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INIZIAZIONE CRISTIANA FANCIULLI E RAGAZZI Percorso fanciulli IV ANNO Ufficio per la pastorale catechistica A D E X P E R I M E N T U M 2 0 1 0 — 2 0 1 3

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INIZIAZIONE CRISTIANA FANCIULLI E RAGAZZI

Percorso fanciulli

IV ANNO

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A D E X P E R I M E N T U M

2 0 1 0 — 2 0 1 3

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SCOPRIAMO I SIMBOLI

Obiettivo

Riferimenti al catechismo “VENITE CON ME”

Suggerimenti per l’attività

Canto e prego

Saluto e impegno

La Parola di Dio

Approfondimenti per il catechista

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I NUCLEO

UNA GIORNATA CHE COMINCIA

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 9 – 10

Aiutare i fanciulli a comprendere che ogni giornata è un dono nuovo da accogliere con responsabilità e da condividere con gli altri. L’incontro ha lo scopo di far maturare in loro il senso di responsabilità nei confronti delle loro scelte quotidiane.

Il primo incontro è anche il momento dell’accoglienza. Ci si rivede dopo le vacanze ed è necessario creare un bel clima di gruppo per poter lavorare, stare insieme, celebrare, condividere. Proponiamo di ascoltare lo stato d’animo dei ragazzi e di concludere il primo incontro, come per gli anni precedenti, con una merenda “condivisa”.

Giornate buone

Proponiamo ai fanciulli una attività per attrarre l’attenzione sulle “giornate ben spese”, perché “volute – pensate – preparate” fin dal mattino. Possiamo ad esempio far descrivere una giornata buona “a più mani” e cioè in questo modo: un fanciullo descrive (sul lembo di un foglio grande) con una parola o una frase un atteggiamento che rende “buona” la sua giornata; poi piega il foglio in modo da nascondere la parola o la frase scritta e passa il foglio a un compagno; questi fa altrettanto. Man mano che il foglio passa da un ragazzo all’altro, possiamo aiutarli a descrivere questi “atteggiamenti”, con una sequela di domande-guida, tipo:

- Quando ti sei svegliato, che cos’hai pensato di fare? - Allora, che cosa ti sei procurato? - E dove sei andato? - E che cos’hai fatto? - Com’è andata a finire? - Perché la giornata è stata spesa bene?

Terminata la stesura, ogni ragazzo distende il foglietto e si prepara a darne lettura. L’esito può essere divertente e, allo stesso tempo, consentire di mettere in luce elementi comuni, quali: le decisioni prese per tempo, l’impegno personale, la disponibilità, l’altruismo, la forza di volontà…

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Scegliamo successivamente una storia che si presti tra quelle appena scritte dai fanciulli e, rileggendola, lanciamo l’interrogativo: «Le nostre giornate belle, buone… sono anche giornate cristiane? Abbiamo qualche indizio che ci dica che sono vissute insieme al Signore? O non ce n’è neanche uno? Non c’è almeno un gesto, un segno, una frase distintivi?». Se non dovesse venir risposta dai ragazzi, leggiamo lentamente la colonna di destra di pag. 9 del catechismo “Venite con me”. Distribuiamo ad ogni fanciullo una sagoma di cartoncino che lo rappresenti e che ciascuno completerà e personalizzerà; proponiamo quindi di disporre le sagome in modo che appaiano come strette per mano. Molte cose ci uniscono. Invitiamo a questo punto i fanciulli ad elencarle. Successivamente chiediamo ai fanciulli: «C’è qualcos’altro che ci unisce? C’è qualche motivo che ci fa ritrovare insieme?» (l’età, la zona di residenza, la parrocchia, la frequenza al catechismo, il battesimo, il catechista…). Scriviamo su un nastro colorato i motivi che ci uniscono e che sono emersi dal gruppo, aiutando i fanciulli a comprendere che c’è una persona importante capace di unirci: è Dio Padre, che vuole che sperimentiamo cosa significhi sentirsi parte di una famiglia, la sua grande famiglia. Questa famiglia è chiamata “comunità cristiana”. Essa ci ha accolti fin da piccoli e si è impegnata ad affiancare i nostri genitori nell’educazione alla fede cristiana. Il catechista rappresenta appunto la comunità.

Vado al massimo

L’attività si propone di far comprendere ai fanciulli che nonostante le fatiche, le preoccupazioni, le difficoltà, la vita è bella e merita di essere vissuta “al massimo”. Distribuiamo ai fanciulli dei bigliettini con su scritto: “svogliato” oppure “attivo”. Poi chiediamo loro di fingersi addormentati, chiudendo gli occhi e mettendosi comodi. Mentre si sente un sottofondo musicale, leggiamo il brano di “Venite con me” di pag. 9 (colonna di sinistra). Anche noi siamo chiamati dopo le vacanze a ricominciare, a lavorare e dare il nostro meglio dove viviamo, studiamo, giochiamo. “Abbiamo bisogno degli altri per crescere… Parlo con i miei amici, gioco con loro, mi diverto. Lungo la giornata incontro tante altre persone: ognuna mi offre qualcosa per crescere. Divento grande stando insieme agli altri”. Adesso, pian piano, ci svegliamo come facciamo ogni mattina, immaginiamo di alzarci e salutiamo chi incontriamo, ma ognuno seguendo il ruolo che ha ricevuto nel bigliettino (lo svogliato da svogliato, l’attivo con entusiasmo). La confusione non ci deve preoccupare, la vita è anche questo. Dopo aver riflettuto con i fanciulli su questa prima parte proponiamo le seguenti domande:

1. Qual è la cosa che facciamo più fatica a fare dopo le vacanze?

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2. La vita è qualcosa di meraviglioso, ma a volte non ce ne rendiamo conto. Cos’ha di meraviglioso? Quali sono le cose stupende per cui vale la pena di vivere?

3. Che cosa possiamo fare per vivere attivi e non svogliati e mezzo addormentati la nostra meravigliosa Vita?

Si può aprire una conversazione libera con tutti e poi scrivere la cosa più bella che è emersa su un cartellone, oppure fare prima un lavoro personale e poi la discussione in gruppo. Successivamente leggiamo il catechismo “Venite con me” a pag. 9 (colonna di destra) e a pag. 10 e sottoponiamo ai fanciulli le seguenti domande:

1. Gesù ha un sogno (progetto) per ognuno di noi, anzi, tanti sogni. Vuole che siamo felici, ma in quale modo?

2. A che cosa chiama Gesù concretamente ognuno di noi in quest’anno della nostra vita?

3. Che cosa sogna per noi? Far scrivere il sogno che pensiamo Gesù abbia per ciascuno di noi, la sua chiamata concreta per questo momento della nostra vita, per quest’anno. Al termine ognuno legge ad alta voce e condivide con gli altri i sogni che ha scritto.

Possiamo concludere le attività proposte, prima di passare alla merenda, con un canto che esprima il desiderio di continuare il nostro cammino con Gesù: Camminerò, Canta e cammina, Con te faremo cose grandi… e con la seguente preghiera tratta da Cantinfesta 282:

Preghiera

Ogni giorno mi chiami, Signore, per mandarmi a portare il tuo amore; mi hai cosparso di doni il cammino

perché a tutti io parli di te. E alla sera, Signore,

nel silenzio rivedo il mio sentire; ripenso ai tuoi doni

che forse ho tenuto per me, e mentre il giorno si spegne tu mi riaccendi la speranza: domani è un altro giorno.

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II NUCLEO

VIENI E SEGUIMI!

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 12 - 15

Aiutare i fanciulli a scoprire che Dio chiama in ogni tempo per realizzare il suo progetto di amore verso l’uomo; aiutarli a maturare personali sentimenti di fiducia e di adesione alla sua chiamata.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Lc 5, 27-32 Un giorno Gesù uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte e gli disse: “Seguimi!” Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla di pubblicani e altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e gli scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?” Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”. Gesù esce ancora di casa; non è legato a delle abitudini protettive. Gesù non vive per se stesso: vuole incontrare tutti per annunciare la gioia che nasce dal Vangelo. Gesù esce per strada e, mentre cammina, incontra un pubblicano di nome Levi. È un pubblico peccatore, e potrebbe essere da tutti considerato non adatto al Vangelo. Per Gesù non c'è nessuno inadatto al Vangelo, neppure il più grande dei peccatori. Appena lo vede, Gesù lo chiama ed egli, subito, come hanno fatto i primi discepoli, si alza, lascia il suo banco e si mette a seguire Gesù. Quel che conta nel seguire Gesù non è il punto dove uno si trova, bensì la prontezza nell'ascolto della chiamata per seguire il Vangelo. Levi, divenuto discepolo, non è più la stessa persona di prima. Ora vuole che anche i suoi amici (pubblicani e peccatori, che tutti dovevano evitare) incontrino Gesù, come lui lo ha incontrato. E costoro che forse più di altri sentono il bisogno di essere amati, intuiscono la preziosità dell'amore del Signore e gli si avvicinano. Davvero Gesù è venuto a cercare i poveri e i peccatori. Ed essi gioiscono della sua compagnia. (mons. Vincenzo Paglia) Mario Galizzi nel suo commento osserva come Levi non si limita a seguire Gesù, ma dà pubblicità alla sua sequela con un grande banchetto offerto in casa sua: “una grande folla di pubblicani e altra gente seduta con loro a tavola”. Come discepolo, non vive separato dalla sua società e fa conoscere Gesù ai suoi amici. Ebbene, sotto questo modo di fare c’è il senso del vivere cristiano: essere come fermento nella massa degli uomini, vivere tra coloro

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che sono lontani e peccatori per guarirli dal male che è in loro. Tale è, d’altronde, la linea di Gesù, così come appare dalla sua risposta ai farisei e agli scribi. Mt 19, 16-22 Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti.” Il giovane gli disse: “Li ho sempre osservati; che cosa mi manca ancora?” Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi.” Udito questo, il giovane se ne andò triste perché aveva molte ricchezze. Per prima cosa notiamo che il protagonista dell’incontro è un perfetto sconosciuto: un tale. Questo aggettivo, infatti, indica una persona indeterminata. Per il momento il nostro soggetto non ha un nome, né un’età, né una professione o condizione sociale: sappiamo solo che è di genere maschile. Sappiamo per certo che questo tale conosceva Gesù, almeno di fama: infatti lo chiama Maestro (in ebraico Rabbì). Qui la parola maestro viene usata esplicitamente in rapporto al Signore come colui che risponde alle richieste del popolo. Colui che gli indicherà la via della salvezza. I due racconti paralleli, riferiti da Luca e Marco, aggiungono l’aggettivo buono a Maestro mentre Matteo lo pone dopo la parola “fare”. Non credo ci sia contrapposizione in quanto se il Maestro è buono darà sicuramente dei consigli buoni e se risponde alla domanda che cosa devo fare di buono dando una risposta buona vuol dire che è anche un Maestro buono. Cosa chiede il tale? La vita eterna; la chiede, però, come se fosse un diritto, una ricompensa alle sue buone azioni. Era molto diffusa, in Israele, la mentalità che Dio ricompensava l’uomo in base alle sue opere: ad ogni azione corrispondeva una risposta di Dio, sia nel bene che nel male. Infatti gli storpi, i ciechi, gli handicappati in genere erano considerati uomini o donne che si trovavano in tali condizioni perché avevano commesso delle cattive azioni o, se lo erano dalla nascita, era a causa dei peccati commessi dai loro genitori. Quindi il nostro amico chiede la ricetta per la vita eterna. Gesù comincia subito a porre dei paletti sul senso di buono e chiarisce che uno solo è buono. Essere buono è prerogativa di Dio; nessuno può esserlo come Lui in quanto l’azione del peccato comunque inquina la nostra umanità anche se possiamo commettere le migliori azioni di questo mondo. Dio è buono in quanto è, noi possiamo solo diventarlo, nella misura in cui Lui ce ne dà le capacità e nella misura in cui noi siamo capaci di accogliere la sua azione di grazia. Proprio per questo Gesù fa riferimento ai comandamenti: se vuoi essere buono devi seguire la Legge! C’è un’insistenza da parte del tale che quasi innervosisce. Lui sa bene quali sono i comandamenti; da ebreo non può ignorarli perché fin dalla sua nascita è stato educato nell’osservanza della Legge. Sua madre, prima, e i suoi educatori, poi, non hanno lasciato passare un solo giorno senza parlagli delle opere che Dio ha compiuto nella storia d’Israele iniziando dalla proclamazione dei dieci comandamenti sul monte Sinai per bocca di Mosè. Come nella stampa di un negativo, cominciano a delinearsi i contorni di questo sconosciuto: è sicuramente una persona che ha stima di se stesso (parla con Gesù in modo

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affatto sottomesso, come rileviamo, invece, dai dialoghi con i peccatori o con i malati); fa finta di non capire le parole del Maestro; scopriamo, adesso, che è giovane e che, a conferma della sua presunzione, ha sempre osservato i comandamenti che Gesù gli ha appena ricordato. Potremmo pensare che non gli manca niente; eppure ha paura della morte: vuole la vita eterna! Il Maestro capisce che quest’uomo vuole la perfezione; e non è una richiesta assurda. Dio ci chiama alla perfezione. Ci invita ad entrare a tal punto in comunione con Lui da volerci donare la sua essenza interamente: la perfezione, la bontà, l’amore. Ma per fare questo occorrono due cose: 1) il distacco dalle ricchezze condividendole con i poveri; 2) seguire Gesù senza remore e senza ripensamenti. Questa volta la risposta del Maestro ha lasciato il segno. Il giovane non ha più il coraggio di replicare perché è stato colpito nel suo bene più caro: la ricchezza. Lui crede di osservare i comandamenti e Gesù gli ha svelato la verità. Non è possibile amare Dio se si ama il denaro. Quindi, questo tale che abbiamo scoperto giovane e ricco, se ne va triste. Altro che la vita eterna! Non sappiamo che fine abbia fatto, ma certamente, da quel momento, la sua presunta bontà ha avuto un forte scossone. (Don Nicola De Rogatis da www.qumran2.net) Si consiglia di suddividere il presente nucleo in almeno due incontri; per le attività relative a questo nucleo possono essere utilizzate anche le testimonianze riportate nell’allegato n. 1.

Mentre un sottofondo musicale, dolce e tranquillo, scorre da un registratore, metà del gruppo legge per conto suo il Vangelo di Luca 5, 27-32; l’altra metà legge invece il Vangelo di Matteo 19, 16-22. Al termine della lettura silenziosa il catechista farà rivolgere dai fanciulli di ciascun gruppo alcune domande ai coetanei dell’altro gruppo. Esse puntualizzeranno: i personaggi, il luogo, le richieste di Gesù, le risposte dei protagonisti. Il catechista aggiungerà alcuni approfondimenti sulla condizione sociale dei personaggi (pubblicani, farisei, scribi). Alla fine i due brani verranno letti ad alta voce drammatizzando le parti per mettere in rilievo ulteriormente le parole e i comportamenti dei personaggi. In seguito il catechista farà emergere dai fanciulli alcune considerazioni, guidandoli nella riflessione:

‐ Gesù pone la stessa domanda a Levi e al giovane ricco, ma riceve due risposte diverse. Uno accetta di seguirlo e lascia tutto, l’altro se ne va triste. Scegliere Gesù richiede coraggio, significa fidarsi ciecamente di lui, accettare di perdere qualcosa.

‐ Che cosa impedisce al giovane ricco di seguire Gesù? ‐ Decidersi in favore di una scelta esclude le altre. Il giovane non poteva

rimanere ricco e diventare discepolo di Gesù. Ha scelto. Anche Levi ha scelto, ma in maniera diversa.

Conosciamo persone che ai nostri giorni rispondono di sì a Gesù e altre che rispondono di no?

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Il giovane ricco

Dopo aver lasciato parlare liberamente i fanciulli, consegniamo loro il disegno (allegato n. 2). Tentando di trovare la strada che unisce il giovane ricco a Gesù, i fanciulli scopriranno che è interrotta da alcuni elementi. Quali? Le loro spiegazioni ci permetteranno di verificare se hanno compreso il messaggio che potrà essere scritto, alla fine, individualmente sul proprio quaderno. NON TUTTI COLORO CHE SONO CHIAMATI SANNO RISPONDERGLI DI SÌ. LEVI E I PESCATORI DEL LAGO COMPRENDONO CHE “STARE CON GESÙ” SIGNIFICA METTERLO AL PRIMO POSTO: COSÌ SI DIVENTA SUOI DISCEPOLI. IL GIOVANE RICCO PREFERISCE “STARE CON I SUOI BENI”, CON LE SUE RICCHEZZE; NON È CAPACE DI LASCIARE CIÒ CHE POSSIEDE E COSÌ RINUNCIA ALLA GIOIA DI ESSERE AMICO E DISCEPOLO DI GESÙ. Prima di procedere con la successiva attività, che proponiamo di realizzare nel secondo incontro, consigliamo ai catechisti la lettura dell’allegato n. 3 e della annotazione relativa all’affettività e all’educazione morale dei fanciulli riportata nell’allegato n. 4.

Giorgio e Marco, i due gemelli Marco e Giorgio sono due fratelli, anzi gemelli, ma non avrebbero potuto essere più diversi: tanto uno è calmo e tranquillo, tanto l’altro è agitato ed esuberante. La mamma, parlando di loro, li chiama “Quiete” e “Tempesta”. Così anche a scuola, se succede qualcosa, la colpa viene sempre data a Tempesta, mentre, se c’è da lodare qualcuno, è sempre Marco a prendersi i complimenti. Un giorno arriva in classe un nuovo alunno, Luca, che a causa di un incidente è costretto a muoversi su una sedia a rotelle. E’ indispensabile che qualcuno lo aiuti a muoversi con la sua sedia e che per i primi tempi lo aiuti nei compiti per mettersi alla pari con i nuovi compagni. La mamma chiede che qualcuno vada a trovare Luca a casa sua; in città non ha nessun amico, la sua famiglia si è trasferita da poco. Marco, il calmo, riflette un po’: se avesse perso tempo con il nuovo compagno ne avrebbe avuto meno per i suoi compiti, per i suoi amati videogames e per le partite di pallone. Giorgio, Tempesta, invece, senza rifletterci troppo risponde subito: “Lo aiuto io”. Giorgio e Luca diventano amici inseparabili e Tempesta stando con lui impara a rallentare i suoi movimenti e a non avere troppa fretta perché Luca deve potergli stare dietro con la sua sedia a rotelle. Scopre anche come è bello riuscire a colorare per bene un disegno e a concludere i compiti senza interrompersi mille volte. La mamma dovrà ora trovare un nuovo soprannome per Giorgio: hai qualche idea? Per il dialogo

‐ Quale sarà il nuovo soprannome di Giorgio? ‐ Che cosa Giorgio dà a Luca? Che cosa riceve da lui?

