma al tempo stesso sonoil motore del cambiamento, una risorsa straordinaria. Le donne in Turchia, Iraq e Iran, stanno portandoavanti un progetto di emancipazione e democratizzazione dello Stato. Le elezioni irachene, come quelle pale-stinesi, hanno visto la partecipazione soprattutto delle donne che, con il velo e anche se non sapevano scrive-re il loro nome, andavano a votare, trasmettendoci la loro voglia di libertà.

to del giornalismo su La7, un parere sulle dinamiche attuali e auspicabili per un reale processo d’in-

tegrazione. L’intervista che segue è il confronto tra due protagonisti dell’informazione ma anche tra

due “osservatori d’eccellenza”, per mestiere, radici e provenienza.

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I N T E R V E N T I

Insieme all’urgenza suscitata dal tema del Semina-rio Società multiculturale e le sfide della globaliz-zazione, promosso dalla Fondazione Marisa Belli-sario in collaborazione con Unindustria Treviso,siamo testimoni di un rischio che, più o meno con-sapevolmente, corrono molti e dal quale dobbiamoguardarci. Mi riferisco alla tentazione di ripercorre-re semplicemente le strade già note.

Da questo punto di vista poco importa che lo sche-ma da proporre sia quello del dialogo tollerante maidentitario, piuttosto che quello dell’integrazionegenerica e benevola. Il primo ultimamente conducead una posizione in difesa e a lungo andare conside-ra lo scontro come inevitabile; il secondo è affettoda un’ingenuità che ai giorni nostri non può piùessere considerata innocente.

Entrambe queste posizioni prendono le mosse da unpregiudizio da sfatare. Per leggere la realtà partono,infatti, da un’impostazione intellettuale aprioristica:nel caso della difesa identitaria da una verità astrat-ta da applicare; nel caso dei tentativi ingenui diintegrazione da una certa “indifferenza” culturale. In questo senso, entrambe le posizioni non si lascia-no per così dire “educare” dalla realtà stessa, né silasciano condurre alla scoperta della verità, cosìcome si dona nel qui ed ora della storia.

Anche quando esaminano situazioni storiche con-crete, queste vengono considerate come “casi” o“dati positivi” per documentare, nei fatti, quella cheè la bontà di un partito preso. In tal senso considero entrambe queste posizioniancora figlie della modernità, incapaci di riconosce-re la cesura che si è verificata col 1989 (data con-venzionale!) da cui ha preso avvio per lo meno unanuova fisionomia della contemporaneità. Il crollo delle utopie (dico coscientemente “utopie”

e non “ideologie”) ha prodotto il superamento dellacrisi moderna per fare spazio al travaglio dellapost-modernità.È però decisivo accennare almeno all’inequivocabi-le fine di una concezione della storia come progres-siva attuazione di un’idea assoluta che ha segnato letragiche ideologie del secolo scorso. Non senzariconoscere che ciò avviene paradossalmente neltempo in cui globalizzazione, civiltà delle reti,potere di creare e di distruggere l’essere umano,stanno producendo un inedito e inarrestabile pro-cesso di unificazione del pianeta.In questo quadro, qual è la nostra ipotesi di lavoro?Ad essa mi sono riferito in altre occasioni parlandodi meticciato di civiltà. Espressione questa che nonsi intende come una categoria teoretica compiuta,ma vuole suggerire una pista che mi sembra emer-gere dall’ascolto della realtà.Non intendo quindi proporre una riflessione di filo-sofia o teologia della storia, ma solo offrire un pos-sibile orizzonte interpretativo dei complessi, artico-lati e contraddittori fenomeni di cui ci occupiamo inquesta sede. In connessione con la globalizzazione,la “civiltà delle reti” e i poteri delle biotecnologie,stiamo assistendo, negli ultimi decenni, ad un pro-cesso di inedita mescolanza tra i popoli. Seppur questo non rappresenti una novità assoluta,essendo una costante nella storia degli uomini, ilfatto nuovo è che oggi il fenomeno investe la tota-lità del pianeta e possiede una rapidità da progres-sione geometrica.

Con l’espressione meticciato di civiltà quindi, miriferisco ad un processo in atto che non chiede ilpermesso di accadere, che non indica né una teoriasull’integrazione culturale, né una categoria com-plessiva di comprensione della realtà, ma vuolesemplicemente registrare una situazione di fatto checi sta dinanzi e che coinvolge ciascuno di noi come

UN RISCHIODA EVITARECardinale Angelo Scola Patriarca di Venezia

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I N T E R V E N T I

singoli individui e come membri di corpi intermedie di società civili.Non sarà inutile ribadire che quando parlo di metic-ciato di civiltà lo interpreto come il Larousse che lodefinisce: «production culturelle résultant de l’in-fluence de civilisations en contact». L’accento è quindi posto sul genitivo (ad un temposoggettivo ed oggettivo) «di civiltà» per sottolinea-re che nel mescolamento di uomini e popoli in attonel pianeta, si attua un fenomeno di incontro e dicompenetrazione più o meno violenta di culture cheinesorabilmente mettono in discussione il fatto“nazione”, le relative certezze etiche e domandanonuove formulazioni giuridiche con la connessanecessità di un’inedita delimitazione dei poteri.A conferma della natura evolutiva propria del feno-meno meticciato di civiltà, voglio citare una rifles-sione del Cardinale Giacomo Biffi nel suo recentegustoso volume: Pinocchio, Peppone e l’Anticristo.

Nel saggio dedicato alla rivoluzione francese ilCardinale afferma: «Le idee si condividono, si criti-cano, si modificano, si rifiutano, si limitano, si svi-luppano. I fatti invece sono duri, sono immutabil-mente quello che sono: nei fatti ci si imbatte, con ifatti si devono fare i conti. I fatti, per così dire, nonsono trattabili; ma non è detto che non sia lecitogiudicarli. Di fronte agli avvenimenti, tutti – cre-denti o non credenti – possono e devono attribuirsi

l’impegno, o almeno compiere il tentativo, di cono-scerli nel loro svolgimento; di comprenderli nellaloro dinamica e nei loro nessi; di chiarirne, se ci siriesce, le premesse e le ripercussioni (…) Il creden-te sa (o dovrebbe sapere) che ogni evento umano èil risultato delle libere decisioni delle creature, intutta la loro varietà e complessità, e al tempo stes-so della libera e sovrana volontà del Creatore.Orbene, la consapevolezza di questo misterioso efecondo sinergismo (…) determina il nostro atteg-giamento tipico e irriducibile di fronte alla storia» .

Mi permetterei di integrare l’osservazione del sem-pre acuto Cardinale, dicendo che la storia più cheun susseguirsi di fatti, è piuttosto il loro intrecciarsicomplesso e il loro dar vita e dipendere da una mol-teplicità di fattori umani, religiosi, sociali, econo-mici, culturali e politici che suscitano processi. Ed iprocessi storici non devono essere solo giudicati,ma possono vederci come attori liberi e consapevo-li che cercano di orientarli. Innanzitutto conoscen-done i dinamismi e le cause, per poi tentare di scor-gerne e proporne possibili sviluppi. Con i processisi deve criticamente e liberamente interagire percercare di orientarli alla vita buona personale esociale, mediante un buon governo.

G. BIFFI, Pinocchio, Peppone e l’Anticristo, Canta-galli, Siena 2005, 171-172.

Lella Golfo incontra a Roma il Premio Nobel per la pace Rigoberta Menchu.Nel corso dell’incontro si è concordato di organizzare una missione in Guatemala per la realizzazione di un Piano Integrale per laricostruzione dei villaggi rurali distrutti dal recenteuragano.

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I N T E R V E N T I

VALORIZZARE IL CAPITALEFEMMINILE

UN VANTAGGIO PER LACOMPETITIVITÀFederico TessariPresidente della Camera di commercio I.A.A.di Treviso

La mia riflessione sul ruolo della donna trae spuntoda alcuni dati che riguardano la Provincia di Treviso. Il tasso di occupazione femminile è del 53,8%, circa147mila donne. Un dato più alto rispetto a quello ita-liano del 42%, ma più basso del 60% previsto dagliAccordi di Lisbona. Il nostro territorio conta 94mila imprese, quasi tuttemedio-piccole, spesso a conduzione familiare e ladonna riveste un ruolo importante nell’impresa dellanostra provincia. Non è solo esecutrice, ma propositi-va e decisiva nell’individuare e perseguire nuovibusiness. Spesso, purtroppo, il contributo che le don-ne, imprenditrici o lavoratrici, possono offrire allacrescita della nostra economia, non viene valutato conla dovuta attenzione. È bene ricordare che a Treviso ci sono 34mila e 500donne imprenditrici, vale a dire 25 ogni 100 impren-ditori, ed è la seconda provincia del Veneto, dopoPadova, per numero di donne imprenditrici. Tuttavia l’impresa non è una questione maschile ofemminile, ma è un’opportunità. Per questo credoche, più che di nuove leggi, abbiamo bisogno di mag-giori servizi. Penso, ad esempio, ai nidi aziendali. Inprovincia di Treviso, nonostante il grande impegno diUnindustria, ne sono in funzione solo nove. Troppopochi per definire questo servizio rispondente alle esi-genze presenti sul territorio. È nell'interesse di ogni comunità aiutare le donne aconciliare attività lavorativa, impegni familiari e vitapersonale. Il nostro vantaggio competitivo di fronte almondo e al mercato è la valorizzazione del capitaleumano, che nessuno può clonare. E noi non possiamoe non vogliamo rinunciare in partenza alla genialitàdel mondo femminile. Treviso può vantare un primato eccezionale, quello diaver dato i natali a Tina Alselmi, la prima donnadiventata Ministro della Repubblica per ben tre volte.Non si vive però della sola gloria passata, anche se laconsapevolezza delle proprie radici e dei risultati rag-giunti aiuta a guardare al futuro con maggiore fiduciae determinazione. A una faccia del futuro. Considera-to che si parla di sfide della globalizzazione, Europamultietnica e convivenza possibile, intravedo un’altraparte del nostro futuro nelle donne extra-comunitarie. Nella Provincia di Treviso viviamo immersi in uncaleidoscopio etnico di ben 156 nazionalità. Le donneche già lavorano nelle nostre fabbriche e nel settoredei servizi possono diventare un veicolo di vera inte-grazione, non subita, ma voluta e condivisa. Vorrei concludere con una frase del Presidente JohnKennedy che diceva: “È veramente democratico quelPaese in cui nessun cittadino si senta inutile perchénessun cittadino è lasciato inutilizzato”. Per abbattere il tetto di cristallo non bastano la buonavolontà e le capacità personali, ma occorre anche tan-ta volontà politica.

