Innocenti - Influssi Gnostici Nella Chiesa d'Oggi

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Ennio Innocenti E nn i o I n n o c e n t i I N F L U S S I G N O S T I C I N E L L A C H I E S A D O G G I INFLUSSI GNOSTICI NELLA CHIESA D’OGGI Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe A. D. 2000 INFLUSSI GNOSTICI NELLA CHIESA D’OGGI

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    INFLUSSI GNOSTICI NELLA CHIESA DOGGISacra Fraternitas Aurigarum in Urbe A. D. 2000

    INFLUSSI GNOSTICI NELLA CHIESA DOGGI

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  • Ennio Innocenti

    INFLUSSI GNOSTICI

    NELLA CHIESA DOGGI

    Sacra Fraternitas Aurigarum in UrbeA. D. 2000

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  • 2000SACRA FRATERNITAS AURIGARUM IN URBEVia Capitan Bavastro 13600154 Roma, ItaliaTel. 06/5755119 c c p n. 71064000

    Stampa: AbilgrafFinito di stampare: Pasqua 2000

    Propriet letteraria riservata. Printed in Italy

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo,sono riservati per tutti i paesi.

    In copertina:Particolare della statua di S. Ignazio nella Basilica Vaticana(per graziosa concessione della Fabbrica di S. Pietro).

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  • A Mario Vaninicon fraterni grati ricordi

    di giovanili crociati propositi

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  • Presentazione

    Pi volte, spiegando al pubblico le caratteristiche essen-ziali dei miei libri storici sulla gnosi, mi sono sentito obiettare:Ci parli piuttosto della penetrazione della gnosi nella Chiesadoggi!

    Effettivamente nel piano della mia opera programmatouno sguardo anche sulla nostra generazione, ma i tempi edito-riali sono pi lenti di quanto sarebbe desiderabile. Cos ho deci-so di venire incontro alle richieste sopra citate almeno con qual-che saggio indicativo. E, scegliendo tra le numerose denunce dame pubblicate in quarantanni, stato facilissimo mettere insie-me quante ne bastavano per questo libro. Tuttavia esso, estrapo-lato come da unadeguata inquadratura storica, rischia ora dinon risultare facilmente fungibile per i lettori cui indirizzato.

    dunque necessaria qualche premessa sulla gnosi e lognosticismo, sulla continuit dellantica gnosi in epoca moder-na e anche sulla sua fermentazione in epoca contemporanea.Sar anche utile prevenire il lettore sugli autori mirati con qual-che minimale focalizzazione (spiacenti di dover tralasciarequalche opportuna ambientazione).

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    Gnosi, di per s, dice solo conoscenza, ma nel NuovoTestamento si riferisce soprattutto alla conoscenza delle supre-me realt metafisiche: Dio e il rapporto delluomo con Dio. Ela pagina sacra ci istruisce sulla gnosi dei perfetti, ossia dicoloro che, lasciando maturare il seme divino, crescono - sottolamabile influsso dello Spirito Santo - nella consapevolezzadei grandi misteri umano-divini, sintetizzati nella Croce diCristo.

    Questa la gnosi pura, del tutto immune da presunzionenaturalistica, sapienza intrisa di carit, intelligenza confermata

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  • e alimentata dalla prassi che conforma alla Rivelazione fulgentenel Rivelatore.

    Ma fin dal I sec. comparve nella Chiesa (subito avversatae screditata dagli Apostoli) ben altra pretesa gnostica: provenivada una cultura tronfia e inquinata, da un razionalismo ambizio-so, da un desiderio luciferino.

    Si trattava - in sostanza - duna gnosi che attingeva esclu-sivamente a risorse umane per raggiungere il traguardo diviniz-zante. Essa era mascherata, ma non pot nascondere di svuotareil Vangelo. Arrivava nella Chiesa di Cristo sia attraverso filoniebraici sia attraverso culture etniche; talvolta si presentavatogata di regole, talaltra era sfacciatamente anarchica; ora appa-riva tracotante dottimismo ora esibiva un pessimismo dispe-rante; qualche volta il suo discorso era tutto rivolto alla realtoggettivamente intesa (metafisica delluno indifferenziato dacui promana dialetticamente lemanazione dellillusorio diffe-renziato da risolvere nelluno originario), qualche altra il suodiscorso era fisso sullattivit del soggetto umano destinato arisolvere in s ogni ostacolo (pseudomistica naturalistica emagica).

    la gnosi spuria: nessuno ha potuto sradicarla del tuttodalla storia cristiana.

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    Tutte le eresie dei primi secoli sono inficiate di codestoveleno gnostico. Nel dibattito culturale la gnosi spuria parvesoccombere, soprattutto con lopera di Dionigi con la quale lacultura cristiana dimostr (incomparabilmente meglio del tenta-tivo compromissorio dellebreo alessandrino Filone) che leprincipali acquisizioni della metafisica classica potevano essereadoperate per esprimere rettamente le novit divine senza sca-dere negli errori gnostici: il nemico, cos, apparve disarmato permolti secoli di ulteriori confronti. Tuttavia la gnosi spuriasopravvisse nella cristianit non solo attraverso ricorrenti ere-sie, ma soprattutto attraverso le pratiche della magia e dellasuperstizione, aliene dallalta rivelazione evangelica.

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  • Nel Medioevo lantica gnosi naturalistica ritorn allat-tacco attraverso la cultura ebraica (Talmud, Cabala) e attraversola principale erede della cultura persiana, la cultura islamica(sia araba, soprattutto da Occidente, sia turca, soprattutto daOriente).

    Essa trov una breccia fatale nella cultura umanistica erinascimentale, soprattutto italiana, e pot infiltrare, maschera-ta, lintera cristianit. Cos la gnosi spuria, fruendo di scandalo-se complicit ecclesiastiche, acu i molteplici malesseri dellacristianit rendendola debole anche nel confronto con le culturead essa esterne (soprattutto quella asiatica).

    Limportanza dellinflusso gnostico nel Medioevo non dello stesso livello di quello verificatosi nellet rinascimentale.

    Facciamo, per il Medioevo, due esempi: uno pertinentealla cristianit orientale (Gregorio Palamas) laltro a quellaoccidentale (Gioacchino da Fiore).

    Gregorio Palamas (1296-1359) il maestro dellesica-smo, pratica ascetica lasciata quasi in eredit ai monaci delMonte Athos, oggi in Italia rilanciata dalla discussa comunit diBose (Biella); Lesicasmo svaluta la parola, lattivit intellettua-le e liniziativa volontaristica. Sembrerebbe incline al quieti-smo. La sua apertura al soprannaturale provoc varie, autorevo-li e serie riserve; la pi nota, ma non la pi autorevole, quelladi Barlaamo (detto il Calabro, operante a Seminara, 1290-1348)celebre umanista ortodosso passato al cattolicesimo. Inoltre ilsistema dottrinale di Palamas si fonda su distinzioni metafisicheche ai tomisti appaiono inconsistenti e pericolose. Trascurando,qui, altre riserve (ma cfr Denz. U, 294, 389-392, 693), innega-bile la parentela di certe pratiche esicastiche con ambigue prati-che orientali (fissazione sullombelico, svuotamento intellettua-le attraverso la ripetizione del mantra), n si pu sottovalutarela corrispondenza, rilevata da vari autori, tra pratiche esicasti-che e pratiche gnostiche di messaliani, pauliciani e bogomili.Le voci relative a un sorprendente irenismo del Palama(mostrato, durante la sua prigionia presso i turchi verso lisla-

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  • mismo), avvalorano il sospetto dinflussi spurii. E tuttavia que-sto supposto influsso fu nei secoli filtrato e probabilmentedepurato sicch non riusc a provocare una rivoluzione dellaspiritualit ortodossa, prevalentemente ancorata nei Santi Padri.

    Gioacchino da Fiore (1130-1202), condannato pi volte(1215, 1255), celebrato da Dante, faro dei Flagellanti, deiFraticelli e dei Beghini, apre la porta, con la sua esegesi allego-rica, a molteplici influssi, tra i quali ha rilievo quello ebraico,assai degno di sospetto. poi innegabile, come ha dimostratoDe Lubac, che al suo schema ideologico-triadico si rifannomolti ideologi gnostici moderni. E tuttavia, la supposta gnosigioachimita, forse inconsapevole, pubblicato il monito delsupremo magistero sulla paventata deviazione trinitaria edecclesiologica, non fu davvero il polo dattrazione per tanti che,nella Chiesa, guardavano con ammirazione allAbate Florense,sicch la sua opera non riusc affatto ad operare quella sovver-sione che, forse, era potenziale nella sua visione (profetica oideologica) della storia umana.

    Di ben diversa portata sono le opere quattrocentesche diPico della Mirandola e di Marsilio Ficino: costoro aprono con-sapevolmente al cabalismo, al caldeismo, alla gnosi egiziana,ellenistica e neoplatonica e, quel che peggio, la mascheranocome cristiana. E Pico, che aveva giovanilmente tentato lope-razione in modo aperto e, anzi clamoroso, fu condannato; maMarsilio Ficino, molto pi accorto e molto potentemente protet-to, pot mascherare con successo la sua pericolosissima opera-zione culturale, come abbiamo dimostrato in La Gnosi Spuria.Dalle origini al Cinquecento, Roma, 19932a.

    La potenza della sovversione ficiniana va vista soprattuttonella reinterpretazione degli gnostici neo-platonici e del loroprincipale vittorioso avversario, Dionigi. Ficino veste di pannicristiani gli gnostici mentre fa apparire Dionigi dipendente daloro. Gi questo disarmava il valore antignostico della sintesitomista (perch S. Tommaso dipende continuamente daDionigi); il depotenziamento successivo dellinterpretazione del

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  • tomismo e la pretesa nuova datazione dellopera dionisianaamplificarono il guasto, mentre in tutta Europa si diffondeva lafilosofia occulta (gnostica) con sovversive infiltrazioni sia inambito protestante sia in ambito cattolico, come abbiamo dimo-strato in La gnosi europea nel Cinquecento, Roma 1999.

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    La continuit della spuria gnosi precristiana ed ereticalenei tempi moderni e contemporanei (ben sottolineata in tempirecenti da Fausto Belfiori e da Piero Vassallo) era stata gimessa in chiaro da due vescovi della Chiesa gnostica diParigi nellOttocento solo ora presentati al pubblico italiano1 .

    Anche il ruolo determinante svolto da Marsilio Ficinonellaccreditare presso i moderni la gnosi spuria mediata dagliarabi medievali ben noto agli studiosi del Novecento che pivolte hanno curato edizioni europee del Picatrix, eccellentelibro magico che il Ficino diffuse, Giordano Bruno rilanci eoggi Aldo Paolo Rossi ripropone finalmente in italiano (Milano1999), evento per il quale Il Sole-24 ore esulta affermando:Rileggere questopera significa capire - attraverso una fonteprivilegiata - la cultura occidentale, almeno sino allaRivoluzione Francese. E rendersi conto del debito di idee cheabbiamo con lOriente (21 novembre 1999, p. 27).

    Il fondamentale schema dellantica gnosi spuria (dallinde-terminato unemanazione che deve risolversi nellindeterminato) ancor oggi riproposto da pseudomistici laicisti2 insieme allodioesplicito per il cristianesimo e allentusiasmo per Eckart, Bhmee Bruno, Spinoza ed Hegel. Dopo Hegel siamo nel misticismosposato al terrorismo e al genocidio programmatico per costruireluomo nuovo che annienta la determinazione, la differenza, lal-terit e vuole assolutamente attuare la fusione con luno.

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    1 Cfr. T. SIMON E T. THOPHANE, Gli insegnamenti segreti della gnosi, Milano 1999.2 Cfr. MARCO VANNINI, Il volto del Dio nascosto. Lesperienza mistica dallIliade aSimon Weil, Milano 1999.

  • Se la cosiddetta cultura occidentale tanto debitrice aqueste idee, nessuno si pu meravigliare quando noi costatiamoun influsso gnostico anche nella cristianit.