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‐ Come deve essere una vera amicizia? ‐ Le scelte di Marco e di Giorgio vi ricordano altre scelte? ‐ E voi che cosa avreste fatto al loro posto? ‐ In quali occasioni dovete fare delle scelte?

Attraverso le risposte i fanciulli scoprono che anche loro sono chiamati a fare delle scelte, in prima persona. Aprendo il catechismo a pagina 14 insieme leggono il Vangelo di Luca 18, 16-17 e la relativa introduzione. È Gesù stesso che li vuole accanto a sé. Per un approfondimento:

‐ In Israele i genitori consideravano una benedizione di Dio l’avere molti figli. Essi avevano una grande importanza per il futuro del popolo, ma contavano poco in quanto fanciulli. Così erano tenuti lontani dal mondo degli adulti. Ecco perché il giorno in cui alcune mamme portarono i loro piccoli a Gesù perché li accarezzasse, i discepoli li sgridarono. E Gesù si arrabbiò quel giorno con i suoi discepoli, e spiegò loro anche il perché.

‐ Gesù non solo li accoglie, ma li pone come esempio dei suoi discepoli: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli.”

Che cosa voleva dire Gesù affermando: “Bisogna diventare come bambini?” Dopo aver ascoltato i fanciulli tentiamo di approfondirne le risposte.

‐ Gesù conosce bene i bambini: sa che hanno bisogno di tutto, soprattutto dell’amore e della protezione delle persone che stanno loro accanto. Sa che non possiedono niente e accolgono tutto come dono. Sono felici di quanto ricevono e conoscono la gratitudine. La situazione del bambino è quella dell’uomo che vede in Dio la sorgente della vita. Egli sa che riceve tutto da lui. Chi accoglie Dio con questi sentimenti fa parte del regno dei cieli, cioè accoglie Dio nella sua vita, si sente da lui amato e per questo può amare. Sa di avere tutto da lui e per questo dà. Tutto questo lo rende davvero grande.

A questo punto, su un cartellone con la scritta “Lasciate che i bambini vengano a me” disegniamo una strada in salita al cui termine c’è l’immagine di Gesù. Lungo la strada incolleremo delle impronte di piedi, dentro le quali i fanciulli scriveranno tutte le caratteristiche che hanno individuato e che ora scoprono necessarie a un bambino per seguire Gesù. Poi sintetizziamo: CHI VUOLE SEGUIRE GESÙ SA DI ESSERE “PICCOLO”, NON SAPIENTE. SA DI AVERE BISOGNO DI LUI E DELLA SUA PAROLA. ACCOGLIE CON GIOIA OGNI GESTO DEL SUO AMORE E LO SA COMUNICARE AGLI ALTRI. Anche oggi molti genitori presentano a Gesù e alla grande famiglia che è la Chiesa il loro bimbo appena nato perché sia battezzato.

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Possiamo ora richiamare brevemente i segni del Battesimo presentati l’anno precedente (terzo anno, terzo nucleo) e le attività o la celebrazione che hanno permesso ai fanciulli di scoprire il significato del sacramento. Poi rivolgiamo loro alcune domande: Noi ricordiamo di essere stati battezzati? Quando? Dove? Da chi? Perché? Oggi sappiamo come rispondere personalmente a Gesù che ci vuole vicino a sé. È stato scritto nel cartellone e verrà ripetuto in un clima di preghiera al termine dell’incontro.

Proposte per il canto: Vieni e seguimi, Vocazione, Camminerò, Vieni Santo Spirito, Il Signore ha messo un seme… Per la preghiera, a conclusione del primo incontro di questo nucleo:

Accoglierti

Per accoglierti, per preparare la nostra terra,

per credere in te, nostro grande Signore,

non c’è da fare niente di straordinario! Basta avere un cuore limpido e onesto,

basta avere uno sguardo dolce e senza cattiveria, basta mettere sulle proprie labbra il sorriso e la gioia,

basta aprire le mani per dare e per condividere, basta essere attenti e fedeli alla tua Parola,

basta amare, senza essere avari della propria tenerezza.

Basta ascoltare il tuo richiamo e cambiare la propria vita, Signore!

Vieni, Signore, la terra e i suoi abitanti,

per accoglierti, cambiano i colori della vita.

C. SINGER, Preghiamo col Vangelo

Per la preghiera, a conclusione del secondo incontro di questo nucleo: Nell’ “angolo della preghiera” appositamente creato nella stanza dell’incontro, il gruppo si raduna. Su un tavolo altre al libro della parola e al cero acceso del gruppo si può porre un’icona di Gesù maestro e il cartellone preparato precedentemente. Ci sono anche la veste bianca e gli oli del Battesimo. L’angolo può essere abbellito con fiori, rametti verdi, piante. Disposti a semicerchio i fanciulli si raccolgono per un momento contemplativo di preghiera. Verrà consegnato loro il testo del Vangelo di Luca 18, 16-17. Il canto dell’Alleluia accoglie la Parola che il catechista legge lentamente e

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successivamente invita i fanciulli a rileggerla e a ripetere dentro di sé quelle espressioni che li hanno maggiormente colpiti. Liberamente possono poi dirle ad alta voce come preghiera o facendo una risonanza personale. Successivamente ad ognuno è affidata una candela che accende al cero mentre il catechista dice lentamente: “È Dio che ci dona la luce che illumina il nostro cammino dentro la comunità cristiana. Egli vuole che non ci perdiamo nel buio e che possiamo ogni giorno confermare il nostro sì.” A questo punto si legge tutti insieme la seguente preghiera:

Tu hai firmato la mia vita

Se la mi vita fosse un libro tu, Dio, saresti l’autore.

Tu hai dettato la mia storia, tu hai scritto le sue pagine. Che cosa sarei senza di te?

Non sarei neanche nato. Tu, Dio, mi sei fedele. Ti sei chinato su di me.

Mi custodisci come un Padre buono. Ti ricordi di me anche nei momenti difficili.

Tu scrivi il libro della mia vita. Io spero in te, Signore, e canto la tua bontà.

Adesso scriverò il mio nome, pensando che tu hai firmato la mia vita.

Fonte non specificata

Mentre si esegue il canto finale, ognuno fa la sua firma sul cartellone, vicino all’immagine di Gesù, come conferma del proprio sì a Lui e in segno di gratitudine.

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 137-138: Seguitemi ♦ nn. 200-205: La comunità dei discepoli ♦ nn. 429-430: La comunità cristiana ♦ nn. 816-820: Seguire Gesù ♦ nn. 838-839: Un germe da sviluppare

III NUCLEO

Si suggerisce di concludere questo ricco nucleo con la celebrazione “Prendi il largo e diventa pescatore di uomini” riportata nell’allegato n. 5.

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III NUCLEO

CHIAMATI ALLA FESTA

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 16-18-125

  Aiutare i fanciulli a scoprire che Gesù chiama i cristiani ogni domenica per incontrarlo, ascoltare la sua Parola e condividere il suo progetto di vita e di amore.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Esodo 20, 8-11 Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. 1. Dio santifica il Settimo Giorno Il settimo giorno, al termine dei sei giorni della Creazione, viene benedetto e santificato dal Creatore, secondo quanto è scritto nelle prime pagine della Torah, ancora prima della proclamazione delle Dieci Parole o Comandamenti dati a Mosè al Sinai. «Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati» (Genesi 2, 1-4). La santificazione del Sabato, operata da Dio, viene per così dire completata, ripetuta e perfezionata dall’adesione al precetto che successivamente Mosè trasmette a Israele: «Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo» (Esodo 20, 8). Una santificazione che Israele continuamente celebra nell’ascolto della Parola di Dio, nel riposo, nella lode, nella comunione gioiosa, nel ricordo della Creazione, dell’Alleanza e della liberazione pasquale. In questo modo la consacrazione sabbatica, misticamente raffigurata nella consacrazione nuziale, si apre alla speranza nell’attesa messianica di un Sabato eterno.

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2. La santificazione nell’ascolto L’ascolto della Parola di Dio, così come è radicale e centrale per tutti i precetti e comandamenti, lo è ancor più nel caso del Sabato, come è rivelato a Mosè sul Sinai: «Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo…» Perciò la lettura della Torah davanti alla comunità riunita viene celebrata con particolare solennità, tra canti e benedizioni. 3. La santificazione nel riposo e nella gioia Rashi di Troyes, autorevole maestro e esegeta medievale, raccomanda di associare il Sabato alla gioia: «Fate attenzione a ricordare sempre il giorno del Sabato e, nel caso ti capitasse qualcosa di bello, serbalo per il Sabato» (Commento a Esodo 28, 8). I preparativi per il Sabato coinvolgono l’intera famiglia. Un onore particolare tocca alla sposa e madre di famiglia, che, simbolicamente, rappresenta il Sabato stesso: a lei spetta di accendere le gioiose luci della festa, dopo aver in precedenza cucinato i pani speciali dello Shabbat, preparando inoltre le più gustose pietanze tradizionali, predisponendo ogni cosa perché il riposo di tutta la casa si accompagni agli affetti, ai sentimenti di ospitalità, all’esultanza e alla elevazione dello spirito. Un’atmosfera straordinaria avvolge chi si prepara al Sabato: «Rinfrescati e rinnovati, abbigliati con vesti festose, mentre le candele ammiccano sognanti a ineffabili speranze, a intuizioni dell’eternità, alcuni di noi sono sopraffatti dalla sensazione che qualsiasi parola non sarebbe se non un velo. Non vi è abbastanza grandiosità nelle nostre anime per sciogliere in parole il nodo del tempo e dell’eternità. Si vorrebbe cantare per tutti gli uomini, per tutte le generazioni. Alcuni cantano il più grande di tutti i canti: il Cantico dei Cantici». 4. In comunione con l’umanità e con il Creato Il ricordo della Creazione apre lo spirito alla comunione con ogni creatura, e in particolare con ogni persona umana, nella quale si rispecchia e rivela l’immagine divina. Il Sabato, tempo di riposo divino (Esodo 31,15-17) e di distensione, diviene così occasione eccellente per la socialità in senso più ampio, perché permette di tendere l’orecchio e aprire il cuore a quelle voci di solidarietà verso il prossimo, che a volte il frastuono e la fatica della settimana non consentono di percepire. Questa carità sociale si rivolge anche a tutte le creature, perché la tranquilla gioia sabbatica possa coinvolgerle, elevandole nella dimensione dello spirito, secondo la natura loro propria. Il grande canto dello Shabbat diviene un canto di tutta la famiglia umana e dell’universo, riassumendo le dimensioni sociali ed ecologiche tipiche della cultura contemporanea. (Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo della CEI) Suggeriamo ai catechisti di approfondire gli argomenti di questo nucleo attraverso la lettura dell’allegato n. 6. Questi incontri si prestano magnificamente per parlare ai fanciulli del Giorno del Signore, come “chiamata” di Gesù. La domenica è un giorno diverso dagli altri, ci fa intravedere il giorno definitivo, senza tramonto, e ci ricorda che siamo fatti per la festa che è gratuità, gioia, serenità, incontro… È molto importante mettere i fanciulli in quest’ottica e far loro sentire la bellezza del Giorno del Signore, attraverso un lavoro di introspezione sulla loro esperienza

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della domenica. (Ricordiamo che nell’undicesimo nucleo del secondo anno i fanciulli avevano conosciuto il significato pasquale della domenica). Come catechisti teniamo presente che nella realtà odierna spesso i fanciulli fanno difficoltà ad andare a Messa e, quando ci vanno, non sempre la partecipazione è vissuta in modo vivo e gioioso. Le loro riflessioni andranno quindi accolte con un ascolto attento e discreto, non giudicante, e serviranno, semmai, a promuovere presso le famiglie e in parrocchia delle scelte che favoriscano la partecipazione e il coinvolgimento di tutti, grandi e piccoli.

Domenica è… Iniziamo l’incontro facendo esprimere ai fanciulli che cos’è la domenica per loro attraverso la tecnica del brainstorming: “Domenica è …” Alla fine avremo un vero e proprio identikit della domenica che verrà sintetizzato nella parte sinistra di un cartellone, diviso in due, sotto la scritta “La nostra domenica è …” Sul lato destro, dal titolo “Questo è il Giorno del Signore …” verranno trascritte le caratteristiche della domenica che il catechismo evidenzia a pagina 16 e 125. Sarà un’attività svolta collettivamente dopo che i fanciulli le avranno lette e sottolineate in un lavoro fatto a piccoli gruppi. Terminata questa prima attività di osservazione e di rilevazione, il catechista cercherà di far riflettere sui messaggi che sono trascritti nelle due colonne del cartellone. Dove coincidono? Dove c’è più distanza? Che cosa è necessario perché la domenica diventi festa? Come vivere allora la festa? I fanciulli danno grande importanza al clima festivo in se stesso, al fatto che siano tutti contenti e che la partecipazione sia più larga possibile (esperienza feste di compleanno). A partire da questa esperienza il catechista aiuterà a riconoscere che Dio ha messo nel cuore dell’uomo questo bisogno: siamo fatti per l’incontro, l’amore, la gioia. Per questo Gesù ci chiama ad essere comunità, ci vuole Chiesa. E’ Gesù stesso che durante la Messa ci accoglie, siede a tavola con noi, si fa nostro amico e nostro dono, ci pone in comunione con il padre e con i fratelli. Il catechista ricorda come il “Sì, eccomi! Confermo il mio sì” espresso nella preghiera dell’incontro precedente passa anche attraverso la partecipazione all’eucarestia domenicale. Quindi concorda con loro semplici “strategie” per non mancare a questo appuntamento.

‐ La prima potrebbe essere l’incarico di accogliere i fedeli alla porta della chiesa, dando il benvenuto e offrendo il foglio delle letture, il libretto dei canti, …

‐ Oppure ritrovarsi insieme in un posto ben definito della chiesa, accanto a chi suona, per partecipare con viva voce ai canti proposti …

‐ Oppure potrebbe essere riservato loro un incarico “speciale” durante la Messa. Verranno coinvolti nel momento iniziale della celebrazione, quello

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dell’accoglienza, attraverso una preghiera corale, un gesto e un canto comunitario.

Vieni, fratello!

Attraverso questo momento celebrativo vogliamo far comprendere ai fanciulli che ciascuno è unico, con le sue qualità e i suoi difetti. Tutti siamo invitati ad entrare nella casa di Dio. Nessuno è respinto. C’è posto per tutti. Prepariamo preventivamente la stanza e tutto il materiale necessario come indicato nell’allegato n. 7, avendo cura di sistemare al centro un tavolo che fungerà da “altare”. Tre fanciulli in coro recitano: Vieni fratello, il Padre ti chiama, vieni alla cena, c’è un posto anche per te. Primo lettore (fanciullo): Non occorre la carta d’identità! Qui si accettano tutti: i piccoli, i grandi i tristi, i felici, i brontoloni e i pasticcioni, i calmi e i frettolosi. Qui c’è posto per tutti! Ritornello cantato da tutta l’assemblea: Andiamo fratelli, il Padre ci chiama, andiamo alla cena, c’è un posto anche per noi. Durante il ritornello alcuni fanciulli portano grandi ghirlande di sagome che fissano davanti e intorno all’”altare”. Tre fanciulli in coro recitano: al nuovo banchetto Dio chiama i figli suoi: Parola e Pane, questo è il dono del Signore. Secondo lettore (fanciullo): Non occorre la carta d’identità! Qui si accettano tutti: soprattutto se si sa condividere, soprattutto se si dà senza chiedere, soprattutto se si sa perdonare, soprattutto se ci si ama gli uni gli altri, soprattutto se si ha un cuore aperto. Ritornello cantato da tutta l’assemblea: Andiamo fratelli, il Padre ci chiama, andiamo alla cena, c’è un posto anche per noi. Durante il ritornello altri fanciulli portano grandi ghirlande di sagome che fissano davanti e intorno all’”altare”. Tre fanciulli in coro recitano: Intorno alla mensa l’amore crescerà; il Corpo di Cristo un sol corpo ci farà.

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Terzo lettore (fanciullo): Non occorre la carta d’identità! Venite, se vi sentite soli C’è qualcuno ad accogliervi. Venite se avete fame, c’è del pane per il viaggio. Venite, se volete ascoltare Gesù Egli ci annuncia un lieto messaggio. Ritornello cantato da tutta l’assemblea: Andiamo fratelli, il Padre ci chiama, andiamo alla cena, c’è un posto anche per noi. Nel frattempo si completa il fissaggio delle altre ghirlande. Si può concludere con il canto Santa per noi domenica o un canto adatto al momento e conosciuto in parrocchia.

Gli incontri di questo nucleo possono essere arricchiti dai seguenti canti: Oggi ci hai chiamati, Se m’accogli, Santa per noi domenica, Noi veniamo a Te…

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ n. 658: La domenica ♦ nn. 610-614: Cristo parla ancora ♦ nn. 625-629: Parola annunciata, celebrata e vissuta

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IV NUCLEO

VI ANNUNCIO UNA GRANDE GIOIA

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 44

Aiutare i fanciulli alla comprensione del Natale come mistero di gioia e di luce che coinvolge talmente la nostra vita da portarci a condividerlo con gli altri.

Quando si è coinvolti in qualche bella esperienza, o si è fatta una scoperta, è naturale volerla condividere con gli altri. Quando un bambino sa di aver qualcosa di importante da dire si agita, diventa insistente, deve assolutamente far sapere agli altri ciò che lo rende felice. I bambini sanno entusiasmarsi, urlare di gioia, gettare le braccia al collo per ringraziare per un dono a lungo atteso, correre e cantare dopo una buona notizia; non hanno perso la spontaneità, la capacità di essere semplici nel manifestare la gioia. Gli angeli scelsero di andare ad annunciare la nascita di Gesù ad un gruppo di persone semplici e umili, pronte a correre a vedere il Signore. Tornarono colmi di gioia, certi di avere una buona notizia da portare al mondo.