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L E A Z I E N D E I N F O R M A N O

Pare strano, in primabattuta, che VenetoBanca, banca regionaleche fa delle sue radici un valore dadifendere, sia attore diinternazionalizzazione.Da una parte va sfatatoun vizio di fondo chelega al concetto dimercato globale solo le grandi multinazionali o le imprese quotate,dall’altra è necessarioripercorrere l’originalesviluppo di una realtàche punta sulle geo-comunità e sullocalismo. La sapiente e graduale espansionedell’Istituto, ha seguitodue direttive principali.Quella per linee interne con l’apertura di nuove filiali e quelladi acquisizioni checonsentono il rapidopresidio in territorilontani. Con Banca diBergamo e Banca delGarda, il Gruppo VenetoBanca copre oggi buonaparte della fasciapedemontana che siestende dal Friuli allaprovincia orobica. Con Banca Meridiana è presente in Puglia eBasilicata, due delleregioni più dinamichedel Meridione italiano.Al contempo, già nel2000, acquisisce BancaItalo Romena colpreciso intento diaccompagnare gliimprenditori italiani che

hanno delocalizzato inRomania. Banca ItaloRomena nel tempo hasaputo guadagnarsianche la fiducia delmercato locale: aumentainfatti il creditocorporate alle impreseromene, che orarappresentano oltre il40% della clientela.Oggi la prima banca di diritto italiano inRomania ha più di6.000 clienti, 7 agenzienelle più importanticittà romene, oltre agli uffici direzionali di Treviso, e un utile incontinua crescita,divenendo cosìintermediario affidabileper i processi diinternazionalizzazione,sia ad opera diimprenditori italiani, sia stranieri. Il direttore generale diVeneto Banca,VincenzoConsoli, consideravincente la conoscenzadel tessuto economico edella cultura delterritorio dove si opera:fattore determinate inItalia e necessità quandosi va all’estero. Forte diquesta consapevolezza,lo scorso ottobre VenetoBanca apre il nuovoufficio di rappresentanzaa Shanghai, il secondoin Cina dopo quello diHong Kong. Entrambigestiti da Sintesi2000srl, società con sede a Milano, partecipata

da Veneto Banca especializzata nellaconsulenza perl’internazionalizzazionedelle imprese. Con Sintesi 2000l’Istituto può fornire un importante appoggioagli imprenditoripresenti in estremooriente, fornendoconsulenza, informazionirischio Paese, e servizicaratterizzati daun’impronta marcatamente“commerciale”.All’economia italiana,in un contesto diinternazionalizzazione,non mancano leopportunità, ma, piùspesso, la formazione, lacultura e la preparazionenecessarie a coglierle.Ed anche in questadirezione, Veneto Bancasi è invece mossa congrande intraprendenza,organizzando un ciclodi formazione “Fare impresa in unmondo che cambia”:incontri a duratasemestrale perchéimprenditori e manager

possano affrontare ilcambiamento socio-economico in atto con competenzeaggiornate, grazie alladocenza di studiosi dichiara fama: Jean-PaulFitoussi, RiccardoVaraldo, Enrico Finzi,Aldo Bonomi, AlbertoForchielli, MarioSarcinelli, FrancescoGavazzi, FabrizioOnida, Gian MariaGros-Pietro, GuidoCorbetta, FedericoButera, Domenico De Masi. Posto che non esistono soluzioniunivoche, si delinea la possibilità di uncapitalismo di territorio,ovvero diventareinternazionali senzaperdere la propriadifferenza: VenetoBanca segue la propriapeculiarità di bancalocale, dove il “locale”continua ad indicarerealtà sempre nuove esempre più numerose.Si parla già di nuovipossibili investimenti in Moldavia.

Il caso Veneto Banca

MERCATO GLOBALE Si può continuare a credere nel locale

Vincenso Consoli Direttore generale Veneto Banca

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L E A Z I E N D E I N F O R M A N O

Il Gruppo Gemmo,leader nell’impiantisticatecnologica e nei piùsignificativi segmentidel facility management,è un positivo esempiodi passaggiogenerazionale e diimprenditorialità, ancheal femminile,anticipatrice dei tempi e capace di cavalcarei mercati con giusteintuizioni e prodottivincenti. Nei suoi ottanta anni diattività ha fatto moltastrada, esportando ilsuo know-how dalVeneto in tutta Italia ed in diverse parti del mondo. Mauro ed Irene,Susanna e Corinnarappresentano la terzagenerazione Gemmo e tutti e quattro sonoimpegnati in primapersona, in diversi ruoli,nella gestione delGruppo che dal ’98 havisto un incremento del17% nel valore della suaproduzione. E’ Susanna che ci parladell’attività e delleprospettive dell’azienda. La Vostra aziendaopera dal 1919, come è cambiato il vostrobusiness? Che ruolo ha l’innovazione? L’innovazione è lacostante della nostraattività; il miglioramentodella qualità e dellasicurezza di impianti eservizi la nostra rispostaalle esigenze del

mercato. Abbiamoiniziato nel 1919nell’allora innovativosettore dell’energiaelettrica, estendendopresto il core businessall’impiantisticatecnologica più avanzatache ci vede leader nellarealizzazione e gestionedi grandi infrastrutture(aeroporti,stazioni,tunnel, ferrovie,ospedali, teatri). Negli ultimi 10 anni lanostra azienda è statafortemente impegnatanei due emergentisettori del Facilitymanagement e delferroviario, nei quali è oggi una affermatarealtà nazionale. Con successo ci siamomisurati con gliinnovativi strumentidella finanza diprogetto e delle societàmiste, contribuendo allacostruzione e gestionedi importanti opere siainfrastrutturali, come il Nuovo Niguarda, che di trasporto.La Vostra aziendaopera in un campoconsiderato“maschile”.Cosa vuol dire per unadonna avere in questoambito un ruolo diresponsabilità?Vedere oggi figurefemminili ricoprireruoli di responsabilitàin una società nonsorprende più come inpassato. Credo che ladeterminazione, laprofessionalità, le

capacità manageriali ed imprenditoriali e,ancor più se donna, lamassima ottimizzazionedel proprio tempo,siano comunque glielementi vincenti.Gemmo è ormai unarealtà di rilevanzanazionale, come vi state confrontando con le sfide dellaglobalizzazione?La Gemmo è all’esteroda tempo, quando diglobalizzazione siparlava ancora poco. La nostra sede è sì aVicenza, ma da annisiamo presenti inArgentina, Libia,Egitto, Romania oltreche nelle principali cittàitaliane. Sono oltre1200 i nostri dipendentinel mondo. Non a caso siamo statiscelti, tra competitoriinternazionali, pergestire realtà complessee prestigiose come la Biblioteca diAlessandria d’Egitto e l’Aereoportointernazionale diBucarest. Del resto il nostro attualeposizionamento neiBalcani, nelMediterraneo e in sudAmerica ci consentiràdi estendere la nostrapresenza in questibacini geografici. Adesempio realizzeremoin Turchia gli impiantitecnologici del tunneldi Bolu nella AnatolianMotorway.

GEMMO PROGETTI PER UN MONDO MIGLIORE

Susanna GemmoResponsabile dei Servizi Generalidel Gruppo Gemmo

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I N T E R V E N T I

Come sempre, la Fondazione sa porsi - con incontri, seminari e pubblicazioni - al centro di tematicheessenziali per la crescita culturale, politica ed economica del nostro Paese. E non solo a vantaggio delledonne, ma dell’insieme della società italiana. Multiculturalismo e Globalizzazione rappresentano sfide culturali, politiche ed economiche che interessa-no tutto il mondo occidentale. E non riguardano esclusivamente la sfera politica, economica o del diritto,ma la psicologia individuale, l’identità culturale, l’offuscamento o meno di ruoli e figure sociali. Comeconciliare, ad esempio, le radici della nostra nazione con il ‘nuovo’ che a volte sembra travolgerci? Un‘nuovo’ a cui non possiamo rinunciare e che richiede adeguati strumenti culturali, politici, sociali ed eco-nomici. Credo che nessuno possieda oggi una previsione certa del futuro. Proprio per questo bisogna attra-versare il presente con pochi punti di riferimento: da un lato la comprensione e la tolleranza, dall’altro lacertezza delle regole e il loro rispetto. Non è, a mio avviso, una sintesi difficile, ma una strada obbligata. Per quanto riguarda l’ambito prettamente economico del Seminario “Donna, Economia & Potere”, la scel-ta del Veneto e di Treviso è quanto mai opportuna, sia per l’esperienza economica di questa Regione, siaper la sua vocazione all’internazionalizzazione e all’export. Penso che questa realtà possa essere una sor-ta di laboratorio per le esperienze che dovranno essere sviluppate per il rilancio della nostra economia.Basti ricordare che, fino al 2001 e ininterrottamente per 25 anni, il PIL del Veneto è cresciuto con tassi adue cifre e dunque con un modello di sviluppo che oggi definiremmo “cinese”. Questo dato di partenza inquadra la situazione attuale e la crisi in atto. Una crisi che da un lato pone pro-blemi di riorganizzazione e d’innovazione alle imprese, ma dall’altro obbliga i pubblici poteri a intrapren-dere strade nuove e a fornire un quadro di riferimento programmatico certo e realistico. In sostanza, per riprendere un circuito virtuoso di crescita economica e benessere sostenibili, dobbiamocompiere il salto di qualità necessario a rimuovere strozzature e nodi strutturali e aiutare quel fattore dicompetitività non legato solamente alla capacità di esportare e produrre ma anche di attrarre capitali einvestimenti. Emerge in maniera chiara l’esigenza di una nuova forma di integrazione e coesione sociale, basata nonsolo sulla capacità di reddito attuale, ma sulla riqualificazione del cosiddetto capitale sociale. E il tema del-l’innovazione è, in questo scenario, uno snodo cruciale, che consente di riproporre il ruolo delle PMI. Losviluppo della nostra economia, infatti, è stato anche caratterizzato dalla loro capacità di reinterpretare pro-dotti e servizi anche in settori industriali maturi o a forte intensità del lavoro. Credo, quindi, che organiz-zazione delle filiere produttive in piccoli operatori specializzati, capacità del sistema di riconfigurarsi inmodo flessibile, rinnovamento costante di capacità e forme imprenditoriali, distribuzione sociale di cono-scenza tecnica e produttiva, siano tutti fattori da valorizzare, proponendo innesti coerenti con la tradizionedella cultura locale.

VENETOLaboratorio di competitività e globalizzazione

Fabio GavaAssessore alle Politiche Economiche e Istituzionalidella Regione Veneto

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I N T E R V I S T E

L’Europa, divisa sulla guerra in Iraq, è unita nella lotta al terrorismo. Quali sono i passi concreti compiuti in questi mesi?

Abbiamo accresciuto la cooperazione tra forze dipolizia, autorità d’investigazione e servizi di intelli-gence. Tutti i Paesi Europei sono oggi convinti che,senza un coordinamento vero, la lotta al terrorismonon può iniziare.

Ci sarà una rete di scambio informativo con acces-so diretto alle banche dati; un sistema per trattenerei dati del traffico telefonico e delle comunicazionivia internet; strumenti più forti per magistrati e for-ze di polizia e meccanismi per prevenire il recluta-mento di terroristi.

Quindi anche un’attività politica di concerto concomunità musulmane e Paesi arabi moderati per sra-dicare le ragioni della violenza e dell’estremismo.

Quindi si indica la via della democrazia e del controllo?