    Dal Seicento in poi la Massoneria diffonde la gnosi daLondra (et ultra) a Mosca (et ultra). Se lambiente cattolico, daBruno in poi, stato allertato, ben poche difese ha avuto lam-biente protestante gi inficiato di gnosi spuria nelle origini lute-rane; in quellambiente pastori massonici come Fichte e pre-dicatori di Ges come Hegel hanno devastato ginellOttocento quel che ivi restava di teologia cristiana.

    La pressione in ambiente cattolico peraltro restatacostante; nellOttocento si sono visti - sia in area tedesca sia inarea italiana - vescovi cedevoli allidealismo; nel Novecentolambiente cattolico si accorto dessere stato inseminato da unmodernismo che dallesterno inoculava germi che risultavanosovversivi dei fondamenti della retta gnosi, della retta metafisi-ca, della retta religione, della retta morale e politica.

    Ci si illuse di eliminarlo, ma verso la met delNovecento ci si accorse che il virus trovava la via di farsivalere attraverso le pretese di una nouvelle thologie. LaMediator Dei (1947) e lHumani generis (1950) di Pio XII (ilcui intervento era stato sollecitato da vari vescovi) misero inguardia (attenzione! - ammon il Papa - ci che in questione proprio la purezza della fede), ma durante i lavori delConcilio Vaticano II le istanze innovatrici prevalsero con unlinguaggio spesso ambiguo. In questa ambiguit pescarononon pochi novatori per accreditare tesi di cui vari insigni teo-logi e pastori riconobbero le parentele gnostiche. Invano: pro-prio quelle tesi furono rilanciate da moltissime cattedre e per-fino da prestigiosi pulpiti. Fermenti molti, come nel sec. XIII,ma maestri (veri e grandi), pochi. Teologi come S. TommasodAquino e S. Bonaventura da Bagnoregio non ne sono venutipi, dal XIII sec. in poi. Per questo anche i dialoghi nonescono dalle secche.

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  • Qui, noi, per dare unidea del fenomeno, ancora ben atti-vo, abbiamo fatto una scelta soltanto esemplificativa e riguar-dante soltanto lEuropa.

    Per altri ambiti il lettore pu utilmente consultare il libro:Congregatio pro Doctrina Fidei, Documenta inde a ConcilioVaticano Secundo expleto edita (1969-1985), Libreria EditriceVaticana 1985; nonch le condanne successive, riguardantilAmerica, lAsia e lAfrica.

    Bisognava, anzitutto, da parte nostra dar rilievo agliecclesiastici, perch a loro, come ai padri, spettano sempre i pialti meriti e demeriti. Ma, sia pur con netta distinzione, anche ailaici, ormai protagonisti nel temporale.

    Abbiamo pensato a tre coppie: la prima costituita daautori la cui opera ha ottenuto maggior fortuna anche a livelloculturale medio (De Lubac- Maritain); la seconda data daautori che avrebbero trovato pi tranquillo accredito, essendoevidente ed innegabile anche un loro contributo positivo, ma -risultando di lettura pi difficile dei primi due - hanno ottenu-to, di fatto, udienza pi ristretta (von Balthasar e Del Noce);la terza, infine, data da autori incomparabilmente pi viru-lenti: il trascendentalista K. Rahner e lo psicanalista L.Ancona. Due di area franciosa, due di area crucca e due diarea italiota.

    Tutti hanno fruito di appoggi istituzionali importanti.Sebbene uno solo di essi continui ancora a campare, la lorosemina ha fatto scuola e cos il loro influsso durer, presumibil-mente, ancora per molto. Non valeva la pena, per, privilegiaregli epigoni, i ripetitori, gli scopiazzatori che oggi occupano lascena pubblicitaria.

    Quanto ai maestri prescelti, siccome la nostra presenta-zione dellopera loro lungi dallessere esaustiva, sar beneindicare al lettore su quali piste egli trover la traccia gnostica.

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    Anzitutto va tenuto conto che questi capiscuola hannodifeso autori gnostici.

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  • De Lubac ha difeso Pico, von Balthasar - fra gli altri -Teilhard, Rahner ha difeso Kng e anche la schiera dei teologidella liberazione.

    Maritain ha accreditato il liberalismo (parzialmente ancheil marxismo, dipingendolo come semplice eresia cristiana), hafatto acriticamente suo levoluzionismo (e talvolta perfino ildogma gnostico dellinconscio)1.

    Del Noce ha accreditato acriticamente lontologismo(perfino quello giobertiano).

    L. Ancona, infine, ha accreditato il falso scientifico mate-rialista e, specificamente, la psicoanalisi2.

    Inoltre va appurato che gli autori prescelti sono accusatidi aver ceduto essi stessi su tesi fondamentali e di importanzadecisiva: De Lubac sulla gratuit dellordine soprannaturale,Maritain sullautonomia dellordine temporale, von Balthasarsullinferno, Del Noce sulla retta conoscenza naturale di Dio,K. Rahner sulla precomprensione di Dio da cui il cosidetto cri-stianesimo anonimo, L. Ancona si addirittura consegnato alnemico con una ingenuit (diciamo cos) irrisa perfino dallostesso nemico dichiarato. Da ognuno di questi cedimenti (pertacere daltri) si pu stabilire la parentela con la gnosi spuria,qualora si sia afferrato il suo principio fondamentale.

    Tutti i cedimenti accennati furono tempestivamente (eanche autorevolmente) segnalati, sicch le responsabilit delleguide, che hanno ampiamente tollerato, se non proprio avallato,risultano schiaccianti.

    Ennio Innocenti

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    1 Cfr. il volume da me curato Il cedimento dei cattolici al liberalismo. Critica aMaritain, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, II ed., Roma 1995.2 Cfr il volume da me curato, Critica alla psicoanalisi, V ed., Grafite, Napoli A. D.2000.

  • PRIMA SEZIONE

    INFLUSSI CLERICALI

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  • Henri De Lubac

    Urs von Balthasar

    Karl Rahner

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  • HENRI DE LUBAC

    Attiriamo innanzitutto critica attenzione sullopera di H.De Lubac.

    Non possiamo certo qui dilungarci in esami approfonditidi tutte le sue opere. Del resto non ce ne bisogno perch basta,al nostro scopo, evidenziare la difesa che De Lubac ha fatto diPico della Mirandola, di colui, cio, che fu tra i principali artefi-ci dellaccreditamento della gnosi spuria in ambiente cristiano,nel Quattrocento, con immense ripercussioni in tutta Europa.

    IntroduzioneNella terna che evochiamo De Lubac, lautore di mag-

    gior rilievo e, certo, quello che ha esercitato maggior influsso inItalia. Tutte le sue opere vi sono state tradotte e di varie sonostate fatte pi edizioni (la potente Jaca Book si addossata lo-nere della sontuosa edizione dellOpera Omnia ed probabileche essa sia effettivamente assorbita dal mercato italiano).

    Nei confronti di altri noti autori inquinanti egli ha riscos-so anche il maggior successo umano, essendo riuscito a conver-tire ai suoi punti di vista non solo la gerarchia della sua congre-gazione religiosa, ma anche la stessa Santa Sede, che lha infineinsignito, a titolo meramente onorifico, del cappello rosso, fatto- questo - che ha certamente accresciuto il suo accreditamentopresso i semplici.

    Henri de Lubac nacque nel 1896 ed ebbe una formazioneumanistica, filosofica e teologica nelle stesse scuole frequentateda Teilhard, del quale divenne poi il precipuo confidente edifensore.

    Egli fu in simbiosi con la problematica modernista(Blondel, Le Roy, Buonaiuti) fin dalla giovent e fu proprio tra-

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  • mite un autore in odore di modernismo (il Rousselot) chegliindirizz tempestivamente i suoi studi su quelle dottrine riguar-danti lesigenza del soprannaturale che fecero di lui il principa-le esponente della nuova teologia.

    Ritroviamo in lui le istanze di storicizzazione sbandierateda Chenu, tanto che la sua teologia stata definita, per antono-masia, teologia storica: trattasi, infatti, duna riflessione teo-logica sulla storia della teologia (una riflessione non solo asiste-matica ma anche piuttosto disorganica): attraverso la storia diquella mutevolissima e difettosissima scienza (?) chiamata teo-logia, la storia dei dogmi, delle religioni, delle filosofie gnosti-che moderne... egli presenta la sua idea misterica ed ecumenicadella Chiesa che ha vari punti in comune con quella di Congar.

    Le tappe della sua carriera sono queste: nel 1913 entra innoviziato, nel 1917 - soldato - viene gravemente ferito allatesta, nel 1930 diventa professore di teologia fondamentale allaFacolt Teologica dei gesuiti lionesi (un altro mito, come ildomenicano Le Saulchoir), nel 1938 esce il suo libro program-matico in sintonia con laura progressista del momento(Catholicisme. Les aspects sociaux du dogme), nel 1941 si uni-sce alla Resistenza, nel 1946 fa uscire Surnaturel; nel 1950esce il preoccupante Histoire et Esprit ed sospeso dallinse-gnamento, dal 1951 al 1954 scrive i suoi libri aperturisti sulBuddismo, nel 1954 riprende linsegnamento, nel 1957 ricevelesplicita approvazione di Pio XII, nel 1958 eletto MembrodellIstituto a Parigi, nel 1960 assunto tra i periti teologicidel Vaticano II, nel 1983 creato cardinale.

    opportuno chiosare qualcuna di queste tappe:1) Catholicisme: mentre Mounier tentava di egemonizzare

    il dialogo politico, De Lubac esaltava il carattere comunitariodel cattolicesimo e la funzione mediatrice della storia (in dialogocol marxismo). Pi tardi, in Le drame de lhumanisme athe(1944), De Lubac render pi spinto il dialogo (dando spessoragione a Nietzsche contro il cristianesimo). Anche in Proudhonet le Christianisme (1945) egli benevolentissimo col nemico.

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  • 2) Quando apparve Surnaturel (1946) i recensori avevanogi preso nota che in Catholicisme il P. De Lubac aveva deprez-zato il Limbo, in De la connaissance de Dieu (1941) avevacianciato didea inconscia e preconcettuale di Dio, in CorpusMysticum (1944) aveva messo in ombra la transustanziazione.In Surnaturel tutti i maggiori teologi cattolici videro subito iltentativo di sminuire la novit e la trascendenza assoluta deimisteri, di scalzare la gratuit del soprannaturale nella natura.Con buona memoria della Pascendi si percep il pericolo diquesta posizione ambigua e delle sue ripercussioni pratiche sulpiano dellazione temporale dei cristiani. Nel 1965 lopera riap-parve in due volumi; ma uno comprendeva scritti (rimaneggiati,ma piuttosto slegati) precedenti Surnaturel, laltro non costitui-va affatto un chiarimento e un superamento, sicch il problemaposto dallHumani Generis resta intatto.

    3) Histoire et Esprit una stupefacente rivalutazione diOrigene, i cui cedimenti gnostici sono ben noti. A Gioacchinoda Fiore (in uno studio, peraltro assai lacunoso) De Lubac rico-nocer, pi tardi, la subordinazione alla gnosi, vero, ma ancheil merito di aver sottolineato la storicit del cristianesimo.Purtroppo la difesa che De Lubac ha tentato di Pico dellaMirandola autosvelamento delle proprie segrete simpatie. su questa tematica che va collocata la manipolatrice difesa cheDe Lubac ha intrapreso a favore di Teilhard e del suo eternofeminino. Purtroppo anche in Paradosso e Mistero dellaChiesa De Lubac introduce nella Chiesa una dualit di oppostiche evoca quella tipicamente gnostica.

    4) De Lubac ha stimato il buddismo come il pi grandeavvenimento spirituale della storia insieme al cristianesimo.Questo giudizio appare, a molti, abnorme, ma anche enorme-mente pericoloso, posto in relazione con quanto De Lubac dicealtrove sugli aspetti positivi del pensiero ateo, verso i quali eglivorrebbe massima disponibilit allaccettazione da parte deiteologi cattolici. Acriticit? Scarsit di preparazione filosofica e

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  • di penetrazione speculativa? Collegamenti con la teologia del-limmanenza?