Una penna disobbediente Gli angeli annunciano ai pastori la nascita del Figlio di Dio; i pastori vanno ad incontrarlo e diventano a loro volta annunciatori. L’annuncio del Signore è qualcosa di contagioso, è una gioia che non si può trattenere nel proprio cuore ed ha bisogno di essere riversata nei cuori degli altri. Se non vi è cristiano vero senza l’incontro con Cristo, ugualmente non vi è incontro vero con Cristo che non porti ad annunciarlo e testimoniarlo. Possiamo aiutare i fanciulli a comprendere questa verità, narrando loro la seguente storia: C’era una volta un grande e bravissimo poeta che nessuno conosceva perché nessuno aveva mai letto le sue poesie. Il poeta, fin da piccolo, si era affezionato ad una sola ed unica penna e non ne aveva utilizzate altre. Questa penna, però, si era sempre rifiutata di scrivere per paura di finire il suo inchiostro, perciò nessuno conosceva le bellissime poesie di quel poeta. Un giorno il poeta si recò presso una biblioteca e portò con sé anche la penna. Fu lì che la penna conobbe tante altre penne e vide che tutte scrivevano, senza farsi troppi problemi. C’era lì anche una penna appoggiata su una scrivania che sembrava molto anziana, perché aveva quasi terminato tutto il suo inchiostro. Dopo averle rivolto il saluto, la penna del poeta le parlò delle sue resistenze a scrivere. Ma l’anziana penna, che aveva scritto tanto, le disse: «Guarda intorno quanti libri. Tanta gente può venire qui a leggere ed imparare cose nuove proprio perché delle

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penne come noi sono state utili ai loro padroni. Non serve a nulla e a nessuno tenere per sé ciò che loro ci dicono. Noi abbiamo il grande compito di manifestare agli altri il loro pensiero, le loro idee, cioè di scrivere ciò che di più profondo c’è in loro utilizzando ciò che di più profondo c’è in noi, il nostro inchiostro. Questo ci rende utili e fa crescere la gente». La penna del poeta ringraziò di cuore l’anziana penna e da quel giorno iniziò a scrivere tutte le poesie che il poeta recitava. Il poeta fu apprezzato e conosciuto da molti perché da quel giorno tanta gente poté leggere le sue splendide poesie. Anche noi siamo come quella penna, non siamo utili a nessuno e non serve a nessuno se incontriamo Gesù Cristo e non raccontiamo agli altri questa splendida avventura. Come per la penna costa inchiostro scrivere, anche per noi costa coraggio annunciare e testimoniare. Se lo faremo, però, saremo strumenti contenti ed efficaci nelle mani del Signore, perché lo aiuteremo a non restare anonimo e sconosciuto, ma lo manifesteremo anche a chi ancora fa fatica a riconoscerlo. A questo punto possiamo favorire il dialogo nel gruppo attraverso semplici domande tipo: immaginiamo di essere noi quella penna; quali pagine della storia, personale o di comunità, ci piacerebbe scrivere? Perché? Possiamo infine concludere l’attività con la lettura del testo di Luca.

Ascolto i pastori Dopo aver chiesto ai fanciulli di leggere individualmente il vangelo di Luca (2,16-21), invitiamoli a rispondere alla seguente domanda: l’atteggiamento dei pastori cosa suggerisce al nostro modo di partecipare alla celebrazione del Natale? Dopo aver ascoltato le loro risposte, possiamo rileggere insieme il testo chiedendo ai fanciulli di sottolineare o evidenziare le azioni che vengono compiute dai pastori. Commentiamole poi con loro utilizzando come traccia l’approfondimento al testo, sotto riportato.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Luca 2, 8-20 C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del

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bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Il vangelo dell’ottava di Natale ci riporta immediatamente a Betlemme e ci ricorda i tre momenti essenziali vissuti dai pastori, dopo aver ascoltato l’annuncio portato loro dagli angeli.

Andarono: I pastori si misero in cammino verso la mangiatoia. Sono loro che per primi dettano a noi, pigri e lenti cristiani dell’inizio di questo terzo millennio, i tempi dell’evangelizzazione. Non di quella sterile fatta di schemi e ripetizioni, ma di scossoni e di cammini. Cammini di fede e proposte di amore, ma soprattutto fatti con la logica di chi intende lasciare le comodità e cercare di annunziare che non è avvenuto un parto qualunque: è nato un Salvatore.

Senza indugio: È l’atteggiamento di chi non rimanda gli impegni. I pastori si sono mossi con celerità mostrandoci che di fronte ai piccoli non bisogna rimandare. Quante cose dobbiamo imparare a realizzare. Noi che tante volte più che fare tendiamo a delegare e a rimandare il più possibile il nostro agire di chiesa. Più che “chiesa del cammino” sembra che ci si imbatta nella “chiesa della stanchezza”.

Tornarono: Non rimasero a contemplare il bambino, ma fecero il viaggio di ritorno con la consapevolezza che non bastava aver visto, ma era necessario portare questo messaggio di pace a tutti.

E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori: È interessante notare gli atteggiamenti attribuiti ai pastori: prima ascoltano (vv. 10-11 e v. 15), poi si muovono e trovano il segno (v. 16); a questo punto lo guardano e diventano a loro volta annunciatori, riferendo quanto avevano udito. È piuttosto evidente che Luca non sta parlando solo dell’esperienza dei pastori di Betlemme, ma del diffondersi del vangelo. Coloro che accoglieranno la predicazione degli apostoli e faranno esperienza dell’incontro con Gesù e crederanno, potranno comunicare a loro volta questa buona notizia. Tutti quelli che udivano (del v. 18) sono quindi i futuri ascoltatori del vangelo e le comunità cristiane stesse che lo accolgono e su di esso riflettono per comprenderlo sempre meglio. Lo stupore, un sentimento molto presente in questi primi capitoli del vangelo di Luca (vedi anche 1, 21.63; 2, 33), indica in positivo l’interrogarsi di fronte alle opere di Dio che si fanno storia. Ci viene ricordato che i pastori hanno udito e visto, perché il percorso del credente va dall’ascolto della predicazione ad una sua verifica nella vita: Dio compie le sue promesse, le sue parole sono azioni che cambiano la storia. La nascita di Gesù ne è un esempio luminoso e gioioso che siamo chiamati a celebrare con lo stesso impegno e lo stesso spirito di lode mostrati dai pastori.

I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro: La pericope si conclude con un ritorno ai pastori, in un versetto riassuntivo, tipico di Luca, che vede l’uscita di scena dei protagonisti. Altro verbo di movimento: tornarono, e altro atteggiamento: glorificando e lodando Dio, collegati nuovamente all’annuncio ricevuto: com’era stato detto loro.

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Anche i pastori come gli angeli (v. 14) lodano Dio, unendo cielo e terra nel glorificarlo, un invito al lettore a celebrare la festa della natività di Gesù. Quello della lode è per altro un tema frequente nel vangelo di Luca, come pure nel libro degli Atti (Lc 7,16; 13,13; 17,15; 18,45; 19,37; At 2,47; 3,8-9; 4,21; 11,18; 21,20) che riflette la sua convinzione dell’importanza di tale preghiera nella vita della comunità cristiana.(fonte non specificata)

Canti utilizzabili in questo nucleo: Gloria, Gloria in excelsis Deo, Gloria e pace, e tutti i canti di Natale conosciuti in Parrocchia.

Possiamo inoltre utilizzare le seguenti preghiere:

Al bambino Gesù

Asciuga bambino Gesù le lacrime dei fanciulli. Accarezza il malato e l’anziano!

Spingi gli uomini a deporre le armi E a stringersi in un universale abbraccio di pace!

Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati

dalla miseria e dalla disoccupazione, dall’ignoranza e dall’indifferenza,

dalla discriminazione e dall’intolleranza. Sei Tu Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi liberandoci dal peccato.

Sei Tu il vero e unico Salvatore, che l’umanità spesso cerca a tentoni.

Dio della Pace, dono di pace all’intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.

Sei Tu la nostra pace e la nostra gioia. Amen. Giovanni Paolo II

Tu sei grande

Tu sei grande, Signore, e sei venuto in mezzo a noi come un fratello, come uno uguale a noi.

Sei venuto a cercarci, a chiamarci uno per uno. Io ti seguirò

E a tutti i miei amici dirò: È venuto Colui che il nostro cuore aspettava.

Fonte non specificata

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 301-305: L’Emmanuele, Dio con noi.

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V NUCLEO

TI LODINO I POPOLI TUTTI

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 48-49

Suscitare nei fanciulli il desiderio di mettersi in cammino, come i Magi, per incontrare il Signore Gesù. Aiutarli a scoprire che l’Epifania è la celebrazione di un mistero che continua ed impegna i cristiani ad essere luce per tutti i popoli.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Matteo 2,1-12 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

Allora Erode, chiamati segretamente i magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Il Vangelo dice che i Magi venivano dall’Oriente; il termine dà l’indicazione molto generica di regioni lontane. Essi rappresentano tutti i popoli del mondo che cercano Dio e compiono un cammino interiore per trovare Gesù e adorarlo. I Magi sono persone sapienti perché hanno gli occhi rivolti al cielo e i piedi per terra, scrutano le stelle, ma camminano e cercano sinceramente la verità e per questo non misurano la fatica. Sono considerati uomini saggi, ma non si vergognano di chiedere, in modo sincero e aperto, senza tanti giri

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di parole: “ Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la stella, e siamo venuti per adorarlo”. Il Signore fa loro conoscere la strada e se stesso. La loro gioia è così grande che offrono i beni più preziosi nell’antichità: oro, incenso, e mirra.

Oro: la regalità di Gesù. È davvero il Re dei re, anche se un re speciale che nessuno si aspettava: senza palazzi, senza esercito, senza armi. Il suo è un regno di pace, il suo potere è l’amore, il suo trono è la croce.

Incenso: la divinità di Gesù. L’incenso si offriva nel tempio, il fumo profumato che saliva verso l’alto era l’offerta a Dio, insieme alla preghiera. Gesù è davvero il figlio di Dio.

Mirra: l’umanità di Gesù La mirra era un unguento utile per sanare le ferite ma anche per la sepoltura. Gesù è nato in mezzo agli uomini e, donando la sua vita per loro, scenderà nella morte per vincerla.

Molto più degli adulti, i bambini vivono semplicemente l’esperienza dell’incontro con altre culture, altri costumi, altre religioni. Di fatto oggi le nostre città sono multietniche: le scuole sono frequentate da molti bambini che appartengono a culture diverse dalla nostra. Proprio i fanciulli possono testimoniare quanta ricchezza ci sia nell’incontro fra costumi e lingue diverse, nello scambio culturale autentico che non schiaccia mai l’altro, ma lo accoglie. C’è molto da imparare dall’amicizia che lega bambini di nazionalità diversa. La strada che porta a Te, Signore, non sempre è facile, ma tu ci accompagni nel cammino; donaci il desiderio di cercarti anche nei momenti difficili. (fonte non specificata)

L’identikit Dopo aver letto il Vangelo di Matteo, stimoliamo gli interventi da parte dei fanciulli per verificare quale grado di comprensione e di approfondimento hanno maturato. Infatti, quando si leggono brani molto noti, come questo, prevale spesso la convinzione di sapere già tutto e quindi di non avere più niente da scoprire. A questo proposito teniamo conto che questo testo è stato letto anche l’anno precedente [V nucleo, pag. 20]: che cosa ci ricordiamo?. Possiamo farci aiutare da queste parole di don Primo Mazzolari: «Gesù ha voluto i poveri attorno a sé: ci ha fatto onore delle primizie, convocandoci per mezzo degli angeli, mentre ai Magi doveva bastare una stella. Pastori e Magi, ignoranti e sapienti. Non vi piace questo succedersi di genti diverse intorno al presepio, venute attraverso vie diverse, con doni e parole diversi? Fin dal presepio Gesù è di tutti!». A questo punto proponiamo ai fanciulli l’identikit di questi uomini sapienti descritti da Matteo: quali figure emergono dagli elementi del racconto? Tante persone vicine e lontane corrispondono anche oggi a questo identikit: gente alla ricerca del bene e della verità. Presentiamo ora ai fanciulli qualche personalità dei

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nostri giorni o di altri tempi in cui è emersa più forte la ricerca della verità: ad esempio qualche convertito o qualche persona che si è battuta per la giustizia e la pace tra gli uomini (Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa, San Francesco…). Invitiamo i fanciulli a riflettere sulle occasioni che anche loro hanno di andare alla ricerca del bene e della verità (partecipando agli incontri del catechismo, andando a Messa, leggendo il Vangelo in famiglia…).

La stella dei Magi La stella annuncia la Buona Notizia e il viaggio dei magi l’universalità. Aiutiamo i fanciulli a considerare il fatto che Gesù è nato non solo per il suo popolo, ma per tutti gli uomini. Una stella li ha guidati. Anche noi siamo arrivati a Gesù grazie ad una “stella”: la mamma, il papà, i nonni, i catechisti, il sacerdote… Anche noi possiamo essere una “stella” per qualcuno. Prepariamo con i fanciulli delle stelle comete in cartoncino da portare a casa e regalare a qualcuno (parenti, amici, vicini…) per annunciare la gioia del Natale. Sulle stelle possiamo fare scrivere: “Come la stella cometa, anch’io porto nel mondo la Buona Notizia: è nato Gesù!”. Durante il prossimo incontro chiederemo ai fanciulli di raccontare a chi hanno regalato la stella e come è stata accolta (Nota: ogni impegno preso, che sia personale o di gruppo, andrà verificato nel corso dell’incontro successivo, attraverso il racconto di ciò che è stato vissuto. Questo serve a far sentire i fanciulli protagonisti e testimoni e, nello stesso tempo, serve a noi catechisti per verificare che l’impegno sia stato effettivamente rispettato).

Il figlio più intelligente

Molto tempo fa c’era un uomo che aveva tre figli ai quali voleva molto bene. Non era un uomo ricco, ma con la sua saggezza e il suo duro lavoro era riuscito a risparmiare un bel po’ di soldi e a comprare un fertile podere. Quando divenne vecchio, cominciò a pensare a come dividere tra i suoi figli ciò che possedeva.. Un giorno, quando ormai era molto vecchio e malato, decise di fare una prova per capire quale dei suoi figli fosse il più intelligente. Chiamò allora i tre figli al suo capezzale. Diede a ciascuno cinque soldi e chiese loro di comprare qualcosa che riempisse la sua stanza, che era vuota e spoglia. Ciascuno dei figli prese i soldi e uscì per esaudire il desiderio del padre. Il figlio più grande pensò che fosse un lavoro facile. Andò al mercato e comprò un fascio di paglia, ossia la prima cosa che gli capitò sotto gli occhi. Il secondo figlio, invece, rifletté per qualche minuto. Dopo aver girato tutto il mercato e aver cercato in tutti i negozi, comprò delle bellissime piume. Il figlio più piccolo considerò per un lungo tempo il problema. “Cosa c’è che costa solo cinque soldi e può riempire una stanza?” si chiedeva. Solo dopo molte ore passate a pensare e ripensare, trovò qualcosa che faceva al suo caso, e il suo volto si illuminò. Andò in un piccolo negozio nascosto in una stradina laterale e comprò, con i suoi cinque soldi, una candela e un fiammifero. Tornando a casa era felice e si domandava cosa avessero comprato i suoi fratelli. Il giorno seguente, i tre figli si riunirono nella stanza del padre. Ognuno portò il suo regalo, l’oggetto che doveva riempire una stanza. Per primo il figlio grande

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sparse la sua paglia sul pavimento, ma purtroppo questa riempì solo un piccolo angolo. Il secondo figlio mostrò le sue piume: erano molto graziose, ma riempirono appena due angoli. Il padre era molto deluso degli sforzi dei suoi due figli maggiori. Allora il figlio più piccolo si mise al centro della stanza: tutti gli altri lo guardarono incuriositi chiedendosi: “Cosa può aver comperato?”. Il ragazzo accese la candela con il fiammifero e la luce di quell’unica fiamma si diffuse per la stanza e la riempì. Tutti sorrisero. Il vecchio padre fu felice del regalo del figlio più piccolo. Gli diede tutta la sua terra e i suoi soldi perché aveva capito che quel ragazzo era abbastanza intelligente da fare buon uso e si sarebbe preso saggiamente cura dei suoi fratelli. Qualcosa di simile a quanto è raccontato nella fiaba africana accade al mondo, in questi giorni. Sono giorni di inverno, freddi per il tempo atmosferico, freddi e spogli perché c’è ancora tanto egoismo nel cuore degli uomini. Allora si accende una luce che riempie il mondo, una fiammella piccola che gli uomini di buona volontà moltiplicano. E nessuno la può fermare. Come afferma il Vangelo: “La luce vera, Colui che illumina ogni uomo, è venuto nel mondo”. Tocca a noi essere suoi testimoni. Per questo festeggiare il Natale è innanzitutto una questione di luce…. (fonte non specificata)

Un canto adatto a questo nucleo è Venimus adorare eum; si possono inoltre proporre tutti i canti utilizzati in parrocchia durante il periodo natalizio.