Certamente, sì! L’Europa può e deve incoraggiare iprocessi di trasformazione democratica in corso inmolti Paesi arabi, senza imporre il nostro modello,ma aiutandoli a modernizzare le loro società. Una grande alleanza internazionale per garantire ildiritto di ogni persona alla vita.

Il nostro Paese, come altri del Sud Europa, è molto esposto all’immigrazione. La soluzione non può essere né la repressione,né l’apertura totale delle frontiere. Qual è la via giusta da perseguire?

Stiamo elaborando una strategia che ha due grandipiste. Una è la solidarietà. Vogliamo elaborare una strategia comune europeafatta di accoglienza per chi rispetta le leggi e inte-grazione.

La seconda pista è la tolleranza zero verso i traffi-canti di esseri umani, attraverso la cooperazionecon i Paesi d’origine come Tanzania e Costa d’Avo-rio e con quelli di transito come Marocco, Egitto,Libia e Tunisia.

Stiamo organizzando una grande conferenza euro-africana. Al riguardo presenterò, al Consiglio deiMinistri dell’Interno dei 25 Paesi Europei, una pro-posta operativa contro l’immigrazione clandestinache bilanci solidarietà da un lato e prevenzione erepressione verso chi viola le nostre leggi dall’altro.

I fatti di criminalità che spesso coinvolgono gli immigrati rischiano di rendere difficili i rapporti con i nostri cittadini. È sufficiente la rete di repressione della microcriminalità?

Certamente non basta. Ci vuole una strategia politi-ca. In primo luogo, per spiegare ai cittadini che ireati vanno puniti caso per caso e non deve diffon-dersi la fobia dello straniero che spesso sono le pri-me vittime della microcriminalità.

Proprio a proposito di donne, sto elaborando unastrategia europea contro la tratta delle donne vittimedi sfruttamento sessuale.

Sono vittime anche del piccolo imprenditore edile…

Che con il lavoro nero le sfrutta due volte. Pochi giorni fa, ho presentato una comunicazionedell’Unione Europea sul traffico di esseri umani,dedicata alle donne sfruttate per ragioni sessuali eaprirò il tema della prostituzione a livello europeo.

Detto questo, xenofobia e razzismo sono frutto diuna civiltà e di una cultura che rifiutiamo. Siamo la terra dei diritti, della democrazia e dell’o-spitalità.

L'EUROPA MULTICULTURALEa colloquio con il Vice Presidente Frattini

di Giuliana Del Bufalo Direttore Comunicazione e Immagine Rai

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T A V O L A R O T O N D A

È stato compito di Giustina Destro, Responsabiledella Fondazione Bellisario in Veneto, impareggia-bile coadiutrice nell'organizzazione di Donna, Eco-nomia & Potere, aprire i lavori della VI Edizione delSeminario. “Tutti noi - esordisce - abbiamo coscien-za di dover fare i conti con una realtà che apre nuo-vi orizzonti, nuove sfide per una società globale incui non esistano più, come limiti invalicabili, appar-tenenza etnica o il colore della pelle”. La sua analisi è incentrata sulla velocità e sulla for-za d'urto proprie del processo di globalizzazione inatto. “Questo è il momento della svolta, anche se iproblemi sono tanti in una società evoluta, ma tradi-zionale come la nostra”. Che fare quindi? “Questoevento può essere governabile, a patto che si formiuna nuova mentalità”. Secondo la Destro, bisogna trovare la forza e la capa-cità operativa per trasformare le paure in occasioni dicrescita sociale, economica e culturale. “Dobbiamo guardare lontano delineando un futurocompatibile nel quale vanno colte le occasioni di rin-novamento, ma senza perdere le preziose esperienzee la saggezza della nostra gente”. E conclude conforza: “La necessità di ‘dare la scossa’ al nostro siste-ma-paese, all'Europa intera deve diventare un vero eproprio impegno continuativo. Una volta usciti dalle

belle sale dei nostri convegni, quella ‘scossa’ pro-grammata deve essere tradotta in pratica”.

“Donna, Economia & Potere è da sempre unmomento di incontro e confronto di altissimo livelloper approfondire le ragioni dell’empowerment fem-minile”. Con queste parole, il Presidente di Unindu-stria Treviso Andrea Tomat ha iniziato il suo inter-vento al Seminario della Fondazione Bellisario. “Quest’anno date voce a questioni complesse maineludibili per la crescita delle generazioni future.Società multiculturale e globalizzazione sono, infat-ti, due grandi motori di cambiamento della societàitaliana ed europea che, sono convinto, consentiran-no un ulteriore protagonismo delle donne, offrendol’opportunità di esprimere i talenti di cui sono porta-trici”. E nel suo intervento di saluto, il Presidente diUnindustria tiene a esprimere il proprio apprezza-mento per l’impegno costante della Fondazione Bel-lisario, “grande risorsa per il Paese, punto di riferi-mento per le donne imprenditrici, occasione diaggregazione e di formazione per le più giovani”.“Per questa ragione - conclude Tomat - sono parti-colarmente soddisfatto che la Fondazione abbia sta-bilito da tempo un’intensa collaborazione con Con-findustria e le associazioni territoriali come Unindu-

OLTRE IL CONFLITTOLA CONVIVENZA POSSIBILE

La prima Tavola Rotonda ha affrontato le complesse problematiche di una societàmulticulturale, in bilico tra civiltà a confronto, spesso divisa tra diritti e doveri dicittadinanza, princìpi di tolleranza e di sicurezza.

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T A V O L A R O T O N D A

stria Treviso. Una collaborazione che vogliamointensificare perché consideriamo fondamentale lavalorizzazione delle grandi potenzialità ancora ine-spresse dall’universo femminile”.Secondo il Direttore Comunicazione e Immaginedella Rai, Giuliana Del Bufalo, moderatrice deldibattito, i temi scelti dalla Fondazione per la VIEdizione di Donna Economia & Potere “sonoentrati nella nostra vita quotidiana e vivono nellenostre coscienze. Il compito di affrontarli e risol-verli non spetta solo a istituzioni e politica”. Anche perché la convivenza ha effetti sul vissutodei cittadini. “Tante città - dichiara la Del Bufalo -hanno visto diminuire il livello di sicurezza e qua-lità della vita, anche se non sempre per colpa diret-ta degli immigrati, ma piuttosto per il determinarsidi situazioni di criminalità in cui spesso gli stranie-ri vengono sfruttati”. La causa dell’instaurarsi disentimenti di ansietà e meccanismi di difesa nelnostro tessuto sociale va imputata, secondo lamoderatrice, al fatto che “oggi dal Sud del mondoarrivano masse di persone che giungono in una ter-ra ‘promessa’, dove in realtà vi sono più promesseche opportunità.Al contrario, i nostri emigranti nei primi decennidel secolo partivano verso Paesi dove quasi tutto

era da costruire”. Una diversità che, però, secondola Del Bufalo, “non deve assolverci dalle nostreresponsabilità”. Responsabilità che attengonoanche a un ambito comunitario. E sull’importanzadi definire una politica europea dell’immigrazionenon ha dubbi il Responsabile Welfare dei Ds LiviaTurco. “Non è un’impresa facile perché l’Europa è fatta diPaesi con storie migratorie molto diverse e gli Statimembri hanno dimostrato in altri frangenti di esse-re poco disponibili a cedere sovranità su questotema. Inoltre - continua la Turco - le politichecomunitarie devono tener conto che i rapporti con iPaesi da cui provengono i flussi migratori non pos-sono basarsi solo su accordi riguardanti la riammis-sione dei clandestini. È necessario, invece, rafforza-re politiche di cooperazione e partnership sulla basedi quattro elementi: impegno alla riammissione deiclandestini; politiche di quote d’ingresso regolari;strategie efficaci di cooperazione allo sviluppo; lot-ta alla tratta di donne e di bambini”. E, oltre a poli-tiche concrete, l’On. Turco parla di un’integrazionefondata su rapporti umani. “Gli immigrati - conclu-de - non sono più una società a parte, ma parte inte-grante di essa: nelle scuole, nei quartieri, nei luoghidi lavoro e di incontro. Trovo sia dannoso per la

a sinistra:Giustina Destro, Responsabile della Fondazione Bellisario in VenetoAndrea Tomat, Presidente Unindustria Treviso a destra:Giuliana Del Bufalo, Direttore Comunicazione e Immagine della Rai Livia Turco, Responsabile Welfare dei Ds

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nostra sicurezza continuare a non riconoscere questo cambiamento e a parlared’immigrazione esclusivamente in termini di clandestinità”.Su questo fronte il Sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli ribadisce peròl’impegno dell’Italia che “si è battuta in prima linea per la definizione di poli-tiche comunitarie sull’immigrazione e per proporre programmi specifici sultema dell’integrazione razziale”. Per quanto attiene alla situazione italiana,l’On. Santelli è convinta che il carcere sia “il luogo dove possiamo individuarecon dieci anni d’anticipo i problemi della società di domani. Il 50% dei giova-ni detenuti, infatti, è di nazionalità straniera”. E proprio la realtà carceraria, adetta del Sottosegretario, rappresenta non solo un caleidoscopio delle proble-matiche che nel futuro la società italiana si troverà ad affrontare, ma anche unmodello per un efficace sistema d’integrazione. “Nei carceri esistono corsi dialfabetizzazione per gli stranieri e detenuti di origine araba tengono lezioni sul-la propria lingua agli italiani”. Sulla centralità del problema della giustizia nonha comunque dubbi la Santelli, dal momento che “sempre più frequentementele persone arrivate clandestinamente nel nostro Paese finiscono nelle spire del-la criminalità”. Per fronteggiare questa situazione “diventa basilare che, chiviene nel nostro Paese, accetti e rispetti le nostre regole di vita. E su questo nonesiste nessuno sconto di identità culturale”.Dei passi compiuti nel processo di integrazione degli immigrati ha parlatoAnna Maria D’Ascenzo, Capo Dipartimento per le libertà civili e l’immigra-zione del Ministero dell’Interno. “Basti pensare - dichiara - a quante personesono state accolte nel nostro Paese negli ultimi anni”. Da quattro anni a capodel Dipartimento “nato appositamente per un governo positivo dell’integrazio-ne nel nostro Paese”, la D’Ascenzo è anche Presidente del Comitato contro lediscriminazioni e l’antisemitismo. “Grazie a quest’incarico - prosegue - ho par-tecipato a diversi osservatori. Abbiamo, ascoltato diverse realtà per scoprirequali problemi di discriminazione avessero incontrato nel nostro territorio. Lacomunità islamica, per esempio, è quella che presenta maggiori problematicheperché è costituita da realtà così diverse e sfaccettate - non solo in Italia ma intutto il mondo - difficili da riconoscere e avvicinare attraverso intese costrutti-ve. Nonostante ciò - conclude il Prefetto - ci ha fatto molto piacere che l’unicarealtà islamica riconosciuta con personalità giuridica dallo Stato italiano, abbiadichiarato di aver trovato in Italia l’integrazione migliore rispetto a tutti gli altriPaesi europei”. Diversa l’esperienza sul campo di Simonetta Matone, Sostituto Procuratore alTribunale minorile di Roma, secondo la quale è necessario esaminare le duefacce del fenomeno immigrazione. “Da una parte - dichiara - non possiamo farea meno degli immigrati perché gran parte del nostro sistema economico si basasul lavoro meritorio svolto da soggetti, moltissimi dei quali clandestini, chefanno lavori che gli italiani non vogliono più fare. Ma l’altra faccia dell’immi-grazione, quella con la quale mi scontro tutti i giorni, è rappresentata dai reaticommessi dagli immigrati e dai centri d’accoglienza pieni di donne, in granparte islamiche, maltrattate”. E parla della propria trincea quotidiana il Sostitu-to Procuratore. “A luglio del 2004 - prosegue - in dieci giorni, su 66 minoriarrestati 60 erano rumeni, 4 provenienti dall’area mediorientale e 2 italiani. Inuna recente udienza preliminare, su 31 procedimenti, 26 riguardavano ragazzidi etnia per metà rom e rumena, 4 erano albanesi, 1 italiano. E sono i dati coni quali facciamo i conti tutti i giorni. Realtà di questo genere non ci arricchisco-no, piuttosto minano fortemente il nostro tessuto sociale”. È molto decisa nel-l’analisi delle possibili soluzioni, la Matone. “Credo che l’unica forma di coa-bitazione sia una collaborazione che passa attraverso un quadro di legalità. Miriferisco, per esempio, ai nuclei familiari che provengono da Tunisia, Algeria oLibia, in cui l’identificazione tra precetto religioso e regola di vita pone graviproblemi di ordine pubblico. Non possiamo consentire a queste persone di con-siderare moglie e figli proprietà privata. E non si tratta di tolleranza zero. Piut-