    5) Linflusso di De Lubac dopo il 1960 non va esagerato.a) Certamente le posizioni da lui sostenute allinterno

    della Commissione Teologica durante liter del Concilio sonoimpressionanti, ma anche vero che gli Atti finali del Conciliovanno letti senza gli occhiali di De Lubac. La polemica controla Chiesa chiusa e giuridica lascia il tempo che trova, latematica della Chiesa mistero e sacramento stata svilup-pata e accreditata da ben altri che De Lubac. Il tentativo di DeLubac di eliminare la Chiesa dalloggetto della Fede statocancellato dallo stesso Paolo VI (nel Credo del Popolo di Dio)e la cattiva traduzione del Credo della Messa avallata dalla CEI solo un incidente di percorso destinato alloblio. Per quantogrande sia stato il peso di De Lubac nella redazione finale dellaGaudium et Spes, il valore teologico e lautorit di questodocumento restano tra i pi discussi.

    b) I raccordi tra alcuni documenti papali (encicliche diPaolo VI e di Giovanni Paolo II) e il pensiero di De Lubac sonoinnegabili, ma va notato: 1) Nonostante che lenciclica sia, nellasua formalit, un documento di magistero ordinario, non tutti isuoi passaggi hanno la stessa autorit, com facile arguire dalcontesto (capita, talvolta, che lAlto Autore voglia evidentementecolloquiare con considerazioni personalissime); 2) Lassunzionenelle encicliche di formule gi pronte non di per s un fatto cherenda la formula meno discutibile se essa oscura (dire, peresempio, con De Lubac, che lIncarnazione stabilisce un vincoloorganico tra Dio e ogni uomo, ripetere una frase oscura).

    c) Linflusso di De Lubac stato contraddetto non solo dateologi di primo rango (Garrigou - Lagrange, Joumet, Philippede la Trinit, Gherardini) ma anche da numerosi cardinali che sischierarono subito a fianco del card. Siri, fin dalla prima edizio-ne del suo Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo(altri si sono aggiunti, poi, con ledizione di Getsemani). Siriqualific senza ambagi lopera di De Lubac come eversiva.

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  • d) Lo sfondamento di De Lubac sulla questioneTeilhard solo apparente. Ladesione di Arrupe non conta nulla.La nota lettera del Card. Casaroli ad uno strombazzato conve-gno su Teilhard non ha inteso affatto cancellare il giudizio delS. Uffizio (com stato ufficialmente precisato) relativo aigravi errori filosofici e teologici di Teilhard. Ne segue che,nonostante le apparenze, il nonagenario De Lubac coinvoltoda quel giudizio. Pace allanima sua.

    Pico come alba incompiuta

    Pico aveva riscosso simpatie in Francia e l il discorsofiorentino avrebbe poi avuto varie occasioni di essere ripresoe sviluppato. Garin proprio in Francia ottenne attentissimaudienza alle sue competenti riflessioni su Pico. Non meraviglia,pertanto, che in ambiente ecclesiastico abbia interloquito ildotto gesuita H. De Lubac con un libro che stato tradotto initaliano - da Jaca Book, Milano 1977 - col titolo Lalba incom-piuta del Rinascimento. Ci riferiamo ora a questo volume.

    La foto di copertina, enigmatica, attira lattenzione: ripro-duce un particolare del famoso dipinto di Piero della Francescaetichettato Madonna e Santi e Federico da Montefeltro (1472- 1474): precisamente, il pendolo (un uovo? luovo cosmico?)che dalla punta della nicchia rovesciata incombe sulla piena digrazia, Venere dei tempi redenti.

    Il geometrismo di Piero della Francesca trova in questoparticolare, se non ci sbagliamo, unespressione di tensionemetafisica, quasi a significare un centro assoluto, un luogodivino.

    Qui, per, sotto il pendolo, non la Vergine Madreumile ed alta pi che creatura, bens il nome di Pico dellaMirandola (lalba incompiuta).

    De Lubac (appassionante, assicura il presentatore Bouyer,ma anche appassionato) vi parla di Pico, dei suoi ideali e del-limportanza di alcuni suoi scritti.

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  • Il personaggio

    Al Conte della Mirandola, giovane fervidissimo neglistudi e negli amori, non arrise la fortuna (n per i primi, n - adire il vero - per i secondi, dei quali, peraltro, non punto ilcaso di occuparsi). Ebbe, infatti, lambizione di recarsi a Roma,con gran pubblicit, per confrontarsi da protagonista in unadisputa collettiva coi dotti che avrebbero accolto il suo invito adiscutere su novecento argomenti di ogni genere di scienza, unagran parte dei quali presentati secondo la propria opinione.Sennonch, pi di cento di quelle sue tesi apparirono subitopreoccupanti a Roma: 72 (la simbolica dei numeri sempresuggestiva!) vertevano, infatti, sulla cabala (dottrina che i catto-lici non hanno mai stimato come oro colato e, pur nella costantedifesa del Vecchio Testamento, mai hanno identificato con lapura saggezza degli antichi padri della fede); altre 41 riguarda-vano quel santopadre chiamato Averro.

    Sul finire del Quattrocento la Chiesa di Roma era moltotollerante (eccetto che per le stregonerie), ma la presentazionepichiana dei predetti argomenti apparve a varie persone influen-ti poco accettabile, tanto che su Innocenzo VIII si fecero talipressioni da indurlo a ordinare la sospensione della disputa e anominare una commissione per lesame delle tesi proposte.

    Tre di queste risultarono ai commissari pontifici comeeretiche, altre tre parvero ritenere il sapore delleresia; altresette furono considerate variamente censurabili. In base a talerapporto il Papa proib la disputa.

    Pico si difese per iscritto trincerandosi dietro autorit. Ditale difesa il Papa raccolse solo questo: che il Conte non avreb-be pi sostenuto le tesi annunciate; e se ne compiacque. Invece,ben presto, le tesi furono pubblicate allestero. I curiali sidomandarono cosa significasse una tale iniziativa. Pico fornloro la risposta fuggendo; lo si accus, pertanto, di malafede evenne spiccato contro di lui lordine di arresto. Ma Lorenzo ilMagnifico interpose la sua protezione e il fascinoso giovanepot rifugiarsi a Firenze.

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  • Qui egli ebbe notevole peso nella decisione di richiamar-vi il Savonarola col quale, anche dopo la morte del Magnifico,si mantenne in buoni rapporti. Ci, peraltro, non glimped dirivolgere al Papa Alessandro VI calorose lodi1 e di ottenerne,nel 1493, un lusinghiero contraccambio di lode per la suamirabilis quaedam divini ingenii sollertia e, quel che piconta, piena pace ecclesiastica.

    Pico, per, non pot portare avanti i suoi progetti di stu-dio perch mor improvvisamente (e qualcuno ha avanzato li-potesi duna morte non naturale), a Firenze, il 17 novembre1494 (lo stesso giorno in cui Carlo VIII entrava, hasta feminefulta, nella Citt del Fiore; particolare, anche questo, diligente-mente annotato dallo stesso De Lubac).

    Interpretazioni moderne di PicoA parte la disavventura capitatagli con Innocenzo VIII,

    Pico stato oggetto, anche in tempi a noi vicini, di interpreta-zioni che confermano la pericolosa ambiguit del pensiero dalui entusiasticamente espresso allalba del rinascimento paga-neggiante che avrebbe portato lEuropa su strade molto diver-genti dalla tradizione cristiana.

    Ammette il presentatore Bouyer: Pico, per molti studiosirecenti (sic) del sedicesimo secolo, divenuto, con il suo Dedignitate hominis, il simbolo anticipato di una umanit cherende se stessa il centro del mondo e pretende di esserne lunicapadrona, gi soppiantando, almeno implicitamente, il DioCreatore. Pi esattamente ancora, egli avrebbe preceduto talunidei nostri esistenzialisti, per cui lessenza delluomo consistenel non averne una fissa, ma nel poter divenire tutto ci cheambir essere. Cos, fin dallalba del Rinascimento sarebbestato tracciato il programma di Feuerbach: riconquistare e attri-buirsi tutti gli immaginari poteri che luomo da sempre ha

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    1 Latteggiamento di Alessandro VI verso gli ebrei oggetto di riserve e discussioni,ma la questione non sembrerebbe incidere su quella che qui ora ci occupa. Sul signifi-cato riconciliatore del documento di Alessandro VI, vedi De Lubac p. 452.

  • proiettato sulla figura divina, per farli realmente suoi e insediar-si al posto di quel Dio detronizzato (o. c. p. VII).

    Linterpretazione di Pico sarebbe, dunque, illuminante perlintero dramma dellumanesimo ateo. De Lubac afferma chequello di Pico il messaggio pi profondo di tutto ilRinascimento (ivi, p. 55), ma un fatto che dal secolo scorsoquesto messaggio visto come unanticipazione del moderni-smo e uno svuotamento dei dogmi cristiani.

    Secondo uno studioso di Wroclaw, Pico sarebbe al puntodi partenza di una linea che, attraverso Bruno, porta a Bacone ea Cartesio, cio alla ricerca di una metodologia destinata a faredegli uomini i maestri e i padroni della natura, gli sfruttatori e iconquistatori del cosmo, i creatori di un mondo umano ricco diopere meravigliose (ivi, p. 259).

    A questa va aggiunta uninterpretazione sovietica, secon-do la quale Pico avrebbe insegnato questo: Dio non ha creatoluomo a sua immagine e somiglianza, cos come affermano iteologi ortodossi del cattolicesimo, bens ha dato alluomo stes-so la capacit di creare la propria immagine (p. 192); che quanto dire:luomo autocreatore. Saremmo cos in pieno natu-ralismo. Tutti sciocchi costoro?

    De Lubac propone la sua interpretazione cristiana pre-scindendo dal vaglio dellentusiasmo cabalistico di Pico, quasidando per scontato che si possa dare una versione cristianadella cabala. Eppure San Paolo ammoniva i cristiani alla col-luctatio contro le potenze superiori e la cabala la superbascienza delle potenze superiori.

    Il giovane signore della Mirandola apparirebbe cos comeun geniale precursore dei filosofi che hanno trovato la loroforma estrema nellesistenzialismo sartriano (ivi, p. 65).Vittorio Rossi e Giovanni Gentile (ivi) ritenevano che luomopichiano fosse creatore. Garin lo ritiene padre di se stesso, unpuro Dasein divino perch si fa Dio (p. 66). Questi interpretisarebbero degli sciocchi, come i censori romani?

    De Lubac ammette: Pico fa sfilare, senza far distinzionedi sfumature, tutta la scuola neoplatonica: Plotino, Porfirio,Giamblico e Proclo, Ermia e Damascio, Olimpiodoro. Ma il suo

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  • orizzonte pi vasto di quello di molti umanisti del suo tempoe di tutti i tempi.Non si limita alla nostra antichit classica. Lasapienza non venuta ai greci dai barbari, come noi stessi lab-biamo ricevuta dai greci? Si compiace, dunque, di citareZoroastro e Salmosside, Ermete Trismegisto, Avenzoar ilBabilonese, gli Oracoli Caldei Concede uno spazio abbon-dante - e questo pi originale - agli antichi misteri ebraici, aidogmi dei cabalisti come a quelli dei mori, che ha test scoper-ti. LIslam, questo vicino feroce e potente della Cristianit, sempre presente nei suoi pensieri; cos si preoccupa di diffon-derne abbondantemente la voce: non solo quella dei suoi filoso-fi, Avicenna, Averro, Avempace,Alfarabi, ma quella dei persia-ni e del saraceno Abdallah, e ancora quella di Alkindi, senzadimenticare la grande voce dello stesso Maometto. Infine non meno felice di poter evocare i canti di Orfeo, il mito di Osiride,loracolo di Delfi, e Bacco e le Muse (p. 88).