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 565-572: Rivelare e comunicare l’amore di Dio

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VI NUCLEO

UN LIETO MESSAGGIO PER I POVERI

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 58-59

Far scoprire ai fanciulli che cosa Gesù ha detto di se stesso all’inizio della vita pubblica. Aiutarli a prendere coscienza di quello che essi pensano riguardo alla persona di Gesù.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Lc 4,16-21 Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". Quel giorno era iniziato come un sabato qualunque. Gesù com‘era sua abitudine quand’era artigiano, si recò alla sinagoga. Chissà quante volte, da quando era diventato figlio del precetto, si era già alzato a leggere un passo della Legge. Quel giorno però lo fece di sua iniziativa: si alzò; e subito si aggiunge: e gli fu dato il libro del profeta Isaia. Gli fu dato, perché era la lettura stabilita in quel giorno, o perché egli chiese proprio quel libro? Probabilmente vale la seconda ipotesi. In quel tempo infatti non vi era ancora nulla di stabilito riguardo alla lettura dei profeti che, in una vera liturgia della parola, seguiva la preghiera e la lettura di alcuni passi della Torah o Legge. Così si chiamano i primi cinque libri della Bibbia. Solo dopo la lettura della Legge, egli si alzò e gli fu dato quel libro di cui aveva bisogno. Si recò all’ambone e, stando in piedi, lo aprì e cercò. Tale è per noi il senso del verbo greco qui usato, di solito tradotto con trovò, ma che ha tra i suoi significati primari quello di trovare dopo un ‘accurata ricerca. Ebbene, Gesù cercò e scelse alcune parole di Isaia 61,1-

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2 e 58,6. Era un passo che gli serviva meravigliosamente per spiegare ai suoi compaesani il cambio avvenuto in lui. Il richiamo immediato è a quanto era successo dopo il suo battesimo: Lo Spirito del Signore è su di me, poiché egli mi ha consacrato con l’unzione, per evangelizzare i poveri. Con queste parole egli si presenta come un profeta, inviato da Dio, con una precisa missione. Egli non ha ricevuto come i sacerdoti e i re antichi, e neppure come il profeta Eliseo, nessuna unzione con olio santo. Come tutti gli altri profeti, egli è stato chiamato e unto da Dio mediante lo Spirito che lo abilita per una missione. Questa è la coscienza che quel giorno manifestò di se stesso; e questa è la fede della Chiesa sin dalle origini. Essa da sempre proclama «come Dio consacrò Gesù di Nazaret in Spirito Santo e potenza» (At 10,38). Ma osserviamo Gesù. Ha appena detto chi è, e subito lancia il suo programma di azione, che continua a leggere nella Parola di Dio, come ha fatto durante le tentazioni. Egli è venuto a evangelizzare, cioè a portare il lieto annuncio di salvezza,.., a proclamare.,, a ridonare la vista.., a predicare... Qui non ci sono solo parole, qui si annuncia che egli agirà con potenza (ridonare la vista) e che lo scopo di tutto sarà la salvezza. Gesù, in sintonia con l’agire di Dio, sa di essere mandato ai poveri, ai prigionieri, agli oppressi, cioè a tutti coloro che non hanno in se stessi la capacità di cambiare in meglio, ma che hanno bisogno che altri tendano loro la mano. Comunque, il termine «poveri» traduce l’ebraico «‘anawim», e questi non sono soltanto poveri, ma anche «pii», gente che guarda a Dio, colma di speranza. Ebbene, la loro attesa è finita. Gesù non è solo venuto a predicare, ma a «indire l’anno di grazia del Signore», cioè l’anno grato, accetto, piacevole al Signore, l’anno della sua presenza, della sua salvezza. «Ora». L’anno di grazia non è solo annunciato, ma ha inizio ora. Lo dice con solennità Gesù. Finita la lettura, chiuse il libro, lo ridonò all’inserviente e si sedette per rivolgere la sua parola al popolo. Dice il testo che tutti gli occhi nella sinagoga erano fissi su di lui. Ed egli iniziò dicendo: «Oggi si compie questa scrittura che è risuonata nelle vostre orecchie». Non sappiamo quanto sia durata la sua predica. Luca si limita alla prima frase, quella che già dice tutto: «Oggi si compie...». L’anno di grazia è iniziato, il tempo della salvezza è davvero giunto, già ha fatto irruzione nel mondo. E come la parola «ora» o «kairòs» nei profeti, così la parola «anno» non può essere limitata cronologicamente, perché «esso dura ancora» e durerà finché c’è storia. Dio ora ci offre in Gesù il suo perdono e vuole condurci alla totale salvezza. (Mario Galizzi)

Fotolandia Dopo aver letto il Vangelo di Luca, presentiamo ai fanciulli un “album fotografico” in cui abbiamo preventivamente incollato delle immagini tratte dal film “Gesù di Nazaret” di Franco Zeffirelli (si possono scaricare facilmente dal sito www.qumran2.net) ed altre di attualità (ad esempio di alcune persone impegnate in missioni umanitarie o di missionari conosciuti in parrocchia…) che parlino di come si è presentato Gesù ai poveri: attraverso miracoli, gesti di guarigione e di accoglienza, ecc… Invitiamo successivamente i fanciulli ad esprimere le emozioni suscitate dalle immagini e dagli atteggiamenti di Gesù nei confronti dei più “piccoli”.

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Cosa manca? Dopo aver letto e commentato insieme il brano di Luca, consegniamo ai fanciulli una fotocopia del brano con alcune parole mancanti. A loro il compito di completare il testo nel modo corretto. Per rendere più vivace l’attività, possiamo dividere il gruppo in due squadre: vince la squadra che per prima completa correttamente il testo.

Chi è costui?

Per capire che cosa i fanciulli hanno recepito della persona di Gesù e che cosa pensano di lui li dividiamo in piccoli gruppi di 2/3 e proponiamo loro di diventare dei giornalisti incaricati di scrivere un articolo di presentazione di questo straordinario personaggio, da inviare ai giornali. Mettiamo poi a confronto i vari articoli, evidenziandone le differenze oppure utilizziamo i vari contributi per redigere un unico testo.

Possiamo integrare questo nucleo con i seguenti canti: Beati voi, Cammina con lui, Se m’accogli, Se qualcuno ha dei beni in questo mondo…

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 106-111: Lieto annuncio ♦ nn. 112-118: Si compiono le attese

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VII NUCLEO

LA TUA FEDE TI HA SALVATA

Catechismo della CEI “VENITE COM ME” pagg. 60 - 61 e 64 - 65

Aiutare i fanciulli a scoprire che Gesù è il Salvatore, l’unico che può salvare la nostra vita dalla sofferenza e dal “fallimento”. Anche oggi possiamo vedere i segni della “salvezza”. Prima di affrontare il seguente nucleo, suggeriamo ai catechisti di rivedere il nucleo VI dell’anno precedente, in particolare quanto suggerito nella prima attività.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Luca 7,36-50 Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!". Gesù allora gli disse: "Simone, ho da dirti qualcosa". Ed egli rispose: "Di' pure, maestro". "Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?". Simone rispose: "Suppongo sia colui al quale ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene". E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco". Poi disse a lei: "I tuoi peccati sono perdonati". Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è costui che perdona anche i peccati?". Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!". L’inizio è subito una sorpresa: un fariseo invita Gesù a casa sua e Gesù non si rifiuta. E questo sorprende dopo le precedenti polemiche. Certo non c’è amicizia tra Gesù e i farisei. Anche colui che lo invita a casa sua non gli esprime nessun segno di amicizia: non lo riceve come si riceve un invitato; non gli dà la possibilità di rinfrescarsi un po’ i piedi, di

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profumarsi un po’, e tanto meno il bacio di benvenuto. È difficile non pensare che tutto abbia, nella mente del fariseo, uno scopo ben preciso: conoscere meglio Gesù. Ma in che senso? Il testo non permette una risposta a questa domanda. Un dato risulta però assai positivo: Gesù non si è rifiutato di sedersi a tavola con i farisei. E certo lo ha fatto per compiere la sua missione: anch’essi hanno bisogno del medico (5,31), sono malati e peccatori che non sanno di esserlo; si siede a tavola con loro perché forse è più facile aiutarli a riflettere con calma sulla missione dell’invitato, che essi non considerano di origine divina. E il caso che si presenta a lui e a loro è certamente il più indicato. Mentre sono a tavola, sulla scena appare subito un altro personaggio: una peccatrice! Secondo il testo sembra agire di propria iniziativa, anche se non ci è dato di capire quali motivi l’abbiano spinta a ciò. Il suo entrare in scena ha scosso tutti i presenti, e i suoi gesti hanno accentrato gli sguardi su di lei. La donna si avvicina dietro a Gesù piangendo e compiendo verso di lui quegli atti di cortesia che il fariseo non ha compiuto. Di qui nasce quello che il testo vuole insegnare e che appare dal confronto tra l’atteggiamento della peccatrice e del fariseo. L’interesse di Gesù non è per la donna. Egli sa che i suoi molti peccati sono già stati perdonati da Dio. Perciò si limita a comunicarle anche sensibilmente il perdono di Dio: «I tuoi peccati sono perdonati». E fa notare come tutto è dovuto alla sua fede: «La tua fede, cioè la tua apertura a Dio, ti ha salvata». L’agire di Gesù è perciò tutto rivolto a sanare quel fariseo, che non ha accettato il battesimo di Giovanni e non ha riconosciuto la chiamata di Dio alla conversione. Il fariseo è qui il tipo di tutti coloro che non riescono a sentirsi peccatori e bisognosi di salvezza. Il suo modo di comportarsi è di uno che ha fatto un piacere a Gesù e che non si sente debitore verso nessuno. Ma Gesù cerca di fargli capire che è debitore, e come egli possa aiutarlo. Gli propone come punto di discussione una parabola, mezzo assai efficace per aiutare qualcuno a riflettere sulla propria situazione quasi senza accorgersene. Nella parabola Gesù parla di due debitori, e non c’è bisogno di indagare molto per sapere chi siano: il primo è la donna, che ha bisogno di ottenere il perdono dei suoi molti peccati; il secondo è il fariseo, che ne ha pochi. Egli però non sa di essere lui, perché quando ci si sforza ogni giorno di osservare la legge di Dio (i farisei si impegnavano davvero in ciò, ed erano persone pie), se non si sta attenti si è convinti che avvenga per i propri meriti e si cade in una tensione verticale che ci chiude agli altri; si perdono di vista i propri difetti, ci si crede perfetti. Il fariseo capisce perfettamente il ragionamento di Gesù e Gesù riconosce che ha capito il senso della parabola. Gli dice: «Hai giudicato bene». Non l’ha però applicata alla situazione. E allora Gesù, spiegandogliela o attualizzandogliela, gli fa toccare con mano che la sua vita non è totalmente aperta agli altri, che egli non riesce a fare atti di cortesia verso coloro che secondo lui sono suoi antagonisti (nel nostro caso Gesù) e che non sa vedere che anche in quella prostituta c’è del bene. Se capisse questo riuscirebbe a vedere la trave che c’è nel suo occhio e capirebbe che anche lui è bisognoso di perdono. (Mario Galizzi)

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La storia di Olga – una storia vera Quest’anno Olga compie 88 anni: è una simpatica bisnonna dai riccioli bianchi. Non fa che sorridere, salutare, complimentarsi con tutti quelli che incontra sulla sua strada, a dispetto dell’artrosi deformante che ogni anno la spedisce un mesetto a Mestre, ospite in ortopedia. Perché dovrebbe lagnarsi? Un tempo sì che la sua era una povera vita: cresciuta nella miseria, è andata sposa in una casa ancora più povera, maltrattata dal marito e insultata dalla suocera. Due figli: il maschio si è fatto una posizione invidiabile e un gran conto in banca; la figlia, ormai nonna, una grande lavoratrice, ha la sua vita e non ne vuol sapere di averla in casa: “Hai il tuo appartamentino – le dice – accendi la televisione e sta’ tranquilla… ti telefono io!”. Il fatto è che, da quando è rimasta vedova e non ha più nessuno da assistere, Olga si è guardata un po’ in giro. Ha incominciato a metter piede in chiesa: là c’è sempre chi la saluta, le chiede come va… Olga compra il cotone e in un paio di giorni è pronto il pizzo per la tovaglia dell’altare. Una signora della Caritas le ha offerto di accompagnarla a Udine e Olga … sferruzza per il mercatino di Natale uno scialle soffice e colorato. Gli animatori dell’Estate Ragazzi strizzano l’occhio anche a lei quando invitano qualche adulto a collaborare in oratorio e Olga si organizza: filo di rame, perline e i ragazzini imparano a fare gli alberelli da lei, nonostante le due dita storte. Arriva la sagra e il “chiosco bianco” ha bisogno di torte: Olga sforna un paio di strudel a sera. Anche il parroco si ferma con la bisnonna più attiva del momento e Olga si ricorda come le viene bene il liquore al limone. Gli piacerà? Olga insiste a sfoderare i suoi sorrisi disarmanti: la sua non è una povera vita. Al termine della narrazione sondiamo il grado di comprensione dei fanciulli riguardo:

- all’isolamento iniziale; - alla capacità di Olga di guardarsi intorno; - all’interessamento di qualche persona: - alla nuova giovinezza di Olga.

Sono elementi che, fatte le debite distinzioni, i fanciulli possono ritrovare nel racconto di miracolo, che va compreso come intervento rigenerante di Gesù come risposta ad una nostra richiesta. Egli rimette nel contesto sociale un escluso a tutti i livelli, compreso quello religioso, come segno del “prendersi cura” di Dio nei confronti di chi soffre. Che cosa ha voluto dire a noi quel giorno Gesù? Che “idea” ci ha fatto venire in mente? (cf. le “idee” di Olga. Chi sta soffrendo, forse a pochi passi da noi?)

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Le opere dell’amore Possiamo parlare ai fanciulli delle opere dell’amore, soffermandoci in particolare su quelle in cui sono impegnati i componenti del gruppo Caritas parrocchiale; meglio ancora se invitiamo un componente a portare ai fanciulli la propria esperienza, facendo in modo di sottolineare che fare del bene agli altri trasforma in primo luogo colui che lo fa. Realizziamo infine un cartellone nel quale illustreremo, attraverso disegni o immagini e fotografie tratte da giornali e riviste, il contenuto delle opere di misericordia.

Proposte per il canto: Fede è, Te al centro del mio cuore, Come ti ama Dio, Tutta la vita è un dono…

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 127-135: Il Regno è per i poveri

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VIII NUCLEO

SIGNORE, FA’ CHE IO VEDA!

Catechismo della CEI “VENITE COM ME” pagg. 66 - 67

Aiutare i fanciulli a guardare Gesù con gli occhi della fede, a riconoscerlo come Luce del mondo che libera dalla cecità e chiama a camminare con fiducia dietro di Lui. Questo nucleo fa perno sul simbolismo della luce. Prima di impostare l’attività è bene domandarsi che senso ha per un fanciullo d’oggi il simbolo della luce. In un mondo tecnicizzato come il nostro, i simboli del passato (acqua, pane, luce, …) sono ridotti a realtà utilitaristiche e comuni tanto da perdere il loro significato simbolico. Basta aprire un rubinetto per avere l’acqua o premere un interruttore per illuminare una stanza, ma anche un fanciullo si accorge della diversità quando beve ad un rubinetto o si disseta ad una limpida sorgente di montagna dopo una camminata faticosa; quando preme l’interruttore della lampada o quando canta con gli amici attorno al fuoco di bivacco in una notte buia. I simboli rivestono una grande portata di mediazione che la catechesi non può ignorare. Bisogna però evitare il rischio di SPIEGARE il simbolo anziché farlo VIVERE e sperimentare. Il processo simbolico del fanciullo è diretto, concreto, intuitivo e non discorsivo – deduttivo come quello della mente logica e astratta dell’adulto. È importante allora impiegare tutto il tempo necessario perché il fanciullo VIVA il simbolo e ne colga la potenza di suggestione e di evocazione.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Luca 18,35-43 Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli risposero: “Passa Gesù, il Nazareno!” Allora cominciò a gridare: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!” Quelli che camminavano avanti lo sgridavano perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” Gesù si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” Egli rispose: “Signore, che io riabbia la vista.” E Gesù gli disse: “Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato.” Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo alla vista di ciò diede lode a Dio.

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Marco 10, 46-52 Poi giunsero a Gerico. E come Gesù usciva da Gerico con i suoi discepoli e con una gran folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco mendicante, sedeva presso la strada. Udito che chi passava era Gesù il Nazareno, si mise a gridare e a dire: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!” Gesù, fermatosi, disse: “Chiamatelo!” E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio, alzati! Egli ti chiama.” Allora il cieco, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. E Gesù, rivolgendosi a lui, disse: “Che cosa vuoi che ti faccia?” Il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io recuperi la vista”. Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato.” In quell’istante egli recuperò la vista e seguiva Gesù nella via. Quel giorno ci fu un cieco sul cammino di Gesù, il quale ben sapeva di essere stato mandato a ridonare la vista ai ciechi. E lo sappiamo anche noi che fin qui abbiamo letto l’annunzio che Luca ha fatto di Gesù. C’era un cieco al margine di quella strada, un uomo che la cecità rendeva immobile, come se fosse anche un paralitico: a che servono le gambe a chi non vede e a chi non è stato, come oggi, educato a lasciarsi guidare da un cane o dal suo bastone? Ebbene, quel cieco era lì immobile. Però sapeva parlare e sentiva tutto quello che capitava attorno a sé. Aveva imparato a sentire i rumori e a capire quello che realmente accadeva. Allora si faceva sentire. E quel giorno, accorgendosi che c’era gente più del solito che passava, si informò (dice il solo Luca) che cosa fosse ciò. E allora, gli annunciarono che stava passando Gesù il Nazareno. Quello sì era un lieto annunzio: Gesù, il Nazareno; anzi il Figlio di Davide, colui che secondo alcuni era il Messia, proprio lui stava per passargli accanto. Quello era il momento di urlare, non di parlare: «Gesù... , Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Un cieco sa sempre inventare titoli grandi per chi sente vicino, sperando di ricevere di più, e poi formula la solita richiesta: «abbi pietà di me; sii generoso con me, dammi qualcosa». Ma quel giorno la gente non era disposta a sentire la sua voce: era colma di curiosità; voleva vedere Gesù, il Nazareno; non pensava certo che poteva entrare in comunione con Gesù se si fosse interessata dei poveri ed emarginati, come quel cieco. Per la gente, i poveri, i ciechi non contano quando si fa festa; meglio farli tacere, e lo sgridavano perché tacesse. Ma egli si mise a gridare ancor più forte, dicendo la sua fede in lui Messia: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quella voce fermò Gesù. Com’è potente l’urlo della fede! Gesù si fermò e, dice il solo Luca differenziandosi da Marco, comandò che glielo conducessero; volle che anche altri facessero qualcosa — un cieco non può camminare da solo —, volle che partecipassero ai suoi atti di bontà. E quando l’ebbe vicino, non gli chiese, come si è soliti fare con i mendicanti: «Che cosa vuoi che io ti dia?», ma: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». La domanda di Gesù scosse il desiderio più profondo di quel cieco, capì che Gesù voleva e poteva andare oltre una semplice elemosina, che voleva agire da Messia. Perciò, rispose: «Signore, fa’ che io ci veda di nuovo!». Questo verbo dice che non era nato cieco. Dal momento dell’annuncio che Gesù stava per passargli vicino, è iniziato in lui un cammino di fede, una fede che ora Gesù sigilla: «Abbi di nuovo la vista. La tua fede ti ha salvato». La fede gli ha fatto vedere la realtà-Gesù ancor prima di vederlo materialmente; e la fede gli permette ora di risalire da Gesù, Figlio di Davide, Messia, a Dio, il donatore di ogni bene, e di diventare discepolo di Gesù: seguiva Gesù e come discepolo era capace di lodare Dio, e di coinvolgere tutto il popolo nella lode a Dio.