dall’alto in basso:Jole SantelliSottosegretario alla Giustizia Anna Maria D’Ascenzo Capo Dipartimento perle libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’InternoSimonetta MatoneSostituto Procuratoreal Tribunale minorile di Roma

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tosto, bisogna partire dalla considerazione che all’interno del nostro territorionon possono essere ammesse realtà ordinamentali diverse e quindi antisociali”.Per Massimo Papa, consulente di marketing e organizzazione del lavoro, inve-ce, la convivenza è una realtà ineludibile e da cui il nostro Paese può trarre van-taggio. “Gli immigrati regolari in Italia - dichiara - sono attualmente circa3milioni e nel 2010 si prevede saranno 5 milioni, il 10% della popolazione ita-liana. Non solo, dunque, è una realtà con cui convivremo, ma vista la crescitazero della nostra popolazione, rifiutare l’incremento numerico è un errore. Un altro dato interessante - continua Papa - riguarda il livello di scolarizzazio-ne degli immigrati, superiore a quello italiano. Significa che nel nostro Paesearrivano persone più istruite di noi, competenti in materie scientifiche - quellein cui noi italiani siamo più carenti - e che dunque rappresentano un grossopotenziale e una risorsa che l’Italia dovrebbe sfruttare”. Una conclusione cau-ta, ma all’insegna della positività la sua: “La convivenza è possibile, se si adot-tano le misure adeguate”.Parole di plauso alla Fondazione anche da parte del Sottosegretario al Ministe-ro dell’Interno Michele Saponara, che porta i saluti del Ministro Pisanu. “Sono grato di poter partecipare a un dibattito brillante, vivace e costruttivo chemi ha fatto apprezzare ancora una volta la qualità culturale e intellettuale delledonne”. E Saponara entra subito nel vivo delle tematiche affrontate nel corsodella giornata. “La questione dell’immigrazione ci ha colti all’improvviso eanche l’Europa sembra aver assunto solo adesso consapevolezza del problemae della necessità di affrontarlo unitariamente. Abbiamo il dovere di trattare bene gli immigrati e di garantire loro un’esisten-za dignitosa - sottolinea il Sottosegretario - ma l’immigrazione deve essere unarisorsa e non un’occasione di disordine. Dobbiamo conciliare solidarietà e sicu-rezza, accogliere e garantire integrazione intraprendendo le giuste vie”. E a questo proposito, Saponara illustra l’impegno concreto del Governo: “agliaffari costituzionali - dichiara - abbiamo in sospeso tre leggi: diritto d’asilo, cit-tadinanza italiana e libertà di religione. Inoltre, il Ministro Pisanu ha istituito laConsulta per l’Islam moderato, con carattere solo consultivo e che sarà forma-ta da personaggi importanti del mondo arabo e cattolico. Spero siano coinvolteanche esponenti donne, perché la questione femminile nel mondo islamicodeve essere recepita anche da noi ai fini della possibile integrazione”.

dall’alto in basso:Massimo PapaConsulente di marketing e organizzazione del lavoroMichele SaponaraSottosegretario al Ministero dell’Interno

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affrontare con successoun mondo sempre piùglobalizzato, dalledinamiche veloci eimprevedibili.Promosso da LouGerstner, CEO di IBMa metà degli anni '90,il nostro processo di gestione delle diversitàpartì dal lavoro di 8task-force - gruppi diuna ventina di managersenior uniti dallacondizione d'esseredonne o neri o ispanicio gay - istituite perdiscutere del modo incui la “specificità” erapercepita in azienda e

del contributo cheavrebbe potuto dare alla Corporation. Le donne affrontaronotemi come stereotipi, lacarriera, l'efficacia neldialogo con il mercatodando quindi vita aidee e progetti sul work& life balance. Con illavoro dei gay si èelevato il livello difidelizzazione da partedi quanti si sentonovicini ai loro valori. E se i neri hannoprevalentementediscusso di formazione,di criteri di assunzioneo di nuovi target, i

Invitate le persone ariunirsi e a dialogare,prescindendodall'identità e dallaspecificità di ognuno,dai bisogni e dallelegittime aspettative,dallo stesso luogofisico in cui si trovano. Fatelo ogni giorno,sfruttando i vantaggidi una tecnologia cosìpresente e pervasiva. L'approccio allasoluzione dei problemimuterà radicalmente.Un forte coinvolgimentoemotivo, l'esaltazionedelle differenti visionidel mondo, lasollecitazione versomodi di pensare“diversi”: tuttoconcorrerà a individuarele risposte, utili per se stessi - in termini dimotivazioni e di carriera - e per lestrategie aziendali; per offrire ai clienti, e al nostro viverequotidiano, le soluzionipiù innovative e più efficaci. Non deve allora stupirese proprio IBM ne ha fatto un modusoperandi e se ivantaggi in termini dicapacità competitivache ne ricavaconsentono di

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L E A Z I E N D E I N F O R M A N O

DONNEDIVERSITÁ E GLOBALIZZAZIONEdi Chiara Grosselli,Direttore Comunicazioni IBM Italia e membro dell'EWLC, European Women Leadership Council.

portatori di handicaphanno spinto la ricerca ad ampliarele frontiere delle tecnologie accessibili.Un esempio? A Chieko-san, unanostra ricercatricegiapponese,ipovedente, il meritodell'invenzione di un software che nonpreclude Internet a chi ha gravi problemidi vista. Il processosulla diversity, indefinitiva, si è evolutotanto che IBM puòoggi contare sul lavorodi 8 task-forceinternazionali e 175gruppi in tutto il mondo. In Italia il diversitymanagement è ancorafortemente “al femminile”. Ma con evidentirisultati. Tanto nellaconquista di condizionipiù vantaggiose - comela possibilità dilavorare da casa suprogetti, nazionali einternazionali, e digestire più liberamentel'orario di lavoro -quanto nel pesocrescente, in termini diposizioni, che le donnehanno via via assunto.

Oggi sono 2200 (il31,5% del totale) sucirca 7000 dipendenti.Il 18% ha posizionimanageriali: e proprioquattro donne sono alla guida di areeimportanti di IBMItalia come ilmarketing,la comunicazione, il legale, le risorseumane, la piccola-media impresa.

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I N T E R V E N T I

La Fondazione Bellisario è ormai una realtà di rilevanza internazionale chetestimonia le storie di successo al femminile. A Lella Golfo, presidente dellaFondazione, va tutta la mia stima per la determinazione e l’entusiasmo con cuiporta avanti da molti anni questa attività. Il mondo femminile è ormai protago-nista a pieno titolo delle grandi sfide internazionali ed è un pilastro fondamen-tale nelle scelte politiche.

Nella missione Confindustria in Cina, la prima insieme al Presidente dellaRepubblica Carlo Azeglio Ciampi, ho avuto occasione di incontrare, tra l'altro,il vice primo Ministro cinese: una donna di personalità energica, moderna, checonosce la Ferrari, la moda e l’arredamento del nostro Paese. Siamo diventatiil primo partner commerciale di una delle tre più grandi regioni cinesi, quelladello Jiangsu nell'area di Nanchino, a dimostrazione dell’enorme potenziale delnostro mondo imprenditoriale nel panorama internazionale. Lo stesso è avvenuto con l'India dove, dopo la nostra missione di febbraio, l'in-terscambio commerciale è aumentato del 46%.

A fine novembre Confindustria, alla guida di oltre 600 imprenditori in rappre-sentanza dei grandi gruppi bancari e industriali e delle PMI, è andata in Tur-chia. Questa missione si proponeva di determinare un salto di qualità nelle rela-zioni economiche tra i nostri due Paesi. Oggi l’Italia è il secondo partner com-merciale della Turchia ma non dobbiamo sentirci appagati. Sono certo che, dainumerosissimi incontri di business che abbiamo realizzato, scaturiranno altreimportanti collaborazioni.

Confindustria ha fatto dell’internazionalizzazione uno dei suoi cavalli di batta-glia. Oltre alla Cina, l’India e la Turchia abbiamo organizzato missioni impren-ditoriali anche in Bulgaria e Croazia. Per il 2006 l’agenda è fitta di appunta-menti: andremo in Brasile e negli Emirati Arabi e, nel mese di febbraio a Paler-mo, è previsto un meeting con i Paesi del Mediterraneo in cui il nostro Sud saràvetrina d'eccellenza per l'Italia e per l'Europa.

In tutto questo, le donne e i giovani hanno un ruolo sempre più importante.Aprire le finestre al mondo, affrontare nuovi mercati, creare joint venture,instaurare rapporti con Paesi che possono rappresentare grandi opportunità perprodotti, uomini, creatività e stile di vita italiani, è un'occasione di successoineguagliabile.

Siamo interpreti di un momento di grande trasformazione, in cui il settore indu-striale sta recitando una parte fondamentale. Le nostre imprese stanno diffon-dendo nel mondo oltre alla qualità anche le potenzialità di tanti uomini e di tan-te donne, imprenditrici e non, del nostro Paese.

Dal videomessaggio del Presidente di Confindustria al Seminario "Donna,Economia & Potere".