    I censori romani avevano qualche motivo per domandarsise il giovane che stava loro davanti con tanta sicurezza nonfosse inquinato di gnosticismo! E come dovevano giudicare ilsuo favore per la metempsicosi (pp. 77, 237)?

    Pi tardi il materialista Pomponazzi pretender di prenderle mosse da Pico (p. 221). Sono stati stabiliti raccordi tra Pico eBruno (p. 226). Tutto infondato?

    Non in discussione se Pico sia morto da santo, bens seabbia pensato da cristiano al tempo in cui fu giudicato degno disevero giudizio. Il raccordo stabilito da De Lubac tra Pico eTeilhard de Chardin non supera davvero il Monitum delSantUffizio sugli errori filosofici e teologici contenuti nello-pera del P. Teilhard de Chardin.

    Baster forse allaccreditamento dellortodossia di Pico ilditirambo del presentatore di questo libro? Purtroppo egli hasuscitato apprensive riserve per certe sue recenti opere, nellequali linterpretazione dialettica della Trinit rivela che lautore parente dello gnosticismo pi che della fede, della dottrina edella Chiesa Cattolica.

    Le interpretazioni moderne di Pico risultano pi conforta-te che criticate da questi ambigui avalli.

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  • Giudizio sul giudizioDe Lubac si tira indietro quando si tratta di giudicare la

    cabala e linsieme del pensiero di Pico, ma non quando si trattadi giudicare la conclusione cui pervenne la commissione ponti-ficia che ebbe lincarico di informare il Papa sul pensiero diPico.

    Il nostro autore non copre le responsabilit del giovaneconte della Mirandola: Aveva pur sempre coscienza dellauda-cia di parecchie sue tesi, dellampiezza palesemente smisuratadel suo progetto, della strana novit che doveva rappresentare lasua utilizzazione apologetica di scritti ebraici dal linguaggiooscuro, ancora sconosciuto a quasi tutti (p. 182). La suamancanza di scrupolo nellusare un linguaggio quanto menopericoloso (p. 189), la sua imprudenza nellissare la bandieraduna philosophie nouvelle (p. 279); il suo sfarfallare esoteri-co (p. 287), le ambiguit della sua magia naturale (p. 361)sono esplicitamente ammesse dal De Lubac.

    E, ovviamente, De Lubac perfettamente consapevoledelle ragioni che militano a favore dei giudici romani di Pico:Rompendo, con unaudacia non pienamente cosciente, con lavecchia tradizione cristiana, avrebbe espresso le aspirazioni e leambizioni di unet ormai rivolta verso la terra e verso ogni tipodi cambiamenti e di progressi imprevedibili, grazie alle infinitepossibilit delluomo. Bisognerebbe, dunque, riconoscere lachiaroveggenza dei teologi di Innocenzo VIII, rappresentantidel passato, che reclamarono ed ottennero la sua condanna (p.247). Di pi: De Lubac riconosce che il giudizio della commis-sione, ratificato dal Papa, era stato, tutto sommato, benigno(p. 445).

    Ci nonostante De Lubac mostra una strana durezza nelgiudicare il lavoro della commissione raffazzonato in dodicigiorni (p. 443) e fa capire di considerare priva di logica e diteologia la sentenza di questi asini dottori (p. 448).

    Ancora pi duro nel giudicare la fermezza con cui il PapaInnocenzo VIII, che si era dovuto piegare al desiderio di

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  • Lorenzo il Magnifico, non volle riaprire il discorso con Pico:Innocenzo, senza nulla sollecitare, rifiut di ritornare pubbli-camente sulla sentenza pronunziata. Durante tutto il suo pontifi-cato, questo papa mediocre, che nella vita di tutti i giorni eradebole, condiscendente, versatile, diede prova, come disse lostorico delle eresie Domenico Bernino, di una prudenza consu-mata, o, traduciamo piuttosto: di rigidit dottrinale e di preven-zione contro ogni nuovo metodo di pensiero (p. 449)!

    Latteggiamento di De Lubac non sembra logicamenteplausibile. Egli fa venire il sospetto di difendere il suo eroe perpartito preso. E quale potrebbe essere la ragione di questo parti-to? Non c da cercare lontano: De Lubac si identifica, in qual-che modo, con la causa di Pico: difendendo Pico, difende sestesso: lalba incompiuta lo stesso De Lubac.

    De Lubac ha anteposto al suo libro una premessa in cui cifa sapere daver incontrato Pico ad una svolta dellesistenza,quasi mezzo secolo fa e di non averne pi abbandonato la con-suetudine, imparando molto da questo teologo laico chegliritiene possa ispirare ancor oggi opportune riflessioni.

    De Lubac ha scritto questa premessa nel 1974: mezzosecolo prima egli metteva mano alla sua famosa operaSurnaturel1, concepita con un audacissimo disegno.

    Infatti De Lubac conobbe, tramite il suo amico Valensin,il filosofo Blondel, fu entusiasta cultore di Rousselot, sub lin-flusso di Marchal, fu sempre solidale con Teilhard il proble-ma dellesigenza del soprannaturale fu concepito da De Lubac

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    1 Lopera usc nel 1946 (secondo alcuni sodali di De Lubac, faceva parte di unacovata culturale della resistenza - nientemeno! - ecclesiastica: tesi che pare deltutto ideologica, fabbricata col senno di poi per mero conformismo). Dopo lenciclicaHumani Generis, De Lubac fu sospeso dallinsegnamento della teologia, ma ritornsopra il moggio con lavvento del nuovo papa, durante il Concilio. Nel periodo disilenzio (ancora nel 1957, nonostante fosse noto lammorbidimento di Pio XII, DeLubac rifiutava di parlare di teologia con qualsiasi persona che capitasse a Lione prove-niente da Roma), De Lubac si dedic allo studio del buddismo e della storia della ese-gesi. La sua opera sul soprannaturale ricomparve, riveduta, nel 1965, in due volumi,editi poi anche in Italia da Il Mulino (ambigua editrice legata ad ambienti mondialisticon lobbiettivo di ammorbidire i cattolici e disporli a tutti i compromessi, sotto guidaliberale, ossia relativista). In questo libro su Pico viene citata anche lediz. del 46.

  • in questa particolarissima, inequivocabile cornice di scambi,con lintento di offrire un punto dincontro1.

    In Surnaturel (accolto con severe critiche da parte deimaggiori teologi del tempo) De Lubac spiega che tutta la colpadel disastro teologico contemporaneo da imputarsi ai com-mentatori di S.Tommaso, il quale - naturalmente - starebbedalla parte di De Lubac (da cui spuntava lalba duna thologienouvelle capace di mirabili sintesi).

    De Lubac, pertanto, incontrato Pico a questa svolta dellasua esistenza, attinse molto da lui.

    Pico, infatti, sera posto problemi - ma s! - analoghi: inevitabile porsi il problema: la sua sconfinata ammirazione perla dignit delluomo non potrebbe averlo portato a falsare ilrapporto tra Dio e luomo, cos come veniva insegnato nella tra-dizione cattolica? Il suo entusiasmo per il privilegio di unalibert quasi divina non potrebbe avergli fatto svuotare pratica-mente ogni idea di peccato e di grazia? Non sarebbe inoltrearrivato al punto di compromettere nella sua mente, addiritturadi sopprimere la distanza insormontabile che separa la creaturadal Creatore e impone conseguentemente la soprannaturalitdella salvezza? (p. 113).

    E qui viene a proposito la menzione delle ricerchepichiane sulla religione naturale (p. 327) e, soprattutto, il suoperiglioso dialogo col Ficino (pp. 68 - 69). Non sono daltron-de soltanto questi i punti di raccordo tra De Lubac e Pico. DiceDe Lubac: per una maggiore fedelt alla tradizione cristianache degli umanisti cristiani come Erasmo e Pico volevano, cia-scuno a proprio modo, strapparla allusura dei secoli. Volevanodisinsabbiarne il corso, liberarla da alcune forme che, nel pas-sato pi recente, lavevano, essi pensavano, obliterata o impo-verita appesantendola. Volevano renderle vigore e fecondit (p. 258).

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    1 Nel 38 usc il suo libro sul cattolicesimo (nel quale si parla di cristianesimo anoni-mo), libro definito dal suo discepolo von Balthasar il libro programma. Nel 41 uscDe la connaissance de Dieu, che cadde sotto la censura. Allora De Lubac inaugur lasua strategia di difesa: il ricorso alle autorit patristiche.

  • I salvatori della patria.Non son parole che valgono anche per il padre e mae-

    stro indiscusso della nouvelle thologie alla ricerca duna con-cordia universale (p. 279)?

    Pico Capo della Concordia, diceva gi il Ficino (p.311); ma De Lubac non ha forse nutrito propositi analoghi?

    Lirenismo di Pico viene cos caratterizzato dal celebratoteologo francese: Avrebbe, almeno in un primo tempo, cercatolunit sognata nella direzione di una religione naturale, di cui iculti storici, religione cristiana compresa, non sarebbero statisino ad allora che delle espressioni pi o meno vicine? Comeabbiamo visto nellanalisi dellOratio, se non si vogliono trovaredegli inverosimili sottintesi, niente autorizza a soffermarsi su unasimile ipotesi. Se si interessa tanto ai libri della cabala , al con-trario, perch crede di trovarvi lannuncio, in una forma pi omeno velata, dei dogmi precisi della fede cattolica dei cristiani,prima di tutto quello della Trinit e della divinit di Cristo. Nelnome stesso di Ges, interpretato secondo il metodo e i principidella cabala, egli vede questi due dogmi fondamentali rivelaticon precisione. Gli piace scoprire diversi simboli della Trinitnella teologia orfica (pp. 313-314). Ecco un suggerimento inte-ressante per lo studioso delle opere di De Lubac, autore famosoper far teologia attraverso la storia e per avanzare idee nuoveattraverso la patristica.

    De Lubac partecipa col pi intimo affetto alla vicendaromana di Pico e quando il suo eroe si difende, il maestro dellanuova teologia non si trattiene dallannotare una sentenza chenon appare priva di sapore autobiografico: Lo capiamo. Masiamo timorosi per lui. Il suo torto duplice: ignora le consue-tudini; ma pi ancora, ha generalmente troppo ragione (p.415).

    Non da trascurare un altro vestigio della assimilazionefra Pico e De Lubac. Questi, infatti, non ha resistito alla tentazio-ne di accostare ripetutamente Pico a Teilhard de Chardin. Liaccomuna in una indulgente apologia di sapore agiografico(vedi, per es., p. 183), li difende in accoppiata contro i sospetti

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  • delle menti compassionate come timide1, avalla i loro concettiquando li pu definire identici (p. 76), sottolinea inquietanti ana-logie (pp. 190, 382, 446). Ora tutti sanno che la difesa tentata daDe Lubac in favore di Teilhard de Chardin assai pi che ilcompimento duna doverosa amicizia: la coerenza dun impe-gno solidale.

    Siamo dunque del parere che la spiegazione dellincon-gruenza logica del giudizio di De Lubac sulla vicenda romana diPico sia questa: De Lubac ha visto nella vicenda romana di Picotroppo della sua: difende se stesso.

    Ma egli ha torto. Proprio mentre De Lubac ultimava il suolavoro su Pico, il cardinale Siri dava alla stampa la prima partedelle sue Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo(libro stampato dalla Fraternit della Santissima Vergine,Congregazione fondata da un insigne maestro di spiritualit,Padre Theodossios Maria della Croce); in questa edizione messa in chiaro lobbiettiva eterodossia del pensiero di H. DeLubac.

    Una censura meritata

    Gi nel libro-programma del 1938, Catholicisme, DeLubac aveva affermato che il Cristo con la sua rivelazione avevarivelato luomo a se stesso.

    Il card.Siri domanda: quale pu essere il significato diquesta affermazione? E risponde: O Cristo unicamente uomooppure luomo divino

    E difatti la tesi del Surnaturel la seguente: lordinesoprannaturale necessariamente implicato in quello naturale. Equesta, riassume il card. Siri, ne sarebbe la ragione: latto intel-lettuale comporta la possibilit di riferirsi alla nozione dinfinito,e per questo il soprannaturale implicato nella natura di per s.