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Prima di vederci materialmente, ci vide con la fede. La sua preghiera ha, quindi, un valore per ogni credente. Noi abbiamo bisogno di dire a Gesù non soltanto: «Aumenta la nostra fede», ma anche: «Signore, fa’ che io ci veda di nuovo», cioè: ridonami la fede, per sentirmi ripetere le tue parole di salvezza: «La tua fede ti ha salvato». (Mario Galizzi)

Ognuno di noi come il cieco Bartimeo

A) Introduciamo il percorso leggendo i due brani, quello di Luca e, in forma parallela, quello di Marco, che fotocopiamo per ogni fanciullo. Le due letture, completandosi a vicenda, permettono di cogliere meglio l’evento e le caratteristiche dei personaggi. Per rendere più viva e comprensibile la lettura, si può “dialogarla” con tre fanciulli nelle parti del cronista, di Gesù e del cieco.

B) Domandiamo se hanno visto qualche volta un cieco. Chiediamo di descriverlo: come si muove, come si orienta, da chi si fa aiutare, come si comporta la gente al suo riguardo, che cosa proviamo nel vederlo. Facciamo sottolineare nel testo biblico tutte le azioni che il cieco compie.

C) Proviamo ora ad identificarci proprio in quel cieco che ha un nome e un cognome, segno che il Signore conosce personalmente tutti.

D) Ci sediamo a terra anche noi, in cerchio, e commentiamo i passi più significativi del brano, seguendo la traccia proposta di seguito e facendo rispondere alle domande indicate. ‐ SEDEVA LUNGO LA STRADA A MENDICARE: questo cieco è un

mendicante. È difficile identificarsi con un mendicante, eppure anche noi siamo mendicanti quando andiamo in cerca dell’affetto degli altri, quando chiediamo attenzioni e siamo sempre preoccupati di come appariamo. E Bartimeo è un mendicante particolare: non va incontro alle persone con la mano tesa e aperta, ma è seduto lungo la strada, passivo. È come se fosse rassegnato alla sua condizione. Quando ti senti seduto al bordo della strada?

‐ AL SENTIRE: Bartimeo è cieco, ma le orecchie le ha ancora in funzione. Quante volte il Signore passa e noi non ce ne rendiamo nemmeno conto, quante occasioni perdute! Bisogna stare con l’orecchio teso … vigilante! Percepisci la presenza del Signore vicino a te? In che occasione?

‐ COMINCIÓ A GRIDARE: Bartimeo riconosce che Gesù è il Messia, intuisce che può cambiargli la vita e fa l’unica cosa che poteva fare un cieco: grida per richiamare la sua attenzione. Quando vorresti gridare per attirare l’attenzione di Dio?

‐ GRIDAVA PIÙ FORTE: perché gridare più forte? Perché molti lo volevano far tacere … sono prima di tutto le voci che sentiamo dentro di noi o anche provenire da fuori, che ci scoraggiano e ci dicono che quello che

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facciamo non serve a nulla. Ma Bartimeo non si scoraggia: ecco, anche noi dovremmo avere questo coraggio. Chi e che cosa ti impedisce di andare verso Gesù?

‐ GETTATO VIA IL MANTELLO, BALZÓ IN PIEDI E VENNE DA GESU’: finalmente Gesù si accorge di lui! Il cieco che getta il mantello compie un gesto che svela un messaggio profondissimo: il mantello per un mendicante rappresenta tutto, ci si copre la notte quando è freddo e ci si può sedere quando è giorno, è la sua piccola casa. Gettando il mantello Bartimeo si libera di tutte le sue sicurezze perché da ora in poi il suo mantello sarà Gesù, sarà la sua casa. Di quali “mantelli” potresti liberarti?

‐ COMINCIÓ A SEGUIRLO: dopo il miracolo, il cieco acquista la vista. Cerchiamo nel concreto di dirci cosa vuol dire seguire Gesù per noi oggi e lo facciamo attraverso un esempio: quante volte avete sentito dire “Segui le orme di tuo padre?”. Dunque, seguire una persona significa assomigliare a quella persona perché per noi rappresenta qualcosa di significativo. Allora, se davvero abbiamo acquistato la vista, non possiamo che seguire Gesù, imitarlo nella nostra vita … scelta non facile, ma sicuramente felice.

E) Alla fine del commento i fanciulli “balzano in piedi” come Bartimeo e anche loro lodano Dio. Terminiamo l’incontro con le preghiere spontanee che nascono proprio dalle loro risposte e le raccogliamo tutte nel Padre Nostro finale.

Basta un po’ di luce

Proponiamo ai fanciulli un’esperienza che faccia sperimentare le conseguenze della cecità e/o del buio: immobilità, confusione, perdita di punti di riferimento, paura, ansia, disorientamento … e il lento ritorno alla tranquillità grazie ad una minuscola piccola luce. Questa attività non può essere improvvisata ma va preparata con cura.

A) Oscuriamo totalmente una stanza, libera al centro da tavoli e sedie. Si fanno entrare i fanciulli senza alcun preavviso. Il catechista “ascolta” le loro reazioni: grida, imbarazzo, confusione … dopo un paio di minuti chiede loro di sedersi a terra.

B) Quando il silenzio si è ristabilito passa accanto ad alcuni di loro e fa indovinare l’oggetto che tiene in mano, facendolo toccare. Si consiglia di incartare con cura, come se fossero caramelle, dei sassolini o dei pezzi di frutta e verdura. L’esperienza dovrà rendere l’idea che il buio è ingannevole. Tutti infatti diranno che sono caramelle.

C) Ora al centro della stanza il catechista accende una piccola candela (quella delle torte di compleanno) facendo notare che è così piccola la fiammella che basta pochissimo per spegnerla, ma … è in grado di rischiarare la stanza. Che sensazioni provano? Lasciamoli parlare liberamente

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confrontando i due momenti: buio – luce. Offriamo loro anche le caramelle: quale sorpresa nel “vedere” che non sono tali.

D) Ristabiliamo ora la situazione di luce normale. Su un foglio dove sono raffigurate una grande nube scura con il titolo AL BUIO PROVO … e una candela con la scritta LA LUCE MI DÀ … scrivere brevemente le sensazioni, le emozioni e i pensieri che sono emersi dall’esperienza.

GESÙ LUCE DEL MONDO Apriamo ora il Catechismo a pagina 66 e approfondiamo la lettura con la simbologia “buio” – “luce”. Stimoliamo i fanciulli a scoprire quanti ciechi Gesù ha davanti a sé, quel giorno a Gerico, persone che brancolano nel buio (solo il mendicante? E la gente? E i discepoli?). Che cosa succede invece quando gli occhi del cieco rivedono la luce? Gesù non è venuto solo per i ciechi, per coloro che hanno il buio negli occhi spenti. È venuto anche per coloro che hanno le tenebre nel cuore. A tutti dice: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Che cosa vuol dire camminare nella luce? Noi cristiani abbiamo ricevuto la luce di Cristo nel giorno del battesimo e tutte le volte che lo riconosciamo come figlio di Dio, come inviato del Padre, è la luce di Gesù che riempie i nostri cuori. Terminiamo l’incontro con la preghiere “Tu sei la mia luce”:

Tu sei la mia luce

Signore, tu sei la mia luce, senza di te cammino nelle tenebre,

senza di te non posso neppure fare un passo, senza di te non so dove vado, sono un cieco

che pretende di guidare un altro cieco. Se tu mi apri gli occhi, Signore,

io vedrò la tua luce, i miei piedi cammineranno nella via della vita.

Signore, se tu mi illuminerai Io potrò illuminare.

Tu fai noi luce del mondo. Card. Carlo Maria Martini

Possiamo concludere questo nucleo con il canto Il Signore è la luce

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ n. 830: La virtù della fede. ♦ nn. 86-94: La risposta della fede.

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IX NUCLEO

LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI

Aiutare i fanciulli a capire quanto è importante mettere a disposizione il poco che abbiamo, perché con la forza dello Spirito Santo diventi fonte di vita per altri intorno a noi. È l’esperienza di “comunione” che ci aiuta a cogliere il senso dell’Eucaristia.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Giovanni 6,1-15 Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!". Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. Questo brano di Vangelo ci racconta un enorme pic-nic, il più grande di cui abbia mai sentito parlare! Non ci credete? Avete ascoltato il brano tratto dall’evangelista Giovanni, vero? Se ci sono tante persone che mangiano sedute sull’erba, è o non è un pic-nic?! Certo, ora voi giustamente direte: guarda che l’evangelista non parla di un pic-nic, ma di un miracolo grandioso, un miracolo che entusiasma le folle fino al punto che vorrebbero Gesù come re! Avete ragione: sfamare tanta gente, facendo sì che le ceste del cibo non si svuotino mai, è un miracolo da lasciare a bocca aperta.

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Il Rabbi di Nazareth ha procurato il cibo per una folla enorme, senza bisogno di spendere nulla: c'è stato pane fresco e pesce arrostito per tutti. Più di cinquemila persone presenti si saziano gratis: senza spesa e senza fatica. E ne avanza anche! L'evangelista Giovanni racconta: “Quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: Raccogliete i pezzi avanzati, perché niente si perda” Non c'è da stupirsi dell'esaltazione della folla: se questo Rabbi è capace di dar da mangiare gratis, senza problemi, lo vogliamo come re! Invece Gesù scappa, si nasconde, per non farsi trovare: non gli interessa questo entusiasmo, il miracolo che ha compiuto non è per ottenere applausi, non è perché tutti gli vogliano bene! È un miracolo che parte da un gesto di generosità compiuto da un ragazzino più o meno della vostra età. Seguiamo allora il Vangelo, per capire meglio cosa è avvenuto quel giorno. Tantissima gente ha seguito il Maestro fuori dalla città, lungo il lago di Tiberiade e poi su una montagna: tanta strada, solo per ascoltarlo. E anche per la speranza di ottenere la guarigione per molti malati. Il tempo è passato e si sta avvicinando l'ora di pranzo: c’è il sole, comincia a far caldo, tutti sono stanchi. Gesù chiede a Filippo, uno degli Apostoli: “Dove compreremo del pane perché questa gente abbia da mangiare?” Giustamente Filippo si meraviglia: mi sembra di vederla, la faccia stupita rivolta verso il Maestro, le braccia allargate, le spalle che si stringono: ma dove vuoi che andiamo a far la spesa, qui in mezzo alla campagna?! E se anche fosse possibile, quanto denaro ci vorrebbe per comprare il pane per così tante persone?! Di fronte allo sconforto di Filippo, si fa avanti Andrea, un altro Apostolo piuttosto giovane; è il fratello di Pietro ed è un tipo intraprendente, uno dei primi a seguire Gesù. Accanto a sé ha un ragazzino, con una cesta rotonda ed un piccolo paniere ovale: nella cesta ci sono “cinque pani d'orzo”, mentre dal paniere fanno capolino “due pesci”. Il ragazzino vuole offrirli al Maestro, vuole dividere con Gesù il suo pasto: è generoso, ma quello che offre non può bastare per così tanta gente! Fa proprio simpatia, vero?, questo ragazzino. Probabilmente è un giovane pescatore che, dalla riva del lago di Tiberiade, ha seguito la folla per ascoltare il Maestro e Signore. Ha i suoi due pesciolini, le cinque pagnottelle, ed è ben felice di metterle a disposizione di Gesù. Ed infatti il Rabbi accoglie con gioia questo dono, questa offerta fatta con semplicità e chiede ai discepoli di far sedere tutti sull'erba. Lentamente si crea un po’ di silenzio e allora Gesù pronuncia una preghiera di benedizione sui cinque pani e i due pesci che sono lì, davanti a lui, nel paniere e nel cestino. Chiama gli Apostoli e dice di cominciare a distribuire: le mani della gente si allungano verso il cesto e verso il paniere, mentre già qualcuno prepara il fuoco per arrostire il pesce. Tante mani prendono dal paniere, tante mani prendono dal cestino. Ma né il paniere, né il cesto, si svuotano. Il pane e il pesce non finiscono. Ce n’è sempre, ancora e ancora. Per quanto ne chieda la gente, basta sempre. Ce n’è in abbondanza e ne avanza perfino!

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Un miracolo da lasciare davvero senza fiato. Immaginiamo le grida, le meraviglia di tutti i presenti, ma soprattutto degli Apostoli che sanno bene cosa contenevano il cesto ed il paniere e li vedono rimanere pieni anche se loro continuano a distribuire i pesci e le pagnottine. Un miracolo strepitoso, reso possibile dalla semplice offerta di quel ragazzino… Quando leggo questa pagina del Vangelo, mi torna sempre in mente il racconto di un missionario, che ho letto in un libro tanti anni fa. Dunque, questo missionario si trovava in America Latina, in un piccolo villaggio nella foresta. Con la gente del villaggio avevano l'abitudine di fare "l'omelia partecipata"; in pratica, dopo aver letto il Vangelo, tutti si sedevano e ciascuno poteva dire che cosa lo aveva colpito, che cosa non aveva capito, la frase che gli era piaciuta in modo particolare... Una domenica, dopo aver letto il Vangelo di oggi, con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, una donna anziana ha chiesto di parlare e ha cominciato il suo discorso: "Io so cosa è successo quel giorno! - ha detto, decisa - So come è stato possibile quel miracolo e so che può accadere ancora!” Dopo una breve pausa ha continuato seria, mentre tutti la guardavano, un po' stupiti: “Avete sentito che il vangelo dice che c'era un ragazzino con cinque pani e due pesci? Quello era il suo pranzo e la sua cena: giustamente, mettendosi a seguire Gesù, anche fuori città, si è portato dietro qualcosa da mangiare nel caso si fosse fatto tardi. Ma non era mica stato il solo a pensarci! Ma vi pare? Vi sembra possibile che tutta quella folla si metteva in cammino senza portarsi dietro nulla?... Sarebbe troppo strano! No, no! io credo che tanti altri avevano del cibo nella bisaccia o sotto il mantello, solo che ognuno se lo teneva per sé, senza dire niente. Quando hanno visto che il ragazzino, con tanta generosità, metteva a disposizione di tutti quel poco che aveva, allora si sono vergognati, si sono accorti del loro egoismo e ognuno ha cominciato a tirare fuori quello che aveva portato con sé, per condividerlo con gli altri. Proprio la condivisione ha permesso di far saziare tutti! Più che un miracolo di panini e pesciolini che non finiscono, è stato il miracolo della generosità che mette fine all'egoismo, al pensare solo a se stessi!" Finito di parlare, la donna è tornata a sedersi e, nel libro, il missionario raccontava poi le reazioni di tutta la gente del villaggio dopo questa particolare spiegazione; ma non è quello che ora ci interessa. Mi sembra, invece, che ci sia molta sapienza nelle parole di questa donna: senza voler dubitare del miracolo compiuto da Gesù, ci suggerisce che è un miracolo che può ancora accadere. Se pure non abbiamo cesti che non si svuotano mai, abbiamo però sempre la possibilità di condividere. Ogni volta che condividiamo quello che abbiamo, stiamo moltiplicando il bene, stiamo moltiplicando l'amore. È possibile un mondo senza povertà, senza miseria? Un mondo in cui nessuno muore di fame? Sì, è possibile, se impariamo a condividere, a rendere partecipi tutti del benessere, della sicurezza, della serenità che abbiamo la fortuna di possedere. Se ci sono i grandissimi miracoli compiuti dalla mano potente di Dio, ci sono anche i piccoli miracoli che possono cominciare da noi.

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Prendiamo a modello la generosità di quel ragazzino che ha offerto il poco che aveva, i suoi cinque pani d'orzo, i suoi due pesciolini: quel suo semplice gesto ha reso possibile il grande miracolo del Signore Gesù. Anche noi vogliamo essere come lui: capaci di mettere a disposizione il poco che abbiamo, perché con la forza dello Spirito Santo, diventi fonte di gioia per tantissimi, intorno a noi. (Daniela De Simeis)

Visitiamo i nostri anziani

Proponiamo a questo punto del percorso, un’esperienza che permetta ai fanciulli di mettere concretamente se stessi a disposizione degli altri attraverso la visita ad una casa di riposo (meglio se presente nella comunità) o la visita ad anziani che vivono in parrocchia. Sarebbe opportuno fare in modo che questo diventi un impegno fisso per i vari gruppi di catechismo e per tutta la comunità, tenendo sempre conto della diversità delle varie realtà che possiamo incontrare e quindi nel rispetto di ciascuno (prima di organizzare questi incontri bisogna sempre verificare preventivamente disponibilità, desideri, paure, aspettative degli anziani e delle loro famiglie).

E io cosa posso fare? Invitiamo i fanciulli ad esprimere quello che loro possono fare per contribuire a rendere migliore la vita delle persone che hanno accanto, facendo loro comprendere che è proprio nella quotidianità, nella semplicità della vita di tutti i giorni, che possiamo imparare a donare noi stessi. Al termine della conversazione possiamo ascoltare con i fanciulli la canzone Si può dare di più, e, dando a ciascuno il testo (allegato n. 8), impararla per poi cantarla insieme.

Proposte per i canti: Servo per amore, Pietro vai, Testimoni dell’amore, Symbolum 77 (Tu sei la mia vita)…

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 141-144: Convertitevi e credete

A questo punto del percorso può essere introdotta una celebrazione penitenziale, che, a seconda delle situazioni presenti nelle singole parrocchie, può anche essere sacramentale (allegato n. 9).