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE CAVALLO DI BATTAGLIA DI CONFINDUSTRIA

MONTEZEMOLO

DONNE ORMAI PILASTRO DELLE SFIDE INTERNAZIONALI

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Luca Cordero di MontezemoloPresidente di Confindustria

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Stretta sinergia tra multiculturalismo e globalizzazione e strategie per gestire al meglio le due sfide sono alcentro dell’intervento del Sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi. “Oggi, le società europee devonoconfrontarsi con una globalizzazione che sta cambiando la struttura del commercio globale, ma anche conun drastico spostamento di risorse finanziarie e umane che mette in discussione la coesione delle nostrecomunità e costringe a rivisitare i tradizionali modelli di protezione sociale”. Di fronte a queste sfide -sostiene Sacconi - ci troviamo in una sorta di trappola: per produrre crescita bisogna favorire i processi diapertura delle società, ma la mancanza di crescita induce sentimenti di chiusura e atteggiamenti difensivi”.La soluzione? “Credo spetti ai decisori europei individuare la direzione di marcia, che non può che essereil completamento del mercato unico interno e l’apertura progressiva al commercio globale, accompagnatida cinque azioni fondamentali”. E il Sottosegretario elenca le priorità: “politiche commerciali difensivenon contraddittorie con l’apertura; profonda riforma dello stato sociale; forti investimenti su capitale uma-no e giovani generazioni; infrastrutture e ricerca di base e applicata”. Secondo Sacconi, in sostanza, “biso-gna coniugare una politica economica che non freni, ma acceleri lo spostamento di risorse umane, econo-miche e produttive e fare in modo che vi sia partecipazione e consenso attorno a questo dinamismo”. I suoiauspici per il futuro? “Un’Europa che abbia la cultura cosmopolita inglese, la penetrazione delle tecnolo-gie della Finlandia, la produttività industriale della Germania, i livelli di occupazione della Danimarca equelli di uguaglianza svedesi, la crescita economica dell’Irlanda, gli standard educativi della Norvegia, lapubblica amministrazione francese, il glamour del Made in Italy nel disegno di prodotti di consumo. Unprogetto realizzabile se privilegiamo la logica del dinamismo e della contaminazione rispetto a quella del-la stagnazione e delle barriere”.E la conclusione del suo intervento è una vera iniezione di fiducia per la proposta lanciata dalla Fondazio-ne Bellisario. “Voglio esprimere condivisione e sostegno all’idea lanciata da Lella Golfo di individuaremeccanismi di sostegno alla parità di opportunità. Un valore - dichiara Sacconi - fondamentale in unasocietà dinamica e inclusiva. Il nuovo garante non dovrebbe però essere concepito in una visione formali-stica, ma nella logica anglosassone della soft low, dell’approccio per obiettivo più che per regole”.Una sfida, quella della globalizzazione dei mercati che, a detta della giornalista Alessandra Carini, mode-ratrice del dibattito, l’Italia non affronta per la prima volta. “Il nostro Paese è stato protagonista di una glo-

La seconda Tavola Rotonda ha ospitato il confronto tra importanti imprendito-ri, rappresentanti politici e istituzionali. Tutti hanno fornito diversi approcci dicomprensione del fenomeno globalizzazione e ipotesi risolutive. Il risultato èstata una lettura esaustiva e costruttiva di una fase decisiva per il futuro delnostro Paese.

MERCATO GLOBALELIMITI E OPPORTUNITA’

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balizzazione già nel ‘500, quando i mercanti genovesi e veneziani vendevano le merci a tutto il mondo. Difronte all’attacco competitivo delle produzioni tessili delle Fiandre difesero salari e privilegi, con il risul-tato di portare l’Italia al declino, facendola tornare un paese agricolo. Nell’immediato dopoguerra inveceuna classe politica lungimirante decise di rompere gli equilibri e fare un salto in avanti”. L’atteggiamentogiusto, secondo la Carini, dovrebbe essere dunque quello di “ricollocare le nostre paure in un ambito piùvasto per tentare, se non altro, di sedarle”. Dando la parola agli imprenditori, la prima voce critica nei confronti dei processi di globalizzazione vieneda Giannola Nonino. “Io, producendo grappa, mi sento una no global. E credo - afferma con decisionel’imprenditrice - che per l’enogastronomia in genere la globalizzazione sia un errore madornale. Sonoanche piuttosto contraria alla delocalizzazione”. In risposta alle tesi che guardano alla globalizzazionecome a un’opportunità per le imprese, l’Amministratore delegato della Nonino risponde chiaramente: “perla mia regione e la mia piccola azienda questa fase non mostra un progredire. Piuttosto, può essere defini-ta una corsa a ostacoli. Ma gli imprenditori, per fare il loro mestiere, devono essere appoggiati da struttu-re adeguate alle loro capacità”. Un’altra storia di difficoltà di fronte all’accelerazione e ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione èquella di Giuliana Benetton. “Io sono stata fortunata perché ho potuto far nella vita quello che sognavoda bambina. E devo dire che per tanti anni ho visto la crescita. Oggi, invece, il mio lavoro è diventatomeno gratificante. Mentre una volta si difendeva il Made in Italy, oggi bisogna proteggere i cervelli maanche esser rassegnati a trasferire esperienze e andare dove conviene produrre. Io ho progettato macchina-ri tessili e fatto brevetti per prodotti che non richiedessero manodopera, pur di riuscire a stare sul mercato.Non è bastato. Oggi è il mercato a comandare e si è costretti ad andare dove la manodopera costa meno. Èun passaggio obbligato, perché l’Italia non è più competitiva”.Più positivo il Presidente della Geox, Mario Moretti Polegato. “Noi siamo imprenditori di successo per-ché ci confrontiamo con il mercato. In Italia avviene ciò che è accaduto venti anni fa negli Stati Uniti,quando i grandi marchi americani hanno aperto alla Cina e al mondo intero e sono cresciuti, mantenendoin molti ambiti l’egemonia”. Quanto all’Italia, anche per Polegato “non bisogna certo attuare una deloca-lizzazione totale all’estero, ma non possiamo isolarci dal mondo”. Allora le soluzioni concrete sono “con-

da sinistra a destra:Maurizio Sacconi, Sottosegretario al WelfareAlessandra Carini, Inviato economico quotidiani Gruppo Espresso,Moderatrice del dibattito Giannola Nonino, Amministratore delegato della NoninoGiuliana Benetton, Benetton GroupMario Moretti Polegato, Presidente della Geox

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tare sulla nostra capacità di creare e avere un progetto industriale e politico perfare il salto necessario da un capitalismo industriale a uno culturale. Non dob-biamo difenderci dai cinesi, ma difendere i nostri prodotti in Cina. Quello checonta è essere bravi, senza illudersi che la politica risolverà i problemi”. E anche nel settore informatico e tecnologico la globalizzazione, se ben gesti-ta, è vista come un fenomeno positivo. Ne è convinta Francesca Genovese,Vice Presidente di Fracarro Radioindustrie, che ha scelto di “sviluppare semprepiù in Italia ricerca e marketing, ossia tutta la parte di sviluppo del prodottofunzionale ad aggredire il mercato e creare nuove aziende all’estero per la com-mercializzazione”. Quanto alla situazione Paese, anche la Genovese riconosceche “noi siamo bravi nel design e nei prodotti legati al territorio; risorse da pro-teggere, attraverso una maggiore tutela di brevetti e marchi. Poi dobbiamoessere disponibili a tutte le opportunità offerteci dall’apertura senza precedentiche stiamo sperimentando”.Un contributo importante per spiegare dall’interno la prospettiva del colossocinese, è quello di Lucia Hui King, Presidente dell’Associazione Comunità diShanghai in Italia. “Sono di origine cinese - esordisce - ma vivo in Italia da 40anni e conosco le due realtà molto bene. E credo che la Cina sia un serbatoio diopportunità: Germania e Francia, arrivate prima dell’Italia, l’hanno compreso”.Per quanto riguarda il problema delle falsificazioni, che minaccia la collabora-zione tra i due Paesi, Hui King sostiene che “il Governo cinese sta cercandotutte le soluzioni. Nell’ultimo anno - continua - la Cina ha cercato di svincolar-si da regole una volta rigidissime per proteggere gli interessi delle grandi mar-che”. La Hui King auspica sinergie sempre più strette tra i due Paesi per coglie-re le opportunità che non mancheranno. Ciò non toglie che i nostri imprenditori continuino a guardare alla Cina comeun competitor agguerrito, in tutti i settori. “Anche per noi il Made in China puòcomportare un rischio” conferma Luisa Todini, Presidente della Todini Costru-zioni Generali. Per quanto attiene alla globalizzazione, l’imprenditrice partedalla propria esperienza. “Ci siamo diretti all’estero intorno al ‘92, anche pernecessità vista la contrazione del settore in Italia, e siamo riusciti a consolidar-ci in Europa dell’Est, Centro Asia e Nord Africa. Certo, non vendiamo prodot-ti di largo consumo, ma il nostro know how e la capacità di essere competitivinel costruire un’infrastruttura. Per noi la globalizzazione è intesa come possibi-lità di integrare forza lavoro multietnica, anche ad alti livelli”. Dunque, a dettadella Todini “la globalizzazione, considerata come integrazione di mercati dicapitali e persone, rappresenta un grande vantaggio”.Convinto che la globalizzazione sia un “circolo virtuoso” e “l’allargamento delmercato globale un processo a somma positiva” Lanfranco Turci, Capo Grup-po DS nella Commissione Finanze del Senato. E anche lui concorda sullanecessità di “applicare delle regole che valgano per tutti, liberandosi - continua- dall’ossessione della Cina”. A detta di Turci, è necessario trovare soluzioniequilibrate e deregolamentare, ma anche ‘ri-regolamentare’. E’ importante sta-bilire a livello Europeo alcune regole comuni, senza poi pensare di applicarlealla Cina. Accontentiamoci che il nuovo colosso asiatico rispetti le regole del-l’organizzazione mondiale del lavoro e alcune norme internazionali sull’am-biente. E poi speriamo che in Cina arrivino presto i sindacalisti!”Un’analisi profonda quella di Umberto Vattani, Presidente dell’Istituto Nazio-nale per il Commercio Estero, per il quale bisogna anche parlare di “globaliz-zazione della concorrenza”. “Guardando alla dimensione del cambiamento -dichiara - emergono due grandi aree del mondo. Da una parte Unione Europea,Stati Uniti e Giappone, Paesi composti da 800milioni di consumatori con gustie abitudini omogenei ma che, pur avendo creatività, sostituzione di prodotti,innovazione continua, avranno una crescita più contenuta. Dall’altra, Paesiemergenti, con crescita molto elevata, ma lontani sia geograficamente che perconsumi, abitudini, sistemi giuridici”. E arrivano dal Presidente dell’ICE pro-