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    1 Sospetti di panteismo, vedi p. 11. Qualcuno potrebbe tentare un altro accostamentofra i due sulla bse delle amicizie femminili. Pico, come abbiamo accennato, fu -anche in questo - uomo del suo tempo e del suo ambiente (p.393), ma De Lubac porte-rebbe subito in campo lternel Feminin, chegli stesso cita a p. 370.

  • E insiste: Come concludere con semplicit e logica nonartificiosa che il riferimento alla nozione dinfinito significaautomaticamente che linfinito sia colto?... Nessun sillogismo,sottile o complicato che sia, pu colmare la differenza tra nozio-ne dellinfinito che luomo pu avere in lui e la realt infinita diDio... .

    Larcivescovo di Genova ritenne che la posizione di DeLubac non salva la gratuit dellordine soprannaturale, ci cheespone al pericolo di slittare verso una specie di monismocosmico, un idealismo antropocentrico.

    Purtroppo, dice Siri, nel suo nuovo libro Il mistero delSoprannaturale, il Padre De Lubac spiega alcune insufficienzedespressione del suo primo libro Surnaturel, ma sostiene sem-pre la stessa tesi....

    Siri non manca di mettere in rilievo che il pensiero di DeLubac corrisponde alla dottrina dell esistenziale soprannaturalepermanente preordinato alla grazia, dottrina insegnata da unaltro famoso gesuita, Karl Rahner, di cui troppo tardiLOsservatore Romano indic la discesa relativistica.

    Risulta, pertanto, evidente che lalba del Surnaturel fu, s,incompiuta, ma per ununica ragione: dietro di essa non veniva ilSole: era invece lannuncio di una falsa luce.

    Gli onori ecclesiastici ricevuti poi da De Lubac non cam-biano nulla, specialmente adesso che De Lubac sta dov silen-zio e tenebra la gloria che pass.

    Conclusione

    Abbiamo ritenuto doveroso indicare in Henri De Lubacuna fonte dinquinamento teologico particolarmente insidiosaperch mascherata. La difesi di Pico della Mirandola , inrealt, una autodifesa dello stesso De Lubac, degli errori sulsoprannaturale per i quali egli fu, a suo tempo, oggetto di criti-ca da parte di quasi tutti i principali teologi cattolici e, sebadiamo alla sostanza, di condanna da parte dellHumaniGeneris.

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  • La mascheratura a cui De Lubac ricorso con la riedizio-ne aggiornata del Soprannaturale non riuscita ad ingannare iteologi pi avvertiti e ortodossi e il Card. Giuseppe Siri hadenunciato pubblicamente che De Lubac persevera nel suoerrore.

    La mascheratura del Pico riuscita a suscitare un corodi ammirati consensi perch i plaudenti non hanno capito a chiserva, in realt, laccreditamento del cabalista conte dellaMirandola.

    Sappiamo che qualcuno ha supposto azzardato lacco-stamento da noi operato. A togliere ogni perplessit stato unfamoso discepolo di De Lubac che ha scritto un libretto sul suomaestro utilizzando confidenze accuratissimamente compilateda questultimo: H. U. von Balthasar1. Lex-gesuita svizzero inequivocabile: Pico limmagine compiuta di ci a cui DeLubac aspirava, lautore modello che si muove come lo stessoDe Lubac.

    Non solo. Noi avevamo percepito, nella solidariet stabi-lita da De Lubac tra lopera di Pico e quella di Teilhard deChardin, una ulteriore confessione di solidariet con le tesi fon-damentali che caratterizzano il teilhardismo. Ebbene: H. U. vonBalthasar ci d perentoria conferma: De Lubac non intendeassolutamente fare alcuna concessione sulla questione dellorto-dossia di Teilhard de Chardin; in altre parole: De Lubac si con-trappone al Monito della Sede Apostolica sui gravi errori filoso-fici e teologici contenuti nellopera di Teilhard de Chardin erivendica la perfetta ortodossia del gesuita evoluzionista (ossia -per chi ritiene doveroso il religioso assenso al MagisteroOrdinario - De Lubac sposa gli stessi errori di Teilhard).

    strano che, ammettendo questo, H. U. von Balthasarlamenti che De Lubac non sia ben accolto nei circoli (!) dellagerarchia della Chiesa.

    La reazione suscitata dal Surnaturel fu simile a quellariservata allamico Teilhard, riconosce il teologo svizzero, che

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    1 H. U. VON BALTHASAR: Il padre Henri De Lubac. La tradizione fonte di rinnovamen-to, Milano 1978.

  • aggiunge: lopera di De Lubac intimamente connessa con letesi dellevoluzione cosmica di Teilhard (tutta la problematicadel desiderium naturae di De Lubac si radicalizza in Teilhard:tutto luniverso, a partire dal suo stadio pi basso, la pura mate-ria, non niente altro, pag. 94). Lopera di De Lubac in difesadi Teilhard, insiste H. U. von Balthasar, dimostra che levolu-zionismo e il movimento verso il punto Omega della storiasono essenzialmente biblici e tradizionali (pag. 42)!

    La stessa terminologia moderna (anzi: personale) usatadal De Lubac per trattare questioni assai approfondite nella tra-dizione ecclesiastica, corrisponde ad una esigenza imperiosaespressa apertamente da Teilhard (Tutta la teologia del sopran-naturale... deve assolutamente essere trasposta... pag. 75).Perci riteniamo: anche secondo lex - gesuita svizzero lagerarchia cattolica, in comunione con la Sede Apostolica e soli-dale con i suoi alti avvertimenti, in errore.

    Un collega ci ha scritto per esprimere il suo dispiacere suun solo punto del nostro discorso: quello in cui abbiamo dettoche le citazioni patristiche di De Lubac appaiono strumentali,una orchestrazione di difesa preventiva. Ebbene, anche su que-sto punto H. U. von Balthasar pare darci ripetutamente ragione.Per esempio, l dove dice che tali citazioni servono a velare e asvelare lopinione dellautore cos come lintenzione nascostadi un drammaturgo emerge nella sua forma vera tramite le vocidel coro (pag. 28).

    Lex-gesuita svizzero, inoltre, aggiunge nuovi motivi checi rinforzano nella nostra diffidenza verso De Lubac.

    Restiamo pensosi sullinsistenza con cui De Lubac si messo a difendere i grandi vinti (pp. 33 - 35) e ad accusare -talvolta non senza veemenza - insigni luminari della Chiesa ecorrenti autenticamente cattoliche; sulla sua (esagerata) ammi-razione per il buddismo e per altre mistiche meritevolissime dicensura; sulla stupefacente superficialit con cui egli parla dihegelismo convertito oppure di marxismo redimibile (accu-sando di autentica incredulit chi ritiene il marxismo intrinseca-mente perverso, ossia irredemibile); sulla sua condivisione di

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  • dottrine protestantiche; sul discredito che egli getta spesso infaccia alla tradizione ecclesiastica e perfino in faccia allo stessoMagistero della Chiesa, reo di non aver impedito deviazioni chehanno reso necessario il marxismo... e ci domandiamo se, percaso, lerrore di De Lubac non sia ancora pi profondo e pigrave di quello da noi gi percepito.

    E unanaloga inquietudine suscita, in noi, verso H. U. vonBalthasar, la lettura del suo citato libretto: lautore esalta il suomaestro come un genio prodigioso, un santo evangelico, unmartire, soprattutto, perseguitato dalla Chiesa (naturalmente)con accuse assurde, con provvedimenti crudeli, con censure ter-roristiche alle quali leroico De Lubac, a differenza di altri pitimidi di lui, quasi David solo contro Golia, avrebbe fatto fron-te, impavido e micidiale, nella luce di Dio.

    Del resto lo stesso H. U. von Balthasar non si avvede diconfortare le argomentazioni che il card. Giuseppe Siri ha diret-to contro la tesi basilare di De Lubac.

    Eh, s! Bisogna rileggere lopera di H. U. von Balthasarin chiave diversa da quella usuale.

    * * * *

    P. S. In omaggio al detto audiatur et altera pars segnaloal lettore il recente libro di H. DE LUBAC e G. BENEDETTI:Mezzo secolo di teologia al servizio della Chiesa. Una corri-spondenza teologica, Bologna, EDB, 1999, pp. 667, 65.000.Cfr recensione in La Civilt Cattolica 18/3/2000 pp. 628-630

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  • URS VON BALTHASAR

    IntroduzioneAnche Urs von Balthasar, lasciata la Compagnia di Ges

    per instaurare un singolare sodalizio con una discussa misti-ca, ondeggi tra vari circoli progressisti, finch - presa unaqualche distanza da K. Rahner - si vide sempre pi accreditatofino ad essere insignito - in limine mortis - della onorifica desi-gnazione cardinalizia.

    Al nostro scopo basta la lettura critica della sua opera pifamosa e troppo osannata. Labbiamo messo nella presenteterna perch riteniamo pericoloso leccessivo accreditamento dicui gode, ma sar sufficiente difesa ravvivare il senso critico dellettore che sia capace di sceverare e filtrare.

    Il personaggioH. U. von Balthasar nacque a Lucerna nel 1905. Studi

    filologia, letteratura e filosofia a Zurigo e si laure nel 29 conla tesi: Storia del problema escatologico nella letteratura tede-sca moderna.

    Fattosi gesuita, studi filosofia a Monaco, poi teologia aLione (dove divenne sacerdote nel 36). Ritorn a Monaco conarditi progetti teologici, ma nel 40 si stabil a Basilea comecappellano degli studenti, dove restato anche dopo il 1950(anno in cui lasci la Compagnia di Ges), dedito alla sua atti-vit di scrittore ed editore.

    I suoi interessi letterari ed artistici si sono mantenuti destie aperti, sia pure limitatamente allOccidente; fuori del suoambito culturale sono restati gli studi relativi alle scienze naturalie alle scienze cosiddette umane (compresi il diritto e la politica).

    In filosofia von Balthasar, dopo il noviziato, fu indirizza-to da Przywara. Questo irenico gesuita polacco non solo con-

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  • ferm il Nostro in una lettura filosofica dei poeti, ma lo istradad una lettura di Dionigi lAreopagita che era sotto influssiderivati dallesistenzialismo moderno1.

    Leggendo le opere tradotte in italiano, si ha limpressioneche in Hans Urs von Balthasar ci siano state almeno tre lacunefilosofiche: a) manca una salda valutazione gnoseologica e cri-tica dei nostri poteri conoscitivi; b) manca una gerarchizzazionecritica dei trascendentali dellessere; e) manca anche, a contifatti, la consapevolezza della radicalit dellapostasia filosoficamoderna e del nesso che lega tutte le filosofie dellimmanenza.

    per questo che il Nostro ha perseverato nellimpresache io chiamo aprire al nemico e nel fare tanto spesso lelo-gio di ci che non cattolico. Infatti H. U. von Balthasar si proposto di demolire gli artificiosi muri dangoscia che laChiesa aveva innalzato intorno a s contro il mondo(!), diabbattere i bastioni di una Chiesa che si doveva aprire indifesaverso il mondo(!).

    Egli si fatto un programma: battezzare lilluminismo elidealismo, il darwinismo e lesistenzialismo... von Balthasarha mantenuto lidea che le posizioni non cattoliche miranoquasi sempre a ricordare al cattolico (spesso molto drasticamen-te) tutto quello che egli ha dimenticato e perci ha contribuitoa parlare alla Chiesa di ci che era restato fuori di essa2.