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X NUCLEO

L’ULTIMA CENA

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 98 – 99 e 115

Aiutare i fanciulli a scoprire il significato dell’ultima cena consumata da Gesù con i discepoli, prima della sua passione e morte. Aiutarli, inoltre, a scoprirsi destinatari del dono che Gesù ha fatto di se stesso nell’ultima cena.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Esodo 12, 11-14 Ecco in qual modo lo mangerete [l’agnello]: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito della terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi come un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne. Luca 22,19-20 Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:”Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi”. Gesù, come tutti gli ebrei, celebrava regolarmente i riti della Pasqua. Quella sera Gesù fece un gesto nuovo, non previsto dal rituale ebraico della cena pasquale. Quasi al termine di quella cena, Gesù prese del pane, lo spezzò, ne diede un pezzo a ogni discepolo e disse: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo offerto per voi; fate questo in memoria di me”. Poi prese una coppa di vino e ne diede a ognuno dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza che Dio stabilisce per mezzo del mio sangue versato in sacrificio per voi”. Il gesto di Gesù era l’anticipazione di quello che gli sarebbe accaduto il giorno dopo: il suo corpo fu messo in croce, il suo sangue versato per la salvezza di tutti. “Alleanza” o “testamento” vuol dire legame, impegno che vincola insieme gli uomini e Dio. La prima alleanza o “Antico Testamento” era stata sancita da Dio col popolo di Israele, mediante Mosè, con il sangue di agnelli offerti in sacrificio.

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In seguito il profeta Geremia aveva preannunciato che Dio voleva fare una nuova alleanza con gli uomini. Gesù, nell’ultima cena, inaugura questa nuova ed eterna alleanza o “Nuovo Testamento”. Il sangue di Gesù, cioè la sua vita donata per amore, unisce gli uomini perché tornino ad essere figli di Dio e fratelli tra di loro. Molto facilmente quella sera gli apostoli non hanno compreso la novità creativa di quel gesto di Gesù. Soltanto quando Gesù fu risorto ed ebbe loro inviato lo Spirito Santo, si fece luce nelle loro menti. Era cominciata una storia nuova. Condividendo il pane ed il vino con i suoi discepoli, durante l’ultima cena, Gesù compie il più grande gesto di solidarietà e di amore: dare la vita per i propri amici. Egli condivide con gli uomini il suo corpo ed il suo sangue, la vita stessa di Dio. Anche noi, sul suo esempio e soprattutto con la sua grazia, vogliamo impegnarci a condividere la nostra vita e i doni belli che abbiamo, con i nostri fratelli.(fonte non specificata)

La Pasqua ebraica e l’ultima cena di Gesù

Aiutiamo i fanciulli a fare un parallelo tra la pasqua ebraica e l’ultima cena di Gesù attraverso il seguente racconto: Si avvicinava la Pasqua degli Ebrei e la gente preparava la festa: Questa era la festa più importante dell’anno. Vediamo come è nata. Molto lontano nel tempo, i pastori seminomadi dell’antica Arabia festeggiavano ogni anno la “Festa della Primavera”. Era la festa della vita nuova, della fecondità del gregge e della terra: Tutto doveva essere nuovo; per questo doveva sparire, da ogni angolo delle case, il pane lievitato ottenuto con la vecchia pasta. Essi mangiavano per sette giorni gli azzimi, cioè il pane non lievitato. Inoltre, prima di iniziare le migrazioni estive, per ottenere la protezione delle divinità, uccidevano un agnello senza spezzare le ossa (in segno di speranza) e tingevano con il sangue il palo centrale della tenda e la sua apertura. Così facevano anche gli Ebrei prima di giungere in Egitto. Sono iniziate così le feste degli azzimi e dell’agnello. Poi il rito degli Azzimi e dell’Agnello sono stati inseriti in una festa sola: la Pasqua. Questo avveniva prima della schiavitù in Egitto. L’oppressione era dura ed il grido degli Israeliti che gemevano e piangevano senza speranza, giunse fino a Dio: Egli ascoltò le preghiere e le lacrime e rispose chiamando Mosè, che era divenuto, ormai, un tranquillo pastore di greggi. Finalmente il Faraone decide di lasciare partire il popolo. È il plenilunio di primavera. A mezzanotte l’angelo del Signore passa e percuote ogni primogenito nel paese d’Egitto…. In quella stessa notte gli Ebrei devono riunirsi prima della grande partenza a celebrare la cena pasquale, cioè del “PASSAGGIO DI DIO”. È la fine della schiavitù, l’inizio della libertà. È un momento di grande gioia che il popolo dovrà ripetere ogni anno. Non serve solo a ricordare quello che Dio aveva fatto, ma serve per rivivere e lasciarsi rinnovare la vita da Dio, che rimane sempre con il suo popolo e continua a compiere prodigi. È UN MEMORIALE.

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Il catechista spiega la differenza tra il ricordo e il memoriale: • ricordare è richiamare alla mente; • memoriale è rivivere.

A questo punto, stendiamo su un tavolo una tovaglia; su un tavolino a parte sono disposti, coperti, gli elementi della cena pasquale. CAT. Noi ripeteremo in parte l’esperienza vissuta dagli Ebrei. C’era anzitutto l’agnello che veniva offerto nel tempio e le cui carni erano poi arrostite. 1°fanciullo Si alza e prende il pane azzimo, lo depone sulla tavola e chiede: “Che cosa significa questo cibo? CAT. Il pane azzimo, cioè non lievitato, significa:

- un ricordo dell’antica festa delle primizie, quando si faceva il nuovo lievito con il nuovo raccolto e si eliminava il vecchio lievito fatto con la farina dell’anno precedente;

- un ricordo della fuga dall’Egitto quando gli Ebrei non ebbero il tempo per lasciare lievitare il pane per il viaggio.

2°fanciullo Porta il sedano e la lattuga e chiede: “Perché questa verdura?” 3°fanciullo Porta il sale e l’aceto. CAT. Queste verdure, che si mangiano con il sale e l’aceto e il charoset, sono un ricordo delle “erbe amare” e simboleggiano l’amarezza della schiavitù subita dagli ebrei in Egitto. 4°fanciullo Porta il charoset, cioè una salsa rossa, e chiede. “Perché questo intingolo?” CAT. Il “charoset” è una composta molto densa di frutta secca e fresca, che con il suo aspetto ricorda il cemento e la malta che gli Ebrei schiavi dovevano preparare per le opere in muratura che erano costretti a fabbricare per il faraone. 5°fanciullo Prende e depone sulla tavola un uovo sodo e domanda. “Perché c’è anche l’uovo?” CAT. L’uovo è stato aggiunto più tardi. Per la sua forma viene considerato simbolo dell’eternità della vita. È infatti una superficie che non ha un punto d’inizio né di fine. Inoltre noi sappiamo che nell’uovo, in germe, c’è tutta la vita. 6°fanciullo Porta il lume, che verrà acceso. 7°fanciullo Porta una caraffa di vino. CAT. Per la celebrazione della cena pasquale venivano usati inoltre: un lume acceso, simbolo del Messia che doveva venire; il vino, che era versato e bevuto in più riprese, come segno di festa.

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Gli Ebrei, alla fine della cena, cantavano i salmi per esaltare le grandi opere di Dio. Lo facciamo anche noi (possiamo utilizzare a questo proposito uno dei canti proposti per questo nucleo).

I simboli della Pasqua ebraica Dopo aver letto il catechismo a pag. 115, realizziamo insieme con i fanciulli un collage con le immagini degli alimenti simbolici della cena pasquale ebraica, scrivendo, accanto a ciascuna immagine, il suo significato.

Ti racconto una storia: “Un paesino di nome Casa” C’era una volta un piccolo paesino che si chiamava “Casa” perché tutti gli abitanti erano cordiali, rispettosi, accoglienti e molto familiari con chiunque passasse da quelle parti. Sicché, chiunque giungeva in quel paesino poteva realmente dire: “mi sento a casa”. A Casa vi era un fornaio che possedeva l’unico forno della zona e che perciò forniva il pane a tutti gli abitanti del paese e dei dintorni. Quel pane era uno dei segreti dell’accoglienza dei cittadini di Casa. Infatti, era il pane più delizioso e più buono che si potesse mai assaggiare; tanto soffice da essere condivisibile con tutti. Era consuetudine per i cittadini, infatti, quella di spezzare un pezzo di pane con le persone estranee che passavano di là, come segno di condivisione e di familiarità. Anche la gente era diventata come quel pane: soffice, morbida sempre pronta a spezzarsi per gli altri. Un giorno, però, il fornaio si ammalò e non poté più impastare e distribuire quel pane delizioso. In seguito anche la gente di Casa iniziò ad ammalarsi; infatti, essendo il pane l’alimento principale di Casa e non potendone mangiare, molti si indebolirono. Anche la gente che passava dal paesino, non trovando più nessuno che condividesse il proprio pane, restava delusa perché non si sentiva più a casa propria. Era verso sera quando un giovane, molto affezionato all’anziano fornaio, decise di andarlo a trovare e di raccontargli tutto ciò che stava accadendo. Dopo averlo ascoltato, il fornaio di Casa gli disse: ”Voi avete la farina, avete l’acqua, il lievito, il sale, avete il forno… avete tutto il necessario per fare il pane”. Poi aggiunse: ”Il segreto di un buon pane è metterci tanta buona volontà e tanto amore!”. Così il giovane andò via con quelle parole nella testa e con la speranza nel cuore. Il mattino seguente, allo spuntare di un limpido sole, la gente di Casa si svegliò con uno squisito profumo che si espandeva per le strade; era un inconfondibile profumo di pane caldo. Tutti, usciti dalle proprie case, si riversarono nel forno per vedere cosa stava accadendo e lì trovarono quel giovane che riferì le parole dell’anziano fornaio. Da quel giorno a Casa non mancò mai più il pane perché tutti gli abitanti impararono a farlo con amore e tanta buona volontà, facendo dei turni nel forno del paese. Come una volta, da quel giorno, chiunque passò da Casa si sentì in famiglia perché incontrò sempre qualcuno pronto a condividere del buon pane con lui..

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La farina, il lievito, l’acqua, il sale… sono le tante qualità che Dio ha dato a ciascuno di noi, se le impasteremo insieme agli altri con amore e buona volontà, diventeremo persone di comunione e chiunque ci incontrerà o starà con noi si sentirà in famiglia, come a casa sua. Possiamo completare l’attività facendo materialmente il pane con i fanciulli; altrimenti possiamo portare da casa un pane con il lievito ed uno senza lievito, e condividerli, dopo aver letto e commentato la storia, con i fanciulli.

Proposte per i canti: Grandi cose, Popoli tutti, Lode e gloria a te, Pane del cielo, Verbum panis… E per la preghiera:

Preghiera

Signore Gesù, tu sei il pane vivo disceso dal cielo,

sei il pane per il nostro cammino quotidiano. Sei venuto in mezzo a noi

per spezzarti e per darci dono della tua vita. Insegna anche a noi a fare lo stesso,

donaci la tua grazia perché diveniamo capaci

di spezzarci per gli altri. Rendici capaci di compiere gesti

di autentica fraternità e solidarietà verso chi ci sta accanto.

Card. Carlo Maria Martini

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 228-232: L’ultima cena

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XI NUCLEO

RESTA CON NOI, PERCHÉ SI FA SERA

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pag. 125

Aiutare i fanciulli a comprendere che alla domenica noi cristiani ci riuniamo per celebrare la santa Messa e quindi per stare insieme attorno a Gesù, che ci fa dono della sua parola e della sua reale presenza.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Lc 24,13-35 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro :”Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Si fermarono, col volto triste, uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: ”Solo tu sei forestiero a Gerusalemme? Non sai di ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò loro: ”Che cosa?”. Gli risposero: ”Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. Disse loro:”Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistessero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì alla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro:”Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano:”Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

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Mi ha fatto sempre impressione, leggendo il capitolo 24 del Vangelo di Luca, scoprire che Gesù ha trascorso gran parte del giorno di Pasqua non con gli apostoli ma con due sconosciuti discepoli. Di uno neppure sappiamo il nome e l’altro, chiamato Cleopa, non compare in nessun’altra parte. Questi due se ne stanno tornando al loro villaggio, Emmaus, situato poco distante da Gerusalemme. Il loro volto è triste. Hanno sulle spalle e nel cuore la tristezza della morte di Gesù. Tante volte sembra giusto avere un atteggiamento triste, sembra giusto avere un volto triste: sì, la vita quotidiana è spesso una sconfitta; è sconfitta del vangelo nella vita dei cristiani, è sconfitta del vangelo nella vita delle comunità cristiane, ed è anche sconfitta e morte di Gesù nella vita dei perseguitati, dei poveri, dei malati, degli affamati. Ogni giorno è segnato da queste sconfitte. Ci sono tanti motivi giusti, vorrei dire obiettivi, nella vita delle nostre città, nella vita del mondo, tra noi anche, per essere tristi. Cleopa e il suo amico camminano tristi. Ecco che a un certo momento il crocifisso si accosta e si pone in mezzo a loro, senza che essi lo riconoscano e chiede loro di cosa stiamo discutendo sì da essere così tristi e abbattuti. « Tu solo» — gli rispondono — «sei così straniero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». E in effetti chi è quest’uomo che non sa quanto è accaduto proprio a Gerusalemme? Sembra uno con la testa per aria, disattento alle cose concrete, o forse è un disinformato. Straniero, lo definisce Cleopa con parola non molto gentile. C’è un senso di estraneità tra i due che se ne tornano a Emmaus e quel forestiero. E il paradosso è che proprio lui, lo straniero, è quello che è stato crocifisso, quello di cui stanno parlando. «Noi speravamo che fosse lui quello che avrebbe liberato Israele», gli dicono, ma tutto è ormai finito. Aggiungendo anche, quasi a titolo di cronaca, senza crederci, che «alcune donne tra noi ci hanno sconvolti. Esse si sono recate di buon mattino al sepolcro, ma non hanno trovato il suo corpo. Sono tornate a dirci di aver avuto una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo... Ma lui non l’hanno visto». Hanno udito il vangelo del risorto, ma rimangono nella loro tristezza. E’ vero, le donne «non l’hanno visto». Ma loro, che pure lo hanno accanto e lo vedono, non lo riconoscono. E Gesù rimprovera la loro incredulità: «O stolti e tardi di cuore a credere a quello che hanno detto i profeti!». E si mette a spiegare loro le Scritture. Il primo tratto di Gesù vicino a noi è proprio la sua voce che spiega le Scritture. È come una grande liturgia della parola fatta per strada. È una spiegazione rivolta a gente che crede, che ha udito l’annuncio della risurrezione, come tante volte l’abbiamo udito anche noi, ma che non lo vive e quindi è triste. Verso la fine del viaggio dal loro cuore sale un’invocazione semplice, una delle più antiche: « Resta con noi, Signore». Gesù resta con loro, entra in casa e l’evangelista narra di una cena, di un pane spezzato e distribuito. È la santa cena del Signore durante la quale, finalmente, si aprono loro gli occhi e lo riconoscono. Lo straniero è sparito ma è restato il Signore risorto nel loro cuore, quello che era già presente durante il viaggio e che mentre parlava scaldava il loro cuore. È il nostro modo di incontrare il risorto. È quanto avviene ogni volta che ci poniamo in ascolto del vangelo. (mons. Vincenzo Paglia)

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Si suggerisce di suddividere l’attività seguente in due incontri.

Drammatizzazione

Distribuiamo ai fanciulli le fotocopie del testo evangelico dei discepoli di Emmaus. Dopo aver ricordato gli avvenimenti della passione e accennato alla tristezza, alla delusione e al senso di smarrimento dei discepoli dopo la morte del loro maestro Gesù, leggiamo insieme il brano. Aiutiamo successivamente i fanciulli a drammatizzare il racconto. Per facilitare la realizzazione dividiamo il testo in sequenze:

• i discepoli camminano tristi e delusi • l’incontro con lo straniero • la conversazione lungo la strada • l’arrivo a Emmaus • la cena • il ritorno gioioso a Gerusalemme

Attraverso il dialogo e attraverso domande guidate, facciamo emergere il senso di ogni sequenza.

• Gesù cammina sempre con i suoi discepoli (la Chiesa) anche in situazioni di sofferenza e di “buio”: spesso, però, i loro occhi non sanno riconoscerlo (…ma i loro occhi…);

• Gesù incontra i suoi discepoli nella Parola (…e cominciò a spiegare loro…),

nella lettura dei fatti e nella spiegazione delle scritture;

• Gesù incontra i discepoli nel gesto dello spezzare il pane (eucarestia) (…e mentre cenavano insieme…);

• l’incontro con Gesù tocca la parte più intima dell’uomo (…non ci sentivamo

forse bruciare il cuore?...);

• l’incontro con Gesù trasforma la vita dei discepoli (…pieni di gioia ritornarono a Gerusalemme…)

A questo punto chiediamo ai fanciulli:

• Dove i cristiani possono quotidianamente incontrare Cristo risorto?

• Ritroviamo nella celebrazione eucaristica gli stessi elementi del racconto di Emmaus?

Per rispondere alla seconda domanda possiamo preparare un cartellone in cui evidenziare il parallelo tra i momenti della messa e i momenti del racconto.

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I DISCEPOLI DI EMMAUS LA MESSA I discepoli vanno verso Emmaus I cristiani si recano in chiesa per la messa Incontrano Gesù e conversano con Lui Raduno dell’assemblea e ascolto della Parola Riconoscono Gesù nello spezzare il pane Consacrazione - Comunione Tornano a Gerusalemme Congedo e impegno a diventare annunciatori dell’amore di Dio

Proposte per i canti: Resta qui con noi, Resta accanto a me…

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ n. 684: Cuore della Chiesa ♦ n. 687: Struttura della messa ♦ nn. 688-689: Memoria e presenza

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XII NUCLEO

BEATI GLI INVITATI ALLA CENA DEL SIGNORE

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 125 – 133

Far scoprire ai fanciulli che Gesù, mediante l’Eucaristia, attraverso di noi, risponde al bisogno di perdono, di amore, di giustizia e di pace che c’è in ogni persona. Aiutarli a maturare il desiderio dell’incontro con Gesù nell’Eucaristia e sostenerli in una sempre più piena e personale partecipazione. La liturgia eucaristica mostra ai fanciulli segni, gesti e parole al tempo stesso semplici e complessi: semplici sono pane e vino, il gesto dell’offrire e dello spezzare, le parole che lo accompagnano; ma ciò che essi significano ha ben altra profondità. Noi possiamo aiutare i fanciulli a prendere parte all’Eucarestia nella misura consentita dalla loro maturità, ma soprattutto come momento prezioso di incontro con Gesù. Gesù, come ogni vero amico, ci permette di incontrarlo in tanti modi:

‐ nei poveri che sono i suoi amici preferiti, ‐ nell’ascolto della sua Parola, ‐ nella preghiera che ci mette in dialogo con Lui.