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poste concrete. “Dovremmo fare più ricorso all’inglese, per essere più ricettivialle economie dominanti, ma anche ad altre lingue, come cinese, arabo e russo,per comprendere quei grandi Paesi. Inoltre, abbiamo bisogno di team pluridi-sciplinari che facciano fronte a un sistema di mercato che chiede risultati. Infi-ne, dobbiamo inventare più contaminazioni tecnologiche possibili con il nostroMade in Italy”.E la conclusione di Enrico Letta è proprio sui toni di una positività costrutti-va. “L’Italia in questi anni di grande difficoltà si è adeguata alla globalizzazio-ne”, afferma il responsabile economico della Margherita. “Se vogliamo e sap-piamo starci dentro, l’apertura delle opportunità può significare maggiori van-taggi. È ovvio che la politica deve accompagnare questi processi”. SecondoLetta, i compiti di un’azione politica sono chiari, dall’ambito internazionale,dove urgono “istituzioni moderne ed efficaci, in grado di applicare le decisio-ni”, a quello interno, dove sono fondamentali “modalità di accompagnamentodelle nostre imprese dentro i cambiamenti e dunque capacità di agevolare leristrutturazioni e aiutare i distretti a modificarsi”. La sua conclusione è un’esor-tazione all’unità d’intenti. “È fondamentale che in campi come l’internaziona-lizzazione ci sia una politica che veda il Paese unito, forte nell’apportare queicambiamenti essenziali per aiutare le imprese italiane a non essere lasciate solee senza gli strumenti per correre dentro la globalizzazione”.Convinto anche il Vice Ministro delle Attività Produttive, Adolfo Urso, dell’u-tilità della proposta dalla Fondazione. “Un’Authority di questo tipo - dichiaraUrso - servirebbe da elemento propulsivo affinché le leggi siano applicate eognuno ottemperi i propri diritti e doveri promuovendo il ruolo delle donnenella politica e nell’impresa, oltre che nella società e nella cultura. E mi augu-ro che i partiti facciano di più di quanto non sia previsto nelle quote. Ne puònascere un interessante confronto, a partire dalla prossima competizione eletto-rale”. E il Viceministro insiste sul ruolo delle donne nel contesto della globaliz-zazione. “È una grande sfida per le donne perché è velocità e movimento e ladonna è in qualche misura legata maggiormente al proprio territorio, alla fami-glia e alle tradizioni. Ma è anche - continua Urso - una sfida delle donne dalmomento che l’ultima frontiera della globalizzazione è proprio l’adesione alWTO di quei Paesi - l’Arabia Saudita per prima - dove i loro diritti vengono ingran parte negati. La globalizzazione, dunque, è anche un’espansione dei dirit-ti delle donne”. Quanto alla situazione Paese, è chiaro il Viceministro: “l’Italiasi è prima illusa che la globalizzazione fosse l’espansione di ogni virtù, poi si èripiegata su se stessa pensando che fosse una minaccia, oggi è convinta chepossa rappresentare un’opportunità. E noi siamo già su questa strada. L’Italia èin ripresa, tutti gli indicatori economici lo dimostrano. E questo anche graziealla fase di riconversione legislativa e produttiva e di ristrutturazione industria-le intrapresa. Il nostro Paese si è profondamente evoluto e oggi abbiamo sem-pre più medie imprese multinazionali che fanno leva su marchi e marketing edunque sulle nostre specificità: qualità, eccellenza e quindi valore. Oggi l’Ita-lia è più attrezzata che in passato a intervenire laddove si delineano le regoledel commercio internazionale e il fatto che il disegno di legge sull’internazio-nalizzazione sia stato approvato all’unanimità dal nostro Parlamento lo dimo-stra. Si tratta di una sfida che ci vede insieme, affinché identità e globalizzazio-ne siano coniugate, perché sono due facce dell’era moderna”.

a sinistra dall’alto in basso:Francesca GenoveseVice Presidente di Fracarro RadioindustrieLucia Hui KingPresidente dell’Associazione Comunità di Shanghai in ItaliaLuisa TodiniPresidente della Todini Costruzioni GeneraliLanfranco Turci,Capo Gruppo DS nella Commissione Finanze del Senatosopra dall’alto in basso:Umberto VattaniPresidente dell’Istituto Nazionale per il Commercio EsteroEnrico LettaResponsabile economico della MargheritaAdolfo UrsoVice Ministro delle Attività Produttive

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I N T E R V I S T E

FUTURO E STRATEGIE DI DUE DONNE DI SUCCESSOIntervista a Josè Rallo, Titolare delle Cantine Donna Fugata, e Concetta Lanciaux, Consigliere del Presidente di LVMH

Il World Economic Forum conferma il 47º postodell’Italia nella graduatoria sulla competitivitàdelle Nazioni e il Made in Italy non ha saputosfruttare le opportunità offerte dall’espansionedel commercio internazionale. Quali le cause e lepossibili soluzioni per il rilancio del nostro siste-ma imprenditoriale?

Josè Rallo - Le cause della perdita di competitivitàsono l’elevato costo di welfare e macchina ammini-strativa; insufficienti investimenti in R&S; scarsopeso dato alle politiche di valorizzazione del territo-rio. Sarebbe utile rinvenire soluzioni valide persostenere un welfare “giusto” e ridurre i lacci ammi-nistrativi che frenano lo sviluppo; investire di più inR&S e individuare aree prioritarie su cui concentrarele risorse; incentivare la crescita delle professionalitànel settore turistico e coordinare le attività di promo-zione del territorio, volano delle produzioni agro-ali-mentari di qualità e dei nostri beni artistici e naturali.Concetta Lanciaux - Si ritiene che il Made in Italysia vittima di una coincidenza di elementi negativi,come la sopravvalutazione della lira all’avventodell’euro e lo sviluppo accelerato della Cina. Inrealtà la globalizzazione dei mercati ha trasformatoin debolezza quella che era la ricchezza del model-lo delle piccole imprese. Tuttavia, molte aziendehanno superato gli ostacoli attraverso qualità, inno-vazione, creatività, flessibilità e capacità di gestirela complessità dei mercati grazie a una nuova gene-razione manageriale. Ora occorre passare da una fase di forte industria-lizzazione a una maggiore capacità di gestione dimarchi e capitale umano.

È giunto il momento per le nostre imprese dimisurarsi con l’internazionalizzazione del mer-cato? Quali gli strumenti necessari?

JR - Vista la dimensione media delle nostre impresebisogna trovare soluzioni che non sacrifichino lepotenzialità date da flessibilità e dinamicità, come iconsorzi di promozione per l’esportazione. In ognicaso, le aziende devono internazionalizzarsi for-

mando e aggiornando le proprie risorse umane.CL - L’internazionalizzazione è il risultato di unapolitica di costruzione del marchio che implicaconoscenza di consumatori e mercati. Gli strumentida usare sono la capacità strategica di definire leazioni specifiche urgenti e una gestione a lungo ter-mine di uomini e strutture, lasciando un ruolo fon-damentale agli enti e alle imprese locali.

Crede che Stato e Istituzioni debbano assumereun ruolo più incisivo nel sostegno alle impreseche si misurano con il nuovo assetto dei mercati?

JR - Seppure al momento lo Stato non è nelle con-dizioni per aiutarci (manca la leva del cambio e deldebito pubblico illimitato e la possibilità di aumen-to del deficit corrente), vanno fatti subito interventimirati che abbiano effetti positivi nel medio-lungoperiodo: sostenere la ricerca nelle università e l’in-segnamento di più lingue straniere nelle scuole;aumentare il grado di concorrenza a partire da set-tori come energia e telecomunicazioni e favorireuna crescita della cultura della competizione fraimprese e fra giovani aspiranti imprenditori. CL - Non penso che lo Stato possa svolgere un ruo-lo predominante nello sviluppo internazionale.Risultano però benefiche misure a prima vista leg-gere e semplici, ma con una notevole portata amedio termine. Per esempio, le misure del VSNEpermisero ai giovani studenti francesi di rispondereagli obblighi militari praticando uno stage in unasocietà internazionale. Ciò ha creato in Francia unvivaio di giovani dirigenti con una prima esperien-za lavorativa internazionale che oggi sono alcomando delle filiali francesi internazionali. Inol-tre, ritengo indispensabile una più efficace macchi-na di promozione delle medie imprese.

Il World Investment Report 2005 parla di crescen-te internazionalizzazione del settore R&S e i prin-cipali investitori portano avanti ricerca e svilupponei Paesi emergenti che offrono salari contenuti elavoratori specializzati. Crede sia uno scenariodestinato a privare i Paesi industrializzati del

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monopolio storico di scienziati e ingegneri?

JR - In un Paese che fa del “Made in Italy” il vola-no della propria comunicazione e un elemento divalorizzazione di prodotti e servizi, anche il settoreR&S deve restare “italiano”. Per esser protagonistisul mercato mondiale dobbiamo puntare sullenostre attitudini: qualità estetica, raffinatezza, crea-tività, forza della cultura, storia e territorio. CL - Dipende dal tipo di ricerca. Mentre l’outsour-cing della ricerca applicata può essere esportato nelmomento in cui si rivela un’opportunità a lungo ter-mine, non si può esportare la ricerca che implicaconoscenza profonda del contesto economico delPaese.

Alcune multinazionali possono contare ai verticisu team formati da persone di diverse etnie eculture, mentre al nostro management si rim-provera la scarsa attitudine a misurarsi con lanuova geografia dei mercati. Quali le strategieper intraprendere questa strada?

JR - Va dedicato più spazio all’insegnamento dellelingue (russo e cinese) supportato da laboratori lin-guistici e da insegnanti madrelingua.CL - E’ stato appurato che i team multiculturalifavoriscono l’innovazione, ma credo che i giovanimanager italiani siano molto aperti ai mercati inter-nazionali.

Difesa ma anche integrazione, “meticciato”come contaminazione positiva. Crede sia unoscenario e una prospettiva attuabile nelle azien-de dell’UE e in quelle italiane? Si tratta di unascelta o di una prospettiva ineludibile?

JR - Credo nella “contaminazione positiva” a con-dizione che si gestisca il flusso migratorio sullacapacità di accoglienza dei Paesi. Non difendersima integrare: sì alla società multietnica, no a quellamulticulturale. I futuri abitanti dell’UE dovrannosentirsi europei, sventolare una sola bandiera e rico-noscersi nei medesimi valori democratici.

CL - Le problematiche di integrazione non si risol-vono con una politica di “difesa”. Occorre una pia-nificazione intelligente delle risorse che permetta efaciliti l’integrazione nella società e apporti ric-chezza multiculturale e non “meticciato”. Una pia-nificazione necessaria soprattutto a livello politico.

Lei è a capo di un’azienda dai risultati eccellen-ti. Secondo Lei, cosa dovrebbe fare il manage-ment di una società che ha intenzione di affac-ciarsi per la prima volta in nuovi mercati peravere successo?

JR - Studiare la cultura del Paese in cui si vuoleoperare per imparare a comunicare l’identità azien-dale e territoriale di appartenenza e promuovere iprodotti “tipici”. E poi far leva su strutture consor-tili per effettuare investimenti più consistenti eaumentare la credibilità dei prodotti.CL - Comprendere la cultura locale e allearsi con ipartner che hanno già avuto successo in quel contesto.

L’ingresso di Paesi emergenti può rappresentarela spinta a una concorrenzialità basata su nuovecompetenze. Le donne potranno così conquistarelo spazio che le loro professionalità meritano?

JR - Oggi per competere e vincere bisogna impara-re a leggere le mutevoli esigenze di mercato, tar-get, consumatore. Incoraggiare le donne - “deposi-tarie” di qualità quali ascolto, creatività, flessibilità,polivalenza - a farsi valere nelle aziende, permet-terà di ispirare valori nuovi, rinnovare la culturaaziendale, trasformare il benessere organizzativo incapacità di innovazione. Un loro maggior pesopotrebbe significare un’economia che sa coniugarecoesione sociale e competitività.CL - Oggi i vertici delle aziende devono diventare

accessibili a chi ha una competenza specifica, aldilàdi nazionalità, razza o sesso. Il ritardo nell’ingressodelle donne nelle posizioni dirigenziali priva l’in-dustria di un vivaio di talenti. I Paesi europei che neprenderanno coscienza, svilupperanno un altro van-taggio concorrenziale.