    In teologia il Nostro fu indirizzato soprattutto da DeLubac3, ma ricevette una spinta molto significativa anche da

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    1 Cf. E. PRZYWARA, Luomo: antropologia tipologica, tr. it. a cura di V. Mathieu,Milano 1968. Ma sul Nostro ha, pi tardi, molto influito anche Gustav Siewert, ilquale pretende conciliare il tomismo con la filosofia moderna e specialmente con li-dealismo tedesco. Difatti si notano venature hegeliane nellinsistenza balthasarianasulla teologia della kenosi e nelle sue evocazioni delluniversale concreto.2 H. U. V. BALTHASAR, Il filo dArianna attraverso la mia opera, con una bibliografia ditutte le pubblicazioni del Nostro redatta da Berthe Widmer rielaborata e completata daCornelia Capol, Jaca Book, Milano 1980, pp. 156, Lire 3.500.3 Registriamo che stata notata anche una dipendenza di H. U. v. B. da Rousselot. IlNostro ha sempre appassionatamente difeso ed esaltato De Lubac, facendosene tradut-tore ed editore. Gli deve, soprattutto, limpostazione storica della teologia attraversolo studio dei Padri della Chiesa (il suo modello: Origene). Lo studio dei Padri era, nelNostro, funzionale allabbattiniento dei bastioni verso il mondo esterno.

  • Karl Rahner, nel periodo di Monaco1. Come teologo H. U. v.Balthasar debitore anche verso vari teologi e biblisti prote-stanti2, ma soprattutto verso una donna chegli convert dal pro-testantesimo al cattolicesimo: Adrienne von Speyr3.

    Sebbene piuttosto emarginato4, H. U. v. Balthasar statofecondissimo5, tentando vie nuove, ma con opere non facili e, dicerto, non immediatamente utilizzabili nel corso di formazioneteologica dei seminaristi.

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    Attraverso De Lubac il Nostro ha subito anche qualche influsso da parte di Teilhard. Sinotano, inoltre, dipendenze del Nostro dalla tesi di De Lubac sul soprannaturale e, pro-babilmente, anche dalla interpretazione di De Lubac sul Buddismo.1 Con lui elabor il progetto duna nuova dogmatica e rest, sia pure con qualche ten-sione e riserva, in rapporto di collaborazione (il Nostro difese, anzi, K. Rahner nel1955 e nel 1964). Il Nostro segue K. Rahner in varie interpretazioni patristiche; lungidallopporsi al trascendentalismo rahneriano, parla continuamente di trascendenta-lit (in un senso che kantiano) e di a priori (nel senso di precomprensione...come K. Rahner).2 Particolarmente verso K. Barth. Se si pensa allodio antimetafisico di Barth, il fatto(questo debito) suggerirebbe spunti per una rilettura critica dellanalogia dionisiana filtra-ta da Przywara. Certo che anche nel Nostro la teologia negativa avanza grandi pretese.Aggiungiamo che il Nostro ha esaltato il genio di Lutero e della Riforma, cosa chesuona, oggettivamente, piuttosto adulatoria.3 Esercit la medicina e fu vedova per due volte. Si parla di lei come di una misticacon carismi eccezionali. Fu senzaltro la grande suggeritrice di H. U. v. Bathasar. Cf.,di lei, editi da Jaca Book, Mistica oggettiva, Esperienza di preghiera, Luomo difronte a Dio.4 La prima emarginazione deriv dai gesuiti. Al tempo del Concilio non fu consideratodagli organismi romani (e non si trov neppure un vescovo del Madagascar - la fortu-na di Chenu! - che se lo prendesse come consigliere personale). Dopo il Concilio miseenergicamente in guardia contro loltranzismo progressista e si occup di terni istitu-zionali contestati, attirandosi aggettivazioni emarginanti. La sua opposizione allinflus-so della psicoanalisi nel cattolicesimo e ai cedimenti cattolici verso il comunismodellEst gli ha procurato alte ostilit. In realt la sua contrariet allandazzo attuale fu -tutto sommato - piuttosto blanda e si capisce che egli tem di apparire troppo conser-vatore e reazionario.5 Sono elencate, dal 1937 al 1977, ben 62 opere. Gli articoli, tra il 1925 ed il 1977,sono 287; 67 i contributi ad opere collettive (tra il 1941 e il 1977). Si contano, inoltre,tra il 1936 e il 1977, ben 71 opere tradotte. Il nostro autore ha anche pubblicato, tra il 1942 e il 1961, antologie di 12 scrittori; haaltres firmato 96 scritti dintroduzione o di conclusione a libri altrui (1936-1977) e 40recensioni (1934-1977). In tutto 635 titoli.

  • Senza sostare, qui, sui vari saggi che non offrono una trat-tazione sistematica generale, accenniamo appena alloggetto eal metodo dello studio di H. U. v. Balthasar.

    Loggetto Dio, non primariamente le verit e i misteri,ma Dio nella forma da lui prescelta per accreditarsi agli uominie a cui gli uomini devono conformarsi.

    Il metodo adottato vuole distanziarsi da quello dei teologiche operarono in un ambiente visto come sacrale (metodo dettocosmologico) e anche da quello proprio di quei teologi che sisono adattati alla desacralizzazione (metodo detto antropologi-co); viene adottato un metodo (prevalentemente induttivo) cheintende utilizzare tutte le esperienze e le percezioni umane diDio (metodo detto di integrazione), sia antiche sia moderne1.

    Ne segue la prospettiva dunopera che conterr sceltearbitrarie e troppo ampia per essere compiuta soddisfacente-mente da una persona sola.

    Lopera concepita in tre tempi: a) lapproccio a Dioattraverso la contemplazione della bellezza (teo - estetica o teo -fania); b) il confronto della libert con le esigenze della bont(teo - drammatica); c) la traduzione in linguaggio umano di ciche si deve annunciare (teologica).

    Ci contenteremo, qui, di attirare lattenzione critica dellettore sul primo tempo2, mettendo in rilievo soltanto ci chemerita particolare vigilanza e discernimento.

    Due premesse:a) lopera non strettamente sistematica, sicch neppure

    sulla questione focale (Ges Cristo) presenta un discorsoorganico3;

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    Il panorama di tanta laboriosit completato dallimpressionante biblioteca di librialtrui che il nostro ha pubblicato come editore: pi di 300.Gran parte di questa produzione non stata tradotta in italiano e spesso gli scritti diBalthasar apparsi da noi hanno visto la luce con grande ritardo rispetto agli originali.1 La teo-fania o teo-estetica esposta in unopera di sette volumi intitolata Gloria(Jaca Book). Ledizione, eccellente dal punto di vista grafico, ha attirato qualche criti-ca per la traduzione. Presso la stessa editrice la Teo-drammatica.2 Il metodo del Nostro ha suscitato perplessit variamente motivate. Vedi il caso di C.Geffr in Una nuova epoca della teologia, Assisi 1973, pp. 48-50.3 Vedi, tuttavia, di G. MARCHESI, La cristologia di H.U. v. Balthasar, Gregoriana,Roma 1977, pp. XX-420.

  • b) lopera concepita dallautore non tanto come un ten-tativo1, sia pure originale, quanto come la presentazione del-lunica via2.

    Ed ecco i singoli volumi:

    1. La percezione della forma (pp. 650).La perfezione divina si manifesta alluomo come bellezza.

    La percezione del bello , dice il Nostro, estetica (termine daprendersi nellaccezione kantiana di Critica della Ragion Pura).

    Purtroppo manca, nella trattazione che il Nostro fa delle-stetica, una seria e soddisfacente fondazione critica emetafisica3; conseguentemente anche lassunzione del criterioestetico in teologia risulta qui non esente da ambiguit4.

    Filosoficamente si nota uno sbilanciamento dellautoreverso la cosiddetta intuizione sensibile (con deprezzamentodel confronto critico razionale); teologicamente un procedimen-to in cui prevale laffermazione soggettivistica.

    Le esigenze primarie duna teologia fondamentaleappaiono, dunque, soddisfatte? Se ne pu dubitare. A questo vaaggiunto: come esegeta H. U. v. Balthasar dipende, talvolta, dafonti non sicure.

    2. Stili ecclesiastici (pp. 330).Come stata espressa la perfezione - bellezza di Dio nella

    teologia degli ecclesiastici? Il Nostro sceglie qui Ireneo,

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    1 Come il Nostro afferma nella premessa di Gloria (cf. I, p. 3).2 Lo confessa lautore del precitato filo dArianna: Lascesa a Dio mediante lesteti-ca pu sembrare insolita, arbitraria, ma ciononostante... lunica che rende giustiziaalla realt obiettiva. Solo una simile ascesa pu cogliere il divino in quanto tale... (p.35). Affermazione sconcertante.3 Una trattazione esemplare dellargomento quella del grande filosofo cattolicoNICOLA PETRUZZELLIS, Filosofia dellarte, Napoli (3a ed.) 1962, pp. 640.4 Non possibile, infatti, procedere con sicurezza in teologia sulla sola base dei datirivelati senza alcun presupposto critico-metafisico: i nodi ambigui crescerebberoeundo. Daltronde il Nostro ammette che concezione filosofica e teologica dellesteticastanno o cadono insieme.

  • Agostino, Dionigi, Anselmo, Bonaventura. I criteri di scelta erappresentativit appaiono discutibili (e ancor pi gli elenchi dicoloro che v. Balthasar affiancherebbe volentieri ai prescelti).Fra questi cinque lautore modello sarebbe Anselmo dAosta(nella cui interpretazione v. Balthasar dipende da K. Barth). Mail peccato capitale di questo volume daver accettato ladipendenza di Dionigi da Plotino e da Proclo, snaturando cos ilsignificato antignostico dellopera dionisiana1 e il significato del-linflusso dionisiano su Agostino e Tommaso dAquino2. Questosvisamento fa temere che il Nostro non sia sufficientemente dife-so nei confronti del riapparire della gnosi in epoca moderna.

    3. Stili laicali (pp. 484).La perfezione - bellezza di Dio s espressa esemplar-

    mente anche in scritti non formalmente teologici? Il Nostro pre-senta Dante, Giovanni della Croce, Pascal, Hamann, Soloviev,Hopkins e Pguy. Ci che, in queste occasioni, il Nostro dicedelle esigenze della gloria di Dio lascia piuttosto perplessi: atte-nuazione dellinferno (Dante), enfatizzazione del negativo(Giovanni della Croce) pongono dei problemi, ma ben di pi lipone laccreditamento (eh, s!) di opere che, lungi dallesserecattoliche, sono senzaltro gnostiche (Hamann, Soloviev). Ci sidomanda, poi, se non cera qualcosa di meglio che finire condue filocomunisti confessi, due esempi di stramberia (non certodi armonia). Conciliare il cristianesimo con lidealismo inglese oil socialismo francese sarebbe una impresa degna di teologia?Lasciamo stare. Piuttosto: Anche alla fine di questo volumenon si potr reprimere un senso di delusione: costui ha soltantogirato intorno al significato biblico - dogmatico della gloria, non

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    1 Cf. E.I., Sviluppo della gnosi spuria, Seminari e Teologia n. 27 (1982) e i varisaggi di Pier Vittorio Barbiellini Amidei nei quaderni precedenti. Il Nostro conosce laconnessione dellanticristiano Plotino con Bruno ed Hegel (Gloria IV, p. 256).2 Del resto anche la lettura balthasariana di Agostino e Bonaventura lascia piuttostoperplessi. Sarebbe desiderabile chequalcuno favorisse un ulteriore approfondimentospecialistico su questi due punti.

  • ha potuto chiarirlo a partire dal centro, e che quantit di singoliaspetti importanti ha ancora trascurato! (Gloria II, p. 18).

    4. Nello spazio della metafisica: lantichit (pp. 380).Da Omero a Tommaso dAquino. La poesia di Omero e

    Virgilio1 sembra posta sul piano dellAlleanza da cui fiorisce ilCristo, il mito (probabilmente al di l delle intenzioni dellauto-re) sullo stesso piano della rivelazione soprannaturale, oltre chedel sapere propriamente metafisico. Che sia dimenticata laPascendi? Torna limbarazzo del lettore con loscillante inter-pretazione balthasariana di Plotino e dellEriugena2 e con levi-dente intento del Nostro di collegare il medioevo cristiano aSchelling, Soloviev e Teilhard (IV, 334).