Gesù risorto ci lascia però dei modi particolari per incontrarlo: i sette sacramenti e tra essi uno è particolarissimo: l’Eucaristia, la sua Cena. Tutti i sacramenti vanno verso l’Eucaristia e ripartono da essa. È importantissimo far cogliere ai fanciulli che la Messa è un tesoro che ci viene offerto, un incontro “più” con un amico specialissimo. “Andare a Messa” è partecipare a un incontro di amore, non è un obbligo ma è ricevere un dono stupendo e unico del Signore.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Atti 2, 42-47 Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

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Non è scritto da nessuna parte che una chiesa debba avere un modello da seguire. Nessuno ci obbliga a seguire neanche i diversi modelli di chiesa che si trovano nel Nuovo Testamento. Resta il fatto che questa immagine un po’ idealizzata di chiesa che viene narrata nel libro di Atti ha un suo fascino. Sì, è vero!, nessuno ci dirà, oltre lo Spirito Santo, come deve essere la nostra chiesa in questo luogo e in questo tempo. Ma l’immagine della chiesa nascente proietta la sua luce, il suo profumo fino a noi. Se la chiesa fosse una torta, i suoi ingredienti potrebbero variare molto, bisogna però ammettere che questa ricetta che viene dagli albori della chiesa cristiana è accattivante. Certo i cuochi esperti ci chiedono se mai potremo trovare alcuni degli ingredienti che sono nella ricetta di chiesa nel libro degli Atti. Cuochi esperti si chiederanno cosa sia la comunione, questa parola così ricorrente nel vocabolario di Luca. Cos’è questo ingrediente: comunione, in un tempo in cui più si è disuniti e meglio è. In un tempo di elogio della separazione. Dividere per non condividere sembra essere la cultura dominante. Ognuno per sé, nel modo più individualistico possibile. C’è un deficit di comunione nella società di oggi. Ma c’è un deficit di comunione anche nella nostra chiesa. Ma se provassimo ad usare l’antico ingrediente della comunione? Nella comunione non sono solo gli altri che mettono qualcosa, anche io sono chiamato a mettere la mia parte e a fare la mia parte. Questo ingrediente per fare la chiesa, la comunione, ha degli effetti concreti sui cristiani. Ancora una volta Luca è estremamente chiaro e scrive che i primi cristiani erano perseveranti nell' ascoltare l' insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Pensate che la chiesa avrebbe potuto resistere più di duemila anni senza ascoltare la Parola di Dio, senza leggerla, senza studiarla? Pensate che una chiesa che non fosse stata sotto la Parola avrebbe potuto sopravvivere a tutte le intemperie della storia e dei capricci umani? I primi cristiani ascoltavano la Parola, che tradotto significa: partecipavano al culto. Sapevano che bisognava nutrirsi del pane della vita ogni giorno per non incorrere in una anoressia spirituale. Pensate che la chiesa avrebbe potuto restare in piedi nei secoli senza comunione fraterna? Senza quella capacità di guardare prima al proprio peccato e, semmai, soltanto dopo, a quello del suo fratello? Avrebbe potuto respirare una chiesa senza perdono? Cosa sarebbe diventata una chiesa senza la capacità di contribuire di ciascuno, di mettere la mano in tasca un po’ di più e non per riscaldarsi la mano? Cosa sarebbe stata una chiesa se non avesse insieme spezzato il pane, e non solo il pane della Cena del Signore, ma anche il pane delle agapi, dei pranzi in comune? Non possiamo pensare che partecipare ad un’agape sia un optional. Si tratta di un atto liturgico. E’ quel modo unico e originale di essere chiesa insieme. Pensate che ci sarebbe ancora una chiesa oggi senza la preghiera? Ma non la preghiera ognuno per sé. La preghiera insieme agli altri e la preghiera per gli altri. C’è un ingrediente per fare la chiesa. Niente può sostituirlo. La ricetta non serve più se questo ingrediente viene eliminato. Per fare la chiesa ci vuole la comunione. Bisogna stare insieme, nella ricerca della concordia, nel continuare con costanza a camminare insieme verso il Regno di Dio.

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Per fare la chiesa ci vuole comunione. Ascoltare e studiare insieme la Parola di Dio, partecipare alle agapi, pregare insieme agli altri, contribuire generosamente. (fonte non specificata)

Fate questo in memoria di me

Dalla guida al catechismo “Venite con me” di don Tonino Lasconi si riporta questa esperienza. Dice l’autore: ho trovato che il modo più incisivo per presentare ai fanciulli l’Eucaristia è portarli in chiesa. Qui ci si sistema intorno all’altare, preparato come quando c’è la Messa: il messale, la patena, il calice, le candele, i fiori. Si racconta il brano di San Paolo (I Corinti 11, 23-26), si dice che questo è il più antico racconto della cena del Signore, si dice di come i cristiani cominciassero subito a rendere presente Gesù in mezzo a loro con la celebrazione della Cena, si risponde alle domande sulle ostie e sul vino. Poi si fa ascoltare la grande preghiera della consacrazione. Ci si porta davanti al tabernacolo e si fa una preghiera a Gesù, veramente presente in mezzo a noi, proprio grazie a questa preghiera che il sacerdote pronuncia durante la Messa. “Come mai le parole del sacerdote hanno la forza di rendere presente Gesù?” “È Gesù che ha voluto così.” “Perché il pane e il vino?” “In questi due alimenti è rappresentata tutta la vita umana: le fatiche, le gioie, le sofferenze, l’amicizia, l’amore, il pianto, il gioco …” “Cosa significa: Fate questo in memoria di me?” “Due cose:

1) ripetere il gesto di Gesù per renderlo presente in mezzo a noi (la Messa), 2) rivivere il significato del gesto: la vita di Gesù “pane” per tutti (la vita che

diventa come quella di Gesù). Come Gesù ha dato la sua vita per gli uomini e si è donato ad essi come cibo da mangiare, così devono fare i cristiani che si nutrono di Gesù: la loro vita deve diventare un cibo per tutti.”

Consiglia di concludere queste attività con la lettura del testo tratto dagli Atti degli apostoli.

Beati gli invitati alla cena del Signore È bene, a questo punto, fare un richiamo a tutto quello che via via è stato detto. È il momento opportuno per fare con i fanciulli un cartellone che sintetizzi le parti della messa. Può essere fatto insieme con il sistema del “botta e risposta”. È un metodo semplice ed efficace. I fanciulli così avranno davanti tutto il prospetto della Messa. Il catechista può aiutare i fanciulli in questa attività facendo loro ripercorrere i titoli delle tappe del catechismo, da pagina 125 a pagina 133.

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1) Riti di accoglienza: ‐ saluto del celebrante ‐ richiesta di perdono ‐ preghiera 2) Liturgia della Parola: ‐ prima lettura ‐ salmo ‐ seconda lettura ‐ alleluia ‐ vangelo ‐ omelia ‐ credo ‐ preghiera dei fedeli 3) Liturgia eucaristica ‐ presentazione delle offerte ‐ grande preghiera della consacrazione 4) Comunione ‐ Padre Nostro ‐ dono della pace ‐ comunione 5) Riti di congedo ‐ benedizione ‐ saluto del celebrante e invito a continuare la Messa nella vita

Anche le immagini del catechismo sono significative ed evocative. Fermiamo in particolare l’attenzione sull’illustrazione di pagina 130-131. Il disegno rappresenta il momento in cui i fedeli si scambiano la “pace”. Le persone sono libere nello spazio, non è specificato l’ambiente; non è rappresentato il gesto rituale della pace come avviene normalmente durante le celebrazioni. Per comunicare il significato profondo del gesto, i fedeli, a gruppi, si danno un abbraccio o, dandosi la mano, fanno il girotondo. Perché? Che cosa comunica tutto questo movimento circolare, quasi come una danza? Lasciamo parlare i fanciulli e poi confrontiamo i loro pensieri con le parole di pagina 130-131. Terminiamo l’incontro con la preghiera riportata nella parte alta di pagina 135, dando uno sguardo alle immagini. Sono le stesse persone che abbiamo visto a pagina 130? Perché alcune sono grigie, senza volto, come se fossero nel buio? Chi può dare loro la luce? Come? Le risposte dei fanciulli ci aiuteranno a fare sintesi e a verificare se il messaggio è stato compreso. Svolgiamo quest’ultima attività con particolare attenzione, facendo in modo di accogliere tutte le interpretazioni all’immagine, superando soprattutto il giudizio morale.

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In questo nucleo possiamo utilizzare tutti i canti delle celebrazioni domenicali, in particolare quelli più allegri e amati dai fanciulli, in modo da trasmettere, anche attraverso la musica e la voce, la gioia dell’incontro con Gesù e con gli altri.

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 691-695: Comunione con Cristo e con i fratelli

Al termine di questo nucleo suggeriamo di dedicare ai fanciulli alcune celebrazioni “particolari” in cui essi possano scoprire, o riscoprire, il senso vero delle varie parti della messa.

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XIII NUCLEO

LA CHIESA VIVE NELLE NOSTRE CASE E NELLA COMUNITÀ CRISTIANA

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pagg. 140 – 144

Aiutare i fanciulli a scoprire che la famiglia cristiana, impostata sull’amore insegnatoci da Gesù, è una piccola chiesa e che tante famiglie formano la comunità cristiana, famiglia di famiglie.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Colossesi 3,12-17 Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre. Prima Corinzi 12,12-27 Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha

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disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. La comunità ecclesiale è come un organismo vivo e operante: “In un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione... Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi” (Rm 12,4.6). “Dio ha composto il corpo” in modo che “le varie membra avessero cura le une delle altre”. Tutti sono abbastanza poveri per dover ricevere; tutti abbastanza ricchi per poter dare. “Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie”. I credenti sono responsabili gli uni degli altri; tra loro vige la legge della reciprocità: devono stimarsi a vicenda, accogliersi, edificarsi, servirsi, sostenersi, correggersi, confortarsi. Nel mutevole intrecciarsi di tante storie personali si attua una incessante comunicazione di carità. “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio” (1Pt 4,10). Nella dinamica di questo scambio, con doni diversi e complementari, lo Spirito sostiene la vita e la missione della Chiesa. Come un uomo “vede con gli occhi, ode con gli orecchi, sente odori con le narici, parla con la lingua, opera con le mani, cammina con i piedi, a tutte le membra dà la vita, a ognuno il suo compito”, così lo Spirito Santo “in alcuni santi compie miracoli, in altri annuncia la verità, in altri custodisce la verginità, in altri ancora custodisce la vita coniugale; in alcuni santi questo, in altri quello; a ciascuno concede di realizzare l’opera propria, a tutti parimenti di vivere”. I carismi sono grazie speciali dello Spirito Santo, con le quali ogni fedele viene reso adatto e pronto ad assumere qualche compito e a svolgere qualche attività, in modo da giovare, direttamente o indirettamente, alla santità della Chiesa, alla sua vitalità apostolica, al bene delle persone e della società. Carismi I carismi, sebbene l’uso che spesso si fa di questa parola possa far pensare a qualcosa di eccezionale, vengono concessi a tutti i fedeli. Essi sono innumerevoli come le esigenze alle quali rispondono. Alcuni sono del tutto ordinari, come il matrimonio, la verginità, l’assistenza ai malati e ai poveri, altri straordinari come i miracoli; alcuni occasionali e spontanei, come il parlare lingue sconosciute, altri stabili come il compito di maestro, altri perfino istituzionali come gli uffici di presbitero e di evangelizzatore, conferiti con l’imposizione delle mani. Il Nuovo Testamento ignora ogni dualismo tra carisma e istituzione: lo Spirito è libero di agire come vuole, fuori e dentro l’istituzione. Tutti i carismi sono preziosi; “devono essere accolti con gratitudine e consolazione”; vanno integrati e valorizzati in una pastorale di comunione. Non hanno però tutti la stessa importanza. Tutti comunque vengono da Dio. Nessuno può conferirli o disporne a piacimento. La Chiesa non è una iniziativa dei credenti; si costruisce a partire da Cristo e dal suo Spirito: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv

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15,16). Alla varietà dei carismi corrisponde una varietà di servizi, momentanei o duraturi, privati o pubblici. Varietà di servizi Insieme alla varietà dei servizi, la comunione ecclesiale comporta varietà delle forme di vita, cioè dei modi stabili di configurarsi a Cristo, di rapportarsi agli altri e alle cose. Vi sono innanzitutto tre modalità generali: lo stato laicale, caratterizzato dall’impegno secolare; lo stato ministeriale ordinato, caratterizzato dalla rappresentanza di Cristo pastore; lo stato di speciale consacrazione, caratterizzato dalla testimonianza alla vita del mondo che verrà. Sono tre modi, diversi e complementari, di esprimere l’inesauribile mistero di Cristo, di “vivere l’eguale dignità cristiana e l’universale vocazione alla santità nella perfezione dell’amore”. La vocazione si personalizza in modo originale in ogni singolo fedele. Ognuno è chiamato per nome; ognuno ha la sua storia e porta un proprio contributo al regno di Dio. “L’acqua delle piogge scende dal cielo sotto un’unica forma e produce effetti molteplici... Così anche lo Spirito Santo, pur essendo unico, semplice e indivisibile, a ciascuno distribuisce la grazia come vuole... Egli suscita molte virtù per volontà di Dio nel nome di Cristo”. (don Andrea Turchini, da www.qumran2.net)

Prima di iniziare le attività del presente nucleo, invitiamo i catechisti a leggere l’approfondimento sulla famiglia riportato nell’allegato n. 8.

La storia di Gianni

“Gianni!”. “Si, mamma?” “Gianni, vai, per favore, a comprare il pane? I soldi sono sul tavolo”: “Va bene, mamma” Gianni sta giocando in giardino con arco e frecce. Cerca di colpire il bersaglio: una volta. . . mancato! Ancora una volta.., mancato! E il gioco è così interessante che Gianni dimentica del tutto l’ordine della mamma. La mamma entra in cucina, vede che i soldi sono ancora sul tavolo. Sospira. E va lei stessa a comprare il pane. Questo accade il mattino. “Gianni!”. “Si, mamma?”- “Gianni, porta fuori la pattumiera!” — “Subito, mamma!” Gianni sta giocando con le biglie colorate. Ha fatto un buco nel terreno e cerca di farle cadere dentro, una dopo l’altra. E il gioco è così interessante che Gianni dimentica del tutto l’ordine della mamma. La mamma sospira prende la pattumiera e va lei stessa a vuotarla. Questo accade nel pomeriggio. “Gianni!” — “Si, mamma?”- “Gianni, bada per favore al fratellino, io sto lavando e non posso sorvegliarlo!“-“Bene, mamma!”. Proprio adesso Gianni sta guardando la televisione, è un divertentissimo programma di cartoni animati. E questo è così interessante che Gianni dimentica del tutto l’ordine della mamma. Tutto ciò succede la sera. La stessa sera, però, accade ancora qualche cosa, e questa Gianni non la dimenticherà mai più. “Mamma, è pronta la cena? Ho tanta fame!”. “Davvero, Gianni? La preparo subito!”. Ma la mamma rimane seduta e continua a cucire.

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“Mamma, quando si mangia finalmente? Ho lo stomaco vuoto!” “Subito, Gianni” — E la mamma cuce e cuce. “Mamma per favore, mangiamo qualcosa! Ho fame!”. “Subito, Gianni, va intanto a giocare in camera tua”. La mamma continua a cucire. Gianni aspetta e aspetta, ma nessuno viene, il suo stomaco brontola ed egli diventa sempre più triste. “Mamma non si interessa di te”, dice una voce nel suo cuore, “ti ha dimenticato!”. Allora Gianni balza in piedi, apre la porta e scende pian piano in cucina senza farsi sentire. Cautamente guarda dal buco della serratura. La luce è accesa, la tavola è apparecchiata. La mamma sta seduta e aspetta. “Mamma”, dice Gianni quasi piangendo, “ti sei dimenticata di me!?“ “No, certamente. Volevo solo insegnarti qualcosa! Ti ricordi stamattina quando dovevi comprare il pane?”- Gianni diventa rosso. “E nel pomeriggio quando ti ho chiesto di vuotare la pattumiera?” Gianni diventa ancora più rosso. “E stasera, quando dovevi badare al fratellino?” Gianni si getta al collo della mamma e le mormora qualcosa all’orecchio. “Vado a comprare il pane? Vuoi che porti fuori la pattumiera? Faccio tutto quello che desideri!” Tutto questo, però, non è più necessario. La mamma si siede vicino al suo bambino e mangia insieme a lui. A Gianni sembra di non aver mai gustato una cena più buona. Invitiamo i fanciulli ad esprimere le loro impressioni sulla storia appena ascoltata, cercando di far emergere che le cose possono funzionare e riuscire meglio con la collaborazione di tutti. Leggiamo quindi ai fanciulli il testo della lettera ai Colossesi e successivamente prepariamo, insieme a loro, un cartellone con disegni e didascalie tratte dai due testi e che possa sintetizzare il senso della vera famiglia cristiana. Si potrebbe cogliere l’occasione e riservare la successiva celebrazione domenicale a tutte le famiglie della comunità, preparando insieme ai fanciulli le intenzioni per la preghiera dei fedeli, non dimenticando che, in questo modo, potremmo già assicurare la continuità con quanto suggerito nel nucleo precedente, valorizzando questa parte particolare della messa dedicata alle preghiere della comunità cristiana.