Josè Rallo Concetta Lanciaux

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I O C ’ E R O

IO C’ERO

Tante, tantissime amiche sono arrivate a Treviso per prendere parte alla nostra Convention. L'intenso dibattito che ha coinvolto rappresentanti delle istituzioni, imprenditori, professioniste, manager e donne di successo, è stato accompagnato anche da bei momenti di convivialità.

Società multiculturale e globalizzazione sonodue grandi motori di cambiamento dellasocietà italiana edeuropea. E sono convinto che questafase consentirà un ulteriore protagonismo delledonne, grazie alle loro capacità e al loro talento.Andrea Tomat

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I O C ’ E R O

È nell'interesse di ogni comunità aiutare le donne aconciliare attivitàlavorativa, impegnifamiliari e vita personale. Il nostro vantaggiocompetitivo di fronte al mondo e al mercato è lavalorizzazione delcapitale umano, che nessuno può clonare. E noi nonpossiamo e nonvogliamo rinunciarein partenza alla genialità del mondofemminile.

Federico Tessari

Nelle foto di queste pagine tra gli altri:Lella Golfo, Michele Saponara, Patri-zia Livreri, Giuliana Benetton, Giusti-na Destro, Lanfranco Turci, FedericoTessari; Adolfo Urso, Imelde BronzieriCavalleri, Marisa Corso, Chiara Gros-selli, Nicoletta Scannavini, MariaPierdicchi, Grazia Billio e LorenaCapoccia, Laura Santocchi e Donatel-la Visconti, Cinzia Bonfrisco, EnricoLetta e Luisa Todini, Franca e Pier-giorgio Coin; alcuni ospiti alla Cena digala - Palazzo Giacomelli.

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I O C ’ E R O

Tutti noi sappiamo di dover fare i conticon una realtà cheapre nuovi orizzontima propone nuovesfide per costruireuna società globalein cui l’appartenenzaetnica e il colore della pelle non vengano vissuti comelimiti invalicabili.Questa sfida èl’emblema della Fondazione MarisaBellisario.

Giustina Destro

IO C’ERO

”Noi donne saremofelici il giorno in cui si parlerà diuomini e donne comedi individui pensanti.È ora di finirla dighettizzarci.

Giannola Nonino

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I O C ’ E R O

Grande l’idealanciata dalla Fondazione Bellisario di individuare meccanismi di sostegno alla paritàdi genere. Un valore fondamentale per unasocietà dinamica einclusiva. Desideroinoltre augurare allanuova Authority didifendere fino in fondo meriti e talenti,di cui le donne, più di altri, pagano la compressione.

Maurizio SacconiSta emergendo un modello d’integrazionepolitica in cui non si chiede a ciascunodi rinunciare allapropria identità ealla storia, ma dicondividere valoricomuni e di essereprotagonista nellacostruzione di questivalori.

Livia Turco

”In queste pagine: Maurizio Sacconi eGiustina Destro, Giannola Nonino eLella Golfo, Giuseppina De Maio eVincenza Cassetta, Alessandra Carinie Maurizio Sacconi, Cena di Gala -Palazzo Giacomelli; Lanfranco Turci,Umberto Vattani, Anna Maria D'A-scenzo, Livia Turco, Tiziana Stefanel,Andrea Tomat, Mario Moretti Polegatoe Cesare Bernini; Luisa Todini e Elisa-betta Lunati.

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I O C ’ E R O

IO C’ERO ”

Nella famiglia e nella società la donnaè più portata a chiedersi cosa sarà ildomani e, più di ognialtro, ha la peculiare capacità di inserirenella sua attività quotidiana quel “quid” che possa aiutarla a gestire anche un futuro imprevedibile.

Umberto Vattani

L’Italia si è battuta in prima linea per la definizione di politiche comunitariesull’immigrazione e per proporre programmi specifici sul tema dell’integrazione razziale. Ma chi viene nel nostro Paese deve accettaree rispettare le nostreregole di vita. Su questo non esiste nessuno sconto di identità culturale

Jole Santelli

In queste foto: Patrizia Marin e LellaGolfo, Fabio Gava, Franca Coin, Giu-stina Destro e Cinzia Bonfrisco, Giu-liana Benetton, Rosa Musto e France-sca Genovese, Jole Santelli, Lanfran-co Turci e Umberto Vattani, Lucia HuiKing, Luisa Todini, Enrico Letta, LiviaTurco, Marina Geromel, SimonettaMatone, le religiose dell'ordine “Figliedi Maria Ausiliatrice”

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I O C ’ E R O

Sono necessarie alcune regole perspronare noi donne a essere coraggiosenel dedicarci alla vitapolitica, insieme astrumenti che permettano di conciliare vita sociale, lavorativa e familiare.

Luisa Todini

“Io voglio rimanereeuropea, occidentale,cristiana, con le mieradici e voglio viverein un contesto nelquale non mi devosentire in colpa. Credo quindi che l’unica forma di coabitazione sia unacollaborazione chepassa attraverso unquadro di legalità.

Simonetta Matone

Dobbiamo rendere possibile il rapportofra maternità e lavoro e un’autoritàgarante delle pariopportunità dovrebbeimpegnarsi a fare il paragone continuofra le deficienze italiane e i progressifatti da Scandinavia e Francia in questocampo, obbligando leistituzioni a varare lenorme che quei Paesistanno applicandocon successo.

Enrico Letta

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IO C’ERO

La Cina non dovrebbe essere vistasolo con paura e timore. Gli imprenditori italiani devono capireche si tratta di un mercato che conterà300 milioni di consumatori con unreddito medio alto. Le opportunità nonmancheranno.

Lucia Hui King

Mentre una volta si difendeva il Made in Italy, oggi bisognaproteggere i cervelli,ma anche essere rassegnati a trasferireesperienze e andarealtrove, dove conviene produrre.

Giuliana Benetton

Ci vuole un progettoindustriale e politicoper fare il salto da un capitalismo industriale a uno culturale. Dobbiamo usare tutte le armi perpoter competere, e le donne, attraversocultura, creatività e innovazione, sono la chiave per un’economia da rilanciare.

Mario Moretti Polegato

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I O C ’ E R O

“L’Authority propostadalla FondazioneBellisario serviràda elementopropulsore affinché le leggi siano applicate e ognunoottemperi ai propridiritti e doveri nelpromuovere il ruolodelle donne nellapolitica e nell’impresa, nellasocietà e nella cultura.Mi auguro che tutti i partiti, il mio per primo, facciano dipiù nella prossimacompetizione elettorale.

Adolfo Urso

L'appuntamentoautunnale della Fondazione Bellisario propone momenti di approfondimento su argomenti di grande attualità, affrontati con interesse e competenza da volti noti e nomiprestigiosi dellanostra società.Paola Saluzzi

” In queste pagine, dall'alto: Silvia Vac-carezza, Maria Pierdicchi e Lella Gol-fo, Nicola Piepoli, Cena di Gala -Palazzo Giacomelli, Mario MorettiPolegato e Patrizia Marin, Lucia HuiKing, Enrico Letta, Giustina Destro,Mario Moretti Polegato, Paola Saluzzi,Jole Santelli, Laura Pellegrini, AdolfoUrso, Giuliana Del Bufalo.

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R E P O R T A G E

LaCinaraccontata da noidi Lella Golfo

Perchè questo viaggio? L'esigenza è nata dal desiderio di conoscere la Cina, di capirne il profondo cambiamento per intraprendere rapporti di collaborazione con le associazioni delledonne cinesi e valutare le opportunità diinvestimento per le nostre imprenditrici.Siamo arrivate piene di domande e curiosità. Volevamo capire più da vicino il ruolo delle associazioni femminili nella promozione delle pari opportunità, il loro campo d'azione, le priorità, i criteri di sostegno. In verità, le risposte non sono state deltutto esaurienti, ma come ci ha detto Li Xin, vice presidente di All-ChinaWomen's Federation, la Cina sta facendopassi da gigante e le donne, parte attivadel processo di sviluppo, crescono ancorasotto gli slogan: “avere fiducia in noi stesse”; “essere autosufficienti”; “avere lapropria dignità”; “fortificare noi stesse”.

Mu Hong ci ha raccontato che la parità viene difesain tutti i settori; che il governo comunista è semprepresente ed offre gli aiuti necessari; che alle donneviene garantito, anche nelle comunità rurali, un mini-mo di istruzione fino alla formazione per avviare pic-cole imprese. La All-China Women's Federation ha una strutturapiramidale. Riunisce tutte le imprenditrici a livellonazionale, donne che da contadine si sono trasfor-mate in piccole imprenditrici, divenendo alcune lepiù ricche dell'Asia. Come per esempio la donna che ha fatto fortuna nelcampo del design interno delle automobili o quellanella progettazione dei sistemi di depurazione del-l'acqua per il lavaggio delle macchine (ricordiamoche in Cina l'acqua non è potabile).La Federazione, nata nel 1949 ai tempi di Mao, van-ta rapporti di amicizia con 697 associazioni di donnein 151 Paesi, invia proprie delegazioni nel mondo eha continui incontri per collaborazioni, joint venturee altre iniziative. Le sue attività sono totalmentefinanziate dallo Stato, ma riceve anche donazioni dasocietà e imprese private.90.000 donne dell'associazione si recano mensil-mente nelle campagne per istruire le contadine e pervalutare la possibilità di far intraprendere loro delleattività. Se si riscontrano delle buone idee, viene for-nito un aiuto economico (circa 2mila yuan, 200euro) per sviluppare il progetto.Dalla sede della All-China Women's Federation, alDistretto industriale di Bei Chen della città diTianjin, la terza città più importante dopo Pechino eShanghai, porto franco, dove sono attive 516 indu-strie straniere. Lì metter su un'azienda è possibile inpoche ore, come ci ha raccontato il direttore deldistretto e confermato Giorgio Navarro imprendito-re veneto che da 5 anni produce infissi per tutta laCina con 80 operai cinesi. Il nostro viaggio è quindi proseguito verso Shan-ghai, dove abbiamo incontrato la presidente dellaShanghai Women's Federation, Meng Yan Kun, cheha manifestato la volontà di proseguire nella colla-borazione iniziata ad agosto con la sigla di un Proto-collo d'Intesa, invitandoci a partecipare a un meetingsull'economia internazionale il prossimo anno. Questi incontri ci hanno fatto conoscere da vicinouna realtà del Paese, ma abbiamo purtroppo con-statato anche la permanenza di grandi sacche dipovertà e discriminazione. Con la visita a un centrodi formazione professionale per donne disagiate, perla prima volta aperto a una delegazione ufficiale didonne, abbiamo toccato con mano “l'altra faccia del-la medaglia”. Ad accoglierci è stata una delle fondatrici, WuangCuiyu, che ci ha spiegato come dagli anni '90, men-tre in tutte le città costiere della Cina si registrava untumultuoso sviluppo economico, nelle aree periferi-che milioni di cinesi siano rimasti nella più assolutapovertà. Wuang Cuiyu ha visto con i propri occhi in

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R E P O R T A G E

Gli incontri a Beijing

All-China Women's Federation (1-2)incontro con Li Xin,International Liaison Department e Mu Hong, Division Director

ICE di Pechino (3)incontro con AntoninoLaspina, Direttore

Ambasciata italiana a Pechino (4)incontro con Raffaele Trombetta,Ministro Consigliere

Gli incontri a Tianjin

Distretto di Bei Chen della città di Tianjin (5)incontro con Zhang Gui Xiang, Director,Mu Rui Gang, Vice-Director; incontro con Dong En Fa,Director of the DistrictCommission of Foreign Economic Relations & Trade,Li Changjin, Member of Executive Committee All China Federation of Industry and Commerce.