    5. Nello spazio della metafisica: lepoca moderna (pp.600).

    Da Scoto a Marx (con laggiunta delle conclusioni). Ilnodo che suscita le maggiori perplessit questo: lepocamoderna vista in continuit col Medioevo e non come fruttoduna rottura nei confronti del pensiero cristiano (rottura tipicadun certo filone del pensiero rinascimentale che, di fatto, haprevalso, qualificando lepoca). In questo modo lateismomoderno sarebbe frutto di sviluppi cristiani, sia pure devianti.Non accettiamo tale prospettiva.

    Si notano qui i frutti della cattiva lettura di Dionigi (cuiabbiamo sopra accennato): ricevuto acriticamente Dionigi da

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    1 Sintetizziamo, naturalmente. Non si vogliono, qui, diminuire le altezze dei grandipoeti antichi e ancor meno di Virgilio. Tuttavia il pi grande di loro minimo nelRegno di Cristo. Sarebbe desiderabile approfondire questo argomento. Virgilio rientranella praeparatio Evangelii ma il suo piano qualitativamente diverso. GiuseppeParisi potrebbe, su questo argomento, istruire meglio di v. Balthasar.2

    Eriugena forse da interpretare in avanti in direzione di Spinoza o di Hegel... (IV,313); c gi perfettamente trasparente tutta la filosofia rinascimentale fino a Bruno elintero idealismo fino a Schelling... (ivi, 320).

  • Proclo e Plotino, la via aperta per Hegel, per la sopraffazionedel naturalismo post - cristiano il cui esito, ben noto, vanificatanto la bellezza quanto Dio.

    Gli spericolati connubi culturali che il Nostro prospetta conabilit circense1 non possono attenuare questa funerea conclusio-ne che segna anche il fallimento della estetica teologica balthasa-riana programmaticamente aperta al pensiero post-cristiano.

    6. Antico Patto (pp. 356).Come si esprime la gloria di Dio attraverso la Bibbia? Il

    Nostro ci propone una lettura brillante, spesso geniale del V. T.(tutto interpretato alla luce di un unico concetto), ma affiora ildubbio: questa esegesi proprio ben fondata? Sembrerebbedover rispondere: discutibile. Talvolta, anzi, discutibilissimo2. Comunque il criterio fondamentale dellese-gesi cattolica (sub ductu Magisterii) sembra qui eluso.Conclusione: il Nostro offre soltanto suggerimenti.

    Ammettiamo, per, salvo miglior giudizio, che il Nostro illuminante sulla indispensabilit dellAntica Alleanza perintendere quella Nuova e che la sua interpretazione dellessenzadi quella armonica con lo spirito di questa.

    7. Nuovo Patto (pp. 494).La gloria di Dio si manifesta in Cristo (e anche nei veri

    cristiani): questo il volume culminante dellOpera e il Nostro egregio nel mostrare la gloria come trascendentale teologi-co assimilabile a quelli filosofici e quasi in pericoresi con i tra-scendentali filosofici dellessere. Il volume ricco, per vi sinota un accresciuto influsso dei protestanti.

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    1 Laici di vastissima cultura ne sono stati dolorosamente urtati. Un Cornelio Fabro (cf.Lavventura della teologia progressista, Milano 1974, pp. 129, 148, 152) ne sembra -sia pure indirettamente - imbarazzato.2 Per non essere troppo generico citer un solo esempio: Il metodo storicocritico hademolito la vecchia forma dellargumentum ex prophetia... ecc. (p. 341).

  • Riserve insorgono sullattenuazione del concetto di meri-to (p. 414), di peccato originale (p. 418) e sulla dichiarata ille-gittimit cristiana di una teologia politica (p. 450). Si rimaneperplessi di fronte allattenuazione del ruolo di Pietro, che qui dato riscontrare, come anche di fronte allattenuazione del con-cetto di Purgatorio. Si resta piuttosto sorpresi da unambiguanegazione della visio beatifica in Cristo (p. 197) e da unsuperfluo recupero di Teilhard (p. 364). Ma, al di l di questini, la lettura del volume utile per la presentazione del misterocristiano.

    Lo spazio qui consentitoci cimpone di concludere.

    La teologia di Hans Urs von Balthasar non ha sicure basifilosofiche e soffre di spure influenze; inoltre frammentaria,monca, asistematica; in alcuni punti merita serie riserve, inaltri offre spunti di felice utilizzazione.

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  • 44

  • KARL RAHNER

    La teologia progressista postconciliare fu smasacheratatempestivamente da vari autori, tra i quali brilla largentinoJulio Meinvielle.

    Attenzione al principe della sovversione teologicaIl nostro Meinvielle aveva sagacemente individuato i

    principali tramiti della sovversione nella teologia cattolica a luicontemporanei: niente di nuovo nei ventanni successivi: soloripetizioni e qualche esplicitazione.

    Meinvielle aveva anche previsto lo sviluppo di maggiorrilievo, quello della cosiddetta teologia della liberazione, ainostri giorni non del tutto spenta nella regione ibero - ameri-cana.

    Dagli anni Settanta in poi diventata sempre pi palese lasolidariet che ha legato - fin dallinizio - tutti i principali teolo-gi della nuova teologia (dai quali si distacc, ad un certomomento, Ratzinger): ormai, per, tutti, con o senza lacquisitoornamento di ciondoli prelatizi, sono tramontati: restano sologli epigoni.

    Succede, peraltro, che si possa rievocare il detto defunc-tus adhuc loquitur.

    Fra tutti i teologi del ventesimo secolo, infatti, il gesuitaKarl Rahner quello pi baciato dalla notoriet, fino ad essereidolatrato come il nuovo San Tommaso.

    A lui, principalmente, si deve la famosa svolta antropo-logica, lui il massimo responsabile della teologia trascen-dentale detta giustamente anche teologia dellimmanenza.

    I suoi principali discepoli furono Metz, considerato ilvero padre della teologia della liberazione, e Kng, il matta-tore dellecumenismo pi irenico. Tutti e due furono pizzicati

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  • da Ratzinger e ormai neutralizzati. Io mi aspettavo che analogasorte toccasse a Karl Rahner, che aveva difeso strenuamente ilsuo pupillo Kng davanti al dicastero di Ratzinger e avevapreso a pesci in faccia Paolo VI a causa dellHumanae Vitae,ma K. Rahner non fu toccato. Per i segni che Roma si era stan-cata cerano... e finalmente apparve su LOsservatore Romano,in prima pagina, un articolo di un teologo domenicano, Ols, chequalificava il pensiero di Rahner come relativista.

    Ols era gi noto come buon teologo, ma per salire sul ringcon Rahner appariva sproporzionato. Eppure non era neppurepensabile che si potesse scrivere quelle cose nella prima paginadel giornale vaticano senza essere nella manica di Ratzinger esenza il benestare della Segreteria di Stato.

    Ols fu sacrificato davanti alla fucileria che faceva la scor-ta a Rahner, ma il segnale era dato, inequivocabile.

    Ci non imped alla claque gesuitica di tutto il mondo dicontinuare a dire mirabilia del nuovo San Tommaso, che con-tinu ad essere incensato dappertutto, anche in Italia, anche inRoma, anche da Civilt Cattolica.

    Non creda, per, il lettore che tutto il gregge cattolicobelasse: in Roma, per esempio, Rahner fu tempestivamentecontrastato da teologi di vari Atenei. Lassociazione dei teologicadde in mano rahneriana, ma le voci critiche non tacquerodavvero.

    Certo, il lettore si pu chiedere ragionevolmente cosafacesse il timoniere dei gesuiti... Purtroppo la crisi postconcilia-re dei gesuiti stata destrema gravit: se ne sono andati via...insettemila!... e fra loro pesi massimi... Una volta mi ritrovaiaccanto al Padre Arrupe in una riunione prelatizia in cui funge-vo, per loccasione, da verbalizzatore. Mi conosceva e, sicurodella sua benevolenza, gli sussurrai, in risposta al suo amiche-vole sorriso di saluto: Io sempre prego per il Generale deiGesuiti. Arrupe esplor: E che cosa domanda per il Generaledei Gesuiti?. E io: Che comandi!. Arrupe si fece di bottoserissimo; unombra di dolore vel la sua espressione buona epoi, amabilmente, mi spieg che lui non mancava al suo dovere.

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  • Comunque, anche per Rahner venne il momento di dovermorire e - sebbene siano state intitolate al suo nome perfinodelle strade - (a Monaco, sintende) - il lettore sa benissimocosa succede quando si va dov silenzio e tenebre la gloriache pass.

    La Santa Sede, che ha duemila anni, ha lasciato invec-chiare tranquillamente gli adulatori di Rahner, andando avantiper la sua strada, adelante, con juicio.

    Ma eccoti ora una vecchia barca venir fuori a vantarsidi...Rahner. Fuori metafora: unamante, non ignota, a dire ilvero, Luise Rinser, che pubblica il commercio epistolare conRahner o meglio le proprie lettere di risposta perch su quelledi Rahner il superiore dei gesuiti tedeschi ha posto il veto (edi-zioni Ksel di Monaco; titolo del libro: Gratwanderung).

    Ora su questo veto che io rimango perplesso. Pi chegiusto sarebbe stato dire: noi abbiamo diritto a questo riserboper ragioni morali che riguardano la piet verso il defunto e ilministero dei gesuiti che restano sul campo. Questo sarebbestato ineccepibile.

    Dire invece: quelle lettere possono dar luogo a frainten-dimenti sulla persona del teologo dando adito a false interpre-tazioni della teologia di Rahner... questo appare molto ipocrita,gesuitico nel senso deteriore, il pi deteriore.

    Che il teologo abbia avuto per tanti anni unamante nond luogo a fraintendimenti ma a giudizi inequivocabili sulla suapersona.

    Quanto alla sua teologia, essa non ha avuto bisogno dellaRinser per essere interpretata a dovere e questo stato fatto dadecenni. Ricorderemo appena uno dei critici romani di Rahner,il filosofo Cornelio Fabro.

    ln un libro edito da Rusconi col titolo La svolta antropo-logica di K. Rahner, Fabro dice: Rahner attribuisce allo stessoS. Tommaso la tesi idealistica dellidentit di pensiero ed esse-re... impresa e metodo che sembra o tradire unestrema inge-nuit e incompetenza o rasentare un proposito esplicito di misti-ficazione... altera la grammatica del testo, la struttura del conte-

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  • sto, ignora (od omette volutamente) le fonti, interpola, d inter-pretazioni esilaranti o sballate (pp. 99 - 100).

    Fabro definisce Rahner aberrante e sistematico travisato-re dei testi tomistici (p. 5), interpolatore e distruttore dellametafisica tomista (p. 17), kantianizzatore di S. Tommaso(p. 116), autore di frodi ermeneutiche (p. 161) e di deforma-zioni senza possibilit di recupero e di riscatto (p. 193), phi-losophiae thomisticae depravator (p. 202).

    Fabro accusa Rahner di riportare testi tomistici con legambe allaria o senza capo n coda, ossia senza senso (p.115), di aggirarsi tra i testi tomistici come un sordo in un con-certo musicale (p. 117), di esibire una ermeneutica abnorme estravolgente dal principio alla fine (p. 194).

    In filosofia Rahner un semikantiano (p. 59), anzi unmaterialista gnoseologico (p. 127); tout - court: un imma-nentista (p. 169).

    In teologia Rahner il portabandiera del cristianesimoimmanentistico (p. 89), il seguace dun unico maestro vene-rato, con il quale in intima comunione da pi di trentanni(p. 197): lateo Heidegger. Fabro chiama Rahner il corsarodella teologia contemporanea (p. 204). Del resto Rahner stessoha proclamato di non prendere sul serio le professioni di fededei Padri (p. 198).