La Chiesa vive nella comunità cristiana Partendo dal presupposto che un’autentica esperienza di Chiesa non si fa che a partire dalla comunità locale, possiamo iniziare questa attività leggendo il testo della Prima lettera di Paolo ai cristiani di Corinto e, successivamente, narrando ai fanciulli il seguente testo: UNA CHIESA DI PIETRE VIVE Avete notato che noi chiamiamo chiesa anche l’edificio dove i cristiani si radunano la domenica per celebrare L’Eucaristia. A volte queste chiese sono grandi, belle, ricche d’arte e anche di grande attrazione; ma a volte sono piccole, povere come le chiese di campagna e le capanne della foresta o sperdute in luoghi sconosciuti. Ma le comunità dei cristiani che si radunano nelle chiese è molto più importante delle pietre e del materiale con cui sono fatte. La comunità

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parrocchiale è fatta di “pietre vive”. È la grande famiglia di Dio che vive attorno alla chiesa fatta di mattoni: in questa comunità noi siamo entrati nel giorno del nostro Battesimo. Ci hanno accolti e hanno fatto festa per noi i nostri genitori, i nostri padrini, il Sacerdote che ci ha conferito il Battesimo, e tante persone che ora vivono con noi, quelle che vediamo radunate ogni domenica a celebrare l’Eucaristia e tutti i cristiani delle Chiese in tutto il mondo. Per tutti nella Chiesa c’è un posto e un compito importante. Come in ogni famiglia, così anche nella comunità cristiana tutti hanno un compito da svolgere: i grandi, i piccoli, il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, le suore, le mamme, i papà, i catechisti, gli insegnanti, chi lavora, chi va a scuola, anche chi è malato. Avviamo ora una conversazione cercando di coinvolgere e dare spazio all’intero gruppo:

• quali sono le realtà vissute e presenti nella nostra comunità? • chi sono le persone che più rappresentano le pietre viventi (membra) di

questa comunità? Possiamo concludere questa attività costruendo la “nostra” chiesa di pietre vive. Prepariamo preventivamente un buon numero di mattoni (di cartone o, meglio, di polistirolo), un campanile e un tetto per la chiesa. Provvederemo a colorare tutto il materiale insieme ai fanciulli (per esempio con i colori a tempera) e, in seguito, scriveremo sui mattoni i nostri nomi e anche quelli delle persone che collaborano in parrocchia nelle varie attività. Al termine, costruiremo la nostra chiesa aggiungendoci il campanile ed il tetto. Per rendere più semplice l’attività possiamo sostituire la costruzione della chiesa con un cartellone sul quale disegneremo una grande chiesa che riempiremo di mattoni sui quali scriveremo i nomi di ciascuno.

Proposte per i canti: Amatevi fratelli, Vivevano insieme… E per la preghiera:

Preghiera della famiglia Ti preghiamo, Signore, per la nostra famiglia perché ci conosciamo sempre meglio e ci comprendiamo nei nostri desideri e nei nostri limiti.

Fa' che ciascuno di noi senta e viva i bisogni degli altri e a nessuno sfuggano i momenti di stanchezza, di disagio, di preoccupazione dell'altro. Che le nostre discussioni non ci dividano, ma ci uniscano nella ricerca del vero e del bene e ciascuno di noi, nel costruire la propria vita, non impedisca all'altro di vivere la propria.

Fa', o Signore, che viviamo insieme i momenti di gioia e soprattutto, conosciamo Te e Colui che ci hai mandato, Gesù Cristo, in modo che la nostra famiglia non si chiuda in se stessa, ma sia disponibile ai parenti, aperta agli amici, sensibile ai bisogni dei fratelli.

Fa', o Signore, che ci sentiamo sempre parte viva della Chiesa in cammino e possiamo continuare insieme in Cielo il cammino che insieme abbiamo iniziato sulla terra. Amen.

(Fonte non specificata)

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Maria, Madre della Provvidenza O Maria,

è consolante per la nostra comunità invocarti come Madre della Provvidenza,

perché ci dai la certezza che tu ti preoccupi del nostro cammino,

che tu ci guidi per realizzare - pur nelle difficili vicende della vita -

il progetto di Amore che il Signore ha disposto per ciascuno di noi.

Per il bene che vogliamo a tanti fratelli che vivono in queste strade, in queste case,

ma distratti o indifferenti, delusi o sbandati per avere fatto altre scelte ingannevoli di vita,

o Madre della Provvidenza, aiuta la nostra comunità a diventare sempre più aperta, più unita,

generosamente impegnata a costruire con tutti la civiltà dell'Amore.

Amen. Mons. Pietro China

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ nn. 500-501: Diversità e complementarietà ♦ nn. 502-504: Carismi ♦ nn. 507-509: Stati di vita e vocazioni

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XIV NUCLEO

ANNUNZIATE CIÒ CHE AVETE VISTO E UDITO

Catechismo della CEI “VENITE CON ME” pag. 133

Aiutare i fanciulli a scoprire che l’Eucaristia continua nella vita quotidiana attraverso l’impegno dell’unità e dell’aiuto reciproco.

LA PAROLA DI DIO: testo e approfondimento Matteo 28,16-20 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Ascensione del Signore: ma che cosa significa questa espressione? Vuol dire una cosa molto semplice: ricordiamo il momento in cui Gesù saluta gli Apostoli per ritornare definitivamente dal Padre suo. Dopo la resurrezione, i discepoli hanno vissuto giorni davvero straordinari perché il Maestro e Signore è stato con loro, si è fatto vedere, toccare, ha mangiato con loro, ha riso, raccontato, ha spiegato loro tante cose... Lo avevano visto morire sulla croce, lo avevano deposto nel sepolcro, ed ecco che per tanti giorni, Gesù continua a stare in mezzo a loro, perché non abbiano più dubbi che è davvero Lui, che è vivo, che è risorto! Adesso, il Signore saluta i suoi amici, mette fine a questi incontri specialissimi, per tornare alla casa del Padre Buono. Però attenzione: torna al Padre, ma non li abbandona! Non li lascia da soli! Lo dice con molta molta chiarezza: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Cambia soltanto il modo di stare con gli amici: non lo vedranno più, non lo toccheranno, non sentiranno la sua voce che parla o che ride, ma Gesù promette di restare con loro. Ed è una promessa che non finisce: vale anche per noi. Quindi ci interessa ascoltarla con attenzione e capirla proprio bene! Che cosa promette, dunque, il Signore Gesù? "Io sono con voi", cioè: io sto sempre insieme ai miei amici, io resto vicino a coloro che amo, io non vi lascio da soli, non vi abbandono mai. Anche se non mi vedete, io ci sono. Gli apostoli però, così come spesso capita anche a noi, si sentono insicuri, e nel cuore si domandano: va bene, ma per quanto tempo, Signore, starai con noi?

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Subito il Maestro chiarisce: "Io sono con voi tutti i giorni." "Tutti i giorni": questa espressione di Gesù è stupenda! Non dice per sempre, dice: tutti i giorni. Il Maestro buono sa come siamo fatti, sa che le parole per sempre, in eterno, ci piacciono molto, ma poi non riusciamo a capirle davvero. Infatti, se io vi dico che resteremo insieme per sempre, voi riuscite a pensare com'è questo per sempre? È difficile! Quanto dura per sempre? Di fronte a una domanda così, ci sentiamo come i bambini piccoli, che ancora non riescono a capire le espressioni di tempo. Ci avete mai fatto caso? I bambini con meno di 6 anni, non sanno distinguere bene il prima e il dopo, per cui fanno domande come queste: "Ma tra un mese viene prima di domani?" oppure "Quando arriva domani? È prima di stasera?" Tutti noi, a quell'età, ci siamo confusi quando sentivamo parlare del tempo. Ma anche ora che siamo cresciuti, anche i più grandi, le persone adulte, tutti torniamo ad essere come bambini piccoli quando siamo di fronte al per sempre! Quanto dura, allora, per sempre? Quanto dura una cosa eterna? Un anno? Dieci anni? Cento anni? Non riusciamo a immaginare qualcosa che non finisce mai! Sono parole che possiamo anche dire, usare, ma non riusciamo davvero a sapere per esperienza come può essere un per sempre! Invece, riusciamo a comprendere molto bene che cosa significa tutti i giorni: vuol dire oggi, poi oggi, poi ancora oggi... In realtà, se ci pensiamo bene, il per sempre è fatto di tanti oggi! Il tempo e l'eternità sono fatti di tutti gli oggi messi uno dopo l'altro! e l'esperienza di tanti giorni, messi uno accanto all'altro, ce l'abbiamo tutti, non è una cosa difficile! Per questo Gesù, quando insegna la preghiera del Padre Nostro, ci fa domandare al Padre Buono il "pane quotidiano", cioè il pane di ogni giorno, il pane di oggi, poi di oggi, poi ancora di oggi... Da vero Maestro ci aiuta a pensare a un giorno alla volta, un oggi dopo l'altro, fidandoci di Lui. Infine, in questa promessa impegnativa e bellissima, aggiunge ancora un'ultima rassicurazione, cioè dice agli Apostoli e a noi, che siamo suoi amici, quando tornerà di nuovo a farsi vedere, toccare, sentire: "fino alla fine del mondo". Quando questo nostro mondo, così come lo conosciamo, finirà di esistere e inizieranno i cieli nuovi e la terra nuova che il Padre da sempre ha preparato per noi, allora saremo di nuovo insieme a Gesù, come nei giorni stupendi dopo la Resurrezione! Anche noi, sì, anche noi che non eravamo a Gerusalemme insieme ai discepoli, anche noi vedremo Gesù faccia a faccia, parleremo con lui, scherzeremo con lui e saremo felici di una felicità che non finisce! Ma intanto che aspettiamo quel giorno meraviglioso, sappiamo che Gesù è presente tra noi, perché ce l'ha garantito Lui. È presente in due modi. Prima di tutto, è presente grazie allo Spirito Santo. Ce lo ha detto nella prima lettura di oggi: "riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi". Abbiamo già avuto occasione di riflettere insieme su cosa fa per noi lo Spirito Santo: ci consola, ci dà forza, ci fa ricordare le parole di Gesù e ci aiuta a farle diventare vita, perché solo lo Spirito può renderci capaci di amare come il Maestro! Quindi, ogni volta che ci accorgiamo dell'azione dello Spirito Santo in noi, possiamo essere sicuri che il Signore è lì, con noi, ci sta vicino e non ci abbandona.

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Ma Gesù è presente nel mondo anche grazie alla testimonianza di tutti coloro che credono in Lui e lo dice: "di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra". Ma che vuol dire essere testimoni? Di solito, diciamo che un testimone è chi è stato presente a un avvenimento, l'ha visto con i suoi occhi, ha ascoltato con le proprie orecchie, ha potuto toccare, annusare, assaggiare... Ma il Maestro e Signore, quando ci chiede di essere suoi testimoni, ci sta chiedendo qualcosa di più: con la nostra vita dobbiamo far vedere e toccare alle persone l'amore di Gesù! E come si fa? Non è difficile, sapete, sono cose che ci siamo già detti tantissime volte. Siamo testimoni di Gesù quando viviamo secondo il Vangelo, quando amiamo come il nostro Maestro, quando sappiamo condividere con gli altri quello che abbiamo; siamo testimoni di Gesù quando non ci tiriamo indietro di fronte a chi ci chiede un aiuto, quando riusciamo a perdonare. Siamo testimoni veri, quando non ci vergogniamo di essere cristiani, cioè amici di Cristo Signore. Chiediamo, allora, il dono dello Spirito Santo che ci fa gustare la presenza di Gesù tra noi e ci rende capaci di essere dei veri testimoni. Ogni giorno, facendo il segno della Croce, al mattino e alla sera, possiamo ripetere con gioia e fiducia la promessa che il Maestro ci ha lasciato: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". (Daniela De Simeis)

Essere testimoni

Spetta soprattutto a noi, cristiani, pur appartenendo a diverse comunità ecclesiali, di dare al mondo spettacolo di un solo popolo fatto di ogni etnia, razza e cultura, di grandi e di piccoli, di malati e di sani. Un unico popolo del quale si possa dire, come dei primi cristiani: “Guarda come si amano e sono pronti a dare la vita l'uno per l'altro”. È questo il “miracolo” che l'umanità attende per poter sperare ancora. È un “miracolo” alla nostra portata, o meglio, di Colui che, abitando fra i suoi uniti dall'amore, può cambiare le sorti del mondo, portando l’umanità intera verso l’unità. Dio Padre ci ama: ci ha dimostrato il suo amore attraverso Gesù, venuto per curare le ferite dell’umanità sulle strade del mondo; ci fa sperimentare l’amore nella famiglia e nella comunità dei discepoli. “La chiesa viva” non può essere solo del sacerdote: attorno a lui c’è la comunità dei credenti che è chiamata a lavorare con lui per far conoscere il vangelo. La Messa è una tappa nella settimana: abbiamo incontrato Gesù, abbiamo ascoltato la sua parola, abbiamo ricevuto il pane di vita. Tutto questo dobbiamo portarlo fuori, nella nostra esistenza, dobbiamo testimoniarlo portando: LA GIOIA, LA PACE, LA CONDIVISIONE, L’ACCOGLIENZA, LA PREGHIERA UNA STORIA DI VITA: “Il gruppo scout” All’interno del gruppo scout della parrocchia era sorta una grande discussione che aveva coinvolto tutti; dopo l’ascolto della messa domenicale; il parroco aveva invitato i fanciulli ad un momento di riflessione, domandando provocatoriamente: “Secondo voi esistono ancora i miracoli?”. Poi se n’è andato come se niente fosse,

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lasciando ai fanciulli il compito di rispondere. In gruppo se ne incominciò a parlare, ma senza arrivare ad una soluzione: ognuno rimaneva fermo sulle proprie posizioni, chi diceva sì e chi no, senza riuscire a mettersi d’accordo. Per fortuna il capo reparto aveva interrotto la discussione con una richiesta molto pratica distogliendo momentaneamente l’attenzione sulla domanda; aveva proposto ai fanciulli scout di andare a fare volontariato con il gruppo della san Vincenzo impegnato in quei giorni a distribuire i pacchi viveri. I ragazzi accettarono con entusiasmo: era da tanto che desideravano fare qualcosa d’importante con i grandi e quella era l’occasione giusta. Decisero così di trovarsi il primo giorno delle vacanze, pronti al loro primo grande incarico. Gli adulti si suddivisero in gruppetti e presero due scout per gruppo, quindi andarono verso le stazioni della città, verso i portici del centro, verso i vicoli da loro conosciuti in cui sapevano esserci dei senza-tetto. I fanciulli guardavano con un po’ di timore quei volti rugosi e quelle mani avvolte in vecchi guanti tutti rotti, quelle persone vestite male e apparentemente indifferenti a tutto, infreddolite tra le loro coperte, o ancora adagiate sui cartoni; ma vedevano anche i loro sorrisi sdentati su quei volti duri e tristi, quando ricevevano il loro pacco con dentro abiti, scatolette di cibo, coperte… Il capo scout aspettò che tornassero tutti i gruppi e radunò i fanciulli per far fare loro un gioco che li “scaricasse” un po’ dopo la tensione della mattinata, quindi li chiamò attorno a sé e li invitò a riflettere: “Vi ricordate la domanda dell’altro giorno? Pensate che quello che avete visto stamattina non è che una piccola goccia di tutto il lavoro che ogni giorno centinaia di volontari fanno con i barboni, i drogati, gli ammalati, i disadattati… pensate a quanto altruismo, quanto impegno. Come lo chiamereste voi se non un miracolo di amore?”. I fanciulli si guardarono in faccia; questa volta erano tutti d’accordo! Forse adesso non c’era Gesù in persona a passare per le strade della Palestina, ma ad ognuno di loro era chiesto di contribuire al miracolo dell’amore che non doveva finire mai.

Giochiamo con le immagini Disponiamo sul tavolo, capovolte, diverse immagini ritagliate da riviste, o fotografie realizzate a persone o luoghi particolari (che ripropongano gesti di solidarietà, di carità, di attenzione, di ascolto…) e invitiamo i fanciulli, a turno, a scoprirle. Cerchiamo man mano di far esprimere ai fanciulli le emozioni che le immagini evocano in loro, invitandoli anche a commentarle facendo riferimento alle loro esperienze o a quelle legate a persone che conoscono personalmente o attraverso la televisione, i giornali, i racconti. Es.: anche a me è capitato di….; ho sentito che…; quel giorno è successo che…; mi hanno raccontato che... Aiutiamo infine i fanciulli ad esprimere quali sono i valori che sono stati vissuti nelle varie esperienze (es.. perdono, solidarietà, pace…). Al termine del gioco possiamo trascrivere i valori individuati su un cartellone, che potremo rendere più bello e colorato con le immagini che abbiamo utilizzato nell’attività.

In questo nucleo possiamo utilizzare i seguenti canti: Andate per le strade, Grandi cose, Con te faremo cose grandi, Pace sia Pace a voi…

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E per la preghiera:

Signore, insegnami a scommettere la mia vita Signore

io vorrei essere di quelli che rischiano la loro vita che donano la loro vita.

A che serve la vita, se non per donarla? Signore

tu che sei nato fra i disagi di un viaggio tu che sei morto come un malfattore

liberami dal mio egoismo e dal mio quieto vivere.

Affinché segnato dal segno della Croce io non abbia paura della vita di sacrificio. Rendimi disponibile per la bella avventura

alla quale tu mi chiami. Devo impegnare la mia vita, Gesù,

sulla tua parola. Devo mettere in gioco la mia vita, Gesù

sul tuo Amore. Gli altri possono essere ben saggi,

tu mi hai detto di essere folle. Gli altri credono all'ordine,

tu mi hai detto di credere all'Amore. Gli altri pensano a risparmiarsi,

tu mi hai detto di dare. Gli altri si sistemano,

tu mi hai detto di camminare e di essere pronto.

Alla gioia e alla sofferenza, alle vittorie e alle sconfitte,

di non mettere la fiducia in me, ma in te, di giocare il gioco cristiano

senza preoccuparmi delle conseguenze. Ed infine di rischiare la mia vita,

contando sul tuo Amore. Fonte non specificata

Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”:

♦ n. 697 Sorgente della missione

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