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R E P O R T A G E

Mongolia gente quasi alla fame; le contadine nonhanno nessun diritto; ci sono tantissime donne inpensione, disoccupate, handicappate, costrette persopravvivere ad andare nelle città a elemosinare unlavoro nero. Alcune di esse arrivate a Shanghai sisposano, ma il matrimonio non garantisce loro néuna copertura sanitaria, né un’assicurazione.Nell’attuale Cina resta un’enorme differenza tra unaclasse e l'altra; un solco incolmabile divide gentericchissima e gente poverissima. Wang Cuiyu, seppur laureata, ha trascorso una vitada operaia fino al 1994, quando è andata in pensio-ne con soli 10.000 yuan (circa 1000 euro). Insieme ad altre due amiche, anche loro in pensionee con la stessa somma a disposizione, ha costituito ilcentro che abbiamo visitato per cercare di aiutare ledonne povere, insegnando loro un mestiere con cuipossano, pur modestamente, mantenersi e condurreuna vita più dignitosa. In questi anni, con le sue amiche, è riuscita a far stu-diare circa 15.000 donne, in oltre 20 specializzazio-ni. A quelle che vivono a Shanghai ha insegnato latecnica di alcuni mestieri e alle contadine i rudimen-ti medicali per poter migliorare la loro condizione divita in campagna. Dal 2002 hanno realizzato unlaboratorio per la produzione di capi di abbiglia-mento e manufatti artigianali. Il centro sopravvive esi autofinanzia grazie a questo lavoro e il guadagnoviene distribuito tra tutte le lavoratrici. Nel laborato-rio le donne sono molto unite, consapevoli che solounite tra loro potranno migliorare la loro vita. Il nostro viaggio si è concluso con questa intensaesperienza, un esempio di solidarietà che dimostracome, in tutto il mondo, quando le donne riesconoad essere unite, vincono.

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R E P O R T A G E

Gli incontri a Shanghai

Centro di Formazione Professionale (1-2)incontro con Wang Cuiyu,Director e Member of Council of Shanghai Women’sFederation

ICE di Shanghai (3)incontro con Maurizio Forte,Direttore

Municipalità di Shanghai (4)incontro con Zhang Baoni,Vice Chief of Overseas Chinese Affairs, Office of Shanghai Municipal People'sGovernment

Shanghai Women’s Federation (5)incontro con Meng Yan Kun,Chairperson Li-yanling, (6)Chief Liaison Department

La Cina mi ha sempre affascinato, con la sua storia,la sua cultura e le sue tradizioni. Un Paese che, purattraversando momenti difficili durante i secoli, maiha negato le sue radici, una vocazione che gli ha con-sentito di ripartire e guardare al futuro. Visitare laCina era un mio grande desiderio per conoscere davicino un “fenomeno” a cui il mondo sta prestandogrande attenzione. Un modello-Paese capace di pro-grammare e realizzare non solo per l'immediato maanche per il futuro più lontano. Un Paese che diven-ta sempre più competitivo sulla scena mondiale ed inquesto processo di trasformazione le donne stannoassumendo un ruolo importante. E' con questa realtàche i nostri figli dovranno confrontarsi. Merito dellaFondazione Bellisario è l'aver dato a ciascuno di noil'opportunità di organizzare incontri di lavoro cheavranno risvolti concreti. (Giustina Destro)

La Cina è moltitudine, è contraddizione stridente, è ilPaese dove ieri i ricchi erano messi all'indice e doveoggi è vietato essere poveri. La Cina è il Paese dellecrescenti diseguaglianze sociali, dello sfruttamentodella manodopera presa dalle campagne e dell'assen-za dello sviluppo nelle zone rurali. Ma è anche ilPaese dei comunisti più ricchi del mondo che abitanoa Shanghai, città di venti milioni di abitanti doveCartier inaugura 7 nuovi negozi ogni anno e la Ben-tley è l'auto più venduta nell'élite. La Cina è il Paesedove i diritti umani vengono costantemente violati edil luogo dove dobbiamo portare i nostri ragazzi affin-chè possano vedere “l'oltre”. La Cina è un terremotoche il mondo intero deve seguire con attenzione poi-ché da esso dipenderà gran parte del destino dell'uo-mo. (Alda D'Eusanio)

La Cina è un grande Paese per storia (4000 anni ununico impero) e per tradizioni, che sta disegnandocon forza e determinazione il proprio futuro a cuiimprime una velocità iperbolica. Dal confronto tradonne di culture e terre diverse emerge un “comunesentire” e nasce uno scambio relazionale emotiva-mente coinvolgente perché si perseguono gli stessiobiettivi. È importante questa identità di finalità e sti-molante è stata la conoscenza di possibili partnerd'affari. Viaggiare è sempre molto interessante, macon la Fondazione Bellisario si colgono delle oppor-tunità che altrimenti sono difficilmente godibili.(Tiziana Stefanel)

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RIFLESSIONI DELLA DELEGAZIONE

Il futuro di Shanghai

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L E A Z I E N D E I N F O R M A N O

Questo viaggio, vario e interessante, mi è stato utileper riaffermare che la diversità può essere evitata, main questo modo non si cresce, si rimane fissi nelleproprie convinzioni. Solo con un ascolto attento edumile si possono cogliere, sotto le differenze, le tan-te somiglianze che avvicinano gli esseri umani e gliocchi delle donne meglio sanno interpretare questomessaggio. Negli incontri che abbiamo avuto, questacomune sensibilità è stata confermata e il punto divista femminile risulta più attento agli elementi qua-litativi dello sviluppo oltre che a quelli economici.Speriamo dunque che la Cina che abbiamo conosciu-to sia solo l'inizio di un viaggio comune, tra donneitaliane e donne cinesi, che con la Fondazione pos-siamo continuare. (Maria Cristina Bombelli)

In Cina la conoscenza dell'Italia e della sua storia èpiuttosto elevata. Con sorpresa ho appreso che in unPaese dove convivono a stretto contatto estreme con-dizioni e dove si può essere giustiziati pubblicamen-te negli stadi, è stata recentemente approvata una leg-ge che prevede, nella Pubblica Amministrazione, lanomina di un vice di sesso femminile ogni qualvoltaci sia un responsabile di sesso maschile e viceversa.E così il Presidente della Repubblica Popolare Cine-se, Hu Jin Tao, è un uomo ed il suo braccio destro,Wu Yi, è una donna. Questo mostra come la scarsaapertura culturale ed il retaggio dittatoriale, checaratterizzano alcuni ambiti della vita politica esociale, siano sempre più affiancati da una maturità eda una consapevolezza talvolta maggiori alle nostre.È un Paese che cambia di giorno in giorno ed a Shan-ghai, in particolare, si ha la sensazione che il futurodiventi presente molto più rapidamente. (CristinaFinocchi Mahne)

E' un Paese davvero straordinario. Visitare Pechinoe Shanghai significa vivere due facce della stessamedaglia, due volti affascinanti e contraddittori: ilpassato e il futuro. I cinesi guardano all'occidente eper superarlo lavorano giorno e notte. Nonostante la diffusa povertà, la popolazione testi-monia una grande dignità. La Cina per me significa“volere è potere”, la passione che rende realizzabileogni cosa...(Chiara Rinaldi)

Della Cina oggi si parla moltissimo e sono rimastomeravigliato dalle infinite possibilità di collaborazio-ne reciproca. Questo viaggio è stata un'esperienzafantastica. Ho trascorso 11 giorni tra Shanghai ePechino incontrando, tra l'altro, i migliori rappresen-tanti delle aziende cinesi con i quali ho cercato diimpostare una concreta collaborazione con la miasocietà di comunicazione globale. Per la mia aziendaquesta iniziativa non poteva avere risultati migliori.(Francesco Bagnera)

Un viaggio pieno di sorprese gioiose e di incontri cul-turali sorprendenti. (Manlio Iosimi - il nostro fotografo)

DA ITALIANA A CINESE D'ADOZIONE!

Jiang Ling – questo sarà il tuo nome cinese e sarai unavera cinese! – mi disse nel settembre 1996 il Prof. Zhao,il mio insegnante di lingua all’università di Pechino. Da allora Jian Gling non rappresenta solo il mio appel-lativo cinese, sono io, nella mia quotidianità umana eprofessionale in Cina.

Ed in nove anni, di traguardi umani e professionali ne hoconquistati! Questo Paese, che ho visto rivoluzionarsi, miha trasformato, facendomi diventare parte attiva dellasua straordinaria corsa al progresso. Chi vuole conqui-stare la Cina deve prima imparare a conoscerla. Farsiaccettare dai cinesi è la chiave del successo, non tentaredi cambiarli è il segreto. Alla mia prima esperienza lavo-rativa in Cina avevo 23 anni, sinologa fresca di laurea.La mia prima destinazione, un paesino sperduto nellecampagne di Xiamen, dove per conto di una società ita-liana avrei dovuto costituire una filiale produttiva. Oggi sono la Direttrice Generale della sede cinese diArtemide, nota società italiana nel mondo del design.

Fare affari in Cina non è né facile, né scontato. Superatala simpatia iniziale che si può creare, rimangono gli osta-coli di certe situazioni economiche e burocratiche, checaratterizzano le attività di noi operatori stranieri. Il lavo-ro consiste in uno sforzo continuo di comunicazione, inter-pretazione e gestione di parole e contesti. Parlare cinesenon significa solo comunicare. I Cinesi misurano il carat-tere, sono molto introspettivi e non si fidano facilmente,benché all’apparenza lo facciano credere.

Concludo positivamente i miei affari quando il mio inter-locutore cinese non solo si fida di me, ma accetta di affi-darsi a me e all’azienda che rappresento. Il rapportodiventa allora insolubile, tale che, nella loro mentalità, èquasi pari ad un legame di sangue. E da parte mia lacosa è reciproca. (Elena Tosana)

Funzione in un Tempio buddista a Schanghai

Chiesa cattolica a Pechino

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Page 47: insertoDE&P2005.qxd 14-12-2005 16:13 Pagina 1 · Chi desidera far parte della Fondazione deve inviare il proprio curriculum personale e ... Alessia D'Annibale ... Orizzonte Sistemi
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