    Come scrittore Rahner giudicato da Fabro mistificatoree confusionario (p. 117), ambiguo e allettante (p. 138);Rahner parla in gergo... il suo stile barbarico (p. 127), far-netica ad occhi aperti (p. 130), esibisce stranezze divertenti(p. 133), enormit allucinanti (p. 136). Del resto Rahner stessoha confessato di scrivere solo da dilettante (p. 201). Non basta:Fabro aggiunge che Rahner non sa rispondere alle critiche (p.27) e che difetta di coerenza e coraggio intellettuale (p. 51).

    Come si vede, non le debolezze carnali, pi o meno note,ma i fondamenti teoretici decidono dellinterpretazione da darea questo Principe del Progressismo Teologico Postconciliare. ridicolo proteggere questa interpretazione nascondendo le lette-re di Abelardo, tanto pi che bastano quelle di Eloisa!

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  • La persona

    Ad ogni buon conto, un professore dellUniversit diParma, Giovanni Torti, ha compiuto un esame delle carte dellaNouvelle Elose: ecco il suo responso (cfr. Secolo 3/1/95):

    Il gesuita Karl Rahner, il celebrato e discusso protagoni-sta della nuova teologia, ha dimostrato la sua statura di uomoamando una donna e soffrendone intensamente, senza per que-sto fallire come religioso, anzi progredendo nel suo stato divita. Questo sostiene Luise Rinser, nota scrittrice politicamenteimpegnata che da molti anni vive soprattutto in Italia, nella pre-fazione al suo volume dal titolo Gratwanderung (Camminaresulla cresta) uscito a Monaco presso leditore Kosel nel settem-bre del 1994.

    Nel libro la Rinser pubblica una parte delle centinaia dilettere da lei scritte al Rahner nellarco di due decenni. Le lette-re di Rahner alla Rinser, pi di milleottocento, sebbene giuridi-camente appartengano alla scrittrice, non vengono divulgateperch la Compagnia di Ges ha negato il suo assenso: laRinser non riferisce le motivazioni del divieto, afferma solo dinon comprenderlo perch, a suo dire, quelle lettere fanno sol-tanto onore a Karl Rahner e, di riflesso, allOrdine cui apparte-neva. Del resto le lettere della scrittrice sono uneco di quelledel teologo, e quindi contengono molti pensieri e sentimenti dilui. Sono dice la Rinser, assai pi di unintegrazione rispettoa tutto ci che su di lui gi stato scritto e pubblicato, sono ilsuo diario intimo riflesso nelle mie lettere.

    La Rinser dichiara di essersi decisa alla pubblicazionesolo dopo molte esitazioni e riluttanze: Sono pienamente con-sapevole del rischio che corro. Non che vi sia qualcosa di scan-daloso (...). Nel caso nostro non si trattava di amore proibito,si trattava della volont di sperimentare quello che noi chiama-vamo Beides, le due cose insieme: il divino esperimento diessere pienamente esseri umani, pienamente uomo, pienamentedonna, pienamente carne e sangue e di vivere di pi, bench

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  • in maniera affatto spirituale. Noi abbiamo osato fare questocammino sulla cresta.

    Luise Rinser e Karl Rahner si incontrarono la prima voltaa Innsbruck nel febbraio del 1962. La scrittrice, cui era statosuggerito di comporre un libro sullo specifico dellascesi fem-minile, chiedeva consiglio e aiuto al teologo famoso. Ma ginella prima conversazione la Rinser ebbe modo di confidare aRahner il suo tormento segreto: lamore esclusivo e non cor-risposto per M. A., un monaco benedettino, anchegli, a quantopare, studioso e teologo. Poteva la Rinser amare un altro uomo,magari di un amore diverso?

    Ecco le sue parole:Mentre M. A. cercava sgarbatamente di tirarsi indietro e

    di nascondersi, Rahner era costantemente raggiungibile, di per-sona o per telefono, e mi scriveva. Scriveva lettere molto belle,quasi quotidianamente, talvolta cinque lettere al giorno, e lenta-mente la sua educazione gesuitica, con labitudine alla continuapadronanza di s, fu sommersa dalla sua profonda, calda uma-nit. Egli fioriva. Nessuna meraviglia che io mi affidassi a luicon tutto il mio essere. Io scambiai per amore il mio sentimentoe fui tanto imprudente da palesarlo a Rahner. Probabilmentecera in me anche la speranza di poter cos dimenticare laltrouomo.

    Due anni circa, dal 1962 al 1964, dur quello che laRinser descrive a posteriori come lillusione. Le lettere diWuschel (Ricciolino) - cos la Rinser era chiamata in famigliae cos la chiamava Rahner - a Fisch (Pesce, cos la Rinserchiamava scherzosamente Rahner perch nato sotto il segno deiPesci), in questo periodo ne sono prova.

    Tu hai detto una bella parola, scrive la Rinser il22/5/1962, la grande parola, la parola magica e santa, amore.Hai parlato del tuo amore per la prima volta. Io faccio scenderequesta parola nella profondit del mio essere e l voglio tacita-mente custodirla. E di l a poco: Oggi, proprio oggi, il nostroamore mi si apre come un bocciolo, fiorisce, mi si mostra nelsuo nocciolo. Forse perch tu sei in difficolt, forse perch

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  • Pentecoste, io so che mi lecito, doveroso, possibile seguirtinella tua strada fino alla fine come tua legittima compagna(11/6/62). Amato Fisch, sii felice perch una felicit poteramare ed essere riamati (...) Questo nostro amore irragger sumolti. Irraggialo, amato Fisch (16/6/62). E ancora il 2/5/1964:No, non una scialba amicizia fra noi. No, tu hai ragione. Cosnon va. Noi impareremo (...) a dare alleros la forma possibilenella nostra situazione.

    Ma se le particolari condizioni psicologiche della Rinserfavorivano questa eccitazione sentimentale e - diciamo pure -questo oblio della realt, al fondo il rapporto con Rahner era insi-diato da un equivoco non risolto (16/6/1962: Io non so comequesto si accordi con lamore per M. A. Ma so che si accorda. Equesto basta, vero?) che prima o poi doveva esplodere.

    Racconta la Rinser: Finalmente si dissolse quellesilestrato di ghiaccio che si era formato sul mio grande amore perM. A. e io mi accorsi di amare soltanto lui di quellamore chepu dirsi esclusivo. Inoltre gli anni del Concilio mi dettero loc-casione di vedere molto spesso M. A. e ora egli os dimostrar-mi i suoi sentimenti. Rahner visse tutto ci e io glielo dissianche. Egli si sent tradito e profondamente ferito da me,dimenticando quello che gli avevo detto sin dal principio e poisempre ripetuto, ossia che amavo M. A. in modo esclusivo.

    In effetti, a cominciare dagli ultimi mesi del 1964 e perqualche tempo, le lettere del!a Rinser hanno spesso toni accora-ti e accenti ora di implorazione, ora di risentita protesta: Io nonti ho mai, mai, mai nascosto che M. A. il mistero della miavita. Tu devi ammetterlo. Anche se non te lavessi mai detto, ilmio continuo piangere per M. A. era una prova abbastanzachiara (...). Che cosa avrei dato per ricevere da lui una sola let-tera come quella che tu ora leggi, piena di calore, di vicinanza,di amorevole sollecitudine (9/11/1964). Ti chiedo perdono,perch anchio conosco molto bene la mia colpa (1/3/1965).

    Per tutti i diavoli, tu sai che io non amo nessun altro al difuori di M. A. e di te; ma io dovevo scegliere fra te e M. A. esono rimasta fedele allantico amore; una colpa da parte

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  • mia? (9/5/1965). Tu sapevi fin dal primo incontro che M. A. il mio grande amore. Non ti ho lasciato nessun dubbio in propo-sito. E come potevi, tu, prete, tu, pastore danime, volere che ioamassi te al posto di lui? (giacch si pu amare una personasola...). Io ho soltanto una scelta: o te o M. A. Ho scelto M. A. eanche se tu mi uccidessi non cambierebbe nulla (...) Tu non seiper me, diciamo un semplice amico e lo sai bene. Come sidebba chiamare questo nostro rapporto non so. Ma bisogna pro-prio dargli un nome? (7/5/1966).

    Di fronte alla tua lettera/spaventosa, come tu dici, sononaturalmente perplessa. Che altro posso dirti che non abbia gidetto? Le cose stanno semplicemente cos: io ho per M. A. unamore sponsale e per te un amore diverso, ma sempre amore(25/5/1966). Tu proprio non vuoi capire quel che successo.Te lo dico ancora una volta e mai pi (...). Ci che a Innsbrucksigillammo sullaltare non era lamore sponsale ma la fedelt diunamicizia profonda e a questa mi attengo (...) Io non sonocambiata: ho soltanto ritrovato M. A. Perch egli il mio Tu.Proprio perch non sono cambiata, dovevo tornare a M. A.;intendo dire tornare espressamente giacch, in fondo, non miero mai allontanata da lui. Ah, non costringermi a dir sempre lecose che ti fanno tanto male. Ma non posso parlare diversamen-te. In nome di Dio: la verit! (4/6/1966). Perdona se, perquanto riguarda M. A. e il celibato, sono un po scostante. Devicapirlo, per favore. Perch fin dal 1956 ho detto (e scritto) a M.A. che lo amo nel suo stato di vita, che insieme con lui amo ilsuo stato e che proprio nel suo stato voglio essergli di aiuto.Cos (20/5/1966).

    In realt laccordo col benedettino ritrovato permanedifficile, a giudicare da taluni passi delle lettere. cos innatu-rale sottolinea la Rinser (9/11/1965) non tenersi neppure permano. Lui per teme le fiamme. Quindi lo lascio stare. Checosa so io del suo amore? si domanda. Il 7/5/1966 e il4/6/1966 confessa che la sua croce non poter credere vera-mente allamore di M. A. Egli mi d ora certe prove, ma io lerimugino tanto che alla fine non sono pi tali. E allora sprofon-

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  • do nel dolore. Il confronto con Rahner sembra ineludibile e M.A. ne scapita sempre: S, va tutto bene fra M. A. e me; non mifa pi soffrire, aperto e sciolto e lo consapevolmente. bello quando si trova qui con me, perch negarlo? Ma quelsenso di sicurezza che avevo con te non me lo sa dare, perchnon possiede la tua grande superiorit. Ha ancora paura di sestesso (11/6/1966). Ieri M. A. era mio ospite e ha lavoratoqui. stata una bella giornata, ma ho dovuto dirgli che teologi-camente vado molto pi daccordo con te. Mi sento molto tuadiscepola (...): avverto in continuazione lenorme influsso chehai esercitato su di me (3/10/1966).

    Superata la crisi tormentosa di questi anni, la Rinser rima-se legata da unamicizia profonda e fedele, come lei dice, aRahner, del quale ud la voce per telefono ancora poche oreprima del trapasso di lui.

    Ma il suo cammino spirituale la doveva portare semprepi lontano dallortodossia cattolica, fino alla tentazione deldubbio, dellagnosticismo o addirittura dellateismo e poi, attra-verso il contatto con le religioni orientali, a una sorta di reli-gione universale in cui trova posto anche il cristianesimo. Cheparte ha avuto in tutto ci lessere stata discepola di Rahner?

    Non sta a noi dirlo, almeno in questa sede. Ma non pos-siamo sorvolare sulla gravit di certe ammissioni che si trovanoin queste lettere: Sai qual la maggior difficolt che mi vieneda parte tua? Che tu sei un relativista (mutatis mutandis). Daquando ho imparato a pensare come te, non oso pi affermarenulla con sicurezza.(...) Sento che tu mi togli il terreno sotto ipiedi (11/5/65).

    Meglio: Fisch, te lho gi detto pi volte: tu sei terribil-mente pericoloso per me. Tu mi educhi ad un relativismo chepotrebbe essere mortale se io non fossi, un po come te, afferra-ta dallAssoluto. In sostanza io non oso pi fare nessuna affer-mazione perch subito si affaccia il contrario. In questo modoimparo, s, a pensare, ma spesso mi chiedo se vi bisogno didogmi, se vi possano o debbano essere dogmi, se essi colganoeffettiv